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Indagine sui cambiamenti della fauna ittica mediterranea attraverso l' utilizzo di metodiche partecipative: applicazione della "Local Ecological Knowledge" nel Mar Tirreno settentrionale

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Academic year: 2021

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Università degli Studi di Pisa

Dipartimento di Biologia

Corso di Laurea Magistrale in Conservazione ed Evoluzione

Indagine sui cambiamenti della fauna ittica mediterranea

attraverso l’utilizzo di metodiche partecipative: applicazione

della “Local Ecological Knowledge” nel litorale toscano

Relatori: Candidato:

Prof. A. CASTELLI G. BUSONI

Dr. E. AZZURRO

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Abstract

The aim of this study is to reconstruct some recent changes in the abundance and geographic distribution of fish species currently present along the Tuscan coast. This action responds to the need to evaluate some biotic responses to global warming, already highlighted in the increase of the thermophilic character of the Mediterranean biota. To date, several empirical evidences have provided signals of a rapid change in the Mediterranean species distribution. However, this information, which typically rely on sporadic record of observed organisms outside from their distribution range, is often dispersed in the scientific literature. The lack of information, motivated by pragmatic difficulties of monitoring species on the large spatial scale, is a limit to our understanding of current changes in the marine environment. For this reason, and in order to acquire additional information to traditional monitoring methods, in the present study an alternative approach called Local Ecological Knowledge (LEK) is used. The LEK can be defined as the knowledge that local communities have on local ecosystems, and provides a powerful participatory tool to investigate macroscopic changes in coastal marine environments. According to this approach, data and ecological information, are not collected directly by the researchers, but indirectly through the experience gained by some stakeholders, in particular professional and sportive fishermen and divers during their daily interaction with the marine environment. The method used in this study, which consists in the application of a semi-structured questionnaire, was originally developed by the “Mediterranean Science Commission (CIESM)” and it is now widely recognized by the international scientific community. The interviews realized for this study focused around two major questions: ‘Can you tell us what kind of fishes showed the greatest variation in

abundance in the last decades? Do you know species that have appeared or disappeared?’. Data

consisted of a total of 51 interviews conducted in the areas of Livorno and Viareggio, for a total of 253 perceptions over 60 different fish species taxa. Each interview provided information on species perceived by the respondent as in drastical decrease and / or increase. For all these taxa, historical information was collected by estimating the past trend of abundance through a six ranks scale. During the interviews it were also recorded single species sightings / species perceived as 'fluctuating' and / or ‘never seen before’ by the fishermen. The comparison between the data obtained from surveys conducted along the Tuscan coast (this study) with what observed along the Ligurian coast (Saponari, 2013) and in other national sectors (Azzurro et al., 2011) made it possible to evaluate the achieved results within the spectrum of changes taking place on a wider geographic scale. The data were statistically processed through univariate and multivariate analyses. Despite some significant differences between the different areas considered, the results confirmed the presence of rapid and consistent alterations of the Ligurian fish diversity that mirror the global

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poleward expansion of termophilic organisms in response to climate warming. According to the methodology used, the species that characterize this trend are the bluefish Pomatomus saltatrix, the Mediterranean barracuda Sphyraena viridensis and other species to thermophilic affinity that only recently have appeared and become abundant in the study area. The data collected from this study provide the information covering a period of more than three decades and that would not be accessible otherwise. Finally, in addition to providing data relevant for evaluation of changes taking place in marine environments, this study has allowed us to establish a dialogue with the world of fishing and recreational diving, stimulating a mutual learning process and trust between the world of research and users of ecosystem services. An element of fundamental importance in an ideal socio-ecological system.

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Riassunto

Lo scopo del presente studio è quello di ricostruire alcuni recenti cambiamenti nell’abbondanza e distribuzione geografica delle specie ittiche attualmente presenti lungo il litorale Toscano. Questo obiettivo risponde all’esigenza di valutare alcune risposte biotiche al riscaldamento globale, già evidenziate dall’ aumento del carattere termofilo della fauna e della flora del Mediterraneo, a discapito delle popolazioni di specie ad affinità boreale o temperata. Ad oggi alcune evidenze empiriche testimoniano un processo di rapido cambiamento nella distribuzione delle specie mediterranee. Tuttavia queste informazioni, che si basano perlopiù su record sporadici di organismi osservati al di fuori dal proprio range di distribuzione, sono spesso frammentarie e disperse nella letteratura scientifica. Questa mancanza di informazioni, motivata dalla difficoltà pragmatica di seguire processi che avvengono su grande scala spaziale nell’ambiente marino, rappresenta un limite alla comprensione dei cambiamenti in atto. Per questo motivo e al fine di acquisire informazioni complementari alle metodiche tradizionali di monitoraggio, nel presente studio viene utilizzato un approccio alternativo denominato conoscenza ecologica locale o “Local Ecological Knowledge (LEK)”. La LEK può essere definita come la conoscenza che le comunità locali hanno degli ecosistemi locali e fornisce un potente strumento partecipativo per indagare cambiamenti macroscopici negli ambienti marini costieri. Secondo quest’approccio dati e informazioni ecologiche non vengono raccolte direttamente dai ricercatori ma, indirettamente attraverso l’esperienza maturata da alcuni stakeholders (pescatori professionali, sportivi e subacquei) durante la loro quotidiana interazione con l’ambiente marino. La metodica utilizzata nel presente studio, che prevede l’applicazione di un questionario semi-strutturato, è stata sviluppata nell’ambito dei lavori della “Mediterranean Science Commission (CIESM)” ed è oggi ampiamente riconosciuta dalla comunità scientifica internazionale e mediterranea. Le interviste ruotano attorno alle domande principali: ‘Ci puoi dire quali tipi di pesci hanno mostrato drastiche variazioni nell’abbondanza

negli ultimi decenni? Conosci specie che sono apparse o scomparse?‘.

I dati raccolti dal presente lavoro si basano su un totale di 51 interviste realizzate nelle aree di Livorno e Viareggio, per un totale di 253 percezioni distribuite su 60 diversi taxa di specie ittiche. Ogni intervista ha fornito informazioni su specie considerate come in drastico decremento e/o come in aumento. Per tutti questi taxa sono state raccolte informazioni storiche ricostruendo i trend di abbondanza attraverso una scala basata su sei diversi gradi di abbondanza. Durante le interviste è stato, inoltre, tenuto conto di avvistamenti/catture di specie percepite come ‘fluttuanti’ e/o nuove dai pescatori. Il confronto tra i dati ottenuti dalle indagini condotte lungo la costa toscana (presente studio), ligure (Saponari, 2013) e in altri settori italiani (Azzurro et al., 2011) ha permesso di valutare i risultati ottenuti nell’ambito di cambiamenti più generali che avvengono su scala

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geografica più ampia. I dati sono stati trattati statisticamente attraverso analisi univariate e multivariate. Nonostante alcune differenze significative tra le diverse aree considerate, i risultati ottenuti confermano la presenza di modificazioni rapide e coerenti per la fauna ittica del Mar Ligure che rispecchiano il trend globale di poleward expansion osservato in molteplici ambienti e gruppi tassonomici del pianeta, in risposta al riscaldamento globale in atto. In accordo con la metodologia utilizzata, le specie che più caratterizzano questo trend sono il pesce serra Pomatomus saltatrix, il barracuda mediterraneo Sphyraena viridensis e altre specie ad affinità termofila che solo di recente sono apparse e divenute abbondanti nell’area di studio. I dati raccolti dal presente studio forniscono delle informazioni che coprono un periodo di oltre tre decadi e che non sarebbero state accessibili altrimenti. Infine, oltre a fornire dei dati utili alla valutazione di cambiamenti in atto negli ambienti marini, questo studio ha permesso di instaurare un dialogo con il mondo della pesca e della subacquea ricreativa, stimolando un processo di reciproco apprendimento e fiducia tra il mondo della ricerca e gli utilizzatori di servizi ecosistemici, elemento di fondamentale importanza in un ideale sistema socio-ecologico.

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Indice

1. Introduzione……….7

1.1. Cambiamento climatico e conseguenze sul biota marino……….7

1.2. Specie esotiche e segnali di cambiamento nella diversità marina mediterranea………10

1.2.1. Espansioni naturali attraverso lo Stretto di Gibilterra……….12

1.2.2. Migrazione lessepsiana………...13

1.2.3. Specie introdotte direttamente dall’uomo………...14

1.2.4. Specie native in espansione verso nord………..16

1.3. Difficoltà pragmatiche allo studio dei cambiamenti nella biodiversità marina………..17

1.4. Local Ecological Knowledge………..18

1.5. Obiettivi della tesi………...20

2. Materiali e metodi………..21

2.1. Il protocollo CIESM………....21

2.2. Area di studio………..22

2.2. Raccolta dei dati attraverso interviste semi-strutturate………...23

2.3. Privacy e trattamento dei dati personali………..25

2.4. Analisi statistica dei dati……….25

3. Risultati………..27

3.1. Caratteristiche della popolazione campionata………27

3.2. Informazioni sul biota ittico ottenute attraverso il LEK……….28

3.2.1. I taxa percepiti come in aumento, in decremento o fluttuanti nell’area di studio……….28

3.2.2. Record sporadici e specie non comuni nell’area di studio………..30

3.2.3. Trend di abbondanza specifici e Breakpoint Structural Analysis………...31

3.2.3.1. Trend di abbondanza delle principali specie percepite in incremento o in decremento……….31

3.2.3.2. Breakpoint Structural Analysis applicata ai trend di abbondanza di Pomatomus saltatrix e Sphyraena viridensis……….36

3.2.4. Confronto tra aree del Mar Ligure……….38

3.2.4.1. Confronto tra aree: specie percepite come in incremento………….38

3.2.4.2. Confronto tra aree: specie percepite come in decremento………….41

3.2.5. Confronto con altri settori dei mari italiani………44

3.2.5.1. Specie percepite come in incremento………44

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4. Discussione………...52

4.1. Specie percepite in incremento………..52

4.2. Specie percepite in drastico decremento………....54

4.3. Caso di Sparus aurata...55

4.4. Specie fluttuanti e record sporadici nelle aree di Viareggio e Livorno………..56

5. Conclusioni e prospettive future………58

6. Bibliografia………60

7. Ringraziamenti………...73

8. Appendici………..74

8.1. Appendice 1: Interview protocol ………...74

8.2. Appendice 2: Schede sulle principali specie segnalate nelle aree di Livorno e Viareggio………78

8.3. Appendice 3: Nomi dialettali delle specie segnalate nelle aree di Livorno e Viareggio………83

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1. Introduzione

 

1.1. Cambiamento climatico e conseguenze sul biota marino

Nel corso degli ultimi 100 anni, la temperatura media globale è aumentata di circa 0,6°C e si prevede che continui a crescere (Root et al., 2003). Considerando come punti di partenza l’epoca pre-industriale e il periodo compreso tra il 1980 e il 1999, nello studio di Rogelj et al. (2012), sono state effettuare una serie di stime per cercare di quantificare l’entità di questo aumento di temperatura nel prossimo futuro. Secondo questo studio, entro il 2300 si potrà assistere ad un aumento delle temperature di 10°C (massimo valore medio stimato)-14°C (massimo valore stimato) rispetto a quelle registrate in epoca pre-industriale (Fig.1.1.1. A); un’analisi approfondita dell’intervallo 2090-2099, ha inoltre permesso di stimare un aumento di temperatura di circa 5°C(massimo valore medio stimato) entro il 2100 (Fig. 1.1.1 B).

Fig. 1.1.1. Stime dell’incremento di tempertatura fino al 2300 secondo il “Representative concentration pathways (RCPs)” (A). Range dell’aumento di tempratura stimato per l’intervallo di tempo: 2090-2099 secondo lo “Special Report on Emissions Scenarios (SRES)” e “RCPs” rispettivamente (B). I risultati sono rispettivamente relativi all’intervallo 1980–1999 (Y sinistra) e all’epoca pre-industriale (Y destra). Fonte: Rogelj et al. (2012).

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Questo fenomeno indotto, denominato generalmente ‘Riscaldamento Globale’, ha un impatto sempre più evidente su sistemi ecologici, sociali ed economici, con conseguenti ripercussioni su ecosistemi e popolazioni animali e vegetali (Parmesan & Yohe, 2003; Root et al., 2003; Lejeusne et

al., 2010). Per quanto riguarda in particolare il biota marino, come effetto del riscaldamento degli

oceani, sono stati osservati cambiamenti nella distribuzione, abbondanza (Perry et al., 2005; Dulvy

et al., 2008; Simpson et al., 2011), fenologia (Edwards & Richardson, 2004) e taglia (Cheung et al.,

2013a) con conseguente alterazione: della struttura delle comunità (Dulvy et al., 2008; Simpson et

al., 2011), delle interazioni trofiche (Harley, 2011) e dell’attività di pesca (Sumalia et al., 2011;

Cheung et al., 2013b). I modelli climatici (Parry, 2000) hanno predetto che uno dei bacini maggiormente influenzati da questo trend di temperatura sarà il Mar Mediterraneo, bacino considerato un ‘hot spot’ di biodiversità (Bianchi & Morri, 2000; Myers et al., 2000). Il Mediterraneo è in bacino semichiuso che comunica ad ovest con l’Oceano Atlantico (attraverso lo Stretto di Gibilterra) ed ad est con gli altri bacini adiacenti come il sistema sarmatico e il Mar Rosso/Oceano Indiano (attraverso il Canale di Suez) (Busoni, 2013). Studi oceanografici dimostrano che presenta masse d’acqua ben identificabili in ciascun sottobacino (e a profondità diversa) (Lejeusne et al., 2010). Questo bacino presenta una storia geologica travagliata, comprendente la sua profonda modificazione conformazionale nel tempo e scambi di masse d’acqua (e quindi di organismi ad affinità temperata/(sub)tropicale) con i bacini vicini (Lejeusne et

al., 2010). Grazie all’influenza crescente dell’uomo (o antropica), in termini di urbanizzazione e

crescita di popolazione, nel Mediterraneo si sta assistendo ad una serie di fenomeni (inquinamento, sovrapesca, distruzione di habitat, introduzione di specie) che stanno portando all’inevitabile modificazione del bilancio naturale del suo ecosistema e a un’estesa alterazione della biodiversità (Benoit & Comeau, 2005). L’interazione sinergica del cambiamento climatico in atto con le altre fonti di disturbo (appena descritte), fanno si che il Mar Mediterraneo possa essere già considerato uno dei bacini maggiormente impattati al mondo, rendendolo quindi un modello utile per comprendere le modificazioni in atto su scala globale (Lejeusne et al., 2010). Per questo motivo, alcuni autori lo definiscono un ‘oceano in miniatura’ (Béthoux & Gentili, 1999). Una delle caratteristiche distintive principali del Mar Mediterraneo riguarda il profilo termico, la temperatura infatti anche alle massime profondità non scende al di sotto di circa 13°C (Cognetti et al., 2004; Lejeusne et al., 2010; Danovaro, 2013). Tali valori di temperatura derivano dal fatto che la sella dello Stretto di Gibilterra, poco profonda (situata a circa 300 m di profondità), impedisce l’entrata di acque fredde più profonde e permette l’ingresso dall’Atlantico solo delle acque superficiali che hanno temperature più elevate (Miller et al., 1970; Cognetti et al., 2004; Danovaro, 2013). Il trend in aumento delle temperature in questo bacino, accompagnato da una modificazione della sua

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circolazione, risulta evidente a partire dagli anni 80 (Bianchi, 1997; CIESM, 2008). Questo riscaldamento produce complessi effetti su larga scala geografica (Moron, 2003; Rixen et al., 2005) che possono variare nei diversi settori geografici (Lejeusne et al., 2010). La maggior parte degli studi relativi a questo fenomeno, sono stati effettuati nel Mediterraneo nord-occidentale. In accordo con alcune serie storiche registrate lungo le coste catalane, la temperatura del mare nel periodo 1974-2005 è aumentata di un valore massimo di 1,4°C (Vargas-Yanwz et al., 2008; Coma et al., 2009; Calvo et al., 2011) con un aumento delle temperature percepiblie dalla superficie fino a 80 m di profondità. Altri dataset relativi allo stesso periodo evidenziano un aumento di +0,8-1°C negli ultimi 30 anni (Prieur, 2002; Rixen et al., 2005; UNEP, 2008). Grazie all’utilizzo di misurazioni della temperatura superficiale tramite satellite è stato registrato un aumento di circa 0.038°C all’anno nel periodo 1985-2006 nel Mediterraneo occidentale (Nykjaer, 2009). Dati satellitari rilevano aumenti di temperatura in molte altre sub-aree del Mediterraneo come il Mar Egeo (Theocharis, 2008). Il medesimo trend è stato riportato dal progetto europeo MEDSEA (“Mediterranean Sea Acidification in a changing climate”) in relazione all’intero bacino (Coco, 2014). Il biota marino mediterraneo è stato storicamente suddiviso in 3 province biogeografiche (occidentale, orientale ed adriatica), in ciascuna delle quali era possibile individuare la presenza di specie ad affinità (sub)tropicale nelle porzioni a sud e di specie temperate in quelle a nord (Fredj, 1972; Lejeusne et al., 2010). Oggi, in seguito all’aumento delle temperature, questa suddivisione risulta particolarmente indebolita da un generale cambiamento della distribuzione geografica di specie animali e vegetali, osservata sin dagli anni 80 (Francour et al., 1994). Una delle modificazioni più evidenti è rappresentata dalla tendenza di specie native o “indigenous species (IS)” ad affinità calda, tipiche delle regioni meridionali del bacino, ad espandere il proprio range di distribuzione verso le regioni nord-occidentali. Questo fenomeno, spesso indicato con il termine ‘meridionalizzazione’ risulta apparente sin dagli anni 90 (Bianchi & Morri, 1994; Francour et al., 1994; Astraldi et al., 1995; Bianchi, 1997; Vacchi, 1999) e maggiormente osservato nelle aree del Mediterraneo nord-occidentale. In queste aree, si sono insediate, o sono state osservate specie precedentemente ristrette alle zone più calde del bacino, ovvero ai settori meridionali e orientali (UNEP, 2008; Lejeusne et al., 2010). Nel 2008, sono state annoverate più di 30 specie ittiche autoctone osservate a nord rispetto alla loro distribuzione geografica originale (CIESM, 2008). Un secondo fenomeno, strettamente relazionato con quello della ‘meridionalizzazione’, riguarda l’aumento del successo di specie tropicali esotiche o “non-indigenous species (NIS)” nel Mar Mediterraneo. Questo fenomeno, indicato spesso con il nome di ‘tropicalizzazione’ riguarda particolarmente specie tropicali provenienti dal Mar Rosso ed entrate in Mediterraneo attraverso il Canale di Suez. La tropicalizzazione del Mediterraneo rappresenta un’ulteriore testimonianza dei

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cambiamenti in atto e dell’influenza del riscaldamento globale (Bianchi, 2007). L’espansione di questi NIS verso occidente, accompagnata da quella verso nord di IS ad affinità tropicale, potrebbe essere in un prossimo futuro causa di: omogeneizzazione biotica, riduzione della diversità genetica, perdita della funzionalità (in termine anche di processi in atto) dell’ecosistema, alterazione della struttura dell’habitat, diminuzione e conseguente rischio di estinzione locale di specie native (CIESM, 2008; Azzurro et al., 2011). Anche se, almeno fino al 2008 non sono state registrate estinzioni di IS (CIESM, 2008), quest’ultima eventualità appare molto probabile in relazione anche al fatto che circa l'85% degli stock sono attualmente sovrasfruttati rispetto ad un punto di riferimento di rendimento massimo sostenibile (MSY), il tasso di sfruttamento è in costante aumento, la selettività (sfruttamento proporzionale di novellame) si è deteriorata e gli stock si sono ridotti (Damalas et al., 2015).

1.2. Specie esotiche e segnali di cambiamento nella diversità marina mediterranea

Il Mar Mediterraneo viene considerato uno dei bacini più invasi al mondo dall’introduzione di specie esotiche (Fig. 1.2.1). Nel 2013 è stata registrata la presenza di circa 700 NIS multicellulari in questo bacino, rappresentati soprattutto da: molluschi (31%), crostacei (18%) e pesci ossei (16%) (Galil et al., 2013). Queste nuove specie possono essere causa di impatti negativi sulla biodiversità e rappresentare quindi una fonte di disturbo della struttura/funzione delle comunità presenti (Streftaris & Zenetos, 2006; Hiddink & Hofstede, 2008; Galil et al., 2013). Una delle conseguenze dell’arrivo di questi NIS è stata ad esempio, la tendenza alla sostituzione nell’ecosistema marino di molti IS (soprattutto di importanza commerciale) con queste nuove specie; la maggior parte di questi casi sono stati comunque registrati nelle regioni più orientali del bacino (Goren & Galil, 2005). Altri importanti cambiamenti sono dovuti a specie native che stanno espandendo la loro distribuzione geografica, tema che approfondiremo nei seguenti capitoli.

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Fig. 1.2.1. Alcuni principali patwhays di cambiamento della diversità ittica mediterranea: A) espansioni naturali attraverso lo Stretto di Gibilterra (es. Cephalopholis taeniops, Chloroscombrus

chrysurus, Seriola fasciata), B) migrazione lessepsiana attraverso il Canale di Suez (es. Siganus luridus, Fistularia commersonii, Stephanolepis diaspros), C) rilascio da acquari o introduzione

tramite trasporto navale (es. Pagrus major, Zebrasoma flavescens, Acanthurus coeruleus), D) specie native di questo bacino in espansione verso nord (es. Sphyraena viridensis, Pomatomus saltatrix, Caranx crysos).

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1.2.1. Espansioni naturali attraverso lo Stretto di Gibilterra

L’inizio del flusso di specie prevalentemente ad affinità (sub)tropicale dall’Oceano Atlantico, attraverso lo Stretto di Gibilterra, è nell’ordine dei 10000 anni (dall’inizio dell’ultima fase interglaciale del Quaternario) (Bianchi et al., 2002). Questo processo è stato per definizione escluso dal denomino delle introduzioni biologiche essendo conseguenza dell’espansione naturale dell’areale di distribuzione di queste specie (Bianchi, 2007). Una specie non-indigena (NIS) viene infatti definita: ‘Una specie o sottospecie introdotta fuori del proprio range naturale (passato o presente) e fuori dalle proprie potenzialità di dispersione’ (Olenin et al., 2010). E’ stato registrato che almeno 33 delle specie ittiche esotiche rinvenute nel Mar Mediterraneo abbiano origine atlantica(Golani et al. 2002, 2004; Ben Souissi et al. 2005).

Esempi di specie ittiche passate dallo Stretto di Gibilterra si ritrovano in:

• Cephalopholis taeniops (Valenciennes, 1828), specie tropicale tipica delle coste occidentali dell’Africa (Atlantico orientale), rinvenuta la prima volta in Mediterraneo nei pressi delle coste libiche (Ben Abdallah et al. 2007). Nell’estate del 2009 sono stati osservati (o catturati) individui appartenenti a questa specie nei pressi delle coste israeliane (Salameh et

al., 2009) e dell’isola di Lampedusa (Guidetti et al., 2010). Nell’Agosto del 2009 e nel

Gennaio 2011 singoli individui appartenenti a questa specie sono stati osservati presso le coste maltesi (Deidun et al., 2011).

• Chloroscombrus chrysurus (Linneo, 1776), specie tropicale endemica dell’Oceano Atlantico presente in diverse zone dell’Atlantico occidentale e orientale che ha esteso il proprio areale di distribuzione a nord fino a raggiungere il Golfo di Cadice (Spagna) nel 2006 (Acosta et

al., 2009). Un individuo appartenente a questa specie è stato catturato presso Almunecar

(Granada, Spagna) nel 1997 ma, è stato identificato solo nel 2012 (Pena Rivas et al., 2013). Seriola fasciata (Bloch, 1783), specie subtropicale presente sia nell’Atlantico orientale

(Madeira) che in differenti zone dell’Atlantico occidentale, catturata per la prima volta nel Mediterraneo nel 1989 nelle Isole Baleari (Massutí & Stefanescu 1993). Successivamente, questa specie è stata rinvenuta in molte differenti zone di questo bacino (es. Riera et al., 1995; Andaloro et al., 1999; Quignard & Tomasini, 2000; Andaloro et al., 2005; Sonin et

al., 2009; Deidun et al., 2011), suggerendo quindi la possibilità della formazione di una

popolazione effettivamente stabile nel Mediterraneo centro-occidentale (Andaloro et al., 2005; Deidun et al., 2011). Altre specie appartenenti al genere Seriola, non native del Mar Mediterraneo, sono state rivenute in diverse zone di questo bacino, come ad esempio Seriola

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separate occasioni nell’isola di Lampedusa (Castriota et al., 2002; Castriota et al., 2004) e

Seriola carpenteri (Mather, 1971), specie per la quale è stato rinvenuto un gran numero di rappresentanti in quest’isola (Pizzicori et al., 2000).

1.2.2. Migrazione lessepsiana

L’arrivo di NIS dal Mar Rosso è legato all’apertura di un canale artificiale, il Canale di Suez, tramite il quale sono stati messi in comunicazione il Mediterraneo e il Mar Rosso; questo processo è stato nominato: “migrazione lessepsiana”, dal nome dell’ingegnere francese Ferdinand-Marie de Lesseps che progetto il canale (Por, 1978). L’espansione geografica di queste specie in Mediterraneo segue quindi un trend che va da est verso ovest.

Molti dei NIS multicellulari rivenuti nel Mediterraneo orientale (circa N. 352 lungo 180 km delle coste di Israele) (Galil et al., 2013), sono stati coinvolti in questo processo; le specie provenienti dal Mar Rosso rappresentano infatti circa il 67% delle specie di origine tropicale rinvenute nel Mar Mediterraneo (Lejeusne et al., 2010). Risulta significativo il fatto che, per un lungo periodo di tempo, dall’apertura del Canale di Suez nel 1869 sino agli anni 90’, la distribuzione di quasi tutte le specie lessepsiane era confinata al Bacino Levantino (Occhipinti-Ambrogi, 2007; Bianchi, 2007; CIESM, 2008; Coco, 2014). Tuttavia, nelle ultime tre decadi, molte di queste specie hanno ampliato la loro distribuzione verso ovest raggiungendo e in molti casi superando lo Stretto di Sicilia che separa il bacino orientale da quello occidentale del Mediterraneo. Queste estensioni dell’areale geografico delle specie rappresentano una risposta facilmente osservabile, all’aumento di temperatura in atto nel Mediterraneo (Galil & Zenetos, 2002).

Esempi importanti di arrivo tramite migrazione lessepsiana a cui a conseguito l’estensione verso occidente, si hanno sia per specie erbivore che carnivore. Tra le specie erbivore, un esempio importante è rappresentato dalla specie Siganus luridus (Ruppell, 1828) che ha esteso il proprio range di distribuzione fino a insediarsi in acque italiane, come riportato ad esempio da Azzurro et

al. (2007) per l’isola di Linosa; recentemente questa specie ha raggiunto il Golfo del Leone (Daniel et al., 2009). S. luridus, insieme a un'altra specie proveniente dal Mar Rosso e appartenente allo

stesso genere chiamata Siganus rivulatus (Rüppell, 1828), hanno inoltre avuto un drastico effetto sull’ecosistema marino nutrendosi delle comunità macroalgali presenti soprattutto nel Mediterraneo orientale, entrando così anche in competizione con altre specie (Sala et al., 2011). Un’eventuale espansione di queste due specie nel Mediterraneo occidentale potrebbe quindi comportare drastici effetti sugli habitat (Glakoumi, 2014). Tra le specie carnivore coinvolte nel processo di migrazione lessepsiana, Fistularia commersonii (Ruppell, 1838), rappresenta una specie rivelatasi molto

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competitiva con le specie autoctone (Kalogirou et al., 2007). Questa specie, dopo essere entrata in Mediterraneo nel 2000 (primo record) (Golani, 2000), si è espansa in tutto il bacino (Azzurro et al., 2004; Karachle et al., 2004; Sanchez-Tocino et al., 2007; Lejeusne et al., 2010); il suo status nel Mediterraneo centro-occidentale appare però ancora incerto (Azzurro et al., 2011). Uno degli ultimi avvistamenti di F. commersonii è avvenuto nel Settembre del 2011 nel Golfo Saronico (Mar Egeo) (Eleftherioun et al., 2011). Nella medesima occasione sono stati avvistati due individui appartenenti alla specie Stephanolepis diaspros (Fraser-Brunner, 1940), anch’essa bentopelagica e proveniente

da regioni indo-pacifiche. Altri record di queste due specie provengono dalle acque di Malta (Deidun & Germana, 2011), Italia (Occhipinti & Galil, 2009) e Francia (Bodilis et al., 2011), a testimonianza della loro espansione verso il Mediterraneo occidentale.

1.2.3. Specie introdotte direttamente dall’uomo

Altri importanti patways di ingresso sono rappresentati dall’introduzione diretta (volontaria o involontaria) di specie esotiche da parte dell’uomo (Olenin et al., 2010).

Il trasporto di specie animali e vegetali in questo bacino è un attività antica (Giaccone, 2002) e che avviene attraverso una varietà di vettori quali: il fouling associato alle navi, le acque di zavorra, l'acquacoltura, il commercio di esche vive, il confezionamento di pesce fresco con le alghe, l’acquariologia e la stessa ricerca scientifica (Bianchi & Morri, 2000). Questo processo ha subito un drastico incremento dalla Seconda Guerra Mondiale in poi (Boudouresque & Ribeira, 1994) dovuto al rapido sviluppo dei traffici marittimi legato alla globalizzazione del mercato. Nel 2012 è stato stimato che circa 18 specie sono state introdotte in Mediterraneo tramite rilascio/fuga da acquari, 9 delle quali rappresentate da specie ittiche tropicali (Zenetos et al., 2012).

Per quanto riguarda le specie ittiche possono essere citati alcuni casi recenti di introduzioni dirette in acque mediterranee:

• Pagrus major (Temminck & Schlegel, 1843), specie demersale tipica dell’Oceano Pacifico nord-occidentale, utilizzata nell’acquacultura (coltivata in gabbie) e negli acquari pubblici. Un singolo individuo appartenente a questa specie è stato pescato in acque Croate (Adriatico medio-orientale, isola di Molat, Capo Bonaster) nel Settembre del 2004 (Dulčić & Kraljević, 2007). Questa cattura rappresenta il primo record di P. major nel Mar Mediterraneo e più in particolare per il Mar Adriatico. Questo individuo probabilmente proviene dall’attività di acquacultura (Dulčić & Kraljević, 2007), ipotesi avvalorata dal fatto che questa specie è

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stata effettivamente importata in Italia, Cipro e Croazia a scopo di coltivazione (Kraljević & Dulčić, 1999).

• Zebrasoma flavescens (Bennett, 1828), specie tropicale di barriera diffusa nell’emisfero nord del Pacifico e largamente commercializzata come specie ornamentale. Si stima che il numero di individui selvatici catturati nelle loro aree di origine e destinati al mercato dell’acquariofilia è di circa mezzo milione di individui per anno (Williams et al., 2009). Nell’Ottobre del 2008, un individuo appartenente a questa specie è stato osservato nell’area marina antistante alla città di Sitges (Costa Daurada, Mar Catalano, Spagna); questo avvistamento rappresenta il primo record documentato per Z. flavescens nel Mar Mediterraneo (Weitzmann et al., 2015). Nel medesimo studio è stato riportato anche il primo avvistamento mediterraneo di Balistoides conspicillum (Bloch & Schneider, 1801), specie tropicale diffusa nel Pacifico indo-occidentale, molto popolare come pesce da aquario e con minore importanza per quanto riguarda la pesca. Un individuo appartenente a questa specie è stato rinvenuto nel Luglio del 2012 nella Cala Margarida, zona antistante Palamós (Costa Brava, Mar Catalano, Spagna) (Weitzmann et al., 2015). Entrambe le specie, B.

conspicillum e Z. flavescens non compaiono nelle liste faunistiche del Mar Rosso (Golani &

Bogorodsky, 2010) quindi possiamo escludere con una certa confidenza il loro arrivo per migrazione lessepsiana e concordare con un possibile rilascio da acquari privati (Weitzmann

et al., 2015).

• Acanthurus coeruleus (Bloch & Schneider, 1801), specie tipica dell’Oceano Atlantico occidentale (soprattutto in acque tropicali). Il primo record di questa specie nel Mar Mediterraneo, ci viene fornito da un singolo individuo (giovanile) rinvenuto nel Dicembre del 2011 nelle vicinanze di Xilofagou (Cipro sud-orientale) (Langeneck et al., 2012). L’ipotesi più probabile per spiegare questo avvistamento è il rilascio da acquari. Questa possibilità, è avvalorata dal fatto che A. coeruleus è utilizzato comunemente come specie ornamentale (Langeneck et al., 2012)

• Epinephelus merra (Bloch, 1793), specie indo-pacifica. Nel Settembre del 2004 un individuo di questa specie, probabilmente a seguito del rilascio da un acquario, è stato catturato nel Mediterraneo nord-occidentale a sud dell’isola di Embiez (Var, Francia) (Lelong, 2005).

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1.2.4. Specie native in espansione verso nord

Il termine ‘meridionalizzazione’ viene spesso usato per indicare l’espansione geografica verso nord e l’incremento nell’abbondanza di specie native termofile e tipiche dei settori più meridionali del Mar Mediterraneo (Bianchi & Morri, 1993; Riera et al., 1995; CIESM, 2008).

Questo fenomeno è del tutto analogo agli shift geografici di organismi verso i poli registrati su scala globale (Root et al., 2002; Walther et al., 2002) per una grande varietà di specie appartenenti a differenti gruppi: piante (Huntley, 1991), farfalle (Parmesan et al., 1999), uccelli (Thomas & Lennon, 1999), insetti (Hickling et al., 2005), pesci (Perry et al., 2005; Kaimuddin et al., 2016), organismi marini sedentari e macroalghe bentoniche (Bianchi, 2007; CIESM, 2008). Esistono già molti esempi di specie native del Mar Mediterraneo ad affinità (sub)tropicale che stanno mostrando questo particolare trend di estensione (Azzurro, 2008; Ben Rais Lasram & Mouillot, 2009) e che quindi possono essere utilizzati come buoni indicatori dei cambiamenti dell’ecosistema marino come risposta al riscaldamento in atto (Perry et al., 2005; Azzurro, 2008). Tra di esse sono da mettere in evidenza:

Sphyraena viridensis (Cuvier, 1829), che negli ultimi 30 anni ha ampliato notevolmente il suo areale di distribuzione fino a raggiungere il Mediterraneo nord-occidentale (Quignard & Tomasini 2000; Dulčić & Soldo, 2004; Lejeusne et al., 2010); anche la specie Coryphaena

hippurus (Linneo, 1758) è ormai frequente in questa zona (Dulčić, 1999; Lejeusne et al.,

2010)

• Pomatomus saltatrix (Linneo, 1766), specie migratrice distribuita in tutte le acque tropicali e sub-tropicali del globo. Anche se la sua biologia rimane ancora largamente sconosciuta, secondo alcuni autori P. saltatrix è attualmente in espansione verso nord grazie soprattutto all’aumento delle temperature primaverili che consentono quindi alla specie di riprodursi in nuove aree (Sabatés et al., 2012).

• Sparisoma cretense (Linneo, 1758), che ha mostrato un chiaro trend di incremento negli ultimi 10 anni e un aumento considerevole dell’abbondanza negli ultime due decadi (Bianchi & Morri, 1994; Guidetti & Boero, 2001; Dulčić & Pallaoro, 2001; Azzurro et al., 2011)

• Caranx crysos (Mitchill, 1815) e Balistes capriscus (Gmelin, 1789), entrambe specie per cui tale spostamento non è stato registrato solamente per il Mar Mediterraneo (Dulčić et al., 1997; Bradai et al., 2004; Psomadakis et al., 2010) ma anche in Atlantico (Swaby et al., 1996; Banon & Casas, 1997; Banon et al., 2002).

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1.3. Difficoltà pragmatiche allo studio dei cambiamenti nella biodiversità marina

La difficoltà pragmatica, in termini soprattutto di costi e impegno, di monitorare ampissime scale geografiche pone dei seri limiti alla comprensione degli attuali cambiamenti della biodiversità marina e agli effetti biotici dei cambiamenti climatici (Tittensor et al., 2010; Chiarucci et al., 2011). Queste rapide alterazioni del biota marino necessitano infatti di un monitoraggio continuo della distribuzione spaziale delle specie (Kaschner et al., 2006), oltre allo studio delle caratteristiche biologiche ed ecologiche delle specie che più rispondono a questi cambiamenti (Margules & Pressey, 2000). Le specie acquatiche in particolare risultano inoltre più difficili da individuare e monitorare rispetto alle specie terrestri, soprattutto quando si tratta di specie mobili e con ampi range di distribuzione (Tittensor et al., 2010; Johnston & Purkis, 2011).

In molti casi, cambiamenti nella distribuzione delle specie marine sono stati spiegati come una conseguenza diretta del riscaldamento globale (Perry et al., 2005; Edwards et al., 2013; Auber et

al., 2015). Molti di questi studi si basano su indagini effettuate su scala regionale. Esistono tutavia

ricerche effettuate su scala globale (Sorte et al., 2010; Kaschner et al., 2011; Przeslawski et al., 2012; Powell & Xu, 2015) ma, molte di esse sono teoriche o basate su modelli statistici, piuttosto che su osservazioni empiriche. Tra i settori piu importanti da monitarare, possiamo sicuramente indicare le aree di transizione biogeografica e i limiti di distribuzione delle specie lungo l’asse latitudinale (Kaimuddin et al., 2016). Nello studio di Cheung et al. (2013b) è stato dimostrato ad esempio come l’uso di dati di cattura di specie marine, possano essere utilizzati per comprendere gli effetti dei cambiamenti climatici sulla distribuzione delle specie stesse. In questo studio è stato utilizzato in particolare l’indice ‘temperatura media di cattura (MTC)’, calcolato dalla preferenza media delle temperature delle specie sfruttate; dato misurato considerando le catture annuali relative a queste specie in differenti aree geografiche (Cheung et al., 2013b). Utilizzando questa procedura è stato possibile individuare un incremento di catture di specie ad affinità tropicale alle alte latitudini e un decremento nella proporzione di catture di specie subtropicali ai tropici, suggerendo quindi una significativa relazione tra i cambiamenti di temperatura oceanica e quelli nella composizione delle specie pescate (Cheung et al., 2013b). Considerando in particolare i cambiamenti di distribuzione di specie ittiche (native o di origine esotica) in Mediterraneo, spesso l’unica fonte di informazioni è limitata all’osservazione occasionale di questi organismi al di fuori del proprio range demografico

(Ben Rais Lasram & Mouillot, 2009; Azzurro, 2010) e alla successiva segnalazione nella letteratura scientifica. Nonostante alcuni studi, tra cui quello recentissimo di Fogarty et al. (2017), dimostrino l’importanza di records di specie al di fuori del range naturale di distribiuzione come valido indicatore di cambiamento climatico, nel Mediterraneo queste osservazioni sporadiche risultano

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però maggiormente descritte nei settori nord-occidentali del bacino (Lejeusne et al., 2010), mentre cambiamenti in atto in altre aree geografiche, come ad esempio i settori più orientali e meridionali, sono meno conosciuti. Bisogna poi considerare che dati storici su abbondanza delle specie e composizione degli assemblages biotici sono spesso mancanti, incompleti o incoerenti (Beaudreau & Levin, 2014; Damalas et al., 2015). Questo motiva la necessità di utilizzare metodologie complementari che possano essere utilizzate sia per seguire cambiamenti attuali negli ecosistemi marini, sia per ricostruire informazioni passate che altrimenti andrebbero perse per sempre.

1.4. Local Ecological Knowledge

Una delle possibilità più interessanti ed utili per l’acquisizione di informazioni complementari sui macroscopici processi di cambiamento in atto nell’ecosistema marino, è quello dell’approccio partecipativo, ovvero della collaborazione attiva con le comunità locali (Johannes, 1981; Poizat & Baran, 1997; Johannes, 1998). Solo negli ultimi anni la comunità scientifica ha iniziato ad utilizzare in maniera scientifica le informazioni ecologiche in possesso delle comunità locali (es. Azzurro et

al., 2011; Saponari, 2013; Beaudreau & Levin, 2014; Coco, 2014; Damalas et al., 2015). Queste

informazioni, che vengono solitamente raccolte attraverso l’utilizzo di interviste, riguardano la conoscenza acquisita dagli individui nel corso della loro vita. Questo approccio viene spesso indicato con il nome di “Local Ecological Knowledge - conoscenza ecologica locale - (LEK) “ (es. Davis & Wagner, 2003; Anadon et al., 2009). Un approccio piuttosto simile, ma per definizione differente, è quello della “Traditional Ecological Knowledge - conoscenza ecologica tradizionale - (TEK)”. In questo caso le informazioni da acquisire riguardano conoscenze che derivano dal passaggio generazionale e che vengono quindi tramandate di generazione in generazione (Huntington, 2000). Spesso comunque questi due termini vengono confusi (es. Damalas et al., 2015). Quando applicato allo studio di ambienti o specie marine, il LEK insiste in particolare su informazioni ecologiche in possesso di pescatori ed altri stakeholders come ad esempio subacquei ed appassionati. Questo approccio può essere utilizzato per ottenere dati di presenza/assenza di una certa specie, ricostruire trend storici di abbondanza e cambiamenti nelle taglie massime di cattura (Anadon et al., 2009; Rasalato et al., 2010; Beaudreau & Levin, 2014; Damalas et al., 2015). Come ogni approccio partecipativo, i dati raccolti hanno dei limiti che possono riguardare l’approssimazione dei dati o la soggettività delle informazioni trasmesse che possono essere influenzate da elementi culturali e geografici (Damalas et al., 2015). Tuttavia questa incertezza e variabilità tra campioni può essere trattata statisticamente e appropriatamente considerata

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studio e comprendere che tipo di informazioni saremo in grado di estrarre dalle conoscenze locali. In generale, alcune osservazioni che riguardano esperienze soggettive di importanza personale, come la cattura di una specie mai vista prima o il declino di una risorsa importante per la propria sussistenza rimangono fortemente impresse nella memoria dei pescatori e per questo motivo possono essere utilizzate per ricostruire trend storici o descrivere cambiamenti di distribuzione geografica (ISPRA, 2016). Un numero crescente di autori (es. Dulvy & Polunin, 2004; Saenz-Arroyo et al., 2005; Lavides et al., 2010; Azzurro et al., 2011; Beaudreau & Levin, 2014; Damalas

et al., 2015) (Fig. 1.4.1), propone questo approccio come misura complementare per integrare dati

provenienti da tecniche tradizionali di monitoraggio (ISPRA, 2016). Bisogna poi dire che oltre alla mera acquisizione di conoscenze ecologiche, l’approccio partecipativo presenta alcuni importanti elementi sinergici che riguardano il miglioramento del dialogo tra il mondo della ricerca e le comunità locali con un misurabile miglioramento nelle potenzialità di gestione delle risorse e delle problematiche ambientali di origine antropica (Beaudreau & Levin, 2014; Damalas et al., 2015).

Fig. 1.4.1. Utilizzo della Local Ecological Knowledge in articoli scientifici su scala mondiale. Fonte: ISPRA, Quaderni-Ricerca Marina n. 9/2016.

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1.5. Obiettivi della tesi

Limitatamente all’area di studio di Livorno-Viareggio (Mar Ligure), questa tesi si pone i seguenti obiettivi che saranno perseguiti attraverso uno studio della Local Ecological Knowledge:

1) Compilare una lista di specie ittiche percepite come in drastico cambiamento in termini di abbondanza o distribuzione.

2) Ricostruirne i trend storici di abbondanza.

3) Identificare, per le specie di maggior rilievo, il periodo storico nel quale si è verificato un drastico cambiamento nelle abbondanze.

4) Confrontare i dati ottenuti dal presente studio, con quanto rilevato in altre aree dei mari italiani utilizzando il medesimo approccio.

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2. Materiali e Metodi 2.1 Il protocollo CIESM

Il presente studio si inserisce nel framework di un più ampio progetto internazionale denominato: “Tropical Signal”, coordinato e sviluppato dalla Mediterranean Science Commission (CIESM) e finalizzato a comprendere e monitorare alcuni effetti dei cambiamenti climatici sul biota costiero Mediterraneo. Il progetto (http://www.ciesm.org/ marine/programs/tropicalization.htm) comprende l’utilizzo di metodiche partecipative per la ricostruzione di recenti cambiamenti nell’abbondanza e distribuzione di specie ittiche su scala regionale.

Il protocollo utilizzato (“the interview protocol”) illustra come raccogliere informazioni relative alla conoscenza ecologica locale (LEK) in maniera standard e tramite interviste dirette, effettuate da un ricercatore (Appendice 1). Le comunità target sono principalmente gli attori della pesca artigianale e sportiva ma, possono comprendere anche altre categorie come ad esempio subacquei ed altri appassionati e frequenti fruitori dell’ecosistema marino. In questo studio, pescatori artigianali e sportivi con più di 10 anni di esperienza in mare, sono stati intervistati durante lo svolgimento di attività di pesca (da terra tramite canna, amo e lenza) o durante lo svolgimento di attività di pulizia delle reti, fissaggio delle barche e scarico del pescato (Fig. 2.1.1).

Fig. 2.1.1. Esempio di intervista a un pescatore sportivo effettuata presso il Circolo Arci Pesca (Porticciolo) Nazario Sauro, Livorno (LI), durante la raccolta di dati per il presente studio.

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2.2. Area di studio

Le interviste sono state effettuate nel periodo che va dall’ottobre 2015 al settembre 2016 in due diverse aree del litorale toscano (Italia): Livorno e Viareggio (Mar Ligure) (Fig. 2.2.2). Sono state altresì condotte interviste a cittadini non residenti nelle aree di indagine ma, con esperienza pluriennale nelle aree suddette (o nelle vicinanze di esse). Grazie al contributo di precedenti studi, effettuati utilizzando la stessa metodologia per la raccolta di informazioni sui trend di abbondanza nel tempo di specie segnalate da pescatori/appassionati, è stato possibile aggiungere ulteriori dati relativi al Mar Ligure, in particolare al Golfo della Spezia (Saponari, 2013) ed ad altri tre settori marini italiani: Adriatico centro-occidentale (Porto San Giorgio), Stretto di Sicilia (isola di Linosa) e Mar Tirreno meridionale (Milazzo) (Azzurro et al., 2011).

Fig. 2.2.2. Area di studio comprendente le due aree costiere toscane di Livorno e Viareggio indagate nel presente studio (rombi gialli) e le aree di La Spezia, Porto San Giorgio, Milazzo e Linosa, oggetto di studio di lavori precedenti che hanno fornito dati utilizzati nella presente tesi (cerchi rossi).

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2.3. Raccolta dei dati attraverso interviste semi-strutturate

I dati sono stati raccolti tramite interviste semi-strutturate che ruotavano attorno a due domande principali:

• ‘ Ci puoi dire quali tipi di pesci hanno mostrato drastiche variazioni nell’abbondanza negli ultimi decenni? ’

• ‘ Conosci specie che sono apparse o scomparse? ‘

Utilizzando come guida l’interview protocol (Appendice 1), comprendente la scheda standard per la raccolta dei dati (Fig. 2.3.1), è stato possibile raccogliere:

1) Dati professionali da ciascun pescatore relativi all’anno in cui ha iniziato l’attività di pesca, se è un professionista o uno sportivo e le tipologie di attrezzi utilizzati: subacquea in apnea, tramaglio, reti a circuizione, nasse, amo e lenza, strascico e altre proposte dal pescatore stesso; includendo anche gli appassionati che svolgono attività subacquea regolarmente senza pescare.

2) Informazioni sul trend di abbondanza nel tempo di ciascuna specie menzionata in relazione a 6 gradi di abbondanza: 0 = ASSENTE; 1 = RARA (una volta in un anno); 2 = OCCASIONALE (a volte in un anno); 3 = COMUNE (regolarmente in un anno); 4 = ABBONDANTE (catturata regolarmente e abbondante); 5 = DOMINANTE (catturata sempre e molto abbondante), per poi assegnare un fattore di tendenza per ciascuna specie in aumento (I), decremento (D) o fluttuante (F) (alternanza di decremento-incremento nel tempo); le specie, la cui abbondanza è stata segnalata come stabile nel tempo, non sono state considerate.

3) Dati relativi alle catture massime giornaliere registrate (espresse in Kg e/o numero di individui pescati); questa informazione risulta generalmente di difficile reperibilità.

4) Informazioni di carattere geografico, temporale, descrittivo etc., di eventuali avvistamenti/catture (segnalazioni ‘puntiformi’) di specie percepite come non usuali dagli intervistati, avvalendosi per l’identificazione di: guide sulle specie ittiche, foto raccolte dai pescatori attraverso i telefonini e riferimenti a siti internet dove è stato pubblicato il rinvenimento eccezionale di una certa specie in una certa area.

La metodica di interviste non prevede specie target ma, vengono registrati dati soltanto per quelle specie percepite dai pescatori come in drastico aumento o decremento, incluse le specie scomparse e/o comparse nell’area di pesca; queste specie vengono solitamente menzionate in maniera

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spontanea dal pescatore durante l’intervista. Solo in alcuni casi, per stimolare la discussione, sono state citate alcune specie in incremento (es. Sparisoma cretense, Balistes capriscus, Sphyraena

viridensis, Coriphaena hyppurus, Pomatomus saltatrix etc.) o apparse, come ad esempio Fistularia commersonii negli ultimi decenni (Appendice 1). Per facilitare l’intervista possono essere utilizzati alcuni manuali per il riconoscimento di specie ittiche (Louisy, 2006). Le fotografie riportate in queste guide naturalistiche hanno permesso di identificare in maniera univoca le specie ittiche menzionate dai pescatori, spesso con nomi dialettali che possono tipicamente variare da regione a regione. Per le principali specie segnalate nell’area di studio, sono state raccolte le caratteristiche principali (Appendice 2). Alla fine di ciascuna intervista è stato dato un giudizio sull’affidabilità dell’intervista effettuata: alto, medio o basso.

Fig. 2.3.1. Scheda standard per la raccolta dei dati. Colori diversi sono utilizzati per evidenziare le tre differenti parti in cui si divide la scheda: dati relativi all’intervistato (rosso), trend di abbondanza relativi a ciascuna specie segnalata (verde) e giudizio sull’intervista (blu).

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2.3. Privacy e trattamento dei dati personali

Durante l’attività di raccolta dati tramite le interviste, sono state spiegate ai pescatori le finalità del lavoro e non sono stati raccolti dati anagrafici come nome, cognome, età etc. Quindi, le informazioni raccolte non contengono dati personali sensibili e informazioni tali da poter essere ricondotte all’intervistato ma, relativi solo alla distinzione di un’intervista rispetto dall’altre. L’obiettivo unico dell’intervista è stato infatti quello di raccogliere informazioni ecologiche sulle specie sottoposte a una serie di cause, anche in relazione agli effetti dei cambiamenti climatici, che hanno portato a una drastica modificazione della loro abbondanza in una certa area. Per gli altri elementi non contemplati da questa nota si fa riferimento all’informativa sulla privacy sancita dall’articolo 13 del D.lgs. n 196/2003.

2.4. Analisi statistica dei dati

I taxa menzionati in ognuna delle interviste effettuate nel presente studio, in relazione alle aree di Livorno e Viareggio, sono stati riportati in un file excel dove i ranghi di abbondanza di ogni taxon appaiono lungo una serie temporale che risponde alla ricostruzione dei singoli intervistati. La variazione delle abbondanze nel tempo è stata rappresentata per il periodo 1970-2016, attraverso grafici cartesiani a serie multiple. In questi grafici, ogni linea rappresenta il risultato di ogni singola intervista/taxon ovvero la percezione di ogni singolo pescatore sul trend di abbondanza del taxon in questione. Sui dati qualitativi di abbondanza, si è poi condotta la “breakpoint stuctural analysis” (Bai, 1994; Zeileis et al., 2003) calcolando il valore medio degli indici di abbondanza, relativi alle prime due specie maggiormente segnalate come in incremento dai pescatori intervistati. Quest’analisi ha permesso di individuare il periodo nel quale si osserva un cambiamento statisticamente significativo nelle abbondanze percepite. La significatività dei risultati ottenuti tramite quest’analisi, è stata verificata tramite l’analisi ANOVA (Fisher, 1966). Tale analisi è stata effettuata tramite il pacchetto “strucchange” del software open-access R (versione 3.2.2; R core team, http://www.R-project.org).

In seguito, sono state costituite 4 matrici di presenza-assenza (0-1), raggruppando separatamente le specie percepite come in drastico aumento (I) e le specie percepite come in drastico decremento (D) per il gruppo delle tre aree (Viareggio, Livorno e La Spezia) relative al Mar Ligure e per il gruppo formato dai quattro settori marini italiani considerati (Mar Ligure, Adriatico centro-occidentale, Stretto di Sicilia e Tirreno meridionale). Le specie menzionate dai pescatori possono essere considerate come delle variabili mentre, ogni intervista rappresenta la nostra unità di

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campionamento e fornisce una replica indipendente per ognuna delle aree di studio. Per ciascuna di queste matrici, sono state effettuate una serie di analisi allo scopo di confermare o confutare l’ipotesi zero Ho ossia che ‘non esistano differenze relative al fattore area nel Mar Ligure e nella penisola italiana’. In primo luogo è stato calcolando il rapporto percentuale tra il Numero di percezioni e il Totale degli intervistati (NP/TI%) per ciascun taxon segnalato in decremento o in incremento, allo scopo di comprendere i rapporti tra questi taxa e loro rappresentatività in ciascuna area. E’ stata poi effettuata un’analisi SIMPER (Similarity Percentages Procedure) (Clarke,1993) allo scopo di identificare i taxa che più contribuiscono alla similarità in ciascuna delle aree di studio considerate assumendo come limite un contributo percentuale massimo del 90,00% (“cut-off for low-contribution 90%”). L’analisi nMDS (non-metric Multidimentional Scaling) (Kruskal & Wish, 1978; Clarke, 1993) è stata effettuata (separatamente) su ciascuna delle quattro matrici, allo scopo di visualizzare gli eventuali pattern geografici sia per le specie percepite come in aumento che per le specie percepite come in decremento nel Mar Ligure e nella penisola italiana. Al fine di testare l’esistenza di differenze significative dovute a fattori geografici, le matrici relative ai gruppi ‘I’ e ‘D’ sono state analizzate tramite PERMANOVA (Permutational Multivariate Analysis of Variance) (Anderson et al., 2008), utilizzando 9999 permutazioni e settando la significatività del test a 0.05 (p<0.05). Due test PERMANOVA, entrambi ad una via, sono stati realizzati a partire da due diversi dataset: 1) i dati del Mar Ligure (un fattore fisso “area” con tre livelli: Livorno, Viareggio, La Spezia) e 2) i dati della penisola italiana (un fattore fisso “settore geografico” con quattro livelli: Mar Ligure, Tirreno meridionale, Stretto di Sicilia, Adriatico centro-occidentale). In entrambi i casi, le matrici di dissimilarità su cui realizzare i test PERMANOVA sono state costruite utilizzando le distanze Euclidee. Infine un pairwise t-test (Anderson, 2005) è stato utilizzato per i confronti a coppie.

Le analisi multivariate sono state effettuate utilizzando il software PRIMER 6 & PERMANOVA+ (Clarke & Gorley 2006; Anderson et al. 2008).

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3. Risultati

3.1. Caratteristiche della popolazione campionata

Durante l’attività di raccolta di dati, sono state effettuate un totale di 51 interviste di cui 27 a Livorno e 19 a Viareggio; nel totale sono incluse anche 5 interviste effettuate nella città di Pisa (Toscana), 4 delle quali si riferiscono a pescatori che insistono nell’area di Livorno, mentre solo una a Viareggio. Sono stati intervistati 43 pescatori sportivi (84%) e 8 professionisti (16%) (2 dei quali avevano anche esperienza di pesca sportiva) (Fig. 3.1.1 A).

Tutti i pescatori intervistati avevano almeno 10 anni di esperienza in mare; l’86% dei quali almeno 30 anni.

L’utilizzo di attrezzi che sfruttano l’amo come la canna da pesca, con varie tipologie di esche e in differenti attività (bolentino, traina etc.) e palamiti, è molto diffuso nella popolazione campionata (58%) e in alcuni casi esclusivo (Fig. 3.1.1 B); in molti casi è stato inoltre ammesso l’utilizzo di più di un attrezzo da pesca.

Nella maggior parte dei casi gli intervistati hanno utilizzato nomi comuni locali (Errico & Montanelli, 2011), di cui è stata presa nota (Appendice 3), per indicare i differenti taxa percepiti come in drastico decremento, incremento o fluttuanti nell’area di studio.

Fig. 3.1.1. Ripartizione percentuale di pescatori professionisti e sportivi che hanno partecipato all’indagine. Ntot=51 (A). Ripartizione percentuale degli attrezzi di pesca utilizzati dagli intervistati (B).

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3.2. Informazioni sul biota ittico ottenute attraverso il LEK

3.2.1. I taxa percepiti come in aumento, in decremento o fluttuanti nell’area di studio

Grazie alle interviste effettuate è stato possibile raccogliere percezioni sui trend di abbondanza nel tempo e distinguere specie percepite come in incremento (I), decremento (D) e fluttuazione (F) dai pescatori. In totale sono stati raccolti dati relativi a 60 taxa distribuiti in 33 famiglie di specie ittiche attualmente presenti nel Mediterraneo occidentale; tra questi, 51 taxa sono stati identificati a livello di specie (Tab. 3.2.1.1).

La famiglia Pomatomidae, unicamente rappresentata dalla specie Pomatomus saltatrix (o pesce serra), risulta il taxon maggiormente percepito come in incremento. L’abbondanza di questa specie risulta infatti segnalata come in aumento da 40 su 51 pescatori intervistati ossia dal 78,73%. Al contrario, nessun pescatore intervistato riporta questa specie come in decremento o in fluttuazione (Tab. 3.2.1.1). La seconda specie maggiormente segnalata come in aumento, da 22 su 51 pescatori intervistati, ovvero dal 43,10%, è il barracuda mediterraneo Sphyraena viridensis; in un solo caso

questa specie è stata percepita come fluttuante e mai in decremento (Tab. 3.2.1.1).

La famiglia Sparidae, qui rappresentata da 12 taxa appartenenti a 8 generi diversi, risulta essere il taxon più diversificato e quello maggiormente percepito come in decremento, comprendendo però anche specie percepite in incremento e fluttuazione (Tab. 3.2.1.1). L’abbondanza, di una o più specie per intervista appartenenti a questa famiglia, è stata segnalata rispettivamente come in diminuzione da 35 su 51 pescatori intervistati (68,63%), in aumento da 14 su 51 (27,45%) e fluttuante da 3 su 51 (5,88%). Questa famiglia include la specie Sparus aurata (o orata) (Linneo, 1758), che rappresenta la specie maggiormente percepita in decremento nell’area di studio, essendo stata segnalata come in diminuzione da 12 su 51 pescatori intervistati (23,53%). Allo stesso tempo, questa specie è stata anche segnalata come in aumento da 11 su 51 pescatori intervistati (21,57%) e da un solo intervistato, come fluttuante (Tab. 3.2.1.1). Questa famiglia include inoltre il genere

Diplodus (Rafinesque, 1810), che dai dati ottenuti risulta essere il genere maggiormente diversificato, essendo rappresentato da 5 taxa differenti (Tab. 3.2.1.1).

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Tab. 3.2.1.1. Lista dei taxa di pesci segnalati dagli intervistati. Vengono riportati il numero complessivo di citazioni per le specie percepite come in aumento (I), in decremento (D) e fluttuanti (F).

Taxa I D F Taxa I D F

Anguillidae 2 Oxynotidae 1

Anguilla anguilla 2 Oxynotus centrina 1

Balistidae 7 Pomatomidae 40

Balistes capriscus 7 Pomatomus saltatrix 40

Belonidae 3 Scaridae 2

Belone belone 3 Sparisoma cretense 2

Blennidae 1 Sciaenidae 1 5 1

Blennidae n.c. 1 Sciaena umbra 1

Carangidae 14 5 1 Umbrina cirrosa 1 4 1

Lichia amia 6 1 Scombridae 3 6

Seriola dumerili 1 1 Sarda sarda 1 2

Trachinotus ovatus 5 1 1 Scomber scombrus 4

Trachurus trachurus 2 2 Thunnus thynnus 2

Centracanthidae 3 Scophthalmidae 3

Spicara smaris 3 Scophthalmus maximus 1

Clupeidae 1 Scophthalmus rhombus 2

Sardina pilchardus 1 Scorpaenidae 2

Congridae 1 Scorpaena porcus 1

Conger conger 1 Scorpaena scrofa 1

Coryphaenidae 4 1 Serranidae 6

Coryphaena hippurus 4 1 Epinephelus costae 1

Dasyatidae 1 Epinephelus marginatus 1

Dasyatidae n.c. 1 Epinephelus sp. 4

Engraulidae 4 Soleidae 2

Engraulis encrasicolus 4 Solea solea 2

Gadidae 1 Sparidae 15 51 3

Phycis phycis 1 Boops boops 6

Gobiidae 4 Dentex dentex 1

Gobiidae n.c. 4 Diplodus annularis 6

Labridae 2 7 Diplodus cervinus 1 1

Coris julis 1 2 Diplodus puntazzo 1

Labrus merula 1 Diplodus sargus 1 4

Labrus sp. 2 Diplodus sp. 8

Labrus viridis 1 Lithognathus mormyrus 5

Symphodus tinca 1 Oblada melanura 1 1 1

Xyrichtys novacula 1 Pagrus pagrus 2

Merlucciidae 3 Sarpa salpa 2 4

Merluccius merluccius 3 Sparus aurata 11 12 1

Moronidae 11 2 Sphyraenidae 23 1 1

Dicentrarchus labrax 11 2 Sphyraena spyraena 1 1

Mugilidae 7 1 Sphyraena viridensis 22 1

Mugilidae n.c. 7 1 Trachinidae 1

Mullidae 2 Trachinidae n.c 1

Mullus sp. 2 Triakinidae 1

Muraenidae 1 Mustelus mustelus 1

Triglidae 6

Chelidonichthys lucerna 6

(31)

3.2.2. Record sporadici e specie non comuni nell’area di studio

In alcuni casi, oltre a fornire informazioni per la ricostruzione dei trend di abbondanza di una o più specie, gli intervistati hanno inoltre dato indicazioni circa catture sporadiche di specie rare, non comuni o ritenute tali nell’area di studio (Tab. 3.2.2.1). Tra queste, il pesce balestra Balistes

capriscus rappresenta la specie maggiormente segnalata/catturata, in modo sporadico, nell’area di

indagine, con quattro catture, e una cattura in Corsica (Tab. 3.2.2.1). In tutti questi casi, i pescatori ritengono che questa specie non sia originaria del luogo di avvistamento. Altri record di catture di specie ritenute inusuali per l’area di indagine, sono: il pesce trombetta Macroramphosus scolopax (Linneo, 1758), lo squalo elefante Cetorhinus maximus (Gunnerus, 1765) e il trigone viola

Pteroplatytrygon violacea (Bonaparte, 1832). In 5 casi invece i pescatori hanno fornito solo

un’identificazione parziale degli organismi, riferendosi, come termine di confronto, a specie di cui avevano già esperienza, non permettendo quindi di arrivare ad una chiara identificazione a livello di specie (specie contrassegnate come “ND” in Tab. 3.2.2.1).

Tab. 3.2.2.1. Record puntuali di diverse specie ittiche pescate tramite diversi attrezzi (hooks, trammel nets) o avvistate in mare (diver) o dalla superficie (sight) dagli intervistati. Con “/” viene indicata l’assenza di dati forniti dall’intervistato.

Nr.

Intervista Specie Anno

4 Balistes capriscus 2006 5 Balistes capriscus 2013 10 ND / 14 ND / 18 ND / 19 Macroramphosus scolopax 2015 23 ND / 26 Cetorhinus maximus 2014 29 Balistes capriscus 2015 30 Pteroplatytrygon violacea 2014 30 ND / Giugno-Luglio Maggio / Mese / / / / / / Giugno-Agosto Giugno- Gennaio-Dicembre 1 1 1 1 Nr. Ind. 1 / 2 / 1 / 1 Calambrone (Lat:43,595; Long:10,287) Livorno (la Meloria) (Lat:43,545; Long:10,218) Livorno (Lat:43,542; Long:10,281) Livorno (Lat:43,542; Long:10,281) Livorno (Lat:43,542; Long:10,281) Luogo Livorno (Lat:43,542; Long:10,281) Livorno (Lat:43,542; Long:10,281) Calambrone (Lat:43,595; Long:10,287) Livorno (Lat:43,542; Long:10,281) / La Spezia (Portovenere) (Lat:44,051; Long:9,84) Corsica (Macinaggio) diver trammel nets sight hooks hooks Metodo di pesca/avvistamento hooks hooks hooks hooks sight hooks / /

Pesci molto piccoli con corpo rosso e testa nera (aff.Tripterygion tripteronotum) Salpe più chiare e pulite dentro, chiamate

Marsaliolo (aff. Sarpa salpa) Sarago con una striscia verde (aff. Diplodus

sp.) /

Pesce particolare piatto trovato al mercato (aff. Mola mola)

Circa 8 m di lunghezza / /

Pesci chiari, bianchi a strisce, che stanno sul pelo dell'acqua, probabilmente giovanili Descrizione (affinità con specie

(32)

3.2.3. Trend di abbondanza specifici e Breakpoint Structural Analysis

3.2.3.1. Trend di abbondanza delle principali specie percepite in incremento o in decremento

 

Vengono di seguito presentate alcune elaborazione grafiche dei trend di abbondanza nel tempo, relativi alle specie maggiormente segnalate dagli intervistati durante l’attività di raccolta dei dati; all’interno di ciascun grafico, si rappresenta con una linea il trend di abbondanza riportato da un singolo intervistato per ogni singola specie. L’inizio della linea corrisponde all’anno in cui l’intervistato ha iniziato la sua esperienza di pesca. Trend più chiari e coerenti sono osservabili per le specie Pomatomus saltatrix e Sphyraena viridensis, entrambe percepite sempre come in

incremento dagli intervistati in tutta l’area di studio (Fig. 3.2.3.1.1; Fig. 3.2.3.1.2). Una differenza sostanziale si può osservare confrontando la prima parte dei trend di abbondanza di queste due specie, in quanto P. saltatrix sembra essere stato presente nell’area di studio, anche se considerato

raro, fin dagli anni 70 (Fig. 3.2.3.1.1) e invece S. viridensis sembra essere apparsa solo negli ultimi

15-10 anni (Fig. 3.2.3.1.2). Per quanto riguarda invece la specie Sparus aurata, non è possibile stabilire un reale trend in incremento/decremento valido per l’intera area di studio esaminata (Fig. 3.2.3.1.3 A); confrontando i dati raccolti nelle due diverse aree di studio le informazioni risultano incoerenti e non è possibile ricostruire un singolo trend (Fig. 3.2.3.1.3 B e C). Altre specie segnalate dagli intervistati hanno mostrato una tendenza all’incremento (es. Balistes capriscus) o situazioni meno definibili come ad esempio per la specie Lichia amia (Linneo, 1758) (Fig. 3.2.1.3.4). Molti altri taxa come ad es. Boops boops (Linneo, 1758), Dicentrarchus labrax (Linneo, 1758) e Diplodus

annularis (Linneo, 1758) presentano invece un trend in decremento ben definito per l’intera area di

studio (Fig. 3.2.1.3.4).

(33)

   

 

Fig. 3.2.3.1.1. Trend di abbondanza percepita di Pomatomus saltatrix nell’area di studio in esame (A). In basso vengono illustrati i trend ottenuti separatamente per le zone di pesca relative ai pescatori di Livorno (B) e Viareggio (C). Ciascuna linea riportata nei grafici corrisponde al trend di abbondanza della specie ricostruito grazie ad ogni singola intervista. In grassetto viene riportato il valore medio delle abbondanze percepite, calcolato su tutte le interviste realizzate a Livorno e a Viareggio.

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