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Elena Randi, Il teatro romantico, Roma-Bari, Editori Laterza, 2016. [Recensione]

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Academic year: 2021

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ELENA RANDI, Il teatro romantico, Roma-Bari, Editori Laterza, 2016. Uno sguardo sul teatro romantico.

Per lungo tempo chi avesse voluto approfondire il teatro romantico notava l’assenza di studi italiani che ne indagassero la ricca fenomenologia e le correnti estetiche con uno sguardo complessivo e al contempo attento alle sue varie articolazioni. Certo erano reperibili indagini su specifici aspetti, componenti o artisti dell’una o dell’altra nazione, ma mancava uno sguardo panoramico.

Diversi fattori hanno contribuito a questa condizione, entro alcuni limiti riscontrabile anche fuori dal nostro paese. La tendenza a considerare il Romanticismo come fenomeno principalmente letterario ha influito, come anche la tradizionale concezione della superiorità del teatro di parola rispetto ai generi mimico-musicali e parateatrali, di gran lunga le forme più diffuse all’epoca. Anche l’amplissima varietà di forme spettacolari, assieme alle difficoltà nel reperire le fonti documentarie, in particolare in ambito italiano (ma non solo), ha probabilmente fatto sembrare uno studio di complesso difficilmente realizzabile.

In questo contesto il nuovo volume di Elena Randi, Il teatro romantico, edito da Laterza, arriva a colmare felicemente una lacuna che era necessario sanare. L’autrice sceglie qui la strada della complessità: consapevole delle intricate problematiche estetiche, delle apparenti contraddittorietà che caratterizzano il movimento e della ricchissima spettacolarità europea tra secondo Settecento e primo Ottocento, decide di iniziare il lavoro affrontando la spinosa questione delle correnti estetico-filosofiche che danno forma al Romanticismo teatrale europeo (o forse sarebbe più corretto parlare di Romanticismi teatrali). A partire da questo, la monografia si sviluppa animando, davanti allo sguardo del lettore, un panorama vivacissimo, in cui il dialogo tra intellettuali si intreccia ad una prassi teatrale sorprendentemente polimorfica da un lato, ma anche anticipatrice di istanze - come ad esempio quelle registiche - che a lungo si sono ritenute invece patrimonio novecentesco o al massimo tardo-ottocentesco.

Forse il pregio principale del volume è di farci immergere nel periodo, di farci percepire concretamente il clima in cui fiorisce la scena romantica, nella sua inesausta riflessione filosofica ma anche nella vitalità delle sue espressioni artistiche; tutto ciò attraversando vari paesi europei, così mostrando come per comprendere il teatro dell’epoca si debbano necessariamente oltrepassare i confini nazionali, per osservarne le mutuazioni, i dialoghi e le variazioni. Ma soprattutto emerge a chiare lettere come il teatro del Romanticismo si esprima in primo luogo mediante produzioni sceniche, che si manifestano come lavori ad un tempo estremamente spettacolari, raffinati e spesso attentamente meditati.

Non è un caso infatti che, se viene dedicato un capitolo alla drammaturgia, ne troviamo ben quattro dedicati ad aspetti e questioni di carattere scenico. Del resto, come emerge dal lavoro di Elena Randi, se pure si riscontra una raffinata produzione drammaturgica, solo una parte minoritaria di essa si configura come produzione strettamente letteraria, solo per la lettura. Il legame dei drammaturghi con la prassi scenica è invece spesso così forte che forse le prime figure registiche sono proprio scrittori romantici francesi di grandissimo spessore quali Victor Hugo, Alfred de Vigny o Alexandre Dumas père. Artisti che non trascurano certo la qualità letteraria delle proprie opere, si dimostrano nondimeno attentissimi allo spazio, al décor, alla gestualità, come il Vigny del Chatterton, che concepisce per il proprio testo un allestimento organizzato attorno alla polarità alto/basso, che emerge come cifra ermeneutica dello spettacolo.

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Al contempo, si comprende facilmente perché oltre un quarto della monografia sia riservata al fondamentale capitolo teorico iniziale. Se il romanticismo teatrale si può comprendere solo tenendone in considerazione il versante scenico, quella stessa scena concretizza in innumerevoli modi le istanze teoriche, estetiche e filosofiche del periodo, le spinte innovatrici e la meditazione sulle specifiche componenti dell’allestimento, siano esse il testo drammatico, le scenografie, o la recitazione, o sullo spettacolo quale produzione organizzata e talvolta unitaria di significati.

In altri termini finalmente Elena Randi rende giustizia ad un teatro, appunto quello romantico, che fino ad adesso era rimasto ai margini della storiografia teatrale.

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