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Revisione della letteratura sull'uso delle vibrazioni focali e studio pilota sul trattamento della spasticità

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Academic year: 2021

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(1)

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove

Tecnologie in Medicina e Chirurgia

Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e

Riabilitativa

Tesi di Specializzazione

Revisione della letteratura sull'uso delle

vibrazioni focali e studio pilota sul trattamento

della spasticità

Relatore:

Carmelo Chisari

Candidato:

Alessio Pelagatti

Anno Accademico 2017/2018

(2)

Indice

1. Introduzione

1.1 : Tipologie di vibrazioni e meccanismi fisiologici

1.2 : Studi sul loro utilizzo:

1.2.1

Uso delle vibrazioni focali nel recupero dell’arto

superiore in esiti di ictus

1.2.2

Vibrazioni focali e plasticità

1.2.3

Utilizzo nelle mielolesioni e plasticità

segmentale e sovra-segmentale

1.2.4

Studi sull'utilizzo delle vibrazioni nelle paralisi

cerebrali infantili

1.2.5

Utilizzo nella sclerosi multipla per migliorare lo

schema del passo

1.3 Altri meccanismi nello studio in oggetto:

1.3.1 TENS

1.3.2 Rinforzo muscolare e isocinetica

1.3.3 Fenomeni di plasticità maladattativa e modificazioni a

livello dell’effettore periferico che possono ridurre l’efficacia

degli interventi riabilitativi

2. Obiettivi dello studio

3. Materiali e metodi:

3.1 Criteri di inclusione e esclusione

3.2 Protocollo

3.3 Valutazioni cliniche

3.4 Valutazioni strumentali

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3.5 Analisi statistica

4 Risultati:

4.1 Analisi delle variazioni tra T0-T1 nel gruppo TENS

4.2 Analisi delle variazioni tra T0-T1 nel gruppo Vibra

4.3 Esito valutazioni strumentali nei 2 gruppi

5 Discussione:

5.1 Conclusioni dello studio

5.2 Comparazione dei risultati con altri studi inerenti l’arto

superiore

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Abstract

Nel lavoro in oggetto è stata revisionata la letteratura inerente l'uso delle vibrazioni focali in stroke, sclerosi multipla e paralisi cerebrali infantili sia per quanto riguardi la spasticità che la funzionalità di arti superiori e inferiori ed abbiamo eseguito uno studio pilota sul trattamento della spasticità dell’arto superiore negli esiti di ictus. Nella letteratura le vibrazioni focali sono state associate sia a esoscheletri, che a trattamenti riabilitativi di rinforzo che alla tecnica fisioterapica kabat ed in tutti gli studi esaminati emerge la loro utilità sia per quanto riguardi la riduzione della spasticità che per quanto riguardi il miglioramento della funzionalità.

Nel nostro studio compariamo l'associazione di vibrazioni focali e isocinetica con TENS e isocinetica, valutando i pazienti prima del trattamento e a 1 giorno dalla fine dil trattamento di 10 sedute con scale cliniche inerenti l'arto superiore.

Nel gruppo in cui vengono associate le vibrazioni focali all'isocinetica, oltre a esserci una maggiore riduzione della scala MAS, si ha una riduzione significativa (p=0.05) dei tempi dei task motori della scala Wolf e un trend di miglioramento di tutte le scale cliniche che però non raggiungono la soglia per la significatività.

Il punteggio della scala MAS diminuisce di almeno una unità nei distretti trattati e di una nel distretto a valle.

Nel gruppo TENS si ha un trend di miglioramento riguardo i tempi per svolgere i task motori della Wolf Motor Function ma i miglioramenti non raggiungono la soglia per la significatività statistica in nessuno dei due pazienti.

Con la valutazione strumentale nei pazienti Vibra si è riusciti a aumentare per 3 volte l’aROM in entrambi i distretti trattati mentre in un paziente TENS non è aumentato in nessun distretto e nell’altro è stato possibile aumentarlo tre volte ma in un solo distretto.

Il fatto che in nessuno dei 2 gruppi i pazienti abbiano avuto percezione del miglioramento, fa pensare che serva un trattamento di maggiore durata.

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1. Introduzione

1. Tipologie di vibrazioni e meccanismi fisiologici

Le vibrazioni sono oscillazioni meccaniche generate da onde di pressione che si tramettono attraverso corpi solidi.

Per oscillazioni si intende il movimento che compie un punto mobile per ritornare alla posizione di partenza e sono caratterizzate da:

• numero di oscillazioni al secondo = frequenza (Hz) • ampiezza delle oscillazioni (mm)

Esistono diverse tipologie di vibrazioni:

• Vibrazioni che coinvolgono l’intero corpo (WBV) • Applicazioni multi-distrettuali (TDV)

• Vibrazioni focali (TLV)

La WBW utilizza delle oscillazioni verticali sinusoidali che tramite una pedana vibrante interessano l’intero corpo e quindi non si tratta un distretto specifico. Si ha un movimento basculante attorno ad un asse centrale e mentre una parte della piastra sale, l’altra scende.

È caratterizzata da frequenze tra 15-60 Hz e ampiezza tra 1-10 mm.

Nella seconda tipologia di vibrazioni, non viene trattato un distretto specifico ma un arto o addirittura due arti. È una metodologia che trova impiego soprattutto in ambito sportivo.

Nel nostro studio tratteremo soprattutto l’ultima modalità perché permette di trattare distretti ben specifici a differenza delle altre 2 modalità.

Essa viene somministrata attraverso 2 modalità: • Meccanica

• Acustica

La prima metodologia utilizza palline, puntali o cilindri applicati direttamente alla cute, che generano una vibrazione simile a quello delle piastre vibranti ma la metodologia ha diverse problematiche:

• Danni ai tessuti

• Mantenere un’adeguata pressione sulla cute

Nella seconda tipologia le oscillazioni meccaniche sono ottenute tramite un’onda acustica e il vantaggio principale è che si riescono a regolare in maniera precisa sia le frequenze tra 1 e 300 Hz che l’ampiezza.

Il fatto che si possa modulare la frequenza è molto importante perché con diverse frequenze si ottengono effetti diversi:

• 50 Hz = defaticamento • 80 Hz= miorilassante

• 100 Hz = riduzione spasticità • 200 Hz = antalgico

• 300 Hz =miglioramento prestazioni

Le vibrazioni focali sono uno stimolo propriocettivo molto forte e dalla letteratura emerge la loro utilità nel trattamento di spasticità, dolore neuropatico e nocicettivo, nel favorire la plasticità e migliorare il controllo motorio [1] [2].

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I recettori stimolati da uno stimolo vibratorio sono: fibre Ia (fusi neuromuscolari), Ib (organi tendinei del Golgi), fibre II e i recettori cutanei come i corpuscoli di Pacini o di Meissner.

Dalle fibre Ia lo stimola passa per le colonne dorsali del midollo, va al nucleo postero-laterale ventrale del talamo e arriva fino all’area sensitiva primaria (giro post-centrale, lobulo paracentrale posteriore della corteccia parietale) alla corteccia motoria primaria, premotoria, supplementare e corteccia cingolata.

Dagli studi effettuati con la stimolazione magnetica transcranica (TMS) emerge una facilitazione dei potenziali evocati motori (MEPs) con una diminuzione della soglia motoria, un aumento dell’eccitabilità della corteccia che rappresenta i muscoli sottoposti a vibrazione e una diminuzione dell’eccitabilità della corteccia dei muscoli antagonisti [3].

Nella maggior parte degli studi sul trattamento della spasticità la frequenza oscilla tra 80-120 Hz e l’ampiezza è maggiore di 0.5 mm perché con questi parametri si stimolano soprattutto le fibre Ia se le vibrazioni sono applicate nel ventre muscolare dei muscoli antagonisti a quelli spastici mentre quando vengono applicate a livello dei tendini dei muscoli spastici, si sfruttano le afferenze Ib dagli organi tendinei del Golgi, anche se entrambe le metodologie sembrano dare risultati anche se con meccanismi diversi. In ogni caso, gli effetti sono presenti anche a livello corticale come dimostra lo studio di Li W et al [4] che ha studiati gli effetti a livello corticale dopo stimolazione a 75 Hz del tendine dei muscoli del tricipite della sura di 14 volontari sani e 7 pazienti con stroke in fase subacuta, tramite EEG ed era evidente una desincronizzazione controlaterale alla stimolazione a livello della corteccia sensi-motoria (S1-M1) nella banda beta1 (13-18 Hz) e una desincronizzazione bilaterale nelle bande beta1 e beta2 (13-21 Hz) nei pazienti con stroke in fase subacuta dopo le 3 sessioni di trattamento. Questi studi fanno ipotizzare che ci siano fenomeni plastici a livello sia midollare che corticale con probabili effetti a lungo termine.

La spasticità è definita come “un disordine motorio caratterizzato da un incremento velocità-dipendente nei riflessi tonici di stiramento (tono

muscolare) con riflessi tendinei esagerati, secondari ad una ipereccitabilità del riflesso di stiramento quale componente della sindrome del motoneurone superiore “ [5] .

Neurofisiologia alla base del riflesso da stiramento:

Indubbiamente un ruolo fondamentale per il controllo del tono muscolare lo hanno fasci discendenti sia eccitatori (fasci vestibolo-spinale e reticolo-spinale mediale) che inibitori (fasci corticospinale e corticoreticolare) ma esistono anche altri meccanismi [6] :

• Inibizione tra agonisti ed antagonisti da afferenze Ia

• Inibizione non reciproca da afferenze Ib del muscolo omonimo • Inibizione ricorrente da cellule di Renshaw

• Inibizione presinaptica

All’interno dei muscoli sono presenti dei recettori dello stiramento chiamati fusi neuromuscolari che solitamente contengono 2-3 fibre a sacco di nuclei che possono essere distinte in dinamiche e statiche e intorno ai 5 fibre a catena di nuclei ed entrambe le tipologie sono innervate dai motoneuroni gamma, a differenza delle fibre extrafusali che sono innervate dai motoneuroni alfa.

I fusi neuromuscolari sono caratterizzati da: fibre muscolari intrafusali, terminazioni di fibre mieliniche di grande diametro che raggiungono la parte centrale delle fibre

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muscolari intrafusali, fibre mieliniche di piccolo diametro che innervano le fibre intrafusali.

Riguardo alle terminazioni nervose che hanno: la terminazione principale (Ia) si avvolge attorno alla posizione centrale delle fibre intrafusali mentre le terminazioni secondarie (II) terminano nelle regioni adiacenti alla posizione centrale delle fibre statiche sia a catena di nuclei che a sacco i nuclei.

Essi sono posti in parallelo alle fibre muscolari extrafusali e quindi quando il muscolo viene stirato, anche le fibre intrafusali vengono stirate con conseguente aumento dell’attività del fuso neuromuscolare e quando il muscolo si accorcia, diminuiscono le afferenze provenienti dai fusi neuromuscolari.

La contrazione delle fibre intrafusali non dà nessun contributo alla contrazione muscolare complessiva ma la loro contrazione provoca lo stiramento della regione centrale non contrattile del fuso neuromuscolare, con aumento della frequenza di scarica delle fibre mieliniche e di conseguenza aumenta la sensibilità dei fusi neuromuscolari.

La scarica statica mediata dalle fibre Ia e II segnala la lunghezza del muscolo in condizioni stazionarie mentre solo le terminazioni primarie sono molto sensibili alla velocità di stiramento e perciò forniscono informazioni sulla velocità di movimento o su variazioni inattese della lunghezza muscolare permettendo rapide risposte

correttive.

I motoneuroni gamma possono essere divisi in: statici ovvero quelli che innervano le fibre a sacco di nuclei e a catena di nuclei e dinamici, quelli che innervano solo le fibre a sacco di nuclei dinamiche, anche se in realtà si attivano entrambe le tipologie durante i movimenti complessi.

L’aumento dell’attività dei motoneuroni gamma statici aumenta l’attività sia delle terminazioni sensitive primarie che secondarie con una possibile loro attività anche quando il muscolo si trova in condizioni di allungamento mentre i motoneuroni gamma dinamici influenzano unicamente l’attività delle terminazioni primarie.

In ogni caso, la loro attività è fondamentale perché se non ci fosse, durante la contrazione muscolare si annullerebbe l’attività delle fibre Ia provenienti dai fusi neuromuscolari perché non ci sarebbe più tensione al centro delle fibre intrafusali da registrare, mentre per via della loro attività che fa contrarre anche le fibre intrafusali, i fusi neuromuscolari continueranno a registrare le variazioni di lunghezza del muscolo. È fondamentale quindi la coattiva ione alfa-gamma, perché permette di mantenere costantemente il livello di lunghezza del muscolo vicino a quello desiderato, tramite l’influenza di vie discendenti che agiscono sia sui motoneuroni alfa che gamma. Durante l’accorciamento muscolare dato dai motoneuroni alfa, i motoneuroni gamma sono responsabili di un accorciamento equivalente delle fibre intrafusali e se l’accorciamento muscolare fosse maggiore di quello previsto, i fusi neuromuscolari diminuirebbero la loro frequenza di scarica e viceversa in maniera di compensare prontamente le variazioni inattese della lunghezza muscolare e facendo in modo che la contrazione muscolare risulti sempre adeguata allo scopo che ci si prefigge.

In realtà le vie riflesse in realtà permettono di compensare solo lievi variazioni del carico inattese ed in caso di variazioni di una certa entità, serve il controllo volontario. La cosa importante è che il sistema nervoso centrale influenza in maniera significativa la sensibilità dei fusi neuromuscolari, permettendo il controllo fine dei movimenti. Le fibre Ia di un muscolo eccitano oltre i motoneuroni che innervano il muscolo da cui provengono, anche muscoli con funzione simile e inibiscono i muscoli antagonisti tramite la classe di interneuroni inibitori Ia (inibizione disinaptica).

Quando un muscolo viene stirato, l’antagonista si rilascia e il meccanismo prende il nome di innervazione reciproca, che è fondamentale nei movimenti volontari perché

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rilasciandosi il muscolo antagonista a quello che compie il movimento, si ha sia una maggiore velocità del movimento che un minore dispendio energetico.

In certe situazioni il meccanismo di inibizione reciproca viene meno quando serve stabilizzare un’articolazione per eseguire movimenti precisi e questo si ottiene tramite influenze inibitorie e eccitatorie dei centri sovra-spinali sugli interneuroni inibitori. Un altro meccanismo di una certa importanza è quello mediato dalle cellule di Renshaw che vengono eccitate dai rami collaterali degli assoni dei motoneuroni e hanno connessioni inibitorie con vari motoneuroni tra cui quelli che li attivano, formando un sistema di feed-back negativo sui motoneuroni alfa ma anch’esse sono influenzate in maniera significativa delle vie discendenti.

Un meccanismo fondamentale è l’inibizione presinaptica delle fibre Ia perché permette di modulare i riflessi in base al compito motorio da svolgere.

Fondamentali per la registrazione della tensione muscolare sono gli organi tendinei del Golgi che sono situati in serie rispetto alle fibre muscolari a livello della giunzione muscolo-tendinea. Ogni organo tendineo del Golgi è innervato da una singola fibra nervosa mielinica Ib.

Gli organi tendinei del Golgi sono capsulati e la fibra nervosa una volta che ha attraversato la capsula, perde il rivestimento mielinico, emette vari rami che si intrecciano con le fibre collagene ed anche stiramenti molto piccoli delle fibre collagene vengono registrati.

C’è una stretta correlazione tra forza espressa dal muscolo e frequenza di scarica degli organi tendinei del Golgi: in questo modo il sistema nervoso centrale viene costantemente informato sullo stato di contrazione dei vari muscoli.

La stimolazione delle fibre Ib è responsabile dell’inibizione disinaptica tramite gli interneuroni Ib, inibendo il muscolo omonimo in base alla tensione nella giunzione muscolo-tendinea. In realtà il ruolo degli interneuroni Ib è più complesso perché ricevono anche afferenze Ia dai fusi muscolari, afferente da recettori cutanei, da recettori articolari, eccitatorie e inibitorie discendenti e stabiliscono anche connessioni complesse con motoneuroni di articolazioni diverse.

L’integrazione delle varie afferenze sensitive permette al midollo spinale di elaborare risposte adeguate.

Lesioni isolate all’area 4 di Brodman , ai fasci piramidali a livello pontino e bulbare, al peduncolo cerebrale non provocano spasticità ma debolezza e perdita dei riflessi; la spasticità potrebbe invece comparire se venissero lesionate anche le aree premotoria e motoria supplementare da cui originano le fibre corticoreticolari, che terminano a livello della sostanza reticolare bulbare o se la lesione fosse a livello del ramo anteriore della capsula interna.

Anteriormente all’area 4 di Brodman abbiamo lateralmente le aree premotorie ventrale e dorsale mentre medialmente l’area motrice supplementare e l’area motrice del cingolo.

In ogni area premotoria c’è una rappresentazione sia della faccia che delle estremità ma stimolandola si evocano movimenti che coinvolgono più articolazioni, molto più complessi di quelli dell’area 4.

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1.2 Studi sul loro utilizzo

1.2.1 Uso delle vibrazioni focali nel recupero dell’arto superiore in esiti

di ictus

Riguardo l’uso delle vibrazioni focali nel recupero dell’arto superiore, in pazienti con esiti di ictus viene dimostrata una loro utilità nel migliorare, la velocità, l’accuratezza dei movimenti e la loro fluidità quando vengono associate alla riabilitazione robotica o varie tecniche fisioterapiche [6] [7].

Riguardo la riabilitazione dell’arto superiore è rilevante lo studio di Casale et al in cui è stato stimolato il muscolo tricipite brachiale con una frequenza di 100 Hz e 2 mm per 30 minuti al giorno 5 volte a settimana per 2 settimane; in questo lavoro le vibrazioni focali erano associate a 60 minuti di fisioterapia col metodo Kabat nel gruppo sperimentale mentre il gruppo di controllo eseguiva fisioterapia e vibrazioni sham.

Il metodo Kabat è una tecnica di facilitazione e riabilitazione neuromuscolare basata sulla stimolazione dei propriocettori e trova indicazione in: patologie del sistema nervoso centrale e periferico ed ortopediche.

L’outcome è stato valutato attraverso scale specifiche per la spasticità, Modified Ashworth Scale (MAS) e attraverso parametri di funzionalità dell’arto superiore registrati durante compiti motori di reaching dopo presentazione di stimoli visivi eseguiti tramite robot Armeo: percentuale task completati (%), tempo per compiere i task ( sec) e deviazione dalla traettoria più breve.

Le valutazioni sono state eseguite al tempo T0, 48 ore dopo la quinta sessione (T1), 48 ore dopo l’ultima sessione (T2).

Nei pazienti del gruppo sperimentale il Modified Ashworth Scale (MAS) migliorava in maniera significativa a T1 mentre nel gruppo di controllo unicamente al T2. Il MAS è una scala clinica che viene spesso utilizzata per valutare l’ipertono da lesione delle vie piramidali e prevede una scala da 0 a 4.

Gli stessi risultati erano presenti per i tempi di svolgimento dei task e nella percentuale di task svolti in cui ma riguardo alla deviazione dalla traettoria più breve, i due gruppi non differivano in maniera significativa anche se il gruppo sperimentale aveva risultati migliori (p = 0.08).

Nello studio di Celletti et al sullo stroke con spasticità dell’arto superiore, sono state utilizzate vibrazioni focali a 100 Hz e bassa ampiezza (0.2-0.5 mm) associate alla tecnica fisioterapica di riequilibrio modulare progressivo (PMR) derivante dal metodo Kabat.

In questo studio vengono stimolati il muscolo bicipite brachiale e il muscolo piccolo pettorale a livello della loro inserzione tendinea e quindi vengono trattati i muscoli spastici, sfruttando l’inibizione Ib degli organi tendinei del Golgi e viene anche chiesto ai pazienti di contrarre i muscoli che vengono trattati per aumentare ulteriormente le afferenze Ib.

I pazienti vengono divisi in 3 gruppi: il primo gruppo è stato sottoposto a vibrazioni focali e PMR, il secondo a vibrazioni focali e riabilitazione convenzionale, intesa in questo studio come esercizi di rinforzo muscolare e il terzo a una combinazione casuale di trattamenti generata dal pc.

Per la valutazione della funzionalità dell’arto superiore sono state utilizzate le scale Wolf Motor Function Test (WMFT) e Motricity Index (MI) che prevedono entrambe degli specifici task a cui vengono associati dei punteggi.

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La WMFT era migliorata significativamente nei gruppi I e II ad indicare un’efficacia delle vibrazioni focali indipendentemente della tecnica fisioterapica utilizzata nel migliorare la funzionalità complessiva dell’arto superiore, come è anche testimoniato dal miglioramento del MI.

Il dolore era diminuito in entrambi i gruppi.

Il MAS invece era diminuito in tutti e tre i gruppi. I due studi utilizzano due meccanismi diversi perché nello studio di Casale vengono trattati i muscoli antagonisti a quelli spastici sfruttando l’inibizione reciproca mediata dalle afferenze Ia

che hanno origine dai fusi neuromuscolari mentre nel secondo le afferenze 1b che hanno origine dagli organi tendinei del Golgi.

La cosa interessante è che non c’è stata unicamente una riduzione della spasticitá ma anche un miglioramento delle scale funzionali dell’arto superiore e nel primo caso anche la percentuale di task completati, il tempo per completarli e la deviazione dalla traettoria più breve valutati tramite il robot Armeo si sono modificati.

Un altro studio molto importante sempre inerente la riabilitazione nel post stroke dell’arto superiore è quello di Calabrò et al [8] in cui son stati comparati il trattamento Armeo da solo per 8 settimane e Armeo associato alle vibrazioni focali.

Nello studio in questione vengono anche studiati la SICI e l’Hmax/Mmax per verificare se ci siano anche modificazione a livello dei circuiti spinali e corticali. La SICI è una misura dell’eccitabilità corticale e misura l’effetto inibitorio di un impulso con stimolazione magnetica transcranica (TMS) che precede di alcuni millisecondi l’evocazione di un potenziale evocato ed è solitamente molto ridotta o assente nei pazienti con ictus.

L’Hmax/Mmax è una misura del funzionamento delle vie inibitorie discendente e degli interneuroni inibitori midollari; valori alti sono indice di un’alta eccitabilità corticospinale e quindi di spasticità.

La riduzione di MAS, SICI e HMR era significativa a T1 e T2 soltanto nel gruppo sottoposto anche a vibrazioni focali.

Nel gruppo A la scala Fugl-Meyer Assessment of the Upper Extremity (FMA-UE) era significativamente migliorata sia al tempo T1 che T2 mentre nel gruppo B unicamente al tempo T1.

Sono state utilizzate anche la scala Functional Independence Measure (FIM) che valuta l’autonomia funzionale del paziente e la scala di Hamilton sia per la depressione che per l’ansia ed

i miglioramenti erano significativi unicamente nel gruppo A anche al tempo T1. Il cambio da sinergie flessorie a estensorie si verificava in tutto il gruppo A e soltanto in 3 del gruppo B.

Il potenziamento dell’inibizione intracorticale correlava significativamente con la riduzione del MAS.

La cosa interessante è che il robot Armeo da solo non sembra influenzare la spasticità in maniera significativa come dimostrato dalla non riduzione dell’HMR, del MAS e dal non potenziamento del SICI nonostante nella riabilitazione col robot Armeo ci siano un numero significativo di input sensoriali provenienti sia dai muscoli che dalle articolazioni perchè ci sono movimenti passivi di articolazioni e muscoli con stimolazione di recettori sia articolari che cutanei.

Le afferenze Ia dopo il robot Armeo sembrano fondamentali per la modulazione dell’eccitabilitá dell’area motoria primaria e gli stimoli propriocettivi sembrano modulare i riflessi spinali in maniera maggiore rispetto a quelli esterocettivi ma l’elaborazione successiva degli stimoli esterocettivi, potrebbe modulare i riflessi spinali tramite vie discendenti che hanno origine a livello corticale o del tronco encefalico.

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1.2.2 Vibrazioni focali e plasticità

Interessante è uno studio di Toscano et al [9] in cui son state somministrate le vibrazioni focali dopo 72 ore dallo stroke perchè hanno studiato se le vibrazioni focali in quanto stimolo propriocettivo abbiano effetti sulla plasticità.

I pazienti venivano trattati per 3 giorni consecutivi a livello del flessore del carpo e del bicipite brachiale per 30 minuti al giorno con una vibrazione a 100 Hz e 0.2-0.5 mm nel gruppo sperimentale e vibrazione sham nel gruppo di controllo e tutti i pazienti eseguivano un’ora di fisioterapia tradizionale che consisteva in: movimenti attivi/passivi, mobilizzazione e facilitazioni muscolari propriocettive

I pazienti sottoposti a vibrazioni focali avevano punteggi migliori nella FMA-UE e nella Fugl-Meyer Assessment of the Lower Extremity (FMA-LE), MI oltre che miglioramenti alla NIH Stroke Scale/Score (NIHSS).

Le afferenze all’area M1 tramite le fibre 1 a ipsilesionale dovrebbero avere un ruolo importante nel recupero motorio.

In caso di lesioni notevoli si ha attivazione di aree motorie secondarie come la supplementare e la premotoria che però hanno proiezioni bilaterali al midollo spinale e solitamente il recupero è incompleto perché le proiezioni ipsilaterali dalla aree motorie secondarie son normalmente meno numerose di quelle dalle aree primarie.

1.2.3 Utilizzo nelle mielolesioni e plasticità segmentale e sovra-

segmentale

Ci sono studi che fan supporre l’esistenza di fenomeni di depressione a lungo termine a livello spinale che possono dare dei benefici sulla spasticità, anche con la compromissione delle vie inibitorie discendenti [10] [11].

Nelle lesioni midollari complete si ha perdita dell’inibizione del riflesso H di Hoffman (da stiramento) entro un anno per la compromissione della normale inibizione discendente ed è una causa della comparsa di spasticità.

Con le vibrazioni focali è stata osservata una riduzione del riflesso H di Hoffman ma non c’erano modificazioni significative nelle 3 fasi dell’inibizione reciproca.

Anche tramite l’applicazione di vibrazioni a 30 Hz in un arto 2 volte a settimana per un periodo di 29 settimane in questa tipologia di pazienti provoca una depressione del riflesso H simile a quella precedente alla mielolesione.

1.2.4 Studi sull’utilizzo delle vibrazioni nelle paralisi cerebrali infantili

Nelle paralisi cerebrali infantili ci sono lesioni lesioni non degenerative in un cervello immaturo con alterazioni di movimento, postura e del sistema muscolo scheletrico. Gli studi inerenti le vibrazioni focali nelle paralisi cerebrali infantili, dimostrano un loro effetto sia sulla spasticità che nel controllo motorio, ma il mantenersi nel tempo degli effetti è stato poco studiato [13].

Nella review in questione emerge l’utilità delle vibrazioni sia come vibrazioni focali che come whole body vibration nel ridurre l’eccitabilità dei riflessi spinali, la spasticità e nel migliorare la coordinazione motoria.

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Gli effetti a lungo termine erano: riduzione del tono muscolare e spasticità, un miglioramento delle abilità motorie come dimostrato dai cambiamenti del Gross motor function measure , incremento forza, miglioramento cammino e mobilità oltre che da una incrementata massa muscolare e densità ossea.

La Gross motor function measure è una scala utilizzata nei bambini per valutare la funzionalità degli arti inferiori.

Quasi tutti gli studi utilizzavano le Whole Body Vibration che si basano su delle oscillazioni che non coinvolgono un singolo muscolo ma vengono trasmesse all’intero organismo perché il paziente viene posizionato su delle pedane.

Negli studi con WBV aumentava la velocità del cammino e la lunghezza del passo oltre a migliorare le escursioni articolari ma bisogna ricordare che le vibrazioni applicate tramite questa metodica vengono trasmesse a tutto l’organismo e non solo ai muscoli che vogliamo trattare.

Gli studi con le vibrazioni focali non sono recenti ma Eklund et al [14] hanno riportato un aumento della forza nei muscoli sottoposti a vibrazione [] 31 e Cannon et [15] al ha riportato un aumento del tempo in cui i bambini riuscivano a rimanere col capo eretto probabilmente a causa di un aumento della forza.

1.2.5 Utilizzo nella sclerosi multipla per migliorare lo schema del passo

Riguardo i pazienti con sclerosi multipla e severa compromissione del passo [16], sono presenti per via della spasticità: riduzione della velocità, cadenza, lunghezza del passo, della fase di volo e un aumento della fase di doppio supporto, asimmetria spaziale e temporale del passo.

Nella sclerosi multipla le lesioni sono situate a vari livelli del sistema nervoso centrale e del midollo con compromissione oltre che delle vie piramidali, della sensibilità sia epicritica che protopatica e dell’integrazione delle informazioni sensitive a vari livelli. Nello studio in oggetto sono stati trattati i quadricipiti a livello di 2 cm dall’inserzione sulla patella e i muscoli paraspinali lombari e per ogni gruppo muscolare sono stati applicati 3 sessioni di vibrazioni focali di 10 minuti per un totale di 30 minuti per gruppo muscolare.

All’esame della gait con 22 marker sono stati valutati: durate fase supporto (sec) , volo (sec), doppio supporto (sec), lunghezza passo e semipasso (m) , larghezza passo (m) , cadenza (step/min) , velocità del cammino (m/sec), l’asimmetria spaziale(1- lunghezza semipasso lato più affetto/ lunghezza semipasso lato meno affetto) e temporale (1- durata fase di supporto lato più affetto/ durata fase di supporto lato meno affetto) del passo.

Il passo è definito come l’intervallo 2 contatti di un piede con il terreno mentre il semipasso è definito come l’intervallo tra il contatto con il suolo di un piede e il contatto col suolo dell’altro piede mentre per fase di supporto di supporto di un piede si intende quando il piede è a contatto col suolo e di volo quando non tocca il terreno. Nell’arto più colpito si evidenziavano un aumento della lunghezza di passo, semipasso e una riduzione della fase di doppio supporto mentre nell’arto meno colpito aumentavano la durata della fase di volo, la lunghezza del semipasso e del passo e si evidenziavano una riduzione della fase di singolo e di doppio supporto.

La cadenza (passi al minuto) e la velocità erano migliorate ed erano diminuita in maniera significativa l’asimmetria spazio-temporale del passo.

I gradi di libertà concessi dalle articolazioni (ROM) di anche, ginocchio e caviglia nel piano sagittale era aumentato in maniera significativa.

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Riguardo l’equilibrio, è stata utilizzata la scala clinica di Berg che mostrava punteggi migliori e questo indicava un minore rischio di cadute mentre riguardo la velocitá, anche il tempo per percorrere 25 piedi alla massima velocità possibile in maniera sicura era diminuito.

L ’ID-Pain è una scala da 1 a 10, che tramite un questionario misura la probabilità che il dolore sia neuropatico era diminuita in maniera significativa.

Secondo gli autori le vibrazioni focali non agiscono soltanto sulla spasticità ma essendo uno stimolo propriocettivo, si aveva anche una migliore integrazione sensi motoria con miglioramento del cammino.

Rom articolare nell’articolo in questione migliora non soltanto a livello delle stazioni articolari trattate, c’è un miglioramento significativo dell’equilibrio che assieme a una diminuzione dell’asimmetria spaziale e temporale del passo contribuisce a una migliore velocità.

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1.3 Altri meccanismi nello studio in oggetto

1.3.1 Stimolazione elettrica transcutanea (TENS)

La TENS è una terapia fisica che utilizza correnti a alta frequenza (50-150 HZ) o a bassa frequenza sulla cute e viene principalmente utilizzata per la terapia del dolore di varia natura.

Riguardo la TENS, ci sono studi che ne dimostrano una certa efficacia nel ridurre la spasticità e migliorare il controllo motorio [17] [18] [19] per l’attivazione delle aree M1, S1 e premotoria controlaterali quando viene associata ad altre terapie ma non quando viene applicata da sola.

Nella maggior parte degli studi la frequenza oscilla tra i 99-100 Hz la durata degli impulsi tra 0.1-0.25 ms ma è stata applicata a seconda dei casi a livello di nervi, muscoli agonisti ed antagonisti in ogni caso è uno stimolo meno specifico delle vibrazioni focali per riduzione del riflesso da stiramento.

1.3.2

Isocinetica e rinforzo muscolare

Come metodica riabilitativa da associare alle vibrazioni focali o alla TENS è stata scelta l’isocinetica, una tecnica che veniva utilizzata inizialmente nella riabilitazione motoria dei pazienti ortopedici, negli atleti e nella loro valutazione ma che è sempre più usata nella riabilitazione neurologica.

Riguardo l’isocinetica il vantaggio è che lo sforzo è a “resistenza accomodante” perché rimane costante la velocità angolare e non la resistenza, con il risultato che il muscolo lavora sempre nelle condizioni ideali e non si ha sovraccarico delle articolazioni, con minore rischio di infortuni a differenza dell’esercizio isotonico.

Il suo utilizzo permette di uniformare il trattamento a cui i pazienti vengono sottoposti perchè i fisioterapisti spesso utilizzano metodologie riabilitative diverse e anche nell’ambito della stessa metodologia c’è una componente soggettiva dipendente dal singolo fisioterapista.

Ci sono vari studi che ne dimostrano l’utilità nel post-ictus [20], anche se la maggior parte degli studi riguardano gli arti inferiori, dove tende a migliorare sia la velocità che la qualità del cammino [21] [22] [23].

Il training isocinetico in questione esercita in maniera eccentrica e concentrica i muscoli antagonisti a quelli spastici negli arti superiori [24] per sfruttare il meccanismo di inibizione reciproca ed il paziente deve imparare a modulare la forza sia in fase concentrica che eccentrica riuscendo a mantenerla entro un certo range e progressivamente si tentano di aumentare sia il ROM articolare attivo che il numero delle ripetizioni effettuate dal paziente per migliorarne l’endurance.

In modalità concentrica (il muscolo si accorcia mentre sviluppa tensione) la forza espressa dal muscolo e la velocità sono inversamente correlate, al contrario della modalità eccentrica (il muscolo si allunga mentre sviluppa tensione).

La maggior parti degli studi inerenti il rinforzo muscolare nello stroke [25], usano la modalità concentrica invece che la modalità eccentrica perché è meglio tollerata mentre la modalità eccentrica è difficoltosa e può portare a lesioni muscolo tendinee con successiva risposta infiammatoria (DOMS).

In ogni caso la modalità eccentrica è più vicina alla normale fisiologia muscolare ed infatti le contrazioni eccentriche sono presenti in molte attività della vita quotidiana.

(15)

Bisogna considerare che nei muscoli col tempo si instaurano delle alterazioni sia per la spasticità che l’atrofia da non uso nei pazienti con stroke in fase cronica e nella letteratura ancora emerge con chiarezza quali siano le metodologie più efficaci per aumentare la forza senza aumentare la spasticità.

L’esercizio isometrico (non c’è né accorciamento né allungamento muscolare) viene escluso perché anche se permette l’aumento di forza in tempi brevi, si ha soltanto in un ben preciso angolo articolare mentre il nostro scopo principale è aumentare l’aRom e di fare in modo che il paziente riesca a mantenere il 40% della forza massima calcolata in isometria per un arco di movimento sempre maggiore e deve anche imparare a modularla mantenendola in un ben preciso range.

Lo svantaggio principale è che è una tipologia di esercizio non simile a nessuna delle attività della vita quotidiana e quindi non è semplice sapere le ripercussioni dell’esercizio su un effettivo miglioramento della qualità di vita.

1.3.3 Fenomeni di plasticità maladattativa e modificazioni a livello

dell’effettore periferico che possono ridurre l’efficacia degli interventi

riabilitativi

Non si può non tenere conto del fatto che nello stroke, c’è una perdita della rappresentazione motoria dei distretti in cui è presente ipostenia e/o spasticità e si è comunque limitati dalla neuroplasticità, che è massima entro i primi 3 mesi dallo stroke ma è presente anche in fase cronica ed è responsabile dei miglioramenti riscontrabili con i vari protocolli riabilitativi.

Un ruolo fondamentale lo ha la plasticità maladattativa che porta a un ulteriore perdita della rappresentazione motoria e sensoria perchè a livello neurologico vale il “use it or you will lose it ” se si creano dei compensi che permettono il mantenimento della funzione tramite dei compensi ma si utilizzano muscoli diversi.

Esempi concreti sono quelli di un paziente in cui a seguito di una paresi di un arto, inizia a usare il controlaterale per svolgere gli stessi compiti oppure in cui varia lo schema della deambulazione in maniera significativa per scarso reclutamento di certi muscoli ed utilizzo di compensi che anche se con un maggiore costo energetico, permettono la deambulazione o l’effettuare attività bimanuali anche se usando l’arto paretico soltanto come supporto.

Nel caso in cui un paziente in seguito ad uno stroke presenti una severa compromissione distale di un arto, se non sottoposto a training della parte colpita, le aree adiacenti alla lesione ancora integre non tenteranno di acquisirne la funzione e si specializzeranno nel controllo dei segmenti che il paziente tenderà a utilizzare, probabilmente prossimali.

Per vero recupero motorio si intende che altre aree del cervello prendono il controllo degli stessi muscoli con gli stessi pattern motori mentre per compensazione si intende la creazione di altri pattern motori con reclutamento di altri muscoli al fine di permettere lo svolgimento delle stesse azioni.

Si ha attivazione sia di aree ipsilaterali che controlaterali, con meccanismi di riorganizzazione plastici, l’attivazione bilaterale della corteccia sensi-motoria è stata vista in diversi studi durante il training riabilitativo.

L’attivazione dell’emisfero controlaterale a quello leso è maggiore nei pazienti con scarse capacità motorie ma diminuisce durante il recupero funzionale.

(16)

Bisogna considerare che i due emisferi si inibiscono reciprocamente e in caso di stroke viene meno l’inibizione dell’emisfero integro da parte di quello leso ma non il contrario, con ulteriore inibizione di un emisfero già colpito da stroke e questo correla negativamente col recupero.

Riguardo al recupero nel post-stroke un ruolo fondamentale lo ha tossina sia nelle fasi precoci perché favorisce la plasticità a livello midollare e a livello sovra-segmentale con riduzione dell’ ipereccitabilità del riflesso da stiramento e in fase cronica permette sia di ridurre la co-contrazione permettendo ad esempio l’apertura della mano che può così essere usata in compiti bimanuali o anche una migliore igiene di essa o una migliore estensione del gomito se il muscoli antagonisti a quelli spastici hanno una buona attività residua.

Col il passare dei mesi dallo stroke si hanno anche a livello dell’effettore periferico come retrazioni muscolo-tendinee e ipotrofia che sono responsabili di un’ulteriore perdita di funzione.

A livello periferico si hanno riduzioni dello spessore e massa muscolare, aumento dell’ecointensità, del grasso intramuscolare e della stiffness muscolare che contribuiscono alle ridotte prestazioni funzionali [26] [27].

Nei pazienti post-stroke ci sono alterazioni sia strutturali che metaboliche [28], con oltre all’ipotrofia e conseguente perdita di massa muscolare, un aumento della miosina fast e riduzione della miosina slow con conseguente aumento dell’affaticabilità muscolare e riduzione dell’endurance.

Un ruolo significativo è dato dal TNF-alfa che è responsabile della riduzione della sintesi proteica e riduzione dell’espressione di MyoD, un regolatore della trascrizione di proteine dei miociti ed accelera la degradazione di varie proteine tramite le proteinasi ubiquitina, attivazione del fattore fattore NF-kb e meccanismi di apoptosi. L’attivazione del fattore NF-kb è responsabile dell’aumento della sintesi di ossido nitrico con aumento della sintesi di specie reattive dell’ossigeno, le quali sono responsabili di danni alle proteine strutturali del muscolo,di aumento dei fenomeni di fatigue e dell’ ipotrofia.

I livelli di TNF-alfa mRNA sono di 3 volte superiori nell’arto affetto da emiparesi rispetto al controlaterale.

Nei pazienti con stroke si ha anche un aumento dell’insulino resistenza e dell’incidenza di diabete mellito di tipo 2 con aumento dei livelli sia di TNF-alfa che interleuchina 6 e sono senza dubbio correlati alla resistenza all’insulina.

L’esercizio fisico riduce le concentrazioni TNF-alfa, migliora il metabolismo muscolare e la risposta sistemica all’insulina.

Oltre alla velocità e per quanto tempo il paziente riesce a compiere certe attività, è fondamentale valutarne anche la qualità tramite scale funzionali o valutazione strumentale.

(17)

2. OBIETTIVI DELLO STUDIO

Obiettivo dello studio è di valutare in pazienti con spasticità a livello dell'arto superiore, in esiti di ictus, l’efficacia dell'applicazione di vibrazioni focali (Vibra 3.0, AD Swiss MedTech SA) a confronto con l'applicazione di Transcutaneous Electrical Nerve Stimulation (TENS), rispettivamente associate ad un training isocinetico dei muscoli antagonisti a quelli caratterizzati da aumento del tono muscolare. L'intento è di discriminare l'effetto delle vibrazioni meccaniche in preparazione all'allenamento dei muscoli trattati per mezzo di dinamometro isocinetico, ai fini di contrastare la rigidità dell'arto e di migliorarne la funzionalità.

3. Materiali e metodi

Sono stati reclutati individui adulti di entrambi i sessi in regime ambulatoriale e ricoverati in Day-Hospital presso la S.D Neuroriabilitazione dell’AOUP con diagnosi clinica ed evidenza neuroradiologica (TC o RM) di ictus in fase cronica.

Lo studio è un trial clinico, doppio cieco, della durata complessiva di 2 mesi.

Il reclutamento del paziente è stato eseguito durante le visite ambulatoriali presso la S.D. Neuroriabilitazione, con valutazione di applicabilità dei criteri di inclusione ed esclusione e raccolta di adeguata di anamnesi comprendente dati relativi ad età, sesso, emisfero interessato dall’ictus, presenza di spasticità, tempo trascorso dall'ultima inoculazione di tossina botulinica, comorbilità e terapia farmacologica in atto.

Il paziente potenzialmente eleggibile è stato informato degli obiettivi e dei requisiti dello studio. Il ricercatore ha spiegato in modo completo al paziente il disegno, le finalità e il protocollo dello studio, leggendo il Foglio Informativo e il Consenso Informato e fornirà al paziente una copia dei due documenti. Se il paziente accettava di partecipare allo studio, doveva firmare il modulo di consenso informato. Una copia del consenso informato è stata firmata dal paziente e dal ricercatore.

(18)

3.1 Criteri di inclusione ed esclusione

a. Criteri di inclusione:

● Pazienti ictati in fase cronica (> 6 mesi dall'evento);

● Spasticità di grado moderato (punteggio della Modified Ashworth Scale: 1-3); ● Primo ictus unilaterale;

● Età tra i 18 e gli 85 anni; ● Firma del consenso informato;

● Capacità di reclutamento volontario dei muscoli antagonisti (deltoide, tricipite brachiale, estensore radiale lungo e breve del carpo)

b. Criteri di esclusione:

● Instabilità clinica causata da patologie concomitanti;

● Punteggio Mini-Mental State Examination MSE inferiore a 22;

● Impossibilità a comprendere le istruzioni degli esaminatori ed a collaborare con essi;

● Recente trattamento con tossina botulinica (<3 mesi);

● Assunzione di farmaci per la riduzione della spasticità;

● Neoplasie;

● Pacemaker, defibrillatore impiantato;

● Epilessia

● Aritmie

● Reazione allergica all'uso di elettrodi;

● Presenza di lesioni dermatologiche in corrispondenza dei punti di applicazione degli elettrodi TENS

Criteri di uscita:

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3.2 Protocollo

I pazienti sono stati randomizzati in due gruppi:

● TENS 20 minuti (2 distretti tra abduttori spalla,estensori gomito, estensori polso) + training isocinetico degli stessi distretti

● Vibra 3.0 20 minuti (2 distretti tra abduttori spalla, estensori gomito, estensori polso) + training isocinetico degli stessi distretti

Il training isocinetico pertanto prevedeva:

- Misurazione del ROM attivo di abduzione-adduzione di spalla sul piano frontale,

flesso-estensione di gomito sul piano sagittale, flesso-estensione di polso sul piano trasversale;

- reclutamento di due gruppi muscolari tra abduttori di spalla, estensori di gomito e polso

esclusivamente all'interno dei range articolari raggiungibili attivamente, con contrazioni eccentriche e concentriche, consecutivamente alternate in modalità isocinetica, e rispettivamente corrispondenti ai movimenti di adduzione-abduzione di spalla, -estensione di gomito, flesso-estensione di polso. Ai fini di una corretta esecuzione delle ripetizioni, di ottimizzare la partecipazione e la motivazione dei pazienti, è stato richiesto di esercitare una forza target, evidenziabile per mezzo di un feedback visivo ad essi fruibile, corrispondente al 40% della forza massimale registrata a T1. La velocità angolare a cui tale forza è stata esercitata, era impostata a 6°/sec nei movimenti di abduzione di spalla, estensione di gomito e polso (contrazioni concentriche) e 10°/sec nell'adduzione di spalla, flessione di gomito e polso (contrazioni eccentriche).

Per ciascuna articolazione erano previste tre sessioni di trattamento di due minuti ciascuna e due minuti di pausa tra una sessione e l'altra dello stesso distretto (2 minuti) e tra l'ultima e la prima sessione del distretto successivo (3 minuti). Complessivamente il trattamento si articolava di 6 sessioni attive (12 minuti) e 5 passive (11 minuti).

Laddove il paziente raggiungeva una percentuale media sul target del 25%, ossia riusciva a raggiungere e mantenere il 40% della forza massimale media per il 25% dell'escursione articolare durante il reclutamento concentrico ed eccentrico, il range di movimento veniva aumentato del 30% rispetto a quello iniziale, al fine di allenare la capacità del paziente

(20)

di esprimere e modulare la forza dei muscoli antagonisti in un range di movimento progressivamente maggiore.

3.3 Valutazioni cliniche

Valutazioni cliniche a T1-T2

Le scale cliniche e funzionali per la valutazione del livello di funzionalità sensitivo-motoria sono:

Modified Ashworth Scale (MAS) [29]: valutazione grado di spasticità in pazienti con esiti di lesione a livello del Sistema Nervoso Centrale;

QuickDASH score [30]: questionario auto-valutativo mirato a quantificare il livello di disabilità di spalla, braccio e mano percepito dal paziente con disordini muscoloscheletrici a livello dell'arto superiore;

Fugl Meyer Assessment Scale-Upper Extremity (FMA-UE) [31]: scala specifica che valuta funzionalità motoria, sensibilità, propriocezione e dolore a livello dell'arto superiore in pazienti con esiti di ictus;

Motricity Index Upper Limb (MI) [32]: scala di misura per la stenia muscolare e il controllo motorio negli esiti di ictus;

Wolf Motor Function Test (WMFT) [33]: scala di misura per la funzionalità dell’arto superiore;

Numerical Rating Scale (NRS) [34]: scala di misura del dolore percepito nelle ultime 24 ore;

ABILHAND [35]: scala di valutazione dell'abilità' bimanuale percepita dal paziente nello svolgimento di attività' quotidiane che richiedono l'utilizzo di entrambe le mani.

(21)

3.4 Valutazione strumentale

Misurazione della Maximal Voluntary Contraction (MVC): forza isometrica massimale media espressa dai gruppi muscolari interessati (abduttori di spalla, estensori di gomito, estensori di polso), e registrata a seguito di 3 contrazioni contro-resistenza applicate al 50% del Range of Motion attivo delle articolazioni corrispondenti.

Misurazione delle volte in cui è stato possibile aumentare il range articolare attivo (aROM).

3.5 Analisi statistica

Dei 5 pazienti, 3 sono stati sottoposti a trattamento con Vibra e isocinetica e 2 a TENS e isocinetica.

La statistica descrittiva verrà utilizzata per la caratterizzazione del campione ai tempi T0, T1.

Riguardo i pazienti Vibra, è stato eseguito il test di Wilcoxon per campioni appaiati riguardo alle scale cliniche oggettive dell’arto superiore, scale cliniche soggettive dell’arto superiore, SF-12, tempi per svolgere i task motori della Wolf Motor Function tra T0 e T1 nei 3 pazienti.

Il test di Wilcoxon per campioni appaiati è una valutazione che viene utilizzata per comparare due campioni la cui distribuzione non è gaussiana prima e dopo un trattamento.

Nei pazienti sottoposti a TENS e isocinetica è stato utilizzato il test Bland-Altman per valutare le differenze percentuali tra T0 e T1 paziente per paziente e poi è stata eseguita la media tra le variazioni percentuali perchè per eseguire il test di Wilcoxon servono almeno 3 valutazioni per campione.

Il test di Wilcoxon per campioni appaiati è stato eseguito per i tempi per completare i task della Wolf Motor Function Test nei pazienti TENS

(22)
(23)

4. Risultati

4.1 Analisi delle variazioni tra T0-T1 nel gruppo TENS:

Nel gruppo TENS tra T0 e T1 riguardo a Fugl-Meyer UE, utilizzando il test di Bland-Altman entrambi han miglioramenti non significativi mentre Wolf Motor Function e Motricity index migliorano in un singolo paziente [Tab.1].

85 90 95 100 105 110

1° TENS T0 1° TENS T1 2° TENS T0 2° TENS T1

Fugl-Meyer UE

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90

1° TENS T0 1° TENS T1 2° TENS T0 2° TENS T1

(24)

I tempi della Wolf Motor Function [Tab.2] mostrano un trend di miglioramento ma non raggiungono la soglia per la significatività statistica in nessuno dei 2 pazienti utilizzando il test di Wilcoxon per campioni appaiati.

Lo score MAS [Tab.3] non sempre diminuisce nei distretti trattati e non diminuisce mai a valle di dove è stata effettuata l’isocinetica come nei pazienti sottoposti a vibrazioni focali. 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45

1° TENS T0 1° TENS T1 2° TENS T0 2° TENS T1

Wolf Motor function

0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2

MAS spalla MAS gomito MAS polso

MAS 1° paziente

(25)

Il dolore percepito nelle ultime 24 ore [Tab.3] aumenta in uno dei due pazienti tra T0 e T1 ma torna ai valori iniziali ad un giorno dalla fine del trattamento mentre l’altro paziente non ha mai avvertito dolore.

Riguardo le scale soggettive inerenti all’arto superiore e la Barthel non si son registrate modificazioni significative [Tab.4].

4.2 Analisi delle variazioni tra T0-T1 nel gruppo Vibra:

Nel gruppo Vibra essendoci 3 valori per le scale Wolf Motor Function, Motricity Index, Fugl Meyer UE [Tab.5] abbiamo potuto eseguire il test di Wilcoxon ma nonostante ci sia un aumento dei valori in tutti e tre i pazienti, non si raggiunge la soglia di significatività (p=0.05) probabilmente perché molti compiti motori di Fugl Meyer e Wolf Motor Function Test hanno un valore iniziale di 1 ed è impossibile che raggiungano il valore di 2.

Riguardo alla Wolf Motor function varia nel punteggio in maniera significativa in un solo paziente in cui il punteggio passa da 97 a 107 ma nello stesso paziente i tempi per svolgere i task non raggiungono la soglia di significatività statistica a differenza degli altri 2. 0 0,5 1 1,5 2 2,5

MAS spalla MAS gomito MAS polso

MAS 2° paziente

(26)

85 90 95 100 105 110

1° Vibra T0 1° Vibra T1 2° Vibra T0 2° Vibra T1 3° Vibra T0 3° Vibra T1

Fugl-Meyer UE

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90

1° Vibra T0 1° Vibra T1 2° Vibra T0 2° Vibra T1 3° Vibra T0 3° Vibra T1

(27)

I tempi per svolgere i task della Wolf Motor Function [Tab.6] utilizzando il test di Wilcoxon per campioni appaiati a distribuzione non parametrica nei singoli pazienti con i tempi per svolgere i task della Wolf Motor Function la differenza è

significativa (p=0.05) in 2 pazienti su 3 [Tab.7] , mentre nel terzo i tempi per

svolgere i task non raggiungono la soglia di significatività ma è presente un aumento considerevole della Fugl Meyer UE, Wolf Motor Function e Motricity Index ad indicare il fatto che la qualità del movimento sia migliorata.

I valori del MAS diminuiscono di almeno una unità nei distretti trattati e nel distretto a valle [Tab.8] mentre il dolore era presente in un solo paziente, è aumentato dopo le sedute per poi tornare ai valori iniziali in qualche giorno.

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50

1° Vibra T0 1° Vibra T1 2° Vibra T0 2° Vibra T1 3° Vibra T0 3° Vibra T1

(28)

Nelle scale soggettive dell’arto superiore e della qualità di vita le modificazioni non sono significative [Tab.9].

0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5

1° Vibra T0 1° Vibra T1 2° Vibra T0 2° Vibra T1 3° Vibra T0 3° Vibra T1

MAS

(29)

4.3 Esito valutazioni strumentali nei 2 gruppi:

Nei pazienti Vibra è stato possibile aumentare progressivamente il ROM articolare attivo, ad indicare che il paziente riesce a esprimere almeno il 40% della forza massima calcolata in isometria per un maggiore range articolare con probabili ripercussioni nella vita quotidiana.

Nei pazienti sottoposti a TENS e isocinetica l’aumento dell’AROM in uno dei 2 pazienti è stato impossibile aumentare ad indicare il fatto che il paziente non riusciva a esprimere la forza per range articolari progressivamente crescenti e nel secondo è stato possibile aumentarlo in un unico distretto dalla 5 seduta.

(30)

5. Discussione

5.1 Conclusioni dello studio:

L’utilizzo delle vibrazioni focali associate al training isocinetico si dimostra utile nel diminuire l’ipertono da spasticità e nel migliorare la funzionalità dell’arto superiore nei pazienti con stroke in fase cronica (> 6 mesi).

Emerge dallo studio in questione che oltre a diminuire la scala MAS di almeno una unità nei segmenti che vengono trattati con vibrazioni focali e isocinetica, ci sono effetti anche a valle riguardo il tono muscolare e la funzionalità dell’arto superiore migliora in misura maggiore rispetto al gruppo TENS perché a differenza di quest’ultima metodologia si ha l’inibizione del riflesso da stiramento con meccanismi segmentali, sovrasegmentali e corticali.

Nel gruppo TENS nonostante la ristrettezza del campione emerge che non sempre si ha una riduzione della scala MAS neanche nei segmenti che vengono trattati per 2 settimane.

Le scale di funzionalità dell’arto superiore non raggiungono la soglia di

significatività in 2 dei 3 pazienti ma bisogna considerare che nella Fugl Meyer i task hanno un punteggio da 0 a 2 ed è oggettivamente difficile che un task con un

punteggio di 1, raggiunga il 2 che è la normalità e il passare alla scala Wolf anche di un 1 un punto nei task proposti, indica una differenza qualitativamente importante nei compiti proposti.

In uno dei pazienti Vibra il punteggio alla scala Fugl Meyer inerente al polso è passato da 0 a 2 perché oltre a diminuire la scala in quel distretto, sono comparsi dei lievi movimenti in flesso-estensione anche in posizione neutra mentre inizialmente erano presenti unicamente in posizione di massima flessione del polso.

I tempi per svolgere i task proposti , sono diminuiti in maniera rilevate in 2 dei pazienti trattati con il vibra ad indicare il fatto che il paziente riesce a svolgere le azioni in minore tempo per riduzione del riflesso da stiramento, una migliore

integrazione sensi-motoria e una probabile migliore rappresentazione sia motoria che sensitiva a livello corticale.

La cosa rilevante del paziente i cui tempi nello svolgimento della scala Wolf non sono migliorati in maniera significativa è che nel suo caso i punteggi delle scale Fugl

(31)

Meyer e Wolf sono aumentati in maniera maggiore rispetto agli altri 2 pazienti ad indicare che non è aumentata la velocità di esecuzione ma la qualità dei movimenti. Probabilmente per avere punteggi significativamente migliori nelle scali funzionali oggettive e quelle soggettive, serve un periodo di trattamento di almeno un mese.

5.2 Confronto con gli altri studi

Riguardo all’ultimo punto, significativo è uno studio di Toscano in cui invece di valutare l’efficacia delle vibrazioni focali sulla spasticità, valutava la loro efficacia nel migliorare l’esito dello stroke somministrandole per 3 giorni a 72 ore dall’evento acuto.

I pazienti sottoposti a vibrazioni a 100 Hz, 0.2 mm tendevano ad avere migliori punteggi a Fugl Meyer arto superiore, Motricity index NIHHS probabilmente per via delle afferenze Ia a livello delle aree motorie primarie e secondarie e per le

connessioni tra aree motorie e sensitive che facilitavano la neuroplasticità . Riguardo al ruolo delle afferenze Ia, è importante anche lo studio in cui vengono confrontati i risultati del robot Armeo da solo e assieme alle vibrazioni focali ed emergeva che il robot Armeo non associato alle vibrazioni focali non dava significative variazioni dell’HMR, del MAS e non c’era potenziamento del SICI nonostante con le mobilizzazioni di muscoli e articolazioni ci sia un numero significativo di input sensoriali esterocettivi ed il trattamento duri 8 settimane e i pazienti venivano trattati 5 volte a settimana ma non si avevano lo stesso numero di afferenze provenienti dai fusi neuromuscolari come quando vengono applicate vibrazioni focali direttamente a livello del ventre muscolare.

A livello funzionale si aveva nel gruppo in cui venivano associate le vibrazioni focali un aumento della Fugl-meyer e FIM sia al tempo T1 dopo il trattamento che al tempo T2 a un mese dal trattamento mentre nei pazienti che venivano trattati unicamente col robot Armeo, perdevano i miglioramenti funzionali ad un mese dal trattamento e comunque i miglioramenti anche a livello T1 erano maggiori nel gruppo sottoposto anche a vibrazioni.

(32)

Nel nostro studio non abbiamo usato esoscheletri ma un dinamometro isocinetico con cui il paziente doveva sempre mantenere la forza entro un certo range e non solo semplicemente sviluppare più forza che potesse.

I pazienti non sottoposti a vibrazioni facevano molta più fatica a aumentare i range articolari in cui venivano svolti i compiti perchè tramite le afferenze dai fusi

neuromuscolari dei muscoli antagonisti nel gruppo sottoposto a vibrazioni, si aveva una riduzione del riflesso da stiramento con probabili meccanismi di long term depression a livello midollare independetemente dalle vie inibitorie discendenti perchè nei giorni successivi al trattamento, non si aveva un peggioramento della spasticità ma c’era un effetto cumulativo dei trattamenti anche dal venerdì al lunedì. Noi abbiamo deciso di applicare le vibrazioni focali a livello del ventre muscolare dei muscoli antagonisti a quelli spastici, come nello studio di Casale che metteva in evidenza la loro utilità non solo nel trattamento della spasticità ma anche nel controllo dell’arto superiore come evidenziato dal minor tempo nei task motori, un maggiore numero di task motori compiuti e anche una minore deviazione dalla traettoria più breve dal bersaglio svolti nel robot Armeo.

Casale ha usato invece dell’isocinetica, la tecnica fisioterapica Kabat che viene spesso usata per ridurre la spasticità ed infatti si aveva una riduzione del MAS di una unità ma dopo 2 settimane invece che soltanto 1 come nel gruppo sottoposto a vibrazioni focali non sham e kabat.

Il gruppo sottoposto a fisioterapia con metodo Kabat e vibrazioni sham non mostrava miglioramenti significativi nei tempi per svolgere i task motori di reaching e nel numero di essi compiuti tramite il robot Armeo a differenza dei pazienti sottoposti a vibrazioni focali in cui .

La cosa importante dello studio era che anche il gruppo di controllo veniva

sottoposto a 60 minuti di una tecnica fisioterapica che ha un effetto sulla spasticità anche se non a lungo termine.

Lo studio di Celletti differiva dal nostro perchè venivano trattati i muscoli spastici dell’arto superiore ma a livello dei tendini e quindi venivano sfruttate le afferenze Ib degli organi tendinei del Golgi a differenza delle afferenze Ia e anche il suo gruppo ha voluto verificare la loro efficacia sia associate al trattamento fisioterapico di rinforzo muscolare che col sistema PMR che deriva dal Kabat che riesce a modulare il riflesso da stiramento tramite attivazioni muscolari specifiche.

La scala Wolf e il motricity index erano migliorati in entrambi i gruppi ad indicare un miglioramento anche del controllo muscolare e non soltanto una riduzione della

(33)

spasticità e il riflesso da stiramento era diminuito nei due gruppi e bisogna considerare che nel gruppo sottoposto a rinforzo muscolare, non sarebbe dovuto diminuire il MAS in maniera significativa.

In quest’ultimo punto differisce dal nostro studio perchè con l’isocinetica a basse velocità angolari con aumento progressivo del Rom attivo, si ottiene comunque una diminuzione dell’ipertono anche se a breve termine mentre riguardo alle differenza tra l’applicare le vibrazioni focali sui muscoli agonisti a livello delle inserzioni tendinee o nel ventre muscolare, ancora si sa quale sia la tecnica migliore anche perchè i meccanismi di inibizione del riflesso da stiramento sono diversi ma con entrambe le metodologie oltre a ottenere risultati probabilmente simili, si hanno meccanismi plastici a livello sia segmentale, che soprasegmentale che corticale con una migliore rappresentazione dell’arto affetto.

Il training isocinetico è stato scelto al posto al trattamento fisioterapico tradizionale perchè i fisioterapisti spesso tendono a utilizzare tecniche che si basano su principi differenti, con possibili diversi risultati e fare lavorare i muscoli in range articolari sempre maggiori, è di probabile utilità nei pazienti con spasticità.

L’uso di basse velocità angolari è stato preferito rispetto alle alte velocità perchè la spasticità è velocità dipendente ed il paziente avendo più tempo poteva imparare a modulare la forza nelle contrazioni concentriche ed eccentriche, mantenendola entro un ben preciso range e non soltanto esprimere la maggiore forza possibile durante l’esercizio.

I pazienti dovevano esprimerla per un range articolare sempre maggiore con probabili ripercussioni nelle attività della vita quotidiana e soltanto nei pazienti sottoposti anche a vibrazioni focali, si riusciva a lavorare con ROM articolari sempre maggiori.

Non solo è importante esprimere forza ma anche il riuscire a esprimerla per il range articolare desiderato perchè ad esempio con l’abduzione della spalla limitata, non si riesce a portare il cibo alla bocca o si fa fatica quando si devono sollevare oggetti e nel caso di ridotta estensione del gomito, rende difficoltoso anche compiere attività come il mangiare a tavola.

Lo studio in oggetto dimostra come l’associazione di vibrazioni focali con il training isocinetico permetta anche in pazienti ad anni dallo stroke, di migliorare la

funzionalità dell’arto paretico sia per quanto riguardi la velocità dei task proposti che la qualità in maniera maggiore rispetto all’associazione TENS + isocinetica perché le vibrazioni focali tramite le afferenze Ia dei muscoli antagonisti a quelli spastici,

(34)

riducono indipendentemente dell’isocinetica il riflesso da stiramento e quindi i muscoli antagonisti a quelli spastici devono lavorare contro una resistenza minore col risultato che è più facile fare lavorare il paziente per ROM articolari

progressivamente maggiori.

(35)

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