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FIBROMIALGIA, MICROBIOTA INTESTINALE E SENSIBILITA’ALIMENTARI

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Academic year: 2021

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(1)

D

IPARTIMENTO DI

F

ARMACIA

Corso di Laurea Magistrale Ciclo Unico in Farmacia

TESI DI LAUREA

FIBROMIALGIA, MICROBIOTA INTESTINALE E

SENSIBILITA’ ALIMENTARI

Relatori

:

Prof.ssa Laura Betti

Prof. Gino Giannaccini

Correlatore:

Dott.ssa Lionella Palego

Candidata:

Fetjona Miziri

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INDICE • INTRODUZIONE………..3 • CAPITOLO 1: FIBROMIALGIA 1.1Generalità………....4 1.2 Sintomi………...6 1.3 Strumenti diagnostici.………..……….10 1.4 Fattori predisponenti……….………16 1.5 Eventi scatenanti………...17

1.6 Fattori neurobiologici e mediatori dell’infiammazione………....20

1.7 Trattamento farmacologico e non……….27

• CAPITOLO 2: IL MICROBIOTA INTESTINALE 2.1 Generalità……….………..…………....35

2.2 Fattori che alterano la composizione del microbiota intestinale………...38

2.2.1 Effetto della dieta sul microbiota intestinale………..40

2.2.2 Le alterazioni del microbiota intestinale nella fibromialgia……...……….……...42

2.3 Asse cervello-intestino-microbiota………...….44

2.4 Disbiosi e Probiotici………46

• CAPITOLO 3: SENSIBILITA’ ALIMENTARI NELLA FIBROMIALGIA 3.1 Sensibilità alimentari………...50

3.2 Celiachia e Sensibilità Al Glutine Non Celiaca ………...51

3.3 Lattosio………...53

3.4 Fruttani……….53

3.5 Dieta nella fibromialgia………...54

3.6 Dieta, variazioni del microbiota e fibromialgia………...59

CONCLUSIONI.………..…………...62

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INTRODUZIONE

In questa tesi ho voluto trattare la fibromialgia, una patologia associata a dolore croni-co, che colpisce una buona percentuale della popolazione generale, con un’incidenza maggiore nel genere femminile, soprattutto dopo i 50 anni. L’eziopatogenesi di questa patologia è sconosciuta ma una varietà di neurotrasmettitori e mediatori dell’infiammazione che sembrano essere coinvolti.

Esiste una correlazione tra la composizione del microbiota intestinale e la fibromialgia; e si pensa inoltre che in questi pazienti alcune sostanze contenute negli alimenti soprat-tutto nei cerali, possono generare uno stato di sensibilità o intolleranza con quadro in-fiammatorio legato all’alterato microbiota che può aggravare i sintomi. Oltre al tratta-mento farmacologico che agisce al livello dei neurotrasmettitori per compensare la loro riduzione, nel programma terapeutico possono essere utilizzate anche le diete che ridu-cono l’introduzione degli alimenti che portano a delle intolleranze.

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CAPITOLO 1: FIBROMIALGIA

1.1 Generalità

La fibromialgia (FM) è una malattia debilitante, idiopatica e multifattoriale, caratteriz-zata da dolore cronico associato a grande sofferenza ed invalidità, rappresentando un concreto problema di salute pubblica, con elevati costi economici sia per il paziente che per l’intera comunità.

È una sindrome appartenente al gruppo delle malattie reumatiche dei tessuti molli, molto diffusa nella popolazione generale: si tratta infatti del secondo più frequente di-sordine reumatico, distinguibile in forma localizzata o generalizzata. La forma localiz-zata può presentarsi come sindrome del dolore miofasciale o con entesopatie, tendiniti, borsiti, altri stati infiammatori dei tessuti molli e anche con possibile compromissione dei nervi periferici (sindrome del tunnel carpale). La forma generalizzata si presenta con dolore cronico, stress, ansia, disturbi del sonno e depressione.1

Questa patologia è entrata nella X edizione di International Classification of Disease.2 Gli studi epidemiologici dimostrano che il 2-7% della popolazione mondiale soffre di FM, e, in maggior dettaglio, il 3.1% della popolazione Americana, il 2.5 % di quella Europea e l’1.7% di quella Asiatica sono affetti da FM.3,4 Questa sindrome è più fre-quente nelle donne che negli uomini con un rapporto 7:1, coinvolgendo maggiormente le donne dopo i 50 anni.5

Può tuttavia manifestarsi a qualsiasi età ed anche i bambini possono soffrirne secondo

vari studi svolti che riguardano la FM giovanile. Uno di

questi è uno studio del Multinational Chilhood Arthritis and Rheumatology Research Alliance (CARRA) che ha coinvolto 7753 partecipanti, tra bambini e adolescenti e gio-vani di età compresa tra 5 e 21 anni, principalmente di sesso femminile (84%), dove 201 pazienti sono stati diagnosticati con FM giovanile (Juvenile Primary Fibromyalgia Syndrome, JPFS) e 7552 con altre malattie reumatiche. La JPFS colpisce il 6 % dei bambini e il primo sintomo è il dolore diffuso in assenza di malattie infiammatorie o al-tri problemi medici.6

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La FM è una patologia cronica ad etiologia sconosciuta che causa dolore e debolezza diffusa muscoloscheletrica che appare e scompare in diverse parti del corpo, inguaribile e caratterizzata dai tender points (fig.1) che tradotto letteralmente significa punti dolo-rabili, perché consistenti all’esame reumatologico in punti specifici del corpo doloranti allo stimolo pressorio nelle persone affette.

Figura 1: Le posizioni che identificano i tender points. Immagine tratta da: http://guidamedicina.it/wp- con-tent/uploads/2012/10/tender-points-fibromialgia.jpg

I pazienti con FM hanno una soglia del dolore minore rispetto alle persone sane: in questi soggetti vengono riscontrate allodinia, dove un normale stimolo non doloroso viene percepito come doloroso, e iperalgesia, dove uno stimolo che provoca dolore vie-ne percepito come ancora più doloroso. Si ritievie-ne che la FM possa essere collegata ad anomalie dei neurotrasmettitori a livello dei centri nocicettivi che comportano l’amplificazione del dolore e un’aumentata percezione di stimoli sensoriali come rumo-ri, odori e stimoli luminosi. Tale percezione più intensa del dolore rispetto al normale viene definito wind up, fenomeno che viene ritenuto avere un ruolo importante nella pa-togenesi della FM.4

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1.2 Sintomi

La sindrome FM è molto complessa, ed è caratterizzata da un insieme di sintomi ma senza dubbio il sintomo principale è il dolore, descritto dai pazienti come il peggior sin-tomo. Questo può essere accompagnato da astenia, disturbi del sonno, deterioramento cognitivo, rigidità, depressione, ansia, alterazione dell’equilibrio, dolore addominale, sindrome del colon irritabile (IBS), mal di testa, cefalee, formicolio, intorpidimento, sindrome delle gambe senza riposo, ipersensibilità della pelle, e infine disturbi genito-urinari. Qui a seguire riportiamo i principali sintomi.

• Dolore

I pazienti soffrono di iperalgesia: in questi soggetti lo stimolo doloroso è molto più intenso rispetto alle persone sane e il dolore cronico muscoloscheletrico è diffuso e accompagnato da debolezza muscolare, descritto come estenuante, spesso percepito come una fitta, a volte anche descritto dai pazienti come bruciante, accompa-gnato da indolenzimento al semplice tocco o a stimoli pressori sulle articolazioni.2,4 Il dolore ha intensità variabile (leggera, moderata, o grave), durante l’arco della giornata oppure può variare di giorno in giorno, apparendo e scomparendo.2 Inoltre l’intensità può essere aggravata se i pazienti soffrono anche di altre patologie che sono molto co-muni in persone con FM quali l’artrite reumatoide, la sindrome di Sjӧgren, il lupus eri-tematoso sistemico (LES), la spondilite anchilosante. I punti più comuni dove si mani-festa il dolore, i cosiddetti tender points, si trovano negli arti inferiori e superiori, a li-vello dei fianchi, addome, torace, schiena, spalle, collo e mandibola.3

La maggior parte dei pazienti percepisce il dolore a livello muscolare, ma altri lo de-scrivono piuttosto a livello articolare, spesso accompagnato da contratture muscolari. Il dolore cronico può influenzare il metabolismo e il flusso ematico cerebrale, con possi-bili alterazioni a carico di specifiche aree coinvolte in patologie psichiatriche e in alte-razioni della sfera emotiva, quali la corteccia cerebrale e il talamo.1

• Astenia

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cronica. I pazienti percepiscono fatica generale. Il termine fatica comprende molti aspetti quali debolezza, una debolezza che può essere fisica (muscola-re), mentale oppure entrambe le cose, e pesantezza. La fatica mentale impedisce la con-centrazione e la performance durante le attività giornaliere.

La fatica può diventare un sintomo più rilevante anche rispetto al dolore in quanto im-pedisce al paziente di svolgere le normali attività quotidiane costringendolo a trascorre-re la maggior parte della giornata a letto. L’astenia continua nelle persone con FM è uno stato condiviso con la sindrome da affaticamento cronico (CFS), rendendo spesso difficile la diagnosi differenziale. Numerosi studiosi ritengono che lo stato di costante affaticamento nel paziente con FM porta alla CFS e che, in ogni caso, le due condizioni possano co-esistere.

• Disturbi del sonno

Il dolore cronico e diffuso è stato identificato come una causa d’insonnia. I pazienti hanno difficolta ad addormentarsi e a riaddormentarsi in caso di risveglio durante la notte.

Tra i problemi di sonno più comuni troviamo il risvegliarsi al mattino con la sensazione di non avere riposato abbastanza e di essere addirittura più stanchi della sera preceden-te. Il 90 % dei pazienti non raggiunge la fase quattro del sonno o sonno ad onde lente (delta, δ) (fig.2)

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Figura 2: Elettroencefalogramma con le varie fasi del sonno. Immagine trattata da http://www.scienzagiovane.unibo.it/sonno/2-fasi.html

Il sonno profondo o il sonno delta manca nei pazienti con FM, dove l’attività dell’onda alfa è maggiormente presente.4 La ripetuta mancanza di sonno profondo, ovvero la pre-senza di sonno non ristoratore causa estrema fatica.

Riportiamo qui una classificazione possibile dei sintomi di sonno alterato basata sulle risposte date alle seguenti tre domande rivolte al paziente (7-Schjelderup Skarpsno E. et al.2019):

1. “Durante l’ultimo mese ha avuto problemi ad addormentarsi? “

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3. “Durante l’ultimo anno ha avuto problemi d’insonnia tali da aver influenzato la sua vita professionale? “

La prima e la seconda domanda prevedevano le risposte mai, occasionalmente, spesso e quasi ogni sera, mentre la terza domanda prevedeva le risposte sì o no. I partecipanti erano classificati ad avere problemi d’insonnia se rispondevano spesso o quasi ogni notte almeno ad una delle domande 1 e 2 oppure sì alla terza domanda. La restrizione e la bassa qualità del sonno sono noti per compromettere la funzione degli inibitori endo-geni dei nocicettori, aumentare il dolore e indurre iperalgesia generale.7

• Disfunzione cognitiva

Deficienze neurofisiologiche del SNC e le alterazioni del sonno, possono contribuire al riscontro nei pazienti con FM di difficoltà mnemoniche e cognizione alterata.4 Nei pa-zienti con diagnosi di FM, il deficit cognitivo è comparabile con quello di persone di età superiore.

• Rigidità

Questo è un sintomo condiviso con molte altre patologie reumatiche. La rigidità avvie-ne a livello delle articolazioni e si avverte più frequentemente al mattino presto e avvie-nel primo pomeriggio.1

È molto influenzata anche da fattori climatici, peggiorando con l’umidità e la pioggia mentre migliora con il caldo.

• Sintomi gastrointestinali

Sono sintomi molto simili a quelli della sindrome del colon irritabile (IBS) e spesso si possono trasformare in IBS. Si è osservato che questi sintomi possono essere presenti con una frequenza relativamente elevata nei pazienti che soffrono di FM e attualmente sono oggetto di aumentato interesse da parte di medici e ricercatori. La IBS è caratte-rizzata da un dolore addominale cronico, ipersensibilità viscerale, un’alterata motilità intestinale, disbiosi, alternanza di stipsi e diarrea, gonfiore addominale, meteorismo.8 Questi sintomi a livello addominale spesso sono associati a intolleranze di specifiche sostanze contenute negli alimenti, quali il glutine e il lattosio. Possono insorgere anche problemi digestivi o di reflusso gastroesofageo.

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• Sintomi cutanei

A livello cutaneo si possano percepire sensazioni fastidiose come formicolio, calore, bruciore, ipersensibilità e secchezza.4

• Sintomi genitourinari

Tante persone possono presentare disturbi genitourinari, quali vescica iperattiva o sin-drome della vescica irritabile, definita da sintomi di cistite interstiziale in assenza di una infezione urinaria. Si può anche soffrire di dolore pelvico e vulvodinia.1 Nel sesso maschile si può sviluppare ipertrofia prostatica.

• Cefalea

I pazienti spesso soffrono di cefalea muscolo-tensiva spesso accompagnata da disturbi visivi, come xeroftalmia e fotofobia, e nausea. Si rileva anche il disordine temporo-mandibolare (TMJ), un insieme di sintomi che includono dolore facciale e temporo-mandibolare, tintinnio e mandibola che scricchiola.1

• Altri sintomi

Un altro sintomo molto comune, oltre a quelli sopra menzionati, è il dolore toracico e la difficoltà a respirare: la così detta “fame d’aria”. Questi soggetti presentano anche in-torpidimento, alterazioni dell’equilibrio, sindrome delle gambe senza riposo, neuropatie e sindrome dolorosa regionale complessa. Infine una gran parte dei pazienti presenta anche alterazioni dell’umore e disturbi d’ansia, che possono dare origine a veri e propri episodi depressivi.

1.3 Strumenti diagnostici

La fibromialgia è una sindrome molto difficile da diagnosticare data l’assenza di un’applicazione unanime dei criteri diagnostici. Fare una valida diagnosi e comunicare empaticamente con il paziente può spesso diminuire l’ansia, permettendo di ridurre in-dagini e accertamenti clinici e di applicare strategie di gestione dei sintomi dirette verso

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il miglioramento della qualità di vita.3

Al momento non esistono analisi del sangue, parametri chimico-clinici e biomarkers della malattia né analisi istologiche o di diagnostica per immagini per confermare la diagnosi di FM; i medici arrivano alla diagnosi per esclusione di altre patologie come conseguenza dei test negativi.4 Ci sono tante condizioni sovrapponibili con la FM, per-ciò e importante che il paziente descriva con precisione la natura, l’intensità, la loca-zione e la durata del dolore.1

Nel 1990 American College Rheumatology (ACR) ha stabilito i criteri a cui riferirsi per la diagnosi.4

1. dolore muscoloscheletrico cronico presente basato nel numero delle aree dolorose nelle 18 aree del corpo che può essere evidenziato esercitando pressione nei tender points. Altri sintomi che includono fatica, svegliarsi non riposati, problemi cognitivi. 2. Sintomi che persistono per almeno tre mesi.

3. Nessun altro problema di salute che spiega i sintomi.1

Si può riconoscere la FM usando il diagramma del dolore facendolo completare al pa-ziente. Per una valutazione iniziale di un paziente con sindrome da dolore cronico le li-nee guida (americane, canadesi, tedesche e israeliani) hanno proposto una completa sto-ria medica e psicologica includendo anche l’uso di medicinali seguito da una esamina-zione fisica.3 Gli esami da laboratorio e fisici servono per escludere le altre diagnosi, un numero limitato di test da laboratorio possono distinguere la fibromialgia dalle altre condizioni che possono mimarla.

Disordini psichiatrici possono dare spesso sintomi simili, mentre un paziente può avere problemi psichiatrici in concomitanza con FM. Disordine post traumatico (PTSD), an-sia, e infine depressione sono i più comuni problemi della salute mentale nei quali i soggetti possono manifestare tali sintomi. 5

Anche i sintomi dell’ipotiroidismo sono simili a FM, incluso la fatica, la bassa qualità del sonno, il dolore muscolare generalizzato, così come l’artrite reumatoide e altre ma-lattie reumatiche possono essere confusi con la FM, ma la differenza è che la fibro-mialgia non ha una componente infiammatoria a livello delle articolazioni, edema localizzato e deformità.1

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della sedimentazione degli eritrociti (ESR) e la proteina C-reattiva, sono degli impor-tanti test da fare in laboratorio quando i pazienti presentano dolore muscoloscheletri-co/articolare, per escluderle. Anche il test degli anticorpi antinucleari (ANA) può diffe-renziare tra FM e l’artrite reumatoide (che è positivo nel 40 % dei casi) ma test negati-vo non significa che si possono escludere le malattie reumatiche. Anche la disfunzione del surrene presenta sintomi simili specialmente la fatica cronica per eliminarla come opzione basta misurare i livelli del cortisolo al mattino, e i metaboliti delle catecolam-mine nelle urine (che possono essere in quantità maggiore rispetto al normale).5

Altri punti da prendere in considerazione c’è il passato familiare (membri della famiglia diagnosticati con FM o altre patologie correlate con il dolore cronico es. mal di schiena, reumatismi), il passato personale di emicrania, dolore articolare, nell’infanzia e adole-scenza stress fisico, stress psicologico o entrambi.9 L’ipersensibilità generale, sintomi multipli somatici (gastrointestinali, urologici, ginecologici, neurologici), precedenti casi dispepsia funzionale, sindrome del colon irritabile.

I vari criteri diagnostici pubblicati per la diagnosi della FM hanno subito vari rivisita-zioni da quando sono stati pubblicati per la prima volta nel 1990 da un gruppo di reu-matologi dell’American College of Rheumatology (ACR) con esperti in FM hanno comparato pazienti diagnosticati con FM in base al loro criterio individuale, all’età e al sesso, avevano sindrome locale del dolore o pazienti con potenziali malattie reumatiche infiammatorie.3,4 Il comitato ACR ha trovato la presenza del dolore diffuso combinato in almeno 11 da 18 tender points (punti del corpo in cui se si esercita pressione si sente il dolore). Questo criterio non ha riconosciuto e incorporato sintomi come fatica, di-sturbi del sonno, sintomi cognitivi.3 La presenza di 11 su 18 tender points e il dolore cronico diffuso per almeno tre mesi erano identificati come criteri per la classificazione della fibromialgia. Inizialmente questi criteri erano utilizzati per scopi di ricerca, presto sono stati utilizzati ampiamente per la diagnosi clinica.

Anche se è stato stimato che l’80 % dei pazienti attualmente manifesta un numero infe-riore dei tender points rispetto ai criteri richiesti da ACR.4 Nel 2010 ACR ha deciso dei nuovi criteri diagnostici che affrontavano i vari problemi dei criteri del 1990.

ACR 2010 ha eliminato l’esame del tender point TPE (tender point exam) che è stato sostituito dall’indice del dolore diffuso WPI (widespread pain index). Il WPI è un nu-mero che conta da 0 a 19 di regioni del corpo che sono descritti come dolorosi dal

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paziente. Il secondo criterio è assegnato da una scala che mostra la severità da 0 a 3 per una serie di sintomi addizionali, chiavi per la fibromialgia: fatica, sonno non riposante, problemi cognitivi, sintomi somatici estesi. Gli elementi sono stati combinati in una scala per la severità dei sintomi (SSS) che va da 0 a 12.3 Infine WPI e SSS possono es-sere combinati. In addizione i criteri diagnostici richiedono che il paziente ha avuto sin-tomi presenti a livello simile per almeno tre mesi e che non ha avuto altri disordini che possono spiegare il dolore.1 L’applicazione del criterio ACR 2010 modificato a li-vello clinico era una perdita di tempo, il WPI e SSS richiedevano una intervista detta-gliata sapendo che la valutazione dei sintomi era da parte dei medici intrinsecamente soggettivi.3

Questo ha condotto a una ulteriore modificazione dei criteri diagnostici del 2010, e questa volta il questionario era completato totalmente dai pazienti. Il questionario dell’indagine della FM the fibromyalgia survey questionnaire FSQ (fig.3), conosciuto anche come fibromyalgia symptom scale e polysimptomatic distress scale), è valutato tramite una auto- relazione del paziente, in cui i sintomi chiave della FM possono esse-re usati nell’indagine.

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Figura 3. Questionario FSQ. Immagine tratta da:

http://www.riabilitazionereumatologica.org/IMG/jpg/tabella3-2.jpg

Il FSQ ha quindi sostituito la valutazione dell’intensità dei sintomi somatici che era completato da parte dei medici con il questionario che valuta il numero dei siti di dolo-re e la severità dei sintomi somatici, ora compilate dal paziente. I soggetti che sodisfano il criterio di ricerca (la diagnosi di FM nel contesto di ricerca), deve combaciare le

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seguenti condizioni: WPI ≥ 7 su 19 siti di dolore e un SSS ≥ 5 su 12, oppure un WPI tra 3 e 6 siti di dolore e un punteggio SSS ≥ 9. I sintomi devono essere presenti per almeno tre mesi senza altri disordini presenti che possono spiegare il dolore.3

Nella figura 4 è riportata la scala di gravità dei sintomi:

Figura 4. Scala di gravità dei sintomi. Immagine tratta da:

http://www.riabilitazionereumatologica.org/IMG/jpg/tabella2.jpg

Vista la comparazione tra WPI e SSS con FQS, questo questionario può essere utilizza-ta per assistere la diagnosi medica, ma l’interpreutilizza-tazione e l’assegnamento della validità del questionario è determinata dal medico.

La combinazione della scala WPI e SSS, classifica la valutazione della severità dei sin-tomi nei pazienti invece di classificare i pazienti come fibromialgici o no.

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Una ulteriore modifica è stata proposta nel 2016. Il criterio del 2016 richiede una WPI tra 4 e 6 siti del dolore e una SSS di 9 o maggiore. In addizione il dolore generalizzato dovrebbe essere presente nei siti del dolore in almeno 4 o 5 regioni del corpo tranne l’addome e il viso. Il criterio del 2016 ha rimosso anche l’esclusione riguardante pato-logie che possano spiegare il dolore, la diagnosi della FM è valida a prescindere da altre diagnosi, la sua presenza non esclude l’esistenza di altre malattie cliniche.3

I criteri del 2010, 2011 e 2016 hanno eliminato il TPE.3

1.4 Fattori predisponenti

Poiché non è nota tuttora l’eziologia della FM, non esiste ad oggi ancora un programma di prevenzione all’insorgenza dei sintomi. Secondo numerosi studi nel settore si ritiene che i fattori genetici siano la causa principale di malattia: l’eredità genetica spiega il 50 % dello sviluppo del dolore cronico.10 È stata riportata una correlazione tra FM, obesità e stile di vita. Come anche per altre patologie, l’obesità, definita da un’elevata percen-tuale di massa grassa corporea, favorisce l’insorgenza della FM, poiché lo stato di be-nessere fisico è collegato in modo stretto alla salute mentale e al sonno, trovati alterati nella FM. Nella FM l’obesità è associata ad una sintomatologia più severa e ad una qualità di vita più bassa: la scarsa attività fisica, la sedentarietà hanno un sicuro effetto negativo sulla patogenesi della malattia. Per capire la correlazione tra la FM e obesità è stato condotto in Spagna uno studio dove hanno partecipato 300 pazienti di genere femminile diagnosticate con la malattia secondo i criteri del 1990 presentati dall’American College of Rheumatology (Gavilán-Carrera B. et al 2019)9. I dati sono stati raccolti nel periodo tra il primo novembre 2011 e il 31 dicembre 2013. È stato mi-surato il peso corporeo, la percentuale del grasso e della massa muscolare, ed infine è stato misurato il BMI (l’indice di massa corporea kg/m2). I soggetti hanno compilato due questionari: uno riguardante la qualità del sonno (Pittsburgh Sleep Quality Index questionnaire) e l’altro dove comunicavano la loro dieta alimentare.

Tutti i partecipanti hanno portato per 9 giorni un accelerometro per rilevare l’attività fi-sica giornaliera. I risultati dello studio hanno mostrato che la vita sedentaria, e la qualità del sonno sono collegati in maniera diretta dall’obesità e influenzati da essa. Una mag-giore attività fisica anche leggera aiuta a ridurre gli indici dell’obesità (circonferenza della vita, BMI, e percentuale del grasso), e di conseguenza migliora la qualità di vita e

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anche quella del sonno.9 Anche altri studi hanno dimostrato l’efficacia dell’attività fisi-ca, che ha effetti positivi sia nel benessere fisico generale sia nel miglioramento del do-lore e dell’umore depresso associati alla FM.4 Il tipo e intensità di esercizio fisico deve essere valutato in base alla condizione fisica individuale.

Diversi studi riferiscono anomalie della neurotrasmissione e disordini del sistema endo-crino. Quindi le interazioni tra fattori neuroendocrini, metabolici, e immunologici non possono essere ignorate. Fattori di vulnerabilità genetica, alterazioni legate ai sistemi di serotonina, melatonina, sostanza P, endorfine e vitamina D sono stati associati alla fi-siopatologia della malattia. Vari studi hanno menzionato una correlazione tra vitamina D e FM. La vitamina D si pensa possa giocare un ruolo nel rilascio della dopamina e della serotonina, e correlato con il dolore e la depressione e la qualità di vita nei pazien-ti con FM. Si ripazien-tiene che circa un bilione di persone soffra di deficienza della vitamina D, la cui carenza può portare a debolezza muscolare e dolore diffuso nel corpo. In una meta-analisi condotta su un ampio numero di soggetti, i pazienti diagnosticati con FM avevano in media una concentrazione -0.56 U più bassa della vitamina D. Nella FM bi-sogna integrare la vit. D. 11

1.5 Eventi scatenanti

Come già detto, possono esservi tanti fattori innescanti che variano da quelli ambientali a quelli psicologici, incluso lo stress cronico, sia come trauma o evento della vita stres-sante, oppure come evento spiacevole che può capitare nel corso della vita.1,4 Tra i fat-tori che scatenano questa complessa sindrome vi sono i cosiddetti trigger points come lo stress fisico, emotivo oppure quello ambientale. Potenziali eventi traumatici nel cor-so della vita di una percor-sona come tutti i tipi di stress cronico, cor-sono comuni nei pazienti diagnosticati con FM. Si può fare una distinzione nella comparsa della FM in base alla causa scatenante, se questa è derivante da eventi traumatici, oppure da altri tipi di tipi di causa come ad esempio quella legata alle infezioni virali, o alle conseguenze di traumi fisici come incidenti e intervento chirurgico, o anche a situazioni fisiologiche ma po-tenzialmente stressanti come gravidanza e parto. Per distinguere tra le varie cause è sta-to condotsta-to uno studio, in cui tutti i partecipanti erano di genere femminile con un’età media di 52 ± 7 anni (media ± deviazione standard, DS).

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La maggior parte erano donne coniugate con in media due bambini. La maggioranza di queste pazienti avevano un’educazione limitata alle scuole elementari ed il 31% tra queste erano casalinghe mentre il 28% era in pensione. La durata media del dolore cro-nico era di 12,36 ± 9.98 anni (media ± DS), da un minimo di un anno ad un massimo di 35 anni, il 56% soffrivano di dolore severo, e 3% di dolore moderato. I risultati dello studio erano che la categoria più frequente di potenziale evento traumatico scatenante era il lutto, con il 23%, generalmente dovuto alla perdita di un familiare, un genitore oppure un fratello. La seconda categoria di eventi traumatici più frequente, il 20% era l’affronto di una malattia, un incidente oppure un intervento chirurgico. Al terzo posto con il 17% venivano riscontrati disturbi d’ansia e dell’umore. Altri tipi di potenziali eventi traumatici sono risultati la presenza di problemi in famiglia, problemi nell’ambito professionale; disoccupazione, lavoro, carenza di soldi.12

Sembra che un’altra causa che può far scatenare la patologia siano alcuni tipi di agenti virali come l’epatite B e C, l’infezione da HIV, malattia di Lyme. In uno studio condot-to in Brasile, un paese con incidenza molcondot-to alta di epatiti sia di tipo B che C, persone con recente pregressa epatite presentavano malattie reumatiche tra cui la FM. Questo studio è stato condotto su pazienti con un’età maggiore di 18 anni e che presentavano sintomi reumatici da almeno tre mesi, dove la FM era la patologia più frequente, pre-sente nel 42,9% dei pazienti.13

L’origine di queste manifestazioni potrebbe essere il malfunzionamento del sistema immunitario causato dal tropismo di questi virus per le cellule linfoidi, e la loro asso-ciazione con patologie reumatiche, artrite reumatoide, LES, FM, sindrome di Sjögren.13 Nella tabella sottostante (tabella I) si osserva la manifestazione di patologie reumatiche dopo la diagnosi di epatite B e C, e come si nota la FM è quella più frequente.

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TABELLA Ⅰ (Xavier de Oliveira, do Socorro Uchôa da Silva et.al 2019)

Malattie reumatiche HBV HCV Totale P value

N % N % N % Fibromialgia 14 36.8 16 50.0 30 42.9 0.268* Disordini extraepatiche Non specifiche 19 50.0 09 28.1 28 40.0 0.064* Osteoporosi 04 10.5 07 21.9 11 15.7 0.323** Osteoporosi 05 13.2 06 18.8 11 15.7 0.522* Tendinopatie 03 7.9 06 19.4 09 13.0 0.160** Artrite reumatoide 01 2.6 06 18.8 07 10.0 0.042**,*** Epicondilite 02 5.3 01 3.1 03 4.3 0.764** Lupus eritematoso 0.2 5.3 01 3.1 03 4.3 0.565** Sindrome del tunnel carpale 00 0.0 02 6.3 02 2.9 0205**

Scleroderma 01 2.6 00 0.0 01 1.4 0.355**

*Pearson’s chi-squared test, **Fisher’s exact test, ***Statistically significant.

Studi precedenti a questo hanno dimostrato che i sintomi muscolo scheletrici sono tra i più comuni manifestazioni extraepatici tra i pazienti con epatite B e C.13

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1.6 Fattori neurobiologici e mediatori dell’infiammazione

Nei precedenti paragrafi abbiamo menzionato fattori predisponenti la FM come età, ge-nere, vulnerabilità genetiche, obesità, stile di vita ed eventi scatenanti legati allo stress in tutte le sue forme. In questo paragrafo verranno trattati gli aspetti neurobiologici, immunitari e infiammatori che sottendono la FM. Date la complessità dei sintomi e l’eterogeneità della presentazione clinica della FM, si può comprendere anche la diffi-coltà a cercare e trovare parametri neurochimici, biochimici e correlati metabolici ri-producibili e affidabili di malattia e della sua progressione. Sono state formulate tante ipotesi sui meccanismi eziopatogenetici della FM. Le alterazioni della nocicezione e delle vie del dolore a livello centrale sono state intensamente investigate, dato che il do-lore è il sintomo più importante e costante tra i pazienti: tra le ipotesi più accreditate troviamo infatti quella che sostiene che nella FM vi sia uno sbilanciamento neurochi-mico determinato dalla riduzione di neurotrasmettitori e neuromodulatori inibitori con aumento di quelli eccitatori .14,15

Nella FM si osserva una riduzione di ammine biogene, peptidi oppioidi, un’alterazione dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene, un aumento dello stress ossidativo e delle neurotro-fine Brain-Derived-Growth Factor (BDNF) e Nerve Growth Factor (NGF).16 Altri stu-di tuttavia non hanno rilevato alterazioni significative dei livelli circolanti stu-di BDNF e NGF nella FM.17 Numerosi studi hanno riportato alterazioni dei livelli di neurotrasmet-titori centrali in fluidi biologici. In particolare, una bassa concentrazione di triptofano, un aminoacido essenziale per l’uomo che deve esser introdotto con la dieta, e di uno dei suoi principali metaboliti, il neurotrasmettitore centrale serotonina (5- HT), sono stati riscontrati nel fluido cerebrospinale dei pazienti assieme a livelli più bassi di altri neu-rotrasmettitori quali noradrenalina (NA) e dopamina (DA).1,16Il ruolo della 5-HT è sta-to approfondista-to in modo particolare. Infatti, studi di genetica hanno mostrasta-to che tra i polimorfismi del recettore del gene 5-HTR2A, localizzato nel braccio lungo del cromo-soma 13 (13q14-q21), la variante della regione del promotore 1438 (A>G) RS6311 è associata a malattie come la FM e l'artrite reumatoide.14

Questo ha portato a ritenere che una disfunzione del sistema della 5-HT possa avere un ruolo determinante nell’eziopatogenesi della FM. Un altro studio svolto in Giappone sui topi ha dimostrato l’importanza del recettore 5-HT2C, la cui attivazione in tanti

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modelli animali ha mostrato un effetto analgesico. La somministrazione di agonisti di questo recettore (Lorcaserin, Vabicaserin) ha portato una diminuzione del dolore.18 Ol-tre agli studi liquorali, alOl-tre investigazioni condotte a livello periferico hanno riportato alterazioni del sistema della 5-HT nei pazienti con FM: una ridotta espressione e una diminuita funzionalità del sistema di re-uptake della 5-HT o trasportatore della 5-HT (SERT) a livello piastrinico è stata riportata in pazienti con FM rispetto ai controlli.19 Uno studio condotto dal Dipartimento di Medicina Interna dell’Università di Pisa (Bazzichi L. et al 2009)20 ha determinato in 34 partecipanti con diagnosi di FM secondo

i criteri ACR-1990 ed età pari a 49.56±13.82 anni (media±S.D.) la concentrazione pla-smatica di 20 aminoacidi, non riportando un cambiamento significativo dei livelli di triptofano rispetto ai controlli ma osservando ridotti livelli di taurina, metionina, alani-na, tirosialani-na, fenilalanialani-na, valialani-na, treonina e anche istidina. Fenilalanina e tirosina sono precursori delle catecolamine, quindi questi risultati potrebbero riflettere un’alterazione della risposta allo stress nella FM. L o studio ipotizza inoltre l’esistenza d i un proba-bile malassorbimento di questi aminoacidi a livello intestinale.20 In accordo a questi ri-sultati, altre ricerche hanno riportato ridotte concentrazioni di aminoacidi plasmatici nella FM21,22,23, facendo ritenere anche che possa esserci un coinvolgimento del micro-biota intestinale individuale nella patogenesi della malattia. Circa i livelli plasmatici di triptofano, i risultati finora ottenuti sono contrastanti: negli studi di Bazzichi et al, 200920 e di Maes et al, 200023, i livelli di triptofano circolanti non erano diversi dai con-trolli, diversamente dai lavori di Russell et al, 198921 e Yunus et al, 199222, dove l’aminoacido essenziale era invece ridotto nei pazienti. Oltre ai livelli per se di tripto-fano potrebbero avere rilevanza le sue vie metaboliche che, come è noto, comprendono sia la sintesi della 5-HT e della melatonina, sia la via della chinurenina, che porta alla sintesi della niacina e del NAD+.24 Contrariamente, alcuni autori hanno rilevato au-mentate concentrazioni plasmatiche di aminoacidi invece che ridotte nei pazienti con FM25, confermando, come nel caso delle neurotrofine periferiche, la possibile presenza di quadri patogenetici complessi ed eterogenei e/o cambiamenti legati alle metodologie utilizzate per l’analisi. Oltre a significative variazioni dei livelli di aminoacidi plasmati-ci, sono state osservate anche alterazioni del metabolismo energetico e del catabolismo del glucosio26 e altri studi hanno osservato una riduzione dello stato energetico cellula-re: in 25 pazienti con FM, 10 diagnosticati con ipotiroidismo e altri 15 con dolore

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cronico osteoarticolare, si è osservato che i pazienti con o senza ipotiroidismo avevano aumentati livelli di piruvato, ridotte concentrazioni di lattato e isoenzima muscolare lat-tato deidrogenasi (LDH) in circolo, accompagnati da una diminuzione di adenosina tri-fosfato (ATP) negli eritrociti.26

Un altro lavoro sperimentale, condotto presso l’Ospedale Santa Chiara a Pisa (Bazzichi et al.2008), ha misurato i livelli di ATP intra-piastrinici in 25 pazienti con FM, riscon-trando una riduzione del nucleotide trifosfato ATP oltre ad aumentate concentrazione di ioni calcio e magnesio plasmatiche27, in contrasto ad altri studi che li hanno trovati in-vece ridotti. Lo studio suggerisce che può esserci un collegamento tra produzione e compartimentalizzazione dell’ATP, mancanza di sonno e alterazione ormonale dovuta alla risposta dallo stress. Tali indagini confermano come nella FM vi possano essere squilibri del metabolismo glucidico a livello di produzione di ATP e legate a disfunzio-ne tiroidea, ma non solo.28 Infatti, potrebbero esservi anche un’attivazione del sistema purinergico e aumentati livelli di ATP extracellulari.29 Altri neurotrasmettitori e neu-romodulatori trovati alterati nella FM sono: le neurochine, gli oppioidi, e il sistema glu-tammatergico, parzialmente responsabili dell’intensificazione del dolore, perché com-promettono la trasduzione del dolore a livello di SNC.1 Al momento una centinaia di geni regolatori del dolore identificati si pensano siano rilevanti nella percezione del do-lore, includendo i geni che codificano i canali del sodio voltaggio dipendente, gli en-zimi GTP-idrolasi, i recettori oppioidi mu, e le COMT (catecol-O-metil trasferasi), e vari target molecolari delle vie dopaminergiche, glutamatergiche, e GABA-ergiche.10 Per quanto riguarda il sistema del glutammato, il suo ruolo è stato ampiamente valutato nella FM, in virtù dell’ipotesi di uno sbilanciamento dei neurotrasmettitori inibitori ri-spetto agli eccitatori. Infatti il glutammato è un neurotrasmettitore eccitatorio riri-spetto al principale neurotrasmettitore inibitorio nel SNC, l’acido gamma-amminobutirrico (GABA)30, entrambi legati anche alla modulazione della nocicezione. Mediante studi in spettroscopia a risonanza magnetica ad alto campo 3T (3 Tesla) sono state rilevate ri-dotte concentrazioni di GABA nell’insula destra anteriore di pazienti con FM.31 Con tecniche di risonanza magnetica protonica(1H-MRS) sono stati rilevati incrementati va-lori di glutammato e glutammina nell’amigdala destra di pazienti con FM.32

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delle emozioni che spiegherebbero almeno in parte la suscettibilità dei pazienti per de-pressione e ansia. Inoltre gli autori di questi lavori suggeriscono come la FM possa es-sere una sindrome cronica e sistemica fondata su una disfunzione neurosensoriale e un’anormale risposta neuroendocrina allo stress, come indicato già da altri gruppi di ricerca.33

Come accennato precedentemente, infatti, i pazienti con FM presentano una risposta neuroendocrina allo stress alterata, con ridotta attività dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, ridotti livelli basali di cortisolo, diminuita escrezione urinaria nelle 24-h di cor-tisolo libero, risposte compromesse all’ormone dello stress Corticotropin-Releasing Hormone (CRH) e al clamp ipogligemico-iperinsulinemico.34 In questo contesto, biso-gna ricordare che la risposta neuroendocrina allo stress è in collegamento con la rispo-sta immunitaria con meccanismi a feed-back35 e anche con il sistema ormonale legato al catabolismo glucidico e alla produzione di insulina.36 Inoltre, disfunzioni di sistemi peptidergici legati alla risposta allo stress e alle funzioni cognitive psicosociali, come l’ossitocina, potrebbero avere un ruolo nell’alterata funzione nocicettiva alla base dei sintomi della FM.37 Nella FM sembrerebbero quindi ridotte o disfunzionali queste inte-razioni fisiologiche importanti, generando, se non uno stato di infiammazione vera e propria, un pattern di produzione anormale di citochine circolanti. 16 Il coinvolgimento delle citochine ha contribuito a confermare anche che un’alterata risposta allo stress sia un fattore importante nella FM. Feng e coautori, sequenziando e analizzando polimorfi-smi e mutazioni genetiche per individuare possibili geni candidati nell’eziopatogenesi della FM, hanno identificati due mutazioni associati ad alti livelli di citochine specifi-che: le mutazioni W32X nel C110rf40 e la mutazione Q100X nel ZNF77 (zinc finger protein 77) correlati con alti livelli nel plasma di MCP-1 (monocyte chemoattractant protein 1) e IP-10 (interferon induced protein 10) e livelli alti nel plasma IL-12 (inter-leuchina 12).10 Le citochine sono importanti mediatori liberati da cellule della risposta immunitaria innata ed acquisita in fase di stimolazione e che contribuiscono a mantene-re attivato il sistema mantene-reticolo-istiocitario, i granulociti neutrofili e specifiche cellule immunocompetenti. Le citochine vengono rilasciate al contatto con agenti patogeni, i cosiddetti PAMS (Pathogen-activated Molecular Patterns) ma anche dai DAMS

(Danger-associated Molecular Patterns). Tra i DAMPS si trovano ad esempio elevati li-velli di specie reattive dell’ossigeno (ROS), acido urico e ATP extracellulare.

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Si ritiene che lo stress acuto possa indurre attività pro-infiammatorie in certi tessuti, at-traverso l’attivazione neurale dell’asse istamina-mast cellule-CRH periferico. Anche lo stress cronico psicologico può attivare il sistema endocrino e immunitario attraverso comunicazioni bi-direzionali tra SNC, sistema neuroendocrino, sistema immunitario e sistema nervoso autonomico (SNA).38 Le citochine sono peptidi di peso molecolare compreso tra 15-20 KDa che possono schematicamente essere divise in pro-infiammatorie e pro-infiammatorie. L’IL-10 è una citochina antinfiammatoria e anti-analgesica che è stata trovata nel plasma e nel siero dei pazienti con FM.16

Questa patologia è accompagnata da disfunzione mitocondriale e attivazione dell’enzima proteolitico capsasi-1, importante per l’aumento della concentrazione delle citochine pro-infiammatorie e di altri mediatori innescando uno stato d’infiammazione di basso grado.10 I pazienti dimostrano alte concentrazioni di TNF-α, IL-1 e IL-8 nella pelle, questi sono stati proposti come contribuenti per la sintomatologia in quanto peg-giorano i sintomi.16 Uno studio condotto dal Dipartimento di Medicina Interna - unità di Reumatologia- dell’Università di Pisa ha analizzato i campioni del sangue al mattino di 80 donne (43 soffrivano di depressione, 19 d’ansia, 18 senza nessun disturbo psichiatri-co) con FM diagnosticata secondo i criteri dell’ACR e senza comorbidità con patologie reumatiche. Le concentrazioni delle citochine IL-1, IL- 6, IL-8, IL-10, and TNF-α e i marcatori infiammatori aspecifici VES, Proteina C reattiva e fibrinogeno sono state valutate nei pazienti e nei controlli. Nella maggioranza dei pazienti si è osservato alti livelli di IL-10, IL-8 e TNF-α, invece IL-6 and IL-1 non differivano dai controlli sani. Le citochine presentavano livelli simili a prescindere dalla durata dei sintomi.39

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Tabella.Ⅱ Età, Fibromyalgia Impact Questionnaire (FIQ) punteggio, tender point (TP) punteggio, e livelli di citochine nel plasma

(IL-1, IL-6, IL-8, IL-10 and TNF-) nei: (a) pazienti FM con depressione; (b) pazienti FM con disordini dell’ansia (attacchi di pani-co, ansia generale); (c) pazienti FM senza patologie psichiatriche; il totale dei pazienti FM; (d) i 45 soggetti sani. I valori sono espressi come media ± SD.

Variabili FM (a) FM (b) FM (c) Total FM Controls (d) Significant comparisons

n = 43) (n = 19) (n = 18) (n = 80) (n = 45) Kruskal-Wallis with

Dunnʼs post-hoc Q test

Age 50.30 ± 12.60 51.30 ± 12.10 50.70 ± 15.00 50.60 ± 12.20 48.30 ± 14.90 -FIQ 62.53 ± 23.01 52.85 ± 16.20 52.65 ± 15.28 59.24 ± 19.62 10.59 ± 10.05 -TP 14.00 ± 4.00 13.00 ± 4.00 15.00 ± 3.00 14.00 ± 3.00 0.60 ± 0.90 -IL-10 (pg/ml) 36.65 ± 44.22 17.50 ± 17.49 15.34 ± 15.55 24.54 ± 33.06 1.60 ± 3.54 d vs a, b, c, totale FM TNF- (pg/ml) 24.73 ± 25.80 26.91 ± 36.31 17.89 ± 27.64 22.59 ± 29.25 11.07 ± 6.77 -IL-8 (pg/ml) 64.79 ± 173.7 21.20 ± 31.98 66.30 ± 113.80 61.89 ± 149.00 7.90 ± 17.50 d vs c, totale FM IL-6 (pg/ml) 2.93 ± 4.66 3.44 ± 4.32 2.11 ± 3.24 2.76 ± 3.99 4.34 ± 4.51 -IL-1 (pg/ml) 5.82 ± 12.18 4.94 ± 10.06 0.97 ± 1.55 4.54 ± 9.70 7.44 ± 6.62 d vs a, b, c totale FM IL-10: d vs a, p < 0.001; d vs b, p < 0.001; d vs c, p < 0.01; d vs total FM p < 0.001. IL-8: d vs c, p < 0.01; d vs total FM, p < 0.05,

IL-1: d vs a, p < 0.01; d vs b, p < 0.01; d vs c, p < 0.001; d vs total FM, p < 0.001.

Table Ⅲ. Misure di Proteina C reattiva CRP, velocità di eritrosedimentazione (VES) e fibrinogeno in: (a) pazienti FM con la

de-pressione; (b) pazienti FM con disordini del ansia (attacchi di panico, ansia generalizzata); (c) pazienti FM senza patologie psichia-triche; e il totale pazienti FM. I controlli presentano valori normali. I valori sono espressi come media ± SD.

Variabili FM (a) (n = 43) FM (b) (n = 19) FM (c) (n = 18) Totale FM (n = 80) Controlli valori normali CRP 0.44 ± 0.25 0.61 ± 0.79 0.40 ± 0.25 0.47 ± 0.44 0.05 mg/dl ESR 12.42 ± 8.73 14.06 ± 9.39 12.33 ± 8.31 13.50 ± 9.10 0-30 mm Fibrinogeno 314.50 ± 71.15 345.10 ± 131.10 279.90 ± 56.52 314.10 ± 85.86 200-400 mg/dl

Altre disfunzioni del sistema immunitario riscontrate nei pazienti con FM sono l’aumentato numero delle cellule B e la diminuzione dei linfociti natural killer (NK), correlati con i sintomi depressivi. Inoltre è stata osservata nei pazienti una disfunzione dell’attivazione dei linfociti T che porta all’aumento di mastociti, monociti CD14+ e linfociti CD3+ producendo alti livelli di TNF, mentre i linfociti CD3+ CD56+ NKT po-trebbero essere implicati nella depressione.10 Lo stress può aumentare determinate componenti DAMPS (Patterns Molecolari associati al danno) che attivano la risposta immune e infiammatoria attraverso l’attivazione di componenti dell’infiammazione quali il sistema NLRP3 o NOD-like receptor family, pyrin domain containing 3. Citochine e fibromialgia / L. Bazzichi et al.

Citochine e fibromialgia / L. Bazzichi et al .

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Nella FM è stata trovata un’attivazione dell’NLRP3, con aumentata produzione di IL1 e aumentato stress ossidativo.40 Lo stato di infiammazione di basso grado indotto dallo stress è infatti accompagnato dalla produzione della famiglia delle citochine dell’IL-1 inclusa IL-33, che possono essere inibite dalla IL-37, che previene l’infiammazione e inibendo le citochine IL-1, IL-6, IL-18, IL-33 e TNF con un effetto che risulta protetti-vo nei modelli animali. Questo tipo di studi ha infatti rilevato che l’IL-37 è un inibitore importante del dolore e infiammazione indotta dalla famiglia pro-infiammatoria che potrebbe essere utilizzata a scopi terapeutici. Altri studi sono richiesti per quanto ri-guarda il dosaggio, gli effetti collaterali e la tossicità che rimangono da determinare.10

In questo contesto, dobbiamo anche ricordare che nella FM sono state trovate

altera-zioni mitocondriali, degli ormoni steroidi sessuali e il sistema redox.10,40,41

Quindi, riassumendo, fattori genetici, stress cronico, stimoli di varia natura percepiti come stressors porterebbero all’instaurarsi della patologia dolorosa sistemica. Le alte-razioni biochimiche nella FM interesserebbero intealte-razioni centro-periferia, quali: a) sbi-lanciamento di neurotrasmettitori eccitatori e inibitori, in particolare 5-HT e metaboliti, catecolamine, glutammato e GABA a livello centrale, b) l’attivazione neuroendocrina della risposta allo stress a livello di SNA e dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, c) la va-riazione degli ormoni di regolazione del metabolismo glucidico, d) le disfunzioni vie neurosensoriali che interessano cellule e tessuti periferici instaurando uno stato d’infiammazione e stress ossidativo. Inoltre, il perdurare della malattia ha conseguenze non solo sul dolore periferico ma anche sul SNC, suggerendo il parallelismo tra i feno-meni infiammatori periferici e alterazioni cerebrali: un recente studio di risonanza ma-gnetica ha osservato che i pazienti FM possono presentare atrofia a carico della materia grigia cerebrale in aree coinvolte nella risposta allo stress, nella nocicezione e nella funzione cognitiva rispetto a controlli di pari età; il grado di atrofia osservato è propor-zionale alla durata della malattia.4

Infatti, le cellule gliali nel cervello, come i mastociti e i macrofagi in periferia, possono essere attivate da fattori infiammatori, DAMPS, substrati metabolici che portano alla liberazione di citochine, un evento che potrebbe succedere nella FM.10

Come possiamo vedere la FM comprende una varietà di sintomi e condizioni in comor-bidità tale che la letteratura scientifica sulla ricerca di fattori eziopatogenetici della ma-lattia e sui suoi correlati biologici è numerosissima.

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Questi studi sono infatti di notevole importanza per trovare indagini di laboratorio a fi-ne diagnostico e prognostico per cercare di migliorare le attuali terapie disponibili, im-pedendo lo svilupparsi di forme più gravi e invalidanti. Tali investigazioni hanno anche contribuito a far ritenere ormai che la FM si può considerare un disturbo di spettro, in relazione alla distribuzione spaziale del dolore, alla gravità e alla molteplicità dei sin-tomi, delle presentazioni cliniche e dei substrati neurochimici e biologici implicati. Quasi non si parla più di FM come singolo disturbo o patologia “tutto o niente” come recentemente indicato.42 Maggiori studi sono necessari per comprendere l’eterogeneità e la complessa presentazione della FM. Le alterazioni del sistema serotoninergico ri-mangono tra quelle maggiormente investigate, ma, come vedremo, si stanno definendo anche nuove prospettive.

1.7 Trattamento farmacologico e non

Le linee guida di diversi paesi raccomandano di dare una chiara spiegazione della pato-logia ai pazienti, in modo da avere aspettative realistiche riguardante al trattamento che ha come obiettivo il miglioramento dei sintomi in quanto la totale scomparsa è impro-babile3 Il trattamento di una sindrome così complicata richiede un approccio multidi-sciplinare dove vengono comunemente combinati terapia farmacologica, terapia cogni-tiva comportamentale, esercizio fisico e intervento fisioterapico.

• Trattamento farmacologico:

I farmaci più utilizzati nella FM sono gli antidepressivi, che inizialmente vengono somministrati con un dosaggio più basso e poi si aumenta gradualmente fino ad arriva-re al dosaggio necessario. Questa somministrazione graduale viene effettuate per mi-nimizzare gli effetti avversi. La classe maggiormente studiata sono gli antidepressivi triciclici, i più comuni nella FM sono Amitriptilina (fig.5) e Doxepina (fig.6).

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Figura 6. Struttura cis/trans doxepina

Figura 5. Struttura Amitriptilina

Gli studi sugli antidepressivi triciclici hanno mostrato un significante miglioramento del dolore, della rigidità, della fatica e della qualità del sonno comparato al placebo. Ci sono molti effetti avversi, il farmaco va somministrato la sera per diminuire gli effetti anticolinergici e sedativi. Nei pazienti incapaci di tollerare gli effetti anticolinergici, an-tiadrenergici, antistaninergici, possono essere richiesti altri farmaci.1,4 Tra gli inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRI) quelli utilizzati nella FM sono la Fluoxe-tina (fig.7) e la ParoxeFluoxe-tina (fig.8)

Figura 8. struttura paroxetina Figura 7. Struttura fluoxetina

Questi due farmaci hanno un’efficacia da moderata a forte nella riduzione del dolore, raccomandati soprattutto quando la FM coesiste con depressione e ansia. Uno studio ha mostrato che l’associazione della fluoxetina 20 mg/die con l’amitriptilina 25mg/die aveva significati benefici rispetto al placebo e ai due farmaci somministrati singolar-mente1,4,5

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Dagli inibitori della ricaptazione della serotonina e noradrenalina (SNRI) oltre all’amitriptilina si utilizza la venlafaxina (fig.9), la duloxetina (fig.10), il milnacipran (fig.11)

Figura 10. struttura duloxetina

Figura 9. copia enantiomeri venlafaxina

Figura 11. struttura del milnacipran

Venlafaxina: a bassi dosaggi (meno di 100mg/die) agisce maggiormente nella inibizio-ne del reuptake della serotonina, invece a alti dosaggi (maggiori di 100 mg/die) inibisce di più il reuptake della noradrenalina. I studi hanno dimostrato che 75 mg/die di venla-faxina hanno portato un significane miglioramento nel dolore rispetto al placebo.4 Duloxetina: in aggiunta alle proprietà SNRI, aumenta i livelli della dopamina nella cor-teccia prefrontale. Nella FM si inizia con un dosaggio di 20 mg/die o 30mg/die e si au-menta gradualmente fino ad arrivare alla dose massima di 60 mg/die. Gli effetti collate-rali collegati all’effetto anticolinergico, a livello gastrointestinale, cardio vascolare, nell’SNC, mal di testa, secchezza, fatica.43

Milnacipran: oltre a essere un SNRI è anche un inibitore NMDA (N-metil -D- asparta-to) che possono inibire o alleviare la sensazione centrale, gli studi hanno osservato un miglioramento del dolore e della fatica comparato col placebo.3,4

Un'altra classe di farmaci utilizzata sono gli anticonvulsivanti, quelli che hanno mostra-to efficacia contro il dolore sono il Pregabalin (fig.12) e Gabapentin (fig.13).

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Figura 13. struttura gabapentin Figura12. struttura pregabalin

Il loro meccanismo d’azione non è dovuto dal legame diretto col GABA, ma con il ca-nale del calcio voltaggio dipendente, bloccando l’entrata del calcio riducendo il rilascio del neurotrasmettitore eccitatorio, questo porta gli effetti anticonvulsivanti.4,44

Pregabalin: strutturalmente è simile agli inibitori del GABA, è stato reso lipofilo per superare la barriera ematoencefalica. La dose iniziale di somministrazione è 150 mg/die dopo una settimana va aumentata a 300 mg/die, in alcuni pazienti può essere aumentata ulteriormente fino a 450 mg/die diviso in due somministrazioni.

Gli effetti collaterali sono di intensità moderata, sono dose dipendente e si manifestano nelle prime due settimane. I più comuni sono sonnolenza, vertigini, visione offuscata, difficoltà di concentrazione, secchezza delle fauci e aumento di peso.44 Uno studio ha dimostrato che Pergabalin combinato con agenti serotoninergici diminuisce in maniera significativa il tinnito nella FM.45

Gabapentin: dagli studi nella FM un dosaggio di 1200 mg e 2400 mg al giorno ha di-mostrato un miglioramento del dolore e dei disturbi del sono comparato al placebo.4 Per ridurre la sonnolenza va somministrato la sera.1

Gli oppioidi sono sconsigliati nella fibromialgia l’unico che ha dimostrato un’efficacia in alcuni studi è il Tramadol (fig.14).

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È un debole agonista dei recettori mu, e un inibitore del reuptake della serotonina e no-radrenalina a cui probabilmente deve l’efficacia.4,46 Alcuni studi hanno associato 37,5 mg di Tramadol con 325 mg di paracetamolo questo ha avuto degli effetti positivi mi-gliorando la qualità di vita dopo 3 mesi, a differenza del Tramadol da solo (50-400 mg) che non ha avuto nessun miglioramento rispetto al placebo.46 Anche la combinazione con le monoamine ha dato un esito positivo, ma l’evidenza non è sufficiente per rifiuta-re o supportarifiuta-re l’utilizzo del Tramadol nella fibromialgia.46

Il Pramipexolo (fig.15) è un agonista della dopamina.

Figura 15. struttura pramipexolo

4,5 mg di Pramipexolo la sera diminuisce il dolore, e la fatica, sembra efficace anche nella sindrome delle gambe senza riposo.4,5

Della classe degli ipnotici sono sconsigliate le benzodiazepine.1 Zopiclone (fig.16) e Zolpidem (fig.17) sono ipnotici non BDZ che migliorano il sonno e diminuiscono la fa-tica.4

Figura 17. struttura zolpidem

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Sodio Oxibato (fig.18): è un potente sedativo precursore del GABA è un agonista del recettore GABA-B, modula anche l’attività dopaminergica. In due studi con pazienti diagnosticati con FM è stata somministrata o una dose di 4,5 g/die o 6 g/die divisa in due dosi una la sera e l’altra dopo 4 ore, si è osservato un miglioramento del sonno pro-fondo, una diminuzione delle onde alfa, miglioramento del dolore e della fatica.4

Figura 18. struttura sodio oxibato

Naltrexone (fig.19): è un antagonista sintetico dei recettori oppioidi, secondo alcuni studi effettuati su una piccola scala l’utilizza a basso dosaggio ha mostrato efficacia e bassa tossicità in alcune condizioni tra cui la FM.47

Figura 19. struttura naltrexone

I farmaci antiinfiammatori non steroidei sono sconsigliati per la FM almeno che non c’è la coesistenza di una patologia infiammatoria come ad esempio l’artrite.3

I farmaci approvati dalla FDA per la FM sono la Duloxetina, Milnacipran e Pregabalin, invece in Europa l’EMA ha approvato solo Milnacipran.1

Infine, tra i trattamenti farmacologici, anche se si tratta di sostanze considerate piuttosto di complemento e integrazione, dobbiamo riportare l’S-adenosil-metionina (fig.20), o SAMe, e la melatonina, sintetizzata a partire dalla 5-HT e prodotta principalmente dalla ghiandola pineale come regolatore endogeno circadiano. Sono sostanze entrambe di origine endogena ma che possono esser somministrate in supporto alle terapie farmaco-logiche in determinate condizioni, quali i disturbi dell’umore e la FM.

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Figura 20. S-adenosil-metionina

La SAMe è una molecola prodotta dal metabolismo endogeno dell’aminoacido solfora-to essenziale metionina mediante la via metabolica di transmetilazione. È un importan-tissimo co-substrato nelle reazioni catalizzate dagli enzimi metiltransferasi, coinvolte nella regolazione dell’espressione genica, nei pattern epigenetici e anche nella sintesi della catecolamina di risposta allo stress adrenalina e dell’ormone circadiano melatoni-na. Tale molecola è legata al ripristino di situazioni di stress ossidativo ed è in studio anche nel supporto alla terapia dei disturbi dell’umore e nella FM.48 I pazienti FM trat-tati con SAMe hanno riportato una riduzione significativa dei sintomi del dolore.

Figura 21. Melatonina

Alcuni studi hanno indicato la melatonina (fig.21) come una molecola importante nella fisiopatologia della FM. Di recente è stato scoperto che i mitocondri sono potenti pro-duttori di melatonina, e, poiché i muscoli contengono un grande numeri di mitocondri e una disfunzione mitocondriale accompagnata da stress ossidativo è stata riportata nella FM, tali aspetti sono stati associati bassa produzione di melatonina nella malattia.49 Alterazioni della produzione di melatonina sono anche sostenute dal fatto che i pazienti soffrono di disturbi del sonno in alta percentuale e che la somministrazione di

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melatonina ha effetti benefici, migliorando qualità del sonno e del dolore, nonché por-tando alla diminuzione del numero dei tender points.49 Non sono stati riportati effetti

collaterali importanti a seguito di somministrazione di melatonina ai pazienti.49

• Trattamento non farmacologico:

I trattamenti non farmacologici includono anche la terapia cognitiva comportamentale e gli esercizi aerobici quest’ultimi sono pianificati con lo scopo di mantenere e migliorare la forza e la flessibilità muscolare.50

L’intensità degli esercizi viene pianificato in base alle condizioni fisiche del paziente. 9 I migliori approcci terapeutici nella fibromialgia sono quindi combinati, prevedendo in-terventi a vari livelli, farmacologici, psicologici e fisioterapici. Tra le strategie terapeu-tiche, come supporto alle terapie farmacologiche e non, stanno oggi emergendo anche quelle legate strettamente allo stile di vita dei pazienti. Tra queste troviamo in primo luogo le strategie terapeutiche di tipo alimentare, legate alla nutrizione, tenendo presen-te che una buona parpresen-te dei pazienti è sovrappeso o obeso e/o presenta disturbi inpresen-testinali e intolleranze o sensibilità a determinate componenti degli alimenti. Inoltre, come pre-cedentemente riportato, le carenze di determinati nutrienti e alterazioni del metaboli-smo energetico nella FM hanno spinto a considerare la dieta e la funzione dell’apparto gastrointestinale come aspetti importanti con potenziali ricadute sulla sintomatologia e terapia della malattia, come presenteremo nei prossimi capitoli, mettendo in evidenza il ruolo della composizione del microbiota intestinale. L’argomento di questa tesi consi-ste infatti propriamente nel rilevare che non solo diete a carattere prettamente ipocalori-co e dimagrante possono essere benefiche nella FM, ma anche interventi dietetici carat-terizzati dalla riduzione mirata di alimenti più o meno ricchi in determinati componenti nutrizionali e dall’uso potenziale di integratori.

Si cercherà quindi di riportare gli studi più recenti nel settore che riscontrano effetti be-nefici nei pazienti ottenuti con alcuni tipi di diete, in relazione alla presenza di disbiosi del microbiota, IBS, celiachia e sensibilità alimentari.

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CAPITOLO 2: IL MICROBIOTA INTESTINALE

2.1. Generalità

Il microbiota intestinale rappresenta un complesso ecosistema che contribuisce con funzioni essenziali per il suo ospite. Joshua Lederbeg ha definito come microbioma la comunità di microrganismi che convivono nel nostro corpo in simbiosi.51 Una vasta gamma di microbi colonizzano il corpo umano, centinaia di trilioni di batteri si trovano in tutto il corpo, un numero di gran lunga superiore alle nostre cellule somatiche, con circa quattro milioni di geni batterici diversi, al 95 % localizzati nell’intestino crasso.52 I microrganismi che popolano il tratto gastrointestinale sono un punto chiave per la sa-lute dell’ospite, l’alterazione del equilibro della microflora intestinale influenza l’intero corpo, portando allo sviluppo varie patologie. Il microbioma intestinale può essere visto come un bioreattore anaerobico programmato per sintetizzare molecole che influenzano il sistema immunitario modificando l’epigenoma, e regolano il metabolismo dell’ospite.52 Il microbiota dell’intestino umano (fig. 22) è uno dei siti più complessi del corpo che contiene tra i 500 e 1000 specie.53

Esiste una complicata relazione bidirezionale tra il microbiota intestinale e l’ospite che è cruciale per la salute, la sua importanza riguarda diverse funzioni essenziali, come la digestione del cibo che include la fermentazione dei componenti non digeribili in meta-boliti assorbibili, l’estrazione dei nutrienti, la sintesi di micronutrienti (la vitamina K, la vitamina B12, la biotina, l’acido folico e vitamina B5, l’assorbimento del calcio, ma-gnesio e ferro), regolazione della risposta immunitaria dell’ospite, nella protezione con-tro le infezioni, nel metabolismo dei medicinali nella partecipazione e regolazione del metabolismo dell’ospite.53,54 I prodotti della fermentazione microbica, come gli acidi grassi a catena corta, sono essenziali e giocano un ruolo importante nel processo immu-nomodulatore.54 Il microbioma continuamente stimola il sistema immunitario di produr-re le citochine, cprodur-reando uno stato basale dell’attivazione immunitario che inizia nella superficie della mucosa intestinale e influenza tutto il corpo.52

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Figura 22. Il microbiota intestinale umano. Immagine tratta da https://cercolinfo.it/wp-

con-tent/uploads/2020/03/microbiota.png

Il microbioma evolve rapidamente durante i primi anni di vita, ed è inizialmente carat-terizzata da bassa diversità e instabilità. La maggior parte della colonizzazione batterica nei neonati inizia al momento del parto, ma i batteri possono trovarsi anche nel meco-nio.53 I bambini partoriti vaginalmente sono inizialmente colonizzati con la microflora vaginale, come Lactobacillus e Prevotella, mentre quelli nati per parto cesareo sono inizialmente colonizzati con il microbiota della pelle.53,55 Nel primo anno di vita nei bambini allattati al seno c’è un aumento della popolazione del Bifidobacterium.

Alcuni Bifidobatteri hanno degli enzimi specializzati che permettono loro di metabo-lizzare gli oligosaccaridi del latte materno, inoltre sono stati associati con una varietà di potenziali effetti benefici come l’incremento della produzione delle immunoglobuline A e il rafforzamento della barriera della mucosa intestinale. Il microbiota dei neonati è arricchito con alcuni geni che facilitano l’acquisizione dei nutrienti, per esempio quelli che codificano de novo la sintesi dei folati che negli adulti vengono assunti con la die-ta.53 Il microbioma inizia a cambiare con l’introduzione del cibo solido, circa all’età di

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tre anni diventa molto simile a quella degli adulti, ed è dominata da Bacteroidetes e Firmicutes ma anche Actinobacteria, Proteobacteria e Verrucomicrobia in minor quan-tità.55 Si pensa che negli anziani si abbia una variazione nella uniformità del microbiota, che può tendere a rappresentare un fenotipo pro-infiammatorio, basato potenzialmente nella diminuzione della sintesi della vitamina B12, aumentando così la possibilità del potenziale danno nel DNA, modificando la risposta allo stress, e un sistema immunita-rio compromesso.53 Il sistema immunitario dell’ospite così come l’età influisce sul microbioma: nell’intestino una grande comunità di microbi si trova in prossimità della superficie delle cellule epiteliali, una situazione che porta alla sua stimolazione. Nel colon sono presenti due strati di mucosa, il primo è uno strato poco aderente colo-nizzato da batteri, il secondo è denso e molto attaccato allo strato della mucosa che è privo di batteri, questo strato di muco denso copre la superficie epiteliale e forma una barriera fisica che previene il contatto diretto dei microbi con la mucosa.53

Il microbiota svolge un ruolo molto importante per la salute dell’ospite:

• Controlla la proliferzione di agenti patogeni presenti nel tratto intestinale (come i Clostridia o Colibacillacea).

• Stimola il sistema immunitario. • Regola l'assorbimento dei nutrienti.

• Regola il metabolismo e la fisiologia dell’ospite.

• Interviene nella produzione di vitamine ed enzimi come vitamina K e biotina. • Stimola il rinnovo cellulare

• Interagisce con il Sistema Nervoso Enterico e il sistema neuroendocrino.

Il microbioma svolge importanti funzioni metaboliche, immunologiche and protettive per l’integrità intestinale nell’ospite. Ad esempio, il metabolismo dei carboidrati nei batteri ad esempio risulta nella produzione di molecole che concorrono al mantenimento di una muco-sa intestinale funzionale e persino al corretto sviluppo e conservazione della barriera emato-encefalica.

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2.2 Fattori che alterano la composizione del microbiota intestinale

La composizione del microbioma viene influenzata da tanti fattori; nel paragrafo prece-dente abbiamo visto come il microbiota può cambiare in diverse fasi della vita, dalla nascita fino all’anzianità. L’assetto delle specie batteriche colonizzanti l’intestino infatti può cambiare in base a fattori endogeni come la variabilità genetica, il metabolismo e il sistema immunitario dell’ospite, ma anche in base altri fattori di tipo esogeno e ambien-tale, quali l’utilizzo di medicinali, il fumo, l’uso di sostanze da abuso, lo stile di vita e l’alimentazione.

Da studi condotti in modelli murini, è stato visto che i topi con immunodeficienza, co-me certe mutazioni del IgA e comproco-messa funzione delle cellule linfoidi, presentano alterazioni nella composizione del microbiota intestinale, con aumento di generi poten-zialmente patogeni come Klebsiella, Proteus e Helicobacter.53

La genetica dell’ospite ha un impatto nel microbioma, sembra che i membri della stessa famiglia abbiano un microbiota intestinale simile; questo è stato osservato in uno studio condotto esaminando le feci di 977 soggetti, incluso dei gemelli monozigote e dizigote. È stato visto che il microbioma era simile per i gemelli rispetto ad altre persone non imparentate, ed era ancora più simile tra gemelli monozigoti rispetto a quelli dizigoti.53 La dieta alimentare degli individui è uno dei più importanti modificanti del microbiota intestinale: cambiando la dieta per periodi molto lungi porta in un cambiamento anche del microbiota. Diversi studi sono stati fatti comparando la dieta di persone con diversi percentuali di fibre, grassi animali o vegetali, e carboidrati. Ma è stato anche visto che le persone avevano una risposta metabolica diversa anche allo stesso tipo di dieta.55

In uno studio con 10 individui che appartenevano all’enterotipo Bacteroides (il genere dominante per loro) furono alimentati o con una dieta completamente diversa dalla loro per osservare l’impatto che avrebbe avuto nel microbioma. C’è stato un cambiamento nel microbiota entro 24 ore ma non c’è stato un passaggio da un enterotipo al altro, le modifiche erano minime.53 Strettamente collegata alla dieta abbiamo l’obesità, i primi cambiamenti del microbiota nell’obesità sono stati riportati in modelli d i topi, poi an-che nell’ uomo: più specificatamente si ha una riduzione del 50% dei Bacteroidetes e un aumento allo stesso livello delle Firmicutes, anche se l’importanza di questa varia-zione è stata messa in discussione. Nell’obesità troviamo alterazioni anche di altre

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