• Non ci sono risultati.

Analisi delle potenzialità del PET nel mondo del packaging design. Un metodo per la progettazione di bottiglie per prodotti gassati

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Analisi delle potenzialità del PET nel mondo del packaging design. Un metodo per la progettazione di bottiglie per prodotti gassati"

Copied!
192
0
0

Testo completo

(1)

Analisi delle potenzialità del PET nel mondo del packaging design

Un metodo per la progettazione di bottiglie per prodotti gassati

Laureando: Stefano Zugno

Matricola: 816124

Politecnico di Milano

Scuola del Design

CdLM Design & Engineering

AA 2016/2017

Elaborato di Tesi

(2)
(3)

PARTE 1 - RICERCA

1.1 - PACKAGING

- Packaging

- Approccio progettuale: design strategy - Imballaggi in materiale plastico - Packaging per liquidi alimentari - Packaging per liquidi alimentari in PET

1.2 - CARBONATED SOFT DRINKS

- Introduzione - Perché i CSD

- Mondo dei Soft Drinks - Tipologie di prodotti - Storia dei CSD - Evoluzione - Marketing - Da vetro a PET - Trend futuri - Timeline dei CSD - Evoluzione storica

- Case study: Coca-Cola 1.3 - MERCATO - Principali players - Quote di mercato - Mercato in evoluzione - Mercato del CSD - Target - Formati

- Principali luoghi di distribuzione - Trend nel lungo periodo

13 15 17 18 20 22 24 25 26 27 28 31 32 34 35 36 37 39 41 3 44 45 46 48 50 53 54 56

INDICE

ABSTRACT - Italiano ABSTRACT - Inglese INTRODUZIONE

(4)

1.4 - PET

- Polietilene tereftalato

- Natura del materiale e metodo di produzione - Forma e caratteristiche fisiche

- Sintesi visiva - Altri impieghi

- PET per packaging di alimenti e bevande - Shelf-life di un prodotto

- Interazioni tra imballaggio e prodotto - PET barriera

1.5 - PET E GASATURA

- Contenuto gassato

- Progettare contenitori per liquidi gasati

1.6 - STIROSOFFIAGGIO - Bottiglie in PET - Elementi principali - Ciclo di produzione - Tappi e chiusure - Stiroffiaggio - Caratteristiche 1.7 - COSTI - Costi di produzione - Costo energetico

1.8 - RICICLO DEL PET

- Ciclo di vita di un packaging - PET e riciclaggio

1.9 - CLIENTI

- Cliente strutturato - Cliente non strutturato

- Flusso di lavoro azienda-cliente 61 62 63 64 66 66 67 68 69 71 72 73 74 75 78 79 84 85 86 87 88 89 93 95 96 96 98

INDICE

58 59 60

(5)

PARTE 2 - IL PROGETTO

2.1 - SCOMPORRE IL PRODOTTO

- Obiettivi

- Come è strutturato un packaging bottiglia - Preforme - Overpackaging - Etichettatura - Tappatura - Altri elementi - Corpo bottiglia 2.2 - SCOMPORRE LA BOTTIGLIA - Criticità - Sezione / profilo - Spalla - Impugnatura - Fondo - Nervature - Decorazioni - Delaminazione 2.3 - ANALISI - Creazione di un processo

- Individuazione delle problematiche - WHY - Perché un processo? - WHO - Chi sono gli stakeholder?

- WHAT - Quali strumenti per gestire un processo? - WHEN - Quando avviene ciascuna fase?

2.4 - PROCESSO - Processo - Comprendere il processo - Processo: fasi 101 103 101 104 105 106 107 108 109 110 111 113 122 123 124 126 129 132 133 134 135 136 137 141 145 147 148 149 150

INDICE

(6)

154 155 156 173 174 176 178 180 187 156 158 161 162 163 164 165 167 168 169 170 2.5 - CASE STUDY

- Case study progettuale - Fasi del progetto:

2.6 - RISULTATI

- Analisi dei risultati

3 - CONCLUSIONI

4 - RINGRAZIAMENTI

5 - ALLEGATI

BIBLIOGRAFIA / SITOGRAFIA

INDICE

- Avvio del progetto - Sviluppo del progetto - Screening - Sviluppo tecnico - Presentazione - Refinements #1 - Refinements #2 - Conferma concept - Prototipazione - Produzione

(7)
(8)

ABSTRACT

Analisi delle potenzialità del PET nel mondo del packaging design

Un metodo per la progettazione di bottiglie per prodotti gassati

L’obiettivo di questa Tesi è quello di sviluppare una ricerca approfondita sul

Polietilene Tereftalato andando ad analizzare il suo utilizzo nel mercato del packaging specialmente per prodotti di tipologia Carbonated Soft Drinks.

Questa tipologia di bevande, che per semplificare verranno chiamati prodotti CSD, rappresenta una percentuale del mercato del beverage estremamente vasta nella quale il lavoro del designer è di fondamentale importanza poiché la distribuzione di questi prodotti è suddivisa in una quantità enorme di formati e di brand diffenti ognuno dei quali richiede uno specifico studio ed approfondimento.

I prodotti CSD, inoltre, richiedono un contenitore dai requisiti tecnici molto severi e di forme studiate ad-hoc per poter mantenere al meglio la freschezza e la gasatura del prodotto. Dopo aver approfondito il contesto, gli attori e le caratteristiche più prettamente tecniche del packaging di prodotti di tipologia CSD, si propone uno studio puntuale del processo di produzione del PET, sigla di Polietilene Tereftalato, per contenitori gassati con l’intento di fornire delle linee guida e degli spunti progettuali utili alla progettazione nella sua accezione più ampia, evidenziando le potenzialità dell’uso di questo materiale e gli scenari futuri che interessano questo campo di applicazione. Questo processo si basa sulle teorie analizzzate durante la fase di ricerca e sull’esperienza professionale fatta presso l’azienda PET Engineering di Treviso, specializzata nella progettazione di packaging in PET.

L’analisi del processo di produzione del PET e delle sue criticità verrà svolto su più livelli creando un dialogo tra le proprietà di engineering e quelle di design e dimostrando come il materiale PET può essere visto come il materiale più versatile per lo sviluppo del packaging bottiglia sia sotto l’aspetto estetico sia sotto l’aspetto dimensionale e tecnico.

Per concludere verrà sviluppato un progetto di packaging per CSD sulla base delle analisi precedentemente effettuate e utilizzando il metodo di sviluppo prodotto teorizzato nella ricerca.

(9)

ABSTRACT

Analysis of the potentiality of the PET in the world of packaging design

A design process for Carbonated Soft Drinks bottles

The aim of this thesis is to develop a thorough research on the Polyethylene Terephthalate by analyzing its use in the packaging market especially for Carbonated Soft Drinks. This type of beverage - which, to simplify it, will be called CSD - represents a large percentage of the extremely large beverage market in which the designer’s work is basic for the distribution of these products because it is subdivided into a huge amount of different sizes and brands each of which requires a specific study and deepening. CSD products also require a container with very strict technical requirements and customized shapes designed to keep the product freshness and grip.

After deepening the context, the main stakeholders and the most important technical features of the packaging of CSD type products, it will be proposed a thorough study of the PET production process for gas containers with the aim of providing useful guidelines and design ideas, highlighting the potential of using this material and the future scenarios that affect this field of application.

This design process is based on the theory, analyzed durign the research phase, and the professional experience made at PET Enigneering, a company based in Treviso, specialized in the design and engineering of PET containers.

The analysis of the PET production process and its critical issues will be carried out on multiple levels, creating a dialogue between engineering and design properties and demonstrating how PET can be seen as the most versatile material for the development of bottle packaging both under the aesthetic and dimensional and technical aspects. To conclude, it will be developed a CSD packaging project based on the previous research analisys and using the method developed on the research phase.

(10)
(11)

INTRODUZIONE

La realizzazione di progetti di packaging stimolanti e innovativi richiede molto più di una buona idea o di straordinarie competenze tecnologiche.

Questi aspetti sono senz’altro importanti, ma un buon design si basa anche sulla comprensione dei fattori sociali, tecnologici ed economici che spiegano le scelte dei consumatori a cui il packaging si rivolge.

Naturalmente, tutto questo, non è ancora sufficiente affinché si sviluppi un buon progetto, poiché la filiera produttiva di un packaging è lunga e complessa e necessita di molti passaggi e interazioni fra persone e mansioni.

Il lavoro proposto in questa Tesi si pone come un’inchiesta su quelli che sono i limiti fisici e tecnologici di un materiale - il PET - e un suo sistema di produzione su larga scala - lo stirosoffiaggio - e lo fa allo scopo di interrogarsi sulla sua reale importanza nel campo dell’industrial design e sulle possibilità di sviluppo di un processo che possa rendere più mirato ed efficiente il lavoro di progettazione. Per questo è stata svolta un’approfondita e dettagliata ricerca sul mercato attuale dei prodotti di tipologia Carbonated Soft Drinks, un mercato apparentemente in crisi, ma in forte trasformazione e nel quale si stanno focalizzando moltissimi investimenti da parte delle maggiori aziende mondiali del settore.

E’ stata svolta, inoltre, un’analisi sugli attuali sistemi di produzione e sulle metodologie di sviluppo dei manufatti in PET allo scopo di individuare le criticità legate alla produzione e allo sviluppo di contenitori realizzati in questo materiale. Le criticità sono state il punto di partenza del progetto, proprio perché attraverso la loro analisi è stato possibile comprendere l’importanza, per un designer, di conoscerle e saperle individuare al momento corretto durante la fase di progettazione. L’individuazione di questo momento è stata la chiave per poter comprendere quanto sia fondamentale, per un buon design di packaging in PET, un processo di progettazione mirato e chiaro, completo degli strumenti utili alla definizione di tutti i passaggi che permettano di trasformare un’idea in realtà.

Dalla carta agli scaffali di tutto il mondo.

(12)

RICERCA

(13)

PACKAGING

‘Niente è più pericoloso di un’idea,

quando si ha un’idea sola.’

Alain (Emile Auguste Chartier, 1868-1951)

Propos sur la réligion, 1938

(14)

Il packaging non va solo considerato

come qualcosa che protegge, che

cioè consente il trasporto e che

facilita l’uso del contenuto, ma come

qualcosa che valorizza questo contenuto.

(15)

PACKAGING

Il packaging, nella sua forma più essenziale, serve a contenere, proteggere e promovere i prodotti. Questa semplice definizione racchiude in realtà molteplici sfide per il designer.

Nella sua funzione di contenitore, il packaging, ha radici antichissime: in qualsiasi museo di storia antica, infatti, è possibile ritrovare imballi e contenitori di ogni genere, da quelli più preziosi a quelli appartenenti alla vita rurale. Nelle civiltà antiche, coloro che producevano vetro in Egitto, carta in Cina o che in altre parti del mondo realizzavano contenitori intrecciando erbe difficilmente si consideravano packaging designer. Tuttavia, storicamente, ogni società ha creato contenitori che ora è possibile definire in termini di packaging, per soddisfare le esigenze di trasporto e imballo di tutti i beni di prima necessità come cibo, medicinali, sementi e liquidi.

Questi oggetti indicano come anche in civiltà antichissime esistesse la necessità di contenere, di mettere al sicuro il prodotto del lavoro umano, distinguendo un esterno e un interno. Queste diverse forme di contenimento sono cambiate e si sono modificate nel tempo, arricchendosi, ma mantenendo allo stesso tempo caratteristiche molto simili fino al Novecento, quando è avvenuta una sorta di rivoluzione del packaging grazie all’introduzione di metodi e materiali nuovi per imballare.

Il contenitore non dovrebbe assolvere a una mera funzione pratica, bensì dovrebbe esprimere principi superiori, se si vuole far sì che il suo scopo sia la crescita e la maggiore consapevolezza per la marca. La convivenza tra valori funzionali e valori simbolici è visibile in un gran numero di oggetti costruiti fin dagli albori della storia: dalle anfore greche ai sarcofagi egizi, dai primi contenitori in ceramica alle ampolle in vetro prodotte dai fenici1.

Paradossalmente è proprio con la maturità dell’epoca industriale, quando oramai si cominciarono a concepire gli oggetti come merci da trasportare da un luogo di produzione ad un luogo di vendita, che la progettazione del pack tese a privilegiare unicamente i valori funzionali, trascurando o relegando in secondo piano quelli simbolici1.

(16)

In questo periodo storico la storia del packaging fu soprattutto una storia di tecnologie. Furono introdotti nuovi materiali (la carta diventò cartone ondulato, la bakelite generò una grande varietà di plastiche, l’alluminio duttile e flessibile andò a rimpiazzare metalli più pesanti e difficili da lavorare) e nuovi sistemi di produzione (come la prima macchina per la produzione di bottiglie in vetro). Il miglioramento tecnologico dei materiali impiegati nel processo di packaging consentì agli operatori della filiera (produttori e distributori) di accrescere il valore offerto al cliente e di contribuire a ridurre le inefficienze di natura logistica2.

In molti altri casi le innovazioni tecnologiche fecero da apripista per nuove opportunità, che si manifestano pienamente solamente in una fase successiva.

Il PET, ad esempio, materiale preso in esame in questa Tesi, venne introdotto nel 1979 per la realizzazione di packaging per bevande gassate3, ma la sua resistenza al calore e la trasparenza alle radiazioni a microoonde lo hanno reso un materale ideale per il packaging di cibi pronti da cuocere.

Una rivoluzione appunto, che avrebbe sorpreso i chimici inventori del poliestere e il suo composto, nella forma PET (polietilene tereftalato). In coincidenza con lo sviluppo di forni a microoonde il PET, e in particolare la sua forma cristallizata CPET, ha reso possibile un inaspettato sviluppo del mercato dei pasti pronti, che oggi rappresenta uno dei settori in più rapida crescita nell’ambito delle catene commerciali.

Quello del PET è solo uno degli esempi di questo tipo, di un materiale o una tecnologia, applicata al servizio dell’uomo e del suo benessere.

Fu a partire dal 1945, per quanto anche prima fossero disponibili, entro certi limiti, prodotti confezionati4, grazie al cosiddetto boom economico che l’aspetto tecnologico dei manufatti venne riconsiderato e collocato in un piano parallelo a quello estetico. Nasce infatti il mondo del design e dell’architettura applicata agli oggetti di uso quotidiano.

Vennero alla luce centinaia di progetti nei quali i principi fondamentali dell’estetica andarono a deporsi come uno splendido velo sulle più grandi scoperte tecnologiche del secolo.

Sono questi gli anni nei quali furono creati oggetti e pack stabili nel tempo o, per meglio dire, caratterizzati da una obsolescenza limitata5. La cosiddetta bellezza senza tempo. Questo principio va ad applicarsi a tutte quelle forme che si fanno “evocazione dei valori che un oggetto porta”.

Basti pensare, per limitarsi al settore automobilistico, agli esempi del Maggiolone, della Due Cavalli, della Mini Morris, o della recente Fiat 500 o la Vespa.

La promozione di articoli casalinghi, gli spot pubblicitari, le fiere di settore furono una grandiosa presa di coscienza che la tecnologia andava venduta ed esposta nella sua massima magnificenza.

Oggetti che, non a caso, avevano poi la tendenza a riaffiorare dal passato, con la volontà di riconfermarsi come forme esemplari, come archetipi a-temporali6. Ne sono esempio, il packaging delle Lucky Strike, progettato da Raymond Loewy così come le scatole di latta litografata del Tè Twinings.

Fu, tuttavia, l’affermazione del marketing come nuova attività commerciale a costituire l’emento catalizzatore che consentì al packaging di diventare il principale fattore di spinta nella vendita dei prodotti.

Infatti lo sviluppo delle dimensioni simboliche del pack andò ad armonizzarsi con il passare dei decenni in modo sempre più coerente con le strategie di comunicazione dalle marche.

2,3,4: Bill Stewart, Professione: packaging designer, Logos, 2008

(17)

Oggi, grazie a questa duplice natura, “logistica e comunicativa”, il packaging tende a rappresentare uno strumento molto forte del marketing e viene caratterizzato da crescente rilevanza, maturità e complessità rispetto al passato7.

Approccio progettuale: design strategy

La progettazione del packaging, va affrontata con strumenti che mischiano in perfetto equilibrio la capacità di progettazione di manufatti industriali e l’originalità degli artefatti grafici8.

Devono insomma essere esplorate tutte le scale e tutte le risoluzioni possibili con cui osservare i fenomeni che gravitano intorno al prodotto.

Questo significa che si dovranno non solamente progettare tecnicamente tutti gli imballi del prodotto ma sarà necessario anche ingegnerizzare tutti i componenti del sistema e fare in modo di poter sviluppare un prodotto efficente e facilmente smaltibile.

Bisogna inoltre tenere in mente le regole classiche della composizione grafica e l’attenta analisi di proporzioni e brand identity.

La brand identity è un elemento che parallelamente allo sviluppo tecnico del prodotto è di fondamentale importanza perché permette di mantenere sempre una distanza dagli artefatti prodotti dalle aziende competitor, di avvicinare le aspettative dei consumatori e, più in generale, di tenere sempre a mente gli scenari sociali di riferimento, come: target, ambiente d’uso, tecnologie produttive, distribuzione e prezzi. Studiare tali scenari consente di capire quali siano le possibili domande emergenti sui consumi, sulle abitudini e sulle richieste che chi progetta dovrà considerare.

Solo in questo modo è possibile progettare in costante relazione all’utente e realizzare degli artefatti visivi e comunicativi destinati ad un target di riferimento9.

Attraverso il lavoro di questa Tesi si pone l’obiettivo di esplorare, attraverso gli strumenti del design, il mondo del packaging per bevande gassate in PET e delinearne le linee guida per, come espresso in questo paragrafo, progettare contenitori che rispondano ai requisiti dell’utente e possano al contempo mantenere performance tecniche eccellenti.

7: Bill Stewart, Professione: packaging designer, Logos, 2008

(18)

Imballaggi in materiale plastico

Come introdotto nel paragrafo precedente, a partire dal Dopoguerra, nei paesi più sviluppati vi fu una progressiva sostituzione degli imballaggi tradizionali realizzati in vetro, carta, alluminio con imballaggi in materiale plastico.

Questo cambiamento comportò una repentina crescita del settore di produzione e trasformazione dei materiali plastici per l’imballaggio, spesso anche a discapito di altre tipologie di materiali che videro un rallentamento della propria originaria distribuzione.

L’esempio, in questo specifico caso, riguarda la sostituzione dell’imballo in vetro con materiali plastici dei contenitori per liquidi alimentari.

I motivi di questa crescita sono riscontrabili nelle innovazioni prestazionali da essi apportate, ma anche alla proprietà dei materiali plastici di diminuire il quantitativo di materiale impiegato a parità di prestazioni. Nel caso di una bottiglia, ad esempio, furono fatti progressi nell’alleggerimento totale del prodotto attraverso la diminuzione del materiale impiegato. Lo stoccaggio è un’altra motivazione di questo rapido cambiamento: stoccare coils per la produzione di lattine per liquidi è probabilmente più semplice che trasportare bottiglie in vetro ma rappresenta uno svantaggio rispetto allo stoccaggio di preforme per la produzione di imballi in PET10. Un altro aspetto molto importante da tenere in considerazione è la richiesta sempre maggiore di prodotti freschi in porzioni preconfezionate. Questi prodotti implicano un maggiore utilizzo di confezioni leggere e con particolari caratteristiche quali il mantenimento delle proprietà organolettiche, nessuna contaminazione materiale/prodotto, possibilità di riscaldare il contenuto nel forno a microonde e altre caratteristiche che spesso solo le confezioni in plastica possono soddisfare.

Un ultimo particolare riguarda il riciclo. Negli ultimi anni il riciclo di materiale pastico si è evoluto a dismisura e non mancano proposte progettuali in Bio-plastica.

(19)

Imballaggi in plastica più utilizzati per tipologia di bevanda

Grafico: Plastic Europe Market Research Group (PEMRG), 2015

Packaging

39,4%

Altro

26,4%

Costruzioni

20,5%

Autotrasporti

8,3%

Microtecnologie

5,4%

Settori di utilizzo della plastica in Europa

Grafico: Plastic Europe Market Research Group (PEMRG), 2015

PET Glass Cans PVC HDPE PP PS Cartons PC

(20)

Packaging per liquidi alimentari

Un buon packaging per liquidi alimentari, deve innanzitutto svolgere due compiti fondamentali: proteggere il prodotto da eventi di contaminazione (di natura biologica o chimica) e ridurre la velocità di decadimento qualitativo.

Oltre a queste due funzioni, prettamente legate al materiale con il quale è realizzato il packaging (come descritto nel paragrafo precedente) esistono anche quelle legate alle fasi di produzione e distribuzione del prodotto su larga scala e le funzioni comunicative connesse al marketing che permettono al consumatore di conoscere le informazioni sulla composizione, i contenuti nutrizionali, il tempo e le condizioni di conservazione e l’eventuale trattamento tecnologico subito.

Nella creazione del contenitore acquista molta importanza la scelta dei materiali utilizzati e le tecnologie di confezionamento, poiché i prodotti contenuti si modificano nel tempo e il contenitore non deve avere nessun tipo di interazione e scambio con l’alimento stesso.

I requisiti di un contenitore generico per liquidi sono:

• Scelta dei materiali, tecnologie di produzione, fattori chimico-fisici, trasmittanza a diverse lunghezze d’onda (VIS e UV), stabilità e resistenza agli agenti di sterilizzazione fisici e chimici, migrazione di sostanze volatili dall’imballo verso l’alimento o viceversa;

• Contenitori dalle forme particolari e attraenti;

• Fattori di marketing: prestazioni dell’imballaggio (facilità di presa, apertura), buona identificazione del prodotto.

• Possibilità di impiego anche in tecnologie di confezionamento dove il riempimento e la chiusura del contenitore avvengono in un’unica fase da potersi realizzare, dove necessario, con tecniche speciali (ad esempio imbottigliamento latte e bevande in contenitori poliaccoppiati);

• Impermeabilità ai gas, che permette di realizzare imballaggi con atmosfere modificate, studiate per la miglior conservazione del prodotto alimentare e per aumentare la vita di scaffale (shelf-life);

• Trasparenza, che permette la totale visibilità del prodotto contenuto per poterne valutare il buono stato di conservazione sia da parte del consumatore che degli organi di vigilanza.

Questa caratteristica è fondamentale nell’imballaggio di cibi freschi o acqua.

• Facilitazione dei processi produttivi e distributivi come la selezione, trasporto, immagazzinamento grazie ai bassi costi di produzione, il basso peso e la notevole resistenza meccanica.

• Eco-compatibilità dell’imballaggio: monomaterialità, studio del riuso del contenitore, riduzione del materiale utilizzato, riciclo (possibilità di recupero, sotto varie forme, del materiale utilizzato per realizzare il pack). La possilbilità di uno smaltimento efficace e di una rete di raccolta del materiale ampia e completa.

(21)

Imballaggi in plastica in Europa

LDPE

PP

HDPE

PET

PS

PVC

PA e altri

Materiali più utilizzati per il packaging di liquidi alimentari in Europa

(22)

Packaging per liquidi alimentari in PET

THE

ACQUA

BIRRA

LATTE

ENERGY

DRINKS

LIQUORI

OLIO

CSD

SUCCHI

(23)

Packaging secondario/ Overpackaging

Packaging primario

(24)

CARBONATED

SOFT DRINKS

(25)

INTRODUZIONE

Il mondo del packaging per liquidi alimentari, come introdotto nel primo capitolo, è estremamente ampio e variegato. Se finora si è posta l’attenzione sulla distinzione tra le varie forme e suddivisioni di questo universo merceologico ora si va a porre l’accento su una particolare categoria di prodotti: i Carbonated Soft Drinks.

Questi prodotti, la cui tortuosa storia verrà spiegata in questo capitolo, rappresentano non solamente la sfida più grande per un progettista di packaging, ma giustificano, con il mercato che muovono, un’approfondimento esaustivo che porterà alla luce criticità tecniche, esigenze di marketing e sviluppi futuri di questo particolare settore.

(26)

26

LA STORIA DEL CSD È LA STORIA DEL PET

Senza prodotti gassati non ci sarebbe stata una così rapida evoluzione tecnologica dei manufatti in PET

1

2

3

SONO I PRODOTTI BEVERAGE PIU’ VENDUTI

I brand di bevande di tipologia CSD sono multinazionali che competono nel mondo del design

SONO PRODOTTI COMPLESSI

Progettare packaging per questi prodotti nasconde molte insidie tecniche e progettuali che è necessario conoscere

(27)

MONDO DEI SOFT DRINKS

Tra le bevande analcoliche più note ci sono i Carbonated Soft Drinks, in gergo tecnico CSD.

Le bevande analcoliche sono tutte quelle bibite che non contengono alcool o più esattamente, nelle quali l’eventuale presenza di alcool non sia superiore all’1% del volume1.

Questa qualificazione è normalmente utilizzata con riferimento alle bevande fredde e, nel senso più ampio del termine, comprende le seguenti categorie: acque confezionate liscie, acque gassate, bibite carbonate dolci frizzanti (CSD), bibite dolci piatte, succhi e nettari di frutta.

Le bevande dette Carbonated Soft Drink, prese in esame in questa Tesi, sono quelle bevande che non contengono succhi o puree di frutta se non in misura trascurabile e la loro caratterizzazione gustativa è data dalla presenza di vari aromatizzanti ed estratti vegetali.

Legalmente non sono previsti particolari vincoli ricettistici e queste bevande tendono ad avere un “residuo secco” più basso. Queste bibite possono avere una denominazione che richiama il frutto o la pianta che rientra nella specifica composizione del prodotto, oppure avere una denominazione di pura fantasia. Questi sono prodotti, inoltre, muovono enormi budget nel complesso del mercato globale e necessitano di campagne di marketing sempre più moderne ed accattivanti.

In questo capitolo si andrà ad analizzare in specifico l’importanza strategica e commerciale di queste bevande. Analizzando la natura e la composizione dei prodotti, le bevande appartenenti alla categoria dei prodotti Carbonated Soft Drink possono contenere:

• acqua (in genere oltre l’80 per cento); • zuccheri (o dolcificanti);

• sostanze aromatizzanti;

• eventuali altre sostanze edibili di origine vegetale (quali succhi e/o puree vegetali, estratti e/o infusi di caffè, tè e altre piante, ecc.) e, talvolta, anche elementi arricchenti di varia natura (quali vitamine, sali minerali, sostanze energizzanti, ecc.).

Oltre a queste componenti di base, le bibite analcoliche possono contenere, a discrezione delle case produttrici, eventuali altre sostanze residuali2.

1: www.wikipedia.com

2: Cfr. R.D. 27.7.1934 n° 1265; D.P.R. 19.5.1958 n° 719; Legge 3.4.1961 n° 286; 1.2 - Carbonated Soft Drinks

(28)

- Bevande a base di Cola: Bibita contenente acqua, zuccheri, anidride carbonica, caramello o coloranti abbrunenti (che danno alla bevanda il classico colore scuro), sostanze acidificanti e conservanti, caffeina e “aromi naturali”, tra cui estratti di cola, pianta tropicale il cui frutto ha un’azione stimolante. Il mix degli aromi, pur rappresentando meno dell’1% del prodotto, costituisce l’elemento segreto e personalizzato delle varie formule, conferendo a ciascuna di esse il proprio specifico gusto.

Nuove varianti sono le cole al gusto di limone e le cole alla vaniglia.

- Lemon-lime: Bevanda con un gusto caratterizzato dalla presenza d’estratti di limone e/o lime, piccolo limone verde molto profumato, tipico dei Caraibi. Data la forte vicinanza ricettistica, le “lemon-lime” possono essere considerate l’evoluzione moderna delle tradizionali gassose al limone.

- Cedrata: bevanda a base di essenza o alcolato di cedro, dal classico colore giallo, grazie alla presenza di specifici coloranti.

- Chinotto: è la bibita a base d’agrume di chinotto, una specie di piccolo mandarino di sapore amarognolo, di origine cinese ma coltivato anche in Liguria, che presenta un classico colore scuro dovuto alla presenza di caramello (zucchero brunito mediante cottura).

-Gassosa: è costituita da acqua, zucchero, anidride carbonica ed essenze di limone, con l’eventuale aggiunta d’acidificanti, ma senza sostanze coloranti. Il termine “gassosa” può essere utilizzato legalmente solo per le gassose al limone.

(29)

-Spume: rappresentano delle bibite a base di zucchero, acido citrico e aromi vari.

-Acque toniche: non sono delle semplici bevande acquose ma delle bibite a pieno tito-lo in quanto contengono zucchero, bictito-loridato di chinino (sostanza amaricante) e altre essenze aromatiche; il tutto conferisce al prodotto un caratteristico gusto dolceamaro.

-Aperitivi analcolici: “bitter” (“amaro”) e “ginger” (“zenzero”) o birre analcoliche.

- Bibite Light o Senza Zuccheri: sono bevande nelle quali si abbassa l’apporto calo-rico della bibita sostituendo parzialmente i normali zuccheri con dolcificanti ipocalorici (“Bibite a Ridotto Contenuto Calorico”), riducendo almeno di un terzo l’apporto calorico della bibita. I dolcificanti ipocalorici più usati sono il ciclammato di sodio, l’acesulfame K e l’aspartame.

Tipologie di prodotti

3

3: Fonte: PET Engineering 1.2 - Carbonated Soft Drinks

(30)

Colorati, divertenti, eleganti, esuberanti. I packaging dei prodotti rispecchiano la natura frizzante ed esuberante delle bevande che contengono. La sfida che attende il mercato del CSD è la differenziazione massima a scaffale. Una sfida dura non solo dal punto di vista grafico, ma anche tecnologico.

La risposta formale fa da spinta a un’evoluzione tecnologica che non si può fermare mai.

Storia dei CSD

Per poter comprendere quali siano le complessità progettuali dello sviluppo di un packaging in PET per CSD è necessario approfondire il percorso storico che, dai primi contenitori in vetro contenenti bibite gassate porterà allo sviluppo di contenitori in materiale plastico.

In questo particolare caso la storia di un materiale, il PET, si intreccia con quello di una sostanza molto difficile da contenere e dalla proprietà os-tiche per qualsiasi recipiente in materiale plastico. Sarà infatti per una pura dote di ingegno e astu-zia del suo inventore che ora è possibile gustare una Cola con tutta la sua fragranza da una botti-glietta in PET anche dopo mesi dal suo confezio-namento.

(31)

STORIA DEI CSD

Prima della Seconda Guerra Mondiale i paracadute erano stati prodotti soprattutto con seta giapponese e altri materiali dal peso leggero. In seguito il rifornimento di questi materiali venne meno e si dovette urgente-mente trovare una soluzione, tra cui l’utilizzo del nylon. L‘impresa americana DuPont, nel 1939, produsse tutto il nylon possibile, tuttavia durante la guerra il rifornimento fu scarso. Per questo motivo il Dipartimento per la Produzione Militare del Governo Americano istituì una commissione speciale per lo studio delle fibre artificiali ed in particolare del poliestere prodotto in Inghilterra. Mentre la DuPont era completamente impegnata a fabbricare nylon, si decise di dare l‘incarico alla Eastman Chemical Company che divenne la prima produttrice di poliestere. Nel 1941 il poliestere fu impiegato per la prima volta nella produzione di fibre e negli anni cinquanta il mate-riale denominato «Trevira» o «Dralon» divenne subito un simbolo nell‘industria tessile.

Questo materiale appena scoperto caratterizzò l‘industria dell‘abbigliamento per molti anni. Gli anni Cinquan-ta e SessanCinquan-ta furono l‘era di pullover multicolori, panCinquan-taloni facili da tratCinquan-tare e camicie che non si stiravano. Se il PET, resina termoplastica della famiglia dei poliesteri, era stato inventato nel 1941,per usi principal-1.2 - Carbonated Soft Drinks

(32)

per l’industria alimentare e gli enormi vantaggi nel renderlo un materiale adatto per contenere liquidi. Da qui l’invenzione della bottiglia di plastica in polie-tilene tereftalato (PET) nel 1973.

Evoluzione

Negli anni Sessanta le aziende produttrici di bibite gassate erano costrette a confezionare le loro bevande in bottiglie di vetro, e non nelle più economiche e leggere bottiglie in polipropilene, un polimero termoplastico dai molteplici impieghi.

E’ la fase in cui esiste sostanzialmente un’unica bottiglia di vetro, un’unica forma standardizzata che si fa supporto per etichette che si piegano alle strutture comunicative delle singole marche, in un’unica concessione sul piano della comunicazione comportava l’inserimento del marchio a rilievo sul corpo della bottiglia.

Quest’ultimo era un segno che garantiva l’appartenenza del contenitore al marchio impresso all’interno del circuito chiuso di riutilizzo dell’imballaggio, secondo la formula del vuoto a rendere. Andò affermandosi, al contrario, il vuoto a perdere, espressione usata anche in senso figurato per indicare una cosa senza un particolare valore, che nessuno intende riprendersi.

La scoperta di Wyeth avviene quasi casualmente durante un esperimento domestico. L’inventore, curioso delle proprietà del nuovo materiale,riempì di ginger ale una bottiglia di detersivo vuota, allora realizzata in polipropilene, e la ripose in frigo. Durante la notte la bottiglia si gonfiò a dismisura, tanto da scoppiare: le frizzanti bollicine della bevanda, effetto dell’addizione di anidride carbonica, produssero una pressione che il polipropilene non poteva contenere. Wyeth, non convinto della bontà del materiale finora utlizzato, risolse definitivamente il problema impiegando, al posto del polipropilene, il PET, le cui

(33)

fibre venivano allungate e quindi rese più resistenti alle deformazioni indotte dal contenuto gassoso, grazie all’uso di uno speciale stampo4. Si può considerare questa la fase iniziale di sperimentazione sul PET che portò verso la metà degli anni ‘70 alla distribuzione sempre più massiccia nel mercato, un passaggio cruciale per l’evoluzione del settore beverage. Un’innovazione che trasformò poco a poco l’intera gamma dei contenitori per bevande contribuendo a ridisegnarne le shape.

Il compito di determinare l’identità del contenuto non doveva più essere interamente delegato al progetto grafico dell’etichetta, ma iniziava a riguardare anche la forma, trasformata in elemento centrale della struttura comunicativa complessiva, in un momento segnato dall’incremento dei consumi, dalla crescita esponenziale delle marche e dal rafforzamento delle identità.

L’invenzione della bottiglia in PET rivoluzionò il settore degli imballaggi, condizionando anche i consumi. Alleggerire i contenitori permise di creare confezioni più grandi, capaci di accogliere una maggiore quantità di prodotto: un implicito incoraggiamento al consumo casalingo di bevande gassate e liscie.

In breve tempo le bottiglie in PET soppiantarono quelle in PVC, usate già agli inizi degli anni Settanta per l’acqua minerale non frizzante: il PET si dimostrò più resistente e sicuro.

In questi anni anche i quotidiani iniziarono ad interessarsi al

confezionamento di acqua, latte o bevande. I produttori annunciarono l’adozione della nuova bottiglia, ma al tempo stesso parte dell’opinione pubblica si chiese se i contenitori in plastica non rilasciassero sostanze dannose, specialmente dopo la notizia di sequestri cautelativi di acque minerali, gravi perché: «non è sotto accusa il contenuto della bottiglia, ma la bottiglia stessa»5.

Nella prima fase di inserimento nel mercato delle bottiglie in PET, del nuovo imballaggio prevalsero valori quali la leggerezza, l’infrangibilità, la possibilità di realizzare grandi formati per contenere i costi.

Fu una fase di affermazione nella quale l’attenzione era rivolta ai valori funzionali, mentre quelli estetici, così come quelli comunicativi ed ergonomici non erano oggetto di particolare interesse progettuale. Sul piano prettamente formale le nuove bottiglie realizzate in materiale plastico si presentavano come massicci e tozzi cilindri con una capsula a ‘campana’, molto simili ad una tanica per acqua6.

La tecnologia prodottiva dell’epoca non prevedeva parison nè studi per limitare le doformazioni del contenitore sotto sforzo.

5: Livio Burato, Sono all’esame della Sanità le acque minerali sequestrate, “La Stampa”, 15 agosto 1975 6: Vedere immagine 2

(34)

Negli anni ‘80, però, il termine marketing cominciò ad imporsi sem-pre più nelle decisioni strategiche delle compagnie imbottigliatrici. L’attenzione per la cura del packaging e delle campagne pub-blicitarie era obbligatoria per la buona strategia di marketing. Da qui la ricerca di soluzioni ottimali per il controllo della forma, le tecnologie più efficienti per le macchine di imbottigliamento e una strategia improntata sulla massiccia propaganda, grazie a campagne pubblicitarie colossali.

I livelli di vendita delle più grandi compagnie di imbottigliamento fece si che queste riuscirono non solo a dividersi fette importanti di mercato, ma anche che riuscirono a far confluire a sè alcuni altri brand minori.

Uno degli esempi virtuosi è il gruppo oggi conosciuto come Pepsico, nato Pepsi-Cola negli anni Settanta, che controlla alcuni nomi fra i più importanti nel panorama internazionale come Acquafina, 7Up, Mirinda, Montain Dew e molti altri.

Il marketing, unito alle sempre più efficienti scoperte tecniche sulla produzione e lavorazione del PET, spinsero verso una sempre più importante ricerca di forme nuove per le bottiglie e di una evoluzione costante del design del packaging, come è possible osservare dalle immagini a lato in cui si confrontano i packaging della Pepsi da 0,5 litri nella sua evoluzione formale e tecnica. Il nuovo Millennio non portò solamente l’attenzione al design bottiglia, ma anche alla sua dismissione.

Se, infatti, le plastiche ricavate dalla lavorazione del petrolio non si potevano distruggere era necessario allora limitarne la produzione, riusando magari quelle esistenti. Il recupero degli scarti rappresentò una prima soluzione e il lessico dell’ecologia diventò così sempre più presente nella vita quotidiana: riciclaggio, raccolta differenziata, biodegradabile, compostabile furono parole

7:Ford ricicla bottiglie, Corriere della Sera del 12 giugno 1993 8: Le immagini di queste pagine rappresentano sommariamente l’evoluzione delle bottiglie di Pepsi dagli anni ‘70 fino ad oggi.

a cui corrisposero nuove abitudini, nuove priorità, nuove mete.

Dagli anni Novanta le multinazionali e i centri di ricerca di tutto il mondo misero a punto metodi sempre più efficaci per trasformare il rottame plastico in materiale riutilizzabile industrialmente. Gli sviluppi applicativi di queste sperimentazioni vennero accolti con entusiasmo dall’opinione pubblica. Un esempio, in questo caso, è quello del “Corriere della Sera” che annunciava nel 1993 un’iniziativa della Ford: ‘Dalla gazzosa ai fari: ov-vero, come trasformare una bottiglia di plastica in componenti per auto’7. Non si tratta dell’ultima frontiera del riciclaggio, ma di un nuovo processo già operativo in alcuni stabilimenti Ford degli Stati Uniti. Un esempio di come il packaging si stava lanciando verso il nuovo Millennio.

(35)

Da vetro a PET

Nell’analisi storica dei prodotti CSD è possibile notare come sia stato possibile, nel periodo conclusivo degli anni ‘70, che alcuni cambiamenti nella società abbiano portato le aziende e i rispettivi consumatori, a compiere scelte d’acquisto diverse da quelle usuali, orientandoli verso nuove soluzioni e nuovi materiali per oggetti che hanno avuto, per decenni, un aspetto ben preciso nell’immaginario comune.

I motivi di questi cambiamenti sono:

1. lo sviluppo tecnologico che ha portato alla realizzazione di materiali alternativi;

2. un netto miglioramento del tenore di vita conseguente all’aumento del reddito pro-capite;

3. l’insorgere di problemi ambientali (inquinamento) che hanno rivoluzionato il mercato in termini di volumi; 4. la definitiva evoluzione dei sistemi distributivi e l’espandersi dei supermercati (GDO).

Per meglio comprendere i motivi di questo cambiamento di “rotta” dal vetro alla plastica è necessario confrontare pro e contro del vetro con quelli del PET9.

Le bottiglie che contenevano queste bevande erano, in passato, tutte realizzate in vetro. Questo

essenzialmente per un problema di qualità: essendo più sensibile all’ossigeno, un materiale plastico come il PVC o il PET non assicurava una sufficiente vita a scaffale (shelf life) alla bevanda.

Da quando questo problema è stato superato grazie all’utilizzo del PET biorientato il mercato si è evoluto in controtendenza definendo come ‘standard’ le bottiglie in PET e parallelamente mantenedo il vetro come nicchia di mercato per prodotti di fascia alta e dal prezzo meno concorrenziale.

Le nuove sfide riguardano essenzialmente il mantenimento costante della qualità di fronte a quei processi strettamente legati al liquido che la bottiglia deve contenere.

9: Tema approfondito nel paragrafo ‘Indice di impatto ambientale tra packaging a confronto’ del capitolo 1.4 IL PET

(36)

Oggi la ricerca ha portato all’utilizzo sempre più massiccio di tecnologie atte a ridurre drasticamente l’impatto ambientale.

E’ possibile, in questo caso, accennare all’estremizzazione del concetti di lightweighting, ovvero l’alleggerimento estremo della bottiglia, che ha preso vita negli ultimi dieci anni oppure al sempre più importante aspetto della pallettizzazione, ovvero lo studio della maniera più efficace di distribuire il packaging entro limiti di ingombro del pallet imposti dalle case produttrici per poter stoccare il maggior numero di pezzi in un minor spazio possibile. Un altro campo di ricerca in grandissima evoluzione negli ultimi anni è lo studio e lo sviluppo di nuovi materiali. Nel 2015 The Coca-Cola Company ha presentato PlantBottle: la prima bottiglia in PET al mondo realizzata interamente con materiali di origine vegetale che rappresenta un’ulteriore passo avanti oltre i confini dell’innovazione sostenibile e utilizza una tecnologia pionieristica per produrre una bottiglia in plastica al 100% con materiali rinnovabili di origine vegetale.

PlantBottle concretizza la volontà di The Coca-Cola Company che vuole sviluppare un’alternativa più responsabile di origine vegetale alle confezioni tradizionalmente realizzate con materiali derivati da carburanti fossili e altre fonti non rinnovabili. PlantBottle, infatti, sfrutta una tecnologia brevettata che converte gli zuccheri naturali presenti nelle piante in ingredienti per la realizzazione di bottiglie in PET che, per aspetto, funzionalità e possibilità di riciclo, si comportano esattamente come il PET tradizionale, ma con un’impronta ecologica minore sul pianeta e sulle sue scarse risorse.

(37)

Etichette Prime applicazioni di etichette colorate John Matteahus Secondo impianto di imbottigliamento Schweppes a Ginevra 1960 1783 1767 John Priestley

Inventore della prima soda potabile, imbottigliata in contenitore di vetro Johan Jacob Primo impianto di imbottigliamento Schweppes a Ginevra 1806 1830 1858 1870 1892 1899 1934 Benjamin Silliman

Fontane di soda, Yale University, Connecticut

Hiram Codd

Primo neck finish

Hiram Codd

Primo brevetto per macchina

imbot-tigliatrice Londra, UK

William Painter

Prima bottiglia con tappo a corona

Michael Owens

Primo brevetto per macchina per il sof-fiaggio dei bottiglie

in vetro Primi tentativi di estru-Phillip Orbet sione e soffiaggio di materie plastiche 580 0 0 unità/d Soffiatrice meccanica 140 0 unità/d Soffiactrice manuale

10: Dati: PET Engineering / Husky Injection Moulding

Timeline dei CSD

(38)

Nathaniel Wieth

Nuovo metodo di soffiaggio del PET

Pepsico Prima bottiglia PET, 2 Litri 2014 2010 1997 1995 1991 1986 1983 1977 1973 Nathaniel Wieth

One step machine

Introduzione del fondo petaloide Bekum’s Prima produzione di 3000 bottiglie/ ora Introduzione del fondo champagne Alleggerimento presa Marketing Il design bottiglia rispecchia il brand Tecnologia Serie 4 Serie 4 690 0 0 unità/h 30 stampi 1,6 s Serie 3 560 0 0 unità/h 28 stampi Serie 2 320 0 0 unità/h 20 stampi Serie 1 2160 0 unità/h 24 stampi Nissei 120 0 0 unità/h 8 stampi 44/46g 18/24g +10% peso 1976

(39)

Evoluzione storica

Come è possibile notare nel grafico a pagina 36 la storia evolutiva di un prodotto è fondamentale per comprendere gli assetti futuri di un mercato.

Se, infatti, esistono alcune enormi multinazionali che investono ingenti somme in marketing e sviluppo di piani per il design è anche e soprattutto perché lo sviluppo storico di queste aziende ha necessitato di uno sviluppo tecnologico non indifferente.

E’ possibile notare dallo stesso grafico come i volumi di produzione siano aumentati a dismisura con l’avanzare del tempo e, di pari passo, siano allo stesso modo migliorati i metodi produttivi e l’attenzione maniacale per i dettagli.

Se infatti a metà degli anni ‘70 le bottiglie in PET di un brand come Sprite erano pressoché identiche a quelle di un brand completamente differente come Pepsi-Cola11 le motivazioni sono molteplici. La tecnologia non permetteva grossi lotti produttivi, si parla di 12 000 unità all’ora nei primi anni e poco più di 20 000 dieci anni dopo e quindi era ragionevole avere lo stesso contenitore utilizzato per distribuire differenti brand.

Al giorno d’oggi la realtà è drasticamente differente.

Il marketing non solo va spingendo verso una totale e rapida differenziazione a scaffale, ma richiede notevoli sforzi nel progettare pack sempre nuovi e freschi.

Le possibilità tecniche odierne sono inoltre enormemente evolute rispetto al passato. Un normale impanto produttivo può arrivare a un numero di quasi 70 000 unità all’ora12.

La storia quindi insegna che non solo è possibile avanzare tecnologicamente in base alle richieste del mercato ma che le evoluzioni tecnologiche possono e devono essere sfruttate per migliorare il prodotto che andrà a scaffale.

Per questo è doveroso e necessario interrogarsi su quali siano le migliori strategie progettuali nello sviluppo di questi prodotti e quale sia il metodo corretto per mettere in produzione packaging funzionali ed intelligenti.

11: Veniva utilizzata la stessa bottiglia per brand differenti, figura 2 (pagina precedente) 12: Dati: Husky Injection Moulding

(40)

Oggigiorno le cosiddette aziende di imbottigliamento come Pepsico, The Coca-Cola Company, Unilever e Nestlè investono una percentuale molto ingente dei profitti in ricerca, design e innovazione a livello globale.

Pepsico, per esempio, ha inaugurato nel 2014 il proprio Centro di

Innovazione e Design a New York City e partecipa a tutte le più importanti fiere e manifestazioni internazionali riguardanti food&beverage, ma anche fiere di design come il Salone del Mobile e la London Design Week.

In questa pagina: Pepsico ‘Mix-it-Up’ Innovation Lab al Salone del Mobile 2015.

(41)

Case Study: Coca-Cola

Il design, nell’accezione più ampia del termine, non ha dei confini concreti, decisi, ma nel caso del packaging il ruolo del design diventa sempre più inclinato verso il marketing1. L’esempio riportato è fondamentale per comprendere questo cambiamento.

Se infatti Alexander Samuelson nel 1915 disegnò la prima bot-tiglia di Coca-Cola, ispirata alle forme sinuose del corpo di una donna, ora questo tipo di filosofia progettuale non solo non è più considerata dai grandi marchi di bevande, ma non è più sufficiente per determinare la buona riuscita di un packaging. Oggi, infatti, negli stessi corridoi degli uffici di Coca-Cola dove soleva passeggiare Samuelson, si aggira il nuovo direttore del design della casa di Atlanta: il signor Alex Center.

Un personaggio ecclettico e del tutto fuori dagli schemi, ma che è l’esempio vivente di come siano cambiate le regole in questo am-biente e in tutto il sistema che ruota attorno al food & beverage. La sua visione è quella di un designer completo, che possa essere progettista, ma anche uomo-immagine per l’azienda. Il design come arma di seduzione per il marketing.

Ne sono l’esempio i suoi lavori, sempre concentrati nel far combaciare forma e contenuto, industrial design e marketing all’ennesima potenza.

Entra qui in gioco la capacità da parte del progettista di avere una visione progettuale completa dal foglio bianco fino allo scaffale. Il signor Center non è certamente un mago, o un personaggio artificiale creato ad-hoc per far pubblicità. E’ un professionista a tutto tondo, capace di balzare dalle necessità e dalle richieste estremamente tecniche dello sviluppo di un packaging per una bevanda ‘complessa’ come la Cola allo sviluppo della campagna mediatica per la distribuzione di questo prodotto. La cosa che più impressiona del suo lavoro, specie il packaging pulito ed essenziale di VitaminWater e SmartWater si nasconde all’interno del suo pensiero riguardo all’essere designer, ripetuto fino alla noia.

Essere packaging designer è essere designer a 360°. Significa pensare al prodotto nella sua interezza a partire dall’idea fino alle campagne di marketing, ovvero all’intero processo di progettazione.

Il suo lavoro, qui esemplificato, è l’esempio di cosa significhi progettare il packaging per i prodotti di un marchio come Coca-Cola e di tutti i suoi brand affiliati, in gergo ‘private brand’13

Profilo1

Alex Center, nato a Brooklyn nel 1984, è l’eclettico direttore del design di The Coca-Cola Company.

La sua capacità di tradurre concetti di puro marketing nel concept di un progetto di packaging sono fondamentali per capire l’evoluzione che sta subendo il settore dei prodotti gassati d’uso comune.

Nove anni fa Alex Center uscì dal College con un degree in design della comunicazione e approdò in seno alla Glaceau che deteneva il brand VitaminWater.

Come primo designer in-house di Glaceau VitaminWater Alex Center ha realizzato il design della maggior parte dei prodotti legato al marchio di New York. Il suo lavoro non si è limitato alle grafiche dell’etichetta ma si è spinto oltre andando a progettare il design del packaging, le modalità di vendita, le campagne pubblicitarie, i gadget e tutto il materiale relativo al brand. Quello che lui definisce essere designer in-house.

Oggi, a seguito dell’aquisizione del marchio Glaceau da parte del gruppo Coca-Cola per 2,1 Miliardi di dollari, Alex Center è il direttore del design di The Coca-Cola Company ed è responsabile per il packaging e le campagne di marketing del famoso marchio di Atlanta.

(42)

Alex Center tenne un Congresso a Los Angeles, il Dieline Forum, nel 2014 nel quale parlò del suo lavoro per Vitamin-Water e di come il suo approccio al design aveva trasformato un’azienda multinazionale come come Coca-Cola.

Alla fine del suo discorso Alex indicò quali erano secondo lui le massime con le quali si poteva riassumere il suo lavoro di Chief Design Officer della più grande azienda al mondo produttrice di Soft Drinks14:

Questi sono i sei comandamenti secondo Alex Center che riassumono, in maniera vivace e scanzonata, le pratiche di un buon progettista di packaging.

L’insegnamento che è possibile trarre dalla sua esperienza è quello di avere sempre una visione completa del processo e di tenere sempre a mente che qualsiasi lavoro dedicato al mondo del beverage necessita di un designer e della sua capacità di creare innovazione.

In-house is no outhouse.

E’ meglio fare deisgn In-house che outsourcing. Lavorare a stretto contatto con la casa madre (che rappresenta il cliente principale) aumenta la qualità dei prodotti e l’efficacia del lavoro di un designer.

Be a thought leader, not a craftsman.

Sii un filosofo non un artigiano. Fare il designer significa prima di tutto essere uomini di cultura.

Be the brand.

Sii tu stesso il brand. In ogni momento.

Don’t listen to the wizard.

Non seguire le mode e gli stili del momento ma concentra il lavoro sul brand.

Think like a politician.

Fare il designer significa fare politica.

Il lavoro di un designer di packaging può far muovere prodotti in larga scala e dal suo lavoro dipendono spesso le scelte di un’azienda.

Designers belong in the boardroom.

Dovrebbe esserci un designer in ogni sala riunioni.

13: The Dieline Blog

(43)

MERCATO

‘While growth in 2 litre bottles is stagnant

exept for some conversions from glass,

smaller packages are still enjoying a high

growth rate’

Stretch Blow Moulding Guide - Ottmar Brandau

(44)

PRINCIPALI PLAYERS

Nel mondo del beverage il settore delle bevande

analcoliche gassate è quello in cui si nota una maggiore competizione globale e in cui si registrano i più elevati ricavi annuali.

Fondamentale in questo casi è l’analisi dei prodotti delle maggiori case imbottigliatrici mondiali per comprendere al meglio quali linee vengano seguite nella definizione dei packaging e nelle stratege di marketing globali. Il mercato mondiale è da decenni dominato da due grandi gruppi, le compagnie americane The Coca-Cola Company e PepsiCo Group Tuttavia il settore è ricco di numerose realtà aziendali che si sono ritagliate un proprio ruolo nel mercato delle bevande analcoliche, lanciando prodotti specifici o prodotti tipici di un determinato territorio.

In questo capitolo si andranno ad analizzare i valori di mercato attuali e le sfide che questi prodotti dovranno affrontare nel futuro.

(45)

45

Quote mercato mondo (%)

The Coca Cola Co. 18,7%

Pepsico 8,8%

Danone group

3,9%

Nestlè SA 2,9%

Dr Pepper 1,1%

Suntory 0,9%

Red Bull Gmbh 0,2%

Private label 7,7%

Altre 55,8%

Mercato

Nel mondo, il settore dei soft drink rappresenta un mercato molto concentrato, come si può notare dal grafico preso in considerazione; il leader mondiale è The Coca-Cola Company con una quota di mercato risalente al 2014 pari al 18,7 per cento, seguita da PepsiCo con l’8,8 per cento, Danone Group con il 3,9 per cento e Nestlè Sa con il 2,9 per cento.

E’ palese quindi come The Coca-Cola Company e Pepsico abbiano un potere di mercato più elevato rispetto alle altre nel settore CSD, le quali ricoprono un posto marginale, seppur importante, rispetto alle leader. Citando quelle prese in considerazione: Dr Pepper (1,1 per cento), Suntory (0,9 per cento), Red Bull (0,2 per cento), Britvic (0,0 per cento).

Il mercato è composto, oltre che dalle citate aziende, anche da un numero importante di Private Label che vanno a coprire una quota mondiale del 7,7% e da un numero ancora più elevato (circa 400) di altre piccole aziende che coprono più della metà del mercato mondiale con una quota del 55,8%1.

1: Dati: Husky Injection Moulding 2: Grafico: Husky Injection Moulding

(46)

Mercato in evoluzione

Il dominio di Coca Cola, stando ai dati, sarebbe molto più incisivo rispetto a Pepsico (pur con uno scarto percentuale di quasi 10 punti), ma analizzando uno dei parametri di studio più interessanti ovvero la

differenziazione e la suddivisione in brand minori, la differenza si fa molto più sottile.

Il mondo dei Carbonated Soft Drink, infatti, è in una fase di forte evoluzione. Il consumatore richiede prodotti che vadano a rispecchiare le proprie abitudini, ad esempio sono comuni le bevande specifiche per genere, le bevande che riflettono culture popolari particolari e quelle che rispondono a determinati stili di vita.

Questo sta comportando una rapida e intensa trasformazione dei mercati, rendendo l’offerta sempre più variegata e ricca come è possibile notare nell’immagine della pagina successiva.

Oggigiorno il cliente medio presta molta attenzione verso l’aspetto nutrizionale e necessita di bevande che rispecchiano questa caratteristica, come le bevande light a basso contenuto di zucchero cosi come le varianti zero, (Coca Cola Zero, Fanta Zero e altre) o quelle nelle quali vengono utlizzati solo dolcificanti di origine naturale e prodotti che contengono ingredienti che si avvicinano più alla naturalezza della materia prima utilizzata.

Il consumo di Carbonated Soft Drink ad alto contenuto zuccherino ha registrato un calo dal 2008 al 2013 passando da un 35,8 per cento a un 30 per cento di consumo. Uno dei principali motivi sono le campagne salutistiche svolte da molti stati, in primis gli Usa, con la lotta all’obesità. In queste campagne si può inserire anche la Francia che, dal 2012, ha introdotto la tassa sui prodotti contenenti soda3.

Per questo i produttori stanno promuovendo sempre più prodotti con ridotte calorie, basso contenuto di zuccheri e dolcificanti naturali. L’aspetto della funzionalità nel segmento analcolico ormai è un parametro tenuto molto in considerazione da una grande fetta di consumatori e dalle grandi case produttrici.

E sarà questo, probabilmente, il punto di ripartenza nei prossimi anni per il mercato delle bevande analcoliche. Un settore che, all’interno del mondo beverage, si distingue per la forte competizione globale e per i più elevati livelli di concentrazione con due colossi che, di fatto, si spartiscono il mercato: le americane The Coca-Cola Company e PepsiCo. “I loro marchi globali sono assolutamente dominanti e le ragioni di successo vanno collegate agli enormi budget spesi per attività di marketing e pubblicità oltre che a una qualità elevata di imballaggi”, è il commento di Sacmi Filing, società del Gruppo Sacmi specializzata in soluzioni complete di riempimento e confezionamento per contenitori in plastica, vetro e lattine.

Anche in Italia - secondo Assobibe, l’associazione di Confindustria che rappresenta le imprese che producono e vendono bevande analcoliche - l’andamento dei consumi del settore perde quote di mercato. Dal 2009 si registra una flessione costante del mercato: -12% nel periodo 2009-2013, -5,33% nel 2013 e il 2014 ha registrato il medesimo trend e segnato un peggioramento del risultato annuo. Il giro d’affari complessivo lo scorso anno è stato di poco superiore a 1,900 miliardi di euro, in calo del 4,4% rispetto agli oltre 2 miliardi del 2013. Se poi si analizzano le quantità vendute, scese del 6,8% in un anno e passate da 1,885 miliardi di litri di due anni fa a 1,758 del 2014, il calo risulta ancor più importante, eccezion fatta per gli energy drink4. “Il calo è da imputare a tutte le sotto categorie dei soft drink, ma sono soprattutto le bevande gassate ad aver contributo maggiormente al trend negativo (-6,7% a volume e -4,4% a valore), vista anche l’importanza all’interno del comparto (quasi il 60% dei volumi complessivi) – commenta Riccardo Angoli, analista di Nielsen -. Unica eccezione è rappresentata dagli energy drink, che nel corso del 2014 hanno fatto registrare

(47)

3: Soda Wars: Coca Cola vs Pepsico tratto da seekingalpha.com 4: www.wikipedia.com

5: Dati: Nielsen

degli ottimi trend a volume (+4,3%). Questa categoria è anche stata l’unica ad aver abbassato il prezzo medio euro/litro rispetto allo scorso anno (-3,6%), in un contesto, quello dei soft drink, in cui la media è +2,6%5. Gli energy drink hanno anche aumentato la pressione promozionale rispetto al 2013.

Questi dati di certo non rappresentano un ritratto positivo del settore del CSD, ma è doveroso comprendere come questa tipologia di prodotti stia andando incontro ad un completo stravolgimento del proprio mercato e che, come espresso nel paragrafo successivo, si sta assistendo ad un vero e proprio cambiamento delle abitudini del consumatore che porterà i prodotti di questa tipologia a ricoprire una fascia sempre più ampia del mercato internazionale.

(48)

Mercato dei CSD

Come detto il prodotto CSD si pone come enorme business nel grande panorama della vendita di bevande nel mondo. Assieme alla vendita di acque liscie e acque gassate e al business degli alcolici il settore CSD raggiunge un bacino di utenza estremamente ampio.

Un buon progetto deve sempre ed obbligatoriamente tenere conto del soggetto ricevente: il destinatario è infatti fondamentale per progettare un artfatto ad-hoc e specifico per le sue richieste.

Non bisogna dimenticare che questo tipo di prodotti sono definiti di largo consumo. L’analisi del target di riferimento è quindi quanto più ampia e generica possibile.

Ma chi è il consumatore?

Egli è innanzitutto un individuo, un’utente e, in senso lato, un cliente6.

Proprio per questo è fondamentale studiare i potenziali consumatori, conoscerne le caratteristiche, i gusti, tutto ciò che li spingerà inconsciamente ad acquistare proprio uno specifico prodotto tra gli innumerevoli simili presenti sul mercato.

L’analisi di quest’ultimo permette di effettuare uno screening efficace di quelli che sono i destinatari del prodotto finale e di capire le caratteristiche principali che dovrà avere il prodotto finale una volta sullo scaffale. L’analisi dei trend di mercato e dei movimenti delle maggiori società mondiali è importantissimo al fine di definire le linee guida del progetto e poter sviluppare idee di packaging in maniera mirata.

Immagine: The Coca-Cola Company

(49)

Mercato del CSD

Dove è possibile trovare questo tipo di prodotti?

GDO

Vending

Eventi

Piccola distribuzione

Spazi pubblici

Spazi privati

(50)

Target

Analizzando il target non è possible tralasciare un’indagine sull’evoluzione demografica utile a stabilire quali sono le fasce utili di mercato in cui distribuire un prodotto.

Si pone qui l’accento sui Millenials ovvero la generazione di nati negli anni ‘80 e ‘90 che secondo le previsioni sarà il target di riferimento negli anni a venire.

Questa generazione di persone è cresciuta con le pubblicità e gli spot televisivi di prodotti alimentari e bevande, packaging creativi e ispiranti7. Essi rappresentano una tipologia di consumatori abituati all’utilizzo di bottiglie di plastica, connessi con la società e con uno stile di vita sempre più impron-tato al consumo consapevole ed esperenziale.

La conoscienza di questo dato fondamentale permette la progettazione di un pack efficacie e dotato di caratteristiche progettate ad-hoc per il cliente finale. Si fa riferimento in questo caso a tutte le esigenze di questo particolare tipo di target riguardo a: colorazioni, finiture superficiali, etichettatura, volumi e tipologia di distribuzione adottata.

Durante la fase di progettazione contenuta nei capitoli conclusivi di questa Tesi sarà possibile esemplificare esaustivamente queste ultime caratteristiche tecniche menzionate.

Popolazione in Europa per generazioni

Grafico: Euromonitor International LTD 2015

7: Food packaging, Luciano Piergiovanni e Sara Limbo, Edizioni Springer 180 160 140 120 100 80 60 40 20 0 2014 2028 2036 2050 Millenials (1981-2000) Gen X (1965-1981) Boomer (1946-1965) Silent (<1946)

(51)

Distribuzione del PET e del prodotto CSD

Andando a comparare i dati presi in esame in precedenza questo ulteriore grafico è utile a capire le possibili evoluzioni del mercato futuro.

Osservando il grafico sulla distribuzione mondiale dl PET è possibile notare che tra i paesi con un tasso maggiore di distribuzione di imballaggi in PET ci sono la Cina, il Nord e Sud America e i paesi emergenti del Sud America e l’India.

Pack di riferimento delle bevande analcoliche, i cosiddetti soft drink, è la bottiglia in PET, seguita a distanza da lattine, bottiglie in vetro e brick.

Analizzando le percentuali è possibile osservare come il PET, che fa la parte del leone con il 70% di share, la lattina in alluminio è utilizzata nel 15% dei pack, e solo il 6% la bottiglia in vetro (stime Assobibite).

Brick in cellulosa poliaccoppiata, bicchierini di plastica con top easy peel di alluminio e buste flessibili cheer-pack completano il cheer-packaging mix dei soft drink.

Grazie a questa analisi è stato possibile osservare non solo che la percentuale di utilizzo del PET è in conti-nua e forte ascesa, ma che il comparto CSD e in generale i prodotti gasati rappresentano quell’elemento di traino per i consumi e per la distribuzione sempre maggiore di imballi realizzati in questo materiale.

TOP 10 del consumo del PET nel mondo del beverage (dati 2015-2018)

8

(52)

Sviluppo del packaging per settore, periodo 2015-2019

9

4.3

miliardi di unità vendute nel 2015

73

%

Nel settore CSD

14

%

Di packaging in PET nei settori food & beverage 9: Dati e grafico: Euromonitor International, 2015

Bottiglie in PET vs. Packaging generico, dati crescita, periodo 2015-2019

10

175

milioni bottiglie in PET dal 2014

#1

Nel settore CSD

4.3

%

Crescita dell’uso del PET nell’anno 2015 China USA India Indonesia Brazil Vietnam Mexico Japan Thailandia Russia 0 5 101 52 02 53 03 5 40 45 Unità (milioni) 7% 11% 6% 2% % CAGR 2015-2019 10: Grafico: Euromonitor International LTD 2015

(53)

Formati

Il grafico rappresentato in questa pagina mostra come l’evoluzione del mercato del PET globale negli ultimi anni stia avanzando verso i medi formati. Una crescita elevatissima si può notare per i formati di tipologia 350 ml, 500 ml e 750 ml1. A cosa sono dovuti questi cambiamenti nelle abitudini d’acquisto da parte dei clienti?

Sicuramente una delle cause principe è il cambiamento dello stile di vita, la sempre maggiore attenzione per la salute e la qualità dei prodotti e la grande distribuzione attraverso catene di vending12 e piccoli distributori.

E’ prevista per il mercato globale una sempre più forte

evoluzione nella richiesta di piccoli formati da 250 ml e 300 ml soprattutto in paesi dai consumi in crescita esponenziale come i Paesi Arabi, la Cina e il Sud-America11.

Distribuzione dei CSD per formati

11: Dati e grafico:Husky Injection Moulding

12: Vending è il termine tecnico con cui si indica la distribuzione automatica, ovvero tutta l’attività di 12 10 8 6 4 2 0 -2 100-300 ml 600 500 400 300 200 100 0 -100 300-500 ml 500-750 ml 750-1000 ml 1000-2000 ml 2000-5000 ml M

illion Units growt

h

% growth 2014-2015

(54)

54

12: Dati: Euromonitor International LTD 2015

Principali luoghi di distribuzione

E’ possible notare nel grafico della pagina seguente la ripartizione geografica dei consumi dei prodotti di tipologia CSD. Si può evidenziare nell’ottica del consumo un netta divisione tra le aree più ricche e quelle più povere nel mondo.

Nord America, Europa, Messico, Cina e Russia assorbono quasi la totalità dei con-sumi mondiali di CSD e prodotti gassati. Questo indice dimostra che ,nonostante un brusco calo di vendite, i prodotti di questa tipologia vengono promossi e distribuiti nelle aree più ricche e avanzate del Mondo.

5,9 %

5,4 %

CAGR PET12 2008-2013 2013-2018

PET

Alluminio

Vetro

Quasi la metà dei prodotti CSD è imballato nel PET12

(55)

Principali luoghi di distribuzione

13

13: Dati: Euromonitor International LTD 2015

Aumento vendite (>1,3%) Crescita minima (<1,3%) o nulla

Riferimenti

Documenti correlati

Le esercitazioni del corso di Progettazione di Processo e Analisi dei Costi vertono sulla progettazione di base e sull’analisi economica del processo di idrodealchilazione (HDA) del

• determinare tramite integrazione numerica del modello a pistone del reattore la conversione, la selettività e il tempo di residenza in funzione della temperatura di

Si consideri che sia l’efficienza della trasformazione reale (scostamento dalla trasformazione ideale adiabatica isoentropica) che quella del motore elettrico all'albero sia

• Il rapporto tra idrogeno e toluene in ingresso al reattore deve essere da una parte alto per evitare il coking e dall’altra basso per ridurre i costi di riciclo. Si suggerisce

Il primo e’ molto comune e frequente nell’ambito dell’elaborazioni delle immagini biomedicali ed e’ la Segmentazione (con l’ausilio del software ImageJ), il

As with other tumors, positron emission tomography (PET) has a role in distinguishing benign from malignant disease, staging the extent of disease, monitoring response to treatment,

Per quanto riguarda l’analisi semiquantitativa, il SUVmax era significativamente più elevato nella valutazioni in condizioni di ipotiroidismo (7.5

Best, “A Discussion on the Quality Factor of Impedance Matched Electrically Small Wire Antennas”, IEEE Transaction on Antennas and Propagation, Vol.53, NO.1, January 2005..