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Rosalba Galvagno (a cura di), Diverso è lo scrivere. Scrittura e poetica dell’impegno in Vincenzo Consolo, Edizioni Sinestesie, Avellino 2016 : [recensione]

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Sinestesieonline

PERIODICO QUADRIMESTRALE DI STUDI SULLA LETTERATURA E LE ARTI SUPPLEMENTO DELLA RIVISTA «SINESTESIE»

ISSN 2280-6849

Sinestesieonline - n. 26 - a. VIII - Maggio 2019

www.rivistasinestesie.it

Attilio Scuderi

Recensione

ROSALBA GALVAGNO (a cura di), Diverso è lo scrivere. Scrittura e poetica dell’impegno in Vincenzo

Consolo, Edizioni Sinestesie, Avellino 2016.

Nella ricca bibliografia sull’opera di Vincenzo Consolo si segnala la recente uscita del volume collettaneo di saggi a cura di Rosalba Galvagno dal titolo Diverso è lo scrivere. Scrittura e poetica

dell’impegno in Vincenzo Consolo, Edizioni Sinestesie, 2016, che raccoglie l’esito della giornata di studi

tenutasi il 20 marzo 2013 presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania.

Nel saggio più lungo, denso e complesso della raccolta la curatrice affronta la questione della verità, «vera cause della scrittura consoliana», con un interessante incrocio tra opere narrative e cronachistiche, nella consapevolezza che la scrittura dell’autore del Sorriso dell’ignoto marinaio (1976) è costantemente travagliata dal dilemma tra scrittura (prevalentemente razionale, impoetica, referenziale) e narrazione (essenzialmente mitopoietica, visionaria, metaforica). La verità, mette bene in evidenza la Galvagno, è in Consolo sempre connessa ad «un ideale perduto di verginità, di innocenza. La figura più originaria della verità consoliana è infatti, non a caso, quella di una vergine minacciata dalla violenza del crimine, della morte, della separazione» (p. 63). Ecco dunque che la Sicilia, luogo di uno stupro storico continuato, di una negazione della dignità e della giustizia, Aleph e geroglifico della sua scrittura, diviene figura di uno smarrimento e di un ritrovamento della verità, di un esercizio poetico e intellettuale inesausti, sia pure nella dimensione poetico/narrativa del sogno o dell’utopia, come nel bellissimo viaggio di don Fabrizio Clerici, protagonista del forse insuperabile Retablo (1987).

Se il saggio di Miguel Angel Cuevas – L’arte a parole: intertesti figurativi nella scrittura di Vincenzo

Consolo – riprende e riassume con spunti di buona utilità un tema ormai di lunga durata nella critica

consoliana, attenta a ricostruire l’ipertesto multimediale della scrittura dell’autore di Sant’Agata di Militello, tra iper e criptocitazioni, calchi e riscritture (si veda anche l’acuto intervento di S.S. Nigro che apre gli interventi, insieme all’Introduzione di Antonio Di Grado), l’intervento di Salvatore C. Trovato rielabora una lunga e interessante riflessione sulle scritte in «italiano popolare» dell’ultimo capitolo del Sorriso (che costituisce l’apice del difficile e arduo messaggio del romanzo che ha davvero segnato un’epoca intellettuale del nostro paese).

Nicolò Messina, curatore del “postumo” La mia isola è Las Vegas (2012), e Dario Stazzone, che ripropone il tema del conflitto tra narratio ed écriture, chiudono un volume che contribuisce ad arricchire la riflessione sull’autore forse meno “regolare” e più complesso dell’ultimo trentennio di letteratura italiana; un classico, con la sua «metrica della memoria», la sua scrittura ricca di intarsi e contaminazioni, la sua capacità visionaria e il suo candore creaturale; e come classico a rischio – costante – di «dismemoramento», cancellazione, o ancor peggio semplificazione e impoverimento critico.

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