Università di Pisa
Corso di Laurea Specialistica in Farmacia
I miRNA COME BIOMARKERS DI
PATOLOGIE NEOPLASTICHE
Relatore: Candidato : Prof.ssa Maria Rosa Mazzoni Andrea Giacalone
Correlatore:
Antonio Lucacchini
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Alla mia famiglia
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INDICE
Capitolo 1:
LE BASI GENETICHE DEL CANCRO
1.1 Aspetti generali 1.2 Proto-oncogeni
1.2.1 Classificazione 1.2.2 Fattori di crescita
1.2.3 Recettori per fattori di crescita
1.2.4 Trasduttori del segnale a livello citoplasmatico 1.2.5 Proteine nucleari
1.2.6 Altre classi di proto-oncogeni 1.2.7 Meccanismi di attivazione
1.3 Onco-soppressori
Capitolo 2:
I micro-RNA
2.1 Aspetti generali 2.2 Biogenesi dei miRNA
2.3 Regolazione post-trascrizionale
2.4 Regolazione dell’espressione dei miRNA
Capitolo 3:
miRNA E IL CANCRO
3.1 Aspetti generali
3.2 miRNA come biomarcatori in oncologia
3.2.1 Esempi di alcuni miRNA che presentano una certa rilevanza in campo oncologico
3.2.2 I miRNA nell’analisi del carcinoma primario
3.2.3 Risultati ottenuti dall’analisi dei miRNA nel carcinoma primario
3.2.4 I miRNA nei campioni di sangue periferico come biomarcatori
3.3 Ruolo dei miRNA nella resistenza ai trattamenti farmacologici 3.4 Ruolo dei miRNA come target terapeutici
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Capitolo 4:
PRINCIPALI PATOLOGIE NEOPLASTICHE
STUDIATE IN RELAZIONE ALL’ESPRESSIONE DEI miRNA
4.1 Tumore al seno
4.2 Carcinoma renale e delle vie urinarie 4.3 Cancro al fegato
4.4 Neoplasie gastro-esofagee
4.5 Neoplasie del tratto gastro-intestinale 4.6 Cancro al polmone
Capitolo 5: RILEVAZIONE E QUANTIFICAZIONE DEI
miRNA
5.1 Estrazione dei miRNA
5.2 Analisi dei profili di miRNA su larga scala
5.2.1 Microarray 5.2.2 Real-time PCR
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Capitolo 1
LE BASI GENETICHE DEL CANCRO
1.1 ASPETTI GENERALI
Molteplici studi in campo oncologico hanno evidenziato che la patogenesi dei tumori umani è dovuta ad alterazioni strutturali e funzionali di specifici geni, i quali in condizioni normali sono preposti al controllo della crescita e della differenziazione cellulare. L’identificazione molecolare dei geni coinvolti nella carcinogenesi è stata resa possibile durante i due ultimi decenni dall’avvento della tecnologia del DNA ricombinante. In un primo momento si scoprì che le proprietà tumorigeniche dei virus oncogeni a RNA, sono dovute alla presenza nel loro genoma di specifici geni, gli oncogeni virali. Successivamente furono identificati un gruppo di geni nella cellula umana, i quali una volta prelevati da tumori umani spontanei e introdotti tramite trasfezione in specifici sistemi cellulari in vitro erano in grado di indurre una conversione neoplastica delle cellule bersaglio. Questi geni vennero definiti inizialmente oncogeni cellulari e successivamente proto-oncogeni nella loro versione normale, e oncogeni nella loro versione alterata.
Quindi sia gli oncogeni virali che gli oncogeni cellulari, rappresentano la versione alterata dei proto-oncogeni, i quali sono
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presenti nel genoma normale degli eucarioti in forma molto conservata. Lo studio della normale funzione di numerosi proto-oncogeni, ha evidenziato che questi geni codificano per proteine coinvolte nel controllo positivo della crescita cellulare, e che gli oncogeni ritrovati nei retrovirus o nel DNA dei tumori umani rappresentano versioni attivate di questi geni, capaci di contribuire alla crescita delle cellule tumorali.
Recentemente è stato anche dimostrato che le cellule neoplastiche spesso si contraddistinguono per la mancanza di specifico materiale genetico, contenente informazioni per geni che regolano negativamente la proliferazione cellulare, e la cui delezione o inattivazione favorisce lo sviluppo del tumore. I geni appartenenti a questa categoria sono detti onco-soppressori.
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1.2 PROTO-ONCOGENI
1.2.1 Classificazione
I proto-oncogeni, come già accennato, sono dei geni coinvolti nel controllo della crescita e/o proliferazione cellulare dei quali è nota una versione attivata (o dominante) nei tumori umani o nei retrovirus.
I proto-oncogeni e i loro prodotti rappresentano un gruppo di geni e proteine che esplicano la loro funzione in punti critici del metabolismo biochimico che controlla la proliferazione e la differenziazione cellulare. Essi infatti comprendono: 1. fattori di crescita, che rappresentano un segnale esterno per l’induzione e il mantenimento della crescita cellulare; 2. recettori per fattori di crescita, cioè molecole della superficie cellulare preposte a ricevere i segnali proliferativi diretti dalla cellula; 3. trasduttori del segnale a livello citoplasmatico, rappresentati da molecole che trasferiscono il segnale mitogenico dalla superficie cellulare al citoplasma, e quindi al nucleo; 4. proteine nucleari, prevalentemente rappresentati da fattori trascrizionali, che vengono sollecitati da stimoli citoplasmatici e come conseguenza regolano l’espressione di altri geni coinvolti nel programma di crescita e differenziazione; 5. proteine con funzioni varie, tra cui proteine coinvolte nella regolazione dell’apoptosi, proteine integrali di membrana, o proteine a funzione ignota.
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1.2.2 Fattori di crescita
Le cellule di un tessuto normale regolano i processi di crescita e differenziazione in base a determinati segnali che ricevono dall’esterno. Molti di questi segnali sono costituiti da fattori di crescita. I fattori di crescita vengono secreti in quantità controllate da specifiche cellule, successivamente raggiungono la cellula bersaglio, si legano a specifici recettori di membrana e trasmettono un segnale all’interno della cellula. Tra i geni corrispondenti a fattori di crescita, solo alcuni possono essere classificati come proto-oncogeni, seguendo la definizione prima riportata. questi comprendono: c-SIS, INT-2, e KS/FGF (anche detto HST).
La funzione di queste molecole si esplica in seguito alla formazione di determinati circuiti autocrini, che possono essere sintetizzati in tre tappe:
a) l’attivazione nella cellula tumorale di un proto-oncogene codificante per un fattore di crescita induce la cellula alla produzione di questo fattore di crescita;
b) la stessa cellula tumorale esprime recettori di superficie o intracitoplasmatici per il medesimo fattore di crescita;
c) il fattore di crescita si lega al recettore, ne induce la stimolazione e causa un segnale di proliferazione.
Nonostante questi tre proto-oncogeni siano altamente espressi in diverse patologie neoplastiche, in nessuno di questi tumori è mai
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stata riscontrata una lesione genetica di questi proto-oncogeni. Molto spesso vi è una duplicazione genica.
1.2.3 Recettori per fattori di crescita
La maggior parte dei recettori per fattori di crescita è composta da tre domini: un dominio di legame, un dominio transmembrana, ed un dominio citoplasmatico. Quest’ultimo contiene un dominio tirosino-chinasico in grado di catalizzare il trasferimento di un gruppo fosfato alle proteine bersaglio. Proto-oncogeni di questo tipo includono: ERB-B1, ERB-B2/NEU, MET, c-FMS, KIT, TRK, e SEA. L’alterazione strutturale di questi geni determina lesioni piuttosto frequenti nei tumori umani e può provocare l’attivazione del recettore anche in assenza del ligando. In particolare l’alterazione strutturale di ERB-B1 viene spesso riscontrata nei carcinomi squamocellulari e nei glioblastomi, mentre la lesione genetica di ERB-B2 è associata a neoplasie mammarie.
Alterazioni di c-FMS sono state riscontrate in una certa percentuale di sindromi mielodiplastiche. Infine le lesioni genetiche che coinvolgono il TRK sono da associare ai carcinomi papillari della tiroide.
1.2.4 Trasduttori del segnale a livello citoplasmatico
I proto-oncogeni appartenenti a questa categoria appartengono a due sottogruppi:
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a) proteine-chinasi citoplasmatiche; b) proteine G.
La maggior parte delle proteine-chinasi codificate da proto-oncogeni appartengono al gruppo delle tirosin-chinasi citoplasmatiche.
In generale, la conversione di queste molecole ad oncogeni sembra essere dovuta a mutazioni e/o riarrangiamenti che alterano i domini di regolazione negativa dell’enzima. Per tanto la forma alterata di una tirosina-chinasi non segue la normale regolazione cellulare.
Il gruppo delle tirosin-chinasi contiene il proto-oncogene c-ABL, che è implicato nella patogenesi della leucemia mieloide cronica.
Le proteine G rappresentano una vasta gamma di molecole, che hanno in comune la capacità di legare nucleotidi guanilici (GTP e GDP). Queste proteine rivestono un ruolo di notevole importanza nella trasduzione fisiologica del segnale dalla membrana al citoplasma. Tuttavia finora gli esempi di proteine G attivate nei tumori umani, possiamo riscontrarli solo in alcuni tumori rari, quali gli adenomi ipofisari, le neoplasie della corteccia surrenalica e i tumori endocrini dell’ovaio.
Un gruppo particolare di proteine leganti i nucleotidi guanilici, sono codificate da geni della famiglia RAS (H-RAS, K-RAS, N-RAS). K-RAS e H-RAS furono identificati per la loro omologia ad oncogeni virali, mentre N-RAS venne identificati in caso di neuroblastoma e
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rappresenta il primo oncogene cellulare identificato in tumore umano spontaneo.
I geni RAS codificano per proteine localizzate sul versante interno della membrana cellulare ed espresse in maniera ubiquitaria. Esse funzionano secondo un preciso ciclo metabolico nel quale legano GTP, che le attiva, e successivamente lo idrolizzano a GDP grazie un’intrinseca attività GTPasica, ritornando allo stato di riposo.
L’analisi di molteplici neoplasie umane ha dimostrato che l’attivazione per mutazione puntiforme dei geni della famiglia RAS, rappresenta la lesione genetica più frequente in oncologia umana insieme all’inattivazione del gene oncosoppressore p53.
1.2.5 Proteine nucleari
Le proteine nucleari appartenenti a questa categoria sono principalmente fattori trascrizionali. Le caratteristiche fondamentali di questo gruppo di geni sono:
a) si localizzano a livello nucleare;
b) sono in grado di legare specifiche sequenze di DNA; c) regolano l’attività e l’espressione di altri geni.
La funzione generale dei fattori trascrizionali è di ricevere segnali che giungono dal citoplasma al nucleo e di convogliare tali segnali al DNA, promuovendo o sopprimendo l’espressione di altri geni cellulari. Un esempio è il c-MYC, che stimola la proliferazione e inibisce la differenziazione.
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Il numero di fattori trascrizionali coinvolti nei tumori è elevato soprattutto nelle neoplasie del sistema ematopoietico.
1.2.6 Altre classi di proto-oncogeni
Questo gruppo comprende proto-oncogeni che , per le loro proprietà funzionali sono unici nell’ambito della patologia umana, o le cui funzioni non sono ancora state chiarite.
Il proto-oncogene più importante di questo gruppo è il BCL-2 che codifica per una proteina maggiormente espressa a livello mitocondriale. A differenza dei proto-oncogeni citati finora, BCL-2 non regola direttamente la proliferazione cellulare, ma l’apoptosi. La funzione biologica di BCL-2 è quella di promuovere la sopravvivenza cellulare inibendo l’apoptosi.
1.2.7 Meccanismi di attivazione
I proto-oncogeni possono essere trasformati ad oncogeni attraverso tre distinti meccanismi di attivazione:
a) amplificazione;
b) mutazione puntiforme; c) traslocazione cromosomica.
Amplificazione
Gli esempi più rilevanti di amplificazione di un oncogene sono costituiti dall’amplificazione di N-MYC nel neuroblastoma, di NEU nel carcinoma mammario ed ovarico, e di ERB-B1 nel glioblastoma.
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L’amplificazione nella maggior parte dei casi comporta un super-espressione della proteina codificata dal gene coinvolto. In alcuni casi, come per esempio in ERB-B1, il gene amplificato risulta anche alterato strutturalmente.
Mutazione puntiforme
L’attivazione mediante mutazione puntiforme è una caratteristica dei geni RAS. Mutazioni puntiformi nei codoni 12,13, e 61 dei geni N-RAS, H-RAS, e K-RAS provocano sostituzioni di amminoacidi nelle proteine RAS. Le proteine RAS mutate attivano la trasduzione del segnale in maniera costitutiva. Le mutazioni dei geni RAS costituiscono un evento molto diffuso in moltissimi tumori umani, in particolare possiamo definirli ubiquitarie nei tumori solidi, mentre nell’ambito delle neoplasie ematologiche esse sono ristrette alle leucosi linfoidi, mieloidi acute ed al mieloma multiplo.
Traslocazione cromosomica
Il meccanismo di traslocazione cromosomica è particolarmente frequente nelle neoplasie del sistema ematopoietico.
Possiamo distinguere due possibili meccanismi attraversi i quali avviene una traslocazione:
a) la traslocazione cromosomica può allontanare il proto-oncogene dalle sue strutture regolatorie e posizionarlo sotto nuovi elementi di controllo, determinando un’espressione del proto-oncogene in tessuti nei quali normalmente è assente.
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b) avviene la formazione di un trascritto di fusione, derivante dalla fusione di due geni localizzati ai due punti di rottura dei cromosomi coinvolti nella traslocazione. I proto-oncogeni attivati attraverso la formazione di trascritti di fusione generano proteine chimeriche che presentano nuove proprietà biochimiche, distinte dalle proteine normalmente prodotte dal proto-oncogene
Figura 1. L’immagine ci mostra la formazione del cromosoma Philadelfia, derivante dalla traslocazione del cromosoma 22 e del cromosoma 9.
1.3 ONCO-SOPPRESSORI
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a) geni che vanno incontro ad inattivazione, per delezione di un allele e mutazione dell’allele residuo, nel corso della patogenesi del tumore;
b) geni che sono in grado di sopprimere la crescita neoplastica del tumore in cui sono inattivati, se la loro versione normale viene reintrodotta in vitro nelle cellule tumorali;
c) geni che in condizioni fisiologiche regolano negativamente la crescita cellulare.
La scoperta dei geni onco-soppressori, ci permette di affermare che i tumori umani possono svilupparsi non solo in seguito all’attivazione di geni che provocano la crescita cellulare (proto-oncogeni), ma anche come conseguenza della perdita o dell’ inattivazione di geni la cui funzione normale è quella di inibire la proliferazione cellulare.
Il primo gene onco-soppressore, localizzato sul cromosoma 13q14 e chiamato RB1 fu evidenziato in pazienti affetti da retinoblastoma. Successivamente sono stati identificati altri 4 geni onco-sopressori: p53, WT-1, NF-1, e APC. Per quanto riguarda le patologie tumorali ereditarie, la sindrome di Li-Fraumeni, il tumore di Wilms, la neurofibromatosi tipo I e la polipo adenomatosi colica familiare sono dovute a mutazioni germinali rispettivamente dei geni p53, WT-1 (Wilms’tumor), NF-1 (Neurofibromatosis type 1) e APC (Adenomatous Polyposis Coli). Nei tumori che insorgono in corso di
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queste sindromi, oltre alla mutazione germinale di un allele si riscontra anche l’inattivazione somatica dell’altro allele.
Nei tumori sporadici l’inattivazione di p53 rappresenta una delle più frequenti lesioni genetiche fino ad ora riscontrate. p53 rappresenta una fosfoproteina nucleare che controlla il ciclo cellulare con un meccanismo inibitorio. Nei tumori umani sporadici il meccanismo più frequente di inattivazione di p53 comprende due eventi che avvengono in successione cronologica. Da un lato si ha una delezione di un allele sul cromosoma 17p13, il sito di mappaggio di p53. Dall’altro si ha una mutazione puntiforme nella sequenza codificante del gene. La proteina così mutata non è più in grado di esplicare la sua funzione, risulta quindi biologicamente inattiva.
Oltre che per delezione e mutazione a livello del locus genico, l’inattivazione di p53 nei tumori umani può avvenire anche con altri meccanismi, come ne caso dei sarcomi dei tessuti molli e nel carcinoma della cervice uterina. Nel caso dei sarcomi dei tessuti molli, l’inattivazione di p53 è dovuto all’iperespressione di MDM2, una proteina nucleare che lega p53 e ne blocca i domini funzionali. Nei carcinomi della cervice uterina, p53 viene complessata dalle proteine virali, le quali ne inducono una rapida degradazione.
Altri geni onco-soppressori coinvolti nei tumori sporadici sono DCC (Deleted in colorectal carcinoma) e APC nei carcinomi del colon. Tuttavia dato l’alto numero di delezioni ricorrenti in specifici tipi di
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tumore umano, si ritiene che il numero di geni onco-soppressori sia molto più alto di quello attualmente noto.
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Capitolo 2
I micro-RNA
2.1 ASPETTI GENERALI
I miRNA sono piccoli RNA endogeni non codificanti , di una lunghezza compresa tra 20 e 25 nucleotidi, la cui funzione è quella di regolare negativamente l’espressione genica a livello post-trascrizionale negli animali e nelle piante .
I miRNA esplicano la loro funzione grazie al riconoscimento di specifici mRNA targets determinando la degradazione o la repressione della traduzione. Essi sono coinvolti in diverse funzioni a partire da quelle cellulari come la regolazione del ciclo cellulare, la proliferazione cellulare, il differenziamento e l’apoptosi, fino ad essere coinvolti in processi riguardanti l’intero organismo, in particolare sembrano avere un ruolo importante durante lo sviluppo embrionale, nel differenziamento delle cellule staminali e nell’elaborazione della risposta immunitaria. Tuttavia negli ultimi anni gli studi sui miRNA si sono focalizzati sul fatto che in presenza di diverse patologie, tra le quali numerose tipologie di tumori, la loro espressione risulta alterata.
Fino ad oggi sono stati scoperti circa 940 miRNA umani , i quali una volta scoperti vengono registrati nel Sanger centre miRBase
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caratteristiche. Nel database troviamo anche informazioni riguardo la genomica dei miRNA, cioè il modo in cui i loro geni sono organizzati sui cromosomi umani. A tal proposito possiamo dire che i geni codificanti i miRNA si possono trovare su tutti i cromosomi eccetto quello Y, e nella maggior parte dei casi i geni per differenti miRNA sono organizzati in cluster, come per esempio il cluster costituito dai miRNA hsa-let-7a-1, hsa-let-7f-1 e hsa-let-7d presente sul cromosoma 9. Per tanto tali geni vengono trascritti in maniera simultanea generando un trascritto primario policistronico. I miRNA organizzati in cluster sono spesso correlati funzionalmente, ma non è sempre così poiché questo dipende principalmente dalla sequenza del pri-miRNA.
Per quanto riguarda la localizzazione genomica dei miRNA, si possono distinguere in :
• miRNA esonici in trascritti codificanti • miRNA esonici in trascritti non codificanti • miRNA intronici in trascritti codificanti • miRNA intronici in trascritti non codificanti.
2.2 BIOGENESI DEI miRNA
Il processo che porta alla formazione dei miRNA maturi è abbastanza complesso e può essere diviso in numerose tappe. Esso ha inizio nel nucleo e termina nel citoplasma (figura1).
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La trascrizione dei geni per i miRNA è mediata principalmente dalla RNA polimerasi II, anche se sono stati riscontrati casi di trascrizione da parte della RNA polimerasi III, comunque sia, il risultato è un pri-miRNA lungo alcune centinaia di nucleotidi, che nel nucleo si ripiega a formare una struttura a forcina a doppio filamento, spesso contenente la sequenza per miRNA maturi differenti.
Figura 2.Biogenesi dei miRNA e loro funzione. L’immagine ci mostra le varie tappe che deve attraversare il pri-miRNA per trasformarsi in RNA maturo e svolgere la sua funzione.
Questa molecola subisce ripetute riduzione nella struttura ad opera di due endonucleasi, Drosha e Dicer, che si trovano in complessi di proteine contenenti domini in grado di legare RNA a doppio filamento (dsRNA binding domains –dsRBDs). Le proteine Drosha e Dicer presentano specifici domini catalitici RNAsi di tipo III (RIIIDa, RRIIDb) conservati, che agiscono generando delle estremità 3’ sporgenti di 2 nucleotidi (Figura 2).
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Figura 3. Domini conservati e struttura delle proteine della famiglia RNAsi di tipo III.
La biogenesi dei miRNA inizia ad opera di Drosha, che catalizza la prima reazione di clivaggio all’interno del nucleo formando un complesso con la proteina Pasha (DGCR8).
Il complesso Drosha/Pasha scinde il pri-miRNA, ottenendo una molecola con struttura a forcina di circa 70 nucleotidi, detta pre-miRNA. Dopo questa prima modificazione tale molecola viene trasportata nel citoplasma in un processo mediato dall’ Esportina, un trasportatore nucleo/citoplasmatico GTP-dipendente. All’interno del citoplasma, il pre-miRNA subisce un altro clivaggio, questa volta ad opera della proteina Dicer (all’interno di un complesso con TRBP, TAR RNA binding protein) ottenendo una piccola molecola di RNA duplex con appaiamenti imperfetti di circa 20-25 nucleotidi, contenente sia il filamento maturo del miRNA che il suo filamento complementare. Il Dicer interagisce con le proteine Ago1 e Ago4 (Figura 3), le quali legandosi con il miRNA maturo formano il complesso miRISC (microRNA Induced Silencing
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Complex) che ha il compito di guidare il miRNA nel riconoscimento del target.
Figura 4. Struttura di una proteina Ago. Nell’immagine possiamo osservare i domini PAZ e MID per l’ancoraggio dell’RNA target al 3’ e 5’, e il dominio PIWI preposto al taglio.
Nel complesso miRISC, oltre alle Ago, sono state evidenziate altri tipi di proteine appartenenti alla famiglia GW182 (TNRC6A, TNRC6B, TNRC6C), e sembra che abbiano un ruolo significativo nella repressione trascrizionale mediata dai miRNA agendo come cofattori delle Ago.
Il duplex ottenuto grazie all’azione del Dicer, presenta due filamenti di stabilità differente da un punto di vista termodinamico in corrispondenza dell’estremità 5’; il miRNA maturo può trovarsi in maniera indistinta in uno dei due filamenti, però generalmente si origina dal filamento che presenta l’estremità 5’ più instabile. Se le
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due estremità 5’ dei filamenti presentano più o meno la stessa stabilità avremo uguali probabilità che il filamento maturo possa originarsi da uno dei due filamenti.
Una via alternativa per la biogenesi dei miRNA scoperta recentemente, è quella che porta alla maturazione dei mirtrons, appartenenti a una sottofamiglia di miRNA e localizzati all’interno di introni di geni che codificano per miRNA. La maturazione dei mirtrons avviene dopo lo spilicing, senza l’intervento della proteina Drosha, l’RNA che si genera forma una struttura a forcina che viene esportata nel citoplasma dall’Esportina 5 e tagliata direttamente dal Dicer (Figura 4).
Figura 5. Nell’immagine vengono schematizzate le due possibili vie di maturazione dei miRNA.
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2.3 REGOLAZIONE POST-TRASCRIZIONALE
Una volta ottenuto il miRNA maturo, questo può appaiarsi con l’RNA messaggero per darmi una repressione della traduzione, i siti di legame per i miRNA si trovano nella regione 3’UTR delle molecole di mRNA, queste sequenze devono essere presenti in copie multiple, affinchè si abbia un’efficiente repressione della traduzione. Oltre alla regione 3’UTR, pare che vi siano dei siti di legame anche a livello della 5’UTR, tuttavia sembra che svolgano solo un ruolo secondario.
Negli animali l’appaiamento con il target (mRNA) generalmente non è perfetto, infatti dobbiamo contemplare la presenza delle così dette bulge o appaiamenti non canonici GU, tuttavia il fattore più importante da tenere in considerazione affinchè si abbia un silenziamento efficiente è che la complementarità sia perfetta in una regione specifica in 5’ del miRNA detta seed (che va dal secondo all’ottavo nucleotide del miRNA maturo).
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Una volta legatosi al target, il complesso RISC svolge la sua funzione inibitoria mediante diversi possibili meccanismi, che possono essere raggruppati in due grandi categorie:
• Inibizione della sintesi proteica
• Deadenilazione dell’mRNA, che porta come conseguenza ad una degradazione della molecola per eccessiva instabilità. Normalmente la repressione si ha nelle fasi di inizio della traduzione. Negli eucarioti in questa fase viene riconosciuto il cap in 5’ da parte delle proteine IF4E, IF4F, IF4G; quest’ultimo, legandosi alla proteina PABP1 legata a sua volta alla coda di polyA favorisce l’avvicinamento delle due estremità del trascritto favorendo così il posizionamento della subunità 40S del ribosoma sul messaggero.
Il meccanismo d’azione del complesso miRISC, ed in particolare delle Ago consiste nell’andare a competere con le proteine IF4E nel riconoscimento del cap al 5’ impedendo così l’inizio della traduzione, mentre sembra che il loro ruolo nei confronti del legame della coda di polyA sia irrilevante, così come nella fase di allungamento della traduzione.
Tuttavia da quanto dimostrano recenti ricerche pare che i miRNA agiscano in maniera negativa non solo determinando una repressione della traduzione ma talvolta anche la degradazione del target: il tutto avrebbe inizio nel citoplasma per poi terminare in organuli specializzati, i P-bodies. Queste strutture subcellulari
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rappresenterebbero i siti di deposito e smaltimento dei trascritti (Filipowcz W. et al, 2008).
Anche per quanto riguarda lo studio della repressione della traduzione si sono fatti notevoli passi avanti. Infatti si è visto che in alcuni casi tale repressione può essere reversibile, in questi casi la traduzione del messaggero viene bloccata per poi essere riattivata a seconda delle condizioni nutrizionali, esempi di questo genere sono:
• Il miRNA-122 e il suo target CAT1 nelle cellule di epatoma. • Il miRNA-134 e il suo target LIMK1 nei neuroni.
2.4 REGOLAZIONE DELL’ESPRESSIONE DEI
miRNA
La regolazione dell’espressione dei miRNA è regolata in più punti, possiamo distinguere:
1. Regolazione della trascrizione 2. Regolazione del processamento 3. Editing
Per quanto riguarda la regolazione della trascrizione è stato evidenziato che a livello dei promotori dei miRNA sono presenti gli stessi elementi regolativi dei promotori per i geni codificanti proteine come la TATA box e le isole CpG.
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La regolazione dell’espressione tessuto-specifica o sviluppo-specifica è regolata da dei fattori di trascrizione (TF), ad esempio MYC/MYCN stimolano l’espressione del cluster oncogenico miRNA-17-92 in cellule di linfoma, il REST (RE-1 silencing trascription factor) inibisce l’espressione del miRNA-124 in cellule non neuronali o progenitori neuronali tramite deacetilazione istonica e metilazione del promotore. I miRNA stessi possono a loro volta regolare l’espressione dei TF in maniera positiva o negativa.
La regolazione del processamento dei miRNA avviene al livello del Drosha, del Dicer e delle loro proteine accessorie. In particolare è stato osservato che alcune elicasi nel topo e le proteine SMAD (small mother against decapentaplegic), agiscono a livello del Drosha controllando la produzione di pri-miRNA, mentre i livelli di Dicer vengono controllati e stabilizzati dal suo cofattore TRBP. Infatti è stato osservato che, dopo la stimolazione da parte di fattori di crescita, ERK fosforila TRBP e quindi stabilizza indirettamente il Dicer, portando a un generale aumento di tutti i pre-miRNA.
L’editing del pri-miRNA o del pre-miRNA da parte delle proteine ADAR, che catalizzano la conversione dell’adenosina in inosina altererebbe la struttura e quindi la stabilità, mentre l’editing nel seed del miRNA maturo mediato da altre proteine altererebbe il riconoscimento del target (Alessandra Majorana, 2010).
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Capitolo 3
Micro-RNA E IL CANCRO
3.1 ASPETTI GENERALI
I miRNA sembrano avere un ruolo da protagonisti nella tumorigenesi, principalmente sono implicati in tutti gli stadi della carcinogenesi includendo invasione, metastasi, apoptosi e resistenza alla terapia. Nel cancro un’alterazione dei miRNA può essere dovuto a mutazioni che interessano i loci contenenti regioni codificanti per i miRNA, alterazioni epigenetiche o aberrazioni cromosomiche. Queste possibili variazione nella biogenesi dei miRNA andranno a coinvolgere la loro espressione.I miRNA possono agire come soppressori di tumori o come oncogeni e perciò la loro espressione nei tumori può essere regolata positivamente o negativamente.
Per il ruolo così importante che ricoprono nelle varie fasi del tumore il loro utilizzo va dalla diagnosi alla prognosi o ancora possono essere utilizzati come marcatori farmacodinamici e persino come potenziali target di farmaci.
La loro stabilità, riscontrata soprattutto nel tumore primario, li rende dei possibili biomarcatori, persino per il monitoraggio longitudinale ripetitivo non invasivo per un’ampia gamma di tipologie tumorali.
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I primi miRNA descritti in un tessuto patologicamente alterato furono il miRNA15a e il miRNA-16-1 nella leucemia linfatica cronica. Questi miRNAs funzionano come soppressori tumorali avendo come target Bcl-2. La loro delezione o down-regulation previene l’apoptosi delle cellule tumorali. Al contrario l’aumento dell’espressione di alcuni miRNAs favorisce la sopravvivenza del tumore, in particolare possiamo dire che il miRNA-21 è uno di quelli più iperespressi nelle patologie neoplastiche. I numerosi di target di miRNA-21 sono geni oncosoppressori (Si ML et al, 2007). Un altro esempio di come vi sia una correlazione tra la concentrazione dei miRNA e le patologie tumorali fù dato da uno studio che mise a confronto donne affette da cancro al seno e donne sane, in particolare fu dimostrato che, sulla base della differente concentrazione di miRNA-155 nel siero dei due gruppi di donne si potevano discriminare in maniera significativa i pazienti con tumori al seno dalle donne sane (Roth et al, 2010).
Tali risultati stimolarono la ricerca nei confronti dell’espressione dei miRNA nelle varie tipologie di tumore e gettarono le basi per iniziare a discutere di un possibile utilizzo dei miRNA in campo oncologico, in particolare il loro possibile ruolo di biomarcatori nelle patologie neoplastiche.
Un biomarcatore mi può dare diverse informazioni sull’evolversi della malattia definendo in che stadio si trova la patologia, determinando così una sorta di classificazione tra le varie fasi del
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tumore, monitorando gli effetti della terapia intrapresa e in alcuni casi può permettere di diagnosticare le fasi iniziali della patologia aumentando così le possibilità di guarigione (Ratain et al, 2007).
3.2
miRNA
COME
BIOMARCATORI
IN
ONCOLOGIA
3.2.1 Esempi di alcuni miRNA che presentano una certa rilevanza in campo oncologico.
Sebbene non sia ancora clinicamente dimostrato il ruolo potenziale dei miRNA in campo oncologico, quello di cui si è certi è che le alterazioni dell’espressione dei miRNA nel cancro umano non sono un’eccezione, ma una regola. Da studi recenti è stato evidenziato che i miRNA risultano particolarmente utili nelle prime fasi della malattia, permettendo di distinguere diversi tipi e sottotipi di cancro. Gli studi si sono in particolare focalizzati sul cancro al seno, alla prostata, al polmone ed al colon retto.
Per esempio nel tumore al seno i miRNA sono espressi in maniera diversa nella forma luminale e in quella basale. Altri esempi sono la differente espressione dei miRNA nei vari tipi di carcinoma ovarico e l’espressione differenziale del miRNA-205 permette di distinguere il carcinoma al polmone squamoso da quello non squamoso.
I miRNA presentano un grande potenziale come biomarcatori diagnostici in oncologia: 1) nell’adenocarcinoma duttale è stata
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notata una super espressione dei miRNA-205 e 21; 2) analizzando campioni di plasma raccolto 1-2 anni prima dell’inizio della terapia in pazienti con cancro al polmone si potevano osservare delle alterazioni dei miRNA.
Sebbene prevedere la sopravvivenza potrebbe essere importante in un senso più generale, la previsione della risposta alla terapia dal punto di vista clinico è più rilevante. È molto interessante notare che i miRNA non solo possono essere utili per il monitoraggio longitudinale durante il trattamento in generale, ma nello specifico anche per contribuire a selezionare in maniera razionale i pazienti sui quali potranno essere intraprese terapie mirate e personalizzate. Per esempio bassi livelli del miRNA-26 nei pazienti affetti da carcinoma epatocellulare mi indicano una scarsa probabilità di sopravvivenza. Sempre in questi pazienti, è stato evidenziato che rispondono meglio al trattamento con interferone-alfa con miglioramento delle aspettative di vita. Quindi possiamo dire che basandoci sui livelli del miRNA-26, possiamo discriminare quei pazienti con concentrazioni minori di questo miRNA e quindi adottare una terapia con interferone-alfa (Ji et al, 2009).
Un biomarcatore che mi da indicazioni un po’ più generali è il miRNA-21. Infatti un aumento della sua espressione mi indica una scarsa risposta alla chemioterapia. Alti livelli di miRNA-25b in pazienti con tumore al seno sono predittivi di una scarsa risposta al trattamento a base di taxolo, similmente alti livelli di miRNA-21 in
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pazienti con cancro al pancreas sono predittivi di una modesta risposta al trattamento con gemcitabina (Giovannetti et al, 2010). Tra le tante possibili applicazioni dei miRNA in oncologia, il lavoro si sta focalizzando sul ruolo dei miRNA come biomarcatori nel tumore primario e nel sangue periferico.
MicroRNA Tipo di alterazione Possibile applicazione
Let-7a Diminuzione nel cancro gastrico Discriminazione cancro gastrico da
soggetti sani
Let-7f Diminuzione in NSCLC (Non-Small Cell
Lung Carcinoma)
Associato con la sopravvivenza globale in NSCLC
miR-1 Diminuzione in NSCLC Associato con la sopravvivenza globale in
NSCLC
miR-10b Aumento nel cancro al seno Associato con metastasi, nel cancro al
seno
miR-17 Aumento nel cancro gastrico Discriminazione cancro gastrico da
soggetti sani
miRs 17 + 106a Aumento nel cancro gastrico Discriminazione cancro gastrico da
soggetti sani
miR-17-3p Aumento in CRC (Colorectal Cancer) Discriminazione CRC da soggetti sani
miR-17-5p Aumento nel cancro gastrico Discriminazione cancro gastrico da
soggetti sani
miR-20b Diminuzione in NSCLC Associato con gli stadi avanzati e la
metastasi in NSCLC
miR-21 Aumento in CLL (Chronic Lymphocytic
Leukemia) delezione 17p
Associato con la sopravvivenza globale in CLL
miRs-21 + 126 + 210 + 486 + 5p Alterato in NSCLC Discriminazione NSCLC da soggetti sani
miRs-21 + 155 + 196a + 210 Aumento nell’adenocarcinoma pancreatico Discriminazione adenocarcinoma
pancreatico da soggetti sani
miR-29a Aumento in CRC Discriminazione CRC da soggetti sani
miR-29b, miR-29c Diminuzione in CLL ( delezione 17p) Associato con la progressione in CLL
miR-30d Aumento in NSCLC Associato con la sopravvivenza globale in
NSCLC
miR-30e-3p Diminuzione in NSCLC Associato con la sopravvivenza libera da
malattia in NSCLC
miR-34a Aumento nel cancro al seno Discriminazione degli stadi avanzati dagli
stadi iniziali del cancro al seno
miR-92, miR-92a Aumento in CRC Discriminazione del CRC dal cancro
gastrico, IBD, e da soggetti sani
miR-106a Aumento nel cancro gastrico Discriminazione cancro gastrico da
soggetti sani
miR-106b Aumento nel cancro gastrico Discriminazione cancro gastrico da
soggetti sani
miR-144 Diminuzione in CN-AML (Leukemia
Myeloid Acute with normal cytogenetics)
Associato con marcatori prognostici FLT3-ITD in CN-AML
miR-181a Aumento in CLL (trisomia 12) Associato con la progressione in CLL
miR-195 Aumento nel cancro al seno Discriminazione del cancro al seno da altri
cancri e da soggetti sani
miR-200a, miR-200b Aumento nel cancro al pancreas Discriminazione cancro pancreatico da
soggetti sani
miR-451 Aumento nel cancro al seno Associato con tumore maligno al seno
miR-486 Aumento in NSCLC Associato con sopravvivenza globale in
NSCLC
miR-499 Diminuzione in NSCLC Associato con sopravvivenza globale in
NSCLC
Tabella 1. Principali miRNA coinvolti in diverse patologie neoplastiche. I dati si riferiscono a miRNAs estratti da cellule di cancro circolanti nel sangue (Berger and Reiser, 2013).
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3.2.2 I miRNA nell’analisi del carcinoma primario.
Generalmente per questo tipo di analisi, viene utilizzata la campionatura FFPE (formalin-fixed paraffin embedded), che è una procedura di elaborazione istopatologia standard per materiale tissutale generalmente acquisito durante procedure invasive come endoscopie diagnostiche od interventi chirurgici.
I principali ostacoli nell’utilizzo di questa procedura potrebbero essere la degradazione dovuta alla fissazione della formalina e il detioramento dei miRNA nel tempo dovuto alle nucleasi. Tuttavia i miRNA in queste condizioni dimostrano una notevole stabilità e possono essere estratti facilmente dai campioni per le loro ridotte dimensioni. Questo offre grandi opportunità nel valutare i profili di espressione dei miRNA e la loro potenziale utilità come biomarcatori (Frank Berger e Maximilian F.Reiser, 2013).
3.2.3 Risultati ottenuti dall’analisi dei miRNA nel carcinoma primario.
I miRNA sui quali è stato focalizzata più attenzione sono il miRNA-21 e il mi-RNA-155.
Il mi-RNA-21 si trova alterato in diversi tipi di tumori, l’aumento della sua espressione generalmente induce un aumento della proliferazione cellulare e dell’invasione, mentre la sua soppressione determina un calo della proliferazione cellulare e
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dell’invasione. La super-espressione del miRNA-21, si ritiene responsabile dell’instaurarsi di un resistenza nei confronti di terapie farmacologiche nei tumori in generale.
Un altro miRNA super espresso in varie patologie tumorali è il 155. Oltre a questi due miRNA consolidati, vi sono numerosi miRNA in fase di valutazione utilizzabili come potenziali biomarcatori.
Le possibili applicazioni dei miRNA nei tumori primari includono: 1. Cancro di origine sconosciuta.
2. Sub-classificazione dei tumori 3. Prognosi
4. Predizione della risposta alla terapia
1. Lo studio dell’espressione dei miRNA può aiutare a chiarire il tessuto di origine in caso di tumori con origine primaria non conosciuta, favorendo la scelta di una terapia chemioterapica il più mirata possibile.
2. Il cancro al seno mostra un’ampia varietà di sottotipi istopatologici. Sempere fu in grado di sotto-classificare i campioni di tessuto del cancro al seno utilizzando l’ibridazione per analizzare i profili di espressione dei miRNA nei tessuti (Sempere et al, 2007). 3. I miRNA prognostici sarebbero utili per pianificare un trattamento individuale ottimizzato, un esempio è il già citato miRNA-21.
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4. Gli studi per quanto riguarda la predizione della risposta alla terapia sono tra quelli sui quali la ricerca si sta più concentrando. Tuttavia fino ad oggi i miRNA validati con certezza a questo scopo sono in numero piuttosto basso.
In uno studio su colture cellulari di cancro ovarico, è stato dimostrato che il miRNA-214 è coinvolto nella resistenza al cisplatino (Yang et al, 2008).
In uno studio clinico, condotto su 58 pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule, le mutazioni di EGFR (Recettore del fattore di crescita dell’epidermide) e la perdita di miRNA-128b nei campioni dei pazienti sono state associate ad una migliore risposta al trattamento con gefitinib, mentre la sola espressione di EGFR non era in correlazione positiva con la risposta al gefitinib. Il miRNA-128b è stato scelto sulla base del suo ruolo regolatore nei confronti di EGFR e anche perché la perdita del cromosoma 3p, dove è localizzato il miRNA-128b, è uno dei più frequenti eventi nella carcinogenesi del polmone (Weiss et al, 2008).
In uno studio di 246 tumori primari al seno positivi per il recettore per gli estrogeni, una più alta espressione di miRNA-30c si associava al beneficio di una monoterapia con tamoxifene (Rodriguez-Gonzalez et al, 2011).
Questi sono risultati molto interessanti, ma tutti questi approcci richiedono una precedente acquisizione del materiale dal tessuto tumorale, il che di solito richiede procedure invasive. Inoltre
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bisogna considerare che l’espressione dei miRNA in tali contesti riflette soltanto la situazione del tumore locale.
3.2.4 I miRNA nei campioni di sangue periferico come biomarcatori.
Negli ultimi due anni, è stata valutata la possibilità che anche i miRNA presenti in circolo possano svolgere un ruolo significativo come biomarcatori per alcune patologie neoplastiche. I miRNAs nel sangue possono presentarsi: 1) liberi (facilmente degradabili dalle ribonucleasi); 2) contenuti negli esosomi (micro-vescicole che possono trasportare anche miRNAs funzionali); 3) nelle cellule neoplastiche circolanti.
Nonostante i successi avuti dallo studio del profilo dell’espressione dei miRNA presenti nel tessuto tumorale, ci sono numerose situazioni cliniche nelle quali è utile ottenere informazioni riguardo i miRNA presenti nel sangue periferico.
Con l’utilizzo di questa tecnica possiamo riscontrare due vantaggi principali:
1. Le misurazioni non sono invasive e riflettono la distribuzione sistemica del marcatore molecolare, che è potenzialmente utile per il futuro monitoraggio di terapie individualizzate.
2. L’espressione dei miRNA nel tessuto tumorale potrebbe variare nel tempo a causa dei ripetuti cicli di terapia, per tale motivo un
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continuo monitoraggio dei miRNA presenti nel circolo sanguigno porterebbe a una migliore valutazione in tempo reale della situazione molecolare del tumore e ad un monitoraggio continuo della risposta al trattamento chemioterapico.
Un altro possibile ruolo dei miRNA ripetutamente misurati in circolo potrebbe essere quello di pover fornire informazioni utili per predire risposte terapeutiche a terapie target come gli inibitori dei EGFR.
Ad oggi sono disponibili terapie bersaglio di seconda e terza linea, ed è facilmente immaginabile che un trattamento basato sulle caratteristiche del tumore in circolo potrebbe essere più valido rispetto al trattamento basato sulle caratteristiche del tessuto di una circoscritta e limitata zona del tumore primario. In futuro si potrebbe arrivare, sempre basandoci sull’analisi di questi miRNA in circolo, a variare rapidamente terapia ogni qual volta si instauri una resistenza, il che porterebbe grossi miglioramenti nella cura di tali patologie.
L’osservazione di elevati livelli di 155, 210 e miRNA-21 nel siero di pazienti è stata descritta per la prima volta nel linfoma a cellule B, con il miRNA-21 che era associato ad un incremento della sopravvivenza libera da ricaduta (Lawrie et al, 2008).
Nel cancro solido, Mitchell per primo ha identificato in campioni di sangue i miRNA relativi al tumore, suggerendo che l’ammontare
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dei miRNA nel sangue potrebbe riflettere la dimensione del tumore (Mitchell et al, 2008).
Negli ultimi anni sono emerse delle possibili applicazioni dei miRNA presenti nel sangue ed includono:
1. Distinguere soggetti sani da quelli affetti da patologie tumorali, e distinguere all’interno di un determinato gruppo di soggetti che presentano delle patologie, quelli affetti da tumore da quelli che presentano altri tipi di patologie.
2. Programmazione di una terapia post-operatoria. 3. Valutazione della prognosi.
1. Shen (Shen et al, 2011), utilizzando qRT-PCR e una combinazione di 4 miRNA da siero per distinguere i pazienti con tumore al polmone da quelli sani, ha dimostrato un’alterazione dell’espressione dei miRNA nel sangue a uno stadio iniziale nel carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC), (86% di sensibilità e 97% di specificità). Tali approcci potrebbero essere utili per una prima diagnosi o persino per uno screening collettivo in soggetti ad alto rischio.
L’analisi del plasma in soggetti affetti dal carcinoma del colon retto( CRC), evidenzia che il miRNA-29a e il 92a potrebbero discriminare in maniera significativa la neoplasia dai soggetti sani, con la più alta
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sensibilità quando si combinano questi due marcatori (Huang et al, 2010).
In un altro studio, il miRNA-92a sembra permettere di discriminare il CRC dal cancro gastrico, da soggetti normali e persino da malattie infiammatorie dell’intestino, assumendo il ruolo di marcatore molecolare del CRC.
La maggior parte dei cancri al pancreas mostrano una ipometilazione e una super-espressione dei miRNA-200a e 200b, i quali in questo caso potrebbero essere usati in campo diagnostico. Il profilo dei miRNA-21, miRNA-155, miRNA-196a e miRNA-210 ha dimostrato che l’analisi dei miRNA nel sangue potrebbe essermi utile non solo per diagnosticare il cancro al pancreas, ma anche per distinguere stati infiammatori del pancreas dalle patologie neoplastiche (Wang et al, 2009).
2. Elevati livelli di miRNA-195 si appaiono essere correlati al cancro al seno. Tali alti livelli di miRNA-195, insieme a quelli di let-7a diminuivano dopo l’operazione di asportazione del tumore, indicando un potenziale uso come biomarcatore del tumore al seno allo stato precoce e nei primi anni di monitoraggio della terapia. Oltre a questo esempio, possiamo dire in generale che la scoperta dei miRNA nel sangue propone per quest’ultimi un potenziale ruolo sia nella cura post-operatoria che nella pianificazione di una terapia ausiliaria (Heneghan et al, 2010).
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3. L’aspetto prognostico in un paziente affetto da cancro diventa di fondamentale importanza per la pianificazione di una strategia terapeutica.
Recenti studi si sono focalizzati sulla possibilità che miRNA in circolo possano essere utilizzati per predire la sopravvivenza di pazienti affetti da cancro. In particolare, analizzando l’espressione dei miRNA nel siero si è notato che i livelli di 4 miRNA (miRNA-1, miRNA-30d, miRNA-486, e miRNA-499) potevano essere associati ad una sopravvivenza globale di pazienti con cancro al polmone non a piccole cellule (Shen et al, 2011).
3.3 Ruolo dei miRNA nella resistenza ai
trattamenti farmacologici
La resistenza ai trattamenti terapeutici è uno dei fattori che influisce maggiormente sulle possibilità di sopravvivenza di pazienti affetti da neoplasie.
Attualmente, l’uso di diverse forme ricombinanti di TRAIL (TNF-related apoptosis-inducing ligand) risultano tra i più promettenti agenti anti-tumorali basati sull’induzione di apoptosi di cellule cancerose. Tuttavia, molte cellule tumorali risultano resistenti all’apoptosi indotta da TRAIL.
Uno studio (Garofalo et al, 2009) ha dimostrato che i miRNA-221/222, mediante la regolazione di due target molecolari, PTEN (Phosphatase and tensin homolog) e TIMP3 (Tissue inhibitor
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metalloproteinases), inducono resistenza al trattamento con TRAIL ed aumentano la migrazione cellulare in seguito all’attivazione della pathway di AKT e delle metallo-peptidasi. Questi miRNA risultano super-espressi in numerosi tipi di cancro, in particolare nell’epatocarcinoma e nell’NSCLC rispetto ai tessuti sani. Basandosi sui livelli di miRNA-221/222 si potrebbe prevedere la resistenza o la sensibilità al trattamento con TRAIL.
3.4 Ruolo dei miRNA come target terapeutici
Il potenziale utilizzo dei miRNA in campo terapeutico, rappresenta attualmente l’oggetto di studio di numerosi gruppi di ricerca. Lo scopo è quello di modularne l’espressione.
Molti studi in vitro e preclinici sono stati eseguti mediante tecniche di reintroduzione o di inibizione, nelle cellule tumorali, di micro-RNA aventi funzione rispettivamente oncosoppressoria od oncogenica; tali trattamenti hanno comportato spesso una riduzione delle proliferazione cellulare e dell’invasione o un incremento dell’apoptosi cellulare. Questo implica che i miRNA o i loro inibitori possono essere utilizzati nelle terapia anti-tumorale. Uno dei principali vantaggi nel modulare l’espressione dei micro-RNA anziché quella dei geni, deriva dal fatto che questi piccoli micro-RNA non codificanti hanno la capacità di regolare contemporaneamente
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l’espressione di molti geni targets e diverse vie di segnalazione (Giordano and Columbano, 2012).
Recentemente due studi effettuati su topi hanno dimostrato l’efficacia del miRNA-221 come target terapeutico nell’epato-carcinoma (Park et al, 2011; Callegari et al, 2012). In entrambe le ricerche sono stati somministrati per via sistemica, o l’isoforma modificata del miRNA-221 o l’antogonista di miR-221; entrambi hanno prodotto un effetto antitumorale che ha aumentato la sopravvivenza nei topi ed ha portato ad una riduzione del numero e delle dimensioni dei noduli tumorali.
In un altro studio sperimentale (Fontana et al, 2008) è stato dimostrato che il silenziamento di mi-17-5p tramite antagonista miR sopprime la crescita tumorale in vivo e in vitro mediante la sovraregolazione di p21e BIM ( proteina pro-apoptotica).
Questi due miRNA così come tanti altri potrebbero essere utilizzati nella terapia anti-tumorale anche solo come coadiuvanti delle attuali terapie.
Nonostante gli innumerevoli studi riguardanti i miRNA abbiano portato risultati incoraggianti e abbiano contribuito ad accrescere la conoscenza sullo sviluppo e sulla progressione di vari tipi di neoplasie, siamo tuttavia ancora lontani dall’avere il quadro completo dei meccanismi molecolari attraverso i quali i miRNA, insieme ai geni codificanti proteine, controllano il processo di tumorigenesi, ed a questo va aggiunta la necessità di migliorare la
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somministrazione in vivo degli oligonucleotidi e di sviluppare modelli animali che consentano di studiare approfonditamente i miRNA associati al cancro. Quindi la possibile applicazione di questi miRNA in ambito clinico è tutt’oggi oggetto di studio da parte di molti ricercatori.
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Capitolo 4
Principali
patologie
neoplastiche
studiate, in relazione all’espressione
dei
4.1 Tumore al seno
Il carcinoma della mammella rappresenta circa il 30% di tutti i cancri nelle donne. L’utilizzo di un biomarcatore che potrebbe fornirmi una diagnosi precoce abbasserebbe senza dubbio il tasso di mortalità. Attualmente per lo screening del cancro al seno si utilizza la mammografia, ma il suo costo elevato e la sua ristretta disponibilità sono fattori limitanti. I risultati della mammografia possono essere confermati con i due biomarkers attualmente disponibili: il CEA (Carcino-Embryonic Antigen) con sensibilità 29-53 % e specificità 70-99 % e il CA-15-3 (Carcinoma Antigen-15-3) con sensibilità 54-90 % e specificità 86-90%. Tuttavia entrambi questi biomarkers presentano limitata sensibilità e specificità. Un’alternativa proposta è il miRNA-195 con una specificità del 91 % e una sensibilità dell’ 87,7 %. È interessante notare che elevati livelli ematici di miRNA-195 sono stati rilevati nella fase precoce del tumore.
I livelli di miRNA-195 sono in stretta correlazione con le dimensioni del tumore, infatti tendono a diminuire bruscamente in seguito all’asportazione chirurgica del tumore tornando a livelli fisiologici;
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per tanto può essere utilizzato anche per monitorare il paziente nella fase post-operatoria (Heneghan et al, 2010).
Nel tentativo di ricercare biomarcatori sempre più specifici, è stato fatto un esperimento in pazienti affetti di cancro al seno dividendoli in due gruppi : caucasici e afro-americani. Da questo studio è risultato che il miRNA-let-7c predice l’insorgenza della malattia negli afro-americani con una AUC di 0,99, mentre presenta una AUC di 0,78 nei soggetti caucasici. Nei gruppi caucasici il mi-RNA con maggiore potere predittivo
era il 589 con una AUC di 0,85. Poiché negli afro-americani viene riscontrata una maggiore incidenza di soggetti con cancro al seno, è auspicabile disporre di strumenti diagnostici che presentino una specificità maggiore per questa popolazione. Tuttavia questo studio è stato condotto solamente su 20 pazienti, quindi per ora è solo una dato preliminare e dovrà essere confermato da esperimenti effettuati su più larga scala (Zhao et al, 2010).
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Tabella 2. Nella tabella vengono riassunti i principali miRNA implicati nel cancro al seno, evidenziando le differenze di SE, SP e AUC in relazione al campione utilizzato (siero, plasma, sangue e PBMC) e alla condizione di salute dei pazienti.
Patologia Matrice miRNA Sensibilità Specificità AUC Popolazione
Cancro al seno (fasi iniziali) Plasma Let-7c; miR-589 (Caucasian American) miR-let7d; miR-425 (African American) n/a n/a 0.78; 0.85 0.99; 0.83 20 ESBC; 20 soggetti sani Cancro al seno (fasi iniziali e follow up)
Sangue miR-195 87.7 91 0.937 83 con il cancro al seno; 63 controlli (soggetti di pari età sani) Cancro al seno Siero miR-16 + miR-25 + miR-222 + miR324-3p 92.1 93.4 0.928 76 tumore al seno; 76 controlli Cancro al seno
Siero miR-214 n/a n/a 0.883; 0.878 102 stadi iniziali BC; 34 BC postoperatorio; 32 benigno BC ; 53 donne sane mai state affette da cancro Cancro al seno ( stadio avanzato) miR-21 67; 70 75; 86 0.721; 0.833 79 Bc diverse fasi (I, II e III), 23 Bc Stadio IV e 20 donne sane
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4.2 Carcinoma renale e delle vie urinarie
Nel caso del carcinoma renale (RCC) dobbiamo segnalare la mancanza di biomarcatori nel sangue per una diagnosi precoce in caso di recidiva. Uno studio portato avanti da Redova e suoi collaboratori (Redova et al, 2012) su 90 casi di RCC, e 35 controlli sani ha permesso di identificare il miRNA-378 e il miRNA-451 come potenziali marcatori post-operatori per la diagnosi di recidive. È interessante notare che, mentre il miRNA-451 diminuisce di 5 volte rispetto ai suoi livelli fisiologici, i livelli sierici del miRNA-478 aumentano di quasi 40 volte nei pazienti con carcinoma renale. Dalla combinazione di questi due miRNA si ottiene una sensibilità dell’81% e una specificità dell’83%.
Un altro potenziale biomarcatore del carcinoma renale potrebbe essere il miRNA-1233, anche se presenta una specificità del 37,6% e una sensibilità del 77,4% (Hanke et al, 2010).
Sebbene il potere analitico del miRNA-1233 non sia impressionante bisogna precisare che tale studio era basato sulla diagnostica iniziale del RCC e non su una possibile ricaduta.
Nel contesto delle malattie delle vie urinarie e renali, è stato sviluppata una strategia per estrarre i miRNA-126 e miRNA-125 da campioni di urina. Pazienti con carcinoma alla vescica presentano livelli 5 volte più elevati di questi miRNA rispetto a soggetti sani o a quelli con infezioni alle vie urinarie. Questa strategia di estrazione ed analisi dei miRNAs nelle urine ha permesso di giungere a livelli
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di sensibilità del 72% e di specificità dell’82%, permettendo di discriminare i pazienti con carcinoma.
I miRNA urinari possono essere utilizzati anche in contesti non oncologici, per esempio in caso di rigetto in seguito ad un trapianto di rene. Infatti è stato dimostrato che il miRNA-204 diminuisce di circa 300 volte in pazienti con fibrosi interstiziale (IF) e anche in pazienti con atrofia tubolare (TA), condizioni queste che possono portare al rigetto del rene. Allo stesso modo il miRNA-142-5p aumenta nelle urine di pazienti con IF o TA ed è stato anche rilevato che nelle biopsie renali può predire il rigetto del trapianto con una sensibilità e una specificità rispettivamente del 100% e del 95% (Anglicheau et al, 2009; Scian et al, 2011).
Figura 8. L’immagine ci mostra in che modo può evolversi un carcinoma renale se non diagnosticato in tempo. In casi come questo potrebbe risultare di vitale importanza l’utilizzo di biomarcatori come i miRNAs che ci permettano di diagnosticare la patologia in tempo.
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Patologia Matrice miRNA Sensibilità Specificità AUC Popolazione
Carcinoma renale ( recidiva) Siero miR-378 + miR-451 81 83 0.86 90 RCC; 35 soggetti sani Carcinoma renale Siero miR-1233 77.4 37.6 0.588 84 RCC; 93 soggetti sani Cancro alla vescica Urina miR- 183/152; miR- 126/miR-152 55; n/a 82; n/a 0.799; 0.768 11 donatori sani, 7 infezioni del tratto urinario, 11 G1 BCa, 18 G2 o G3 BCa Cancro alla prostata avanzato
Siero miR-141 60 100 0.907 25 pazienti con carcinoma della prostata metastatico, 25 donatori sani Cancro alla prostata Siero miR-26a + miR-32 + miR-195 + miR-let7i; miR-26a 78.4; 89 66.7; 56 0.758; 0.703 37 PCA; 18 BPH Cancro ovarico Sangue miR-342-3p
n/a n/a 0.860 24 OC; 15
soggetti sani
Tabella 3. Nella tabella vengono riassunti i principali miRNA implicati nelle neoplasie delle vie urinarie, evidenziando le differenze di SE, SP e AUC in relazione al campione utilizzato (siero, plasma, sangue e PBMC) e alla condizione di salute dei pazienti (De guire et al, 2013).
4.3 Cancro al fegato
La diagnosi di una specifica patologia epatica risulta complicata a causa della presenza di diverse patologie con sintomatologie simili. I principali marcatori attualmente utilizzati nei nostri laboratori diagnostici sono l’alaninaaminotransferasi (ALT), l’aspartatoaminotransferasi (AST) e l’alfa-fetoproteina (Bruix et al, 2005). Sfortunatamente questi marcatori non sono sufficientemente sensibili per essere usati come strumenti diagnostici di prima scelta e non sono così specifici da permettere di differenziare le varie patologie epatiche (Aravalli et al, 2013). Per quanto riguarda i miRNAs, sono stati evidenziati il miRNA-122 e il
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miRNA-885-5p, in particolare quest’ultimo con una sensibilità del 90,5% e una specificità del 79% per il riconoscimento di una patologia epatica generica, ma entrambi non sono in grado di discriminare diverse malattie epatiche con sintomatologie simili. Il principale marcatore nel sangue attualmente utilizzato per la diagnosi e il monitoraggio del carcinoma epatocellulare è l’alfa-fetoproteina anche se presenta una bassa specificità. Per tanto sono stati studiati profili di alcuni miRNA per cercare di evidenziare marcatori in grado di discriminare con una maggiore accuratezza alcune delle varie patologie epatiche. Per esempio combinando il miRNA-375, il miRNA-10a e il miRNA-223 si è riusciti a discriminare soggetti sani da quelli infettati dal virus dell’epatite B con una sensibilità del 99,3% e una specificità del 98,8%. Poiché gli individui asintomatici con infezione di HBV presentano un profilo simile ai soggetti sintomatici, questi miRNA potrebbe servire nella fase iniziale della patologia, quando quest’ultima non si è ancora manifestata. Inoltre, il miRNA-10a e il miRNA-125b possono discriminare pazienti con HBV da pazienti con carcinoma epatocellulare con sensibilità e specificità del 98,5% (Li et al, 2010).
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Patologia Matrice miRNA Sensibilità Specificità AUC Popolazione
Carcinoma epatocellulare (+ HBV) Siero miR-23b + miR-423 + miR-375 + miR-23a + miR342-3p; miR-10a + miR-125b 96.9; 98.5 99.4; 98.5 0.999; 0.992 30 soggetti sani, 30 HBV + HCC; HBV vs HBV + HCC Carcinoma epatocellulare Siero miR-15b + miR-130b 98.2 91.5 0.98 57 HCC, 59 soggetti sani Carcinoma epatocellulare Plasma miR-122 + miR-192 + miR-21 + miR-223 + miR-26a + miR-27a + miR-801 83.2 93.9 0.941 196 HCC, 66 soggetti sani Carcinoma epatocellulare Siero miR-21; miR-223; miR-122 84; 70.7; 73.5 69.1; 76.5; 73.5 0.87; 0.86; 0.79 101 HCC, 89 soggetti sani Carcinoma epatocellulare (HBV) Siero miR-122 81.6 83.3 0.869 48 HBV + HCC, 24 soggetti sani
Tabella 4. Nella tabella vengono riassunti i principali miRNA implicati nel cancro al fegato, evidenziando le differenze di SE, SP e AUC in relazione al campione utilizzato (siero, plasma, sangue e PBMC) e alla condizione di salute dei pazienti.
Figura 9. Nell’ immagine è possibile distinguere la parte sana del fegato che presenta la classica colorazione brunastra da quella cancerosa di colore giallognolo.
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4.4 Neoplasie gastro-esofagee
Rispetto ad altri tipi di tumore, la prevalenza dei tumori gastro-esofageo è costantemente aumentata nel corso degli ultimi decenni (Parkin, 2001). Per evidenziare una correlazione tra la carcinogenesi esofagea e i miRNA è stata utilizzata una strategia analitica che consisteva nell’analizzare dei campioni di siero da 86 pazienti con carcinoma esofageo non metastatico, a cellule squamose, da 55 pazienti con ESCC (Carcinoma esofageo a cellule squamose) metastatico, e da 40 controlli. Dei 7 miRNA che sono stati evidenziati, il miRNA-22 ha avuto il più alto potere predittivo con una sensibilità dell’88,6% e una specificità dell’86% ed una AUC di 0,949, in particolare un aumento significativo di questo miRNA è stato osservato nelle fasi 1 e 2 della patologia, il che ne suggerisce un uso prevalentemente diagnostico. Poiché l’antigene carcino-embrionale (il marcatore attualmente utilizzato) ha una scarsa sensibilità che si aggira intorno al 13%, una combinazione tra questi 2 marcatori potrebbe portare ad un miglioramento della sensibilità. Inoltre lo stesso gruppo di ricercatori ha evidenziato un incremento dei livelli di miRNA-31 nei tessuti e nel siero dei pazienti ESCC già nella fase 1 della malattia con sensibilità 86,7% e specificità 84,3%. Vale la pena ricordare che un aumento dei miRNA-31 è stato riportato anche nel plasma e nella saliva dei pazienti con carcinoma orale a cellule squamose (Liu et al, 2010).
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Altri miRNA che sembrano essere coinvolti nelle neoplasie del cavo orale sono miRNA-21, miRNA-375, miRNA-1322.
4.5 Neoplasie del tratto gastro-intestinale
I marcatori attualmente utilizzati per le neoplasie del tratto gastrointestinale come CEA e CA19-9 presentano limitata sensibilità e specificità, e anche in questo caso si potrebbero utilizzare alcuni miRNA con una maggiore sensibilità e specificità in alternativa ai biomarcatori attuali. Sicuramente i gruppi di miRNA più studiati per le patologie neoplastiche del tratto gastrointestinale sono : il cluster 17-92 noto anche come oncomir-1 (miRNA-17, 18, 19a, 20a e 92), e il suo analogo cluster 106-363. Il cluster di miRNA-17-92 è generalmente associato con il cancro del colon retto (CRC). Un gruppo di studiosi (Ng et al, 2009) ha esaminato i profili dei miRNA nei campioni di plasma di 90 pazienti con CRC, 20 con cancro gastrico, 20 con malattia infiammatoria intestinale e 50 soggetti sani. È importante sottolineare che un aumento specifico del miRNA-92 è stato osservato in soggetti affetti da CRC già nella prima fase della malattia con una sensibilità dell’89% e una specificità del 90%; la specificità aumenta se al miRNA-92 viene associato il miRNA-29a, come ha dimostrato uno studio fatto su 120 pazienti con CRC e 59 sani (Huang et al, 2010). Con tale combinazione oltre la specificità aumenta anche la sensibilità e si possono diagnosticare alcuni adenomi in fase
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avanzata. Gli adenomi sono considerati delle forme benigne, ma spesso possono trasformarsi in adenocarcinomi. La diagnosi sulla base di questa combinazione di miRNA ha discriminato 37 pazienti con adenomi avanzati da 37 pazienti sani con una sensibilità del 73% e una specificità dell’80%, rafforzando così il loro uso per il rilevamento precoce del CRC.
Un’altra situazione che potrebbe essere migliorata in gastroenterologia è la diagnosi della malattia infiammatoria intestinale (IBD). Diciamo subito che la valutazione tramite endoscopia è spesso limitata da variabili che dipendono da soggetto a soggetto e da una possibile manifestazione irregolare della malattia. A tale proposito Zham e suoi collaboratori (Zham et al, 2011), sono stati in grado di caratterizzare 8 differenti miRNA espressi nella malattia di Crohn in una popolazione pediatrica. Tra questi 8, il miRNA-16 e il miRNA-484 presentavano rispettivamente una sensibilità del 74% e del 83% ed una specificità del 100% e del 83%. Questi miRNA potrebbero identificare singolarmente l’84% dei pazienti affetti dal morbo di Crohn a differenze degli attuali marcatori utilizzati CRP (76%) e ASCA (70%).