• Non ci sono risultati.

Studio di fattibilità per il miglioramento dell'accessibilità all'area industriale di Martina Franca

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Studio di fattibilità per il miglioramento dell'accessibilità all'area industriale di Martina Franca"

Copied!
130
0
0

Testo completo

(1)

Sommario

CAPITOLO 1 Tesi ... 4

Breve illustrazione delle fasi del lavoro ... 4

CAPITOLO 2 Introduzione... 5

Premessa ... 5

Lo studio di fattibilità ... 5

Il quadro normativo dopo le ultime disposizioni di legge... 6

CAPITOLO 3 Inquadramento territoriale ... 9

Inquadramento Geografico... 9

La provincia di Taranto... 9

Il territorio della Valle d’Itria ... 11

Il Comune di Martina Franca ... 13

CAPITOLO 4 Risorse insediative, storico-culturali e infrastrutturali del comune di Martina Franca ... 15

Il paesaggio storico urbano ... 17

(2)

Il sistema stradale ... 24

Il sistema di trasporto pubblico ... 30

Trasporto extraurbano su gomma ... 30

Trasporto extraurbano su ferro ... 32

CAPITOLO 5 Il Programma Integrato di Rigenerazione Urbana di Martina Franca (PIRU) ... 34

Premessa ... 34

Quadro normativo in materia di Rigenerazione Urbana ... 36

Il vecchio PRG (Piano Regolatore Generale) ... 39

Contenuti e obiettivi del Programma di Rigenerazione Urbana ... 43

Individuazione degli ambiti da riqualificare ... 46

Capitolo 6 Proposte di progetto ... 48

Lo stato di fatto ... 48

Il collegamento con l’area industriale ... 49

L’area industriale di Martina Franca ... 61

I vincoli ambientali e paesaggistici sul territorio ... 66

Il reperimento dei dati di traffico (il PUM) ... 69

Gli scenari futuri ... 78

(3)

Alternative proposte ... 95

Sovrappasso ... 101

Sottopasso ... 107

Capitolo 7 Metodologia utilizzata nel confronto tra le soluzioni ... 116

Il metodo AHP (Analytic Hierarchy Process) ... 117

Adattamento del metodo al caso di studio ... 122

Scenario Tecnico... 123

Scenario Ambientale ... 128

(4)

CAPITOLO 1 Tesi

Breve illustrazione delle fasi del lavoro

La tesi in esame si propone di valutare la possibilità di inserimento di un’infrastruttura viaria, in un contesto periurbano complicato come quello del comune di Martina Franca (TA). L’idea nasce come proposta d’intervento relativa ad una zona nevralgica della città in cui le condizioni di circolazione del traffico offrono un livello di servizio talmente basso, da rendere quasi obbligata la scelta dell’inserimento dell’infrastruttura o delle infrastrutture. Le caratteristiche della zona in esame con la descrizione dettagliata dei suoi punti deboli, insieme alla ricostruzione dello sviluppo urbanistico della stessa saranno dettagliatamente descritti nei capitoli successivi.

Lo studio può essere fondamentalmente suddiviso in tre fasi principali:

Parte introduttiva

Descrizione delle ipotesi progettuali

Confronto a coppie tra le ipotesi scelte

Nella prima fase sono state studiate accuratamente tutte le caratteristiche della zona di interesse, partendo da una scala di dettaglio ridotta che ci ha permesso di valutare le relazioni che intercorrono, a livello prima regionale poi provinciale, tra domanda e offerta di trasporto. Il livello di dettaglio è andato via via aumentando fino alla scala tipica di un progetto preliminare in ambito di progettazione stradale.

Nella seconda fase sono state esaminate nel dettaglio alcune delle soluzioni proposte, con particolare cura nell’analisi dell’interazione tra infrastruttura e zona circostante, nel rispetto di tutti i vincoli antropici, naturali e sovraordinati.

La terza e ultima fase del lavoro consiste nel confronto tra le soluzioni proposte e successive conclusioni.

(5)

CAPITOLO 2 Introduzione

Premessa

Se da un lato in Italia si registra un sempre costante fabbisogno di investimenti pubblici, dall’altro esiste il rischio di operare scelte sbagliate, sia in termini di opere annunciate e mai realizzate sia, ancor peggio, di opere compiute ma di scarsa utilità per la collettività. Servono rigorose e trasparenti analisi di convenienza capaci di cogliere preventivamente gli ostacoli tecnici, procedurali ed economico-gestionali: lo studio di fattibilità deve quindi poter funzionare come parte integrante del processo di elaborazione del progetto ma anche come supporto per l’ottimizzazione delle scelte di investimento e, infine, come strumento per l’allocazione efficiente di risorse pubbliche sempre più scarse.

Dagli anni novanta ad oggi, il processo di diffusione della cultura della valutazione quale metodo di progettazione degli investimenti pubblici nell’ambito del processo di programmazione, è risultata troppo lenta, forse per una persistente diffidenza nei confronti di procedure sospettate di sottrarre discrezionalità al decisore politico insieme ad una carenza di competenze interne alla pubblica amministrazione.

Una delle cause è certamente imputabile all’assenza di seri e credibili quadri generali di riferimento: la valutazione della reale fattibilità di un intervento è un esercizio spesso difficile e talvolta arbitrario, in assenza di un preciso quadro di riferimento generale.

Lo studio di fattibilità

La crescente scarsità di risorse a disposizione delle pubbliche amministrazioni impone alle stesse di dotarsi di strumenti atti a consentirne una gestione ed una politica di investimenti pubblici che sia il più possibile razionale, efficiente ed economicamente sostenibile.

Lo studio di fattibilità è lo strumento che, attraverso l’analisi della domanda, l’analisi del modello gestionale e le analisi di fattibilità finanziaria ed economica, permette di porre in luce le eventuali criticità, anche di medio lungo termine, di un

(6)

progetto, consentendo di scremare le diverse ipotesi di intervento e di orientare i successivi approfondimenti e la fase di progettazione.

Da ciò è derivata la necessità ed opportunità per le Regioni, di dotarsi di una normativa propria di dettaglio e di riferimento, integrativa di quanto definito a livello nazionale, indicando con precisione ed in termini vincolanti i contenuti degli studi di fattibilità anche con riguardo alle opere medie e medio-piccole, pur prevedendo espressamente una differenziazione nella loro complessità in ragione della dimensione finanziaria delle opere stesse.

Il quadro normativo dopo le ultime disposizioni di legge

Gli studi di fattibilità compaiono per la prima volta nella normativa nazionale nel testo della Legge quadro sui lavori pubblici (Merloni, L. 109/94 e s.m.i.) che in tal senso stabilisce che, all’art. 14 - Programmazione dei Lavori Pubblici, il programma triennale costituisce momento attuativo di studi di fattibilità e di identificazione e quantificazione dei propri bisogni […].

Gli studi individuano i lavori strumentali al soddisfacimento dei predetti bisogni, indicano le caratteristiche funzionali, tecniche, gestionali ed economico-finanziarie degli stessi e contengono l'analisi dello stato di fatto di ogni intervento nelle sue eventuali componenti storico-artistiche, architettoniche, paesaggistiche, e nelle sue componenti di sostenibilità ambientale, socio-economiche, amministrative e tecniche. Pur senza precisarne contenuti e modalità redazionali, nemmeno in sede di Regolamento attuativo - DPR 554/99 e s.m.i. - la Legge ha collegato gli SDF alle opere pubbliche o di interesse pubblico realizzate in partenariato pubblico-privato: infatti all’art. 37 bis la normativa prevede che i promotori possano presentare alle amministrazioni aggiudicatrici, proposte relative alla realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità, inseriti nella programmazione triennale […].

Le proposte devono contenere uno studio di inquadramento territoriale e ambientale, uno studio di fattibilità, un progetto preliminare, una bozza di convenzione, un piano economico-finanziario asseverato da un istituto di credito […], una specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione nonché l'indicazione degli elementi […] e delle garanzie offerte dal promotore all'amministrazione aggiudicatrice. Con l’introduzione, poi, dei Nuclei di valutazione e verifica degli investimenti pubblici, la L.144/99 dispone che (art. 4)

(7)

lo studio di fattibilità per opere di costo complessivo superiore a lire 20 miliardi è lo strumento ordinario preliminare ai fini dell'assunzione delle decisioni di investimento da parte delle amministrazioni pubbliche. Inoltre si precisa che gli studi di fattibilità approvati dalle amministrazioni costituiscono certificazione di utilità degli investimenti ai fini dell'accesso preferenziale ai fondi disponibili per la progettazione preliminare […]. Gli studi relativi ad opere il cui costo complessivo è superiore a 100 miliardi di lire devono obbligatoriamente essere sottoposti a valutazione economica interna alle amministrazioni proponenti o, su richiesta, da parte di enti ed amministrazioni pubbliche esterne alle stesse.

Il successivo Decreto del Ministero Lavori Pubblici DPR del 21 giugno 2000 n° 5374 introduce due differenti livelli di approfondimento in funzione della dimensione dell’opera: […] per interventi di importo inferiore a 20 miliardi di lire i soggetti […] provvedono a redigere sintetici studi nei quali sono indicate le caratteristiche funzionali, tecniche, gestionali ed economico-finanziarie, dell’intervento stesso, corredati dall’analisi dello stato di fatto per quanto riguarda le eventuali componenti storico-artistiche, architettoniche, paesaggistiche e di sostenibilità ambientale, socio-economiche, amministrative e tecniche. Per gli interventi di importo superiore a lire 20 miliardi i soggetti […] provvedono alla redazione di studi di fattibilità. È la Guida per la certificazione da parte dei Nuclei regionali di valutazione e verifica degli investimenti pubblici (NUVV) del 2001, adottata dalla Conferenza dei Presidenti e delle Province Autonome ed aggiornata poi nel 2003, a chiarire definitivamente la struttura e i contenuti minimi degli studi: quattro macro ambiti di analisi per la verifica preliminare della fattibilità tecnica, economico sociale e finanziaria, ambientale e amministrativo-procedurale.

Nel complesso si può dire che dal 2003 la normativa sugli studi di fattibilità sia rimasta sostanzialmente invariata fino al dicembre 2008 quando il terzo correttivo del Codice dei Contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (Codice De Lise n. 163/2006 e s.m.i.), il D. Lgs. 152/2008, ha modificato la disciplina delle opere in Project Financing e con questa anche il ruolo degli studi di fattibilità. Una delle più importanti innovazioni contenute nel Decreto correttivo ha infatti riguardato l'introduzione di nuove procedure per l'affidamento delle concessioni di lavori pubblici con l'utilizzo totale o parziale di risorse private, per le quali è stata introdotta la gara unica, con un iter più snello rispetto alla gara doppia già prevista dalla normativa.

(8)

Le variazioni hanno inoltre riguardato la fase di programmazione, per cui il testo di legge ha stabilito che per i lavori di cui all’articolo 1534 è sufficiente lo studio di fattibilità per l’inserimento nel programma triennale. Per fare chiarezza, quindi, sia sul tema della finanza di progetto, sia sugli studi di fattibilità (il cui ruolo in fase di gara è diventato estremamente critico e strategico allo stesso tempo), l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici ha pubblicato la determinazione n. 1 del 14 gennaio 2009 Linee guida per l'affidamento delle concessioni di lavori pubblici mediante le procedure previste dall'articolo 153 del D. Lgs. 163/2006 a cui sono allegate le Linee guida per la compilazione dello studio di fattibilità.

Diventa quindi fondamentale individuare chiaramente i contenuti minimi inderogabili dello SdF: poiché lo studio di fattibilità può essere redatto già ai fini dell'inserimento dell'opera nella programmazione triennale e per richieste di finanziamento, se diviene l’elemento essenziale posto a base di gara dovrà essere integrato per consentire l'individuazione degli elementi necessari al corretto svolgimento della gara stessa.

A tal proposito si rimanda il lettore alle più recenti disposizioni di legge in materia di SdF, superflue ai fini della redazione della seguente Tesi.

(9)

CAPITOLO 3 Inquadramento territoriale

Inquadramento Geografico

La provincia di Taranto

La provincia di Taranto è una provincia italiana della Puglia meridionale di 590.000 abitanti circa.

Affacciata a sud sul Mar Ionio, confina ad ovest con la provincia di Matera (Basilicata), a nord con la provincia di Bari, ad est con la provincia di Brindisi, a sud-est con la provincia di Lecce, ed è parzialmente inclusa nella regione geografica del Salento.

(10)

La provincia di Taranto

parte pianeggiante e per il resto collinare.

Le pianure si sviluppano parallele alla costa jonica fino a circa 15 chilometri verso l'interno, dove si innalza il modesto altopiano calcareo delle Murge

sviluppa l’intero territorio di Martina Franca)

Sarresso. Nella zona orientale della provincia le ondulazioni morfologiche sono ancora più lievi, infatti le Murge Salentine non superano i 150 metri.

Il territorio collinare pugliese è suddiviso tra le La Murgia (o le Murge), è una

un altopiano carsico di forma rettangolare compresa per gran parte nella di Bari e in quella di

la provincia di Matera

di Taranto e Brindisi. Si suddivide in Alta Murgia, che rappresenta la parte più alta e rocciosa, costituita prevalentemente da b

piuttosto povera, e in Bassa Murgia, dove la terra è più fertile e ricoperta in prevalenza da oliveti. Le

trova nella metà meridionale della provincia di Lecce.

Le pianure sono costituite dal pianura d'Italia dopo la

La provincia di Taranto, e tutto il territorio pugliese nel suo complesso, parte pianeggiante e per il resto collinare.

e pianure si sviluppano parallele alla costa jonica fino a circa 15 chilometri verso l'interno, dove si innalza il modesto altopiano calcareo delle Murge

sviluppa l’intero territorio di Martina Franca), culminante nei 505 metri del monte esso. Nella zona orientale della provincia le ondulazioni morfologiche sono ancora più lievi, infatti le Murge Salentine non superano i 150 metri.

Il territorio collinare pugliese è suddiviso tra le Murge e le

Murge), è una subregione pugliese molto estesa, corrispondente a altopiano carsico di forma rettangolare compresa per gran parte nella

e in quella di Barletta-Andria-Trani. Si estende a occidente toccando provincia di Matera, in Basilicata; inoltre si prolunga verso sud nelle province di Taranto e Brindisi. Si suddivide in Alta Murgia, che rappresenta la parte più , costituita prevalentemente da bosco misto e dove la vegetazione è piuttosto povera, e in Bassa Murgia, dove la terra è più fertile e ricoperta in . Le serre salentine, invece, sono un elemento collinare che si trova nella metà meridionale della provincia di Lecce.

Le pianure sono costituite dal Tavoliere delle Puglie, che rappresenta la più vasta pianura d'Italia dopo la Pianura Padana.

, e tutto il territorio pugliese nel suo complesso, è in gran

e pianure si sviluppano parallele alla costa jonica fino a circa 15 chilometri verso l'interno, dove si innalza il modesto altopiano calcareo delle Murge (sul quale si , culminante nei 505 metri del monte esso. Nella zona orientale della provincia le ondulazioni morfologiche sono ancora più lievi, infatti le Murge Salentine non superano i 150 metri.

e le serre salentine. pugliese molto estesa, corrispondente a altopiano carsico di forma rettangolare compresa per gran parte nella provincia . Si estende a occidente toccando ; inoltre si prolunga verso sud nelle province di Taranto e Brindisi. Si suddivide in Alta Murgia, che rappresenta la parte più osco misto e dove la vegetazione è piuttosto povera, e in Bassa Murgia, dove la terra è più fertile e ricoperta in , invece, sono un elemento collinare che si

(11)

Dal punto di vista geologico la Puglia è costituita per quasi l'80% da rocce calcaree e dolomitiche in tutte le loro varietà. La natura carsica di gran parte del territorio pugliese e la scarsità di precipitazioni rendono la regione particolarmente povera di corsi d'acqua superficiali. I laghi naturali della regione sono tutti laghi costieri, separati dal mare Adriatico mediante stretti cordoni sabbiosi.

Nella zona della provincia di Taranto non sono però presenti né laghi né corsi d’acqua di particolare rilevanza.

Il territorio della Valle d’Itria

Il concetto di comune amministrativo verrà, per i motivi che si illustreranno nei capitoli successivi, a volte sostituito da quello di area vasta, ed è per questo che qui di seguito verrà fatto un breve chiarimento al riguardo.

Nell'ordinamento giuridico italiano per area vasta si intende il livello amministrativo delle province e delle città metropolitane, ossia il livello di pianificazione e di gestione del territorio, delle risorse e dei rapporti tra enti locali intermedio tra i comuni e la Regione. Il concetto di area vasta è stato introdotto con la Legge 7 aprile 2014 n. 56 recante "Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni".

La ragione principale di una lettura e di una interpretazione del territorio per "aree vaste" sta nel concetto di "rete di relazioni", visto come la ricerca di una dimensione della programmazione che superi gli ambiti amministrativi comunali (spesso troppo ristretti sia geograficamente che finanziariamente) senza però arrivare al livello regionale.

La Valle d'Itria è una porzione di territorio della Puglia centrale, a cavallo tra le province di Bari, Brindisi e Taranto. Il suo territorio coincide con la parte meridionale dell'altopiano delle Murge: in senso stretto è la depressione carsica che si estende tra gli abitati di Locorotondo, Cisternino e Martina Franca. Il comune della stessa Martina Franca rappresenta il più grande sia per numero di abitanti che per estensione tra quelli che circondano il suddetto territorio.

(12)

Le caratteristiche morfologiche, climatiche e storiche hanno fatto sì negli ultimi anni in particolare che questa zona diventasse molto appetibile dal punto di vista turistico, culturale ed insediativo.

La Valle d’Itria (ed il territorio di Martina Franca in particolare) è sede di una quantità innumerevole di Trulli, ovvero quelle antiche costruzioni in pietra a secco, coniche, di origini protostoriche, tipiche ed esclusive della Puglia centro-meridionale.

Il territorio della città di Martina Franca è tra l’altro il comune della Valle d’Itria con il numero maggiore di Trulli stessi, che hanno quindi un’importanza particolare nel tessuto urbano, periurbano e rurale (soprattutto).

(13)

E’ questo uno dei motivi per cui la zona che interessa lo studio è soggetta a particolari vincoli di natura paesaggistica e naturalistica, a causa dei quali è in atto un acceso dibattito tra i vari livelli amministrativi e, sopratutto, all’interno degli stessi per quanto riguarda la regolamentazione e la gestione dello sviluppo del territorio di Martina Franca.

Il Comune di Martina Franca

Posta sulle colline sud orientali della Murgia, in una posizione che offre splendide vedute sulla Valle d'Itria, Martina Franca si trova ad un'altitudine di 431 metri s.l.m. e copre una superficie di 295 km², risultando al trentanovesimo posto per ordine di estensione fra i comuni Italiani. Martina Franca, inoltre, risulta essere il comune non capoluogo più popoloso della Puglia a sud di Bari.

Distretto industriale tessile di rilevanza nazionale, annovera inoltre aziende che si caratterizzano per la produzione casearia e vinicola (pregiati vini bianchi neutri) nonché per l’allevamento di bestiame di razza pregiata (cavalli murgesi e asini).

(14)

Come si nota dall’immagina qui sopra, il territorio di Martina Franca svo ruolo di primo piano nei contesti più ampi

Taranto, sia perché l’estensione del territorio stesso è tale da coprire una considerevole quantità di frazioni e località, sia perché la sua posizione all’interno del contesto regionale fa sì che Martina Franca rappresenti uno snodo viario nevralgico e quasi inevitabile per chi da Taranto, e dal sud

generale, vuole raggiungere la zona di Bari recarsi nell’est Europa.

Come detto in precedenza anche lo sviluppo turistico della Valle d’Itria ha messo Martina Franca nelle condizioni di dover accogliere un elevato numero di turisti che va crescendo espone

infrastrutturale comunale e di collegamento con i territori limitrofi (spesso insufficiente).

Come si nota dall’immagina qui sopra, il territorio di Martina Franca svo ruolo di primo piano nei contesti più ampi della Valle d’Itria e della

, sia perché l’estensione del territorio stesso è tale da coprire una siderevole quantità di frazioni e località, sia perché la sua posizione all’interno del contesto regionale fa sì che Martina Franca rappresenti uno snodo viario nevralgico e quasi inevitabile per chi da Taranto, e dal sud-est della Puglia in e raggiungere la zona di Bari o attraversare il mare Adriatico per st Europa.

Come detto in precedenza anche lo sviluppo turistico della Valle d’Itria ha messo Martina Franca nelle condizioni di dover accogliere un elevato numero di turisti he va crescendo esponenzialmente, con conseguenze sullo sviluppo della rete infrastrutturale comunale e di collegamento con i territori limitrofi (spesso Come si nota dall’immagina qui sopra, il territorio di Martina Franca svolge un Valle d’Itria e della provincia di , sia perché l’estensione del territorio stesso è tale da coprire una siderevole quantità di frazioni e località, sia perché la sua posizione all’interno del contesto regionale fa sì che Martina Franca rappresenti uno snodo viario est della Puglia in attraversare il mare Adriatico per

Come detto in precedenza anche lo sviluppo turistico della Valle d’Itria ha messo Martina Franca nelle condizioni di dover accogliere un elevato numero di turisti nzialmente, con conseguenze sullo sviluppo della rete infrastrutturale comunale e di collegamento con i territori limitrofi (spesso

(15)

CAPITOLO 4 Risorse insediative, storico-culturali e infrastrutturali

del comune di Martina Franca

La città di Martina Franca ha sempre avuto con l’arte e in particolare con l’arte del “disegno urbano” un rapporto particolare e talvolta simbiotico. Ne sono testimonianza i modelli storici ancora riscontrabili nelle architetture urbane o rurali o nell’impianto urbanistico del suo centro storico e negli ambiti di particolare interesse architettonico (espansione ottocentesca fuori le mura e cimitero).

Una cultura e un modo “gentile” di interpretare e costruire il territorio che pare siano andati via via in disuso, incontrando problemi di compatibilità e tolleranza negli anni della grande espansione edilizia e negli anni della cultura quantitativa, alla quale anche l’urbanistica e l'architettura urbana locale ha dovuto far riferimento.

(16)

Martina Franca nella sua storia passata ha manifestato grande sensibilità e attenzione alla cura del particolare e del generale, ben interpretando il senso dell’armonia e della gradevolezza dello spazio costruito, indipendentemente se pubblico o privato.

Il limite indefinito tra intervento privato e intervento pubblico marcava concettualmente un modo preciso di interpretare la forma della città che trovava ispirazione nella stessa matrice: l'utilizzo del disegno e dell’ “ornato”.

Tra i regolamenti urbanistici storici di Martina Franca, riferimento emblematico ed importante è il “Regolamento sull’Ornato” del 1863 che costituiva una sorta di regolamento edilizio dei giorni nostri con indicazioni precise su come eseguire determinate lavorazioni edili e soprattutto su come impostare ordinatamente la realizzazione di nuovi manufatti. E’ proprio la sua denominazione che fa comprendere lo spessore culturale del documento che, trattando di “ornato”, si preoccupava di conservare determinati modelli e di tutelare la qualità dell’intervento nello spazio urbano.

La dimensione estetica del costruire è passata ad oggi in second’ordine, sopraffatta dalla necessità di contenere economicamente la spesa del costruito o semplicemente annientata dal fare di una società sempre più propensa alla velocità del raggiungimento del risultato e sempre meno “appassionata” ai temi della bellezza dell'architettura da realizzare.

A dire il vero bisogna evidenziare che negli ultimi anni, nell'ambito del restauro e del recupero architettonico di strutture rurali (trulli, lamie e masserie) si registra una inversione di tendenza anche grazie a interventi finanziati da proprietari residenti in regioni del Nord Italia o Paesi stranieri (inglesi e tedeschi soprattutto).

Dagli anni sessanta con l’avvio del boom edilizio conseguente al benessere economico e sociale, a Martina Franca si è avviato un processo di cambiamento radicale nella trasformazione del territorio che per secoli era stato lento e progressivo e unicamente legato all’utilizzo della pietra come materiale principale da costruzione.

(17)

Con l’avvento della industrializzazione in edilizia, con l’arrivo di nuove tecnologie, nuovi materiali e con l'accelerazione dei processi di cantierizzazione senza adeguata pianificazione si è avviato un processo incontrollabile.

Certamente la pianificazione del territorio e della città poteva e doveva fare molto per il governo dell'iniziativa e per perseguire risultati virtuosi.

Così non è stato tant'è che la strumentazione urbanistica si è limitata a indicare formule numeriche per programmare l’espansione della città, dando per scontato che la sensibilità e l’abilità dei soggetti addetti alla trasformazione potessero realizzare una città ben organizzata ed equilibrata nel rapporto tra case, strade, servizi e spazi pubblici.

Oggi è questa la sfida, utilizzare l’arma del disegno e del progetto per riarticolare, ricucire, generare, colorare, riannodare, riequilibrare il costruito, valorizzando tutti quegli spazi residuali o di frangia, recuperando spazi inutilizzati o sprecati, mettendo in relazione spazi privati e spazi pubblici e soprattutto puntando sulla bellezza e l’attrattività degli spazi pubblici.

(18)

Lo sviluppo urbanistico di Martina Franca sino agli ultimi decenni del 1800 si è concentrato all’interno delle vecchie mura, portando a livelli straordinari di sovrappopolamento l’intero nucleo antico. Infatti, sino a quegli anni vi erano stati sventramenti, demolizioni, sopraelevazioni, superfetazioni, necessari per accogliere tantissimi abitanti che erano passati dai novemila del 1750 ai diciannovemila del 1850.

Un aumento dovuto soprattutto alle grandi opportunità lavorative offerte dalla campagna circostante. Dopo l’abbattimento delle mura, trasformate in strade extramurali, la città realizzò le prime espansioni nel quartiere Carmine e nel quartiere S. Antonio e oltre l’anello stradale extramurale. Seguì l’espansione novecentesca lungo le direttrici principali (via Taranto, via Ceglie, via Locorotondo, via Mottola (quartiere S. Francesco).

Sino a questo momento il centro storico, se pur scaricato del sovrappopolamento originario, continuò a svolgere una funzione residenziale, soprattutto tra la fasce di media ed alta età. E’ però a partire dagli anni sessanta che la città intraprende uno sviluppo edilizio intensivo in ogni direttrice, sfruttando il miglioramento complessivo della situazione economica generale, che alimenta il mercato dei nuovi alloggi con standard qualitativi nettamente superiori a quelli sino ad allora abitati.

Il boom edilizio vero e proprio avviene alla fine degli anni settanta e anni ottanta, anche grazie all’attuazione del Piano Regolatore Generale (figura qui sotto), di cui si parlerà in seguito.

(19)

E’ proprio con la grande espansione della città che il centro storico inizia a perdere la sua funzione residenziale e con questo avvia il suo processo lento ma progressivo di spopolamento. I nuovi standard qualitativi di vita e di benessere, l’utilizzo sempre più massiccio dell’auto, la dimensione spaziale e distributiva degli alloggi, depongono sempre più a favore dei nuovi alloggi maggiormente dotati.

Oggi il centro storico, seppur in condizioni strutturali discrete, è gravemente abbandonato e solo in parte utilizzato maggiormente da fasce deboli. Sono completamente sparite le attività commerciali e artigianali, tranne qualcuna ancora concentrata sull’asse principale di via Cavour.

Le politiche di dismissione e di trasferimento delle strutture pubbliche o di servizio, inoltre, stanno ulteriormente compromettendo l'uso dell'intero quartiere storico. Bisogna prendere atto che il rapporto del centro storico con il resto della città è cambiato, soprattutto perché è cessato sostanzialmente il suo ruolo e la sua funzione urbana.

Proprio la perdita della centralità residenziale e di servizio nella città e l'utilizzo limitato a luogo di passeggio turistico domenicale nella via principale che collega il palazzo Ducale con la Basilica di S. Martino, ha trasformato, paradossalmente, il centro storico in un luogo periferico ed emarginato.

L'assenza di politiche urbanistiche adeguate unitamente alla mancanza di pianificazione e programmazione nell’ultimo trentennio, hanno penalizzato pesantemente questa parte di città che più di altre, per le sue particolari caratteristiche, si è rivelata debole e fragile.

Rigenerare il Centro Storico è possibile, ma solo attivando una strategia urbanistica generale in cui il Centro Storico, con la sua struttura pubblica (palazzi e strutture comunali, chiese, conventi, ecc.) e quella privata (case, palazzi, giardini) riconquisti un ruolo e nuove funzioni di scala comunale e sovracomunale.

E’ proprio sulla ridefinizione del rapporto tra centro storico e città circostante che si può e si deve attivare un rilancio complessivo dell’azione urbanistica che

(20)

coinvolge tutte le componenti urbane e che attribuisce ad ogni ambito coinvolto specifiche funzioni in relazione alle proprie caratteristiche e peculiarità.

E’ superfluo sottolineare quanto il centro storico di Martina Franca con le sua ricchezza culturale, con la propria identità storica e urbanistica possa costituire una vera risorsa per l’intera città e per tutto il comprensorio se opportunamente coinvolto nel progetto di città da interpretare con i nuovi strumenti urbanistici.

Il paesaggio storico extraurbano

Tra i luoghi e segni del paesaggio storico martinese non si può prescindere dal rapporto storico quanto contemporaneo della città con il suo territorio extraurbano, facente parte della Valle d’Itria. Questo luogo della Murgia dei Trulli, che presenta un supporto orografico alquanto sinuoso, è contornato da una serie di falde inclinate di consecutive colline, che oltre a costituirne la perimetrazione, formano l’ideale cavea di un ipotetico teatro, da cui è possibile seguire, costantemente, lo spettacolo sottostante.

La Valle fu probabilmente abitata già in epoca Paleolitica, essendo essa un altopiano collinare terrazzato, ricco di boschi, pascoli e selvaggina, costituiva per i primitivi abitatori una sicura attrattiva. Il presupposto determinante per gli insediamenti della Valle d’Itria fu, però, la necessità, a partire dal periodo tardo medievale, di recuperare i campi incolti e modificare la boscaglia in superfici

(21)

coltivate, quindi incrementare la capacità produttiva tramite la progressiva e costante presenza del contadino sul luogo di lavoro e di produzione.

Tale geniale presupposto è stato non solo l’elemento preordinatore del trapasso della Valle d’Itria da uno stato meramente fisico - geografico a un ordinamento spaziale antropico, ma, altresì, ha determinato il processo sostanziale di una configurazione ambientale invidiata da molti. I contadini e i pastori plasmarono il territorio in base alle loro esigenze di lavoro: lo spartirono in lotti di terra attraverso la costruzione di chilometrici muretti a secco, delinearono una fitta trama di viottoli e strade secondarie per facilitare gli spostamenti interni all’agro.

Nell’attuazione di queste trasformazioni agrarie e insediative, vennero considerati, prevalentemente, quei procedimenti costruttivi che potevano essere gestiti dal bagaglio esperienziale degli stessi contadini e pastori. In virtù di questo, le modalità costruttive in “pietra a secco”, hanno significato, per i nostri avi, una condizione di scelta inevitabile per le loro necessità. La tecnica costruttiva delle strutture in pietra a secco è stata attuata, infatti, mediante la semplice sovrapposizione di materiali lapidei, senza l’impiego di malte o di cementi. Si tratta di una procedura versatile, in quanto con la sua applicazione sono stati realizzati i muri di confine delle proprietà terriere, i muri di delimitazione dei percorsi stradali, i muri di particolari abitazioni, i trulli, le costruzioni coperte a “lamia” e a “pignon”.

Le attività dell’uomo (agricole e insediative) si sono adattate alla struttura e alla forma dei luoghi, assecondando le asperità del suolo carsico e utilizzandone al meglio le opportunità: il rurale acquisisce le prerogative del funzionamento di una città e, nel contempo, questa città per la notevole presenza di superfici libere è da considerare città territorio.

Sebbene in molti casi l’edificazione di matrice più recente abbia rischiosamente tentato di snaturare questa caratterizzazione storica, risultano ancora oggi visibili e fruibili forti segni identitari del territorio extraurbano martinese, meritevoli di essere segnalati e tutelati.

(22)

La lettura della città

Il centro urbano di Martina Franca si erge, sul territorio sud orientale della Murgia, in posizione dominante, fino a raggiungere 431 m s.l.m. garantendo viste panoramiche della Valle d’Itria. Il Comune, dai dati del censimento ISTAT 2011, accoglie 49.009 abitanti, dei quali 16064, quasi il 33% degli abitanti, vive stabilmente nell’agro (a confronto del 6% nel centro storico); ha un territorio di 295,43 kmq e una densità per kmq pari a 165,7. Il toponimo ha origini incerte: il Principe di Taranto Filippo I D’Angiò emise da Napoli un emendamento nel 1310 che denominò la città “Il casale della Franca Martina” dove per “Franca”, probabilmente si intendeva l’esonero dal pagamento, da parte degli abitanti, delle decime feudali. Certo è invece il Regio Decreto del 18 Febbraio 1864 dove il comune venne denominato definitivamente Martina Franca.

La città è caratterizzata dalla presenza di un consolidato centro urbano, che racchiude la città medievale e rococò, dagli insediamenti rurali storici, come le masserie e le abitazioni sparse riconoscibili nei trulli e nelle lamie e dai muretti in pietra a secco che delimitano gli appezzamenti agricoli. Questi ultimi derivano dalle trasformazioni dei terreni, da zone collinose della murgia a suoli fertili, ricavati spietrando gli affioramenti di roccia e riutilizzando il materiale lapideo per le costruzioni in pietra. Nello specifico, dal punto di vista urbanistico-architettonico, emergono forti e significativi elementi, quali la ricchezza e la bellezza del centro antico posto sulle colline sud-orientali della Murgia e la Valle d’Itria. Tali elementi individuano il carattere dominante del rapporto evolutivo fra

(23)

città e campagna oltre che rappresentano l’esemplare caso del costruito storico nelle campagne del territorio extraurbano, un costruito “disperso” nell’agro che raggiunge percentuali elevate di tessuto insediato nell’intero territorio comunale.

In sintesi la città di Martina Franca fondata nel Medioevo e sviluppatasi all’interno delle sue cinta murarie, ha visto poi una seconda fase di sviluppo e accrescimento nel Settecento, periodo virtuoso soprattutto per la ricca produzione artistica in stile, fino poi all’espansione della città dopo la seconda guerra a seguito del boom edilizio degli anni ’70 agevolato dalla pianificazione comunale (Piano Regolatore Generale Comunale approvato definitivamente dalla Regione Puglia il 5 maggio 1984 con del. n.1501).

Dal punto di vista urbanistico, la conformazione nel nucleo urbano e il sistema viario di Martina Franca, sono influenzati in parte dall’urbanistica islamica e in parte dall’andamento orografico del territorio. Si sostiene inoltre che “all’interno delle mura, accanto alle più semplici case a spioventi abitate dalla popolazione meno abbiente, cominciano a sorgere e diventano un segno distintivo sociale le case a corte, localmente dette case a inchiostra, dal latino claustrum, con un impianto più complesso ed introverso delle altre case”.

A seguire ci fu un costante incremento demografico, dettato anche dai privilegi concessi dal principe agli abitanti del comune, otre che dalle condizioni climatiche, paesaggistiche e ambientali favorevoli, fino a determinare la saturazione delle aree edificabili all’interno delle mura. La crescita continua delle popolazioni portò Filippo I d’Angiò a concedere a Martina nel 1317 un territorio circolare intorno all’abitato, un raggio di due miglia circum circa ed esteso circa 4000 ettari, detto distretto, dove gli abitanti potevano costruire abitazioni rurali, coltivare le terre, scavare cisterne senza pagare decime feudali.

Le mura furono realizzate a causa della crescente importanza del centro a spese dell’Università (denominazione attribuita al governo del borgo) non prima del 1326 e non oltre il 1335, momento in cui Martina verrà indicata nei documenti come terra, ossia un nucleo abitato cinto da fortificazioni e mura urbiche.

(24)

Il sistema stradale

Martina Franca è situata a circa 30 km da Taranto e 70 km da Bari ed è servita dalla SS172 che attraversa la città in direzione Nord-Sud e dalla exSS581 che dal Comune di Massafra raggiunge quello di Ceglie Messapica percorrendo il territorio martinese da Ovest a Est.

Le due infrastrutture appena citate rientrano nella tipologia “strada di attraversamento territoriale” in ragione della loro classificazione amministrativa ma soprattutto perché per esse il Comune di Martina Franca costituisce una tappa di passaggio.

Dal tracciato di queste due strade il territorio comunale risulta, come si nota chiaramente dall’immagine sottostante, diviso in quattro quadranti.

Il quadrante oggetto di studio della tesi sarà, come si vedrà in seguito, quello sud-ovest, interessato dalla presenza della stazione e della linea ferroviaria (BA - TA).

(25)

Una raggiera di strade, tutte provinciali, invece, collegano Martina Franca ai Comuni limitrofi e appartengono alla definizione di “strada di attraversamento e distribuzione del territorio”. Nello specifico, partendo da Sud e procedendo in senso antiorario, si segnalano:

la SP66 collega Martina Franca al Comune di Villa Castelli

la SP72 collega la SP66 al Comune di Grottaglie

la SP62 collega Martina Franca con Ostuni (SP14 dopo il confine comunale e provinciale)

la SP61 collega Martina Franca con il Comune di Cisternino (SP13 dopo

il confine comunale e provinciale)

la SP58 collega Martina Franca con Alberobello, connettendosi in corrispondenza del confine comunale con SS172 dei Trulli

(26)

la SP56 collega Martina Franca con Noci (SP34 dopo il confine comunale e provinciale)

la SP53 collega Martina Franca con Mottola, dopo essersi connessa con

la ex SS377 delle Grotte

la SP49 collega Martina Franca con Crispiano, dopo essersi connessa con la SP48

Contestualmente sono state inserite in questa categoria anche:

la SP69 che collega la SS172 alla SP7

la SP70 che collega la SS172 alla SP66

la SP68 che collega Martina Franca alla SP67

la SP67 che collega la SP66 alla SP72

la SP64 che collega Martina Franca alla SP65

la SP65 che collega la exSS581 alla SP66 scorrendo lungo il confine orientale di Martina Franca

la SP63 che collega la SP62 alla exSS581

la SP119 che collega Martina Franca con il confine della provincia di Bari (SP12 nel territorio del Comune di Cisternino)

la Strada Micela che collega la SS172 alla SP58

la SP60 che collega Martina Franca alla SP56

la SP59 scorre a nord del territorio comunale di Martina Franca collegando il confine di Locorotondo con quello di Alberobello

la SP77, che attraversa il territorio di Martina Franca per un brevissimo tratto, collega Alberobello alla frazione di Coreggia; così come la SP113 che collega Alberobello a Fasano

la SP57 che collega la SP58 alla SP56

la SP54 che collega la SP56 alla SP53

la SP52 che collega la SP53 alla exSS581

la SP51 che collega la exSS581 alla SS172

(27)

la Strada Tre Piantelle che collega la SP49 alla SS172

Nella tipologia “strada di penetrazione urbana” sono stati inseriti gli assi viari urbani in prosecuzione delle strade statali e provinciali di collegamento con i comuni limitrofi.

Nello specifico rientrano in questa categoria partendo da Sud e procedendo in senso antiorario:

Corso Italia e Via Valle d’Itria costituiscono il proseguimento della SS172 nel centro urbano di Martina Franca, attraversandolo da Sud a Nord

Via Villa Castelli, proseguendo per Via della Sanità, poi per Via Domenico Carella e infine Via Monte Grappa connettono la SS172 alla SP66

Via Pietro del Tocco, proseguendo per Piazza Filippo d’Angiò e infine per Via Giulio Recupero connettono la SP64 con la SS172

Corso Messapia è il proseguimento della exSS581 e connette il cimitero a Piazza XX Settembre

Viale Alcide De Gasperi avvolge il centro abitato sul lato ovest a partire dalla rotatoria in Via Locorotondo fino a connettersi con Corso Messapia

Strada Spartacavalluzzo e Via Carmine a partire dal campo di calcio “Cupa” si inerpicano fino alla Chiesa della Madonna del Carmine

Via Alberobello dall’incrocio con la SP58 e la Strada Micela penetra all’interno del quartiere nato a ovest della ferrovia, innestandosi su Via Mottola

Via Mottola si estende dal bivio tra la SP60 e la SP53, attraversa la Zona Industriale “Cicerone” e prosegue fino alla rotatoria di Piazza Mario Pagano

Via Montetullio si estende dal bivio tra la SP60 e la SP49 fino all’incrocio con Via Massafra

(28)

Via Pergolo connette la SP49 con il polo sportivo-scolastico in zona Pergolo

Via Stefano Raguso, proseguendo per Via Giuseppe Gugliemi e infine Via

Pergolo, da Via Mottola raggiungono il polo sportivo-scolastico sviluppatosi a sud del centro urbano di Martina Franca; allo stesso modo Strada Grassi Zona F, Via Saliscendi, Via Capodiferro e il tratto di Via Alessandro Fighera fino alla rotatoria di Viale della Stazione provvedono al collegamento della zona Pergolo con il centro città

Nel tessuto viario di Martina Franca viene individuata anche la tipologia “strada di attraversamento urbano” ovvero assi viari che mettono in comunicazione la raggiera delle “strade di penetrazione urbana”, che consentono il collegamento tra i quartieri e all’interno dei quartieri stessi.

(29)

Rientrano in quest’ultima tipologia, partendo da Sud e procedendo in senso antiorario:

Via Leone XIII, proseguendo per Via Giuseppe Toniolo, collega la SS172

con Via della Sanità; mentre procedendo per Via dello Stadio si intercetta Via Pietro del Tocco

Via Maria D’Enghien, Via Francesco Guicciardini e Via Monsignor Olindo Ruggieri servono e delimitano il quartiere “Sanità”

Viale Europa, proseguendo per Via Serranuda, collega Viale Alcide de Gasperi a Corso Messapia; mentre imboccando Via Paolotti si raggiunge Via Valle d’Itria

l’anello extramurale costituito da Via Giuseppe Aprile, Via Pietro Mascagni, Via Vincenzo Bellini, Via Giovanbattista Pergolesi, Via Gaetano Donizetti, Via Gioacchino Rossini, Via Saverio Mercadante e Via Giovanni Pasiello, non casualmente tutte intitolate a celebri operisti italiani vissuti a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento, diparte da Via Valle d’Itria e si ricollega a Corso Italia

nel centro storico Via Vittorio Emanuele, Via Giuseppe Garibaldi, Via Principe Umberto, Via Dante Alighieri, Via Alessandro Manzoni, Via Cavour e Via Gioberti costituiscono gli assi di collegamento tra le porte di accesso al borgo antico e la Piazza Maria Immacolata, comunemente denominata “I Portici” nel cuore della città

Via Donato Lella, Via Antonio Gramsci e Via Cesare Pavese servono e delimitano il quartiere “Carmine” collegandosi a Via Carmine e Via Mottola

Via Carlo Colucci, Via Angelo Raffaele Maggi e Via Antonio Chionna servono e delimitano il quartiere “Palombelle”

Viale della Stazione, il cavalcaferrovia e Viale dei Lecci collegano Via Giuseppe Guglielmi alla SS172

Via Alessandro Fighera, Via Giuseppe Fanelli, Via Mulino San Martino e

(30)

Le aree a parcheggio sono distribuite nella città prevalentemente lungo gli assi stradali con stalli a nastro, talvolta a spina di pesce e più raramente a pettine. Al momento la principale area destinata a tale funzione è il parcheggio in Piazza d’Angiò che conta poco più di 200 posti auto e di 20 posti moto; è invece in realizzazione il parcheggio di Viale Europa che prevede la creazione di 80 nuovi posti auto e di un’area idonea a ospitare 3 bus. Altre aree a parcheggio significative sono per estensione sono quella a servizio del Palazzetto dello Sport “Giovanni Paolo II” che conta 250 posti auto e Piazzale Lamberta nel quartiere “Montetullio”.

Il sistema di trasporto pubblico Trasporto extraurbano su gomma

(31)

Martina Franca è servita da diverse società di trasporto pubblico extraurbano su gomma i cui punti di stazionamento e fermate interessano gli assi principali d’ingresso alla città.

Nello specifico le aziende che servono il Comune di Martina Franca sono:

Ferrovie del Sud Est e servizi automobilistici S.r.l.

L’azienda fornisce un servizio di trasporto giornaliero articolato complessivamente su 48 autolinee e con orari differenziati a seconda che si viaggi nel periodo scolastico, di chiusura delle scuole, a luglio o ad agosto. I collegamenti avvengono non solo con i centri cittadini interessati dalla linea automobilistica, ma anche con specifici istituti scolastici di secondo grado o universitari o, ancora, zone industriali e località termali.

CTP S.p.A. Taranto

Il CTP S.p.A. oggi conta 147 autobus che forniscono 600 corse giornaliere per un totale di 5 milioni e mezzo di chilometri percorsi ogni anno, collegando i seguenti Comuni jonici: Taranto, Manduria, Maruggio, Torricella, Lizzano, Sava, Faggiano, Pulsano, Leporano, Grottaglie, Monteiasi, Carosino, San Giorgio Jonico, San Marzano, Fragagnano, Monteparano, Roccaforzata, Montemesola, Martina Franca, Massafra, Mottola, Palagianello, Palagiano, Castellaneta, Laterza, Ginosa, Statte e Crispiano.

Viaggi e Turismo Marozzi S.r.l.

Soc. Marino S.r.l.

Oggi la rete di autolinee si snodano dalla Basilicata, Puglia e Sicilia per raggiungere le più importanti città del centro e del nord Italia, oltre che alcune città europee ed extraeuropee.

(32)

Trasporto extraurbano su ferro

Il trasporto extraurbano su ferro per il territorio di Martina Franca è organizzato dalle Ferrovie del Sud Est, attraverso due linee:

Linea 1 / Bari - Taranto (113 km)

(33)

Le Ferrovie del Sud Est operano sin dal 1931 collegando Bari a Taranto e Lecce e intercettando, durante il tragitto, ben 85 Comuni, alcuni dei quali appartenenti anche alla provincia brindisina. La rete ferroviaria conta 474 km di linea e costituisce a sud di Lecce l’unico vettore su rotaia.

La Linea 1 / Bari - Taranto, nella tratta Bari - Martina Franca è interessata dai lavori di elettrificazione (importo Euro 75.889.000,00), intervento inserito nell’ambito del P.O. FESR 2007/2013. L’esecuzione del progetto è stata suddivisa in tre lotti:

Bari stazione Centrale - Bari stazione Sud Est - Bari Mungivacca per un

totale di 4,320 km;

Mungivacca - Conversano - Putignano (lato est) per un totale di 39,434 km e Mungivacca - Casamassima - Putignano (lato ovest) per un totale di 43,412 km;

Putignano - Alberobello - Martina Franca per un totale di circa 34 km.

L’elettrificazione della linea interessa quindi 17 Comuni della provincia di Bari e un Comune della provincia di Taranto; essa comporterà l’impiego di locomotori elettrici consentendo un incremento della velocità commerciale e al tempo stesso la riduzione dei consumi energetici, con un complessivo miglioramento delle condizioni ambientali grazie all’abbattimento dei fattori inquinanti legati alle emissioni prodotte dalle locomotive a propulsione diesel. È bene ricordare che già da qualche anno molti mezzi in dotazione alle Ferrovie del Sud Est sono dotati di apposite rastrelliere che garantiscono il trasporto gratuito di bici, nell’ottica di un trasporto intermodale dei passeggeri. Il secondo progetto di ammodernamento della rete ferroviaria FSE riguarda l’area salentina per un importo di Euro 121.538.000,00.

Martina Franca è attrezzata con una stazione situata nel centro urbano e due fermate dislocate a Sud, in direzione Taranto:

Martina Franca - Colonne Grassi

(34)

CAPITOLO 5 Il Programma Integrato di Rigenerazione Urbana di

Martina Franca (PIRU)

Premessa

Da ormai troppo tempo perdura una pesante crisi che sta investendo il mercato e l’industria italiana delle costruzioni, con la stagnazione degli investimenti nelle infrastrutture pubbliche, una crescente disoccupazione nel settore della progettazione e il continuo incremento del ricorso delle imprese alla cassa integrazione straordinaria.

Oltre all’inderogabile necessità d’interventi sul risanamento del Bilancio dello Stato e di riforme per eliminare l’inefficienza e la pesantezza burocratica con cui ci si scontra quotidianamente, si devono individuare nuove strategie e nuovi mercati, capaci di dare concrete prospettive per uscire da questa prolungata situazione di emergenza.

Il tema della rigenerazione urbana sostenibile, a causa dell’esaurimento delle risorse energetiche e delle pessime condizione del patrimonio edilizio costruito nel dopoguerra è, per gli architetti e gli ingegneri italiani, la questione prioritaria nelle politiche di sviluppo dei prossimi anni. Questione da intendersi non solo come materia rilevante nella pratica urbanistica, ma come una politica per uno sviluppo sostenibile delle città, limitando la dispersione urbana e riducendo gli impatti ambientali insiti nell’ambiente costruito: frenare il consumo di nuovo territorio, attraverso la densificazione di alcuni ambiti solo a fronte della liberalizzazione di altre aree urbanizzate, da tramutare in servizi e luoghi di aggregazione.

In città sempre più disgregate a causa dell’incontrollata crescita degli ultimi decenni, la riqualificazione delle periferie deve essere il punto di partenza per poter dare una svolta ad una situazione precaria sia a livello edilizio che ambientale. L’assenza di spazi pubblici di qualità e il consumo del suolo arrivato al livello di guardia, il costo energetico non più in grado di sopportare sprechi e lo smaltimento dei rifiuti e dei materiali non riciclabili, hanno determinato consapevolezza da parte dei cittadini con richiesta di interventi e di soluzioni.

(35)

La rigenerazione urbana rappresenta l’occasione per risolvere problemi come l’assenza di identità di un quartiere, la totale mancanza di spazi pubblici e l’elevata densità edilizia che rende impossibile gli allargamenti delle sedi viarie, la realizzazione di aree verdi e perfino la messa a dimora di alberature lungo i marciapiedi.

La riqualificazione degli spazi pubblici, incidendo sulla qualità della vita degli abitanti e sul loro senso di appartenenza ai luoghi può, infatti, costituire un fattore decisivo nella riduzione delle disparità tra quartieri ricchi e poveri, contribuendo a promuovere una maggiore coesione sociale: oltre agli aspetti relativi alla casa, gli interventi si devono porre l’obiettivo della riqualificazione delle infrastrutture urbanizzative e il trattamento delle tematiche sociali, economiche, ambientali.

Mediante una nuova concezione urbanistica e, quindi, tramite programmi urbanistici adeguati si può, infatti, generare un flusso economico virtuoso in grado di recuperare quelle parti di città, dove l’assenza di funzioni direzionali e d’insediamenti qualificati, la mancanza di servizi sociali e il deperimento degli spazi pubblici hanno prodotto forme di tensione ed esclusione sociale.

Nell’affrontare i temi del recupero e della valorizzazione delle aree periferiche con programmi complessi, si dovranno perseguire, anche attraverso l’impiego di risorse private, obiettivi di riqualificazione diffusa degli spazi pubblici, di risanamento e ripristino delle aree degradate, d’inserimento di funzioni e attività per servizi collettivi e attrezzature, volti a favorire i processi d’inclusione e sviluppo sociale.

Occorre quindi, in sintesi, promuovere efficaci e concrete azioni atte a trasmettere un nuovo concetto di urbanistica non limitato al governo dell’esistente, ma in grado di far fronte all’emergenza sismica e idrogeologica, produrre un reale contenimento dei consumi energetici e ridare un significato civile e dignitoso alle periferie.

Prima di descrivere i punti più importanti del Programma di Rigenerazione Urbana del Comune di Martina Franca è bene ricostruire un minimo il quadro normativo sui vari livelli di pianificazione, in modo da poter comprendere meglio questo recente strumento urbanistico.

(36)

Quadro normativo in materia di Rigenerazione Urbana

La Regione Puglia, promulgando la legge n.21 “Norme per la Rigenerazione Urbana” del 29 luglio 2008, ha promosso come affermato all’art.1 “la rigenerazione di parti di città e sistemi urbani in coerenza con le strategie comunali e intercomunali finalizzate al miglioramento delle condizioni urbanistiche, abitative, socio

economiche, ambientali e culturali degli insediamenti umani e mediante strumenti di intervento elaborati con il coinvolgimento degli abitanti e di soggetti pubblici e privati interessati”.

I contesti urbani periferici e marginali interessati da carenza di attrezzature e servizi, degrado degli edifici e degli spazi aperti e processi di esclusione sociale, i contesti urbani storici interessati da degrado del patrimonio edilizio e degli spazi pubblici e da disagio sociale, i contesti urbani storici interessati da processi di sostituzione sociale e fenomeni di terziarizzazione e le aree dismesse, parzialmente utilizzate e degradate costituiscono i principali ambiti di intervento.

I Programmi Integrati di Rigenerazione Urbana rappresentano gli strumenti di intervento che, come esplicitato all’art. 2 della legge stessa, sono “volti a promuovere la riqualificazione di parti significative di città e sistemi urbani mediante interventi organici di interesse pubblico”. Essi devono fondarsi “su un’idea

guida di rigenerazione legata ai caratteri ambientali e storico

culturali dell’ambito territoriale interessato, alla sua identità e ai bisogni e alle istanze degli abitanti” e comportano “un insieme coordinato di interventi in grado di affrontare in modo integrato problemi di degrado fisico e disagio socio

economico”.

Tali programmi sono contemplati nel Programma Operativo FESR 2007

‐‐‐‐

2013,

finanziabili con la dotazione dell’asse VII “Competitività e attrattività delle città

e dei sistemi urbani”, secondo due linee di intervento: la linea 7.1 “Piani integrati di sviluppo urbano” e la linea 7.2 “Piani integrati di sviluppo territoriale”. Per la linea 7.1 è prevista l’azione 7.1.1 denominata “Piani integrati di sviluppo urbano di città medio/grandi” destinata alle città con popolazione superiore a 20.000 abitanti che abbiano avviato le procedure previste dalla suddetta L.R. 21/2008. Per la linea 7.2 è prevista l’azione 7.2.1 denominata “Piani integrati di sviluppo territoriale” destinata a Comuni o aggregazioni di comuni con popolazione non superiore a 20.000 abitanti, secondo i criteri indicati nel Programma Pluriennale di Attuazione dell’Asse VII.

(37)

Nel Programma Pluriennale dell’Asse VII all’azione 7.1.1 si legge:

L’azione sostiene la realizzazione di Piani Integrati di Sviluppo Urbano delle città medio/grandi […].

I Piani, costruiti con la partecipazione degli abitanti, saranno per contenuti e finalità rispondenti alla legge regionale 21/2008, basati su un’idea

guida di rigenerazione […].

I Piani dovranno contenere uno studio preliminare dell’intera area di intervento riguardante:

La riqualificazione dell’ambiente costruito, attraverso il risanamento del patrimonio edilizio e degli spazi pubblici […].

La riorganizzazione dell’assetto urbanistico attraverso il recupero o la realizzazione di urbanizzazioni, spazi verdi e servizi […].

Il contrasto all’esclusione sociale degli abitanti attraverso la previsione di una molteplicità di funzioni e tipi di utenti e interventi materiali e immateriali […].

Il risanamento dell’ambiente urbano mediante la previsione di

infrastrutture ecologiche quali reti verdi e blu […].

Nella stessa determinazione del dirigente del servizio assetto del territorio n.13 del 15.02.2010 si definiscono:

7.1 Piani integrati di sviluppo urbano - Obiettivo operativo è la rigenerazione

urbana attraverso piani integrati di sviluppo urbano fortemente caratterizzati da

azioni volte alla sostenibilità ambientale e, in particolare, alla riqualificazione della città esistente e al contenimento dell’espansione urbana, destinati ai sistemi di centri minori o alle aree delle città medio ‐ grandi dove si concentrano problemi di natura fisica, sociale, economica;

7.2 Piani integrati di sviluppo territoriale - Obiettivo operativo è la

rigenerazione territoriale attraverso piani integrati di sviluppo territoriale volti al

rafforzamento, riqualificazione, razionalizzazione e, dove necessario, disegno delle reti funzionali e delle trame di relazione che connettono i sistemi di centri

(38)

urbani minori con particolare riguardo a quelli fortemente connessi (o con elevato potenziale di connessione) dal punto di vista naturalistico e storico‐culturale.

Secondo la stessa L.R. 21/2008 tra le azioni che possono essere incluse nei programmi di rigenerazione urbana vi sono:

la riqualificazione dell’ambiente costruito, attraverso il risanamento del patrimonio edilizio e degli spazi pubblici, garantendo la tutela, la valorizzazione e la fruizione del patrimonio storico

culturale, paesaggistico, ambientale;

la riorganizzazione dell’assetto urbanistico attraverso il recupero o la realizzazione di urbanizzazioni, spazi verdi e servizi e la previsione delle relative modalità di gestione;

il contrasto dell’esclusione sociale degli abitanti attraverso la previsione di una molteplicità di funzioni e tipi di utenti e interventi materiali e immateriali nel campo abitativo, socio

sanitario, dell’educazione, della formazione, del lavoro e dello sviluppo;

il risanamento dell’ambiente urbano mediante la previsione di

infrastrutture ecologiche quali reti verdi e blu finalizzate all’incremento della biodiversità nell’ambiente urbano, sentieri didattici e museali, percorsi per la mobilità ciclabile e aree pedonali, spazi aperti a elevato grado di permeabilità, l’uso di fonti energetiche rinnovabili e l’adozione di criteri di sostenibilità ambientale e risparmio energetico nella realizzazione delle opere edilizie.

Tali Programmi sono predisposti dai Comuni o proposti ai Comuni stessi da altri soggetti sia pubblici che privati, assumendo gli effetti di strumenti urbanistici esecutivi. Essi non possono comportare variante agli strumenti urbanistici comunali per trasformare in aree edificabili, aree a destinazione agricola, fatta eccezione per quelle contigue necessarie alla realizzazione di verde e servizi pubblici nella misura massima del 5% della superficie complessiva dell’area di intervento.

La rigenerazione è dunque intesa come intervento integrato, che coinvolge non solo gli aspetti fisici interessati dalle operazioni di riqualificazione, ma anche quelli sociali ed economici del degrado urbano. I Comuni definiscono gli ambiti territoriali che rendono necessari interventi di rigenerazione urbana, predisponendo un Documento Programmatico per la Rigenerazione Urbana, da

(39)

approvarsi con apposito atto deliberativo del consiglio comunale ed applicando le procedure previste dai commi 1, 2 e 3 dell’art. 11 della L.R. n.20/2001.

Il documento, basandosi sull’analisi della situazione urbanistica, edilizia, abitativa e socio‐economica della città di Martina Franca, nonché del degrado fisico, abitativo e socio‐economico, individua parti significative del territorio comunale e definisce:

gli obiettivi di riqualificazione urbana;

gli ambiti territoriali da sottoporre a programmi integrati di

rigenerazione urbana;

le politiche pubbliche;

i criteri per valutare la fattibilità dei programmi.

Il vecchio PRG (Piano Regolatore Generale)

Il quadro della pianificazione urbanistica vigente del Comune è oggi costituito dal Piano Regolatore Generale Comunale (approvato definitivamente, dalla Regione Puglia, il 5 maggio 1984 con Deliberazione n.1501 e non ancora adeguato alla L.r. 56/1980).

Le previsioni territoriali per destinazioni significative del PRG vigente, sono individuate a norma dell’art. 10 delle relative NTA:

“zona A – di risanamento e restauro conservativo”;

“zona B – di ristrutturazione”;

“zona C – di completamento”;

“zona E1 – espansione edilizia semintensiva”;

“zona E2 – espansione edilizia economica e popolare”;

“zona E3 – espansione edilizia, case isolate”;

“zona E4 – espansione edilizia estensiva”;

“zona F1 – agricola in Valle d’Itria”;

(40)

“zona H1 – verde pubblico”;

“zona H2 – verde privato”;

“zona I – verde sportivo ”;

“zona L – industriale”;

“zona S – servizi pubblici”;

“zona P – per attrezzature sportive”.

Alla pianificazione urbanistica esecutiva si riferiscono, inoltre, con specifico riferimento ai contesti di intervento:

il P.E.E.P. (ormai scaduto);

lo Studio di Fattibilità per la costituzione di una Società di Trasformazione Urbana la S.T.U.;

il P.R.U.S.S.T. (Programma di Riqualificazione Urbana e di Sviluppo Sostenibile del Territorio) per il territorio del sud est barese, Valle d’Itria e Terra delle Gravine;

i diversi Piani di Lottizzazione di iniziativa privata, realizzati nella zona industriale.

Negli anni ‘60 anche la città di Martina Franca venne investita dal boom edilizio che portò ad una rapida edificazione di molte aree poste a ridosso del centro storico e per poter regolamentare l’ulteriore sviluppo edilizio era necessario possedere un adeguato strumento urbanistico.

Dopo anni di processi burocratici in parte falliti, lo strumento urbanistico nella sua definitiva redazione fu approvato dalla Giunta Regionale con delibera n.1501 del 05/03/1984.

Tale strumento, attualmente vigente, oltre a disciplinare l’edificazione dei territori strettamente adiacenti al centro abitato, prevedeva anche l’edificazione di alcune zone esterne come Giuliani, Pergolo, S.Paolo e Chiancaro deputate per lo più ad una edilizia estensiva a basso indice di fabbricabilità fondiaria (0,5mc/mq). Inoltre, era prevista l’individuazione di altre aree nell’agro (borgate) destinate alla

(41)

residenza come Capitolo, Carpari, Ponticello, Ferrari, Casavola, Presidente, Specchia Tarantina, Orimini e Manampola. In ogni zona erano previste aree per servizi, verde pubblico e parcheggi pubblici in misura pari a 24 mq/ab (maggiore dei 18 mq/ab previsti per legge).

Il piano regolatore ha disciplinato l’edificazione dell’ampio territorio agricolo, individuando varie zone, alcune delle quali destinate anche alla residenza con un indice molto basso (0,03 mc/mq) e ha individuato alcune aree per l’attività industriale‐artigianale (in località Cicerone a 2 km circa dal centro urbano lungo la strada per Mottola, ed in località Trasconi a 6 km circa lungo la strada per Massafra).

Ai fini della viabilità, prevedeva due tracciati stradali (circonvallazioni) immediatamente esterni all’abitato ed alcuni sovrappassi ferroviari.

Il piano regolatore generale ha individuato le seguenti zone omogenee (la terminologia non risulta uniforme con quanto prescritto dal D.M. 1444/68): A – Centro Storico; B – Ristrutturazione ; C – Completamento; E – Espansione; L – Industriale; P

Attrezzature sportive; S – Servizi; H1 – Verde pubblico; H2 – Verde privato e F – Zone agricole.

Dopo l’approvazione del PRG si sono susseguite numerose vicende riguardanti modifiche, adeguamenti e varianti che non hanno in sostanza prodotto alcun atto ufficiale in termini di programmazione urbanistica della città che oggi deve convivere con uno strumento vecchio, concepito oltre 30 anni fa, attuato del tutto nelle sue previsioni relative alle zone residenziali e per giunta non adeguato alla legge urbanistica regionale n. 56/80.

Da tutto quanto sopra si possono trarre le seguenti considerazioni:

- le previsioni del P.R.G. vigente relative alle aree destinate alla residenza estensiva ad alto indice nonché alla edilizia residenziale pubblica risultano attuate, per cui le aree edificabili per simili interventi risultano pressoché esaurite;

Riferimenti

Documenti correlati

Contestualmente sollevano la FCI ed il predetto CR da ogni onere e da ogni responsabilità o risarcimento inerente un uso scorretto dei dati e delle immagini da parte di

Intervento completo di ogni onere, attrezzatura, mezzi meccanici necessari, raccolta e conferimento del materiale di risulta compreso estirpazione del ceppo e

conformi alle norme CEI e progettate ed eseguite in conformità del disposto della legge 37/2008, escluse le opere murarie per l'apertura delle tracce, fori

01/10/2019– in corso Responsabile della segreteria amministrativa e coordinatrice delle attività della Scuola di Musica della Fondazione Paolo Grassi AA 2019/2020.

Sviluppa un atteggiamento positivo rispetto alla matematica, attraverso esperienze significative, che gli hanno fatto intuire come gli strumenti matematici che ha imparato

La realizzazione del progetto prevederà una sistematica attività di monitoraggio di tutte le fasi in cui esso è articolato, al fine di verificare l’andamento delle singole azioni

Il mese di maggio si dice la messa nello spazio esterno antistante l’ingresso del frantoio “L’Acropoli di Puglia” di Martina Franca (Taranto), in attività dal 1889,

1) La premessa narrativa è parte integrante e sostanziale del presente contratto; 2) il Sig. 5 ; 3) il corrispettivo dell’appalto viene determinato tenendo conto delle