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L’elaborazione dottrinale sull’autotutela decisoria ad esito eliminatorio nei confronti del provvedimento nullo

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Academic year: 2021

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Rivista scientifica trimestrale di diritto amministrativo Pubblicata in internet all’indirizzo www.amministrativamente.com

Rivista di Ateneo dell’Università degli Studi di Roma “Foro Italico”

Direzione scientifica

Gennaro Terracciano, Gabriella Mazzei, Julián Espartero Casado

Direttore Responsabile Redazione

Gaetano Caputi Giuseppe Egidio Iacovino, Carlo Rizzo

FASCICOLO N. 3/2020

estratto

Iscritta nel registro della stampa del Tribunale di Roma al n. 16/2009 ISSN 2036-7821

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____________________________________________

Comitato scientifico

Annamaria Angiuli, Vincenzo Caputi Jambrenghi, Enrico Carloni, Guido Clemente di San Luca, Andry Matilla Correa, Gianfranco D'Alessio, Ambrogio De Siano, Ruggiero Dipace, Luigi Ferrara, Pierpaolo Forte, Gianluca Gardini, Biagio Giliberti, Emanuele Isidori, Francesco Merloni, Giuseppe Palma, Alberto Palomar Olmeda, Attilio Parisi, Luca Raffaello Perfetti, Fabio Pigozzi, Alessandra Pioggia, Helene Puliat, Francesco Rota, Leonardo J. Sánchez-Mesa Martínez, Ramón Terol Gómez, Antonio Felice Uricchio.

Comitato editoriale

Jesús Avezuela Cárcel, Giuseppe Bettoni, Salvatore Bonfiglio, Vinicio Brigante, Giovanni Cocozza, Manuel Delgado Iribarren, Giuseppe Doria, Fortunato Gambardella, Flavio Genghi, Jakub Handrlica, Margherita Interlandi, Laura Letizia, Gaetano Natullo, Carmen Pérez González, Marcin Princ, Antonio Saporito, Giuliano Taglianetti, Salvatore Villani.

Coordinamento del Comitato editoriale

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L’elaborazione dottrinale sull’autotutela decisoria ad

esito eliminatorio nei confronti del provvedimento

nullo.

di Roberto Musone

(Laurea magistrale in Scienze delle pubbliche amministrazioni, Università di Roma “La Sapienza” - “Grado” in “Derecho”, Università “Antonio de Nebrija” di Madrid)

Sommario

1. Premessa. – 2. L’opinione negatrice dell’ammissibilità della rimozione in autotutela del provvedimento nullo. – 2.1. Le tesi. – 2.2. Osservazioni critiche. – 3. Natura giuridica dell’atto di autotutela e schemi interpretativi. – 4. La tesi dell’applicabilità analogica dell’art. 21-nonies della legge n. 241/1990. – 5. La tesi dell’inapplicabilità analogica dell’art. 21-nonies della legge n. 241/1990. – 6. La tesi della natura dichiarativa. – 7. La tesi dell’eliminazione automatica degli effetti materiali del provvedimento nullo. – 8. La tesi della natura vincolata. – 9. Conclusioni.

Abstract

The increased interest of the legislator in administrative self-defense, particularly shown by ll. nos. 164/2014 and 124/2015 and spilled over to the same doctrine, in which the idea of a re-elaboration of the institute in general terms is widespread, brings to the attention of the scholar of the administrative procedure a renewed stimulus for the issue of self-protection against of the null measures, on which no dedicated study has been found so far.

In fact, while the doctrine has dealt extensively with the theme of administrative self-protection since the Benvenutian reorganization of the late fifties, the legislator has only addressed it in the twenty-first century starting from l. n. 15/2005, with respect to which the reforms of 2014 and 2015 represent a further advance in the countertrend to break away from the substantial lack of interest shown towards the institute in the last century.

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1. Premessa.

L’accresciuto interesse del legislatore per l’autotutela amministrativa, mostrato particolarmente dalle ll. nn. 164/2014 e 124/2015 e riversatosi sulla stessa dottrina1,

nella quale è diffusa l’idea di una rielaborazione dell’istituto in termini generali2,

pone all’attenzione dello studioso del procedimento amministrativo un rinnovato stimolo per la tematica dell’autotutela nei confronti dei provvedimenti nulli, sulla quale non è dato riscontrare finora alcuno studio dedicato.

In effetti, mentre la dottrina ha trattato diffusamente il tema dell’autotutela amministrativa fin dalla risistemazione benvenutiana della fine degli anni Cinquanta3, il legislatore lo ha affrontato solo nel ventunesimo secolo a partire dalla l.

n. 15/2005, rispetto alla quale le riforme del 2014 e 2015 rappresentano un ulteriore avanzamento nella controtendenza a distaccarsi dal sostanziale disinteresse mostrato verso l’istituto nel secolo scorso.

Nella tematica de qua emerge anzitutto il risultato in qualche modo «paradossale»4

della riforma del 2005, che ha previsto la revoca degli atti inopportuni e

1 Ancor prima delle riforme in oggetto è dato rilevare una rinnovata attenzione dottrinale per il tema in esame,

significativamente attestata dal numero impressionante di studi monografici usciti nell’ultimo decennio, sia sull’istituto in generale che sulle singole figure, tra i quali, senza pretese di esaustività, cfr. M. ALLENA,

L'annullamento d'ufficio. Dall'autotutela alla tutela, II ed., Napoli, 2018; A. ARDITO, Revoca e nuovi modelli

amministrativi di rivedibilità, Bari, 2008; F. ASTONE, Nullità e annullabilità del provvedimento amministrativo.

Profili sostanziali e tutela giurisdizionale, Soveria Mannelli, 2009; J.BERCELLI,La teoria degli atti confermativi. Tra

interesse legittimo del richiedente e interesse legittimo del controinteressato, Napoli, 2012; C.BIONDI,L’autotutela. Profili

giuridici e aspetti applicativi. Autotutela amministrativa, autotutela tributaria, procedimento e fasi, autotutela sostitutiva, limiti, autotutela in contenzioso, ipotesi di responsabilità, autotutela e istituti deflativi, Santarcangelo di Romagna, 2013;

G. CATALDO SALERNO, La revoca dei provvedimenti amministrativi ed i principi della funzione, Torino, 2014; R.

CIFARELLI, L’autotutela amministrativa dopo la riforma Madia e il nuovo codice dei contratti pubblici, Roma, 2016; P.

COTZA,Dell'interesse pubblico e di altri incidenti nell'annullamento d'ufficio e nella convalida delle fattispecie precettive di

diritto amministrativo, Napoli, 2012; S.D’ANCONA,L’annullamento d’ufficio tra vincoli e discrezionalità, Napoli, 2015;

B.E.G. FUOCO, Manuale dell'autotutela decisoria nei procedimenti di evidenza pubblica. Guida all'annullamento e alla

revoca degli atti di gara, Santarcangelo di Romagna, 2009; G.GALLONE,Annullamento d'ufficio e sorte del contratto,

Bari, 2016; G.GALLONE, Annullamento d'ufficio e risoluzione del contratto pubblico. Nuove prospettive alla luce del codice

dei contratti pubblici e del correttivo del 2017, Roma, 2017; P.GIANNITI (a cura di), La disciplina dell'autotutela. Nel

diritto costituzionale, civile, penale, del lavoro, amministrativo, tributario, comunitario ed internazionale, Padova, 2010; A.

GUALDANI, Verso una nuova unitarietà della revoca e dell’annullamento d’ufficio, Torino, 2017; G.LA ROSA,La revoca del

provvedimento amministrativo. L'instabilità delle decisioni amministrative tra esigenze di funzionalizzazione e tutela degli

interessi privati, Milano, 2013; A.LUPO,Premesse per uno studio sulla revoca degli atti amministrativi, Milano, 2013; B.

MAMELI,L'istituto dell'annullamento tra procedimento e processo alla luce delle recenti novità normative, Torino, 2017; E.

MICHETTI,La motivazione del provvedimento amministrativo impugnato. La convalida e l'integrazione, Milano, 2012;

[omissis]; [omissis]; C.NAPOLITANO,L’autotutela amministrativa. Nuovi paradigmi e modelli europei, Napoli, 2018; P.

POZZANI,L'attività amministrativa sostanziale negli atti confermativi, Napoli, 2012; F.PUBUSA-S.PUDDU (a cura di),

Procedimento, provvedimento e autotutela. Evoluzione e involuzione, Napoli, 2019; A.RALLO-A.SCOGNAMIGLIO (a cura

di), I rimedi contro la cattiva amministrazione. Procedimento amministrativo ed attività produttive ed imprenditoriali, Napoli, 2016.

2 Sul punto cfr. partic. NAPOLITANO,op. cit., pp. 1-11.

3 Cfr. F.BENVENUTI, voce Autotutela (dir. amm.), in Enc. dir., vol. IV, Milano, 1959, pp. 537 ss.

4 L’espressione è di A.D.CORTESI,Interruzione del rapporto organico e nullità del provvedimento, in Urb. e app., 2008,

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l’annullamento d’ufficio degli atti illegittimi senza però contemplare alcuna forma di autotutela nei confronti di atti affetti da vizi ancora più gravi ed evidenti, diversamente da quanto previsto espressamente dagli ordinamenti amministrativi di altri Stati membri dell’Unione europea5.

In realtà, il paradosso è solo apparente, se tiene presente che il rinnovato interesse per l’autotutela amministrativa ha lambito solo marginalmente la questione in esame, della quale vi è traccia per lo più in parti isolate di trattazioni manualistiche o monografiche. In effetti, come è stato constatato, il tema in esame praticamente non è stato quasi mai studiato dalla dottrina6, le cui ricerche in proposito sono tuttora

scarse, non esaustive e, soprattutto, assolutamente incomparabili con quelle relative all’annullamento d'ufficio e alla revoca, su cui si sono polarizzati gli interessi della letteratura rispetto alle quattro forme di autotutela fornite di una disciplina positiva. Inoltre, nel codificare tale istituto, come è noto, la l. n. 15/2005 ha essenzialmente trasposto a livello legislativo le conclusioni alle quali era già arrivata la giurisprudenza. Ora, alla luce della formulazione dell’art. 21-septies della l. n. 241/1990, che si limita ad una mera enumerazione delle ipotesi di nullità, resta totalmente indeterminata la possibilità per la pubblica amministrazione di eliminare in via di autotutela il provvedimento nullo mediante strumenti, modalità e forme diverse da quelle dell’annullamento d'ufficio. La decisione di non specificare nell’art. 21-septies le conseguenze giuridiche che l’ordinamento attribuisce alla nullità del provvedimento non ha quindi facilitato l’obiettivo degli organi giurisdizionali e amministrativi, deputati all’applicazione della disposizione in esame, di separare dall’annullabilità questa forma di invalidità, una scelta che anzi sembra quasi evidenziare lo scarso peso assegnato dal legislatore ad essa nell’ordinamento amministrativo7.

Del resto, la giurisprudenza ha affermato sempre che, mentre nel sistema delle invalidità civili la nullità è la regola e l’annullabilità l’eccezione, in quello delle invalidità amministrative l’annullabilità è la regola e la nullità l’eccezione8. Inoltre,

5 Si veda, ad esempio, l’art. 106 della Ley 39/2015, de 1 de octubre, del Procedimiento Administrativo Común de las

Administraciones Públicas, relativo alla revisión de oficio dei provvedimenti e dei regolamenti nulli, in rapporto alla

disciplina via via sempre meno garantista e procedimentalizzata relativa della declaración de lesividad dei provvedimenti illegittimi (art. 107), alla revocación dei provvedimenti inopportuni (art. 109, co. 1), alla suspensión (art. 108) e alla rectificación (art. 109, c. 2). Si veda, ad esempio, l’art. 106 della Ley 39/2015, de 1 de octubre, del

Procedimiento Administrativo Común de las Administraciones Públicas. In precedenza, di tenore quasi analogo all’art.

106 della Ley 39/2015, si veda l’art. 102 della Ley 30/1992, de 26 de noviembre, de Régimen Jurídico de las

Administraciones Públicas y del Procedimiento Administrativo Común.

6 In tal senso cfr. A. BARTOLINI,La nullità del provvedimento nel rapporto amministrativo, Torino, 2002, p. 324. 7 Cfr. M. DELSIGNORE,L’ordinaria rilevanza dell’atto nullo, in Dir. amm., 2015, pp. 851 ss., p. 873.

8 Cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. III, 8 maggio 2018, n. 2727, in www.giustizia-amministrativa.it/dcsnprr; id., sez. IV,

3 gennaio 2018, n. 28, ivi; id., 2 aprile 2012, n. 1957, in www.dejure.it; id., 28 ottobre 2011, n. 5799, in www.giustizia-amministrativa.it/dcsnprr; sez. VI, 31 marzo 2011, n. 1983, ivi; id., sez. V, 15 marzo 2010, n. 1498, ivi; id., sez. VI, 13 giugno 2007, n. 3173, ivi; id., 28 febbraio 2006, n. 891, ivi.

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l’imprescrittibilità della nullità civile è stata sempre considerata difficilmente compatibile con le esigenze di certezza del diritto che si impongono nell’ordinamento amministrativo e che invece l’annullabilità garantisce in misura maggiore, dato che l’azione di annullamento è soggetta al breve termine decadenziale di sessanta giorni previsto dall’art. 29 c.p.a.9

Nonostante i progressi realizzati nella regolamentazione degli effetti e degli aspetti processuali della nullità provvedimentale con l’introduzione del codice del processo amministrativo, quantunque tardivi e parziali, e le importanti modifiche che hanno conosciuto le disposizioni del titolo IV-bis della l. n. 241/1990 a partire dalle riforme del 2014 e del 2015, a tutt’oggi non risulta che il legislatore abbia mai preso in considerazione l’ipotesi di introdurre nella legge sul procedimento amministrativo una specifica disposizione relativa all’autotutela nei confronti della più grave delle forme di invalidità. La conseguenza di questa lacuna normativa è che la regolamentazione di tale tipologia di autotutela è tuttora rimessa solo all’elaborazione giurisprudenziale e dottrinale.

Ragioni di economia del lavoro ci inducono poi ad escludere dall’analisi l’autotutela decisoria ad esito conservativo, tenuto conto anche che da sempre maggiori sono le riflessioni sia dottrinali che giurisprudenziali su quella ad esito eliminatorio. In tal senso, se da un lato è evidente che l’autotutela amministrativa trova le maggiori occasioni per poter essere esercitata negli atti di ritiro, dall’altro può osservarsi che con la l. n. 80/2005 il legislatore ha inserito per la prima volta il termine «autotutela» nella l. n. 241/1990 solo con riferimento alla revoca e all’annullamento d’ufficio, rispettivamente, all’art. 19 per la dichiarazione di inizio attività (d.i.a.), e all’art. 20 per il silenzio-assenso, prevedendo in entrambi i casi il potere dell’amministrazione di «assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies». Nella versione attuale dell’art. 19, in relazione alla segnalazione certificata di inizio attività (s.c.i.a.), il termine è stato soppresso dalla l. n. 124/2015, ma è stato comunque doppiamente previsto da ultimo dal d.lgs. n. 127/2016 nell’art. 14-quater in relazione alla decisione della conferenza di servizi, il quale contempla il potere delle amministrazioni, i cui atti siano sostituiti dalla determinazione motivata di conclusione della conferenza, di sollecitare l'amministrazione procedente ad assumere «determinazioni in via di autotutela ai sensi dell'articolo 21-nonies», previa indizione di una nuova conferenza o, qualora esse vi abbiano partecipato, di assumere direttamente «determinazioni in via di autotutela ai sensi dell'articolo

21-quinquies». In tal modo, dunque, sin dalla riforma del 2005, il legislatore mostra di

aderire ad una concezione dell’autotutela, già sviluppata da una lunga tradizione pretoria, riferita essenzialmente alla tipologia decisoria ad esito eliminatorio, dato

9 Cfr. Cons. Stato, sez. III, 8 maggio 2018, n. 2727, cit. e T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 12 aprile 2012, n. 1006, in

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che la giurisprudenza si è sempre focalizzata sulla nozione di autotutela intesa come potere di ritiro dei provvedimenti, dunque incentrata sull’annullamento d’ufficio e sulla revoca10.

Per contro, non è possibile invece trattare la problematica in esame in relazione all’autotutela esecutiva perché per l’opinione largamente prevalente questa è inammissibile nei confronti del provvedimento nullo, dato che un atto ab origine improduttivo di effetti a maggior ragione non può essere portato ad esecuzione coattiva, la quale costituisce senz’altro un illecito11. Se ciò avviene, va garantita al

privato entro termini prescrizionali la tutela giurisdizionale ed in specie la tutela risarcitoria piena, previa declaratoria di nullità dell’atto. Del resto, anche la tesi che ritiene esperibile l’esecuzione coattiva di un provvedimento nullo – distaccandosi dalla dottrina classica per la quale l’esecutorietà è un carattere che discende direttamente dall’esercizio di un potere esistente, imperativo e presuntivamente

legittimo, dalla quale ne è quindi escluso il provvedimento nullo12 – dà ampio spazio

alle garanzie del privato circa il diritto a richiedere la reintegra nello status quo ante anche in via cautelare e il risarcimento dei danni subiti, come ammesso pacificamente dalla giurisprudenza13.

2. L’opinione negatrice dell’ammissibilità della rimozione in autotutela del provvedimento

nullo.

2.1. Le tesi.

Nell’ambito della posizione che nega apertamente la configurabilità di tale forma di autotutela, secondo una prima tesi, che parte dal presupposto teorico dell’identità tra le nozioni di nullità ed inesistenza dell’atto amministrativo, ovvero dell’inutilità della

relativa distinzione14, l’annullamento in autotutela di un provvedimento nullo

sarebbe inammissibile in senso sia tecnico che normativo. Infatti: a) il provvedimento nullo è ab origine privo di effetti giuridici, per cui non è possibile ipotizzarne un annullamento consistente invece in una rimozione di effetti giuridici; b) esso può

10 Cfr. G.LIGUGNANA,I percorsi dell'autotutela tra discrezionalità e certezza delle situazioni giuridiche, in G.SALA-G.

SCIULLO (a cura di), Procedimento e servizi pubblici nel diritto amministrativo in trasformazione, Napoli, 2017, pp. 127

ss., p. 130.

11 Cfr., fra i tanti, F.CARINGELLA,Corso di diritto amministrativo. Profili sostanziali e processuali, VI ed., Milano, 2011,

tomo II, p. 2104; F.CARINGELLA-M.PASTORE,Manuale di diritto amministrativo, tomo V, L’invalidità del provvedimento,

Roma, 2014, p. 197; G. CARLOTTI,Il nuovo provvedimento amministrativo. Leggi n. 15 e n. 80 del 2005, Padova, 2005, p.

434; D.PONTE,La nullità dell’atto amministrativo. Procedimento e processo, Milano, 2015, p. 245; A.SUSCA,L’invalidità

del provvedimento amministrativo dopo la legge n. 15/2005 e n. 80/2005, Milano, 2005, p. 137.

12 Cfr. E. CANNADA BARTOLI, L’inapplicabilità degli atti amministrativi, Milano, 1950, p. 210; G. TREVES, La

presunzione di legittimità degli atti amministrativi, Padova, 1936, pp. 102 e 105, nt. 2; G.ZANOBINI, Corso di diritto

amministrativo, vol. I, VIII ed., Milano, 1958, p. 297.

13 Cfr. BARTOLINI,op. cit., pp. 333-338.

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eventualmente produrre solo effetti materiali, che il mero annullamento in autotutela è quindi incapace di rimuovere, occorrendo a tal fine comportamenti attivi di ripristino della situazione qua ante; c) ai fini della rimozione degli effetti materiali l’annullamento in autotutela è superfluo, in quanto non vi è alcun rapporto giuridico tra il provvedimento nullo e tali effetti, che costituiscono la conseguenza di meri comportamenti privi di copertura giuridica, atteso che l’esecuzione dell’atto nullo o inesistente costituisce un comportamento a sé stante non riconducibile all’atto15; d)

dal punto di vista normativo, l’art. 21-nonies della l. n. 241/1990 limita chiaramente la sua portata applicativa alle ipotesi di illegittimità di cui all’art. 21-octies, con implicita esclusione delle ipotesi di nullità di cui all’art. 21-septies, per cui il provvedimento nullo può essere liberamente ritirato dall’amministrazione senza la necessità di rispettare i rigidi requisiti fissati dall’art. 21-nonies. Si tratterebbe, insomma, di un regime di «libera rimovibilità»16.

Alternativamente, secondo un’altra posizione, l’assenza di un’espressa previsione del potere di annullamento in autotutela nei confronti dei provvedimenti nulli nella l. n. 15/2005, sarebbe verosimilmente dovuta all’inefficacia stessa dell’atto nullo, inidoneo a modificare l’altrui sfera giuridica. L’impossibilità di prefigurare un effetto di affievolimento delle situazioni giuridiche soggettive che vengono a contatto con il provvedimento nullo renderebbe quindi non necessario né possibile un intervento di secondo grado. In tal senso, la nullità, come intesa dal legislatore del 2005, dovrebbe

intendersi come inesistenza/inqualificazione piuttosto che come

nullità/qualificazione negativa17. Non si tratterebbe cioè di un’invalidità operante di

diritto, nel senso che l’atto venuto in essere sarebbe oggetto di una qualificazione negativa da parte dell’ordinamento conseguente ad uno scrutinio da parte dell’organo giurisdizionale – o amministrativo – in quanto titolo presuntivamente valido. Al contrario, poiché non vi è stata alcuna spendita di potere ma si è in presenza di un quid facti giuridicamente irrilevante ed inqualificabile come provvedimento, la domanda giudiziale dovrebbe essere rigettata per carenza di interesse all’azione ex art. 100 c.p.c. Ciò almeno in relazione alla nullità per difetto assoluto di attribuzione e per carenza degli elementi essenziali dell’atto, dovendo

15 Si richiama, in tal senso, l’opinione di E.CANNADA BARTOLI, La tutela giudiziaria dei cittadini verso la pubblica

amministrazione, II ed., Milano, 1964, p. 171 (id., p. 6, nt. 15).

16 Id., p. 7.

17 È noto infatti che mentre la nullità è una qualificazione negativa, l’inesistenza, anche come categoria giuridica,

è una inqualificazione giuridica, in quanto appartenente ad un ordinamento pregiuridico, cioè a quello sociale, diverso da quello giuridico (cfr. BARTOLINI, op. cit., pp. 94, 129-130 e P.ADAMI, La nullità del provvedimento

amministrativo. Considerazioni sostanziali e processuali, in Riv. amm., 2007, pp. 747 ss., p. 752). In senso critico verso tale distinzione concettuale cfr. PONTE,op. cit., p. 35, per il quale la distinzione fra piano sociale pregiuridico

e piano giuridico esprime una visione ormai superata, in luogo della quale propone di definire l’atto inesistente come un «quid facti, giuridicamente irrilevante». In realtà, di «quid facti inutilis» parla anche la giurisprudenza a proposito del provvedimento nullo (cfr. T.A.R. Abruzzo, Pescara, sez. I, 4 maggio 2012, n. 178, in

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invece propendersi per la nullità/qualificazione negativa in caso di violazione o elusione del giudicato, perché in tale ipotesi è comunque rinvenibile a monte un provvedimento emanato nell’esercizio di un potere attribuito all’amministrazione da una norma di legge. Tuttavia, anche da tale ipotesi di nullità non discende alcun effetto giuridico, perché la fattispecie che è stata oggetto della tentata regolamentazione amministrativa risulta disciplinata dalla fonte di un altro potere dello Stato, per cui il principio di separazione dei poteri non tollera che una fattispecie già definita in via giurisdizionale si vada a sovrapporre ad un’altra definibile in via amministrativa18.

Una terza posizione, basata invece sulla distinzione fra nullità ed inesistenza dell’atto amministrativo19, non esclude in termini generali che l’amministrazione abbia il

potere di riesaminare un proprio precedente provvedimento della cui nullità essa dubiti, perché la giurisprudenza stessa ritiene che l’amministrazione abbia il dovere di accertare la nullità dei propri atti20. Il problema resta però l’individuazione dello

strumento che essa può utilizzare per rimuovere un provvedimento nullo. In sostanza, esclusa la possibilità di ricorrere in via analogica all’art. 21-nonies, perché la disposizione in parola si riferisce solo ai provvedimenti illegittimi, e preclusa a

fortiori la possibilità di invocare l’art. 21-quinquies della stessa legge, che àncora la

revoca ai provvedimenti inopportuni ma legittimi, la tesi dell’ammissibilità dell’autotutela si basa sull’erronea premessa che l’amministrazione avesse il potere di adottare il provvedimento originario invalido, che è appunto il presupposto teorico mancante nell’ipotesi della nullità, perché «l’amministrazione non può avere il potere di incidere su un atto che non aveva il potere di adottare», ammettendosi al massimo la sua convertibilità in applicazione analogica dell’art. 1424 c.c. 21.

Infine, un’altra posizione, più di scetticismo che di aperta negazione dell’ammissibilità di tale forma di autotutela, pur propendendo per la tesi

dell’applicabilità analogica in parte qua dell’art. 21-nonies22, solleva comunque dubbi

sulla sua configurabilità sia perché la l. n. 241/1990 non la contempla espressamente sia perché essa pare avere accolto una nozione di autotutela come esercizio di un potere diverso da quello di cui è espressione l’atto adottato in primo grado. Infatti, nel dettare una disciplina completa dell’autotutela solo per determinate categorie di provvedimenti e nel prevedere regole rigide per la loro adozione, la riforma del 2005 ha ancorato implicitamente la facoltà della pubblica amministrazione di incidere unilateralmente sui propri atti ad una espressa disposizione di legge. In virtù quindi

18 Cfr. L.D’ANGELO,L’improduttività di effetti del provvedimento amministrativo nullo, in LexItalia.it, n. 4/2005. 19 Cfr. M.C.CAVALLARO,Gli elementi essenziali del provvedimento amministrativo. Il problema della nullità, Torino,

2012, p. 186.

20 Id., p. 264, nt. 247, che richiama, Cons. Stato, sez. VI, 5 luglio 2000, n. 3708, cit. 21 Id., p. 265, nt. 247.

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del principio di legalità dell’azione amministrativa i provvedimenti di secondo grado volti a ritirare un atto nullo mancherebbero di fondamento giuridico23.

D’altra parte, anche ammettendo la possibilità dell’amministrazione di eliminare in via di autotutela i propri atti nulli, questa facoltà deve comunque essere coordinata con la disciplina dell’azione amministrativa di nullità. Ora, la circostanza che l’amministrazione possa opporre in giudizio sine die la nullità dell’atto amministrativo che essa stessa ha emanato, in base all’art. 31, co. 4, c.p.a., rende evidente la natura residuale della figura del ritiro dell’atto nullo, dal momento che attraverso la propria difesa in giudizio essa può sempre determinarne la rimozione senza soggiacere a termini decadenziali o dover ricorrere a tale controversa figura di autotutela24.

Ad ulteriore riprova di tale residualità si osserva poi che la nullità dell’atto amministrativo riguarda più il giudice che la pubblica amministrazione, dato che anche a tale forma di invalidità è applicabile la regola che vale per l’annullabilità

secondo cui l’amministrazione deve eseguire l’atto amministrativo

indipendentemente dalla sua eventuale invalidità, la quale solo successivamente può essere fatta valere davanti all’autorità giudiziaria. In altri termini, è principalmente in sede giurisdizionale che la legge affronta il problema degli effetti indiretti dell’esecuzione del provvedimento nullo, stabilendo se quello che è stato realizzato

sine titulo deve essere conservato o se deve prevalere l’inefficacia. Però, appunto,

quando l’esecuzione ha già avuto luogo25.

2.2. Osservazioni critiche.

Volendo svolgere già in questa sede alcuni rilievi critici che si rivelano funzionali alla disamina delle successive riflessioni dottrinali, può osservarsi anzitutto che la prima posizione intercetta indubbiamente un limite all’effettività dell’autotutela sul provvedimento nullo quale strumento di garanzia delle situazioni giuridiche soggettive di cui il privato è titolare nei confronti dell’amministrazione che lo ha emanato.

Si tratta però di un limite che contraddistingue anche l’effettività della tutela giurisdizionale. In effetti, in presenza di un interesse legittimo pretensivo, una pronuncia che riconosca la nullità di un provvedimento di diniego elimina ogni incertezza in merito all’efficacia dello stesso, ma non per questo riveste per il privato natura pienamente satisfattiva del proprio interesse. Infatti, se si eccettua la nullità per carenza di potere, il conseguimento del bene della vita richiede comunque un operato attivo da parte dell’amministrazione il cui esito sia l’emanazione del

23 Id., p. 63. 24 Id., p. 76.

25 Cfr. F. LUCIANI,Contributo allo studio del provvedimento amministrativo nullo. Rilevanza ed efficacia, Torino, 2010,

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provvedimento richiesto. Parimenti, in presenza di un interesse legittimo oppositivo la cui lesione sia conseguenza dell’esecuzione materiale del provvedimento, la pronuncia dichiarativa della relativa nullità, che si limiti ad accertare l’inefficacia giuridica originaria dell’atto, non assicura di per sé la rimozione degli effetti materiali che nel frattempo esso possa aver prodotto. In definitiva, la declaratoria giudiziale di nullità è necessaria ma non sufficiente, perché determina solo il venir meno del presupposto giuridico dell’attività compiuta dall’amministrazione e quindi la fonte da cui scaturiscono gli effetti materiali che si intendono rimuovere. I quali però, una volta divenuti sine titulo, possono e debbono essere eliminati, in maniera

spontanea o coattiva26. Non si vede dunque in che modo possa negarsi tale rilievo –

necessario ma non sufficiente – anche alla declaratoria di nullità in autotutela, che ove disposta produce lo stesso effetto, per quanto – ed è questo il punctum dolens – la sua attuazione non sia coercibile in sede giurisdizionale.

Inoltre, al di là del fatto che l’improduttività assoluta di effetti giuridici dell’atto

nullo è stata contestata da una parte della giurisprudenza più recente27, va chiarito

cosa si intenda per «libera rimovibilità», perché la giurisprudenza maggioritaria ritiene imprescindibile la possibilità dell’amministrazione di accertare la nullità di un precedente provvedimento, al fine di rimuoverne gli effetti materiali, anche solo con

un atto di c.d. «mero ritiro»28, non rientrante nell’autotutela in senso proprio e non

soggetto quindi ai requisiti degli art. 21-quinquies e 21-nonies29, mentre resta

minoritario l’orientamento che ritiene legittimo l’operato dell’amministrazione teso a rimuovere gli effetti materiali del provvedimento viziato da nullità senza necessità di dichiararla previamente30.

Per quanto riguarda poi la seconda posizione, a seguire coerentemente la tesi che identifica la nullità dell’atto amministrativo nella sua inesistenza/inqualificazione, per il provvedimento illegittimo o inopportuno il carattere provvedimentale – rispettivamente – dell’annullamento d'ufficio o della revoca resta indiscusso, in quanto l’amministrazione incide nuovamente in maniera unilaterale sulla sfera di

26 Cfr. M. LAMPIS,Nullità e inesistenza del provvedimento amministrativo. Profili statici e dinamici del rapporto alla luce

del nuovo codice del processo, Università degli studi di Cagliari, Tesi di dottorato, A.a. 2012/2013

(http://veprints.unica.it/1228/1/PhD_Thesis_LampisMichela.pdf), cap. III, § 8, pp. 75-76 e, ivi, nt. 138.

27 Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 2 aprile 2012, n. 1957, cit. e id., 28 ottobre 2011, n. 5799, cit.

28 Cfr. T.A.R. Lazio, Latina, sez. I, 22 maggio 2014, n. 371 in www.giustizia-amministrativa.it/dcsnprr e Cons.

Stato, sez. IV, 10 gennaio 2002, n. 114, ivi.

29 Cfr., ex plurimis, T.A.R. Lazio, Roma, sez. III-ter, 23 luglio 2019, n. 9832, in

www.giustizia-amministrativa.it/dcsnprr; id., sez. II-quater, 25 giugno 2019, n. 8280, ivi; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 11 giugno 2019, n. 1323, ivi; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 4 dicembre 2018, n. 6953, ivi; T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 3 gennaio 2018, n. 14, ivi; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 15 dicembre 2017, n. 2933, ivi; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 5 settembre 2017, n. 1783, ivi; T.A.R. Lazio, Latina, sez. I, 19 settembre 2016, n. 559, ivi; T.A.R. Sardegna, sez. II, 15 luglio 2005, n. 1568, ivi; Cons. Stato, sez V, 9 maggio 2015, n. 3453, ivi; T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 12 settembre 2010, n. 10100, ivi; Cons. Stato, sez. VI, 6 aprile 2010, n. 1907, ivi.

30 Cfr. T.A.R.Lazio, Latina, sez. I, 21 novembre 2011, n. 946, in www.giustizia-amministrativa.it/dcsnprr; Cons.

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interessi dei destinatari del provvedimento di primo grado, rilevando l’esistenza di un vizio e rimuovendolo. Per contro, nel caso della declaratoria di nullità in autotutela, la sua qualificazione provvedimentale è dubbia, dato che apparentemente nessuna situazione giuridica soggettiva subisce pregiudizio poiché l’atto nullo non produce effetti. Ne deriva che la posizione del privato, così come non risulta incisa dal provvedimento nullo, proprio alla luce del vizio radicale che lo inficia, similmente non potrebbe risultare incisa dalla declaratoria di nullità in autotutela, che si limita ad accertare la presenza del vizio, appunto sulla base del principio quod

nullum est nullum producit effectum31. Oltre a ciò, questa seconda posizione, non

prendendo direttamente in considerazione nemmeno gli effetti materiali eventualmente prodotti dal provvedimento nullo, pare ancora più limitante e preclusiva rispetto alla prima.

Capovolgendo invece le premesse di partenza, ci pare che, se nessun affidamento può sorgere per definizione da un atto inesistente trattandosi di un non-atto, altrettanto non potrebbe dirsi per l’atto nullo, che, sebbene viziato, esiste ed è produttivo di effetti – solo materiali o anche giuridici, se si accoglie il più recente

orientamento del Consiglio di Stato32 – fino a quando non venga accertato come tale,

alla luce del generale principio factum infectum fieri nequit. In realtà, anche aderendo alla visione classica dell’inefficacia originaria dell’atto nullo, non sarebbe comunque questo a produrre effetti ma l’apparenza discendente dalla sua adozione, dato che l’atto, sebbene viziato, è esistente ed imputabile all’amministrazione33.

Infine, con riferimento alla terza posizione, è agevole rilevare che nessun ostacolo alla possibilità dell’amministrazione di dichiarare in autotutela la nullità di un proprio provvedimento potrebbe venire dal fatto che essa si trovi finanche in una situazione di carenza di potere in astratto, dato che essa è sempre titolare del potere di certazione, cioè del potere di qualificare la realtà sulle quali esercita il proprio potere e dei contorni dello stesso sempre in relazione alle medesime34.

D'altra parte, a favore dell’ammissibilità di tale tipologia di autotutela può osservarsi anche che, almeno in termini di teoria generale, la nullità è comunque una qualificazione giuridica che scaturisce da un giudizio svolgentesi anzitutto a livello extraprocessuale. In tal senso, il criterio del giudizio di nullità è una norma giuridica che collega la produzione di un dato effetto giuridico al verificarsi nella realtà del fatto descritto dalla norma come fattispecie e considerato in modo favorevole dall’ordinamento. In secondo luogo, l’occasione del giudizio di nullità è una situazione di incertezza intorno alla corrispondenza del fatto verificatosi con quello

31 Cfr. CORTESI,op. cit., p. 1307.

32 Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 2 aprile 2012, n. 1957, cit. e id., 28 ottobre 2011, n. 5799, cit. 33 Cfr. CORTESI,op. cit., p. 1308.

34 Cfr. C.E.GALLO, Questioni attuali sulla nullità del provvedimento amministrativo, in Dir. proc. amm., 2017, pp. 43

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descritto dalla norma come presupposto dell’effetto giuridico, con la conseguenza che, se il giudizio si conclude nel senso della difformità, esso attesta che tale effetto, così come previsto dalla norma giuridica nel caso invece della conformità, non si è prodotto. In terzo luogo, l’oggetto del giudizio di nullità può essere solo un comportamento umano, dato che soltanto nei confronti degli individui si può richiedere che una data attività si svolga in un modo anziché in un altro, onde consentire una valutazione di conformità o difformità del modo in cui è svolta rispetto al parametro normativo. Infine, per quanto riguarda il soggetto, il giudizio di nullità può essere affidato indifferentemente ad un terzo (arbitro privato o giudice statale), ad entrambe le parti in modo congiunto (ad esempio, mediante un negozio di accertamento della nullità di un precedente contratto stipulato tra le parti) o ad una sola delle parti, quale appunto la pubblica amministrazione in via autotutela35.

Per contro, l’ultima posizione ha il merito di sottolineare che tale tipologia di autotutela rappresenta per il privato una forma di tutela residuale, e dalla portata pratica talora ridotta, sotto un profilo ulteriore rispetto a quello – già evidenziato – secondo cui l’esercizio tempestivo dell’autotutela non è di per sé un indice sicuro del soddisfacimento delle richieste del privato, se l’amministrazione si limita a riconoscere l’improduttività originaria di effetti giuridici del provvedimento nullo senza però riesercitare nuovamente il potere. Infatti, l’operatività di tale rimedio è sì sollecitata dal privato, ma resta comunque rimessa all’iniziativa e alla valutazione esclusiva dell’amministrazione, la quale può essere indotta a differire nel tempo l’esercizio del potere di autotutela al solo scopo di neutralizzare possibili pretese risarcitorie aventi titolo nel provvedimento nullo. In altri termini, qualora l’amministrazione abbia già portato ad esecuzione l’atto, l’eventuale riconoscimento in via di autotutela dell’illiceità della condotta attuativa che essa ha già posto in essere finirebbe per avvantaggiare il privato danneggiato alleggerendone l’onere probatorio. È giocoforza dunque presumere che essa, piuttosto che soccombere dinanzi alle richieste risarcitorie dello stesso, preferisca attendere il decorso del termine decadenziale per l’esercizio dell’azione di nullità prima di esercitare il potere di autotutela, e solo dopo riconoscere il carattere antigiuridico degli effetti materiali che possono essere derivati dal provvedimento nullo36. In ogni caso, anche tale

riconoscimento di per sé solo si rivela inutile per il privato, che non può evidentemente conseguire il bene della vita richiesto37.

Indubbiamente, una parte della dottrina contesta la stessa possibilità ed opportunità di un consolidamento degli effetti materiali del provvedimento nullo e, quindi, la ragionevolezza della previsione del termine decadenziale di cui all’art. 31, co. 4, c.p.a., nella misura appunto in cui esso sembra supporre la scelta del legislatore di far

35 Cfr. R.CAPONI,Azione di nullità (profili di teoria generale), in Riv. dir. civ., 2008, n. suppl. 1, pp. 59 ss., p. 92. 36 Cfr. LAMPIS,op. cit., pp. 108-109.

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conseguire, al mancato esercizio dell’azione di nullità, il consolidamento degli effetti materiali venuti in essere a seguito della sua emanazione. In tal senso, tale consolidamento è reputato assolutamente irragionevole in quanto la circostanza che la realtà fattuale possa essere temporaneamente incisa da un provvedimento nullo è cosa ben diversa dall’affermazione che, in conseguenza del mancato esercizio del diritto di azione, gli effetti materiali di un provvedimento inefficace ab origine possano stabilizzarsi, creando una nuova situazione fattuale contra legem, irremovibile in via giurisdizionale, in settori in cui vengono in rilievo importanti interessi di natura pubblicistica. In senso contrario deporrebbe anzitutto il concetto stesso di nullità provvedimentale, che implica dal punto di vista ontologico l’imprescrittibilità della relativa azione e l’inconcepibilità di qualsiasi forma di stabilizzazione degli effetti materiali che esso possa aver ingenerato. Inoltre, si è in presenza di un vizio di invalidità così radicale da non poter costituire nemmeno temporalmente la fonte regolatrice del rapporto sostanziale tra amministratore e amministrato. Infine, a supporto della presunta ragionevolezza della disposizione codicistica, non potrebbe addursi il principio di certezza delle situazioni giuridiche soggettive oggetto dell’intervento amministrativo, che costituisce un valore immanente all’ordinamento solo laddove vengano in rilievo provvedimenti efficaci e non anche atti assolutamente improduttivi di effetti giuridici. Si tratta di un dato del quale pare essere consapevole lo stesso legislatore, laddove nell’art. 31, co. 4, c.p.a. prevede la rilevabilità d’ufficio in ogni tempo della nullità ad opera del giudice, «il

che conferma l’evidente irragionevolezza della scelta legislativa»38. In sostanza, alla

luce dell’estrema gravità della patologia che inficia l’atto amministrativo nelle fattispecie ricondotte a cause di nullità dall’art. 21-septies, l’ammissibilità della stabilizzazione degli effetti materiali eventualmente prodotti dal provvedimento sembra destare particolare preoccupazione perché si potrebbero consolidare per decorrenza dei termini, nei confronti di chi ha interesse all’impugnazione, gli effetti di un provvedimento emanato in difetto assoluto di attribuzione, nonostante cioè nessuna norma attribuisca il relativo potere all’amministrazione39.

Nondimeno, proprio tale posizione, condivisibile o meno, mostra più che mai l’opportunità di ammettere la rimovibilità anche in autotutela di effetti provvedimentali materiali e non giuridici il cui consolidamento – in ipotesi – è ritenuto irragionevole e concettualmente erroneo.

3. Natura giuridica dell’atto di autotutela e schemi interpretativi.

Come si è detto, il tema qui affrontato non è mai stato trattato in maniera particolarmente estesa dalla dottrina. Lo scarso interesse mostrato si deve alla

38 I.ZINGALES, Provvedimento amministrativo nullo e tutela civile dichiarativa, Roma, 2014, pp. 28-29.

39 Cfr. V.LOPILATO, Art. 31 (aggiorn. G.F.NICODEMO), in F.CARINGELLA-M.PROTTO (a cura di), Codice del nuovo

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difficoltà di identificare la natura e il fondamento della stessa potestà di autotutela. Infatti, se si accede alla tesi che l’autotutela rappresenti un nuovo esercizio dello stesso potere esercitato in primo grado, dovrebbe conseguentemente escludersi che la pubblica amministrazione possa riesaminare il proprio atto nullo, che tradizionalmente si qualifica come adottato in assenza di potere. Al contrario, se si accede alla tesi che l’autotutela esprima un potere distinto da quello esercitato in primo grado, in virtù del principio di legalità dell’azione amministrativa i provvedimenti di secondo grado destinati ad eliminare quelli nulli risulterebbero privi di base legale, che nella l. n. 241/1990 è prevista solo per la sospensione (art.

21-quater, co. 2), la revoca (art. 21-quinquies), l’annullamento d'ufficio (art. 21-nonies, co. 1

e 2-bis) e la convalida (art. 21-nonies, co. 2), e non anche per il riesame degli atti amministrativi nulli40.

Come è noto, sul punto si è pronunciata di recente la Corte costituzionale, la quale ha respinto l’idea che l’autotutela costituisca un rimedio di carattere sostanzialmente giustiziale, come tale idoneo a formare oggetto di una pretesa azionabile in sede giurisdizionale, concezione che opererebbe una vera e propria «“mutazione genetica”» dell’annullamento d’ufficio, da strumento di rivalutazione da parte dell’amministrazione delle proprie decisioni a strumento di protezione delle aspettative del privato, in modo non dissimile da quanto avviene nel caso dell’annullamento su ricorso. Al contrario, a differenza di quest’ultimo, l’annullamento d’ufficio non ha funzione giustiziale ma costituisce espressione di amministrazione attiva e comporta di regola valutazioni discrezionali, non esaurendosi il potere dell’autorità emanante unicamente nella verifica della legittimità dell’atto e nel suo doveroso annullamento se ne riscontra l’illegittimità41.

Prescindendo da quest’ultima tematica, che non ci è possibile affrontare in questa sede42, la scarsa letteratura nella quale la questione in oggetto è esaminata pare

anzitutto concordare sul fatto che, nei confronti del provvedimento nullo, l’esercizio della potestà di autotutela consiste essenzialmente nel riconoscimento sia dell’inidoneità radicale ed originaria dell’atto a produrre effetti giuridici che della natura totalmente antigiuridica degli effetti materiali che esso abbia eventualmente prodotto. Inoltre, sebbene le posizioni divergano considerevolmente, è possibile constatare che, in relazione alla natura giuridica dell’atto di autotutela, le stesse in realtà si diversificano a seconda della scelta effettuata in relazione a due criteri distintivi. In effetti, un pregio degli studi sulla natura giuridica dell’atto di riesame del provvedimento nullo è di essersi polarizzati intorno ad un utile strumento interpretativo.

40 Cfr. VETRÒ, op. cit., p. 62.

41 Cfr. Corte cost., 13 luglio 2017, n. 181, in www.giurcost.org. 42 Sul punto sia consentito il rinvio al nostro [omissis].

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Il primo criterio attiene agli effetti prodotti dall’atto di autotutela, sui quali si sono sviluppate due tesi contrapposte.

Da una parte, secondo una prima posizione, il ritiro del provvedimento nullo eliminerebbe gli effetti materiali dell’atto viziato, alla luce appunto della circostanza che questo, sebbene non produca effetti giuridici, può tuttavia produrre effetti materiali per la cui eliminazione è necessario un atto di autotutela, non essendo a tal fine sufficiente un atto meramente ricognitivo-dichiarativo. In sostanza, nell’esercizio della sua potestà di autotutela, l’amministrazione adotta un atto mediante il quale rimuove i risultati concreti che il provvedimento nullo ha prodotto nella realtà fattuale. L’atto di riesame, pertanto, ha natura costitutiva o, più esattamente, mista, ovvero solo formalmente dichiarativa, cioè dichiarativa per quanto riguarda gli effetti giuridici e costitutiva per quanto riguarda gli effetti materiali43. È indubbio

infatti, che, a rigor di logica, non può darsi annullamento in senso stretto, di natura costitutiva, su un provvedimento nullo44.

Dall’altra, secondo un’altra opinione, il ritiro dell’atto nullo avrebbe invece natura esclusivamente dichiarativa, non producendo conseguenze eliminatorie sui relativi effetti materiali, dal momento che la pubblica amministrazione si limiterebbe a riconoscere la situazione attuale senza modificarne gli effetti, in una prospettiva meramente ricognitiva.

Il secondo criterio distintivo riguarda la natura del potere esercitato, a causa dell’assenza di una disciplina espressa sugli aspetti sostanziali nell’art. 21-septies. Da una parte, secondo una prima tesi, al fine di proteggere i privati che hanno acquisito in maniera incolpevole una posizione di legittimo affidamento sulla legalità, vigenza ed efficacia dell’atto, che solo in un secondo tempo si è rivelato nullo, la decisione dell’amministrazione sull’eliminazione o meno degli effetti materiali che esso eventualmente possa aver prodotto, è soggetta all’onere di comparare i contrapposti interessi pubblici e privati, di valutare il lasso di tempo intercorso tra i provvedimenti di primo e di secondo grado e, infine, di introdurre nell’atto di riesame una motivazione che dia conto di entrambe le valutazioni. In sostanza, a prescindere dalla natura dichiarativa o costitutiva che si attribuisca all’atto di autotutela, in ogni caso esso è espressione di un potere discrezionale.

Dall’altra, secondo l’orientamento opposto, l’atto di ritiro non solo avrebbe natura totalmente dichiarativa ma sarebbe anche espressione di un potere vincolato, implicante cioè l’obbligo dell’amministrazione di dichiarare d’ufficio la nullità del

43 In tal senso cfr. LAMPIS, op. cit., p. 107, per la quale, tuttavia, rispetto a tale conclusione iniziale circa la

possibile convivenza tra le due tipologie di effetti, una più attenta riflessione sulla diversa genesi degli effetti sia del provvedimento nullo che del suo atto di ritiro induce a ritenere che «il potere di autotutela che l’Amministrazione esercita rispetto ad un provvedimento nullo è, in realtà, un potere “essenzialmente” dichiarativo».

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provvedimento antecedentemente emanato senza onere né di comparare i contrapposti interessi pubblici e privati, né di valutare il fattore temporale, né, quindi, consequenzialmente, di specificare nella motivazione dell’atto dichiarativo della nullità le ragioni dello stesso.

Sarebbe però erroneo ritenere che le posizioni dottrinali si ripartiscano seguendo la combinazione delle opposte soluzioni adottate in merito ad entrambi i criteri discretivi anzidetti, emergendo un quadro assai più diversificato e sfumato, per cui occorre esaminare ciascun orientamento singolarmente.

In ogni caso, va detto che nella problematica in esame il termine normativo di paragone resta la disciplina dell’annullamento d'ufficio di cui all’art. 21-nonies, dovendosi ritenere esclusa o inutile una verifica preliminare dei possibili presupposti per revocare un provvedimento ad efficacia durevole divenuto inopportuno ma pur sempre legittimo. In effetti, rispetto al provvedimento nullo, «dal punto di vista giuridico c’è ben poco da revocare»45.

4. La tesi dell’applicabilità analogica dell’art. 21-nonies della legge n. 241/1990.

Secondo un’opinione condivisa da una parte considerevole della dottrina, a prescindere che si aderisca alla tesi della natura dichiarativa o a quella della natura costitutiva di tale forma di autotutela, i principi del legittimo affidamento e di buona fede di derivazione eurounionale obbligano l’amministrazione a comparare i contrapposti interessi pubblici e privati, a valutare il lasso di tempo trascorso da quando l’atto oggetto di ritiro è stato emanato e, infine, a fornire una motivazione che dia conto delle anzidette valutazioni, qualora essa intenda eliminare gli effetti materiali prodotti dal provvedimento nullo che abbia ingenerato posizioni di legittimo affidamento nei suoi destinatari diretti o nei controinteressati, o quando il suo mantenimento potrebbe comunque provocare la lesione di situazioni giuridiche soggettive di terzi46.

In tal senso, può considerarsi ad esempio un atto di espropriazione forzosa radicalmente nullo che, se fosse portato ad esecuzione, provocherebbe la trasformazione irreversibile del suolo. In questo caso, l’attribuzione all’amministrazione della potestà di agire in autotutela, mediante una risoluzione che

45 PONTE, op. cit., p. 245.

46 Cfr., senza pretese di esaustività, CARINGELLA,Corso, cit., pp. 2015-2106; ID., Manuale di diritto amministrativo,

XII ed., Roma, 2018, p. 1412; CARINGELLA-PASTORE,op. cit., p. 199; R.CHIEPPA-R.GIOVAGNOLI,Manuale di diritto

amministrativo, IV ed., Milano, 2018,p. 642,per i quali comunque l’amministrazione non deve esercitare un vero e

proprio potere di autotutela; M.D’ORSOGNA,La nullità del provvedimento amministrativo, in V. CERULLI IRELLI (a cura

di) La disciplina generale dell’azione amministrativa, Napoli, 2006, pp. 359 ss., p. 373; R.GIOVAGNOLI-M.FRATINI, Le

nuove regole dell’azione amministrativa al vaglio della giurisprudenza, tomo II, Invalidità e autotutela, Milano, 2007, p.

346; SUSCA,op. cit., p. 139; VETRÒ, op. cit., pp. 75 s. Nel senso che la nullità può essere dichiarata dalla stessa

amministrazione con procedimento di secondo grado assimilabile all’annullamento d’ufficio, ma senza alcun limite di tempo, cfr. già V.CERULLI IRELLI, Corso di diritto amministrativo, Torino, 1994, p. 590.

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dichiari l’assenza assoluta e originaria dell’idoneità dell’atto nullo a produrre effetti giuridici e stabilisca l’eliminazione delle modifiche fattuali già intervenute, è evidentemente imprescindibile47. Optare per una soluzione diversa significherebbe

riconoscere che un’amministrazione, se intende realizzare la demolizione di un edificio del quale abbia autorizzato la costruzione molti anni addietro, possa semplicemente dichiarare che l’atto di concessione era nullo, senza essere soggetta né ad obblighi di ponderazione dei contrapposti interessi coinvolti nel caso o di

valutazione del fattore temporale, né ad obblighi motivazionali di alcun genere48.

La principale ipotesi in cui anche tale posizione esclude l’applicazione analogica dei limiti fissati dall’art. 21-nonies si ha qualora ricorra una forma di nullità così manifesta e plateale da essere necessariamente conosciuta o conoscibile da chiunque, nel qual caso l’affidamento eventualmente ingenerato nei privati non si potrebbe considerare come incolpevole e per tanto degno di tutela49. In tal senso, occorre

chiedersi se il limite dei diciotto mesi previsto per l’esercizio dell’annullamento d'ufficio da parte dell’art. 21-nonies, come novellato dalla l. n. 124/2015, operi appunto anche in presenza di vizi di nullità talmente eclatanti da essere riconosciuti o riconoscibili da chiunque e da impedire così il consolidamento di un affidamento incolpevole50.

Oltre a tale eccezione, un altro limite all’estensione in via analogica al ritiro dei provvedimenti nulli dei requisiti richiesti per l’annullamento d'ufficio è insito nel fatto che, se per i provvedimenti annullabili la possibilità di ingenerare un affidamento degno di tutela è legata alla configurabilità degli elementi che lo rendono ragionevole, legittimo e stabile, in relazione ai provvedimenti nulli la realizzazione di tre tali presupposti determina maggiori difficoltà51. In ogni caso, può

osservarsi che si tratta di requisiti la cui sussistenza deve provarsi caso per caso, in relazione ad ogni specifica ipotesi di ritiro di provvedimenti nulli, e che non implicano a priori l’impossibilità di dichiarare la nullità degli atti viziati e di eliminare gli effetti materiali che essi abbiano eventualmente prodotto.

Sotto altro aspetto, invece, il ritiro in autotutela di provvedimenti nulli determina in genere minori problemi in confronto all’annullamento d'ufficio. Infatti, dal momento che ha ad oggetto una forma di invalidità più grave dell’annullabilità, tale tipologia di autotutela esige verosimilmente per la sua valida effettuazione limiti temporali

minori52 e obblighi motivazionali meno rigorosi53 dell’annullamento d'ufficio.

47 Cfr. CARINGELLA-PASTORE,op. cit., p. 55. 48 Cfr. CARINGELLA,Corso, cit., p. 2105.

49 Cfr. CARINGELLA,Corso, cit., p. 2106; CARINGELLA-PASTORE, op. cit., pp. 199-200; VETRÒ, op. cit., p. 75. 50 Cfr. CARINGELLA, Manuale, cit., p. 1412.

51 Cfr. F.CARINGELLA, Affidamento e autotutela: la strana coppia, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2008, pp. 425 ss., p. 431. 52 Cfr. S. DE FELICE,Della nullità del provvedimento amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it, 2005, § 6 che

ovviamente si muove nel quadro della disciplina del «termine ragionevole» di cui alla previgente versione dell’art. 21-nonies. Per CHIEPPA-GIOVAGNOLI,op. cit., p. 642il potere della pubblica amministrazione di dichiarare

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Ammettendosi l’applicazione in via analogica degli stessi requisiti richiesti per quest’ultimo, la disciplina contemplata dall’art. 21-nonies dovrà pertanto essere interpretata e applicata in maniera più elastica54.

Infine, proprio perché l’atto nullo, a differenza dell’atto inesistente, che è un non-atto e non può generare per definizione alcun affidamento, è invece esistente e produttivo di effetti fino a quando non venga accertato come tale, la rimozione in autotutela in tal caso ha efficacia retroattiva come l’annullamento d'ufficio55.

In definitiva, la tesi in esame lascia trasparire che non vi siano differenze significative tra l’autotutela nei confronti dei provvedimenti nulli e quella nei confronti dei provvedimenti annullabili, dal momento che entrambe le tipologie sono destinate alla tutela del legittimo affidamento generato dagli effetti, rispettivamente, materiali o giuridici, dell’atto invalido. In effetti, ammettendo il potere-dovere dell’amministrazione che dichiara in autotutela il provvedimento nullo di considerare il tempo trascorso dalla sua adozione, di verificare la sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla rimozione diverso da quello al mero ripristino della legalità e di valutare l’eventuale spettanza di risarcimenti in analogia al paradigma civilistico dell’art. 1338 c.c., la distanza con l’annullamento d'ufficio «si assottiglia». Nondimeno, si tratta di una situazione analoga a quella evidenziata da una parte della migliore dottrina civilistica, secondo cui anche nel sistema delle invalidità civili la differenza fra nullità e annullabilità non è così evidente come la tradizione suggerisce56.

Peraltro, anche se tale posizione afferma di non voler entrare nella diatriba circa la natura costitutiva o dichiarativa dell’atto di riesame, talora la propensione per la natura costitutiva è implicita ma non per questo meno evidente, in quanto si riconosce che, nel rimuovere in autotutela il provvedimento nullo, l'amministrazione «sta determinando degli effetti giuridici in capo ai destinatari, perché solo a seguito di tale declaratoria il provvedimento cessa di produrre i propri effetti e vengono cancellati dalla sfera giuridica dei privati quelli fino a quel momento prodotti e non prima»57.

Nondimeno, può rilevarsi come, in luogo della natura costitutiva o dichiarativa dell’atto di riesame, l’aspetto centrale di questo orientamento resti la tutela dei terzi che hanno sofferto gli effetti materiali pregiudizievoli generati dal provvedimento nullo. Coerentemente, esso critica quella la giurisprudenza che – «senza troppe

la nullità dei propri provvedimenti è esercitabile pressoché sempre e, in ogni caso, il limite del «termine ragionevole» di cui, nei casi di nullità, deve essere interpretato «con estrema latitudine».

53 Cfr. CARINGELLA,Corso, cit., p. 2106. 54 Cfr. D’ORSOGNA,op. cit., p. 373. 55 Cfr.CORTESI,op. cit., p. 1308. 56 Ibid.

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remore»58 – spesso ha ricondotto tale tipologia di autotutela al mero ritiro, ritenendo

perciò di poter escludere l’obbligo dell’amministrazione di fornire una motivazione dell’atto di rimozione59.

Da questa prospettiva teorica ha suscitato quindi non poche perplessità la soluzione fornita alla problematica in esame dalle le Sezioni Unite della Cassazione, le quali hanno escluso radicalmente che i provvedimenti nulli possano generare posizioni di legittimo affidamento nei privati e che, pertanto, vi sia la necessità di una tutela giuridica contro di essi, dal momento che la declaratoria di nullità di un atto

amministrativo non è mai espressione di una potestà amministrativa60.

In senso critico si è osservato che anzitutto anche un atto nullo, prima della declaratoria di nullità, è comunque giuridicamente esistente, avendo una propria rilevanza giuridica in quanto produttivo di effetti materiali. Dal momento che non è logicamente possibile immaginarsi e sperare che tutti i cittadini siano capaci di rendersi conto della validità, efficacia e, a maggior ragione, nullità di un atto amministrativo, ragioni minime di senso comune e di civiltà giuridica esigono di riconoscere che esso potrebbe essere stato fonte di legittimo affidamento nell’interessato61.

Inoltre, dal momento che, in base all’art. 31, co. 4, c.p.a., il termine di decadenza per interporre l’azione di nullità è di centottanta giorni, una volta che sia trascorso tale lasso di tempo senza che il provvedimento sia stato impugnato, il destinatario vede rafforzarsi ancora di più la propria posizione di affidamento, dal momento che adesso esso confida nel definitivo consolidamento delle situazioni giuridiche soggettive apparentemente derivate dall’atto ma in realtà mai sorte. La necessità di permettere all’amministrazione di intervenire in via di autotutela e di regolare gli effetti materiali che da esso prodotti è pertanto ancora maggiore se la nullità del provvedimento emerge dopo che esso ha acquisito carattere definitivo e inoppugnabile62.

In ogni caso, anche ammettendo che la pubblica amministrazione non abbia alcuna possibilità di approntare una tutela procedimentale del legittimo affidamento perché appunto – seguendo la tesi della Cassazione – non vi sarebbe alcuna spendita di potere amministrativo, al destinatario dell’atto nullo resterebbe comunque la tutela

risarcitoria contro il comportamento scorretto, ancorché legittimo,

58 VETRÒ, op. cit., p. 74.

59 In tal senso cfr. T.A.R. Lazio, Latina, sez. I, 22 maggio 2014, n. 371, cit. e Cons. Stato, sez. IV, 10 gennaio 2002,

n. 114, cit.

60 Cfr. Cass. civ., SS. UU., ord. 17 maggio 2013, n. 12110, in R. GIOVAGNOLI (a cura di), Rassegna monotematica di

giurisprudenza. Autotutela amministrativa e contratto. Questioni sostanziali e processuali (testo aggiornato al 13

dicembre 2013) (www.giustizia-amministrativa.it/documents/20142/56176/nsiga_3782207.pdf), pp. 63 ss.

61 Cfr. A. GIGLI,Nuove prospettive di tutela del legittimo affidamento nei confronti del potere amministrativo, Napoli,

2016, p. 130.

(21)

dell’amministrazione, che ha emanato un atto favorevole ma gravemente viziato e che si è rivelato invalido solo successivamente63.

5. La tesi dell’inapplicabilità analogica dell’art. 21-nonies della legge n. 241/1990.

Altra parte della dottrina confuta la tesi dell’applicabilità analogica dell’art. 21-nonies all’ipotesi del ritiro dei provvedimenti nulli. Pur riconoscendo che il tema della tutela dei terzi che abbiano acquisito posizioni di legittimo affidamento nella validità ed efficacia di provvedimenti nulli non è stato ancora sufficientemente esplorato, quest’opinione identifica nondimeno numerose ragioni che inducono a respingere l’estensibilità a tale ipotesi di autotutela della disciplina contemplata per l’annullamento d'ufficio.

Anzitutto, la tesi precedentemente esposta, nel prevede l’eccezione delle nullità eclatanti, introduce una distinzione ulteriore non prevista dalla legge e che aggrava la condizione di incertezza già caratterizzante tale categoria di invalidità, a causa sia della mancanza di una disciplina normativa dei suoi aspetti sostanziali che del principio giurisprudenziale secondo cui la nullità opera in via residuale rispetto all’annullabilità.

In secondo luogo, l’art. 21-nonies limita in maniera inequivocabile la propria operatività ai soli provvedimenti illegittimi.

In terzo luogo, a causa dell’assenza originaria di efficacia giuridica del provvedimento nullo, è arduo immaginare la sussistenza di situazioni giuridiche soggettive di legittimo affidamento anche solo rispetto agli effetti materiali di un atto che non è assolutamente idoneo a produrre effetti giuridici, per cui ha poco senso postulare la sottoposizione della sua eliminazione in via di autotutela a limiti analoghi a quelli previsti per l'annullamento d'ufficio.

Infine, la circostanza che la giurisprudenza ampiamente maggioritaria, da una parte, configuri in termini di annullabilità anziché di nullità il regime di invalidità dell’atto

amministrativo emanato in violazione del diritto eurounionale64 e, dall’altra,

attribuisca carattere discrezionale anziché vincolato all’annullamento in via di autotutela degli atti amministrativi affetti da questo specifico vizio (a meno che l’autotutela non riguardi l’annullamento di atti di erogazione di sovvenzioni statali w di attribuzione di benefici in genere alle imprese nazionali emanati in violazione della normativa sostanziale o procedimentale eurounionale volta alla tutela della

concorrenza65), rappresenta un altro argomento dal quale si può dedurre a contrario

sensu che la tesi anteriormente esposta non convince66.

63 Id., p. 131.

64 Al riguardo sia consentito il rinvio al nostro [omissis]. 65 Al riguardo sia consentito il rinvio al nostro [omissis]. 66 Cfr. PONTE, op. cit., p. 246.

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