UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA
DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT CORSO DI STRATEGIA MANAGEMENT E CONTROLLO
Tesi di Laurea Magistrale
Il controllo di gestione nelle aziende che producono su commessa.
Il caso Alfa Srl
Relatore: Candidato:
Prof. Alessandro Capodaglio Angelo De Francesco
Indice
INTRODUZIONE ... 7
CAPITOLO 1 – Gli strumenti del controllo di gestione ... 11
1.1 – Il controllo di gestione ... 11
1.2 – Il budget ... 19
1.3 – Contabilità analitica e generale ... 23
CAPITOLO 2 – La gestione della commessa ... 29
2.1 – I diversi sistemi produttivi e la gestione dei costi ... 29
2.2 – La commessa ... 31
2.3 – Il ciclo di vita della commessa ... 33
2.4 – Il controllo di gestione per le aziende che producono su commessa ... 39
CAPITOLO 3 – I costi: classificazioni e problemi di allocazione ... 45
3.1 – Le classificazioni di costo ... 45
3.2 – Problemi di allocazione dei costi ... 51
3.2.1 – Il costo di acquisto ... 51
3.2.2 – Il costo di produzione: le produzioni congiunte ... 52
3.2.4 – Metodi di allocazione dei costi ... 55
CAPITOLO 4 – Il caso Alfa Srl ... 59
4.1 – Il mercato tipografico (cenni) ... 59
4.2 – L’azienda Alfa Srl ... 60
4.3 – Pianificazione della produzione e l’influenza sui costi ... 68
4.4 – Il controllo di gestione in azienda ... 72
4.4.1 – I costi aziendali ... 76
4.4.2 – I diversi momenti del controllo dei costi ... 80
4.4.3 – Alternativa per il calcolo dei costi di commessa ... 93
CONCLUSIONI ... 99
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INTRODUZIONE
In un contesto dinamico e in continua evoluzione tecnologica, è fondamentale per le aziende riuscire a resistere nel mercato offrendo una proposta che risulti vincente. Per far questo è necessario che le imprese riescano ad offrire prodotti di qualità – per vincere soprattutto la concorrenza del mercato asiatico, caratterizza-to da bassi costi di produzione – mirando ad una maggiore efficienza ed efficacia della gestione. In questo contesto opera il controllo di gestione, strumento con il quale è possibile coniugare tutti questi aspetti e spingere l’azienda verso il suc-cesso competitivo. Attività cardine del controllo di gestione è l’analisi dei costi attuata tramite l’utilizzo della contabilità analitica, lo strumento in grado di forni-re informazioni che permettano la pforni-resa di decisioni strategiche e operative, di-versamente da quelle offerte dalla contabilità generale che hanno lo scopo princi-pale di redigere il bilancio ma non sono in grado di fornire tale informazioni in maniera tempestiva ed adeguata.
Tale attività diventa ancor più importante per quelle aziende che operano su commessa, in base alle specifiche tecniche e qualitative richieste di volta in volta dal cliente; queste aziende, infatti, dovrebbero dotarsi di uno strumento di analisi di costi ad hoc, che sia in grado di guidare le politiche aziendali, in particolar modo per la definizione del prezzo, al contrario delle aziende che producono per il “mercato” dove il prezzo non è stabilito a priori dall’azienda ma è definito dal mercato stesso e spetta a loro operare in modo tale da rientrare nei vincoli impo-sti dall’esterno. Infatti, conoscendo esattamente la composizione dei coimpo-sti di ogni singola commessa, i responsabili aziendali avranno la possibilità di poter prende-re decisioni sullo sviluppo della commessa stessa e di quelle che verranno prende- realiz-zate in futuro, tramite l’analisi degli scostamenti e delle cause alla base di queste variazioni; in questo modo sarà possibile che l’azienda cresca e apprenda dai
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propri errori, attraverso l’attuazione delle azioni correttive poste in essere per raggiungere il risultato previsto dalla singola commessa, migliorando l’efficacia e l’efficienza non solo della gestione attuale, ma anche di quella delle commesse future. Inoltre, operando in un mercato come quello tipografico, oggetto di anali-si del presente elaborato, assume maggiore importanza il ruolo del controllo di gestione in quanto è necessario operare in tempi brevi ed in maniera accurata, in quanto brevi sono i tempi per la realizzazione della commessa e notevoli possono essere le ripercussioni in termini economici e finanziari di un eventuale errore in fase di pianificazione della commessa.
In questo lavoro verranno sin da subito analizzati il controllo di gestione, per quel che riguarda le sue definizioni e gli strumenti utilizzati, soffermandosi sul budget e sul confronto tra le due contabilità aziendali, quella analitica e quella generale, cercando di sottolineare le differenze tra le due ed enfatizzandone i vari collegamenti che ci possono essere considerandole quindi, l’una il supporto dell’altra.
Nel secondo capitolo verrà specificato maggiormente il controllo di gestione nel-le aziende che producono su commessa, analizzando quest’ultima in tutte nel-le sue generalità e come il controllo di gestione opera nelle diverse fasi del ciclo di vita, confrontandolo con le aziende che invece sono caratterizzate dalla produzione per processi o per lotti.
Il terzo capitolo invece individua le varie classificazioni e modalità di allocazione dei costi, individuando le varie problematiche derivabili dall’allocazione dei costi stessi, in particolar modo quelli indiretti.
Il quarto capitolo infine, va ad evidenziare il controllo di gestione in un’azienda che produce su commessa e che opera nel mercato tipografico, al quale verranno fatti continui riferimenti durante tutta la trattazione, sottolineando l’importanza della pianificazione strategica e operativa e i legami tra le due, soffermandosi in particolar modo, sui tre momenti principali sul quale opera il controllo di gestio-ne, tramite i controlli definiti, preventivi, concomitanti e consuntivi, cercando di analizzare i punti di forza e di debolezza del sistema implementato in azienda.
9 È obiettivo di questo lavoro evidenziare il legame che unisce il concetto di stra-tegia con quello di controllo di gestione, attraverso l’analisi di un’azienda che opera nel mercato tipografico e di sottolineare eventuali mancanze e problemati-che per quel problemati-che riguarda l’imputazione dei costi, sia in maniera preventiva problemati-che consuntiva, cercando di offrire soluzioni alternative al sistema già implementato in azienda.
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CAPITOLO 1 – Gli strumenti del controllo di gestione
1.1 – Il controllo di gestione
Il controllo di gestione può essere definito come un insieme coordinato e integra-to di criteri, strumenti, meintegra-todologie, processi e procedure che ha lo scopo di por-re in essepor-re un processo tale da poter non solo programmapor-re l’attività aziendale attraverso la definizione degli obiettivi e verificare il loro livello di raggiungi-mento, ma soprattutto per veicolare la gestione aziendale in maniera efficace ed efficiente verso i traguardi che sono stati prefissati; tale controllo si realizza at-traverso l’utilizzo di misurazioni analitiche e con la responsabilizzazione dei soggetti individuati su parametri obiettivo1, permettendo un controllo sui risultati proprio in relazione all’obiettivo stesso e cercando di evitare i c.d. “trucchi con-tabili”2. Tuttavia, tale approccio può sembrare limitante in quanto un adeguato controllo di gestione, a parere dello scrivente, dovrebbe essere in grado non solo di veicolare i comportamenti aziendali verso i parametri prefissati, ma deve esse-re una vera e propria risorsa che possa fungeesse-re da linea guida all’interno dell’organizzazione, non rappresentando quindi una mera applicazione di meto-dologie. Non è sufficiente valutare il personale in base al parametro obiettivo prefissato in quanto un suo eventuale non raggiungimento non deriva necessa-riamente da errori del soggetto responsabile, ma possono essere conseguenza di eventi esterni che intaccano il raggiungimento dell’obiettivo oppure quest’ultimo potrebbe risultare sbagliato già dalla sua attribuzione. Obiettivi eccessivamente elevati risulterebbero, ovviamente, più difficili da raggiungere e se questi fossero fissati dai vertici aziendali, senza un adeguato approccio di coinvolgimento
1
Merchant K.A., Riccaboni A., Il controllo di gestione, McGraw Hill Italia, Milano, 2001.
2 Marasca S., Marchi L., Riccaboni A., Il controllo di gestione. Metodologie e strumenti, Knowita, Arezzo,
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dell’intera organizzazione, un eventuale non raggiungimento farebbe pensare all’incompetenza del responsabile e non ad una scelta sbagliata fatta a monte del-la catena decisionale.
Alla luce di quanto appena descritto, si può allora definire il controllo di gestione come uno strumento che dovrebbe attraversare l’intera organizzazione aziendale, a partire dalla pianificazione per poi giungere alla valutazione dei risultati rag-giunti e dell’analisi degli scostamenti. Come affermano numerosi studiosi, tra cui Brusa, “il controllo di gestione è un sistema direzionale con cui diversi manager si accertano che la gestione aziendale si stia svolgendo in condizioni di efficacia e di efficienza3 tali da permettere il raggiungimento degli obiettivi aziendali sta-biliti durante la pianificazione strategica”.4
Molti studiosi concordano, infatti, nell’individuare un collegamento tra i vari li-velli di controllo, all’interno dei quali è possibile associare a ciascuno degli o-biettivi, permettendo di intersecare la strategia aziendale con il controllo5:
- livello strategico: a tale livello è opportuno che gli organi di governo a-ziendale riescano ad individuare gli obiettivi che l’organizzazione mira a raggiungere nel medio lungo periodo; tuttavia per una corretta riuscita del-la strategia, è opportuno che i vertici aziendali siano a conoscenza di quel-lo che succede alla base dell’organizzazione; per questo il controlquel-lo strate-gico, inteso come verifica del raggiungimento degli obiettivi strategici, deve necessariamente collegarsi con il livello direzionale e quello operati-vo; spesso nelle aziende di medio piccole dimensioni questo non accade e può capitare che i vertici aziendali fissino obiettivi difficilmente
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In merito ad efficacia efficienza, Bastia P., Sistemi di pianificazione e controllo, Il mulino, Bologna, 2001 afferma: “l’efficienza intesa come capacità di utilizzo delle risorse messe a disposizione dai vertici azien-dali per evitare sprechi, perdite ecc., mentre l’efficacia rappresenta il raggiungimento degli obiettivi stra-tegici e operativi, esprimendo inoltre l’importanza del coordinamento all’interno dell’azienda, cui il con-trollo direzionale fornisce un contributo determinante in termini di interiorizzazione degli obiettivi azien-dali e di sottomissione a questi dei fini personali e individuali, entro i limiti etici e professionali ai quali necessariamente si ha il dovere di attenersi.”
4 Brusa L., Sistemi manageriali di programmazione e controllo di gestione. 2° ed., Giuffrè, Milano, 2000. 5 Visione di Antonhy, 1965.
13 gibili in quanto manca una vera cultura manageriale, ma mirano princi-palmente alla massimizzazione del fatturato. Il controllo strategico, do-vrebbe essere in grado di valutare se la strategia aziendale è ancora valida o come dovrebbe cambiare nel caso non lo fosse; si parla quindi di piani-ficazione strategica come quel processo di definizione e implementazione della strategia “attraverso il quale si decidono oggi le azioni da intrapren-dere per raggiungere gli obiettivi di domani”6. Si definiscono gli obiettivi di fondo della gestione aziendale e si individuano le linee strategiche per raggiungerli (orizzonte medio-lungo termine, solitamente 3-5 anni). Si tratta quindi di un processo che va gestito quotidianamente.7
- livello direzionale (o manageriale): tipologia di controllo caratterizzata da organi intermedi e da tempi di valutazioni ristretti rispetto a livello strate-gico; è un controllo svolto da soggetti più vicini alla realtà operativa e che fungono da tramite tra i vertici aziendali e la base dell’organizzazione. Il controllo direzionale dovrebbe verificare se i comportamenti dei dipen-denti siano in linea con gli obiettivi aziendali e come poterli influenzare in modo tale da seguire la direzione prestabilita; si tratta di un controllo in-terno (a differenza di quello strategico che si concentra principalmente sul collocamento aziendale nel contesto competitivo), in quanto si basa sulla ricerca di modi mediante i quali influenzare nella maniera desiderata l’organizzazione aziendale.
Risulta fondamentale far rientrare gli organi operativi nella definizione delle strategie, anche perché non pochi sono i limiti che possono essere assoggettati al controllo di gestione, tra cui spicca quello di essere un fe-nomeno eccessivamente orientato al breve periodo; come spiegato
6 Ducker J.F., Management: Task, Responsabilities, Practices, W. Heinemann, Londra, 1973.
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I primi sistemi di pianificazione strategica nacquero negli anni ’50 in quanto si presentavano particolari condizioni favorevoli, come l’enorme sviluppo dell’economia, la crescita dimensionale delle aziende, l’inizio della scissione tra proprietà e direzione aziendale, provocando l’implementazione di veri e propri processi di pianificazione, una distinzione tra la strategia e programmazione e l’introduzione di alcuni metodi e tecniche di programmazione; ed è in questo contesto che si è sviluppato maggiormente il con-trollo di gestione.
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dentemente questo non può essere considerato come un limite vero e pro-prio in quanto il controllo di gestione ha necessariamente bisogno di agire anche nella pianificazione strategica, salvo poi concentrarsi, come lecito aspettarsi, maggiormente sul breve periodo (ad un livello direzionale e o-perativo) anche e soprattutto attraverso l’utilizzo del budget, non inteso in senso tradizionale ma bensì ad un livello maggiormente sviluppato ed in-tegrato con l’intera organizzazione aziendale.
- livello operativo: controllo che richiede tempi necessariamente ridotti, ov-vero quello che deve essere effettuato nelle attività svolte quotidianamente dall’organizzazione aziendale, rappresentando quindi la base sulla quale appoggiarsi per raggiungere gli obiettivi di medio lungo periodo. In quest’ottica il controllo di gestione permette di individuare eventuali sco-stamenti derivanti dalla gestione rispetto a quanto era stato prefissato e lo può fare in maniera consuntiva (in realtà poco utile in quanto si tratterebbe semplicemente di valutare i risultati raggiunti) ma soprattutto in maniera preventiva e in corso di gestione, per essere in grado di porre in essere a-zioni correttive per guidare l’azienda verso il raggiungimento degli obiet-tivi prestabiliti.
Inoltre, per effettuare un adeguato controllo è necessario individuare prima di tut-to le aspettative aziendali e dei singoli, verificando che siano coerenti tra loro; anche le relazioni, per facilitare maggiormente la comunicazione sono fondamen-tali, e sono intese sia in senso verticale che orizzontale all’interno della struttura organizzativa, ma soprattutto è opportuno individuare i soggetti a cui poter attri-buire la responsabilità dei risultati raggiunti; ovviamente la responsabilità deve essere coerente con la struttura organizzativa di base in maniera tale che ci sia un potere decisionale molto forte e condiviso; il controllo si pone come mezzo per analizzare i fattori critici del’attività di gestione mediante l’attribuzione delle re-sponsabilità espresse in termini economici e fisico-tecnici, nonché
15 l’identificazione di opportuni standard di riferimento, precisando così il compito affidato alle unità organizzative.
Possiamo a tal fine considerare i diversi centri di responsabilità8, ovvero delle u-nità organizzative il cui titolare è ritenuto responsabile del conseguimento di uno specifico risultato e/o dell’uso di determinati fattori produttivi9:
- centro di spesa;
- centro di costo standard; - centro di ricavo;
- centro di profitto; - centro di investimento;
All’interno del centro di spesa, l’attività svolta è caratterizzata dall’impossibilità o dalla difficoltà di misurare in termini economico-finanziari i risultati ottenuti e il rapporto tra questi con le risorse impiegate. Al responsabile viene quindi attri-buita una quantità di risorse che deve essere gestita nel modo migliore. Inoltre, dovrebbe essere assegnato un limite di spesa al quale può essere affiancato un set di indicatori quali/quantitativi per la valutazione del centro stesso. All’interno di questa unità organizzativa l’obiettivo dovrebbe essere quello di utilizzare le ri-sorse in maniera ottimale, attraverso una massimizzazione dell’output (in termini quantitativi o qualitativi) rispettando i limiti di spesa e di risorse concesse. Esem-pi di questi centri possono essere quelli del personale e quello di ricerca e svilup-po.
8 In merito ai centri di responsabilità, Marasca S., Marchi L., Riccaboni A., Il controllo di gestione. Meto-dologie e strumenti, op. cit: “L’insieme dei centri di responsabilità costituisce la mappa delle responsabili-tà. La definizione della mappa consente, mediante la distribuzione delle responsabilità in azienda e il loro coordinamento, la diffusione di una mentalità manageriale all’interno della struttura organizzativa e allo stesso tempo incentiva, attraverso la definizione di un appropriato processo di controllo, comportamenti in linea con le finalità aziendali. La mappa costituisce la premessa per il buon funzionamento del proces-so di controllo e, quindi, del controllo di gestione stesproces-so. […] Errori o incoerenze nella determinazione dei centri di responsabilità possono infatti ostacolare, o in alcuni casi addirittura impedire, l’attuazione del processo di controllo.”
9 Busco C., Giovannoni, E., Riccaboni A. (a cura di), Il controllo di gestione. Metodi ed esperienze. I fon-damenti e le novità, II ed., Ipsoa, Milano, 2011.
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La responsabilità nei centri di costo si caratterizza, invece, per la presenza di una relazione modificabile tra risorse impiegate e risultati ottenuti, presentando al suo interno numerosi costi parametrici che possono essere valutati in relazione con l’output. Il responsabile viene sensibilizzato a minimizzare le risorse produttive impiegate sulla base di un costo-obiettivo; i parametri di controllo sono il costo dei fattori e i coefficienti d’impiego (cioè quello che risultano dalla distinta base di produzione). L’obiettivo è quindi minimizzare i costi sostenuti mirando ad una maggiore efficienza, obiettivo tipico dei reparti produttivi.
Nei centri di ricavo la responsabilizzazione degli operatori avviene sulla base di indicatori di efficacia che è dato, tipicamente, dai ricavi ottenuti dalla vendita a terzi dei prodotti dell’azienda. I parametri di controllo sono i prezzi applicati e le quantità vendute mirando ad una massimizzazione dei ricavi, attività tipica degli agenti di vendita.
I centri di reddito o di profitto si configurano come l’attribuzione di una respon-sabilità su un risultato di sintesi, che ricomprende in un unico valore “Ricavi – Costi”; si caratterizzano quindi per l’impiego di risorse finanziare per generare dei risultati economici, sui quale saranno valutati i responsabili, che dovranno avere la possibilità di azionare le leve relative ai prezzi d’acquisto delle risorse, ai volumi e ai prezzi di vendita, con l’obiettivo di massimizzare il risultato eco-nomico finanziario.
Il centro di investimento rappresenta un livello ancora più elevato di responsabi-lità, in quanto l’operatore ha a disposizione non solo le leve relative al centro di ricavo, ma anche quelle relative all’entità delle risorse finanziarie e al loro im-piego. L’indicatore tipico del rapporto tra reddito operativo e capitale investito è il ROI10 che consente di valutare la redditività del capitale investito. L’obiettivo può essere quello di massimizzare la redditività, valutata attraverso parametri
17 come il ROI, ROE11 e tutta una seria di indicatori analoghi, con la possibilità di definire le risorse utilizzate e il capitale attraverso unità monetarie.
Si può quindi affermare che il controllo di gestione si colloca in una posizione trasversale all’interno dell’organizzazione e che risulta utile in tutte le fasi del processo di pianificazione, programmazione e controllo, che non devono più es-sere viste come fasi separate, ma ben integrate e collegate tra loro.
In questo contesto il processo di controllo si sviluppa mediante una successione di attività gestionali, organizzative e di misurazione; il processo tipico è attuato attraverso il confronto tra risultati e obiettivi tramite la seguente articolazione:
- individuazione degli obiettivi;
- misurazione dei risultati ottenuti durante la gestione; - comparazione risultati-obiettivi;
- determinazione e analisi degli scostamenti; - azioni correttive;
Seppur possa sembrare un processo di tipo feed-back, sottolineando la scarsa tempestività12 di tale processo, è anche vero che il controllo di gestione, attraver-so opportune metodologie, è in grado di integrare tale procesattraver-so con un approccio di tipo feed-forward molto più avanzato, poiché invece di attendere la fine delle operazioni permette di dotarsi di un modello preventivo che possa stimare i risul-tati alla fine del periodo, individuando risulrisul-tati intermedi e proiettando quello che probabilmente sarà il risultato finale; tuttavia, mentre tale approccio gode sicu-ramente di una maggiore tempestività, presenta il problema dell’accuratezza del dato in quanto non essendo ancora raggiunto, non è detto che alla fine si realizzi il risultato stimato; per questo risulta necessario che il controller conosca bene il business dove opera, quali siano le variabili in gioco e i fattori che possono
11 Return on equity. 12
Utilizzando esclusivamente un approccio di tipo feed-back l’azienda non sarà in grado di correggere la direzione intrapresa verso i risultati sperati. Non sarà in grado, ad esempio, di agire sul livello di fattura-to una volta che quesfattura-to è stafattura-to realizzafattura-to.
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fluenzare il risultato sperato, permettendo in questo modo di poter intraprendere delle azioni correttive sul sistema operativo, sul sistema di pianificazione o sulle modalità di misurazione dei risultati.
Per agire in maniera adeguata il controller deve effettuare un’attenta analisi dei dati che ha a disposizione, confidando nel fatto che essi siano:
- analitici: rappresentativi dell’intera attività aziendale attraverso l’utilizzo di informazioni di dettaglio, più facili da gestire;
- tempestivi: per superare il limite individuato precedentemente, indivi-duando un giusto compromesso con l’accuratezza; un controllo esclusi-vamente a consuntivo non permette al controller di poter individuare tem-pestivamente i motivi per cui un risultato non sta per essere raggiunto e non permette di poter agire nella maniera e nei tempi adeguati, ma allo stesso tempo, un dato tempestivo, sarà meno accurato di uno individuato a posteriori;
- coerenti: dal punto di vista temporale per facilitare l’analisi nel corso degli anni, confrontando i risultati ottenuti con quelli passati;
- rilevanti: devono essere importanti per le decisioni da prendere, nel senso che devono essere in grado di enfatizzare l’andamento della gestione, ma questo è possibile solo dopo un accurato processo di selezione di dati tra la quantità enorme che il controller ha a disposizione;
Da un punto di vista contabile la struttura, oltre dai diversi strumenti hardware, software e dai diversi strumenti di analisi e previsioni, sarà composta dai sistemi dei budget e dalla contabilità gestionale che permetterà di effettuare analisi a preventivo e un’accurata analisi degli scostamenti a consuntivo tramite il con-fronto con gli obiettivi.
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1.2 – Il budget
Per riuscire a raggiungere gli obiettivi di medio lungo periodo, lo strumento più importante da poter applicare è il budget, ovvero un “piano quantitativo, espresso in termini monetari, che copre uno specifico arco temporale, generalmente un anno”13, riuscendo così a perseguire obiettivi in un arco di tempo maggiormente ristretto, rispetto a quelli strategici, riducendo il più possibile l’aleatorietà che questi hanno; tuttavia non è da escludere, anzi è consigliabile, poter suddividere il budget in orizzonti temporali più ristretti, per riuscire a programmare meglio la gestione nel corso dell’esercizio, risultando efficace nel guidare il comportamen-to delle persone nei vari periodi e permettendo di “formulare obiettivi di periodo inferiori e di riuscire a intervenire tempestivamente in caso di disfunzioni, senza attendere il termine del periodo di budget, quando ormai l’efficacia delle azioni correttive è notevolmente ridotta”14.
Il budget utilizza gli “standard” come linee guida, che possono essere a loro vol-ta:
- di fattore: utilizzati e consumati nel processo produttivo, indicando gli standard di consumo a livello fisico-tecnico e definiti nella distinta base; - di processo: che permettano di individuare i tempi necessari per il
compi-mento delle singole operazioni che compongono il processo produttivo; - qualitativi: definiti in termini di qualità, sia per i processi che per le risorse
utilizzate e quindi per l’output realizzato;
- monetari: valori che indicano i prezzi, spesso indicatori stessi della quali-tà;
Il budget rappresenta, quindi, il principale strumento di programmazione che ser-ve a garantire le condizioni di efficacia, efficienza ed economicità dell’azienda e ha come scopo principale quello di responsabilizzare il management nel raggiun-gimento dei risultati di breve periodo, tant’è che spesso viene articolato per centri
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Anthony R. et. al., Sistemi di controllo. Analisi economiche per le decisioni aziendali, MCgRAW-Hill, Mi-lano, 2005.
20
di responsabilità15; nel budget, ad esempio, vengono inseriti i ricavi che l’azienda presume di realizzare durante l’anno successivo16, attraverso opportuni calcoli, stime e ragionamenti, per poi procedere alla stesura di altri budget più analitici come quello degli investimenti, di tesoreria, di produzione o il budget degli ap-provvigionamenti, attraverso un procedimento a “cascata”.
Il budget non serve solo a migliorare la programmazione aziendale attraverso la definizione degli obiettivi, ma serve soprattutto per responsabilizzare le varie unità dell’organizzazione, permettendo anche un maggior controllo sull’andamento della gestione, non solo a consuntivo ma anche in corso d’opera, motivando notevolmente i soggetti coinvolti nel raggiungimento degli obiettivi a loro assegnati. Prefiggere obiettivi troppo difficili o troppo facili da raggiungere, potrebbe recare un danno all’azienda in termini di motivazione del personale; per questo motivo questi devono essere definiti in maniera adeguata, coinvolgendo l’intera organizzazione e non dovrebbero essere imposti “dall’alto”; il coinvol-gimento anche nella definizione degli obiettivi permette al personale aziendale di essere maggiormente motivato, provocando come conseguenza un più facile rag-giungimento degli obiettivi aziendali, condivisi e accettati in tutti i livelli dell’organizzazione; in questo modo, si necessita di una maggior condivisione delle informazioni, inerenti alla propria unità organizzativa, con le altre funzioni aziendali, in quanto per formulare obiettivi chiari, precisi e accettati in tutta l’organizzazione, è necessario che questi siano coerenti per le diverse funzioni che si dovranno coordinare tra loro per il raggiungimento dei propri obiettivi; ad esempio, se le scorte di magazzino ammontassero a 10.000 unità di prodotto e la capacità produttiva aziendale fosse in grado di realizzarne, nel periodo considera-to, solo 70.000, sarebbe pleonastico che l’ufficio vendite si ponga come obiettivo la vendita di 100.000 unità di prodotto, in quanto obiettivo non raggiungibile.
15
Pur essendo uno strumento definito globale, rappresentando l’intera attività aziendale, spesso viene declinato e scomposto in vari budget settoriali, permettendo l’attribuzione degli obiettivi e le relative responsabilità, alle singole unità aziendali.
16
Essendo uno strumento di programmazione il budget fa solitamente riferimento al prossimo esercizio, permettendo di collegare la strategia aziendale di lungo periodo attraverso un processo che può essere definito “step by step”.
21 Tuttavia, soprattutto negli ultimi anni è stata messa in discussione l’importanza di tale strumento individuando in esso alcuni limiti17:
- eccessivo riferimento a misure esclusivamente economiche escludendo al-tre dimensioni alal-trettanto importanti;
- eccessivo orientamento al breve periodo; - rappresenta una sorta di bilancio di previsione; - strumento chiuso al cambiamento;
Inoltre, difficilmente le aziende completano l’intero processo di budget, nel senso che salvo pochi casi (specie in Italia, caratterizzata dalla forte presenza di aziende di piccole e medie dimensioni), raramente c’è la tendenza a partire da una piani-ficazione vera e propria per arrivare al budget globale (budget del flusso di cas-sa). Dopo aver redatto il budget commerciale, o delle vendite, viene redatto il budget della produzione affiancato dal budget degli acquisti e di magazzino; per far ciò, le aziende si basano sulla distinta base industriale e sull’utilizzo di costi standard, ovvero i costi che si dovrebbero verificare qualora si realizzassero le ipotesi poste alla base della loro determinazione, per calcolare l’input necessario alla realizzazione dei prodotti che l’azienda intende vendere nel periodo di bu-dget.
Nella prassi molte aziende concludono qui l’iter budgetario senza continuare col budget delle funzioni generali ovvero quelli di cassa, patrimoniali e di investi-mento e finanziainvesti-mento (divenuti importanti soprattutto alla luce della crisi che ha colpito le aziende nel 2008), che permetterebbero di valutare se vi è un’adeguata copertura finanziaria o se eventualmente è doveroso accedere a capitali, propri o di terzi, per garantire il fabbisogno finanziario.
Quando viene definito il budget, è opportuno definire un’adeguata struttura orga-nizzativa di controllo, proprio a sottolineare il ruolo svolto dal controllo di ge-stione nell’attività di pianificazione, cioè definizione di veri e propri centri che
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possano essere valutati per il raggiungimento di determinati obiettivi e di cui ef-fettivamente possono muovere le leve decisionali; i centri di responsabilità devo-no poter influire attivamente sul proprio obiettivo operando su variabili critiche per il successo di quel determinato centro. Nelle aziende che producono per commessa nel mercato tipografico18, ad esempio, il direttore commerciale o gli agenti di vendita non sono sempre in grado di poter influenzare il fatturato, in quanto è il responsabile di produzione che conosce le materie prime, i tempi, la situazione complessiva degli impianti e quindi l’effettiva possibilità di poter rea-lizzare o meno una commessa entro una determinata scadenza e con caratteristi-che qualitative adeguate; ancaratteristi-che questo aspetto porta spesso le aziende a non uti-lizzare correttamente il budget, minando l’effettiva utilità di programmazione che questo possiede.
Per superare questi limiti, e per far sì che il budget diventi un vero e proprio strumento di programmazione, le aziende dovrebbero contemplare variabili che prima non venivano prese in considerazione; in questo contesto il controller, fi-gura principe del controllo di gestione, deve diventare un vero e proprio consu-lente per l’analisi del business, diventando colui che progetta e controlla il pro-cesso di gestione per influenzare maggiormente i dipendenti aziendali e veicolarli verso gli obiettivi di budget. In questo modo si potrebbe migliorare ulteriormente l’interazione tra la pianificazione strategica e la programmazione, permettendo una più facile valutazione della strategia stessa, attraverso l’utilizzo di indicatori che permettano di porre in essere delle azioni correttive per raggiungere i risulta-ti, generando il trade-off tra tempestività e affidabilità dei dati. A tal proposito, Brunetti afferma che “il rapporto di gestione deve perseguire un giusto equilibrio tra la precisazione nella misurazione dei fenomeni sotto esame e la tempestività dell’informazione prediligendo un dato tempestivo ma comunque attendibile ri-spetto a uno in ritardo ma sicuramente accurato”19.
18 Che verranno trattate più avanti nel presente elaborato.
23 Per risultare utile alla programmazione aziendale, è opportuno che il controller, soggetto che si distingue dal contabile anche per i dati di cui fa uso (più tempe-stivi ma meno accurati) riesca ad integrare, all’interno del budget, indicatori di efficienza con quelli di efficacia, aspetti economico-finanziari con aspetti tecni-ci/qualitativi, come ad esempio la qualità e la soddisfazione dei clienti, ma so-prattutto, come già detto in precedenza, deve essere in grado di integrare nel mi-glior modo possibile il medio/lungo con il breve periodo, ovvero il controllo stra-tegico con quello operativo.
1.3 – Contabilità analitica e generale
Strumento tipico del controllo di gestione, che permette di ottenere particolari ri-sultati, contabili e non, rappresentando un insieme di strumenti utilizzati per supportare attività di pianificazione, organizzazione e controllo, è la contabilità gestionale, che può essere articolata in:
- contabilità generale; - contabilità analitica; - contabilità operative20;
La prima rappresenta l’insieme di rilevazioni sistematiche, ovvero quel comples-so di scritture che prendono in considerazione l’intero sistema delle operazioni aziendali svolte in un periodo amministrativo, tenute con il metodo della “partita doppia” permettendo di evidenziare tali operazioni in un duplice aspetto, finan-ziario ed economico. La contabilità generale ha come obiettivo principale quello di individuare risultati globali, come il reddito d’esercizio e il patrimonio di fun-zionamento, ovvero il bilancio, che sta diventando sempre più un sistema integra-to di scritture civilistico/fiscali e utile per il controllo di gestione. Non è rivolta
20
Rappresentate dalla contabilità di magazzino, del personale, degli impianti ecc; possono essere com-prese all’interno della contabilità analitica oppure composte da rilevazione relative a parti specifiche dell’azienda.
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esclusivamente all’esterno, poiché, ad esempio, se ci fosse un danneggiamento del magazzino a causa di un incendio, questa perdita dovrebbe essere registrata; inoltre è considerata obbligatoria dal legislatore, prima caratteristica che la diffe-renzia dalla contabilità analitica.
La contabilità analitica, invece, analizza dettagliatamente aspetti riguardanti i flussi e particolari risultati finanziari a completamento della contabilità generale e per tale motivo viene spesso associata ad essa il significato di sviluppo analitico della contabilità generale.
Può quindi essere definita come un sottosistema informativo che fornisce infor-mazioni su costi e ricavi per i diversi oggetti con un’estensione limitata rispetto al complesso aziendale, come ad esempio linee di prodotto, reparti aziendali, processi produttivi, filiali, ecc; questa contabilità produce informazioni per il si-stema di reporting dopo un attento processo di selezione, in quanto non tutte le informazioni devono essere fornite a tutti i manager; rappresenta quindi un com-plesso di strumenti che consente la determinazione dei costi, dei ricavi, dei risul-tati particolari relativi ad “oggetti” aziendali sia in termini preventivi per ottenere informazioni valide per orientare le scelte aziendali, sia in termini consuntivi per verificare la congruità dei dati ottenuti, occupandosi di fenomeni interni della ge-stione e fornendo informazioni di costo per scopi non esclusivamente legati al controllo di gestione, ma anche per altre finalità21, come ad esempio la fissazione dei prezzi, le scelte di configurazione dei processi produttivi, politiche commer-ciali o per riuscire a soddisfare al meglio i postulati di bilancio per quanto con-cerne la rappresentazione veritiera, chiara e corretta della situazione economica e patrimoniale.
Inoltre, data l’importanza del budget e del ruolo che svolge nella fase di pianifi-cazione, programmazione e controllo, è da considerare che questo non può essere redatto senza la tenuta di un sistema di contabilità analitica che permetta un
21R. D'Alessio, V. Antonelli, Analisi e contabilità dei costi. Manuale operativo, Maggioli Editore,
25 trollo concomitante e preventivo, rappresentando uno strumento fondamentale per individuare l’efficienza dell’utilizzo delle risorse aziendali e dei singoli centri di responsabilità; a consuntivo permette la valutazione dei risultati altrimenti non valutabili con la sola contabilità generale.
La contabilità analitica permette anche di poter confrontare alcuni risultati e quindi di valutarli attraverso un confronto costante con gli obiettivi, di individua-re l’efficacia e l’efficienza aziendale per poter pindividua-rendeindividua-re decisioni, come ad esem-pio scelte di convenienza economica, make or buy ecc., ma soprattutto di integra-re indicatori di performance con quelli monetari e poter definiintegra-re, soprattutto lad-dove le aziende operano su commessa, i prezzi in maniera adeguata attraverso il calcolo dei costi.
Nonostante il riferimento ai ricavi, ruolo chiave della contabilità analitica è senza dubbio quello di un’analisi dettagliata, appunto analitica, dei costi; una loro valu-tazione assume particolare rilevanza, anche come leva competitiva sulla quale a-gire per risultare vincenti sul mercato; la contabilità analitica così applicata offre un significativo supporto alla direzione veicolandone le decisioni, al contrario della contabilità generale che, per quanto sia necessaria per l’adempimento di obblighi civili e fiscali, non è in grado di guidare il management aziendale nelle decisioni perché offre un risultato, generale, quando questo è già stato raggiunto.
Nonostante la sua importanza per il perseguire obiettivi di verità e correttezza, la contabilità analitica non è considerata obbligatoria dal legislatore, anche se è op-portuno reinterpretare l’art. 2214, comma 2 del codice civile ove indica che “l’imprenditore è tenuto a tenere le altre scritture contabili che siano richieste
dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa […]” lasciando al lettore un ampio
margine interpretativo; a parere dello scrivente, volontà implicita del legislatore è stata quella di intendere, tra le altre scritture, la contabilità analitica che affianca-ta a quella generale sarebbe davvero in grado di soddisfare i postulati di bilancio richiesti dall’art. 2426 del codice civile. Per sua stessa definizione, la contabilità analitica è in grado di valutare i beni, e non solo, presenti nel patrimonio della società permettendo una loro corretta iscrizione nel bilancio.
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Tuttavia, se è vero che per alcuni dati si dipende solo ed esclusivamente dalla contabilità generale (come i ricavi di vendita, i debiti, crediti ecc.), è anche vero che con un’accurata contabilità analitica si riuscirebbe a fornire informazioni più adeguate e dettagliate per altre voci, come ad esempio le lavorazioni su commes-sa dato che il loro inserimento in bilancio deriva dalle elaborazioni effettuate in via preventiva dalla contabilità analitica22 e poi dalla contabilità generale tramite le scritture di assestamento.
D’altro canto i costi definiti figurativi, come ad esempio gli interessi di compu-to23, il rischio imprenditoriale o il “consumo” dei beni completamente ammortiz-zati in contabilità generale, riguardano esclusivamente la contabilità analitica e qualora si volesse prendere a riferimento il costo economico – tecnico per valuta-re la convenienza o meno di un prodotto, ecco che nuovamente la contabilità ge-nerale non è sufficiente a soddisfare questo requisito.
La contabilità generale, rileva i fatti aziendali per la determinazione del reddito d’esercizio e del patrimonio di funzionamento, quella analitica effettua rilevazio-ni su fatti che sono oggetto di analisi e, soprattutto, sui costi24. Per quel che ri-guarda i costi è possibile enfatizzare i collegamenti esistenti tra le due contabilità. Il costo delle materie prime, ad esempio, riguarda entrambe le contabilità ma mentre quella generale individua il costo di acquisto come input principale e la sua successiva variazione tra inizio e fine esercizio, quella analitica si interessa principalmente al loro consumo, al loro utilizzo all’interno del processo produtti-vo, per valutare, oltre ai livelli di efficienza del processo stesso, i prodotti in cor-so di lavorazione e quelli finiti, e l’effettivo consumo di ricor-sorse da parte di una singola commessa.
Ulteriore limite della contabilità generale, che può essere compensato dalla con-tabilità analitica, è quello di generare informazioni che rappresentano un risultato
22
Facchinetti i, I costi e la contabilità analitica, Pirola Editore, Milano, 1993.
23 Interessi che l’imprenditore percepirebbe se investisse in attività diverse. 24 Facchinetti I., Manuale di contabilità analitica, Il sole 24 ore, Milano, 2007.
27 generale derivante dall’attività aziendale, rilevando fatti e operazioni che l’azienda effettua con il mondo esterno: il valore del magazzino che viene indica-to grazie a tali scritture, oltre a dover essere calcolaindica-to ricorrendo alla contabilità analitica, evidenzia il valore complessivo di tale voce senza darne alcuna preci-sazione; inoltre, è spesso movimentato da fatti interni che non sono analizzati dalla contabilità obbligatoria, non analizzando, ad esempio, i consumi di materie prime all’interno del processo produttivo. Appare chiaro come la contabilità ana-litica per la valutazione delle lavorazioni su commessa, oltre a essere necessaria, pare opportuna anche ai fini dell’applicazioni di particolari strategie di vendita o di collocazione del mercato, permettendo di aumentare in maniera soddisfacente i risultati aziendali: ai fini del calcolo della commessa risulta necessaria una meto-dologia che permetta di ribaltare i costi (di acquisto o di produzione) sui diversi lavori in maniera tale da giustificarne il consumo e quindi il successivo prezzo di vendita che verrà applicato.
Per concludere, la contabilità analitica può essere definita contabilità di costi, in quanto quest’ultimi rappresentano l’oggetto principale da analizzare per poter prendere decisioni; il concetto di costo tuttavia è molto esteso ed esistono diversi significati che ad esso possono essere attribuiti, in quanto “ogni costo è vero in senso relativo, cioè in funzione dello scopo per il quale è calcolato, ma non è ve-ro in senso assoluto”25; ciò significa che il concetto di costo cambia a seconda del motivo per cui esso è calcolato e diversi sono anche i criteri di calcolo a se-conda dello scopo conoscitivo dell’informazione26.
Inoltre, la suddivisione dei costi in classi è legata alla logica della contabilità ana-litica e agli oggetti di calcolo di volta in volta individuati27 perché la co.an. clas-sifica i costi per destinazione e non per natura.
25 Guatri L., I costi d’azienda, Giuffrè, Milano, 1954. 26
Tali concetti verranno trattati al capitolo 3 del presente elaborato.
27 Aloi F., Costi e prezzi. La contabilità dei costi e la formazione dei prezzi in ambienti competitivi, Franco
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CAPITOLO 2 – La gestione della commessa
2.1 – I diversi sistemi produttivi e la gestione dei costi
Il controllo di gestione deve essere in grado di adattarsi ai diversi contesti azien-dali ed è impensabile che aziende completamente diverse siano strutturate e so-prattutto valutate sulla base degli stessi parametri in quanto, essendo diversi i si-stemi produttivi, diverse saranno le informazioni utili al fine di poter prendere delle decisioni.
Una caratteristica fondamentale che contraddistingue le diverse realtà aziendali è la tipologia del sistema produttivo; in tal senso si possono individuare tre tipolo-gie principali:
- produzione per processo; - produzione per lotti; - produzione su commessa;
La produzione per processi (o a flusso continuo) è tipica delle aziende che realiz-zano prodotti altamente standardizzati e che per farlo possiedono nel loro patri-monio, solitamente, macchine molto costose, grazie alle quali riescono ad auto-matizzare il processo riducendo il costo di produzione unitario attraverso la mas-simizzazione della capacità produttiva, realizzando così il fenomeno delle eco-nomie di scala; a differenza della produzione per commessa, come vedremo, le aziende che producono per processi creano i loro beni per il mercato e quindi l’area marketing assolve una funzione strategica, che deve essere in grado di pre-vedere come si evolverà la domanda all’interno del mercato stesso.
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La produzione per lotti rappresenta invece una via intermedia tra la produzione per processi e quella per commessa; in questo contesto è possibile individuare processi standardizzati ma con la possibilità di variarne alcune fasi per soddisfare un numero maggiore di clienti; alla base vi è sempre l’idea di produrre per il mercato ma individuando le specifiche che verranno richieste dal cliente, enfatiz-zando l’importanza dell’area marketing. La produzione di automobili, ad esem-pio, è effettuata per lotti in quanto il processo produttivo è standardizzato, salvo alcune fasi come quella di verniciatura o assemblaggio di altri componenti.
La produzione su commessa è invece tipica delle aziende che prima di avviare la produzione necessitano di ricevere l’ordine dal cliente, a causa delle elevate spe-cifiche tecniche e personali che accompagnano il prodotto in questione. La pro-duzione su commessa si contraddistingue dalle due precedenti in quanto ad ogni lavorazione variano le quantità di risorse utilizzate, le fasi e i tempi del processo produttivo in maniera tale da rendere ogni prodotto diverso dall’altro; esempi ti-pici di aziende che producono per commessa sono imprese edili o di produzione di macchinari industriali ecc. in quanto realizzano prodotti estremamente perso-nalizzabili e caratterizzati da fasi di produzione molto lunghe, solitamente supe-riori all’anno solare; tuttavia, è possibile parlare di commessa anche nel mercato tipografico, alla base del presente elaborato e di cui parleremo più avanti; infatti in questo mercato, nonostante il cliente possa richiedere più copie di uno stesso volume, è logico parlare di commessa in quanto prima di avviare la produzione l’azienda necessita dell’ordine con tutte le caratteristiche richieste dal cliente.
Cambiando i sistemi produttivi a seconda del mercato in cui si colloca l’azienda, cambiano anche le tecniche e le metodologie di attribuzione dei costi al prodotto; si applica una metodologia definita “per processo” alle aziende che producono in serie o per lotti mentre si applica una metodologia “per commessa” per tutte le altre aziende:
31 - per processo: l’oggetto di costo (termine utilizzato per indicare un prodot-to, progetto o unità organizzativa del quale si intende misurare i costi) è l’output ottenuto da un processo o insieme di operazioni che realizzano output non distinguibili dagli altri; risulta economicamente conveniente contabilizzare i costi sostenuti in un dato periodo di tempo per poi ottene-re il costo medio del prodotto attraverso la divisione tra i costi sostenuti e le unità realizzate.
- per commessa: facendo riferimento a singoli lavori, anche l’attribuzione dei costi dovrà avvenire separatamente in quanto non è funzionale indivi-duare il costo medio perché commesse diverse avranno costi diversi, sep-pur con processi simili.
2.2 – La commessa
La commessa è composta da attività che una volta portate a termine permettono all’azienda di soddisfare le esigenze della clientela che ha richiesto una lavora-zione ad hoc; per questo motivo i clienti godono di una forza contrattuale molto elevata ed è obiettivo dell’azienda, per aumentare la propria forza contrattuale, portare a termine il lavoro mirando ad obiettivi di efficacia ed efficienza misura-bili attraverso il controllo di gestione e una buona contamisura-bilità analitica. Senza quest’ultima sarebbe impossibile risultare competitivi all’interno del mercato considerando che tuttavia solo un prodotto di qualità permetterebbe all’azienda di presentare un’offerta forte nei confronti della concorrenza, favorendo anche l’aumento dei prezzi laddove tale maggior prezzo sia riconosciuto da parte del cliente28.
Per far sì che i costi siano direttamente imputabili alla commessa, è necessario individuare la corretta quantità di input utilizzata all’interno del processo
28 Fotzi S., Manca F., Il controllo di gestione nelle aziende che producono su commessa, Iposa, Lavis (TN),
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tivo e l’esatto costo della risorsa consumata; inoltre non è sufficiente attribuire i soli costi diretti ma anche quelli indiretti in quanto, in questi contesti viene calco-lato il costo pieno del prodotto per attribuire il giusto prezzo di vendita alla commessa evitando così di realizzare ricavi inferiori ai costi necessari per la pro-duzione.
Per chi opera su commessa, le fasi per giungere al costo di prodotto sono:
1) calcolo costi diretti;
2) individuazione costi indiretti; 3) scelta delle basi di riparto; 4) ripartizione costi indiretti; 5) calcolo del costo totale;
Per quando riguarda i costi indiretti, può capitare che l’allocazione avvenga at-traverso l’utilizzo dei centri di costo29, ovvero aggregazioni di costi utili per mi-gliorare l’imputazione di tali costi attraverso un’allocazione intermedia nei con-fronti di questi aggregati; in questo modo i costi sono classificati secondo un cri-terio di omogeneità e saranno imputati alla commessa nella maniera più adegua-ta, attraverso l’utilizzo di un driver che esprima la massima fedeltà possibile con il nesso causale individuando una relazione causa-effetto tra il costo sostenuto e la causa che lo ha realizzato, mirando ad una fedele allocazione di tali compo-nenti alla commessa.
Per le aziende che producono per processo, potrà essere applicato il metodo dell’Activity Based Cost o il Time Drive Activity Based Cost, imputando i costi non tanto al prodotto in se, ma al processo, permettendo così di individuare il co-sto medio di produzione a secondo della quantità di output ottenuta dall’azienda; lo stesso non vale per la produzione su commessa che richiede una precisa allo-cazione dei costi per individuarne il costo specifico, soprattutto in fase preventiva
29 Solitamente identificati in vere e proprie unità organizzative, facilitando il controllo attraverso
33 dato che, al contrario di prodotti ottenuti con le altre strutture, il prezzo verrà fis-sato proprio partendo dal costo come input informativo principale, per non ri-schiare di produrre in perdita o senza un adeguato margine che sia in grado di coprire i costi fissi e produrre un utile. Anche a consuntivo, l’analisi dei costi permette di individuare l’effettivo margine realizzato e di valutare se poter accet-tare l’ordine per prodotti simili in futuro, valutarne la convenienza economica e individuare clienti particolarmente esigenti e per i quali è forse opportuno appli-care un mark-up superiore a causa delle eccessive richieste e lavorazioni partico-lari che potrebbero far incrementare i costi.
2.3 – Il ciclo di vita della commessa
Per commessa si può intendere una moltitudine di lavori e in questo elaborato cercheremo di concentrarci sul mercato tipografico, dove la durata della com-messa è molto variabile ma solitamente la fase di produzione non dura più di 20 giorni, anche per non subire delle penali per un eventuale ritardo alla consegna; tuttavia, che la commessa duri qualche giorno o qualche anno (come per l’edilizia navale), è possibile individuare delle fasi comuni del ciclo di vita30:
1) stesura dell’offerta;
2) progettazione di dettaglio; 3) realizzazione operativa; 4) chiusura commessa;
La prima fase è sicuramente la più importante in quanto l’azienda deve essere in grado di recepire le richieste dei clienti e valutare l’effettiva possibilità di realiz-zare la commessa rispettando le caratteristiche, sia da un punto di vista esterno per soddisfare le esigenze della clientela, sia da un punto di vista interno per
30 Rubello U., Fiorica G., Il controllo di gestione nelle aziende operanti su commessa, Amministrazione &
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trare in determinati requisiti economici-qualitativi, quest’ultimi spesso imposti dalla direzione.
Per quanto concerne i requisiti economici, è logico valutare se l’azienda è in gra-do di realizzare il progra-dotto in maniera efficiente, facengra-do sì che i costi per la sua effettiva realizzazione (seppur a preventivo) siano inferiori al prezzo definito congruo in quanto seppur quest’ultimo è stabilito dall’azienda, è da considerare l’elevata forza contrattuale del cliente che talvolta impone un prezzo all’interno del quale l’azienda deve rientrare in termini economici, attraverso il calcolo pre-ventivo dell’eventuale margine di commessa.
Tuttavia non è impossibile accettare la realizzazione del bene anche quando que-sto verrà prodotto “sotto-coque-sto”; a parere dello scrivente queque-sto può accadere quando:
- la richiesta è effettuata da un cliente leader nel proprio settore e il ritorno d’immagine può essere elevato;
- l’ordine di lavorazione è richiesto da un nuovo cliente con il quale l’azienda si augura di instaurare un rapporto duraturo che possa portare benefici dal punto di vista economico;
- la richiesta viene presentata da un cliente storico dell’azienda e molto re-munerativo e quindi per non perdere i benefici derivanti dal cliente stesso l’azienda è disposta ad accettare prezzi più bassi;
Soprattutto per quanto concerne il primo punto, diventa fondamentale l’aspetto qualitativo della commessa in quanto il danno d’immagine potrebbe essere eleva-to, così come il rischio di perdere il cliente in un mercato altamente concorren-ziale; per questo è possibile anche dotarsi di particolari certificazioni della quali-tà, ad esempio la FSC31 per il mercato di carta e legno.
31 Acronimo di Forest Stewardship Council; si tratta di una certificazione internazione, indipendente e di
parte terza, specifica per il settore forestale e i prodotti legnosi e non legnosi derivanti dalle foreste, tra cui anche la carta. Esistono due tipi di certificazioni FSC: la certificazione di gestione forestale, per pro-prietari e gestori forestali, e la certificazione di Catena di Custodia, per imprese di trasformazione e/o commercio di prodotti forestali.
35 In questa fase è necessario presentare un preventivo della commessa, definito preventivo iniziale, ottenibile attraverso un’attenta e accurata analisi dei costi per rispettare i requisiti economici precedentemente definiti; vengono quindi indivi-duati i costi standard preventivi e il conto economico della singola commessa, individuando in quest’ultima la quantità e quindi i costi necessari per le materie prime, i tempi di mano d’opera e le eventuali lavorazioni esterne, molto frequenti nel caso del mercato tipografico dove si viene a creare una vera e propria rete del valore con i fornitori32 che rappresenta un modo astratto di organizzazione gene-rale delle forze produttive, valorizzando al massimo le interazioni tra soggetti do-tati di autonomia, migliorandone la coordinazione tramite lo scambio di informa-zioni omogenee. Tuttavia, nonostante questa rete possa portare numerosi vantag-gi33, è da considerare che se si affidasse a terzi parte della lavorazione, è
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In misura crescente, le imprese di successo non si limitano ad aggiungere valore, ma cercano di rein-ventarlo. Il focus della loro analisi strategica non è l’impresa, ma il sistema di creazione del valore, all’interno del quale diversi attori economici, fornitori, partner, alleati e clienti lavorano insieme per “coo-produrre valore”.
La rete del valore può essere definita come un insieme di attività che compartecipano alla creazione di valore e sfociano in attività di consumo mirate a soddisfare determinati bisogni, attraverso l’iterazione di risorse e competenze diverse; le attività all’interno della rete sono quindi legate da costanti flussi di materiali e informazioni (talvolta risorse finanziarie e relazioni di influenza); esternalizzando fasi della produzione vengono coinvolti diversi attori economici che si prendono cura di particolari aspetti della commessa, facendo sì che ciascuno di essi possa partecipare contemporaneamente a più reti del valore, permettendo, talvolta, che gli stessi clienti diventino parte integrante della rete del valore del rispettivo fornitore. Se un’azienda si affidasse a un fornitore per una fase della produzione immediatamente suc-cessiva rispetto a quella realizzata dall’azienda stessa e quest’ultima sbagliasse parte della propria attivi-tà o utilizzasse materie prime di scarsa qualiattivi-tà, questo potrebbe inficiare la lavorazione immediatamen-te successiva svolta però dal fornitore; ecco che il clienimmediatamen-te diventa una parimmediatamen-te inimmediatamen-tegranimmediatamen-te del processo pro-duttivo che spesso può intaccare la qualità stessa del prodotto.
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I benefici della creazione di una rete del valore possono essere:
- facilità di raggiungere una maggiore efficienza nell’organizzazione dell’attività produttiva, utile anche per decisioni di make or buy; capire la convenienza di svolgere un’attività all’interno o farla eseguire ai fornitori è un punto fondamentale della rete, perché nell’analizzare la creazio-ne di valore è creazio-necessario individuare quali sono le attività che sono importanti per il cliente, le attività svolte dall’azienda e quelle svolte da altri soggetti, permettendo di individuare quali at-tività deve svolgere l’azienda e quali no; se alcune atat-tività sono completamente prive di valore è necessario riformulare la strategia aziendale;
- condivisione di risorse, sia tangibili che intangibili ma comunque strategiche per il processo di creazione del valore;
- sviluppo a livello internazionale; in questo modo c’è anche condivisione del rischio, ripartendo quest’ultimo tra più attori economici;
- possibilità di accedere più facilmente a nuovi mercati e a nuovi segmenti di clientela; una rete del valore permette di entrare dove l’azienda non ha le forze o le conoscenze adeguate. In que-sto modo un attore può entrare in un settore completamente nuovo, apportando, ad esempio, solo il brand e sfruttare la tecnologia altrui mantenendo comunque la propria flessibilità orga-nizzativa. Creando una rete del valore, soprattutto per le aziende che producono su commessa
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rio poter valutare e controllare anche l’operato dei diversi attori economici, fa-cendo sì che operino secondo gli standard qualitativi richiesti dal cliente; tornan-do alla certificazione di Catena di Custodia34 per la certificazione FSC, è da sot-tolineare che questa serve per garantire la rintracciabilità dei materiali provenien-ti da foreste cerprovenien-tificate FSC ed è indispensabile per poter applicare tali eprovenien-tichette sui prodotti, garantendo la clientela circa la provenienza della carta utilizzata per i propri prodotti e quindi dimostrare in maniera corretta, trasparente e controllata il proprio attivo contributo alla gestione forestale responsabile35. Per vendere un prodotto sul mercato con questa certificazione è necessario che tutta le imprese che operano sulla specifica commessa siano certificate FSC e quindi anche la scelta preventiva dei fornitori da parte dell’azienda deve essere fatta in maniera accurata per non perdere la possibilità di poter certificare il proprio prodotto.
Tornando al ciclo di vita della commessa, una volta presentata l’offerta e accetta-ta dal cliente si può passare alla fase successiva all’interno della quale l’azienda inizia a progettare e a programmare la produzione della commessa, individuando nello specifico le risorse e i tempi necessari predefiniti in via preventiva e proget-tare, insieme all’intera rete del valore l’attività produttiva in senso stretto e l’approvvigionamento di risorse qualora nel magazzino non siano presenti le ma-terie necessarie; le aziende tendono a tenere al minimo il magazzino con un ele-vato rischio di ritardare la produzione ma con una riduzione dei costi per una sua gestione; per questi motivi è fondamentale avere buone relazioni con i fornitori e poter individuare quelli più affidabili in termini di qualità delle materie e tempe-stività nella consegna.
All’interno di questa fase si individuano, tra le altre, anche i tempi e i modi in cui verrà realizzata la commessa e come questa si può collocare nella produzione a-ziendale, per poi passare alla fase all’interno della quale la commessa verrà
è possibile anche aumentare la propria clientela in quanto aziende dello stesso settore ma con specializzazioni differenti, hanno la possibilità di indirizzare la clientela verso l’uno o l’altro qua-lora l’azienda non possedesse le caratteristiche specifiche per la realizzazione di quel prodotto.
34 Chain of custody. 35 https://it.fsc.org/it
37 lizzata, ovvero con la produzione vera e propria; si assegnano le risorse e si defi-niscono i responsabili delle varie fasi all’interno della commessa oltre al persona-le che effettuerà persona-le operazioni necessarie.
Durante la realizzazione della commessa è necessario effettuare controlli conco-mitanti e preventivi, per individuare l’abilità dell’organizzazione di svolgere le attività in maniera efficace ed efficiente e in linea con quanto programmato; qua-lora si individuasse uno scostamento durante la gestione è possibile per l’azienda porre in essere azioni correttive per rientrare nei limiti stabiliti e rispettare le condizioni preventivate durante la fase della presentazione dell’offerta.
È ovvio che questa fase cambia notevolmente a seconda del tipo di commessa che viene realizzata; se una commessa è realizzata in un arco temporale più lungo dell’esercizio, un controllo di questo tipo a fine periodo è obbligatorio anche per fini fiscali, in quanto tramite le scritture contabili, è necessario imputare all’esercizio i costi e i ricavi di competenza; tali scritture, per quanto utili ai fini della corretta esposizione in bilancio e del rispetto dei principi contabili, risultano inutili qualora non siano supportati dalla contabilità analitica per individuare i corretti valori che fungeranno da input per la contabilità generale; in questi casi, al 31/12, è possibile operare con due diversi metodi36:
- percentuale di completamento; - commessa completata;
Invece, qualora le commesse non abbiano durata estremamente prolungata, è dif-ficile che le aziende effettuino tale controllo a fine periodo, in quanto i tempi ri-stretti permettono di chiudere la commessa nell’esercizio, garantendo comunque il rispetto dei postulati di bilancio, facendo modo che la correlazione costi e rica-vi avvenga nel solito periodo di competenza, senza necessitare di un imputazione preventiva o di un rinvio totale dei costi all’esercizio futuro.
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In deroga alla regola generale per la valutazione delle rimanenze, art. 2426, dato che il c.c. allo stesso articolo afferma che i lavori in corso su ordinazione possono essere iscritti sulla base dei corrispettivi contrattuali maturati con ragionevole certezza.
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Una volta completata la produzione e valutata la qualità del prodotto, la commes-sa verrà consegnata al cliente secondo le modalità stabilite contrattualmente e si potrà procedere alla chiusura della commessa, che tuttavia non presenta la fine del rapporto tra cliente e azienda; infatti una volta effettuata la consegna e presta-ta l’eventuale assistenza, si procede con l’analisi dei dati consuntivi per individu-are l’effettiva capacità dell’azienda di rispettindividu-are i propri obiettivi, stabiliti con il c.d. budget di commessa, tramite l’analisi degli scostamenti. Tuttavia questa fase appena descritta rappresenta una strada parallela rispetto a quella del ciclo di vita della commessa in quanto, l’azienda non può far pagare le proprie inefficienze al cliente in termini di prezzo più alto perché caratteristica tipica della commessa, come detto in paragrafi precedenti, è che il prezzo viene definito in via preventi-va e non può modificarsi a discrezione dell’azienda, almeno che questa in corso di produzione non abbia ritenuto opportuno effettuare delle variazioni rispetto a quanto preventivato che devono essere comunicate e accettate dal cliente. Non è insolito che durante la produzione il cliente (o l’azienda stessa qualora ritenesse che quanto pattuito appare irrealizzabile, anche in termini qualitativi) decida, in accordo con l’altra parte di effettuare delle modifiche per la buona riuscita della commessa. Una volta completata la realizzazione, la commessa potrà essere defi-nitivamente chiusa, soprattutto da un punto di vista amministrativo, nel momento in cui il cliente effettuerà il pagamento di quanto dovuto, dopo la normale fattu-razione.
L’analisi dei costi appare quindi fondamentale in ogni fase del ciclo di vita della commessa, in fase preventiva, durante la produzione e in fase di chiusura della commessa.
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2.4 – Il controllo di gestione per le aziende che producono su
commessa
Uno dei motivi per il quale il controllo di gestione è diventato una componente fondamentale all’interno delle aziende è, a parere dello scrivente, riconducibile alla globalizzazione che soprattutto nel nuovo millennio ha stravolto le logiche e le dinamiche di mercato, aumentandone la concorrenza, collocando le aziende in un mercato globale e non più locale; questo ha provocato la definizione di ade-guate strategie per quanto concerne i costi di trasporto, una componente che è di-ventata una vera e propria variabile chiave per risultare competitivi. I costi di tra-sporto si sono modificati nel corso degli anni e, per le aziende che producono su commessa, dovranno essere preventivamente calcolati ma soprattutto rispettati per rientrare nei costi definiti e quindi generare il mark-up voluto inizialmente. Tuttavia, operando su commessa, il monitoraggio dei costi di trasporto non è più sufficiente in quanto è opportuno rispettare i tempi di consegna per poter soddi-sfare il cliente in maniera adeguata, tornando quindi a sottolineare l’importanza di affiancare altre tipologie di indicatori a quelli economico-finanziari; un tra-sporto più oneroso ma puntuale è preferibile qualora la consegna sia una fase alla quale il cliente attribuisce un valore specifico e quindi non sempre verrà scelto il fornitore che applica i prezzi minori, ma quello che permette di soddisfare le ri-chieste del cliente e dell’azienda.
Le cause che rendono il controllo di gestione complesso, per le aziende che ope-rano nel mercato tipografico, sono riconducibili ai tempi produttivi ridotti e al fatto che è necessaria una costante verifica della qualità e delle tempistiche da ri-spettare.
Il controllo di gestione interviene in diversi momenti durante il processo, per po-ter attuare azioni correttive qualora l’azienda prevedesse un eccessivo scostamen-to dal risultascostamen-to sperascostamen-to, per poi procedere, a commessa completata, ad una sua va-lutazione in termini di efficacia ed efficienza attraverso l’analisi degli scostamen-ti. Si parla appunto di controllo preventivo, concomitante e successivo, in base al