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1917-1918: la mobilitazione organizzata e l’appoggio del governo italiano alla causa armena

1915-1918: la mobilitazione italiana durante la guerra

II. 1917-1918: la mobilitazione organizzata e l’appoggio del governo italiano alla causa armena

1917: la rinascita di una mobilitazione organizzata in Italia

Nel 1917, grazie alla propaganda armena e a quella di qualche italiano, iniziarono a formarsi alcuni comitati italiani in sostegno della causa armena. Il primo comitato di cui si ha notizia fu quello fondato, a maggio, a Firenze. L’iniziativa sembra essere stata presa dall’esule armeno, precedentemente incontrato, Costan Zarian in collaborazione con Guglielmo Ferrero che divenne il presidente del comitato. La nascita di questo comitato ricorda il modello dei comitati francesi ed italiani di inizio secolo, i quali, come si ricorderà, venivano avviati o assistiti da attivisti armeni; a Milano, ad esempio, Moneta era stato assistito nella creazione del comitato dall’attivista armeno Melikoff.

Nella prima riunione di questo primo Comitato italiano Pro Armenia, si proclamò che lo scopo della sua creazione consisteva nell’iniziare anche in Italia, come si faceva già in altri paesi europei, “una intensa propaganda a favore dei diritti dell’Armenia”. 81

Come segretario del comitato venne nominato il pittore Ruggero Focardi, e gli altri membri del comitato erano per la maggior parte intellettuali, politici e personalità della scena artistica e culturale di Firenze, tra i più noti sono da far presenti il sindaco Oreste Bacci, i coniugi Gaetano e Fernanda Salvemini, il deputato Giovanni Rosadi e la figlia di Lombroso, nonché moglie di Ferrero, Gina Lombroso Ferrero. La prima attività 82

intrapresa dal comitato fu l’organizzazione di una manifestazione pubblica “Pro Armenia”, che si tenne il 10 giugno 1917 nella sala dei Cinquecento a Palazzo Vecchio. 83

Cronaca italo-armena, «Armenia. Eco delle rivendicazioni armene», Anno III, Num. 6, giugno 1917, p.

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11. Era nota la grande e solenne conferenza pubblica “Hommage à l’Arménie”, organizzata alla Sorbona nell’aprile 1916, dove parteciparono numerose personalità politica francesi come Deschanel e Painlevé, rispettivamente presidente della Camera il primo, e ministro dell’Istruzione il secondo. Seguirono altre conferenze pubbliche e pubblicistica sull’argomento. Per ulteriori informazioni V. Duclert, La France face

au génocide des Arméniens, op. cit., chapitre V: Sauver les Arméniens pendant la Grande Guerre. Entre buts de guerre et choix d’humanité.

Si ricorderà che, a inizio secolo, Cesare Lombroso si espresse sulla questione armena e partecipò alla

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manifestazioni pro Armenia di Torino.

Resoconto della manifestazione in Una solenne manifestazione “Pro Armenia” a Firenze, «Armenia. Eco

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Alla manifestazione parteciparono numerose autorità locali e provinciali, oltre a numerosi rappresentanti dell’élite culturale ed intellettuale cittadina.

Il primo a prendere la parola fu il sindaco Oreste Bacci in veste di presidente della manifestazione. Egli, nel suo discorso di introduzione alla manifestazione, asserì che era necessario, in Italia, invocare la libertà e l’indipendenza dell’Armenia, come si invocava la libertà per la Serbia, il Belgio, la Polonia e l’Albania. Richiamò all’attenzione dei presenti i legami che da secoli univano armeni ed italiani, ovvero la presenza della congregazione mechitarista a Venezia ed il possesso dei Savoia del titolo di re d’Armenia, ricordando anche la leggenda secondo la quale San Miniato, protomartire di Firenze, fosse di origine armena. L’Italia e i suoi alleati, proclamò Bacci, dovevano sostenere le rivendicazioni degli armeni “avanguardia orientale della civiltà latina” che, inoltre, stavano combattendo contro gli stessi nemici dell’Intesa.

In seguito al discorso introduttivo del sindaco parlò Guglielmo Ferrero. Questi, attraverso un’analisi degli eventi della guerra, pronosticò imminente la caduta degli Imperi asburgico e ottomano, dimostrando che era finita l’era degli imperi e che, con la guerra, era giunta l’era delle nazioni. Sostenne fosse necessario, ora che l’Impero zarista era scomparso, che le potenze dell’Intesa si impegnassero risolutamente ad imporre il principio di nazionalità come nuovo principio regolatore dell’ordine internazionale, incominciando a promettere “solennemente” libertà ed indipendenza ai popoli oppressi dall’Austria e dalla Turchia, ed allo stesso tempo, aiutandoli e guidandoli nel processo di costituzione in nazioni. Al pubblico presente, invece, chiese che si esprimesse a favore del voto per la liberazione degli armeni tenendo presente

tutti i popoli oppressi, che hanno già un’anima nazionale e cercano un corpo per risorgere in quello: gli Italiani irredenti, i Polacchi, gli Czechi, i Rumeni, gli Slavi Meridionali. 84

A nome degli armeni parlò Costan Zarian, il quale fece un excursus di storia armena, non tralasciando le relazioni con l’Italia, raccontò alcuni dei fatti inerenti allo sterminio del suo popolo in atto durante la guerra, ed infine celebrò l’Italia, esaltando il valore e l’importanza dei “padri della patria italiana”, Mazzini e Garibaldi, sostenendo che il loro esempio, sempre presente agli armeni, serviva di sprone e di incoraggiamento ai suoi

Una solenne manifestazione “Pro Armenia” a Firenze, «Armenia. Eco delle rivendicazioni armene»,

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compatrioti combattenti. Infine, egli concluse chiedendo che l’Italia e l’Europa facessero il loro dovere poiché il popolo armeno aveva fatto il suo

Da secoli difendiamo le vostre idee, la vostra coltura e tutte le forti idealità di questa guerra in nome delle quali voi combattete. É mai possibile che domani, quando voi festeggerete la vostra vittoria sui barbari d’occidente, i barbari d’oriente festeggino la loro su di noi? No, no! Nel gran giorno della giustizia, quando verranno a parlarvi di non so quale egoismo politico, di quali interessi meschini, voi direte: - No, non vogliamo speculare sul sangue e sulle inenarrabili sofferenze di un popolo di martiri! - E voi griderete con noi: Viva l’Armenia Indipendente! Allora, dall’alto delle montagne e delle pianure, la voce dell’Armenia risponderà: Viva l’Italia! 85

Dopo Zarian, intervennero tale Augustin Rey, membro della Société d’economie politique e simpatizzante della causa armena a Parigi, il professore linguista Ernesto Giacomo Parodi e Gaetano Salvemini, i quali si espressero tutti in favore dell’indipendenza armena, confermando come questa costituisse, insieme alla liberazione delle altre nazioni oppresse, uno degli scopi principali della guerra e che, se non fosse stata realizzato, la guerra si sarebbe trasformata in un “tradimento” e in offesa per tutti coloro che ad essa si sacrificavano. Un telegramma di sostegno e di congratulazioni alla manifestazione fu 86

inviato anche dal noto poeta e attivista armeno Arschag Tchobanian, presidente dell’Union Intellectuelle Arménienne de Paris. L’ordine del giorno approvato alla fine della riunione recitava che i presenti

Fanno voto che la grande lega delle cinque maggiori democrazie del mondo, quale oggi, dopo la rivoluzione russa, l’Intesa a ragione si afferma, riconosca il popolo armeno nel numero dei suoi alleati e si impegni a ricostruire l’Armenia, come la Polonia, in nazione libera ed indipendente. 87

Nello stesso periodo, a fine maggio 1917, nacque un comitato “Armenia Indipendente” anche a Bologna, su iniziativa del geometra Carlo Rellini che ne divenne il presidente. Sembrerebbe che anche alla nascita di questo comitato collaborarono uno o più armeni, in quanto in un articolo del suo presidente pubblicato sul «Resto del Carlino», il comitato è definito “italo-Armeno”, ma non sono state rinvenute ulteriori informazioni. Il comitato 88

si prefisse tre obiettivi:

Ivi, p. 9. 85 Ivi, p. 10 86 Ivi, p. 10. 87

Cronaca italo-armena, «Armenia. Eco delle rivendicazioni armene», Anno III, Num. 9-10, settembre- 88

a) Fare propaganda per l’indipendenza della Nazione armena con pubblicazioni, conferenze e congressi;

b) Cercare di mettere in contatto l’elemento armeno con l’elemento italiano;

c) Iniziare gli studi per avviare un’intesa commerciale ed industriale fra l’Italia e la Nazione armena. 89

L’ultimo obiettivo del comitato appare assai curioso poiché, sebbene nella propaganda, ogni tanto, venisse impiegato l’argomento che la creazione di uno stato armeno indipendente avrebbe apportato l’offerta di nuove opportunità per gli interessi economici e geopolitici italiani, nessun altro comitato si spese concretamente per questa eventualità. Il comitato di Bologna, invece, creò addirittura una commissione specificatamente dedicata allo studio di questo terzo obiettivo, ed il 7 ottobre il presidente Carlo Rellini tenne una conferenza sulla questione armena, nella quale dedicò ampio spazio alle “nuove vie commerciali” che si sarebbero aperte all’Italia con la creazione di uno stato armeno indipendente. In un articolo sul «Resto del Carlino», Rellini spiegava come l’Italia, 90

grazie alla sua posizione nel Mediterraneo, era la potenza europea più interessata ad appoggiare l’indipendenza armena, proponendo, in buona fede, più una sorta di colonialismo che un partenariato commerciale

Qualora si pensi che quelle regioni hanno abbondanti ricchezze agricole e minerarie da tanti secoli nell’incuria per la cattiva dominazione del Governo Turco, è facile comprendere come il capitale e la mano d’opera d’Italia troverebbero laggiù nuove vie per il proprio buon collocamento, anziché andare nelle lontane e malsane terre del Brasile. 91

Ovviamente, le nuove possibilità economiche non erano l’unico argomento a sostegno di un’Armenia indipendente che, come affermò chiaramente Rellini nell’articolo sopracitato, ne aveva diritto per la sua “civiltà millenaria” e per la dignità dell’Intesa “la quale proclama ad ogni vento che combatte per il trionfo di tutte le nazionalità”. 92

Nel frattempo, tra l’estate e l’autunno dello stesso anno, c’è notizia della creazione di altri due comitati italiani “pro Armenia indipendente”, uno a Parma, con presidente tale cav. Leonardo Contini e uno a Padova, con presidente il professore e poeta Cronaca italo-armena, «Armenia. Eco delle rivendicazioni armene», Anno III, Num. 9-10, settembre-

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ottobre 1917, p. 16.

Cronaca italo-armena, «Armenia. Eco delle rivendicazioni armene», Anno III, Num. 11, novembre 1917, 90

p. 8.

Cronaca italo-armena, «Armenia. Eco delle rivendicazioni armene», Anno III, Num. 9-10, settembre- 91

ottobre 1917, p. 23. Idem.

Giovanni Bertacchi e segretario un certo Lorato. Sempre a Padova, in quegli anni, era 93

attiva l’Unione degli studenti armeni: è facile immaginare una correlazione tra questi e la nascita del comitato italiano, anche se nel dicembre 1917 l’Unione degli studenti armeni dovette trasferirsi a Roma, poiché l’Università di Padova venne chiusa per motivi di guerra. 94

A proposito della creazione di comitati italiani per il sostegno della causa armena, può essere curioso, e piuttosto interessante, citare il caso di un tentativo di creazione di un comitato pro-armeni da parte degli ebrei d’Italia. Nell’aprile 1916, il settimanale ebraico «Israel» pubblicò un appello agli ebrei d’Italia a firma di “Un ebreo nazionalista”, nel quale si proponeva di creare un comitato “pro causa armena”. Le ragioni presentate a 95

supporto di questa proposta erano sostanzialmente due: la prima consisteva nella constatazione che gli ebrei, da sempre esposti “alle persecuzioni prodotte dall’intolleranza religiosa e nazionale”, dovevano essere i primi a protestare contro “la forza brutale che tende ad annientare i diritti degli uomini e dei popoli”; la seconda, invece, si fondava sulla morale ebraica di ricambiare il bene ricevuto, e poiché in quel periodo, a Milano, era stato creato un comitato italiano “pro causa ebraica”, gli ebrei, a loro volta, avrebbero dovuto seguire l’esempio italiano e crearne uno ebreo per gli armeni. Questa proposta 96

venne appoggiata e supportata dal settimanale stesso che invocò l’intervento delle autorità e delle rappresentanze ebraiche in Italia; non c’è notizia, però, sull’effettiva realizzazione di questo comitato. É il caso di sottolineare, però, come d’altronde è sottolineato dallo stesso giornale «Israel», che gli ebrei, in ogni caso, partecipavano, e parteciparono, “in larga misura” alle iniziative ed ai comitati in favore dell’Armenia; l’esempio più noto e significativo è quello di Luigi Luzzatti di cui si tratterà più avanti.

Cronaca italo-armena, «Armenia. Eco delle rivendicazioni armene», Anno III, Num. 7-8, luglio-agosto 93

1917, p. 13.

A. Manoukian, Presenza armena in Italia, op. cit., p. 271. Inoltre, nel 1919, Giovanni Bertacchi scrisse

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alcune poesie sull’Armenia e ne dedicò la raccolta e pubblicazione all’Unione degli studenti armeni d’Italia. Non si esclude la creazione di altri comitati a favore dell’indipendenza armena in altre città. Ad esempio, sembra che nel 1917 fosse attivo anche un Comitato Pro Armenia in Puglia, di cui era presidente tale G. Colella, storico, e che probabilmente era legato all’attivismo di Nazariantz. Informazione rinvenuta in Cofano, Il crocevia occulto, op. cit., p. 23.

Per un “comitato ebreo pro causa armena”, «Armenia. Eco delle rivendicazioni armene», Anno II, Num.

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10, ottobre 1916, p. 9. Idem.

1918: il sodalizio italo-armeno si rinforza

Il 1918, anno decisivo per la fine della guerra, ma anche di grande delusione per gli armeni, in seguito alla restituzione dei territori conquistati alla Turchia da parte dei russi con la firma del Trattato di Brest-Litovsk, fu l’anno in cui la propaganda armena trovò maggior risposta da parte italiana: l’attivismo italiano e l’attivismo armeno intrecciarono i loro sforzi e collaborarono proficuamente nel dare visibilità e sostegno alla causa armena.

Già nel gennaio 1918, venne inaugurato il “Riparto della Colonia e Croce rossa armene” finanziato dal Comitato armeno d’Italia presso l’ospedale Principessa Jolanda di Milano. Alla cerimonia di inaugurazione, alla presenza di rappresentanze della Croce 97

Rossa italiana, armena e americana, di alcune autorità come il colonnello Piceni, direttore della sanità militare, il commendatore Cagnoni, presidente del Comitato regionale della Croce Rossa, il capitano medico Angelo Carozzi, direttore dell’ospedale, di infermiere e di alcuni rappresentanti della colonia armena, tra i quali il capo-redattore Nishan Der Stepanian, vennero pronunciati discorsi di ringraziamento e solidarietà reciproca. Così accolse il gesto degli armeni il commendatore Cagnoni a nome della Croce Rossa

La Croce Rossa Italiana è vivamente grata per questo sentimento di solidarietà: di questo concorso morale e materiale all’opera nostra di assistenza feriti: di questo affratellamento nel dolore: di questa affermazione e riconoscimento della santità della nostra guerra. Noi non possiamo che contraccambiare questi sentimenti e questo aiuto altrimenti che coi voti più fervidi perché le aspirazioni di questo popolo oppresso si possano realizzare, come siamo certi si realizzeranno anche le nostre. 98

Sempre nello stesso mese, il Comitato Armenia Indipendente di Bologna, che dalle notizie rinvenute sembrerebbe fosse il più attivo, ricevette in regalo dal Comitato armeno d’Italia una bandiera armena, che venne deciso di fare benedire dal cardinale di Bologna “in omaggio alla Cristianità del popolo armeno vittima dei massacratori turchi”. Sempre 99

a dimostrazione della maggiore collaborazione tra attivismo armeno e attivismo italiano, nel marzo seguente, lo stesso Comitato organizzò un comizio pro-Armenia dove venne Un ospedale offerto dalla Colonia armena alla Croce rossa, «Corriere della sera», Anno 43, N. 2, 26

97

gennaio 1918, p. 3.

L’inaugurazione del “Riparto della Colonia e Croce rossa armene” nell’ospedale Principessa Jolanda di

98

Milano, «Armenia. Eco delle rivendicazioni armene», Anno IV, Num. 1-2, gennaio-febbraio, p. 5.

Cronaca italo-armena, «Armenia. Eco delle rivendicazioni armene», Anno IV, Num. 1-2, gennaio-

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invitato come oratore il professore Alfredo Galletti, che aveva già collaborato con il Comitato di propaganda armena curando l’edizione italiana di una conferenza di Archag Tchobanian, e dove parlò anche Costan Zarian. 100

Forse, però, l’evento più importante o che comunque diede più visibilità alla causa armena, se non altro per l’autorevolezza dei partecipanti, fu la conferenza pro-Armenia organizzata dall’Unione degli studenti armeni d’Italia il 14 marzo, presso l’Associazione Archeologica Romana. Negli articoli che riportano la notizia dell’evento, sono citati presenti nel pubblico il ministro Meda, il sottosegretario del ministero della Marina Antonio Teso, il deputato Ernesto Artom, Giacomo Gorrini, altri politici, la moglie dell’ambasciatore francese a Roma, la sig.ra Barrère, alcune contesse e altri nobili, professori universitari, membri delle colonie armene di Roma e Venezia e i padri mechitaristi. In particolare, a sottolineare ulteriormente l’importanza dell’evento, 101

furono l’adesione al comizio della regina Margherita, ma sopratutto quella di Lord Bryce, che come si è visto precedentemente, era uno dei principali protagonisti della mobilitazione inglese per la causa armena da anni. Nella sua lettera di adesione celebrò 102

il valore dei soldati armeni che stavano combattendo

la battaglia della civiltà e della libertà, così come le valorose truppe della Gran Bretagna, dell’America, dell’Italia e della Francia la combattono in Europa. 103

Il relatore incaricato di parlare alla conferenza fu l’archeologo Pietro Romanelli. Questi fece un lungo discorso nel quale raccontò la storia del popolo armeno partendo dagli albori dell’umanità con la nascita del regno di Urartù, considerato il primo regno armeno, fino ai giorni presenti con le ultime vicende legate alla guerra, non tralasciando la narrazione di sofferenze, ingiustizie, eroismi ed il valore del popolo armeno, superiore ai popoli vicini, il tutto avvalorato dalla citazione di documenti e testimonianze storiche e contemporanee. Questo tipo di ricostruzione storica, già incontrato precedentemente nella

Si veda p. 98 della presente tesi.

100

Cronaca italo-armena, «Armenia. Eco delle rivendicazioni armene», Anno IV, Num. 3-4, marzo-aprile

101

1918, p. 6. e in Une manifestation solennelle à Rome pour l’Arménie, «La voix de l’Arménie», I° Année, n. 9, 1 mai 1918, pp. 296-297.

Tra le adesioni, è segnalata anche quella di Meguerditch Portoukalian, attivista armeno fondatore del

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giornale «Armenia» a Marsiglia, uno degli organi più importanti per gli armeni in diaspora in Francia. Pietro Romanelli, Armenia, conferenza illustrata del dott. Pietro Romanelli, con una lettera di adesione

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propaganda armena ed italiana, aveva l’obiettivo di dimostrare come il popolo armeno avesse tutti i requisiti necessari per meritare il diritto di costituirsi in nazione indipendente.

All’inizio della conferenza, lo stesso Romanelli dichiarò che il diritto alla libertà spettava ai popoli che possedevano la “coscienza della propria individualità”, ed il popolo armeno la possedeva e la conservava da ben quindici secoli di “tirannide” straniera e

oggi ancora esso si presenta innanzi alle altre nazioni civili con una vivente e distinta unità di stirpe, con propria lingua, con propria religione, conscio di sé, e dei suoi diritti e delle sue necessità, e come tale reclama di aver parte fra loro. E appoggia il suo reclamo su questa sua tragica storia: una nazione, che resiste con tanta tenacia a così avversa sorte, può ben vantare alto i suoi diritti di fronte alle nazioni più fortunate, tanto più poi quando queste hanno verso di lei doveri antichi e nuovi, doveri di gratitudine e di impegni contratti. 104

In tutto ciò, l’Intesa avrebbe quindi dovuto sancire e garantire, nelle future trattative di pace, l’indipendenza armena. Questa avrebbe giovato anche all’Europa stessa poiché, come nel passato, un’Armenia forte e indipendente sarebbe stata una “barriera di difesa dell’occidente cristiano e civile dalla barbarie turca ed asiatica”, ed avrebbe evitato l’eccessiva espansione ed ingerenza di “qualche nazione europea verso l’Oriente”. 105

L’Italia, secondo Romanelli, doveva essere il paese “alla testa” delle potenze dell’Intesa nel sostenere ed assicurare la creazione di una nazione armena indipendente, non solo in ricordo del suo stesso passato di nazione oppressa, ma anche per “la lunga tradizione di amicizia e colleganza” politica, intellettuale e commerciale che questa aveva con gli armeni. A questa affermazione fece seguire il racconto delle relazioni storiche tra 106

italiani e armeni dall’epoca romana, passando per il periodo delle guerre gotiche, quando accennò al fatto che Narsete, inviato in Italia da Giustiniano a combattere i goti, fosse armeno, proseguì con le repubbliche marinare, l’insediamento dei mechitaristi a Venezia, fino all’attuale detenzione del titolo di re d’Armenia dei Savoia

Ombra vana di contenuto, morto ricordo genealogico, si dirà: sia pure: ma la storia ha i suoi ricorsi; ed è la visione del passato quella che tanto spesso ci incoraggia e ci illumina nella via dell’avvenire. 107

Ivi, p. 8. 104 Ivi, p. 29. 105 Ivi, p. 30. 106 Ivi, p. 31. 107

L’orazione di Romanelli venne in seguito pubblicata come opuscolo a cura delle Edizioni “Unione degli studenti ameni d’Italia”, il ricavato dalla vendita di tale opuscolo venne destinato in beneficienza per gli orfani armeni; circa due mesi dopo, il professore Romanelli ripeté la conferenza presso l’Istituto commerciale di Bologna su invito del Comitato italiano pro Armenia e della federazione studentesca della città. 108

Nel frattempo, a maggio, nel Caucaso, era nata, dalla scissione della Repubblica Democratica Federativa della Transcaucasia (creatasi in seguito all’ “abbandono” russo dei popoli caucasici in seguito al Trattato di Brest-Litovsk che, per l’appunto, non era stato riconosciuto da georgiani, armeni ed azeri), la prima Repubblica d’Armenia con

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