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La mobilitazione italiana per la questione armena

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere

Corso di Laurea Magistrale in Storia e Civiltà

LA MOBILITAZIONE ITALIANA PER LA QUESTIONE ARMENA

Relatore:

Prof. Luca Baldissara

Laureanda:

Serena Rubinelli

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Ringraziamenti

Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno contribuito con consigli e suggerimenti alla realizzazione di questa tesi. Innanzitutto, a Parigi, vorrei ringraziare la mia tutor dell’École Pratique des Hautes Études, prof.ssa Dejanirah Couto, per avermi offerto spunti di riflessione e per essersi sempre interessata al progetto con molta disponibilità; inoltre vorrei ringraziare la prof.ssa Claire Mouradian per avermi aiutata a definire il tema della tesi, per avermi dato consigli molto utili sulla conduzione delle ricerche e perché, grazie al suo seminario, ho potuto approfondire le mie conoscenze in ambito di storia armena. Allo stesso modo, vorrei ringraziare il prof. Vincent Duclert e lo storico Mikael Nichanian per essersi interessati al mio progetto di tesi elargendo consigli e indicazioni preziosi, nonché per l’occasione offertami dal loro seminario di incontrare e confrontarmi con numerosi studiosi ed esperti di storia della questione armena. Inoltre, vorrei ringraziare in modo speciale i conservatori della Bibliotèhque Nubar: lo storico Boris Adjemian e il sig.re Meguerditch Basma. Ringrazio Boris Adjemian per aver mostrato fin da subito interesse ed entusiasmo per il progetto di tesi, per avermi aiutata ad orientarmi nell’interessante patrimonio della biblioteca e per avermi fornito del materiale fondamentale per la strutturazione della tesi (in particolare modo il giornale «Armenia. Eco delle rivendicazioni armene»). Ringrazio Megerditch Basma per aver esaudito le mie numerose richieste di consultazione del materiale per diversi mesi, ma sopratutto per aver dedicato tempo ed energie ad insegnarmi le basi della lingua armena, un’esperienza speciale e inaspettata di cui conserverò sempre un prezioso ricordo. Ugualmente, vorrei sentitamente ringraziare anche la sig.ra Nora Baroudjian, il mio primo incontro “armeno” a Parigi, per avermi accolta e per avermi aiutata ad orientarmi all’interno della comunità scientifica armena, nonché per le interessantissime chiacchierate fatte insieme. Infine ringrazio anche il prof. Marco Diani e la prof.ssa Esther Benbassa per essersi interessati al mio progetto di tesi contribuendo con consigli e osservazioni, nonostante non rientrasse nel loro specifico ambito di studio.

In Italia, vorrei dapprima ringraziare il mio relatore, prof. Luca Baldissara, per aver sostenuto il mio progetto di tesi da quando era ancora un’idea piuttosto informe alla sua concreta realizzazione. Ringrazio il prof. Arturo Marzano per avermi aiutata e

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sostenuta nel realizzare il mio progetto di compiere il II° anno di studi e la ricerca per tesi a Parigi, ma anche per essersi sempre mostrato disponibile ed interessato al presente lavoro. In particolare modo, inoltre, vorrei ringraziare il professore Agop Manoukian per la disponibilità e l’interesse mostrati nel leggere ed analizzare la presente tesi oltre che per i validi consigli offertimi. Infine, vorrei ringraziare tutti coloro, e sono molti, che mi hanno supportata e sopportata in diversi modi, ma sempre ugualmente importanti, in questi due anni.


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Indice

Introduzione p. 1

Capitolo I. 1900-1914: la mobilitazione italiana per la questione

armena p. 7

I. La nascita della mobilitazione organizzata in Italia

• La pubblicizzazione della causa armena sulla scena internazionale p. 7

• Il I° Congresso filo-armeno internazionale p. 12

• L’esempio francese p. 20

• L’inizio della mobilitazione italiana p. 28

• Il primo comizio pubblico pro Armenia e Macedonia p. 34 • Perché gli italiani devono intervenire? Temi e immagini della propaganda

italiana p. 53

II. Espansione e declino della mobilitazione

• La mobilitazione si diffonde p. 58

• Le opinioni di alcuni letterati p. 66

• La mobilitazione europea e la nuova strategia: la “triplice liberale” p. 70 • La prospettiva della nuova unione rinvigorisce la mobilitazione italiana p. 77

• Gli interventi in parlamento p. 81

• L’ultimo grande comizio pubblico italiano: Roma 19 giugno 1904 p. 85 • Il graduale spegnersi della mobilitazione pro-armena p. 89

• Un bilancio della mobilitazione italiana p. 94

Capitolo II. 1915-1918: la mobilitazione italiana durante la guerra p. 100

I. 1915-1916: l’attivismo armeno e la mobilitazione italiana

• Il nuovo scenario della guerra e l’evoluzione della questione armena p. 100 • La presa di coscienza dello sterminio e l’organizzazione degli armeni

d’Italia p. 102

• Il giornale «Armenia. Eco delle rivendicazioni armene» e altre attività di

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• La mobilitazione italiana nei primi anni di guerra: i collaboratori della

propaganda armena p. 109

• La mobilitazione italiana nei primi anni di guerra: giornalisti e politici p. 114

• Ettore Cozzani e Filippo Meda p. 119

• Italiane per gli armeni; Mussolini e Gramsci p. 125

• Bilancio della mobilitazione dei primi due anni di guerra p. 130

II. 1917-1918: la mobilitazione organizzata e l’appoggio del governo italiano alla causa armena

• 1917: la rinascita di una mobilitazione organizzata in Italia p. 133

• 1918: il sodalizio italo-armeno si rafforza p. 138

• L’Istituto Coloniale Italiano dà vita al Comitato italiano per

l’indipendenza armena p. 143

• Verso la fine della guerra: altre iniziative italiane per la causa armena e

gli appelli armeni al governo italiano p. 148

• “I protomartiri della violenza umana”: l’attivismo di Luzzatti e il riconoscimento del diritto armeno all’indipendenza da parte della

Camera p. 152

• Il ruolo del Vaticano nel pubblicizzare la causa armena p. 157 • Bilancio della mobilitazione italiana per la causa armena negli ultimi due

anni di guerra

p. 159

Conclusioni p. 162

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Introduzione

Nel 2015 è stato celebrato il centenario del genocidio armeno. In particolare modo in Francia, dove risiede la più popolosa comunità della diaspora armena d’Europa, questo anniversario è stato occasione di numerosi nuovi studi ed approfondimenti su molteplici aspetti della storia degli armeni. Grazie alla partecipazione al programma Erasmus+, ho avuto la possibilità di trascorrere il secondo anno di laurea specialistica (a.a. 2015-2016) a Parigi, presso l’École Pratique des Hautes Études. Qui ho avuto l’opportunità di approfittare di questa intensa attività storiografica per approfondire le mie conoscenze in merito alla storia armena, e, allo stesso tempo, di progettare e sviluppare il lavoro di tesi qui presentato.

Con il presente lavoro, mi propongo di mappare la mobilitazione italiana per la questione armena: intendo ricostruire nel tempo e nello spazio tutti quei tentativi che vennero compiuti per interessare l’opinione pubblica alla questione armena, nella speranza che il governo italiano venisse spinto ad agire, sulla scena internazionale, in favore di una soluzione per tale questione. Con “mobilitazione” intendo, quindi, quell’insieme di azioni, o tentativi di azione, che vennero compiuti da alcuni italiani a favore della causa armena come, ad esempio, la pubblicazione di libri, saggi, articoli, l’organizzazione di comizi pubblici e di conferenze, l’invio di appelli ai governi, le interrogazioni parlamentari, ecc.

Per essere precisi e proseguire con le definizioni introduttive, ritengo necessario chiarire anche che cosa si intende quando si parla di “questione armena”. Generalmente, quando parliamo di armeni si pensa al genocidio di cui essi furono vittime per mano degli ottomani all’inizio del secolo scorso, ma il genocidio non fu che la tragica evoluzione della questione armena che, inestricabile dalla questione d’oriente, ebbe inizio, sulla scena internazionale, una quarantina di anni prima e si concluse dopo la prima guerra mondiale. Con “questione armena” si indica, quindi, non solo il genocidio perpetrato sotto le direttive dei Giovani Turchi, ma anche tutto il precedente problema riguardante la mancata attuazione delle riforme per il miglioramento delle condizioni dei sudditi armeni nell’Impero ottomano e quindi i continui soprusi e massacri ordinati dal sultano Abdul-Hamid, ed il problema della creazione, a fine guerra, di uno stato armeno indipendente.

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Il periodo di tempo preso in considerazione dalla mia ricerca inizia con la pubblicizzazione della questione armena sulla scena internazionale e con gli esordi della prima mobilitazione organizzata a inizio Novecento, prosegue con la tragica evoluzione della suddetta questione in genocidio durante la prima guerra mondiale e termina con la fine della guerra nel 1918, quando la mobilitazione italiana raggiunge l’obiettivo di convincere il governo italiano ad appoggiare la causa dell’indipendenza armena in sede di trattative di pace. Prima del periodo di tempo preso in considerazione, ci fu ugualmente chi parlò e scrisse a favore della causa armena, ma è solo a inizio secolo che, in Italia, si creò una mobilitazione organizzata di una certa importanza sul piano nazionale. Invece, 1

in seguito al periodo preso in considerazione, ci fu ugualmente chi continuò ad occuparsi degli armeni, come ad esempio Luigi Luzzatti, il filantropo Umberto Zanotti Bianco e il diplomatico Giacomo Gorrini, ma non si trattava più tanto di mobilitarsi per la questione armena, quanto di aiutare concretamente gli armeni che, scampati al genocidio, emigrarono in Italia. 2

La ricerca è divisa in due capitoli: il primo capitolo è relativo agli anni dal 1900 al 1914 e il secondo agli anni compresi tra il 1915 e il 1918. Il contributo che la mia ricerca si propone di apportare alla conoscenza storica è, in particolare, la ricostruzione della mobilitazione italiana di inizio secolo, ossia quella trattata nel primo capitolo, poiché costituisce un argomento ancora inedito nella storiografia sulla questione armena. Sulla base di questa scelta si giustifica anche la maggior estensione del primo capitolo della tesi rispetto al secondo, relativo invece alla mobilitazione durante la guerra. Sulla mobilitazione italiana durante la guerra esiste, infatti, una maggior conoscenza storica per merito soprattutto delle ricerche di A. Manoukian presentate nel libro Presenza armena in Italia 1915-2015. In questo secondo capitolo, quindi, mi sono proposta di approfondire 3

Addirittura sembra che a Firenze, nel 1897, sia esistito un comitato Pro Armenia di cui era

1

presidente tale Saverio Fera, pastore metodista e Gran Maestro della Massoneria italiana di rito scozzese, ma purtroppo non ho rinvenuto ulteriori notizie oltre agli accenni contenuti in alcuni documenti della propaganda armena.

Per ulteriori informazioni relative al periodo del dopoguerra si rimanda principalmente a Agop

2

Manoukian, Presenza armena in Italia 1915-2015, Edizioni Angelo Guerini e Associati, marzo 2014, Milano. Si consiglia la lettura dell’articolo di Dino Messina Quel villaggio di Zanotti Bianco che salvò gli armeni fuggiti alla seconda ondata del genocidio, pubblicato il 16 settembre 2016 sul «Corriere della sera» Digital Edition: http://www.corriere.it/extra-per-voi/2016/10/16/ e le ulteriori indicazioni fornite in nota n. 304 a p. 101 della presente tesi.

A. Manoukian, Presenza armena in Italia, op. cit.

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ulteriormente la ricostruzione della seconda fase della mobilitazione, analizzandone la forma e i contenuti in rapporto sia alla propaganda armena, sia al periodo di mobilitazione precedente, tenendo conto, allo stesso tempo, dei mutamenti del contesto verificatesi con l’entrata dell’Italia in guerra.

Per la stesura della tesi ho seguito un modello espositivo di tipo principalmente descrittivo e analitico al fine di realizzare una ricostruzione il più possibile precisa di vicende storiche non ancora descritte. Questa scelta mi ha permesso di mettere in luce la maggior parte degli aspetti e delle tematiche emerse dalla mobilitazione nelle sue diverse fasi, ma ha in parte limitato l’approfondimento del rapporto di questi aspetti con i contesti politici e sociali nei quali la mobilitazione si sviluppò, che spesso mi sono limitata a suggerire, ma non a sviluppare per esteso. Tale limite si spera possa diventare uno spunto per indagare ulteriormente, in futuro, le dimensioni della mobilitazione per la questione armena, con un approccio più comparativo e circoscritto a singole tematiche, come, ad esempio, la mobilitazione pro-armena all’interno del movimento pacifista italiano ed europeo, la posizione del socialismo italiano rispetto alla questione armena, l’influenza della propaganda di guerra sulla propaganda pro-armena, gli attivisti armeni e l’interventismo, ecc.

Lo studio e la ricostruzione della mobilitazione italiana per la questione armena comportano la messa in luce di diversi aspetti interessanti sia per la storia armena che per la storia italiana. Innanzitutto, se è ben noto che i governi delle potenze europee, resi corresponsabili della soluzione alla questione armena dalla firma del trattato di Berlino, non rispettarono i loro impegni e non impedirono lo sterminio di almeno un milione di armeni, è meno noto che, in diversi paesi d’Europa tra cui anche l’Italia, un notevole numero di intellettuali, politici e filantropi si mobilitarono per modificare il corso degli eventi. Sebbene le loro azioni e le loro proteste allora non abbiano avuto alcun effetto 4

concreto sulla sorte del popolo armeno, oggi concorrono a testimoniare l’entità della gravità di ciò che accadde, aiutando a contrastare le posizioni del negazionismo e del giustificazionismo che vorrebbero negare, o minimizzare, il genocidio. Inoltre, sebbene oramai la storiografia sulla questione armena sembri essersi emancipata dalla L’art. 61 del Trattato di Berlino, riguardante la soluzione della questione armena, prevedeva

4

l’attuazione di riforme, sotto il controllo delle potenze europee, per la normalizzazione e regolazione dell’amministrazione e della sicurezza nelle province armene.

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controversia politico-legale sul riconoscimento dell’avvenuto genocidio, la conoscenza del fatto storico in sé non è ancora diffusa come imporrebbe invece la sua portata. Per 5

questo ritengo che studiare l’impatto e la ricezione della questione armena nella nostra storia sia importante per poterla giustamente collocare all’interno del bagaglio di conoscenze storiche che dovrebbe possedere un cittadino italiano. L’interesse nella ricostruzione della mobilitazione italiana per la questione armena risiede anche nel fatto che essa rappresenta uno dei primi impegni civici degli italiani per una causa umanitaria internazionale, e la loro partecipazione ad un primo tentativo di associazionismo spontaneo di cittadini a livello europeo. Ho ritenuto, quindi, necessario mantenere anche un approccio comparativo tra la mobilitazione italiana e la mobilitazione internazionale per la questione armena, in particolare modo con quella francese, in quanto fu una delle più attive e su di essa esiste una dettagliata storiografia.

Mobilitarsi, agire e protestare per una causa considerata giusta può chiarire sulla base di quali principi si fondano le motivazioni che ci mobilitano: studiare la mobilitazione italiana per la causa armena permette di approfondire i principi considerati fondamentali dai cittadini italiani di fine XIX° e inizio XX° secolo, in nome dei quali decisero di mobilitarsi. A questo proposito, nel libro La France face au genocide des arméniens, Vincent Duclert sostiene che “la cause arménienne peut aider à comprendre ce que furent les attentes réelles d’une société durant les temps de sa modernité politique” : 6

sebbene la mobilitazione non sia stata massiva, l’analisi delle sue forme e delle sue modalità ci può restituire un quadro delle aspettative sociali e politiche di parte della società italiana, in un arco temporale segnato da grandi cambiamenti sia sul piano nazionale che su quello internazionale.

Inoltre, la questione armena, ed in particolare la fase del genocidio, fu tra i primi ostacoli con i quali dovettero confrontarsi, ed in seguito infrangersi, le aspettative per il nuovo secolo, iniziato sotto gli auspici della civiltà, della modernità e del progresso. Questo studio vuole testimoniare anche dell’illusione occidentale dell’assoluta positività della modernità. Infatti, tutto ciò che venne fatto, scritto, pronunciato o organizzato per la

Antonio Ferrara, Lo sterminio degli armeni ottomani. Cento anni dopo in «Il Mulino-riviste

5

web», fascicolo 1, gennaio-marzo 2016, p. 163.

Vincent Duclert, La France face au genocide des arméniens, Fayard, Février 2015, p.11.

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questione armena dimostra che questa era percepita, da alcuni europei, come una situazione inammissibile ed intollerabile alla luce del progresso e della modernità raggiunti alle soglie del XX° secolo; ma la diplomazia non agiva secondo le aspettative della coscienza pubblica e la questione armena non venne risolta, anzi degenerò in ciò che Stéphane Audoin-Rouzeau e Annette Becker definiscono “le sommet des crimes de guerre, des crimes dans la guerre, pendant la période de la Grande Guerre” dimostrando che la modernità, che i Giovani Turchi promettevano come soluzione per i mali dell’Impero ottomano, non era sinonimo di civiltà. Come ci ricorda Enzo Traverso, il 7

genocidio armeno fu

il primo genocidio perpetrato in nome del nazionalismo moderno, atto di nascita di uno stato-nazione di tipo occidentale ed europeo al posto del vecchio impero multinazionale.8

Allo stesso modo, Marcello Flores ritiene che

Lo stesso genocidio armeno si situa all’interno di un processo di modernizzazione che, sia pure con maggiore lentezza e maggiori differenze dal resto d’Europa, si muove entro le medesime coordinate. 9

Le fonti sulle quali ho basato lo studio sono di natura piuttosto eterogenea: giornali francesi, italiani, saggi e scritti di politici, diplomatici, intellettuali, pubblicistica dell’epoca, epistolari e dispacci. Questa eterogeneità è legata al fatto che lo studio riguarda un fenomeno, cioè la mobilitazione italiana per la questione armena, di ampia e variabile definizione in un periodo di tempo piuttosto lungo, nel quale gli attori, i motivi e le modalità variano, ma lo scopo resta sempre quello: cercare di agire in aiuto del popolo armeno. In Italia, la storiografia sulla mobilitazione italiana per la questione armena è piuttosto ridotta e frammentaria; con questo lavoro mi sono proposta di fornirne una descrizione più generale ed unitaria. Il materiale utilizzato è frutto di ricerche condotte principalmente in Francia, ma anche in Italia. La ricerca si è rivelata non sempre facile poiché, essendo scarsi i riferimenti bibliografici inerenti all’argomento, mancavano spesso le coordinate per orientarsi nel reperimento e nella valutazione delle fonti. A Parigi ho rinvenuto abbondante materiale presso la Bibliothèque Nubar, la Bibliothèque National de France ed altro ancora presso la Bibliothèque universitarie des langues et

Stéphane Audoin-Rouzeau, Annette Becker, 14-18, retrouver la Guerre, Gallimard 2003, p. 95.

7

Enzo Traverso, A ferro e fuoco. La guerra civile europea 1914-1945, Il Mulino, Bologna,

8

febbraio 2012, p. 106.

Marcello Flores, Il genocidio degli armeni, Società editrice il Mulino, Bologna, settembre 2007,

9

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civilisations. In seguito ho rintracciato qualche documento utile anche presso gli Archives Diplomatiques (sito della Corneuve) e la Bibliothèque de Documentation Internationale Contemporaine di Nanterre. In Italia, invece, ho raccolto del materiale presso l’archivio della Società per la Pace e la Giustizia Internazionale di Milano e l’archivio dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. Per condurre la mia ricerca sono stati importanti, oltre ai documenti, anche i colloqui e le consultazioni avute con specialisti dell’ambito, come i professori Agop Manoukian, Claire Mouradian, Vincent Duclert e gli storici Boris Adjemian e Mikael Nichanian che ringrazio sentitamente per la disponibilità.

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1900-1914: la mobilitazione italiana per la questione armena

I. La nascita della mobilitazione organizzata in Italia

La pubblicizzazione della causa armena sulla scena internazionale

Dal congresso di Berlino nel 1878, quando la questione armena divenne oggetto delle trattative internazionali, in Europa, e più in generale nel mondo occidentale, coloro che si erano spesi per la sorte degli armeni ottomani avevano agito perlopiù individualmente o a “titolo personale”, e non, ad esempio, per conto di un’associazione o di un gruppo politico. La causa armena non aveva ancora raggiunto quella notorietà che 1

invece ottenne all’inizio del nuovo secolo, quando non solo iniziarono ad organizzarsi i primi comitati filo-armeni, ma addirittura si tentò di creare tra questi un coordinamento transnazionale, per spingere i principali governi europei ad intervenire di concerto direttamente nell’Impero ottomano per far rispettare dal sultano gli impegni presi con il trattato di Berlino. 2

La prima occasione nella quale la questione armena ottenne notevole pubblicità sulla scena internazionale, fu il V° Congresso Socialista Internazionale, che si tenne a Parigi dal 23 al 27 settembre del 1900. La seconda risoluzione, presentata da Rosa Luxembourg a nome della quarta commissione del congresso, incaricata di dedicarsi alle questioni della pace internazionale, del militarismo e della soppressione degli eserciti permanenti, recitava, al terzo punto, che

Le Congrès Socialiste Internationale de Paris, affirmant une fois de plus les sentiments de sympathie fraternelle qui doivent unir tous les peuples, s’élève avec indignation contre les violences, les cruautés, les massacres commis en Arménie, dénonce aux travailleurs des deux mondes la criminelle complicité des différents gouvernements capitalistes, engage les groupes parlementaires socialistes à intervenir à chaque occasion en faveur

Ad eccezione, s’intende, di missionari, ambasciatori e consoli.

1

In Inghilterra, qualche anno prima, si erano già create alcune associazioni in soccorso degli armeni come,

2

ad esempio, l’Anglo-Armenian Association, l’Association of the Friends of Armenia e l’Armenian Relief Fund. In Francia, invece, nel 1897 era stato fondato da Archag Tchobanian il Comité franco-arménien.

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du peuple arménien, odieusement opprimé, auquel le congrès adresse l’assurance de son étroite et ardente solidarité. 3

Questa risoluzione non solo condannò i massacri e le violenze compiuti in Armenia, ma denunciò anche “la criminelle complicité des différents gouvernements capitalistes”: si tratta del primo caso nel quale un gruppo politico omogeneo denunciò unanime la complicità e la responsabilità dei governi nella questione armena. La risoluzione venne, per l’appunto, votata all’unanimità da tutti i delegati presenti al congresso; per l’Italia ascoltarono e votarono la risoluzione Andrea Costa ed Enrico Ferri, rispettivamente presidente e segretario della delegazione italiana. Sebbene la risoluzione ingaggiasse “les groupes parlamentaires socialistes à intervenir à chaque occasion en faveur du peuple arménien”, risulta che né Costa né Ferri, entrambi membri del Parlamento (i socialisti avevano ottenuto 33 seggi nelle elezioni del giugno 1900), mantennero l’impegno votato con la risoluzione. Appena tre giorni dopo la fine del Congresso Socialista 4

Internazionale, iniziarono, sempre a Parigi, i lavori del IX° Congresso Universale della Pace, che si svolse dal 30 settembre al 5 ottobre. La mozione, sollecitata da un rapporto presentato dal pubblicista armeno Hambartzoum Arakelian e proposta al congresso dalla commissione per le “attualità”, emetteva il voto che

le gouvernement ottoman soit tenu de respecter les droits imprescritibles des Arméniens, garantis par le Traité de Berlin

e confidava che

le soulèvement de la conscience universelle et l’indignation du monde civilisé finiront par imposer aux gouvernements européens une solutione rationelle et radicale de la question arménienne. 5

Tra gli aderenti al comitato italiano di patrocinio al congresso troviamo nuovamente Enrico Ferri, ed Ernesto Teodoro Moneta: “le père du mouvement pacifique dans la péninsule”, membro del Bureau International Permanent de la Paix, nonché presidente 6

della Società Internazionale per la Pace di Milano e, come si vedrà più avanti, uno dei futuri protagonisti della mobilitazione italiana per la questione armena. Partecipò, tra gli Cinquième Congrès Socialiste International. Compte rendu analytique officiel, Société nouvelle de

3

librairie et d’éditions, Paris, 1901.

Osservazione basata sul non aver riscontrato alcun intervento riguardante la questione armena nello

4

spoglio degli atti e documenti del Parlamento durante la XXI legislatura compiuto sull’archivio in linea del portale storico sul sito ufficiale della Camera dei Deputati: www.camera.it.

Bulletin officiel du IX° Congrès Universel pour la Paix, Imprimerie Buchler & co., Berne 1901, pp.95-96.

5

Ivi, p.31.

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altri, come delegato della Società Internazionale per la Pace di Milano, Carlo Romussi, anch’egli futuro sostenitore della causa armena in Italia e successore di Moneta alla direzione del quotidiano «Il Secolo», uno dei principali quotidiani italiani dell’epoca. Fu 7

la prima volta in cui, durante un congresso internazionale per la pace, si votò una mozione specifica a favore della questione armena; da questo momento i successivi congressi dedicarono sempre più spazio ed attenzione alla questione. Ad esempio, al Congresso Universale per la Pace dell’anno seguente, tenutosi a Glasgow, i congressisti, constatando sulla base di un rapporto stilato dal Bureau International Permanent de la Paix (di cui erano membro Moneta) e dal già citato pubblicista armeno Arakelian, che “la triste situation de la population arménienne ne s’est point améliorée”, decisero di non limitarsi a ripetere la mozione dell’anno precedente, ma deliberarono di inviare ad ogni governo firmatario del Trattato di Berlino la richiesta di organizzare una conferenza ufficiale per la soluzione della questione armena. 8

In seguito, nel 1902 a Monaco (Francia), la questione armena ottenne ancora più spazio nel dibattito del Congresso, grazie ad un dettagliato rapporto sulla situazione nelle province armene presentato dal pubblicista e poeta francese Pierre Quillard, basato sulla documentazione raccolta nei “Livres Jaunes” e nei “Blue books” rispettivamente delle ambasciate di Francia ed Inghilterra. Infatti, se nei due precedenti congressi la causa 9

armena era stata esposta dagli armeni stessi (Arakelian e altre personalità armene presenti in Europa come ad esempio Archag Tchobanian e Loris Melikoff), in questo XI° congresso, il rapporto presentato da una personalità europea, per l’appunto Pierre Quillard, ebbe come risultato di coinvolgere ed attirare maggiormente l’attenzione degli altri partecipanti. Autori di questa strategia furono gli armeni stessi: Pierre Quillard 10

Interessante sottolineare che proprio «Il Secolo» fu segnalato tra i giornali europei che “ont protesté avec

7

véhémence contre l’abominable indifférence des nations dites civilisées” dal giornale «Pro Armenia». La

quinzaine in «Pro Armenia», Première Année, n. 5, 25 Janvier 1901, p. 35.

Proceedings of the Tenth Universal Peace Congress, Office of the Congress, London 1902, p. 45. Per la

8

nota inviata dal Bureau Permanent pour la Paix si rimanda ai Documenti Diplomatici Italiani sull’Armenia, seconda serie, volume 6, tomo 1, doc. n° 86, pp. 58-93.

I citati “libri di colore” erano delle raccolte di documenti diplomatici dei vari paesi, ad esempio quelli

9

italiani erano “verdi”. Questi libri venivano spesso scambiati tra i ministeri degli affari esteri dei vari paesi: il loro interesse risiedeva, come in questo caso, nell’offrire dati ed informazioni su situazioni e luoghi dove non tutti i paesi possedevano delle rappresentanze consolari.

Come si è già visto nel precedente capitolo Pierre Quillard fu uno dei primi sostenitori della causa

10

armena in Francia. E come si vedrà più avanti egli fu anche la figura principale nell’organizzazione della mobilitazione francese ed europea per la causa armena.

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partecipò al congresso in veste di rappresentante dell’Union des étudiants arméniens de l’Europe. Alla ri-approvazione della mozione votata nel 1901 sulla necessità di organizzare una conferenza ufficiale dei governi sulla questione armena, il congresso deliberò anche per richiedere alle Potenze l’invio, al più presto, di rappresentanze consolari a Mush, nella regione di Sasun, in modo da prevenire nuovi massacri che, dalle ultime informazioni giunte dall’Impero ottomano, sembravano imminenti. Come 11

consacrazione ufficiale della questione armena a questione di interesse internazionale, venne infine deciso di menzionarla all’interno dell’“appello alle nazioni”: appello che da tre anni, in seguito allo scoppio della guerra in Sud-Africa, il congresso indirizzava a tutti i popoli “pour leur demander d’instaurer, sans plus tarder, la concorde internationale”. A 12

questo XI° Congresso Universale per la Pace, Moneta partecipò di persona e collaborò alla commissione “attualità”, di cui faceva parte anche Pierre Quillard, incaricata, per l’appunto, di discutere la risoluzione per la questione armena. Nel resoconto del congresso pubblicato dal giornale filo-armeno francese diretto da Pierre Quillard «Pro Armenia» (di cui si parlerà più avanti), venne riferito che alcuni membri si interessarono particolarmente alle “atrocités arméniennes” ed espressero, durante colloqui privati e quindi non riportabili, “toute leur indignité”: tra questi è menzionato Ernesto Teodoro Moneta. E’ ipotizzabile che fu proprio in questa occasione che Moneta ebbe un primo 13

contatto diretto con la gravità della questione armena e che da allora iniziò ad interessarsene concretamente. Si può ulteriormente ipotizzare che l’incontro con Pierre Quillard fu decisivo per Moneta nel decidere di spendersi per la mobilitazione pro-armena, come sembra confermare la sua partecipazione, qualche mese dopo, al I° Congresso filo-armeno internazionale.

Contemporaneamente al XI° Congresso Universale per la Pace, si svolse, a Ginevra, un altro importante congresso per la creazione di una mobilitazione europea: il V° Congresso degli Studenti Armeni d’Europa. L’attività dell’Union des Etudiants Arméniens consisteva, principalmente, nel perorare la causa armena in Europa, tramite

Bulletin officiel du XI° Congrès universel de la Paix, Comité d’Organisation, Monaco 1902, p. 64-65.

11

Le Congrès de la Paix in «Pro Armenia», Deuxième Année, n°10, 10-25 Avril 1902, p.77. Bulletin 12

officiel du XI° Congrès universel de la Paix, cit., p. 127. A titolo informativo l’“appello alle nazioni” fu una

procedura creata dal sopracitato Ernesto Teodoro Moneta durante il Congresso per la Pace di Anversa nel 1894.

Le Congrès de la Paix in «Pro Armenia», Deuxième Année, n°10, 10-25 Avril 1902, p.78.

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l’organizzazione di una propaganda che passasse anche attraverso l’impegno ed il coinvolgimento degli stessi europei, ad esempio, tramite l’organizzazione di conferenze, in varie città europee, dedicate alla questione armena con personalità in vista come Eduard Bernstein o Francis de Pressensé come oratori. Oppure, un altro mezzo di 14

propaganda utilizzato dall’Union des Etudiants Arméniens consisteva nell’edizione di pubblicazioni destinate a far conoscere all’Europa la nazione armena “dans son passé et son présent, dans ses luttes et ses suffrances” con il concorso di saggi e articoli di intellettuali e politici di tutta Europa: dall’Italia inviarono articoli, per esempio, Lombroso, Loria e Cipriani. La partecipazione stessa di Quillard al congresso di 15

Monaco, come già ricordato, fu un’iniziativa dell’Union des Etudiants Arméniens, i quali si proponevano anche di indirizzare appelli di collaborazione agli altri studenti d’Europa.

Come si è visto, fu in questi primi anni del ‘900 che la questione armena raggiunse una visibilità più ampia nelle società europee, rispetto agli anni precedenti, in cui si svolsero i cosiddetti “grandi massacri” (1894-1896). Ciò può essere spiegabile con il fatto che, in generale, all’epoca le notizie si diffondevano molto più lentamente, i fatti si svolgevano in villaggi remoti all’interno dell’Anatolia ottomana dai quali le notizie viaggiavano a piedi o a cavallo impiegando parecchi giorni ad arrivare nei centri più popolati, oppure dove spesso erano assenti testimoni occidentali che potevano testimoniarne più imparzialmente la gravità. Comunque, anche nel caso di massacri avvenuti in centri più grandi o in province dove erano presenti rappresentanze consolari, le notizie potevano subire, come avvenne in Francia, la censura dei governi o dei giornali stessi che, almeno per i primi anni, sembrava avessero “venduto il loro silenzio” alla Sublime Porta. Può essere così spiegabile il motivo per cui l’indignazione e la 16

mobilitazione europea per la causa armena si fecero più ampie ed importanti qualche anno dopo i grandi massacri, con ciò non si dimentichi che massacri e soprusi, sebbene di

La conferenza di Bernstein si tenne a Berlino il 26 giugno 1902, e qualche mese prima, il 10 febbraio, 14

quella di Pressensé a Ginevra.

Le Congrès de la Paix in «Pro Armenia», Deuxième Année, n°10, 10-25 Avril 1902, p.83. Durante le mie 15

ricerche non ho rinvenuto gli articoli di Lombroso, Loria e Cipriani.

Sulla censura del governo e sulle accuse di corruzione della stampa francese si veda La responsabilité

16

(17)

ampiezza inferiore, continuavano ad essere perpetrati contro gli armeni, vittime di una legislazione discriminatoria ed un’amministrazione corrotta. 17

Il I° Congresso filo-armeno internazionale

La maggiore visibilità della questione armena, che quindi non era più solo affare di governi e cancellerie o di qualche gruppo o personalità singole, si trasformò in una vera e propria mobilitazione organizzata. Se, ad esempio, in Inghilterra, Francia e Danimarca, esistevano già delle associazioni o dei comitati filo-armeni, è in seguito ai congressi sopracitati di inizio secolo, che questi oltrepassarono le frontiere nazionali per organizzare un’azione comune. Nel numero 9 del 25 marzo 1902 del già citato giornale «Pro Armenia», è pubblicato un articolo dal titolo Une proposition des philarmènes danois, nel quale si riporta la proposta fatta da alcuni filo-armeni danesi alla redazione del giornale per

établir un rapprochement, une coopération purement humaine et sans aucun caractère politique entre des nations qui ont témoigné de la sympathie pour des frères et soeurs à l’agonie

con l’obiettivo di “éveiller une opinion générale, un cri d’indignation à l’égard de la question arménienne” per farne “une cause internationale, une croisade de paix”. In 18

concreto, la proposta danese consisteva nell’organizzare al più presto un congresso che riunisse i filo-armeni di diversi paesi per discutere sulla possibilità di creare un comitato di soccorso internazionale per gli armeni, coordinare la mobilitazione filo-armena a livello europeo, ricercare una strategia per influenzare i principali organi di stampa europei ed accendere l’interesse dell’opinione pubblica alla causa. L’occasione per 19

cercare di rendere concreta la proposta danese si presentò il 5 aprile, quando, approfittando del passaggio a Parigi di due eminenti filo-armeni inglesi, la redazione del

Sulla situazione degli armeni nell’Impero ottomano durante il regime di Abdul Hamid II si veda La

17

“questione armena” in Yves Ternon, Gli armeni. 1915-1916: il genocidio dimenticato, Biblioteca

Universale Rizzoli, aprile 2007, Bergamo, pp. 17-160.

Une proposition des philarmènes danois in «Pro Armenia», Deuxième Année, n. 9, 25 mars 1902, p. 67.

18

Idem.

(18)

giornale francese organizzò un pranzo informale per discutere la proposta. Al pranzo 20

presenziarono, oltre ai due filo-armeni inglesi ed a Jean Longuet e Loris Melikoff in rappresentanza di «Pro Armenia», Marcel Sembat deputato di Parigi, George Brandes per la Danimarca, un corrispondente del «Daily News» di Londra e uno del «Sun» di New York. A questo “improvvisato” raduno internazionale di filo-armeni venne deciso che si 21

sarebbe organizzato, in luglio a Bruxelles, un congresso “des amis de l’Arménie de tous les pays” con l’obiettivo principale di: portare “la questionne arménienne devant les parlaments d’Europe”. Edward Atkins, a nome della sua associazione (Armenian Relief 22

Fund), decise di stanziare la somma di 500 franchi per la realizzazione del congresso, e venne stabilito che il segretario generale sarebbe stato Pierre Quillard. Quest’ultimo, 23

incaricato di diramare gli inviti al congresso, sollecitò la partecipazione o l’adesione in nome del principio di umanità, ma anche dell’interesse per la pace europea. A misura 24

che la redazione del giornale dei francesi filo-armeni, ormai punto di riferimento per la mobilitazione pro-armena europea, riceveva le risposte agli inviti, pubblicava le liste con i nomi degli aderenti. All’invito aderirono circa 2000 persone di tutta Europa: tedeschi, inglesi, austro-ungarici, belgi, danesi, olandesi, russi, svedesi, svizzeri, norvegesi ed italiani. Ma, come si vedrà più avanti, solo francesi, inglesi ed italiani perseguirono 25

concretamente gli impegni presi durate il congresso. Tra i 46 italiani aderenti alla conferenza ed ai suoi obiettivi, si trovano principalmente professori e giornalisti, tra le personalità note sono da segnalare l’adesione di Ferri e della scrittrice Neera. Il 26

congresso si svolse dal 17 al 18 luglio e, dai registri di partecipazione conservati nelle carte d’archivio di Pierre Quillard, risulta che presero parte personalmente alla conferenza

Edward Atkins dell’Armenian Relief Fund et Sir Collier.

20

Jean Longuet e Jean Loris Melikoff erano, rispettivamente, il segretario e l’amministratore nonché uno

21

dei fondatori del giornale filo-armeno francese. Gli altri membri della redazione come, ad esempio, Pierre Quillard non poterono partecipare perché erano a Monaco per l’XI° Congresso della Pace. Le déjeuner de

Pro Armenia in «Pro Armenia», Deuxième année, n. 10, 10-25 Avril, 1902, p. 78.

Ivi, p.80.

22

Idem.

23

Invito e bollettino di partecipazione rinvenuti tra le carte dell’archivio di Pierre Quillard conservato

24

presso la Bibliothèque Nubar di Parigi.

Con adesione s’intende l’adesione al progetto del congresso, ma non la partecipazione reale a Bruxelles.

25

Le Congrès Arménophile in «Pro Armenia», Deuxième Année, n. 16, 25 juillet 1902, p. 135 e Per gli armeni in «La Vita Internazionale», n.15, 5 agosto 1902, p. 473.

Le Congrès de Bruxelles in «Pro Armenia», Deuxième Année, n. 15, 10 juillet 1902, p.126.

(19)

Ernesto Teodoro Moneta ed altri 10 italiani, tutti in qualità di membri della Società Internazionale per la Pace di Milano. Tra questi, ricordiamo il senatore Graziadio Isaia Ascoli ed Emilio Rosetti, console dell’Argentina in Italia e cognato di Moneta. Tra le 27

personalità di altri paesi che parteciparono alla conferenza, oltre a numerosi senatori e deputati belgi tra cui Georges Lorand, che ritroveremo molto attivo nella mobilitazione armena sopratutto in Italia, ci furono numerose personalità francesi come Jean Jaurès, Séverine e Francis de Pressensé; meno importante fu la presenza di delegati inglesi e 28

tedeschi a causa della concomitanza del congresso con altri impegni di rilievo nei rispettivi paesi. A questo primo congresso, la presenza italiana non sembrò rivestire 29

ancora quell’importanza sul piano della mobilitazione europea per la causa armena, che invece assunse, al fianco di francesi ed inglesi, nei mesi e negli anni seguenti.

L’importanza di questo congresso per la discussione della questione armena in Europa risiede in più aspetti. Innanzitutto, fu il primo congresso che venne interamente ed unicamente dedicato alla questione armena a livello internazionale. Sebbene in alcuni paesi come Francia, Inghilterra o Danimarca fossero già state dedicate conferenze alla questione, queste erano sempre rimaste sul piano nazionale o cittadino, in altri paesi invece, come l’Italia, non se ne era ancora mai discusso così approfonditamente. La questione armena veniva ad assumere, così, un maggiore rilievo sul piano del dibattito internazionale e una dimensione autonoma, non più dipendente o assommata ad altre istanze, come lo era stata, ad esempio, durante i Congressi per la Pace. In secondo luogo, l’idea e l’organizzazione del congresso furono interamente ad opera di cittadini europei e non di attivisti armeni, come invece era stato, ad esempio, per l’intervento di Quillard al XI° congresso per la Pace o la conferenza di Bernstein a Berlino (entrambi organizzati dall’Union des Etudiants Arméniens): ciò consacrò definitivamente la questione armena come questione di interesse europeo e non più come questione esterna o liminare agli

Sugli altri italiani partecipanti al congresso, non sono state reperite informazioni significative.

27

Le Congrès Arménophile in «Pro Armenia», Deuxième Année, n.16, 25 juillet 1902, p. 135. Francis de

28

Pressensé partecipò come delegato della Ligue des Droits de l’Homme.

Ad esempio, James Bryce, Francis Seymour Stevenson e Bernstein comunicarono che erano stati

29

trattenuti nei rispettivi paesi per la concomitanza del congresso con importanti sedute di delibera parlamentari. Lettres et dépeches in «Pro Armenia», Deuxième Année, n.16, 25 juillet 1902, pp. 131-132.

(20)

interessi del mondo occidentale. L’iniziativa europea al congresso fu accolta con molta 30

gratitudine da parte di molti armeni, e gli organizzatori ricevettero ringraziamenti ed adesioni da parte di comunità armene di tutto il mondo: da Sofia al Cairo fino al Massachusetts. Infine, l’importanza del congresso consistette anche nell’aver gettato le 31

basi sulle quali si sarebbe organizzata l’azione della mobilitazione pro-armena degli anni a seguire.

Nel primo giorno di congresso, la parola venne affidata a Pierre Quillard, il quale espose la situazione attuale degli armeni ottomani, ricordando che, sebbene non fossero più in atto i massacri di massa, si continuava ad uccidere ed a impedire una normale esistenza agli armeni, soggetti a restrizioni di circolazione, ad arresti arbitrari, alla doppia riscossione delle imposte (riscosse prima dal governo e in seguito dai curdi) ed altre forme di sopruso. Pierre Quillard, inoltre, dichiarò come la responsabilità del sultano nei 32

massacri armeni fosse ormai certa ed indiscutibile, attestabile da fonti ufficiali, come i rapporti consolari di Francia ed Inghilterra, dai quali sosteneva emergesse chiara la volontà del sultano di sterminare totalmente la razza armena. L’oratore proseguì 33

sfatando alcune delle obiezioni comuni che venivano opposte alla difesa degli armeni, come, ad esempio, il pregiudizio dell’armeno usuraio, senza fissa dimora, o l’insinuazione che la causa armena non fosse altro che un’orchestrazione russa o inglese per impossessarsi di parti del territorio dell’Impero ottomano. Pierre Quillard si avviò 34

alla conclusione del suo discorso dichiarando che l’obiettivo della mobilitazione pro-armena avrebbe dovuto essere quello di spingere tutte le potenze europee ad agire, anche con dimostrazioni di forza, per far applicare al sultano le riforme previste dall’art. 61 del trattato di Berlino. Concluse rispondendo a coloro che temevano il pericolo di una 35

guerra, che questa non ci sarebbe stata, poiché, come era successo con l’affare

Con ciò non intendo sminuire il valore dell’azione di Pierre Quillard, se fu lui ad essere scelto dall’Union

30

des Etudiants Arméniens e non un altro, fu grazie alla sua azione e sensibilità per la causa armena.

Dépeches des Colonies Arméniennes in «Pro Armenia», Deuxième Année, n.16, 25 juillet 1902, pp.

31

134-135.

Le Congrès Arménophile in «Pro Armenia», Deuxième Année, n.16, 25 juillet 1902, pp. 135-136.

32 Ivi, p. 136. 33 Ivi, p. 137. 34 Idem. 35

(21)

Tubini, al primo segno di uso della forza da parte delle potenze europee, il sultano si 36

sarebbe sottoposto alla loro volontà, ovviamente solo nel caso in cui le potenze europee avessero agito unitamente. 37

Un altro intervento importante fu quello fatto da Jean Jaurès, il quale si felicitò 38

del fatto che finalmente la questione armena fosse uscita dall’oscurità ed indifferenza nella quale era stata relegata per parecchi anni, ma avvisò che

maintenant l’Europe est dument avertie, et elle serait profondément scélérate si, après ces avertissements, elle n’agissait pas. 39

Jaurès condannò come colpevoli d’indifferenza, non solo i governi, ma anche i popoli e dichiarò che il compito degli attivisti pro-armeni avrebbe dovuto essere quello di richiamare i governi al rispetto dell’umanità e di loro stessi: poiché i governi avevano firmato il trattato di Berlino, l’art. 61 legittimava quindi le rivendicazioni degli attivisti filo-armeni. Per fare ciò sarebbero dovuti riuscire a mobilitare l’opinione pubblica che, 40

a sua volta, avrebbe fatto pressione sui governi costringendoli ad agire. Questa piena 41

fiducia nella forza e nell’efficacia dell’opinione pubblica, come si vedrà più avanti, era condivisa da tutti coloro che si mobilitarono per la causa armena, Jaurès considerava che anche altri popoli oppressi, come in Polonia e in Alsazia-Lorena, sarebbero potuti essere liberati non da una guerra, ma “par des réformes internes que nous obtiendrons par l’action collective de l’opinion publique sur les gouvernements éuropéens”. Infine, 42

dimostrò come le riforme richieste dagli armeni non avrebbero nociuto all’integrità dell’Impero ottomano poiché non prevedevano altro che il miglioramento del loro statuto come sudditi dell’Impero e non la creazione di un’Armenia indipendente. 43

L’affare consistette in una questione di debiti non saldati da parte del sultano con la società

Lorando-36

Tubini che chiese ai francesi di intervenire. Il governo francese inviò alcune navi da guerra sull’isola di

Mitilene: quest’azione bastò per indurre il sultano a saldare i suoi debiti.

Le Congrès Arménophile in «Pro Armenia», Deuxième Année, n.16, 25 juillet 1902, p. 137.

37

Per approfondire la posizione di Jaurès nei confronti della questione armena e di ciò che la Francia e le

38

altre potenze europee avrebbero dovuto fare per risolverla si veda: Paolo Fontana (a cura di), Jean Jaurès.

Bisogna salvare gli armeni. Discorsi alla Camera dei deputati francese in difesa degli armeni, Guerini e

Associati, febbraio 2015, Milano. Ivi, p. 138.

39

Idem.

40

Le Congrès Arménophile in «Pro Armenia», Deuxième Année, n.16, 25 juillet 1902, p. 138.

41

Idem.

42

Idem.

(22)

Nei due giorni di congresso lavorarono due commissioni: una incaricata di studiare una modalità per creare un’intesa permanente tra i filo-armeni di tutta Europa, e l’altra incaricata di stabilire le strategie necessarie ad agire efficacemente sull’opinione pubblica, sulla stampa e sui governi di tutta Europa. Alla fine del congresso si 44

approvarono le seguenti tre risoluzioni

I. Le Congrès,

convaincu que les réformes et les garanties réclamées par les Arméniens peuvent être réalisées sans qu’aucune atteinte soit portée à l’intégrité territoriale de la Turquie.

Convaincu, en outre, qu’il est de l’intérêt des population turques elles-mêmes de s’associer à cette oeuvre de réformes.

Rappelle le teste de l’art.61 du traité de Berlin (…)

Constate que pour cet article l’Europe s’est constitué le droit et a pris l’engagement d’assurer aux populations arméniennes la vie, la sécurité, la liberté de circulation, la possession paisible de leurs biens et la liberté de conscience.

Déclare qu’il est temps, pour l’honneur de l’Europe et le bien-être de l’Humanité, que cet article reçoive une pleine et loyale application.

Invite les gouvernements et les peuples à agir dans le sens du memorandum de 1895 par une intervention concertée. Et charge sa Commission permanente internationale d’organiser une active propagande auprès des Parlements, de la presse et de l’opinion.

II. Le Congrés,

prenant acte avec satisfaction de la mesure récemment arrêtée par la France et la Russie pour multiplier le nombre de leurs agents consulaires en Arménie, invite ceux de ses membres qui font partie des Assemblées législatives à réclamer de leurs gouvernement respectifs des mesures analogues.

III. Le Congrès,

en trasmettant à la presse européenne le texte des résolutions votées, espère que que les journaux d’Europe, dans un esprit de justice et d’humanité, donneront la plus large et la plus bienveillante publicité aux nouvelles d’Arménie qui leur seront communiqué par la Commission permanente. Une circulaire sera adressée aux éditeurs propriétaires des journaux d’Europe et la Commission permanente rendra compte au prochain Congrès de l’accueil fait par eux à ses communications. 45

Quest’ultima risoluzione (III) fu fortemente sostenuta dalla nota giornalista e femminista Séverine, che in Francia fu una delle prime persone a rompere il silenzio della stampa sui massacri armeni; a questo proposito disse:

Pendant des années il nous a été impossible de parler de la question arménienne dans certains journaux. Nous ne chercherons pas les motifs de

Ordre du jour rinvenuto tra le carte dell’archivio di Quillard presso la biblioteca Nubar.

44

Résolutions votés par le Congrès in «Pro Armenia», Deuxième Année, n.16, 25 juillet 1902, p. 129.

(23)

cette hostilité, nous les devinons, il faut que par la voix de la presse nous fassions retentir de plus en plus nos protestations (…) l’intérêt de quelques gros négociants avait étouffés nos cris, il fut que nous puissions jeter à la face du monde notre colère et notre indignation. 46

Fu lei a proporre di sollecitare direttamente i proprietari dei giornali a pubblicare le informazioni riguardanti la questione armena e denunciare chi non lo avesse fatto.

E’ quindi in nome dell’onore dell’Europa e dell’umanità, come recita la I° risoluzione, che uomini provenienti da tutto il continente, con culture ed orientamenti politici diversi, si trovarono unanimi nella convinzione di dover agire in qualche modo per mettere fine alle sofferenze del popolo armeno. L’azione, che a tutti sembrò più efficace e più consona, fu, appunto, l’organizzazione di una propaganda che spingesse l’opinione pubblica a fare pressione sui governi affinché questi agissero in base agli impegni assunti con la firma del trattato di Berlino, ossia sorvegliassero l’applicazione delle riforme previste per le province armene. L’opinione pubblica era considerata l’arma in potere della democrazia. L’azione, considerata nel senso concreto del termine come “intervento”, risultava appannaggio e dovere dei governi, il compito dei cittadini era quello di orientare le azioni dei rispettivi governi (solo in Italia, come si vedrà più avanti, ci fu chi propose anche un intervento diretto sul campo, indipendentemente dall’azione dei governi). Quello svoltosi a Bruxelles, fu uno dei primi tentativi di organizzazione di una mobilitazione spontanea ed internazionale a favore di una causa esterna ai confini dell’Europa.

In concreto, il congresso creò quindi una commissione a carattere permanente che avrebbe dovuto organizzare la propaganda per smuovere l’opinione pubblica e indurre i governi ad intervenire favorevolmente per gli armeni. Capo della commissione, incaricato di stabilire relazioni costanti tra i suoi membri, fu nominato Pierre Quillard; gli altri membri vennero scelti tra i delegati di ogni paese aderente al progetto di mobilitazione. 47

Per l’Italia, furono scelti Ernesto Teodoro Moneta ed Enrico Ferri. Non si sa quali 48

furono i criteri adottati per eleggere i membri, certo è che Ferri non partecipò al congresso, né risulta che abbia mai fatto un intervento o preso una posizione pubblica

Idem.

46

Francia, Belgio, Olanda, Germania, Inghilterra, Austria, Danimarca, Svizzera ed Italia. Ivi, p. 137.

47

Idem e Per gli armeni in «La Vita Internazionale», Anno V, n.15, 5 agosto 1902, p. 474.

(24)

sugli armeni. La sua nomina dipese, probabilmente, dal fatto di essere un deputato e 49

quindi di poter intervenire in sede di parlamento per perorare la causa armena; è anche possibile ipotizzare che se la scelta ricadde su di lui e non su un altro, fu perché egli potrebbe aver mostrato un certo interesse per la causa armena ed i suoi sostenitori. Infatti, sul I° numero del giornale «Pro Armenia» uscito due anni prima il congresso di Bruxelles, la redazione annunciava future pubblicazioni a firma di Enrico Ferri, ma nessun articolo a suo nome venne mai pubblicato. Se Ferri sembra non aver avuto alcun ruolo nella 50

mobilitazione per la questione armena, Moneta, invece, divenne il riferimento italiano per l’inizio della mobilitazione organizzata in Italia. L’eco del congresso in Italia passò, infatti, per le colonne del suo giornale «La Vita Internazionale», organo della Società Internazionale per la Pace di Milano. Il congresso, nell’articolo che ne riferiva lo svolgimento, venne descritto come “una magnifica manifestazione dell’opinione pubblica internazionale” e, come ad augurare il buon esito di questa nuova mobilitazione, l’autore (che non si firmò) concluse

Certo, non si riuscirà da un giorno all’altro; ma non si dica ch’è inutile e che abbia ad essere sterile in eterno questa agitazione. Ed è già confortante, per sé stesso, il fatto che, al di fuori dalla diplomazia consuetudinaria, vada formandosi con questi congressi una nuova coscienza internazionale che insorge contro tutte le iniquità, senza badare a confini di nazionalità, di religione o di razza. 51

Ed è forse in questa frase che è racchiuso il senso ed il valore della mobilitazione, efficace o fallimentare che fosse, per la causa armena. Si può considerare che il congresso di Bruxelles abbia iniziato e coinvolto attivamente i filo-armeni italiani in una mobilitazione internazionale; essi non si erano ancora dotati di una struttura o di un’organizzazione come in Francia e in Inghilterra. Furono principalmente i filo-armeni francesi a “dettare” i termini entro i quali la mobilitazione avrebbe dovuto organizzarsi; essi restarono, negli anni a seguire, il punto di riferimento per la mobilitazione italiana, la quale, ben sviluppando le proprie peculiarità, restò sempre legata, in questo periodo, alla mobilitazione francese.

Conclusione basata sullo spoglio di materiale relativo alla mobilitazione sia di origine francese che

49

italiana. Tra le carte dell’archivio di Pierre Quillard è conservato il bollettino di Ferri nel quale comunica che non avrebbe potuto partecipare.

Sommaire in «Pro Armenia», Première Année, 25 novembre 1900, p. 1.

50

Per gli armeni in «La Vita Internazionale», Anno V, n.15, 5 agosto 1902, pp. 473-474.

(25)

L’esempio francese

Come già visto nel capitolo precedente, i filo-armeni francesi si erano riuniti nel 1896 in una società, la “Societé franco-arménienne”, su iniziativa dell’intellettuale armeno, esule a Parigi, Archag Tchobanian. Nei mesi e gli anni che seguirono, il 52

comitato della società fu promotore di numerose conferenze, pubblicazioni ed interventi parlamentari. Però, con lo scoppio dell’affare Dreyfus e l’attenuarsi dei massacri di massa nell’Impero ottomano, la questione armena perse di visibilità e di urgenza, la mobilitazione in suo favore fu “sospesa”; come spiega Vincent Duclert: “la très grande majorité des intellectuels pro-arméniens sont dreyfusards”. Ma, a inizio ‘900, risoltosi 53

l’affare Dreyfus con la vittoria dei dreyfusardi, l’interesse per la causa armena si riaccese e la mobilitazione si riattivò ancor più di prima proprio grazie, secondo Duclert, al “dreyfusismo”. Come spiega Vidal Naquet nel suo articolo Quelques defenseurs des 54

droits de l’Homme face à la cause arménienne, l’esperienza dell’affare Dreyfus diventò 55

un modello per l’impegno sociale e politico degli intellettuali contro tutto ciò che si riteneva violasse i principi di giustizia e libertà, e questo modello, risolto l’affare, venne impiegato per riprendere e ravvivare la mobilitazione a favore della causa armena

De cette atteinte aux liberté et à l’égalité, de cette remise en cause de principes et de valeurs juridiques et morales - non-discrimination, dignité, intégrité, entre autres - (riferito all’affaire Dreyfus), nombre de dreyfusards en ont fait un modèle d’engagement élargi à des causes collectives, celle des peuples sans État, souvent opprimés. 56

In particolare, uno fra tutti i precedenti attivisti pro-armeni e dreyfusardi emerse come “chef de file en même temps que cheville ouvrière” della rinata mobilitazione pro-armena francese, si tratta di Pierre Quillard. Quillard, poeta, scrittore, giornalista vicino 57

all’anarchismo e stretto amico di Archag Tchobanian, divenne il direttore della rivista Per una ricostruzione della mobilitazione francese per la questione armena si veda Khayadjian Edmond,

52

Archag Tchobanian et le mouvement arménophlie en France, SIGEST, Mars 2001 e V. Duclert, La France face au Génocide des Arméniens, op. cit.

V. Duclert, La France face au génocide des arméniens, op.cit., p. 150.

53

Ivi, p. 158.

54

Emmanuel Naquet, Quelques defenseurs des droits de l’Homme face à la cause arménienne (fin XIX°-

55

début XX° siècles), in «Études arméniennes contemporaine», Septembre 2013, pp. 43-61.

Ivi p. 43.

56

Ivi, p. 169.

(26)

«Pro Armenia» che costituì “une institution permettant le regroupement des forces vives” della mobilitazione francese ed un punto di riferimento anche per gli altri filo-armeni europei fino allo scoppio della Prima guerra mondiale. La rivista, a pubblicazione 58

bisettimanale, nacque nel 1900 su proposta della sezione in Francia del partito armeno Dashnak (l’idea nacque dal capo Christapor Mikaeylian) come strategia per aumentare 59

la visibilità della loro causa, ma il comitato di redazione appariva composto da soli intellettuali e politici francesi: Pierre Quillard, Georges Clemenceau, Anatole France, Jean Jaurés, Francis de Pressensé, Edmond de Roberty, Jean Longuet e Gustave Rouanet. Amministratore del giornale era però l’armeno Jean-Loris Melikoff, membro 60 61

del partito Dashnak, che ritroveremo presente ed attivo anche nella mobilitazione pro-armena in Italia. L’intento del giornale, dichiarato nelle colonne del primo numero, era quello di denunciare le “atrocità” compiute contro il popolo armeno all’opinione pubblica europea, e, allo stesso tempo, ricordare incessantemente all’Europa le sue responsabilità nella questione armena e dei doveri da rispettare per assicurarne la soluzione

elle a par les traités, des droits à exercer contre le Grand Assassin, des devoirs à remplir envers les victimes de sa folie. 62

Ma la redazione mise bene in chiaro che non era loro intenzione

“réveiller ici l’esprit de croisade ni d’exciter à la haine de l’une des races ou des religions qui vivent ou sont professées sur le territoire ottoman”. 63

«Pro Armenia» pubblicò articoli di persone provenienti da diverse parti del mondo e di diversi orientamenti: dai socialisti ai cattolici, dagli armeni ai tedeschi, russi e americani, ma tutti accomunati dall’interesse e dalla mobilitazione per la causa armena. Nelle pagine del giornale venivano pubblicate notizie dirette, lettere, dispacci e rapporti di testimoni

V. Duclert, La France face au génocide des arméniens, cit., pp. 118, 179.

58

Il partito Dashnak (Federazione Rivoluzionaria Armena - FRA), uno dei tre partiti armeni principali,

59

venne fondato nel 1892 a Tiflis, di orientamento nazionalista e socialista, aveva come obiettivo principale il raggiungimento delle libertà politiche ed economiche tramite l’insurrezione, e, dopo la Prima guerra mondiale, la creazione di uno stato armeno indipendente. Tutt’ora esistente, il partito nel passato fu molto attivo anche nelle comunità della diaspora nel tentativo di raggiungere i suoi obiettivi. Una delle prime azioni organizzate dal partito di risonanza internazionale fu l’assalto alla Banca Ottomana di Istanbul nel 1896.

V. Duclert, La France face au génocide des arméniens, cit., pp. 178-180.

60

Trascrizione italiana di Jean-Loris Melikov, che, a sua volta, è la versione francesizzata del nome armeno

61

Hovannes Loris-Melikian.

Articolo di fondo in «Pro Armenia», Première Année, n. 1, 25 novembre 1900, p. 1.

62

Idem.

(27)

sul posto, grazie alla rete di relazioni del Dashnak, oltre ad articoli di approfondimento, di opinione e di riflessione, ed erano sempre presenti anche articoli di aggiornamento sulla politica internazionale concernenti più in generale la questione d’Oriente. Sul giornale non venivano pubblicate solo le notizie relative alle violenze ed ai soprusi sugli armeni nell’Impero Ottomano, ma giungevano notizie anche dagli armeni del Caucaso o riguardanti le vessazioni di altri popoli sottomessi al regime di violenza del sultano, come ad esempio i macedoni o i greci. Possiamo immaginare «Pro Armenia» come una finestra dalla quale, in Europa, ci si poteva affacciare direttamente su tutte le violenze ed oppressioni che avvenivano nell’Impero Ottomano e nel Caucaso per mano del regime hamidiano (e per un certo periodo anche di quello zarista). Ad esempio, l’organo di 64

stampa della Società Internazionale per la Pace di Moneta, il giornale «La Vita Internazionale», attingeva assai regolarmente al giornale di Quillard per la pubblicazione di notizie riguardanti la questione armena, quando, addirittura, non venivano riportati direttamente gli articoli stessi tradotti. Allo stesso tempo, «Pro Armenia» registrava e notificava anche tutto ciò che si svolgeva sul continente europeo in favore della questione armena, per esempio furono pubblicati numerosi resoconti di riunioni, conferenze e congressi. Il comitato di redazione era senza dubbio il protagonista della mobilitazione filo-armena in Francia, ma anche uno dei principali promotori della mobilitazione europea; come si è visto precedentemente, furono i membri della redazione, in particolare Pierre Quillard, a farsi carico dell’organizzazione del I° congresso filo-armeno internazionale di Bruxelles.

Ritornando alle risoluzioni votate al suddetto congresso del luglio 1902, troviamo che i filo-armeni francesi, in merito alla II° risoluzione che prevedeva l’organizzazione di una propaganda a favore della causa armena, organizzarono, nel febbraio successivo, un primo grande comizio pubblico a Parigi. Il comizio si svolse al teatro di Château d’Eau e vi presenziarono all’incirca 4000 persone. All’ordine del giorno, che prevedeva la 65

discussione della questione armena, venne aggiunta la discussione della questione Mi riferisco al periodo in cui diventò governatore della Transcaucasia Grigori Sergueievitch Golitsyne,

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durante il regno di Alessandro III, e venne adottata una politica di oppressione dell’identità armena: chiusura delle scuole, dei giornali, delle biblioteche e confisca dei beni della chiesa apostolica armena.

Il rapporto stenografico relativo a questo comizio è consultabile sul n. 55-56 del giornale «Pro Armenia»,

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Troisième Année, 10 février - 1 mars 1903 e nella raccolta dei rapporti dei comizi pro-armenia: Victor Bérard, Pierre Quillard, Francis de Pressensé (a cura di), Pour l’Arménie et la Macédoine. Manifestations

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macedone, la quale, infiammatasi nell’estate precedente, si riteneva fosse un altro risultato della mancata applicazione delle riforme previste dal Trattato di Berlino (in particolare dell’art. 23) al pari della questione armena, ed insieme a questa doveva essere trattata: la soluzione dell’una era legata alla soluzione dell’altra. Gli oratori che presero parola furono il socialista Francis de Pressensé, D’Estournelles de Constant, i deputati cattolici Denys Cochin e Paul Lerolle, il deputato socialista Jean Jaurès e lo storico Anatole Leroy-Beaulieu. Gli oratori provenivano da “punti veramente estremi ed opposti dell’orizzonte politico francese”, diversità riflessa anche nel pubblico presente, ma 66

questi si dichiararono tutti unanimi sulla necessità di dover spingere la Francia e le altre potenze europee ad intervenire per risolvere la questione armena. Jaurès dichiarò che

la question d’Arménie et de Macédoine est une de ces questions humaines élémentaires sur lesquelles l’accord de tous les hommes de tous les pays civilisés peut et doit se réaliser. 67

Durante il comizio, gli oratori presentarono le ragioni per le quali la Francia e le altre potenze europee avevano il dovere di intervenire per risolvere la questione armena e macedone. Per quanto riguarda l’intervento dell’Europa, l’argomentazione principale consisteva nell’esistenza del Trattato di Berlino: questo, percepito come un atto di salvataggio per l’integrità dell’Impero ottomano da parte delle potenze occidentali, non era stato applicato nella sua totalità né dalla Porta, la quale non aveva adottato le riforme previste dagli art. 61 e 23, né dalle potenze europee che si erano incaricate di sorvegliare la messa in atto dei suddetti articoli. Al di là del caso specifico dei due articoli del trattato di Berlino, il dovere d’intervento delle potenze europee discendeva, più in generale, dalla politica diplomatica dello “status quo”: per mantenere inalterato l’assetto territoriale internazionale ed evitare nuovi conflitti, le potenze europee cercarono, in tutti modi, di mantenere in piedi il decadente Impero ottomano. Le potenze europee si erano, così, arrogate il diritto di “vegliare” sull’esistenza dell’Impero ottomano, perciò non potevano disinteressarsi a ciò che accadeva al suo interno, come spiegò con toni accesi Francis de Pressensé

lorsqu’il est question des traités, il faut envisager tout le Traité de Berlin et aussi tous les traités, celui de Berlin en 1878 tout entier, et celui de Paris en

Giuseppe Pinardi, La questione macedone e la democrazia in «La Vita Internazionale», Anno VI, n.7, 5

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aprile 1903, p.195.

Bérard et al., Pour l’Arménie et la Macédoine. Manifestations Franco-Anglo-Italiennes, op.cit., p. 43.

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