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Analisi di regressione, produttività, efficienza tecnica

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Academic year: 2021

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2.2) Analisi di regressione, produttività, efficienza tecnica

Per pervenire alla misurazione della produttività mediante metodi econometrici potremmo utilizzare una funzione di produzione che collega l’ottenimento di un output Qi all’utilizzo di (p. es.) due input, Ki e Ni.

Qi = ƒ (Ki, Ni) + εi

Come si vedrà, è mediante εt, l’errore di stima, che si può tenere conto di

efficienza e fattori stocastici. Vediamo tuttavia ora di esplicitare le forme funzionali più utilizzate nelle stime di funzioni di produzione: la Cobb-Douglas e la Translog.

La base di partenza della Cobb-Douglas è che vi sia una relazione moltiplicativa tra output e input della generica unità produttiva i del tipo:

Qi = A Kiα Niβ eεt

Questa forma funzionale è molto utilizzata, perché implica costanza dell’elasticità dell’output agli input, che si ritiene sia una caratteristica importante delle strutture produttive delle nostre economie. Effettivamente anche noi l’abbiamo già impiegata nel Cap. 1, dove gli esempi numerici relativi a funzione di produzione, produttività marginale, ecc., erano basati sulle funzioni deterministiche:

Qi = 2 Ki0,3 Ni0,7

Qi = 3 Ki0,3 Ni0,7

Il passaggio dalla prima alla seconda funzione è, in effetti, alla base dell’esempio di progresso tecnico dato nella Tab. 1.6.

Per vedere che la Cobb-Douglas implica la costanza dell’elasticità dell’output agli input, si prendano i logaritmi naturali delle variabili (qi = ln Qi, e similmente per le

altre variabili). Si otterrà quindi una forma funzionale lineare nei logaritmi naturali, che ben si presta all’analisi di regressione lineare:

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qi = ln A + β1 ki + β2 ni + εi

Le derivate parziali di questa forma funzionali sono derivate logaritmiche, e si può facilmente dimostrare che vi è approssimativamente uguaglianza tra le derivate logaritmiche e le elasticità. Dunque, le costanti β1 e β2 sono elasticità costanti dell’output rispettivamente al capitale e al lavoro. Ancora, la loro somma definisce i rendimenti di scala della funzione di produzione.

Se β1 + β2 = 1, abbiamo rendimenti di scala costanti; se β1 + β2 < 1, abbiamo rendimenti di scala decrescenti; se β1 + β2 > 1, abbiamo rendimenti di scala crescenti.

Formalmente, si può affermare che la Cobb-Douglas è una forma funzionale omogenea di grado β1 + β2,poiché un aumento di x volte degli input porta a un aumento dell’output di x(β1 + β2).

La forma funzionale Translog perde questa proprietà di elasticità, ma guadagna in flessibilità. Un semplice esempio della Translog è:

qi = ln A + β1 ki + β2 ni + 1/2 ( β11 ki 2

+ β22 ni 2

+ β12 ki ni ) + εi

La Translog è più flessibile della Cobb-Douglas in quanto, per esempio, l’elasticità dell’output al capitale è uguale a β1 + 1/2 β11 kt + 1/2 β12 nt. Dunque questa elasticità

può prendere valori diversi in punti diversi della funzione e permettere un migliore accostamento della funzione ai dati. Peraltro, non è più possibile dire che un aumento di x volte degli input porta a un aumento dell’output di x(β1 + β2), e quindi la

proprietà di omogeneità non vale più per la Translog.

Vi è tuttavia un particolare problema nell’applicare la metodologia della regressione alla stima di funzioni di produzione. In effetti, la funzione di produzione è una frontiera rappresentante il massimo output ottenibile da determinati fattori -oppure il minimo input compatibile con un certo output, dato lo stato della tecnologia. Si evince, quindi, che la distanza che separa ciascuna entità produttiva dalla sua frontiera

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di produzione può essere considerata come una misura della sua inefficienza tecnica (e, per un dato stato della conoscenze tecniche, della sua produttività).

Ma allora, come è possibile applicare in questo ambito l’analisi di regressione, nella quale la funzione che interpola una nuvola di punti passa nel loro mezzo, e non, come dovrebbe essere per la funzione di produzione, sopra di loro? La risposta sta nella possibilità di adattare l’analisi di regressione tradizionale, adottando procedure tali da produrre uno spostamento della retta di regressione al di sopra dei punti osservati. A tale riguardo l’ipotesi più semplice è che tutti gli scarti dalla frontiera siano dovuti a inefficienza (la cosiddetta ipotesi deterministica). In altre parole, i termini di errore riflettono interamente l’inefficienza di una data unità produttiva, e la retta di regressione sarà spostata verso l’alto in funzione del livello di questi residui.

Prendiamo come esempio la più semplice di queste procedure deterministiche, quella denominata dei minimi quadrati corretti. Consideriamo una semplice funzione Cobb-Douglas:

qi = α⌢ + β⌢1 ki + β⌢2 ni + εi

ovvero,

q⌢i = α⌢ + β⌢1 ki + β⌢2 ni

dove sia i βj che il termine costante (che è una stima di ln A) sono stimati mediante il

metodo dei minimi quadrati. I residui εi sono quindi uguali a (qi – q⌢i), dove q⌢i sono i

valori di q previsti dalla regressione, e qi i valori effettivi di q. Secondo il metodo dei

minimi quadrati corretti, l’intercetta della funzione di produzione si trova mediante la somma α + max (εi), dove max (εi) è il residuo positivo più grande, mentre i

residui devono essere ricalcolati come la differenza tra εi e max (εi):

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q⌢ ’i = α⌢ + max (εi) + β⌢1 ki + β⌢2 ni

In questo modo, la retta di regressione passa sul punto “più alto” e al di sopra di tutti gli altri punti osservati. La differenza ( q iq⌢ ’i ) = [εi - max (εi)] sarà quindi

sempre negativa (o uguale a zero per l’osservazione più efficiente), e misurerà l’efficienza nel senso dell’output di ognuna delle unità produttive considerate.

Volendo riformulare la misura dell’efficienza tecnica in termini di valori naturali delle variabili (e non dei loro logaritmi naturali), si otterrà la seguente formula:

ETi = exp ( q iq⌢ ’i ) = exp [εi - max (εi)]

Come già detto qui sopra i modelli parametrici deterministici si caratterizzano per l’ipotesi che il termine di errore rifletta interamente l’inefficienza di una data unità produttiva.

Un altro filone di ricerca della metodologia parametrica considera invece, per la stima di frontiere di produzione, dei modelli parametrici stocastici a errore composto. In questi modelli (che non saranno considerati in questa sede) diventa quindi possibile distinguere nella struttura del termine di errore gli effetti delle variabili casuali non controllabili dall’impresa da quelli imputabili a inefficienza. In sostanza, i modelli stocastici consentono di rappresentare sia errori imputabili solamente a inefficienza dell’impresa che errori generati dalla rilevazione dei dati o da eventi casuali.

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2.3) Analisi di regressione e stato delle conoscenze tecniche

In an econometric model, a dummy variable is a variable that marks or encodes a particular attribute. A dummy variable has the value zero or one for each observation, e.g. 1 for male and 0 for female.

Social scientists often need to work with categorical variables in which the different values have no real numerical relationship with each other. Examples include variables for race, political affiliation, or marital status. If you have a variable for political affiliation with possible responses including Democrat and Republican, it obviously doesn't make sense to assign values of 1 - 2 and interpret that as meaning that a Republican is somehow three times as politically affiliated as a Democrat. The solution is to use dummy variables - variables with only two values, zero and one. It does make sense to create a variable called "Republican" and interpret it as meaning that someone assigned a 1 on this variable is Republican and someone with an 0 is not.

L’uso delle variabili dummy può essere estremamente approriato nel nostro ambito di analisi. Mediante le variabili binarie si può tenere conto di differenti stati delle conoscenze tecniche. Per esempio, in un campione di paesi presi da diversi continenti, si può ipotizzare che i paesi dell’OCSE abbiano un diverso (e superiore) stato della tecnologia relativamente ai paesi non-OCSE.

Non-OCSE

OCSE

q

x

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Nella figura qui sopra, il diverso stato delle conoscenze tecniche si esplica mediante un diverso valore dell’intercetta (per valori dati degli input X). In termini di regressione, possiamo scrivere:

qi = α⌢OCSE + α⌢Non-OCSE + β ⌢ 1 xi + εi oppure: qi = α⌢ + α⌢Non-OCSE + β ⌢ 1 xi + εi

Nel primo caso i coefficienti di α⌢OCSE e α⌢Non-OCSE rappresentano i differenti valori delle intercette, mentre nel secondo caso α⌢ stima il valore di α⌢OCSE e α⌢Non-OCSE stima la

differenza tra α⌢OCSE e α⌢Non-OCSE.

If you have a categorical variable that has more than two levels, you need to create multiple dummy variables to "take the place of" the original nominal variable. example, imagine that you wanted to predict lo stato delle conoscenze tecniche dai gruppi: OCSE, Asia (non-OCSE), America (non-OCSE), e Africa. Possiamo recode i quattro gruppi into a set of dummy variables, each of which has two levels.

The decision as to which level is not coded is often arbitrary. The level which is not coded is the category to which all other categories will be compared. As such, often the biggest group will be the coded category. For example, OCSE will be the not-coded group if that is the race of the majority of participants in the sample. Anche in that case, if you have a variable called "Asia", the coefficient on the "Asia" variable in your regression will show the effect being Asia rather than OCSE has on lo stato delle conoscenze tecniche.

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Regression equations that use time series data may include a time index or trend variable. A linear trend variable (t) takes the values 1, 2, ... , T. That is, a linear trend is equal to one in the beginning observation of the current sample and increases by one in every period.

qt = α⌢ + β⌢1 xt + β⌢2 t + εt

This trend variable can serve as a proxy for a variable that affects the dependent variable and is not directly observable -- but is highly correlated with time. For example, in the estimation of production functions a trend variable may be included as a proxy for technological change. For the estimation of consumption functions a trend variable may serve as a proxy for changes in consumer preferences.

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2.4) Analisi di regressione e distorsione ciclica della produttività

E’ opportuno rilevare un grosso problema delle misure di produttività (ed efficienza) ottenute nel § 2.2. In ragione delle diverse velocità di aggiustamento di output e input, queste misure risentono di un problema di distorsione ciclica. In altre parole queste misure possono essere influenzate da fattori puramente ciclici, che nulla hanno da spartire con stato della tecnologia o efficienza tecnica. In termini di variazioni, esse non avrebbero nulla da spartire con progresso tecnico o variazione dell’efficienza tecnica.

Per ciò che riguarda il fattore lavoro, se le imprese aumentano o diminuiscono la produzione per far fronte a fluttuazioni della domanda, è improbabile che, almeno nel breve periodo, esse facciano variare di un pari ammontare le ore di lavoro. Ciò avviene perché il ricorso a ore di straordinario, l'assunzione di personale inesperto o il licenziamento di personale qualificato (che ha sovente appreso il mestiere a spese dell'impresa stessa) sono attività che presentano un costo per le imprese. Esse saranno disposte a farsene carico solo nel caso in cui saranno sicure della permanenza delle variazioni della produzione. In caso contrario, esse preferiranno far fronte alle variazioni di produzione spostando temporaneamente il personale da un reparto all'altro. Per esempio, un aumento della produzione potrà essere realizzato portando al reparto produzione degli addetti alle riparazioni.

Dunque, nel breve periodo la produzione presenta tipicamente fluttuazioni cicliche più accentuate delle ore di lavoro effettuate presso l'entità economica considerata (anche se non delle ore di lavoro effettivamente impiegate nell'ambito dell'attività produttiva), oltre che da un reale cambiamento nelle capacità di questa entità economica di trasformare risorse in beni e servizi. In altre parole, (a) è difficile misurare delle ore di lavoro effettivamente impiegate nell'ambito dell'attività produttiva; (b) le ore di lavoro effettuate presso l'entità economica considerata tendono ad aggiustarsi con ritardo relativamente all’output. Mettendo in ordinata la produzione e in ascissa le ore di lavoro effettuate, ne consegue una situazione che può essere descritta dal grafico sottostante.

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In ragione di problemi di misurazione, parrebbe che l’unità osservata possa aumentare il suo output a parità di input (da A a E), e quindi sperimenti progresso tecnico o variazione dell’efficienza. In realtà, qualora l’input di lavoro fosse misurato correttamente (oppure una volta che, superati i ritardi di aggiustamento, le ore di lavoro effettuate presso l'entità economica considerata tendono a raggiungere le ore di lavoro effettivamente impiegate nell'ambito dell'attività produttiva), si vedrebbe che l’unità osservata è passata da A a Z, ottenendo maggiore output, ma anche ricorrendo a maggiore input.

Come soluzione al problema qui sopra delineato, si potrebbero considerare misure del fattore lavoro in cui si tenga unicamente conto (al denominatore) delle ore di lavoro

effettivamente impiegate nell'ambito dell'attività produttiva. Una tale soluzione è

tuttavia di difficile attuazione pratica nella maggior parte dei casi.

D'altra parte, dovrebbe essere chiaro che, dati i minori costi di aggiustamento delle ore pro-capite rispetto al numero degli addetti, l'utilizzazione di quest'ultima grandezza non può che portare a una maggiore distorsione ciclica della produttività. Di conseguenza sembra preferibile utilizzare (per quanto possibile) come misura del fattore lavoro un indice delle ore di lavoro.

Analoghe considerazioni valgono per la corretta valutazione dei servizi di capitale impiegati nel processo di produzione. Infatti, le misure tipicamente disponibili per lo stock di capitale materiale ben difficilmente potranno dar conto delle variazioni cicliche dei servizi forniti dal fattore capitale nel processo di produzione. Di fronte alla necessità

Funzione di produzione 0 1000 2000 3000 0 1000 2000 3000 4000 5000 N Q E A Z A A

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di effettuare variazioni nella quantità prodotta, le imprese preferiranno, nel breve periodo, far variare il tasso di utilizzazione dei propri impianti prima di procurarsi nuovi beni capitali o di disfarsi dei vecchi beni capitali. E' quindi evidente che se non è possibile correggere le misure dello stock di capitale per tenere conto del tasso di utilizzazione degli impianti, le fluttuazioni cicliche della produzione saranno ben più accentuate di quelle del capitale.

In una fase di recessione (espansione) vi sarà dunque una sottostima (sovrastima) delle capacità strutturali dell'entità economica considerata di trasformare risorse in beni e servizi. Come si è già detto, per ciò che riguarda la misurazione del fattore lavoro, l'impiego delle ore di lavoro pro-capite accanto al numero degli addetti rende questa distorsione ciclica della produttività meno accentuata. Nell'ambito della misurazione del fattore capitale, è possibile utilizzare delle misure del tasso di utilizzazione degli impianti, che tuttavia non sempre si rivelano attendibili. In ogni caso, è chiaro che qualora le misure disponibili per i fattori di produzione tendano a sottostimare o a sovrastimare nel corso del ciclo economico i servizi produttivi effettivamente resi da questi fattori, ciò influenzerà sia le misure di produttività.

Ovviamente, quanto più estesi sono gli intervalli di tempo che si considerano (per esempio un triennio rispetto a un trimestre), tanto più le variazioni della produzione saranno dovute a fattori di natura permanente e tanto minore sarà la divergenza ciclica tra queste variazioni e quelle degli input.

Intuitivamente, è possibile notare come risultati simili si ottengano stimando specificazioni econometriche della funzione di produzione che includono valori passati di output e input:

Qt = ƒ (Qt-1 , …, Kt , Kt-1 , …, Nt , Nt-1 , …) + εt

Molto intuitivamente, includendo valori passati di output e input si stabilisce una relazione funzionale tra medie mobili di queste variabili prese su più periodi, considerando quindi intervalli di tempo sufficientemente lunghi e riducendo la distorsione ciclica delle misure di produttività.

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