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Trattamento del carcinoma polmonare non a piccole cellule con farmaci anti EGFR: analisi di aderenza, efficacia e costi in real life.

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Tesi di Specializzazione in Farmacia Ospedaliera

TRATTAMENTO DEL CARCINOMA POLMONARE NON A PICCOLE

CELLULE CON FARMACI ANTI-EGFR: ANALISI DI ADERENZA,

EFFICACIA E COSTI IN REAL-LIFE

Relatori: Prof.ssa Maria Cristina Breschi Candidato: Dott.ssa Federica Zara

Dott. Alberto Costantini

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INDICE

Introduzione 1

Capitolo 1: Il carcinoma polmonare 2

1.1 Incidenza e prognosi 2 1.2 Fattori di rischio 2 1.3 Istopatologia 3 1.4 Tipizzazione 4 1.5 Stadiazione 5 Capitolo 2: Terapia 7

2.1 Trattamento del carcinoma polmonare non a piccole cellule 7

2.2 Mutazione EGFR e approccio terapeutico 8

2.3 Il recettore EGFR 9 2.4 Farmaci EGFR-TKI 12 2.4.1 Iressa 13 2.4.2 Tarceva 14 2.4.3 Giotrif 15 2.4.4 Confronto in termini di efficacia e sicurezza 16

2.5 Registri AIFA 16

Capitolo 3: Aderenza al trattamento 18

3.1 L'aderenza al trattamento con farmaci oncologici 18

3.2 Metodi utilizzati per il calcolo dell'aderenza 19

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Capitolo 4: Analisi sperimentale 25 4.1 Materiali e metodi 25 4.2 Risultati 28 4.3Discussione 31 Conclusioni 33 Bibliografia 34

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Introduzione

Negli ultimi decenni in campo oncologico si sta assistendo sempre più ad una maggiore disponibilità di farmaci orali. Questo progressivo incremento richiede importanti cambiamenti nella pratica clinica quotidiana e nella consapevolezza degli operatori sanitari: il paziente diventa responsabile dell'assunzione del trattamento e questo può influenzare l'aderenza alla terapia compromettendone l'efficacia e provocando potenziale tossicità. Nel trattamento di prima linea del carcinoma polmonare a piccole cellule EGFR mutato è raccomandato l'utilizzo dei farmaci EGFR-TKI e l'obiettivo di questo lavoro di tesi è valutare l'aderenza , l'efficacia e i costi in real life di questa classe di farmaci.

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Capitolo 1. Il carcinoma polmonare 1.1 Incidenza e prognosi

Il tumore al polmone ad oggi rappresenta l’11% di tutte le nuove diagnosi di tumore nella popolazione generale e, in particolare, il 15% di queste nei maschi e il 6% nelle femmine. Attualmente un uomo su 10 e una donna su 38 possono sviluppare un tumore al polmone nel corso della vita e questa neoplasia rappresenta la prima causa di morte nei maschi ( 26% del totale delle morti) e la terza causa nelle donne dopo mammella e colon-retto (11% del totale delle morti). La prognosi di carcinoma polmonare dipende dallo stadio della malattia e dall'istotipo e la percentuale di sopravvivenza a 5 anni fra i malati di tumore al polmone è moderatamente aumentata tra i primi anni '90 e la fine del primo decennio del 2000, passando dal 10% al 14% nei maschi e dal 12% al 18% nelle donne (1).

1.2 Fattori di rischio

Il più rilevante fattore di rischio per l’insorgenza del carcinoma del polmone è senza dubbio il fumo di sigaretta: ad esso, infatti, è attribuibile l’85-90% di tutti i tumori polmonari. Come dimostrato da importanti studi epidemiologici, il rischio aumenta con il numero delle sigarette fumate e con la durata dell’abitudine al fumo. Il rischio relativo dei fumatori rispetto ai non fumatori è aumentato di circa 14 volte e aumenta ulteriormente fino a 20 volte nei forti fumatori (oltre le 20 sigarette al giorno). La sospensione del fumo di sigaretta, inoltre, anche dopo molti anni di fumo, produce nel tempo una forte riduzione del rischio. Il rischio appare aumentato anche nei soggetti esposti a fumo passivo (2). Smettere di fumare è considerato

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oggi il più importante obiettivo da raggiungere per ciò che riguarda la prevenzione primaria del carcinoma polmonare; è stimato inoltre che per annullare il rischio oncologico sono necessari 10-15 anni di cessazione dal fumo di sigaretta. Esposizioni ambientali o professionali a radon, absesto e metalli pesanti quali cromo, cadmio e arsenico producono un incremento del rischio. Ulteriori fattori di rischio sono rappresentati dai processi infiammatori cronici quali la tubercolosi (3).

1.3 Istopatologia

Il carcinoma polmonare, secondo le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, può essere classificato per fini terapeutici e prognostici in due grandi gruppi: carcinoma non a piccole cellule (NSCLC) e carcinoma a piccole cellule (SCLC). All'interno degli NSCLC si possono distinguere tre maggiori sottotipi istologici: carcinoma polmonare a cellule squamose o carcinoma squamoso o carcinoma epidermoide, adenocarcinoma polmonare e carcinoma polmonare a grandi cellule. Oltre l’80% di tutti i carcinomi polmonari è rappresentato dal carcinoma non a piccole cellule (NSCLC). L’adenocarcinoma è l’istotipo più frequente ed è quello che più frequentemente si riscontra nei non fumatori e nel sesso femminile. Circa il 15% di tutti i tumori polmonari appartiene all’istotipo a piccole cellule (SCLC) che presenta un comportamento biologico ed una storia naturale del tutto differenti dai tumori polmonari non a piccole cellule.

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1.4 Tipizzazione

La diagnosi di carcinoma può avvenire tramite:

1)Esame citologico dell’espettorato: è un metodo diagnostico non invasivo che consiste nella ricerca al microscopio di cellule con caratteristiche sospette nell'espettorato proveniente dai bronchi, opportunamente trattato e colorato. Attraverso specifici test, l'esame citologico dell'espettorato rende possibile anche la determinazione di geni alterati, con il vantaggio di poter rilevare eventuali carcinomi in modo precoce. Il test quando eseguito correttamente ha una specificità del 66%, più alta nelle lesioni centrali (71%) rispetto a quelle periferiche (49%). In ogni caso, la determinazione di cellule anormali deve essere seguita, per confermare il sospetto diagnostico, da esami specifici, quali la TAC e la broncoscopia.

2)Broncoscopia: rappresenta la metodica fondamentale nella diagnosi e stadiazione del carcinoma polmonare. Nelle lesioni centrali, bronscopicamente visibili, la sensibilità diagnostica varia dal 69 al 91%. La broncoscopia è necessaria anche per la stadiazione locale di lesioni polmonari e fornisce indicazioni utili per l’intervento chirurgico. Nelle lesioni periferiche , la sensibilità diagnostica della broncoscopia varia in relazione a diversi fattori quali la dimensione della lesione, i rapporti della stessa con l'albero bronchiale e il tipo di strumento di prelievo impiegato. In questo contesto l'ago aspirato transbronchiale in associazione alla biopsia offre la migliore resa diagnostica raggiungendo il 78% in lesioni che superano i 2 cm.

3) Agoaspirato transtoracico sotto guida ecografica o radiologica: in presenza di lesioni periferiche non diagnosticabili con broncoscopia e di quantità adeguata di materiale prelevato questa tecnica permette diagnosi di carcinoma polmonare in circa il 95% dei casi di tumore con diametro maggiore di 2 cm. Il fattore limitante di questa metodica è la valutazione

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dell'idoneità al prelievo in quanto può comportare alcune complicazioni quali emoftoe e pneumotorace (Tabella 1).

Tabella 1. Raccomandazioni Linee Guida AIOM-2016 nella fase diagnostica

1.5 Stadiazione

Una volta ottenuta la diagnosi di carcinoma polmonare non microcitoma, il passo successivo più importante è quello di differenziare una malattia localizzata al polmone (M0), da una malattia con metastasi a distanza (M1). L’esame necessario per escludere o meno la presenza di una malattia metastatica è la TC torace-addome superiore (valutazione toracica, surrenalica ed epatica). Seppure non standardizzato, l’utilizzo della PET è di grande aiuto nel completamento della stadiazione. Se gli esami di stadiazione escludono la presenza di lesioni metastatiche a distanza (M0), il passo successivo è la valutazione dello stato linfonodale mediastinico, che ci permette di differenziare gli “N0”, “N1” e “N2” nei quali una chirurgia è ancora possibile, dagli “N3” dove un approccio chirurgico è normalmente escluso. La

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malattia viene quindi classificata secondo la stadiazione TNM: tale sistema classificativo (Tabella 2 e 3) è routinariamente utilizzato nella pratica clinica ed è stato aggiornato nel 2009 con un importante lavoro dell'International Association for the Study of Lung Cancer (IASLC) (4-9).

Tabella 2. Classificazione TNM- Linee Guida AIOM 2016

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Capitolo 2: Terapia

2.1 Trattamento del carcinoma polmonare non a piccole cellule

L’approccio terapeutico del tumore polmonare non a piccole cellule (NSCLC) deve essere sempre discusso in ambito multidisciplinare, valutando per ogni stadio di malattia l’indicazione all’utilizzo della chirurgia, della chemioterapia e della radioterapia. L’obiettivo della strategia terapeutica multidisciplinare è quello di offrire al paziente la massima probabilità di ottenere una guarigione, un aumento della sopravvivenza ed il massimo beneficio in termini di qualità di vita. L’indicazione all’utilizzo della chemioterapia e della radioterapia deve essere valutata in ogni stadio della patologia: nella malattia operata in maniera apparentemente radicale (regime adiuvante), nella malattia apparentemente operabile (trattamento neo-adiuvante), nella malattia localmente avanzata non operabile e nella malattia metastatica. Nello stadio I e II della malattia l’approccio chirurgico è la terapia di prima scelta in quanto è in grado di mirare ad una guarigione completa o di migliorare significativamente la prognosi. Nello stadio IIIa , IIIb e IV che sono il più delle volte oncologicamente non operabili la chemio-radioterapia deve rappresentare lo standard terapeutico.

Ad oggi però, la valutazione del trattamento medico da proporre al paziente per la malattia metastatica non può prescindere dalle caratteristiche biologiche della malattia: si rende pertanto necessaria una stratificazione in rapporto allo stato EGFR e all'istologia.

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2.2 Mutazione EGFR e approccio terapeutico

Circa il 45% dei pazienti con NSCLC sono positivi per la mutazione EGFR. Le mutazioni farmaco sensibili più comuni sono le delezioni “in-frame” che eliminano i cinque aminoacidi “ELREA” (dalle iniziali degli amminoacidi) nell’esone 19 e la sostituzione L858R nell’esone 21 (10). Queste alterazioni, insieme, rappresentano l’85-90% di tutte le mutazioni EGFR nel NSCLC e si verificano in circa il 10% dei pazienti caucasici e oltre il 50% dei pazienti asiatici (11). Sono inoltre predittive per il beneficio al trattamento con farmaci che agiscono come inibitori della tirosin-chinasi a livello del recettore del fattore di crescita epidermoidale (EGFR-TKI) come erlotinib, gefitinib e afatinib ( Tabella 4).

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2.3 Il recettore EGFR

Il recettore per il fattore di crescita epidermico (Epidermal Growth Factor Receptor o EGFR/ ErbB1/ HER1) svolge un importante ruolo nella regolazione della proliferazione cellulare, della sopravvivenza e dell'invasività di vari tipi di tumori. Appartiene alla superfamiglia dei recettori di membrana per i fattori di crescita (ErB) e gli altri membri della famiglia sono ErbB2 ( HER2/neu), ErbB3 (HER3) e ErbB4 (HER4) (Figura 1) (12). EGFR/ErbB1 è classificato nell’ambito dei recettori con attività enzimatica intrinseca definiti come recettori tirosin chinasici (RTK). Il legame al recettore tirosin chinasico EGFR di specifici ligandi quali EGF (fattore di crescita epidermico) e TGF-α (fattore di crescita trasformante) determina la omo-eterodimerizzazione del recettore e la stimolazione della sua attività chinasica (13). EGFR/ErbB1 e' una glicoproteina transmembrana di 170 KD costituita da un sito di legame extracellulare, un dominio transmembrana idrofobico e un sito citoplasmatico che contiene una regione tirosin-chinasica (14). E' espressa in alcuni tessuti umani normali ed iperespressa in molti tessuti neoplastici come i carcinomi della testa e del collo, del polmone (NSCLC), della vescica, della mammella, dell’ovaio e nei glioblastomi.

In condizioni di riposo, tali recettori, si trovano in uno stato non fosforilato ed in forma monomerica. Il legame del ligando promuove l’accoppiamento del recettore con un'altra proteina recettoriale adiacente, in genere HER2, con formazione di un dimero; la dimerizzazione del recettore provoca l' autofosforilazione di specifici residui di tirosina C-terminale del dominio intracellulare. A sua volta, il recettore attivato fosforila alcune proteine citoplasmatiche (tra cui RAS), che scatenano una serie di reazioni a cascata lungo le vie di trasduzione del segnale che regolano i processi di differenziamento, crescita e proliferazione cellulare, invasione ed adesione cellulare, regolazione dell’apoptosi e dell’angiogenesi

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(Figura 2) (15-16). L’attivazione di HER1-EGFR, quindi, influenza tutta una serie di funzioni cellulari che sono essenziali alla regolazione della crescita delle cellule. Un’alterazione della regolazione dell’attività del recettore e quindi la rottura dell’equilibro tra processi di crescita e morte cellulare con sbilanciamento a favore dell’iperproliferazione cellulare può rappresentare quindi l’input allo sviluppo dei tumori (17). L’iperespressione di HER1/EGFR svolge un ruolo chiave nella crescita e progressione di molte neoplasie, inclusi i tumori polmonari (18). Nel tessuto polmonare normale sono presenti bassi livelli di espressione di HER1/EGFR che tra l’altro è limitata allo strato basale dell’epitelio bronchiale. L’espressione del recettore invece aumenta progressivamente durante l’evoluzione da lesioni metaplastiche a lesioni preneoplastiche e neoplastiche, pertanto l’aumento di espressione del recettore è un marker precoce di trasformazione maligna. HER1/EGFR risulta iperspresso in una percentuale variabile di pazienti con NSCLC (tra il 40 e l’80%) (19). L’iperespressione dell’EGFR si verifica nel 40-80% dei casi di NSCLC ed è riportata principalmente nelle cellule squamose (84%), seguite dalle grandi cellule (68%) e dall’adenocarcinoma (65%). L’approccio di trattare il NSCLC inibendo l’attivazione dell’EGFR si basa su meccanismi diversi dalla chemioterapia citotossica. Mentre i farmaci chemioterapici colpiscono la divisione cellulare in maniera indifferenziata, gli agenti specifici per l’EGFR agiscono selettivamente sulle cellule maligne grazie al ruolo limitato rivestito dall’EGFR nei tessuti normali non embrionali. Questi agenti pertanto hanno potenzialmente una tossicità ridotta rispetto agli agenti citotossici non specifici (20).

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Figura 1. Famiglia degli ErbB e Ligandi

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2.2 Farmaci anti-EGFR

Gli inibitori della fosforilazione del recettore tirosin-chinasico (TKI) sono farmaci costituiti da piccole molecole che bloccano l’attività dell’EGFR interferendo con il sito di legame dell’adenosina trifosfato nella regione intracellulare del recettore (Figura3) (20). Sono stati sviluppati diversi TKI che differiscono tra loro nella potenza, specificita', reversibilità dell'azione e biodisponibilità.

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2.2.1 Gefitinib (Iressa)

E' stato il primo farmaco della classe EGFR-TKI approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) nel maggio 2003 e successivamente dall' Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) nel giugno del 2009, per il trattamento di pazienti adulti con carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) localmente avanzato o metastatico con mutazione attivante l’EGFR. L'autorizzazione all'immisione in commercio si è basata sui risultati dello studio clinico IPASS, uno studio randomizzato di fase III, condotto in Asia in pazienti con NSCLC avanzato (stadio IIIB o IV) con istologia di adenocarcinoma, ex fumatori lievi (non più fumatori da ≥15 anni e fumatori di ≤ 10 pacchetti/anno) o che non avevano mai fumato. Gefitinib ha dimostrato superiorità per quanto riguarda i parametri PFS (Progression Free survival), ORR (tasso di risposta obiettivo), QoL (Quality of life) e sollievo dai sintomi, con nessuna differenza significativa nella sopravvivenza globale rispetto al carboplatino/paclitaxel in pazienti precedentemente non trattati.

La posologia raccomandata di IRESSA è di una compressa da 250 mg una volta al giorno, l’assorbimento è moderatamente lento e il picco di concentrazione plasmatica si ottiene da 3 a 7 ore dopo la somministrazione. La biodisponibilità assoluta media è del 59% nei pazienti affetti da cancro e l'esposizione a gefitinib non risulta alterata in modo significativo dal cibo. Le reazioni avverse da farmaci (ADR) più frequentemente riportate, verificatesi in più del 20% dei pazienti, sono diarrea e reazioni cutanee (rash, acne, pelle secca e prurito). Le ADR si verificano di solito entro il primo mese di terapia e sono generalmente reversibili. Circa l' 8% dei pazienti ha riportato una reazione avversa grave di grado 3 o 4 e circa il 3 % dei pazienti ha interrotto la terapia a causa di una ADR (21).

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2.2.2 Erlotinib (Tarceva)

Approvato rispettivamente dall' FDA nel novembre 2004 e nel settembre 2005 dall'EMA, Tarceva è indicato nel trattamento di prima, seconda e terza linea dei pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule localmente avanzato o metastatico con mutazioni attivanti l’EGFR. L’efficacia di Tarceva in pazienti in prima linea è stata dimostrata nello studio EURTAC, uno studio di fase III randomizzato, in aperto. Lo studio è stato condotto in pazienti caucasici con carcinoma metastatico o localmente avanzato (stadio IIIB e IV) che non avevano ricevuto precedentemente chemioterapia. I pazienti sono stati randomizzati per ricevere Tarceva 150 mg al giorno o fino a 4 cicli di una doppietta chemioterapica a base di platino. L'Erlotinib ha dimostrato superiorità rispetto al braccio trattato con platino in termini di PFS, OS e migliore risposta globale al trattamento.

La posologia raccomandata di Tarceva è 150 mg/die e i livelli di picco della concentrazione plasmatica si ottengono circa 4 ore dopo l’assunzione per via orale. Le principali ADR sono quelle sulla cornea (atrofia, ulcerazione), sulla cute (degenerazione follicolare, infiammazione, arrossamento e alopecia), sull’ovaio (atrofia), sul fegato (necrosi epatica), sul rene (necrosi papillare renale e dilatazione tubulare) e sul tratto gastrointestinale (ritardato svuotamento gastrico e diarrea). Si è verificata inoltre una riduzione dei parametri relativi ai globuli rossi, un aumento dei globuli bianchi soprattutto dei neutrofili e un aumento di ALT, AST e bilirubina (22).

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2.2.3 Afatinib (Giotrif)

Approvato nel giugno e settembre 2013, rispettivamente dall' FDA e dall'EMA, è stato commercializzato con il nome di Giotrif ed è il primo inibitore irreversibile EGFR-TKI utilizzato per il trattamento di pazienti adulti naïve agli EGFR-TKI con carcinoma polmonare non a piccole cellule localmente avanzato o metastatico con mutazione attivante l’EGFR. Nell'ambito del trattamento di prima linea, l'efficacia e la sicurezza di afatinib sono state valutate nello studio LUX-Lung 3, uno studio randomizzato, multicentrico, in aperto. I pazienti sono stati randomizzati a ricevere GIOTRIF 40 mg una volta al giorno o fino a 6 cicli di chemioterapia a base di pemetrexed e cisplatino. Tra i pazienti randomizzati, il 65% erano di sesso femminile, l'età mediana era 61 anni, il performance status al basale era 0 (39%) o 1 (61%), il 26% erano caucasici e il 72% erano asiatici. L'endpoint primario era la sopravvivenza libera da progressione (PFS); gli endpoint secondari comprendevano la sopravvivenza complessiva e il tasso di risposta obiettiva. Il Giotrif ha dimostrato superiorità rispetto al braccio trattato con platino in termini di PFS, OS e risposta complessiva al trattamento.

La posologia raccomanda di Giotrif è di 40 mg una volta al giorno e il picco di concentrazione plasmatica è stata osservato da 2 a 5 ore dopo la somministrazione orale. Il farmaco deve essere assunto senza cibo ovvero non deve essere assunto almeno nelle 3 ore precedenti e nell'ora successiva al pasto. Le ADR più frequenti sono state diarrea ed eventi avversi a livello cutaneo (rash cutaneo, acne) oltre a stomatite e paronichia (23).

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2.2.4 Confronto in termini di efficacia e sicurezza

Da una metanalisi pubblicata recentemente (24) che ha come obiettivo il confronto in termini di efficacia e sicurezza tra i tre EGFR-TKI emerge che gefitinib ha efficacia simile, ma un profilo di sicurezza generalmente più favorevole rispetto a erlotinib. Con gefitinib si osserva maggiormente disfunzione epatica di grado 3-4, ma si osservano più raramente riduzioni di dosaggio, interruzioni del trattamento ed eventi avversi mortali.

I dati di confronto tra afatinib verso gefitinib o erlotinib sono limitati. Non esiste alcuna prova concreta che afatinib abbia una maggiore efficacia, soprattutto in termini di OS, rispetto agli altri due farmaci nel trattamento di prima linea del NSCLC EGFR-mutato. Tuttavia, afatinib e' più efficace di erlotinib come trattamento di seconda linea in pazienti con carcinoma avanzato a cellule squamose. Il tasso di eventi avversi di grado 3 e 4 di afatinib è paragonabile a quello di erlotinib ma superiore a quello di gefitinib (25).

2.5 Registri AIFA

I Registri dei farmaci sottoposti a monitoraggio rappresentano uno strumento avanzato di governo dell’ appropriatezza prescrittiva e di controllo della spesa farmaceutica sviluppato dall’Agenzia Italiana del Farmaco a partire dal 2005. Generalmente i medicinali sono inseriti nei Registri immediatamente dopo la loro autorizzazione ed immissione in commercio, oppure dopo l’autorizzazione di una estensione delle sue indicazioni terapeutiche. Il secondo valore fondante dei Registri AIFA è dato dall’applicazione dei Managed Entry Agreements (MEAs) ossia degli accordi negoziali di natura economica tra l’AIFA e le Aziende farmaceutiche. Anche su questo versante, l’AIFA cerca di coniugare in modo efficiente

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all’interno del proprio percorso di Health Technology Assessment (HTA), la valutazione del rischio-beneficio di un medicinale con quella del costo-efficacia. I registri raccolgono dati importati relativi al trattamento: riduzione dosaggio, tossicità, ADR, dati di esito e di fine trattamento ed è proprio per questo che attualmente si stanno sempre più evolvendo come strumento di raccolta e utilizzo dati per studi epidemiologici e di outcome research. Giotrif, Iressa e Tarceva sono farmaci sottoposti a monitoraggio intensivo per il trattamento del carcinoma polmonare non a piccole cellule pertanto all'atto della distribuzione del farmaco il farmacista controlla che ci sia la relativa prescrizione fatta dal clinico sul portale AIFA ed effettua la relativa dispensazione. Quando un paziente interrompe la terapia è importante inoltre procedere alla compilazione della scheda relativa di fine trattamento in quanto una mancata chiusura non permette poi al farmacista di richiedere i relativi rimborsi alle Aziende Farmaceutiche.

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Capitolo 3: Aderenza al trattamento

3.1 L'aderenza al trattamento con farmaci oncologici

Storicamente, il farmaco oncologico orale ha giocato un ruolo minore rispetto alle terapie citotossiche parenterali. Tuttavia, negli ultimi due decenni, si è assistito ad una crescente disponibilità di farmaci orali, che da un lato hanno dimostrato di avere tassi di sopravvivenza e tempi di progressione di malattia equivalenti a quelli della somministrazione endovenosa e dall'altro hanno dimostrato d'impattare sul contesto organizzativo, riducendo il tempo di permanenza del paziente in ospedale con conseguente riduzione dei costi sociali (trasferimento domicilio/ospedale, tempo impiegato da eventuali accompagnatori) (26,27). I vantaggi evidenziati sono correlati ad una maggiore accettabilità della terapia da parte del paziente che acquista maggiore indipendenza e diventa responsabile dell'assunzione del trattamento. Questa modifica del setting assistenziale prospetta però anche nuovi rischi associati ad una possibile scarsa aderenza al trattamento da parte del paziente, con conseguente ridotta efficacia e potenziale tossicità dovuta all'assunzione di dosi errate o all'interazione con altri farmaci o alimenti (28,29).

Se i pazienti non prendono i farmaci, non saranno infatti in grado di beneficiarne. L'International Society for Pharmacoeconomics and Outcomes Research Medication (ISPOR) recentemente ha definito il termine “aderenza” come sinonimo di “compliance”. L'aderenza è la misura in cui il paziente in accordo con il medico assume il farmaco prescritto rispettando il tempo, il dosaggio e la frequenza. Tale termine implica che il paziente abbia un confronto attivo e una buona comunicazione con il personale sanitario, in modo tale da condividere la strategia terapeutica. Il gruppo IPSOR distingue l'aderenza dalla persistenza che è definita

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come il tempo intercorso fra l’inizio e la discontinuazione della terapia (30). L'aderenza e la persistenza ottimale si verificano quando il paziente segue esattamente il trattamento prescritto. Il paziente ha una buona aderenza se non salta l'assunzione del trattamento, non prende dosi aggiuntive e se nessuna dose viene presa nella quantità sbagliata o nel momento sbagliato. Un paziente ha persistenza ottimale se prende un farmaco finché è prescritto. Un aderenza troppo alta può essere un problema perchè se il paziente prende troppo farmaco viene compromessa la sicurezza. Attualmente in letteratura non viene data una definizione universale di "adeguata aderenza", generalmente s'identifica un range tra l'80% e il 95%, anche se ci sono dati limitati che supportano questo valore (31). La limitazione principale di misurare l'aderenza è il cosiddetto effetto di “Hawthorne”: la misurazione dell'aderenza va ad influenzare il suo stesso risultato in quanto la consapevolezza del paziente di essere monitorato può influenzare il suo comportamento (32). In numerosi lavori scientifici emerge comunque che l'aderenza alla terapia antitumorale è generalmente più alta rispetto ad altre malattie croniche probabilmente per la severità della malattia (33).

3.2 Metodi utilizzati per il calcolo dell'aderenza

Da molti anni ormai si stanno effettuando ricerche su come misurare e quantificare correttamente l'aderenza ai farmaci, in modo da ottenere parametri accettabili, accurati e appropiati per ogni situazione.

I metodi utilizzati in letteratura posso essere suddivisi in diretti ed indiretti. Nell'ambito dei metodi diretti abbiamo:

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Nella pratica clinica la valutazione di aderenza al trattamento viene effettuata in genere mediante l’intervista diretta del paziente, al quale viene chiesto quali farmaci assume effettivamente in un determinato periodo di tempo (34). Questa valutazione è fortemente soggettiva e largamente condizionata dalla qualità del rapporto medico-paziente, con una possibile sovrastima del 20-30% della reale assunzione di farmaci. In genere, una domanda diretta può non fornire valutazioni accurate, specie se la risposta prevista è chiusa. Al contrario, invece, i problemi di non aderenza si possono meglio identificare con l’impiego di questionari, somministrati direttamente, come la scala di Morisky (Tabella 5) (35). Ogni risposta positiva ha un punteggio di 0 ed ogni negativa di 1. I pazienti con punteggio di 0-2 sono considerati non aderenti; quelli con punteggio di 3-4 sono considerati aderenti.

La scala di Morisky per valutare l'aderenza alla terapia 1.Si è dimenticato di assumere i farmaci?

2.E' generalmente poco attento all'assunzione dei farmaci? 3.Quando si sente meglio, a volte interrompe la terapia? 4.Quando si sente peggio, a volte interrompe la terapia? Tabella 5. La scala di Morisky

2.Il “pill counting” :

Il conteggio delle pillole presenti nelle confezioni consegnate al paziente è un metodo obiettivo, ma lungo, faticoso e spesso inaccurato, che calcola l’aderenza come rapporto tra numero delle pillole prese e prescritte. Inoltre, chiedere al paziente di portare con sé le confezioni può apparire un metodo poco rispettoso della sua dignità.

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3. Misurazione dei livelli di principi attivi nei fluidi biologici

Sono le misure più obiettive di aderenza ma sono costose, invasive e non disponibili per tutti i farmaci. Hanno un valore limitato nell’aderenza parziale e possono sovrastimare l’aderenza ai farmaci a maggiore emivita.

4. I metodi elettronici

Di recente è stato introdotto un sistema di monitoraggio elettronico chiamato MEMS (medication events monitoring systems), che viene applicato alle confezioni consegnate al paziente: ogni volta che la confezione viene aperta ed il farmaco viene estratto il sistema registra l’orario e la data(36). Questo nuovo metodo può essere efficace nell’identificare i pazienti che mentono per fare di sé una buona impressione ai medici. È comunque considerato attualmente il “gold standard” per la verifica dell’aderenza al trattamento (37), ma è costoso e la sua utilità pratica è limitata in quanto non permette tempi di monitoraggio lunghi e il paziente deve essere istruito all'utilizzo del device.

I metodi indiretti comprendono invece l'analisi dei database amministrativi: attraverso l'utilizzo di questi database è possibile valutare l’aderenza complessiva ai trattamenti ricorrendo a registrazioni computerizzate ottenute dalle farmacie (38). Questi strumenti consentono la verifica del numero e della tipologia dei trattamenti effettivamente ritirati dai pazienti (cosa che dovrebbe riflettere la loro volontà di assumere la terapia), come pure delle eventuali interruzioni che intervengono in epoca successiva all’iniziale prescrizione.

Indipendentemente dal metodo di misura, l’aderenza alle terapie può essere espressa in diversi modi:

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- tasso medio di aderenza: espresso come una variabile continua, con range compreso tra lo 0% (interruzione della terapia) ed il 100% (assunzione completa e continua della terapia); - percentuale giorni di disponibilità del farmaco: ottenuta dal rapporto tra i giorni totali coperti dalla terapia (giorni in cui il paziente dispone del farmaco) rispetto al totale dei giorni in un dato periodo di tempo. In genere il paziente è considerato ”aderente al trattamento” se assume più dell’80% del farmaco prescritto, “parzialmente aderente” se assume dal 20 all'80% e “non aderente” se assume meno del 20%. Le soglie riportate sono tuttavia assolutamente arbitrarie e non sono state validate in alcun contesto specifico.

3.3 Le barriere dell'aderenza e gli interventi per migliorarla

Il primo studio sull'aderenza è stato pubblicato nel 1968 (39,40). Negli anni successivi sono stati pubblicati diversi articoli su questo argomento, allo scopo di sviluppare misure di aderenza, di comprendere meglio i fattori legati alla scarsa aderenza e di promuovere interventi per aumentare l'aderenza. Tuttavia, l'aderenza al trattamento dipende da molti fattori e non esiste alcuna spiegazione semplice della mancata aderenza (41).

Secondo l'Organizzazione Mondale della Sanità (OMS), i potenziali fattori determinanti possono essere raggruppati in cinque dimensioni:

-socio-economica: variabili socio-economiche e costo del trattamento;

-correlata al Sistema Sanitario: modalità di fornitura dell'assistenza sanitaria, interazione medico-paziente, visita di controllo, presenza di più medici;

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-correlata al paziente: punto di vista del paziente, mancata comprensione della malattia, livello di comprensione della malattia ;

-correlata alla terapia: complessità della terapia, effetti collaterali e durata.

Dagli studi effettuati è emerso che la non aderenza al trattamento aumenta in particolare nel paziente anziano, che spesso ha numerose comorbidità e assume un numero elevato di farmaci. Questa tipologia di paziente presenta infatti un rischio di sviluppare un evento avverso pari al doppio ripetto ai pazienti più giovani (42).

Esistono almeno sei fenotipi rappresentativi della mancata aderenza, che sottolineano le differenze comportamentali alla base del problema e degli ostacoli dal punto di vista del paziente (Tabella 6).

I sei fenotipi di non-compliance alla terapia farmacologica

1.Il paziente non è consapevole dell’importanza di seguire le prescrizioni farmacologiche per la sua salute e il suo benessere a lungo termine.

2. Il paziente è convinto che i benefici legati all’assunzione dei farmaci non siano superiori all’impegno richiesto per seguire la terapia.

3.La gestione della terapia farmacologica è troppo complessa per il paziente. 4.Il paziente non è sufficientemente vigile

5. Il paziente ha convinzioni personali sui farmaci errate, irrazionali o conflittuali. 6. Il paziente non è convinto dell’efficacia del farmaco

Tabella 6. I sei fenotipi di non-compliance alla terapia farmacologica I principali interventi effettuati al fine di migliorare l'aderenza includono:

-Interventi comportamentali: mirano a migliorare il comportamento individuale negli aspetti legati alla vita quotidiana. Gli interventi sono caratterizzate da tecniche

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cognitive-24

comportamentali e da terapie incentrate su emozioni, comportamenti e cognizioni disfunzionali con l'obiettivo di promuovere uno stile di vita sano e cambiamenti positivi nei confronti dei sintomi e del trattamento;

-Interventi educativi: il paziente viene educato nell'assunzione del farmaco e instaura un dialogo con il personale sanitario discutendo su informazioni riguardanti la malattia, sottoponendo eventuali dubbi o credenze su essi. Comprendono fogli informativi, audiovisivi, contatti telefonici;

-interventi integrati: sono interventi di cura basati su modelli organizzativi e sulla multidisciplinarità che mirano ad aumentare la qualità della cura e della vita e intensificano la soddisfazione e l'efficienza della sanità per pazienti con problemi di salute complessi; - Interventi di autogestione: la capacità dell'individuo, insieme alla famiglia, la comunità e gli operatori sanitari, a gestire i sintomi, i trattamenti, i cambiamenti nello stile di vita e le conseguenze psicosociali, culturali e spirituali della malattia. (43)

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25

Capitolo 4: Analisi sperimentale

4.1 Materiali e metodi

Lo studio retrospettivo osservazionale sull'analisi dell'aderenza ed efficacia dei farmaci EGFR-TKI utilizzati nel NSCLC è stato effettuato all'interno della Farmacia Ospedaliera e del reparto di Oncologia dell'Ospedale Spirito Santo di Pescara.

La conduzione dello studio non ha influenzato in nessun modo la normale pratica clinica, e come enunciato dalle “Linee Guida per la classificazione e conduzione degli studi Osservazionali sui farmaci” non ha richiesto l'approvazione del Comitato Etico e la sottomissione del consenso informato al paziente. (44)

Il lavoro è stato realizzato utilizzando un database creato all'interno della Farmacia Ospedaliera e impiegato giornalmente durante la dispensazione dei farmaci, che raccoglie tutte le infomazioni riguardanti il singolo paziente, rappresenta un promemoria per medico e farmacista e al tempo stesso permette di seguire l'intero percorso di cura del paziente. Nel database, chiamato “PharmaDD”, il farmacista registra i dati anagrafici del paziente, il farmaco utilizzato, l'indicazione terapeutica e il dosaggio. (Figura 4) (45)

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L'utilizzo di questo database garantisce il controllo di parametri importanti, detti parametri di farmaco-utilizzazione come:

-Defined Daily Dose (DDD) -Prescribed Daily Dose (PDD) -Received Daily Dose (RDD)

La DDD indica la dose definita giornaliera, l'unità di misura standard della prescrizione farmaceutica ed è definita come la dose di mantenimento media giornaliera del farmaco utilizzato per la sua indicazione principale in un paziente adulto.

La DDD non fornisce però parametri esatti di farmacoutilizzazione nella pratica clinica, in quanto la dose può variare notevolmente in base al peso del paziente, alla patologia o ad associazioni, e queste variabili non vengono considerate nella definizione di DDD.

Pertanto in questo studio hanno maggiore importanza indicatori di percorso come la RDD e la PDD rispetto ad indicatori di consumo come la DDD.

La PDD rappresenta la dose giornaliera prescritta dal medico e registrata dal farmacista nel database mentre la RDD rappresenta la dose giornaliera ricevuta effettivamente dal paziente, calcolata dividendo la dose ricevuta dal paziente per i giorni di trattamento, calcolati come differenza tra la prima e la seconda dispensazione:

RDD =

𝐷𝑂𝑆𝐸

𝑡1−𝑡0

L'aderenza al trattamento è calcolata come rapporto tra la RDD e la PDD, cioè tra la dose giornaliera effettivamente ricevuta dal paziente e la dose prescritta dal medico e può avere un valore compreso tra 0 e 1.

ADH=

𝑅𝐷𝐷

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Un valore di aderenza pari a zero indica che il farmaco non è stato assunto, un valore inferiore a 1 indica che il paziente assume una quantità inferiore di farmaco, mentre un valore più alto dell'unità indica che il paziente assume una quantità di farmaco maggiore della dose prescritta. Il valore ideale è uguale ad 1 e tale valore indica che la dose prescritta e la ricevuta coincidono. L'introduzione dei parametri di farmaco-utilizzazione permette di poter valutare il modo in cui il paziente esegue la terapia prescritta dal medico e favorire inoltre l'interazione tra medico e farmacista al fine di migliorare la qualità della cura fornita al paziente.

Durante lo studio effettuato è risultata fondamentale la collaborazione con il reparto di Oncologia: l'accesso alle cartelle cliniche ha permesso di verificare la posologia relativa ad ogni paziente inserito su PharmaDD e di correlare infomazioni riguardanti gli outcome dei pazienti.

Per la realizzazione del lavoro sono stati estrapolati i dati relativi a tutti i pazienti che hanno ritirato almeno due volte il farmaco presso la farmacia ospedaliera nel periodo Gennaio 2007- Giugno 2017. E' stato effettuato, su di essi, uno studio di aderenza alla terapia ed è stata inoltre calcolata una curva di OS relativa ai tre farmaci EGFR-TKI. La curva di persistenza è stata definita tramite l'utilizzo di tre test: il Log-Rank (Mantel-Cox) Test ,il Logrank Test for trend e il Gehan-Breslow-Wilcoxon Test. Il valore relativo all'aderenza è stato inoltre normalizzato andando a considerare le aderenze superiori all'unità come uno.

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4.2 Risultati

Sono stati analizzati in totale 94 pazienti in cura con farmaci EGFR-TKI per il carcinoma polmonare non a piccole cellule: tra questi 68 pazienti in trattamento con Erlotinib (Tarceva), 22 pazienti in trattamento con Gefitinib (Iressa) e 4 in trattamento con Afatinib (Giotrif). Dei pazienti in trattamento con Erlotinib l'80% (54) è rappresentato da pazienti di sesso maschile e il 20 % (14) da pazienti di sesso femminile, l'età mediana è 69 anni e la durata mediana del trattamento è 98 giorni (Tabella 7).

Dei pazienti in trattamento con Gefitinib il 62% (13) è rappresentato da pazienti di sesso femminile e il 38% (8) da pazienti di sesso mascile, l'età mediana è 70 anni e la durata mediana del trattamento è 448 giorni (Tabella 8).

Dei pazienti in trattamento con Afatinib il 100% (4) è rappresentato da pazienti di sesso femminile con un'età mediana di 67 anni e una durata mediana del trattamento di 247 giorni (Tabella 9).

PAZIENTI MEDIANA ETA' SESSO MEDIANA DURATA TRATTAMENTO MEDIA PONDERATA RDD MEDIA ADERENZA PONDERATA 68 69 (MIN 30; MAX 90) 54 M (80%) 14 F (20%) 98 GIORNI (MIN 16; MAX 1407) 0,12 0,77 ±0,32

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29 N° PAZIENTI ETA' MEDIANA SESSO DURATA MEDIANA TRATTAMENT O MEDIA PONDERATA RDD MEDIA ADERENZA PONDERATA 22 70 (MIN42; MAX 89) 8 M (38%) 13F(62%) 448 GIORNI (MIN:53; MAX:1222) 209,87 0,82 ± 0,31 Tabella 8. Pazienti in trattamento con Gefitinib (Iressa)

PAZIENTI MEDIANA ETA' SESSO MEDIANA DURATA TRATTAMENTO MEDIA PONDERATA RDD ADERENZA PONDERATA 4 67 ANNI (MIN 52; MAX 76) 0 M 4 F (100%) 247 GIORNI (MIN 153; MAX 516) 33,73 0,84 ±0,23 Tabella 9. Pazienti in trattamento con Afatinib (Giotrif)

La consultazione delle cartelle cliniche ci ha permesso di utilizzare i dati relativi ai pazienti per costruire una curva di sopravvivenza globale (OS - Overal Survival), ovvero una curva relativa al periodo di tempo che intercorre tra la data d'inizio trattamento e la data decesso. I tre test statistici utilizzati per costruire la curva evidenziano una differenza statisticamente significativa tra le curve (P value : 0.0042 ; 0.0012; 0.0203) (Figura 5).

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Figura 5. Curva di OS dei pazienti trattati con Gefitinib,Erlotinib e Afatinib.

E' stata condotta inoltre un analisi sul costo medio per RDD e sul costo annuo del trattamento con Tarceva, Iressa e Giotrif. (Tabella 10)

FARMACO COSTO PER RDD COSTO ANNUO

Tarceva 150 mg cp € 85,07 € 31.280,00

Iressa 250 mg cp € 91,95 € 33.561,75

Giotrif 40 mg cp € 53,14 € 19.396,10

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4.3 Discussione

Il paziente oncologico è un paziente complesso, la cui gestione presenta spesso importanti difficoltà. La complessità è data dalla patologia, che spesso ha una prognosi infausta e provoca disabilità, da eventuali comorbidità, dallo schema di trattamento e dalla frequente comparsa di eventi avversi. Il coordinamento delle figure professionali che intervengono nella processo di diagnosi, cura e assistenza al malato, sia in ambito ospedaliero che territoriale, è fondamentale ai fini del raggiungimento di livelli standard di qualità.

Le terapie orali, inoltre, con chemioterapici o farmaci biologici sono a tutti gli effetti trattamenti antitumorali con specifica tossicità e necessità di monitoraggio. Gefitinib, Erlotinib e Afatinib sono inseriti nei Registri Onco-AIFA e sono pertanto sottoposti a monitoraggio intensivo: il medico deve mensilmente effettuare una valutazione clinica del paziente, segnalare e gestire eventuali tossicità e effettuare le rivalutazioni per determinare lo stato di malattia.

La possibilità che si manifesti una scarsa aderenza da parte del paziente, è il principale rischio atteso. L'analisi dei dati di aderenza relativi ai tre EGFR TKI mostra un aderenza buona per i farmaci Gefitinib e Afatinib con valori rispettivamente di 0,82 (± 0,31) e 0,84 (±0,23), e un aderenza non ottimale per il farmaco Erlotinib con valore di 0,77 (±0,32). La differenza in termini di OS tra Gefitinib e Erlotinib è risultata statisticamente significativa evidenziando un miglior profilo del primo rispetto al secondo. In particolare ad un anno dall'inizio del trattamento la percentuale di decessi è rispettivamente del 55,27% per i pazienti trattati con Erlotinib contro il 21,53 % dei pazienti trattati con Gefitinib. Considerato che Afatinib presenta un profilo di sicurezza inferiore alle altre due molecole oggetto dello studio, è stato

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prescritto ad un numero di pazienti sensibilmente inferiore rispetto a Erlotinib e Gefitinib. Per questo motivo la curva di OS non può essere confrontata e discussa con gli altri due farmaci. A differenza di quanto riportato in letteratura (24,25), dove sono presenti solo trial clinici in questo studio in real life i profili dei due farmaci sono diversi. Tale dato può essere spiegato dal diverso grado di aderenza che il Gefitinib (0,82 ± 0,31) dimostra rispetto a Erlotinib (0,77±0,32 ). Dall'analisi condotta sul costo medio del trattamento emerge che l'Afatinib è il farmaco meno costoso; a tal proposito potrebbe essere utile condurre uno studio di farmacovigilanza che correlato ad uno studio di farmacoutilizzazione potrebbe chiarirne meglio il profilo di sicurezza.

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Conclusioni

Anche se su un numero limitato di pazienti e in uno studio monocentrico, tale analisi potrebbe rappresentare un utile spunto di riflessione sull'importanza di condurre studi multicentrici in real-life. Questo soprattutto per terapie orali dove la gestione della terapia è demandata al paziente e dove l'aderenza potrebbe giocare un ruolo fondamentale nel raggiungimento dell'efficacia del trattamento. Una corretta valutazione dell'outcome clinico non può infatti prescindere dalla valutazione dell'aderenza alla terapia in quanto la mancata efficacia di una terapia potrebbe essere attribuita erroneamente al farmaco quando invece la causa potrebbe essere una mancata assunzione della terapia da parte del paziente. In questa ottica di gestione multidisciplinare, il farmacista clinico attraverso la continua collaborazione con il dipartimento e la farmacia può facilitare l'accesso al farmaco per il paziente e rappresentare un'importante punto di riferimento per il medico che ha così un feedback sui trattamenti prescritti.

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Riferimenti

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