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IL DELIRIO POST-OPERATORIO UN PROBLEMA DI MEDICINA PERIOPERATORIA

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ di PISA

FACOLTA’ di MEDICINA e CHIRURGIA

Tesi di Laurea:

“IL DELIRIO POST-OPERATORIO UN

PROBLEMA DI MEDICINA PERIOPERATORIA”

RELATORE:

Chiar.mo Prof. Francesco GIUNTA

CANDIDATO:

AlessandraVANNI

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2

Indice

INTRODUZIONE... 3

DELIRIO: CENNI STORICI ... 3

CAPITOLO 1 ... 7

IL DELIRIO: DEFINIZIONE E PREVALENZA ... 7

PATOGENEPATSI DEL DELIRIO... 8

VULNERABILITA SELETTIVA ... 10

STRUTTURA NEURONALE E SUSCETTIBILITA'... 10

IPOSSIA... 12

L'ATTIVITA' DEI NEUROTRASMETTITORI NEL DELIRIO ... 12

SUSCETTIBILITA' PROGRESSIVA ... 14

EZIOLOGIA... 14

FATTORI PREDISPONENTI ... 15

FATTORI PRECIPITANTI... 17

CRITERI USATI PER LA DIAGNOSI ... 20

CONSEGUENZE PER IL PAZIENTE ... 21

CAPITOLO II... 28

ANESTESIA E SVILUPPO DI DELIRIO POSTOPERATORIO ... 28

PERIOPERATORIO E DELIRIO... 29

LA TECNICA DI ANESTESIA: ... 32

ANESTESIA GENERALE VS ANESTESIA SPINALE ... 32

CAPITOLO III ... 35

DOLORE E DELIRIO ... 35

IL TRATTAMENTO DEL DOLORE... 37

FARMACI ANALGESICI ... 38

PREEMPTIVE ANALGESIA... 43

TRATTAMENTO DEL DOLORE IN CORSIA: PCA... 44

ANALGESIA REGIONALE... 45

CAPITOLO IV ... 47

IL TRATTAMENTO DEL DELIRIO ... 47

PROGNOSI E PREVENZIONE DEL DELIRIO POSTOPERATORIO... 50

PROPOSTA DI PROTOCOLLO ... 52

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INTRODUZIONE

DELIRIO: CENNI STORICI

Il delirio (dal latino de-lirium uscire dal solco, dalla linea retta, delirare) è conosciuto fin dai tempi antichi, il primo a chiamarlo così fu Celsus nel primo secolo avanti cristo. I disturbi del ciclo sonno veglia e altri sintomi fondamentali del delirio sono stati ritrovati anche in scritti di altri autori tra cui Ippocrate. Il delirio è stato definito nel corso del tempo in vario modo: letargia, stato confusionale acuto ed encefalopatia metabolica. Nel 1870 Hood descrisse una serie di casi di “delirio senile” ed egli concluse che tale sintomatologia poteva svilupparsi nelle persone anziane affette o meno da disturbi mentali, e che era fondamentale una pronta diagnosi e un tempestivo trattamento in quanto, pur essendo la malattia potenzialmente reversibile, poteva portare a morte del paziente. Nel 1904 Pikett mise ordine fra i concetti di “confusione”, “delirio” e “demenza senile” usati, spesso erroneamente, come sinonimi. Egli infatti sottolineò l'importanza della distinzione fra le tre condizioni patologiche. Con il termine “confusione” egli intendeva un disordine mentale transitorio conseguenza di eventi particolarmente stressanti, come un lutto ad esempio. Con “delirio”, invece, una condizione morbosa simile alla confusione, ma che aveva sempre alla base una causa organica. Infine, con il termine “demenza” descriveva una patologia cronica e progressiva, che a differenza delle altre due non era transitoria, ma per l'appunto cronica, e incurabile. Dal 1939 in poi, il concetto di delirio è stato descritto in maniera più chiara ed è stata ampiamente riconosciuta l'importanza della diagnosi differenziale con la demenza senile (Tab.1), mentre si è stabilito che termini come “confusione” o “stato confusionale acuto” non dovessero essere utilizzati fintanto che il loro stato nosologico non sia chiarificato. Da poco meno di vent'anni si è cominciato a parlare anche di delirio postoperatorio. Questa forma di delirio viene fatta

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State e Disordini Neurocognitivi Minori, detti anche Postoperative Cognitive Dysfunction per la loro presentazione cronica. Il delirio acuto è distinto in Emergences Delirium, stato di agitazione che insorge nell'immediato postoperatorio e può verificarsi ad ogni età e delirio a breve termine o “Brief-Delirium”, che si manifesta fra la II e la IV giornata del postoperatorio ed è la forma che più frequentemente incontriamo in ambito chirurgico e si distingue dall'altra forma di deficit cognitivo, denominata “Persistent-Delirium”, delirio a lungo termine, che si mantiene per oltre 3-6 mesi. Per la diagnosi di delirio oggi riveste molta importanza l'applicazione dei criteri descritti nel “Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders” quarta edizione (DSM IV) (Tab.2) e prima ancora nella terza (DSM III). Infatti questi manuali hanno dettato linee guida chiare e precise per la diagnosi di molte sindromi mentali organiche. L'applicazione dei criteri presentati nel DSM IV nella pratica clinica possono aiutare il riconoscimento del delirio e quindi di pianificare una terapia tempestiva ed efficace. Tuttavia nonostante i numerosi progressi e il moltiplicarsi delle linee guida, il delirio spesso non è diagnosticato. Il suo mancato riconoscimento può prolungare l'ospedalizzazione ed incrementare la mortalità e la morbilità. La terapia del delirio si muove su più fronti: quello farmacologico, quello non farmacologico e quello della prevenzione. Il primo vede l'utilizzo di Aloperidolo come farmaco di prima scelta nel trattamento del delirio, il secondo agisce impiegando alcuni accorgimenti che minimizzino il rischio di delirio a cominciare da un ambiente confortevole e da buona l'illuminazione delle stanze. In fine il terzo approccio, quello della prevenzione. Questo acquista particolare importanza per quanto riguarda il delirio postoperatorio, in quanto è possibile sottoporre preoperatoriamente il paziente ad una serie di esami per valutare la presenza di fattori predisponenti il delirio e quindi di mettere in atto misure protettive o comunque di non farsi trovare impreparati nell'eventualità della comparsa di questa complicanza.

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Tabella 1

Caratteristiche differenziali tra delirio e demenza

Delirio Demenza

Esordio acuto Esordio subdolo

Data di esordio precisa Data di esordio incerta Di solito reversibile Lentamente ingravescente Durata breve (di solito da qualche giorno

a qualche settimana)

Durata lunga (anni)

Fluttuazioni (di solito nel corso di periodi che vanno da qualche minuto a diverse ore)

Giorni “buoni” e gorni “brutti”

Livello di coscienza alterato Livello di coscienza normale Tipicamente, associato all'assunzione o

all'astinenza da farmaci o a malattia acuta

Tipicamente, nessuna associazione con l'uso di farmaci o con una malattia acuta Quasi sempre maggiore di notte (effetto

tramonto)

Spesso peggiore di notte

Disturbi dell'attenzione Attenzione non mantenuta

Disorientamento variabile Disorientamento temporo-spaziale Tipicamente linguaggio lento, incoerente

e inappropriato

Possibile difficoltà a trocare la parola giusta

Rievocazione mnesica compromessa, ma in maniera variabile

Amnesia, in particolare per gli eventi recenti

Tabella 2. Diagnosi di delirio secondo il DSM IV

1. Disturbo dello stato di coscienza (ridotta consapevolezza dell'ambiente) con ridotta capacità di fissare, mantenere e spostare l'attenzione.

2. Alterazioni della sfera cognitiva (deficit di memoria, disorientamento temporo-spaziale, disturbi del linguaggio) non giustificabili da una demenza preesistente o in evoluzione.

3. Il disturbo si manifesta in un perido di tempo breve (di solito ore o giorni) ed ha un decorso fluttuante nel corso della giornata.

4. C'è evidenza dalla storia, dall'esame obiettivo, o da altri accertamenti che il disturbo è in diretta conseguenza di una patologia medica in corso, di

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CAPITOLO 1

IL DELIRIO: DEFINIZIONE E PREVALENZA

Il delirio può essere definito come una diminuzione dell'attenzione associato a deficit della memoria e alterazione della coscienza, ad insorgenza acuta e decorso fluttuante nelle ventiquattr'ore (secondo i criteri del DSM IV). In associazione a quanto definito dal DSM IV e dal'ICD-10 (Tab.3), molti pazienti presentano altri sintomi clinici associati, come alterazioni del ciclo sonno-veglia con insonnia o agitazione notturna e disturbi emotivi come, ansia, paura, depressione, irritabilità, rabbia, euforia o apatia. Alterazioni della percezione sono comuni e possono manifestarsi attraverso illusioni, dispercezioni o allucinazioni visive. Nella maggior parte dei casi, come si è già accennato, il delirio insorge velocemente (ore o giorni), ed è di breve durata anche se talvolta la sintomatologia può persistere per diversi mesi (più di sei). Possono essere distinte tre varianti cliniche di delirio: la forma “iperattiva” (o agitata), quella “ipoattiva” (o letargica), particolarmente frequente nel paziente anziano, e una terza detta “mista” in quanto presenta caratteristiche di entrambe le precedenti forme di delirio. Il tipo “iperattivo” è spesso caratterizzato da allucinazioni, agitazione e disorientamento, mentre l' ipoattivo è caratterizzato da confusione e sedazione ed è meno spesso accompagnato da allucinazioni o illusioni. Il deficit cognitivo è analogo in tutte le forme. Il delirio è una condizione comune e grave nel paziente anziano nel quale può riconoscere un'eziologia multipla. Si sviluppa in circa il 40% dei pazienti anziani ospedalizzati, nell' 80% dei pazienti con malattie allo stadio terminale e nel 40% dei pazienti ricoverati con sindrome da immunodeficienza acquisita. Invece l'incidenza del delirio postoperatorio varia ampiamente. Il delirio, in pazienti di tutte le età in chirurgia generale si riscontra nel 5% - 10% e, negli anziani, nel 10% - 15%.

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dopo interventi di urologia solo il 7% dei pazienti sviluppa delirio. Sebbene entrambi i sessi siano ugualmente suscettibili, la maggior parte sono donne. Questo si spiega col fatto che le donne ammontano al 59% della popolazione sopra i 65 anni, età in cui aumenta il rischio di delirio. Il delirio si associa ad un maggio tasso di mortalità. Più del 76% dei pazienti che sviluppano delirio durante l'ospedalizzazione muoiono prima della dimissione e il 25% muore dopo sei mesi dalla dimissione.

PATOGENEPATSI DEL DELIRIO

I meccanismi che stanno alla base del delirio cominciano ora ad essere conosciuti. Fondamentalmente il delirio è una sindrome neuro-comportamentale causata da un transitorio smembramento della normale attività neuronale. Più precisamente rappresenta una risposta ad una diffusa disfunzione cerebrale, ad una riduzione del metabolismo encefalico (dovuto a molte cause) e ad una diminuzione della sintesi dei neurotrasmettitori. Brown propose tre basi principali della fisiopatologia del delirio:

1. Il delirio,che è una disregolazione reversibile della funzione delle membrane neuronali, è iniziato da un'interruzione delle strutture cerebrali maggiormente sensibili. Infatti c'è una “vulnerabilità selettiva” o una suscettibilità di certi neuroni.

2. Il delirio è intimamente legato alle specifiche funzioni e proprietà di pochi neurotrasmettitori, in primo luogo dopamina e acetilcolina.

3. C'è una “progressiva vulnerabilità”, zone più resistenti sviluppano con il tempo segni e sintomi di un danneggiamento progressivo.

Questi tre principi del delirio derivano da due tipi di neuroni. Essi non hanno una scorta energetica sufficiente e non sono tutti ugualmente sensibili al deficit del metabolismo ossidativo.

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Tabella 3. ICD 10: criteri diagnostici di delirio

1. Alterazione della coscienza e dell'attenzione ( che va dall'obnubilamento al coma; ridotta capacità a dirigere, focalizzare, mantenere o spostare l'attenzione)

2. Disordine globale dello stato cognitivo (distorsioni percettive, illusioni e allucinazioni soprattutto visive; alterazione del pensiero astratto e della

comprensione con o senza transitorie illusioni, ma tipicamente con alcuni gradi di incoerenza; alterazioni della memoria a breve termine, ma con la memoria a lungo termine relativamente intatta; disorientamento temporale e nei casi più gravi anche spaziale con mancato riconoscimento delle persone.

3. Disturbi psicomotori (ipo o ipe-attività e imprevedibili passaggi dall'una all'altra forma; tempo di reazione aumentato; aumentato o diminuito flusso di parole

4. Disturbo del ciclo sonno/veglia (insonnia o, nei casi più gravi, totale perdita del sonno o capovolgimento del ciclo sonno/veglia; sonnolenza diurna; peggioramento dei sintomi durante la notte; sogni disturbati o incubi che possono sfociare in

allucinazioni durante la veglia)

5. Disturbi della sfera emozionale, come depressione, ansietà, paura, irritabilità, euforia, apatia.

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VULNERABILITA SELETTIVA

In assenza dei substrati richiesti per formare adenosina trifosfato (ATP), e lavorando con un normale metabolismo, un neurone ha abbastanza ATP per 12 secondi. Una completa paralisi del metabolismo ossidativo è rara. Quello che è comune, invece, è la richiesta di un apporto maggiore di ossigeno o la spesa di più ossigeno o di entrambi nelle malattie gravi. Infatti l'insufficienza renale acuta, la sindrome da distress respiratorio, lo shock settico, il trauma, l'infarto del miocardio, le ustioni, le operazioni chirurgiche e l'ipertiroidismo sono tutte caratterizzate da un aumento del consumo di ossigeno. Le malattie gravi, dunque, portano il paziente ad avere un crescente stress metabolico. Il grado della richiesta di ossigeno in relazione a questo stress sembra essere particolarmente importante nella degenerazione della funzionalità neuronale. Le prime conseguenze di un inadeguato metabolismo ossidativo che possono portare al delirio sono:

1. l'incapacità di mantenere i gradienti ionici, fatto che si instaura velocemente e che porta a una deficit diffuso della funzionalità neuronale.

2. Una scorretta sintesi, rilascio e degradazione dei neurotrasmettitori, in particolare dopamina e acetilcolina.

3. L'incapacità di disfarsi delle potenziali neurotossine.

Vari studi hanno dimostrato che ci sono delle strutture e dei centri nervosi che sono sempre interessati dalla patologia, altri più resistenti. Clinacamente, per esempio, l'ippocampo e la neocortex sono interessati precocemente nel delirio, mentre il cervelletto è relativamente più resistente.

STRUTTURA NEURONALE E SUSCETTIBILITA'

La struttura neuronale gioca un ruolo nella vulnerabilità selettiva. Sulla base della suscettibilità allo stress ossidativo è possibile dividere i neuroni in due

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grandi classi: i suscettibili e i non suscettibili. Un esempio di neurone non suscettibile è l'interneurone. Le pompe ioniche delle membrane neuronali usano nella maggior parte dei casi ATP dipendenti, per cui quanto più è grande un neurone tanto più ATP servirà per le sue pompe ioniche; di converso meno citoplasma ha, meno mitocondri potranno lavorare per supplire alla mancanza di ATP. Dunque il rapporto fra al superficie ed il volume (SAVR surface-area-to volume-ratio) di un neurone aiuta a definire quanto un neurone sia resistente allo stress ossidativo. Gli interneuroni hanno poche e corte diramazioni assonali e dendritiche quindi un più basso SAVR, per cui tendono ad essere meno suscettibili allo stress ossidativo rispetto ai neuroni con assoni e dendriti molto lunghi e numerosi. I neuroni suscettibili, avendo assoni numerosi e grandi attaccati ad un corpo relativamente piccolo,devono trasportare substrati metabolici per lunghe distanze. Per cui richiedono una quantità di energia relativamente alta. In caso di stress ossidativo l' interessamento di questi neuroni è precoce rispetto a quello dei non suscettibili. Tra i neuroni colpiti precocemente dallo stress ossidativo si riscontrano maggiormente quelli che usano come neurotrasmettitori l'acetilcolina, la dopamina, la serotonina e l'istamina. Il danneggiamento della funzione neuronale è dovuto ad un cambiamento il flusso ionico attraverso la membrana. Tra questi c'è una aumento del flusso di calcio nel citoplasma e il rilascio di dopamina e glutammato. Inizialmente, è proprio questo meccanismo che sta alla base dei disturbi neurocomportamentali del delirio e probabilmente anche del suo decorso fluttuante . I neuroni suscettibili potrebbero essere capaci di ripristinare la normale l'attività a livello delle membrane, ma con il progredire dello stress ossidativo persisterà un'anomala attività membranale che produrrà ulteriori disfunzioni neuronali.

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IPOSSIA

Gli effetti dell'ipossia sul sistema nervoso centrale sono stati ben studiati e sono importanti per capire alcune delle alterazioni molecolari nel delirio. Ipossia determina un aumento del flusso del calcio e un decremento nella conversione della dopamina in noradrenalina e un aumento del rilascio della dopamina. Nello stesso tempo diminuisce la disponibilità della dopamina nel cervello. I livelli della serotonina cadono nella corteccia cerebrale, mentre sono elevati a livello dello striato e invariati nel tronco cerebrale. La sintesi e il rilascio dell'acetilcolina, che gioca un ruolo importante nell'eccitamento della corteccia, è ridotta durante l'ipossia. Anche il rilascio di glutammato è aumentato in caso di ipossia, ed ha l'effetto di stimolare l'ingresso di calcio nella cellula creando un circolo vizioso. Tutti questi meccanismi biomolecolari che sono presenti durante l'ipossia, sono importanti per capire e trattare il delirio.

L'ATTIVITA' DEI NEUROTRASMETTITORI NEL DELIRIO

Dopamina. In condizioni di ipossia ,come abbiamo detto, il rilascio di dopamina

è significativamente aumentato e il re-uptake diminuito. Questo cambiamento è in parte facilitato dagli effetti eccitotossici del glutammato. La dopamina ha effetti tossici sui neuroni sia da un punto di vista strutturale, attraverso la produzione di radicali liberi, sia funzionale, attraverso il potenziamento eccessivo dell'attività glutamminergica. La catecol-o-metil-transferasi uno dei più importanti enzimi che catabolizzano la dopamina, è inibito dai radicali liberi in condizioni di ipossia. L'iperattività della dopamina nel sistema mesolimbico, rende ragione di alcuni sintomi del delirio simili a quelli della schizofrenia: agitazione, allucinazioni, difficoltà di concentrazione e dell'alterazione della condotta.

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ridotti. Clinicamente, il deficit della neurotrasmissione colinergica è stato a lungo correlato con le caratteristiche cognitive e comportamentali del delirio. Infatti se il suo rilascio è alterato o i suoi effetti post-sinaptici sono bloccati farmacologicamente, c'è un'interruzione delle funzioni cognitive più alte. La diffusa disfunzione corticale nel delirio sembra correlata con le conseguenze anatomiche e cliniche del blocco del sistema colinergico e muscarinico.

Serotonina. Il ruolo della serotonina nella genesi del delirio non è chiaro.

Sappiamo da molto tempo che questo neurotrasmettitore è tossico ad elevate concentrazioni. La serotonina è un importante modulatore dell'attività neuronale come le catecolamine e l'acetilcolina. Quando la serotonina è elevata possono provocare uno stato di ipoattività; bassi livelli di serotonina sono invece associati al delirio iperattivo. In ogni caso alterazioni della serotonina si presentano senza le fluttuazioni tipiche del delirio.

Istamina. L'istamina è un altro importante neuromodulatore. Dei tre sottotipi

recettoriali identificati, l' HA1 e l' HA2 si sono dimostrati capaci di alterare la

polarità dei neuroni della corteccia e dell'ippocampo. Gli antagonisti farmacologici di entrambi i sottotipi suddetti possono causare delirio; d'altra parte nel caso in cui l'istamina sia rilasciata in eccesso, come nello stress operatorio o nell'ipossia, il blocco farmacologico dei recettori HA1 e HA2 aiuta a

limitare la morte neuronale all'interno dell'ippocampo. La possibilità che l'eccesso o l' insufficienza dell'istamina possa essere associata con il delirio è in linea con l'idea alla base del delirio ci sia principalmente un'interruzione delle funzioni della membrana neuronale. E' noto che certi farmaci possono causare delirio, come la difenidramina, che ha un effetto sia antistaminico che anticolinergico; gli antagonisti HA2, come la cimetidina e la ranitidina, possono causare disfunzioni cognitive, specialmente nell'anziano.

Cortisolo. La ghiandola surrenale può giocare un ruolo nella patogenesi del

delirio. E' noto che un aumento acuto di cortisone iatrogeno nelle persone causa una disfunzione transitoria dell'ippocampo e una ipercortisolemia cronica, come

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nel Cushing, si associa ad una riduzione del volume dell'ippocampo. Dopo una chirurgia maggiore, l'aumento postoperatorio del cortisolo nel sangue può facilitare l'interruzione delle funzioni dell'ippocampo, che una possibile causa endogena del delirio postoperatorio. L'interruzione delle funzioni dell'ippocampo porta ad una mancata inibizione del rilascio di cortisolo i cui livelli si manterrebbero alti. Quindi la risposta stessa agli stress alla fine può essere implicata nella patogenesi del delirio.

SUSCETTIBILITA' PROGRESSIVA

Alcuni studi hanno suggerito che esistano alcune popolazioni di neuroni responsabili dell'inizio del processo del delirio, e che la progressiva degenerazione cominci in strutture più suscettibili e che coinvolga in un secondo momento anche parti inizialmente più resistenti. Questo è in linea con l'idea che il delirio sia dovuto a una vulnerabilità selettiva dei neuroni in corso di stress ossidativo. Appena un neurone perde la sua stabilità membranale, le strutture vicine trovano più difficile mantenere la loro stessa stabilità neurofisiologica. Un'importante caratteristica dell'ampia depressione neuronale è la reale suscettibilità delle popolazioni neuronali a questo disturbo. Per esempio, i neuroni ippocampici sono affetti per primi, seguiti dai neuroni della neocortex, dai nuclei subtalamici, dal tronco cerebrale, dalla materia grigia, dalla corteccia cerebellare e dal midollo spinale. La progressione della depressione neuronale assomiglia al corso clinico del delirio.

EZIOLOGIA

Si distinguono in letteratura due tipi di fattori che incidono sull'insorgenza del delirio postoperatorio: predisponentie precipitanti. ( Tab.4)

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FATTORI PREDISPONENTI

Eta. I processi d'invecchiamento, i danni, le malattie celebrali e l'indebolimento

del visus e dell'udito, predispongono l'anziano al delirio. Infatti l'invecchiamento cerebrale e la perdita dei sensi specifici sembra facilitare il disordine cognitivo in risposta ad eventi stressanti sia fisici che psicologici. Nell'anziano, inoltre, è ridotta la capacità di regolare l'omeostasi e di resistere agli stress, cosa che sembra essere dovuta ad un danneggiamento età-correlato dei nuclei ipotalamici. Il ritmo circadiano cambia, le parti di cervello che permettono i normali processi cognitivi sono suscettibili all'invecchiamento e mostrano una perdita selettiva di neuroni. Si osservano anche perdite neuronali e dendritiche nella corteccia. La corteccia frontale, l'ippocampo e il locus ceruleus sono fra le strutture più coinvolte.

Patologie cerebrali. Le malattie cerebrovascolari aumentano la vulnerabilità dei

pazienti all'ipossia, la quale comporta una riduzione nella sintesi di acetilcolina, quindi predispone alla confusione. Nelle persone con disfunzioni cerebrali organiche o con deficit sensoriali, lo stress perioperatorio può causare illusioni, allucinazioni e paranoia, in tal modo si stabiliscono le basi per il delirio. Nel periodo postoperatorio, un paziente che non faccia farmaci anticonvulsivanti può anche sviluppare un delirio di tipo convulsivo, che può durare molti giorni.

Terapie farmacologiche e interazione fra i farmaci. Alcuni farmaci in

particolare gli anti parkinsoniani, i farmaci psicotropi, gli antipertensivi ed in generale tutte le medicine per il cuore sono associati ad un maggior rischio di reazioni farmaceutiche avverse, inoltre l'utilizzo cronico di benzodiazepine predispone il paziente al delirio postoperatorio. Anche in questo caso la classe più a rischio è rappresentata dagli anziani in quanto fanno un gran uso di medicinali e sono più soggetti agli effetti collaterali dati dai farmaci. Hurwitz ha osservato che l'incidenza di reazioni avverse in pazienti con età compresa fra i 70 e i 79 anni, erano tre volte maggiori di quelle presenti nei pazienti con età compresa fra i 40 e i 45 anni. Alcuni autori hanno anche evidenziato che

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l'interazione fra antidepressivi triciclici e anestesia ge nerale possa essere causa di delirio postoperatorio.

Astinenza da alcool e da farmaci sedativo-ipnotici. Indagini svolte su pazienti

anziani ospedalizzati hanno mostrato che la prevalenza di abuso di alcool è circa del 18% e che il 10% - 15% degli ospedalizzati, soprattutto anziani, fanno uso regolarmente di ipnotici. Il delirio causato dall'astinenza da alcool o da ipnotici può manifestarsi dopo 12-48 ore dall'intervento chirurgico. Il delirium tremens da astinenza da alcool è drammatico e velocemente identificabile. Comunque, in un alcolista con deficit di tiamina, la somministrazione di glucosio intravenoso può causare la sindrome di Wernicke-Korsakoff. Questo stato può rimanere indiagnosticato perché associato a segni neurologici che potrebbero essere difficilmente evidenziabili nel paziente delirante, specialmente nel postoperatorio.

Malattie endocrine e metaboliche. L'uso di diuretici nel paziente anziano può

spesso causare iponatriemia, ipomagnesiemia e alcalosi metabolica. Quando un paziente presenta un aumento della disidratazione e degli squilibri elettrolitici dopo un intervento chirurgico, le possibilità di avere delirio crescono. Le endocrinopatie come la chetoacidosi diabetica o il diabete iperglicemico non chetoacidotico, iper o l'ipotiroidismo, l'insufficienza epatica, renale o polmonare, predispongono al delirio.

Depressione, demenza, ansia. Studi hanno osservato che il delirio o uno stato

confusionale acuto nel postoperatorio, si hanno nell'88% dei pazienti che soffrono di depressione. Nei depressi si ha una deficienza dei sistemi di trasmissione serotoninergica e noradrenergica che possono predisporre al delirio. La demenza può essere causata da un deficit nel sistema colinergico e della somatostatina, i quali sono essenziali per le normali funzioni cognitive, l'attenzione e il ciclo sonno veglia. Un paziente demente è quindi, più suscettibile al delirio. Fattori psicologici come l'ansia, giocano un ruolo importante nell'incidenza del delirio. Alcuni autori sono fermamente convinti

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che un'adeguata preparazione psicologica del paziente prima di un intervento chirurgico, possa evitare l'insorgenza del delirio. Infatti quando i pazienti sono tranquilli e non hanno molta ansia, il delirio è molto meno frequente.

Valore ASA > 2. La classificazione ASA (Tab.5) rappresenta un indicatore del

rischio al quale il paziente va incontro sottoponendosi all'intervento ed esprime anche la condizione clinica funzionale del paziente legate alle comorbilità. Un valore ASA > 2 è stato considerato un fattore di rischio per lo sviluppo di delirio postoperatorio.

FATTORI PRECIPITANTI

Chirurgia ed anestesia. Il delirio postoperatorio è strettamente legato al tipo di

chirurgia. La sua prevalenza varia molto se si considerano tipi diversi d'interventi. Nella chirurgia cardiovascolare, per esempio, l'incidenza del delirio postoperatorio è molto alta. Questo fatto si spiega con la presenza di una diminuita perfusione del SNC che determinano ischemia cerebrale. Anche la chirurgia d'emergenza rappresenta un fattore di rischio così come quella ortopedica. I pazienti trattati chirurgicamente per fratture del collo del femore o sottoposti ad interventi che coinvolgono il midollo osseo, sviluppano il delirio postoperatorio dal 44% al 64% dei casi. In questo tipo di chirurgia l' aumento dell'incidenza del delirio è dovuto ad un maggior rischio di embolia dopo l'intervento a causa della prolungata immobilità postoperatoria dei pazienti. In aggiunta a quanto detto lo stress chirurgico aumenta il rilascio di cortisolo il quale risulta implicato nella patogenesi del delirio, inoltre la ventilazione artificiale può essere causa di ipocapnia. Molti studi hanno evidenziato una riduzione del flusso sanguigno cerebrale anche fino al 43% con una Paco2 di 19

mmHg. La diminuzione di ogni millimetro di Paco2 abbassa il flusso cerebrale

del 2% . Un tale decremento può essere fatale per il paziente anziano. L'anestesia stessa potrebbe essere considerata un fattore precipitante in quanto l'uso di farmaci con attività anticolinergica, la morfina, i miorilassanti, le benzodiazepine etc. in talune situazioni facilitano l'insorgenza di delirio

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postoperatorio.

Sepsi. Le infezioni sono una causa comune di delirio nel paziente ospedalizzato.

Le infezioni del tratto genito -urinario e quelle polmonari sono quelle che più spesso causano delirio. Il meccanismo che sta alla base di questo fatto non è ancora ben conosciuto. Potrebbero esserci effetti secondari come l'ipossia nelle polmoniti e l'encefalopatia nelle epatiti. Infezioni del sistema nervoso centrale e delle meningi frequentemente portano a stati confusionali e al delirio. Le meningiti batteriche possono essere causa di delirio e nel paziente anziano possono mancare i segni meningei.

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Tabella 4. Fattori eziologici

Preoperatori:

1) Patologie cerebrali dovute a: a) cause fisiologiche (invecchiamento), b) cause patologiche (congenite, traumatiche, neoplastiche, vascolari, idiopatiche)

2) Farmaci:

terapia polifarmacologica

intossicazione da farmaci o sindromi d'astinenza

3) Endocrine e Metaboliche: iper o ipotiroidismo, iponatriemia, ipoglicemia 4) Stato mentale: depressione, demenza, ansietà

5) Sesso Intraoperatori:

1) Tipo di chirurgia: ortopedica, cardiaca 2) durata della chirurgia

3) farmaci anestetici usati

4) tipo di anestesia usata (generale o spinale)

5) complicazioni durante l'intervento: ipotensione, iperventilazione, embolismo, ipossemia

Postoperatorie:

1) ipossia: da cause respiratorie, da ipossia perioperatoria, residui degli anestetici 2) ipocapnia

3) dolore 4) sepsi

5) deprivazione o sovraccarico sensoriale

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CRITERI USATI PER LA DIAGNOSI

Secondo i dettami del DSM IV, che rappresenta il gold standard diagnostico per il delirio, sono necessari per la diagnosi di delirio tutti e quattro i criteri seguenti: 1. Disturbo dello stato di coscienza (ridotta consapevolezza dell'ambiente) con

ridotta capacità di fissare, mantenere e spostare l'attenzione.

2. Alterazioni della sfera cognitiva (deficit di memoria, disorientamento temporo-spaziale, disturbi del linguaggio) non giustificabili da una demenza preesistente o in evoluzione.

3. Il disturbo si manifesta in un periodo di tempo breve (di solito ore o giorni) ed a decorso fluttuante nel corso della giornata. C'è evidenza dalla storia,dall'esame obiettivo, o da altri accertamenti che il disturbo è una diretta conseguenza di una patologia medica in corso, di un'intossicazione da farmaci

Tabella 5 . ASA Physical Status Classification System

ASA I: paziente in normali condizioni di salute. Il paziente è capace di salire una

rampa di scale o di fare una camminata in pianura senza difficoltà, dimostrano poca ansia o non ne hanno affatto.

ASA II: il paziente ha patologie sistemiche di lieve entità o sono pazienti ASA 1 che

dimostrano un' ansia maggiore.

ASA III: il paziente presenta patologia sistemiche gravi ed ha un' attività limitata.

Questi pazienti sono capaci di salire una rampa di scale o fare un breve camminata in pianura, ma con alcune difficoltà.

ASA IV: il paziente ha gravi patologia sistemiche che limitano la sua attività ed

eseguono cure salvavita. Il paziente non è capace di salire una rampa di scale o fare una breve passeggiata in pianura. Presenta dispnea a riposo.

ASA V: il paziente è moribondo e non ci si aspetta una sopravvivenza superiore alle

24 h con o senza l'intervento chirurgico.

ASA VI: il paziente è clinicamente morto è mantenuto in vita artificialmente per

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o da sindrome d'astinenza.

La presenza di delirio è comunque plausibile anche quando non c'è evidenza chiara che supporti il criterio 4, ma non esistono altri motivi per spiegare i sintomi manifestati. Non bisogna dimenticare che nell'anziano può essere l'unico sintomo di esordio di qualsiasi patologia acuta, sia medica che chirurgica.Vista l'importanza di questa sindrome e il suo frequente non riconoscimento, sono stati proposti numerosi test di screening che permettono l'identificazione del delirio in modo più rapido: uno di questi è il “Confusion Assessment Method” (CAM) (tab.6-7) che è stato validato in una popolazione ospedaliera molta ampia e consente di distinguere il delirio dalla demenza e dalla depressione con un buon grado di evidenza e con una sensibilità specifica molto elevate (dal 94 al 100% e dal 90 al 95% rispettivamente). L'utilizzo del Mini Mental State (MMSE) (Tab.8) è considerato con un grado di evidenza minore perché non rende possibile la diagnosi di delirio e non distingue tra demenza e delirio, anche se la variazione dei suoi punteggi nel tempo in controlli seriali è

orientativa. MMSE non rileva la caratteristica variabilità dei sintomi, né i disturbi psicomotori. Esistono altri test più specifici quali la “Confusional State Evolution” che valuta il disorientamento, le alterazioni del comportamento,il linguaggio inappropriato e le illusioni/allucinazioni, e la “Delirium Ratio Scale” (Tab.9) che consente di quantizzare la gravità del delirio. Nell'anziano l'esordio del delirio può essere mascherato: le cadute o un'improvvisa incontinenza possono esserne il primo segno d'insorgenza. Addirittura un rapido cambiamento del comportamento dovrebbe essere considerato delirio fino a prova contraria.

CONSEGUENZE PER IL PAZIENTE

Il delirio ha un grande impatto sullo stato di salute del paziente e di conseguenza sui costi sanitari. Questa condizione può determinare un aumento della morbilità e un prolungamento dell'ospedalizzazione. Per molti pazienti anziani

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l'insorgenza del delirio un segno prognostico negativo, tanto che per un certo numero di essi è un evento terminale. La prognosi del delirio rimane comunque influenzata da un tempestivo riconoscimento e da un'adeguata terapia.

Tabella 6. The confusion Assessment Method Diagnostic Algorithm. 1. Insorgenza acuta e andamento fluttuante

Dato acquisito di solito da un familiare: c'è stato un cambiamento acuto nello stato mentale del paziente rispetto alla sua situazione di base? Il comportamento anormale varia durante la giornata, per esempio va e viene o si modifica d'intensità? 0 = no 1 = sì

2. Perdita dell'attenzione

Il paziente presenta difficoltà nel concentrare la sua attenzione, per esempio è facilmente distraibile, non riesce a mantenere il filo del discorso ecc.?

0 = no 1 = sì

3. Disorganizzazione del pensiero

Il pensiero del paziente è disorganizzato e incoerente, passa da un argomento all'altro senza filo logico, in modo imprevedibile?

0 = no 1 =sì

4. Alterato livello di coscienza

0 = vigile

1 = iperallerta, letargia, stupor, coma

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Tabella 7. Confusion assestament Method (CAM)

1. Modificazioni improvvise dello stato mentale:

C'è stato un cambiamento acuto nello stato mentale del paziente rispetto alla situazione di base?

Si No

2. Ridotta capacità di attenzione:

a) Il paziente presenta difficoltà a concentrarsi (per es. è facilmente distraibile), non riesce a mantenere il filo del discorso o ha difficoltà a ricordare ciò che è stato detto: ? Mai durante l'intervista

? Presente a tratti durante l'intervista, ma in forma lieve ? Presente a tratti durante l'intervista in forma marcata ? Non definibile

b) Se c'è ridotta capacità di attenzione durante l'intervista, il comportanmento è oscillante o tende ad aumentare o diminuire nella sua severità?

? Sì ? No ? Incerto

? Non applicabile

c) Se c'è ridotta capacità di attenzione, descrivere il comportamento.

3. Pensiero disorganizzato:

Il pensiero del paziente è disorganizzato e incoerente, passa da un argomento all'altro senza filo logico e in modo

imprevedibile?

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Tabella 7. Confusion assestament Method (CAM)

4. Alterato livello di coscienza:

In generale come valuteresti il livello di coscienza del paziente? ? Attento (normale)

? Vigile (iper-allerta, eccessivamente sensibile agli stimoli ambientali, si spaventa facilmente)

? Letargico (assopito, ma facilmente risvegliabile) ? Stato stuporoso (difficilmente risvegliabile) ? Coma (non risvegliabile)

? Non applicabile

5. Disorientamento:

Il paziente durante tutta la durata dell'intervista è disorientato nel tempo e nello spazio; pensa di essere in un altro luogo, in un letto non suo

Sì No

6. Diminuzione della memoria:

Il paziente durante l'intervista ha presentato disturbi della

memoria, come difficoltà a ricordare gli eventi accaduti durante il ricovero, o difficoltà a ricordare le istruzioni ricevute?

Sì No

7. Percezione alterata:

Il paziente ha presentato un disturbo percettivo, come

allucinazioni/illusioni, o interpretazioni errate tali da associare qualcosa di reale a qualcosa di irreale?

Sì No

8. Agitazione psicomotoria (parte 1):

Il paziente durante l'intervista presenta un'agitazione motoria crescente, quasi irrefrenabile, come il disfare il letto,

tamburellare le dita o cambiare in modo frenetico posizione?

Sì No

9. Rallentamento psicomotorio (parte 2):

Il paziente durante l'intervista presenta una riduzione dell'attività motoria con rallentamento e letargia, come il mantenere a lungo la stessa posizione o muoversi molto lentamente?

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Tabella 7. Confusion assestament Method (CAM)

10. Alterazione del ritmo sonno/veglia:

Il paziente presenta un evidente alterazione del ritmo

sonno/veglia come un'eccessiva sonnolenza diurna o insonnia notturna?

Sì No

Tabella 8. Mini Mental State Evaluation (M.M.S.E.)

Test somministrabile ………. |_| si |_| no In che anno siamo? (0-1) |

In che stagione siamo? (0-1) | In che mese siamo? (0-1) | Mi dica la data di oggi? (0-1) |

Che giorno della settimana è oggi? (0-1) | Mi dica in che nazione siamo? (0-1) | In quale Regione italiana siamo? (0-1) | In quale città ci troviamo? (0-1) | A che piano siamo? (0-1) |

Far ripetere: “pane, casa, gatto”. La prima ripetizione dà adito al punteggio.

Ripetere finché il soggetto esegue correttamente, max 6 volte (0-3) |

Far contare a ritroso da 100 togliendo 7 per cinque volte: - 93 - 86 - 72 - 65.

Se non completa questa prova, allora far sillabare all’indietro la parola: MONDO: O- D - N - O - M - (0-5) |

Chiedere la ripetizione dei tre soggetti precedenti (0-3) |

Mostrare un orologio ed una matita chiedendo di dirne il nome (0-2) | Ripeta questa frase: “tigre contro tigre” (0-1) |

Prenda questo foglio con la mano destra, lo pieghi e lo metta sul tavolo (0-3) | Legga ed esegua quanto scritto su questo foglio (chiuda gli occhi) (0-1) | Scriva una frase (deve ottenere soggetto e verbo) (0-1) |

Copi questo disegno (pentagoni intrecciati)* (0-1) | Punteggio Totale ……… ___________

Punteggio totale corretto per età e scolarità**... ___________

Punteggio massimo totale = 30 Disegno:

**Coefficienti di aggiustamento del MMSE per classi di età ed educazione nella popolazione

italiana.

Il coefficiente va aggiunto (o sottratto) al punteggio grezzo del MMSE per

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Tabella 9. Delirium Rating Scale

1. Comparsa temporale dei sintomi 2. percezione alterata

3. allucinazioni 4. delusioni

5. rallentamento psicomotorio o agitazione 6. stato cognitivo

7. patologie organiche

8. disturbi del ritmo sonno/veglia 9. umore labile

10. variabilità dei sintomi

Intervallo di età 65 - 69 70 -74 75 – 79 80 – 84 85 – 89 Anni di scolarizzazione 0 – 4 anni +0,4 +0,7 +1,0 +1,5 +2,2 5 – 7 anni -1,1 -0,7 -0,3 +0,4 +1,4 8 – 12 anni -2,0 -1,6 -1,0 -0,3 +0,8 13 – 17 anni -2,8 -2,3 -1,7 -0,9 +0,3

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CAPITOLO II

ANESTESIA E SVILUPPO DI DELIRIO POSTOPERATORIO

Lo sviluppo del delirio postoperatorio, come abbiamo visto, è legato ad una serie di fattori predisponenti. La popolazione a rischio presenta spesso numerose comorbilità che giustificano in questi pazienti una mortalità ed una morbilità significative, pertanto l'approccio anestesiologico deve differenziarsi da quello comunemente utilizzato. Fra coloro che sono più a rischio di sviluppare delirio postoperatorio ci sono gli anziani. L'invecchiamento è un fenomeno fisiologico caratterizzato dalla riduzione della riserva funzionale lenta e progressiva dei vari organi. Dopo i settant'anni, anche in assenza di patologie associate, si assiste ad una rapida riduzione di riserva funzionale che rappresenta il margine di sicurezza a cui l'organismo ricorre per soddisfare le maggiori richieste imposte da fattori esterni come : malattie, interventi chirurgici e convalescenza. Queste modificazioni fisiologiche legate all'età si verificano indipendentemente dalla sovrapposizione di patologie intercorrenti e in assenza di fattori ambientali avversi. Detto questo bisogna precisare che l'età non è una malattia, ma a causa dell'aumento della morbilità e della mortalità ad essa correlato va considerata un fattore di rischio indipendente. Stante queste premesse bisogna domandarsi che cosa è necessario andare a valutare nel paziente da sottoporre ad intervento chirurgico. Per prevenire l'eventuale insorgenza di delirio va posta, nella fase preoperatoria, una particolare attenzione alla funzione cardiovascolare e respiratoria, mentre nella fase intra-operatoria e post-operatoria vanno tenute in debito conto le peculiarità farmacocinetiche e farmacodinamiche dei farmaci anestesiologici. Il decorso postoperatorio richiede un appropriato controllo in modo da ridurre le complicanze legate all'impatto chirurgico e ridurre l'incidenza di delirio e della disfunzione cognitiva post-operatoria.

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PERIOPERATORIO E DELIRIO

Il delirio postoperatorio deve essere considerato un evento prevedibile oltre che trattabile. Del paziente che sta per sottoporsi ad un intervento chirurgico, devono essere considerati e ricercati tutti i fattori di rischio per lo sviluppo di delirio in modo tale da non farsi cogliere impreparati e da poter mettere in atto anticipatamente protocolli adeguati. In particolare nel periodo preoperatorio massima attenzione va posta a:

A) Funzione cardiovascolare

La valutazione del rischio cardiovascolare acquista un significato particolarmente rilevante per l'aumentata incidenza delle complicanze ad esso correlate. Nella valutazione cardiologica va considerata la storia clinica, la capacità funzionale e il tipo d'intervento da eseguire. Gli indici clinici predditori di rischio sono stati suddivisi in maggiori, intermedi e minori in base al peso che hanno sul rischio di sviluppare complicanze. Particolare attenzione va posta allo stato fisico del paziente e alla sua capacità funzionale che esprima la vitalità del soggetto in base all'attività fisica che può svolgere e che in ultima analisi, misura la riserva funzionale cardiaca. L'età avanzata deve essere considerato un fattore predditivo di rischio minore se paragonato ad una patologia coronarica severa o ad una marcata riduzione della capacità funzionale che rende il soggetto incapace di soddisfare le necessità metaboliche imposte dall'intervento. Se ci troviamo difronte ad un paziente anziano si deve tener conto che, anche in assenza di una malattia cardiaca conclamata, l'invecchiamento comporta modificazioni morfologiche e strutturali sui vasi arteriosi e sul miocardio che condizionano anche un paziente sano e che non possono essere ignorate nella valutazione pre-operatoria. Le grandi arterie si dilatano e s' irrigidiscono per aumento del collageno e per riduzione delle fibre di elastina, l'endotelio modifica la sua risposta vasodilatatrice difronte all'ossido nitrico e all'ormone natriuretrico e risponde esageratamente all'endotelina. Ne consegue ipertensione arteriosa

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pressione. Queste modificazioni inducono un aumento del postcarico e condizionano un'ipertrofia ventricolare sinistra compensatoria caratterizzata da un aumento del volume cellulare, ma anche da una riduzione del numero delle cellule. L'aumento della durata della contrazione ventricolare riduce la fase di rilasciamento di circa 1/3, per cui il riempimento ventricolare è indipendente dall'efficacia della contrazione atriale con perdita dell'impulso sistolico e compromissione del riempimento ventricolare. Peraltro la funzione sistolica e la gittata sono conservate a patto che venga mantenuto un adeguato volume di riempimento ventricolare dal momento che la frequenza cardiaca non è in grado di aumentare in maniera proporzionale alle richieste. Mancando questo compenso e in accordo alla legge di Starling, la gittata cardiaca dipende quasi esclusivamente da un adeguato precarico. Intraoperatoriamente le perdite volemiche devono essere minuziosamente compensate per evitare ipotensione o un riempimento eccessivo che può condurre, data la ridotta compliance ventricolare, allo scompenso. L'assenza di tachicardia è la dimostrazione di un'alterata risposta ormonale e autonomica indotta dall'età, ma l'aumento delle catecolamine circolanti, soprattutto di noraepinefrina, spiegano l'aumento dell'attività simpatica. L'ipertensione intraoperatoria durante la stimolazione dolorosa è determinata dalla stimolazione dei recettori alfa la cui funzione rimane intatta a differenza di quanto accade per i recettori beta adrenergici che vanno incontro al fenomeno della dawn regulation per l'aumento cronico delle catecolamine circolanti.

B) Funzione respiratoria

Il sistema respiratorio al pari di quello circolatorio, modifica in maniera rilevante la struttura e la funzione in rapporto all'età e in rapporto ad una patologia ostruttiva cronica. L'aumento dl contenuto di collagene e la riduzione dell'elastina modificano la statica e la meccanica polmonare. Il ridotto ritorno elastico che ne consegue comporta da un lato un aumento del volume polmonare con appiattimento del diaframma e dall'altro un'insufficiente trazione sulle

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piccole vie aeree. Ne consegue un aumento della capacità funzionale residua e una

riduzione della capacità vitale e del volume di chiusura delle vie aeree con aumento dello spazio morto fisiologico, anatomico e dell'aumento dello shunt polmonare. Queste modificazioni subiscono un incremento con l'età e sono amplificate dalla posizione supina, dall'induzione dell'anestesia ge nerale, indipendentemente dal farmaco utilizzato, e dall'impiego dei miorilassanti. Questo spiega la propensione all' ipossiemia intraoperatorie per il formarsi di zone atelectasiche specialmente nelle parti più declivi e la necessità di ricorrere più frequentemente a manovre di reclutamento alveolare. Con l'età comunque la PaO2 si riduce di 5 mmHg per decade a partire dalla seconda decade e

raggiunge un picco a 75 anni.

C) Modificazioni farmacocinetiche e farmacodinamiche

La valutazione preoperatoria delle modificazioni farmacocinetiche e farmacodinamiche diventa importante soprattutto nel caso in cui ci trovassimo difronte a pazienti anziani. Infatti, gli anziani hanno una maggior sensibilità ai farmaci anestetici e una maggior frequenza di effetti collaterali. Questo è dovuto a meccanismi farmacocinetici e farmacodinamici che dipendono da vari fattori. La farmacocinetica è alterata non solo dalla riduzione della gittata cardiaca e della clearance epatica, ma anche dalle modificazioni dei volumi di distribuzione dei farmaci per riduzione della massa magra e per l'aumento del grasso corporeo. Ad esempio l'aumento della massa grassa funge da serbatoio aumentando il volume di distribuzione. La maggior sensibilità ai farmaci anestetici che hanno come target il cervello è giustificata, almeno in parte, dall'involuzione del SNC che va incontro ad una riduzione volumetrica , ad una riduzione del flusso, del consumo di ossigeno, del numero delle cellule e soprattutto dell'attività sinaptica. Questo spiega anche il MAC degli anestetici inalatori che si riduce del 30-40% dopo gli 80 anni, tanto che, ad esempio, il MAC del desflurano passa dal 10% nel bambino al 5% nel sessantacinquenne. I

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farmaci intravenosi, ipnotici e oppioidi, non mostrano eccezioni e la loro efficacia e gli effetti collaterali aumentano con l'età. Per fare un esempio l'EC50

del propofol passa dal 2,35 microgrammi/ml nei soggetti di 25 anni a 1,25

microgrammi/ml a 75 anni e parallelamente l'effetto degli oppioidi aumenta del 50% dai 20 agli 80 anni.

LA TECNICA DI ANESTESIA:

ANESTESIA GENERALE VS ANESTESIA SPINALE

La scelta della tecnica anestesiologica è una decisione medica complessa che dipende da molti fattori quali le caratteristiche dei pazienti (età, comorbilità etc.), il tipo d'intervento chirurgico, i rischi legati alla tecnica anestesiologica stessa che includono fattori tecnici (vie aeree, blocco regionale, monitoraggio invasivo), tossicità degli anestetici, eventi critici intra e postoperatori, trattamento del dolore. La scelta fra anestesia generale o locoregionale è sempre stato un punto dibattuto. L'anestesia locoregionale consente di beneficiare dalla conservazione della coscienza, di evitare i possibili effetti tossici degli anestetici generali, i rischi dell'intubazione tracheale e di assicurare un'analgesia efficace. L'anestesia generale consente una rapida induzione senza rischi di insuccessi e un adeguato confort perioperatorio e anche con questa tecnica è possibile assicurare un buon controllo del dolore postoperatorio. Una revisione della letteratura ha messo in evidenza le diverse opinioni in materia di anestesia e delirio. Gli studi fatti in tal proposito, infatti, traggono conclusioni diverse sull'importanza del tipo di anestesia (generale o spinale) e sviluppo di delirio postoperatorio. Papaioannou ha descritto l'impatto del tipo di anestesia sullo stato cognitivo e il delirio durante i primi giorni del postoperatorio nell'anziano. Lo studio prevedeva che 47 pazienti con un'età > 60 anni e sottoposti a chirurgia maggiore, venissero randomizzati in modo che ricevessero o l'anestasia generale o la spinale. I criteri di esclusione erano: gravi deficit visivi o acustici, patologie

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a carico del sistema nervoso centrale, dipendenza dalla droga o dall'alcool, trattamenti farmacologici con tranquillanti o antidepressivi, Parkinson, demenza. Lo stato mentale dei pazienti veniva verificato prima del'intervento e durante i primi tre giorni del postoperatorio con il Mini MentalState Examination. L'incidenza del delirio veniva anche valutata durante lo stesso periodo con l'uso dei criteri del DSM III. I risultati furono che durante i primi tre giorni del postoperatorio i risultati del Mini Mental State Examination diminuirono significativamente nei pazienti che avevano ricevuto l'anestesia generale in confronto con quelli che avevano ricevuto la tecnica spinale. In pazienti con alto livello di educazione, in coloro che presentavano alcune patologie respiratorie, nei fumatori e nei social drinkers (da 1 a 8 unità di alcool alla settimana), si aveva un outcome migliore in quelli sottoposti ad anestesia spinale rispetto a coloro che erano stati sottoposti ad anestesia generale. Al contrario il tipo di anestesia non era importante, ai fini dello sviluppo di delirio postoperatorio, nei pazienti con patologie cardiovascolari e diabete mellito. Le conclusioni furono che i pazienti sottoposti ad anestesia generale sono maggiormente predisposti ad un deficit cognitivo durante l'immediato periodo postoperatorio, in confronto con chi aveva ricevuto la tecnica regionale. Rasmussen e colleghi hanno invece fatto uno studio randomizzato sull'anestesia generale in confronto con quella spinale in 438 pazienti anziani. Lo studio coinvolgeva dodici ospedali in sette paesi. Tutti i pazienti avevano più di 60 anni e dovevano essere sottoposti a chirurgia maggiore in anestesia generale o spinale. La funzione cognitiva veniva valutata tramite quattro test neuropsicologici fatti prima dell'intervento e a 7 giorni e a 3 mesi dopo l'intervento. Lo studio non ha trovato una differenza significativa nell'incidenza delle alterazioni cognitive 3 mesi dopo l'anestesia generale o spinale nel paziente anziano. Per cui sembrerebbe che non ci fosse correlazione fra anestesia generale e delirio post operatorio a lungo termine, mentre per quello a breve termine (primi giorni del postoperatorio) l'anestesia spinale può diminuire l'incidenza delle alterazioni cognitive. Kamitani e

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colleghi, infine, nel loro studio sul delirio postoperatorio dopo anestesia spinale o generale hanno tratto conclusioni diverse. Essi hanno esaminato lo sviluppo di delirio postoperatorio in 40 anziani sottoposti a frattura di femore divisi random per l'anestesia generale o spinale. Il gruppo dell'anestesia generale riceveva ossigeno terapia nelle 12 h successive all'intervento. La valutazione postoperatoria includeva il controllo del delirio postoperatorio nei primi quattro giorno dopo l'intervento, il controllo della saturazione nelle prime 18 h del postoperatorio, il valore dell'emoglobina in prima giornata e la quantità di analgesici richiesti nei primi quattro giorni. I risultati furono che il tasso di delirio postoperatorio era simile nei due gruppi durante i primi quattro giorni. Gli effetti dell'analgesia postoperatoria e il valore dell'emoglobina in prima giornata erano anch'essi simili nei due gruppi. L'ossigenazione era uguale nelle due parti ad eccezione delle prima sei ore dopo l'intervento. Le conclusioni tratte da questo studio sono state che il tipo di anestesia, generale o spinale, non ha effetti sul delirio postoperatorio in pazienti anziani con frattura del collo del femore.

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CAPITOLO III

DOLORE E DELIRIO

Il delirio postoperatorio è in evento avverso che si presenta, come abbiamo detto, più frequentemente nelle persone anziane. Nella genesi del delirio sono stati implicati fattori di rischio propri del paziente, terapie farmacologiche e varie cause intraoperatorie e postoperatorie. Fra quelle post-operatorie particolare attenzione va prestata al dolore. Il dolore postoperatorio è spesso trattato male o in modo insufficiente in particolare nel paziente anziano. Approssimativamente dal 50% al 75% dei pazienti anziani non hanno un adeguato trattamento antalgico. Il dolore postoperatorio o i farmaci usati a tale scopo possono causare o aggravare il deficit cognitivo postchirurgico. A tal proposito sono stati condotti alcuni studi che hanno evidenziato questa relazione. Vaurio e collaboratori hanno descritto in uno studio recente l'impatto del dolore e della strategia analgesica sullo sviluppo del delirio. Sono stati scelti 333 pazienti che dovevano sottoporsi a chirurgia non cardiologica, di età superiore ai 65 anni e che rimanessero ricoverati per almeno 48h dopo l'intervento. I pazienti venivano sottoposti a test di valutazione dello stato cognitivo prima dell'intervento e nei tre giorni successivi all'operazione per mezzo del Confusion Assessment Metod (CAM). Il livello del dolore postoperatorio veniva valutato usando la versione verbale del Visual Analog Scale (VAS) , sia per il dolore a riposo che per quello in seguito a movimento. Valori uguali a 0 corrispondevano all'assenza del dolore, valori compresi tra 1-4 indicavano dolore moderato e tra 5-10 dolore severo. Questa valutazione era fatta prima dell'intervento e dopo 24 e 48 h in modo da poter calcolare le differenze fra quello preoperatorio e quello postoperatorio. Per il controllo del dolore postoperatorio il 49% dei pazienti ricevettero oppioidi analgesici per via intravenosa PCA (patient-controlled analgesia). L'analgesia epidurale fu usata nel 14% dei pazienti e una combinazione delle due (PCEA)

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nel 18%. Al rimanente 19% sono stati somministrati soltanto analgesici per os. Dopo l'intervento il 46% dei pazienti svilupparono delirio. Lo studio ha dimostrato che l'età, il dolore preoperatorio di grado moderato o severo e l'incremento del dolore nel postoperatorio sono indipendentemente associati ad un aumentato rischio di sviluppare delirio. Al contrario pazienti che usavano oppioidi analgesici per os per il controllo del dolore avevano un rischio diminuito di sviluppare delirio se paragonato con l'uso di oppioidi analgesici intravenosi come nella PCA. Fong e collaboratori invece, hanno fatto un lavoro comparativo di tutti gli articoli trattanti il delirio e il trattamento del dolore postoperatorio. Degli 821 articoli trovati in materia sono stati scartati quelli che non accertavano la presenza di delirio nel postoperatorio (724) e quelli che al contrario investigavano il delirio ma non facevano confronti fra i differenti analgesici oppioidi (85) e sono stati scartati anche gli studi più vecchi che confrontavano la tecnica di analgesia intravenosa con quella intramuscolo. Alla fine sono rimasti undici studi: sei che confrontavano i differenti analgesici oppioidi implicati nello sviluppo del delirio postoperatorio e cinque che confrontavano la via di somministrazione intravenosa e epidurale nella terapia antalgica sempre riguardo allo sviluppo di delirio. Il risultato di questo lavoro ha messo in evidenza che la Meperidina è associata a un aumentato rischio di delirio postoperatorio nel paziente anziano, mentre il confronto fra gli analgesici oppioidi più frequentemente utilizzati come la morfina, il fentanyl e l'idromorfone, non mostrano una significativa differenza nello sviluppo di delirio postoperatorio così come le tecniche di analgesia intravenosa o epidurale.

IL TRATTAMENTO DEL DOLORE

Le conseguenze di uno scarso controllo del dolore postoperatorio non hanno solo effetti sull'immediato benessere del paziente, ma ha anche serie ripercussioni socio economiche. Un' inadeguata analgesia può produrre

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preoccupazioni nel paziente e nei familiari, diminuzione del tono dell'umore, disturbi del sonno e una serie di complicanze dovute all'immobilità come: trombosi, ileo paralitico, problemi respiratori. Durante gli stati dolorosi aumenta la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa e c'è un' aumento della richiesta di ossigeno da parte del miocardio con un incremento del rischio di infarto. Questi fattori causano la necessità di ulteriori cure mediche, un allungamento della convalescenza e della degenza in ospedale, quindi un maggior disagio per i pazienti, per i loro familiari oltre che un costo maggiore per la società. Se ci troviamo di fronte ad un paziente anziano il trattamento del dolore postoperatorio risulta più complicato. Prima di tutto l'accertamento del dolore può presentare problematiche a partire dalla misurazioni e dello stesso a causa di eventuali alterazioni cognitive del paziente che ne diminuiscono la compliance o la sua capacità a percepire il dolore. Inoltre fattori come l'ansia, la depressione, la solitudine, associate con l'età avanzata, possono determinare differenze nel modo di riferire il dolore. Le persone anziane spesso considerano il dolore come parte integrante della vecchiaia, e numerosi studi hanno messo in evidenza che questi pazienti riferiscono un dolore d'intensità più bassa rispetto a quelli più giovani. Le alterazioni cognitive rappresentano il rischio più grande per quanto riguarda il mancato trattamento del dolore acuto. Studi fatti su pazienti con frattura di femore hanno dimostrato che quelli con deficit cognitivi ricevevano 1/3 dei farmaci analgesici rispetto ai sani. Come metodo di accertamento del dolore cronico o acuto la scala VAS (visual analog scale) è considerata il gold standard. Gli anziani però presentano difficoltà ad utilizzare tale scala. Jensen ha osservato che c'è una correlazione significativa fra età e risposte non corrette al VAS, e che in questi pazienti risulta molto più agevole l'utilizzo delle scale NRS (numerical rating scale) e VRS (verbal rating scale) . In secondo luogo i pazienti anziani hanno un'alterato metabolismo dei farmaci. L'emivita della morfina, ad esempio, è di 4.5 h nell'anziano, molto più lunga quindi di 2.9 h osservata nel giovane. Questo è dovuto a cambiamenti

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nell'assorbimento dei farmaci, nella loro distribuzione, nel metabolismo e nell'eliminazione. Tali fattori possono influenzare i livelli plasmatici e gli effetti di un dato farmaco analgesico. L'assorbimento dei farmaci può essere alterato a causa di un aumentato pH gastrico e di una diminuzione della motilità gastrica. La distribuzione invece può cambiare per un decremento della massa magra o per la diminuzione delle proteine di trasporto plasmatiche, come l'albumina, a causa di malattie croniche o malnutrizione. Il flusso ematico epatico, renale e il tasso di filtrazione glomerulare calano nell'anziano di conseguenza il metabolismo e l'eliminazione dei farmaci può cambiare in base alla diminuzione della clearance epatica e renale.

FARMACI ANALGESICI

Morfina e altri oppioidi. La morfina è il principale farmaco analgesico usato

nel postoperatorio. Questo come gli altri oppioidi deve essere usato con cautela soprattutto nel paziente anziano o in coloro che hanno patologia a carico dei principali organi escretori. La morfina-6 glucuronide è il maggior metabolita della morfina ed è più potente nel determinare analgesia e sedazione. Nel caso di alterazioni della funzione renale, l'accumulo di morfina e di morfina-6 glucuronide aumenta il rischio di sviluppare effetti collaterali causati dagli oppioidi. Fortunatamente la tolleranza agli effetti avversi (che sono comuni) si sviluppa più rapidamente della tolleranza a quelli analgesici, sebbene la costipazione tenda a persistere. Nell'anziano i cambiamenti nella farmacocinetica costringono a diminuire le dosi della morfina (o di altri oppioidi) per ridurne l'accumulo. Possono essere usati altri oppioidi a lento rilascio, come l'oxycodone , ma bisogna sempre prestare la massima attenzione per evitare l'accumulo. Nell'anziano va sempre monitorata la sedazione perché probabilmente è il segno più indicativo di depressione respiratoria in fase iniziale. Gli oppioidi inducono ileo paralitico, costipazione e ritenzione urinaria nei casi in cui preesista

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ipertrofia prostatica o nei pazienti che vengano sottoposti ad anestesia spinale. L'associazione di benzodiazepine alla morfina dovrebbe essere evitata in quanto è spesso causa di alterazioni cognitive. Anche l'associazione fra Ranitidina e Morfina è pericolosa specialmente in pazienti con lieve insufficienza renale in quanto provoca un aumento della Morfina-6-Glucuronide con sedazione, confusione e delirio. Il Fentanyl è 50-100 volte più potente della morfina. La tecnica PCA morfina può essere sostituita con una PCA con fentanyl, ottenendo un ottimo controllo del dolore postoperatorio. Inoltre PCA con fentanyl sembra avere effetti minori sullo sviluppo di deficit cognitivi postoperatori nell'anziano in confronto con la PCA morfina . Comunque il fentanyl si accumula nei muscoli scheletrici e nel tessuto adiposo ed è rilasciato lentamente nel sangue e la sua clearance è rallentata. Un misto di farmaci agonisti e antagonisti , dovrebbero essere evitati nel paziente anziano a causa dell'alta incidenza di delirio postoperatorio. Nello stesso modo la Meperidina non è un farmaco adatto all'anziano in quanto i suoi metaboliti attivi (normaperidine) si accumulano nel rene determinando eccitazione del sistema nervoso centrale, tremori e convulsioni. Infine il metadone andrebbe usato con attenzione nell'anziano a causa della sua lunga emivita e del rischio di accumulo.

Tramadolo. Questo è un farmaco di sintesi ad azione centrale con effetto simile

a quello degli oppioidi. Agisce legandosi con alta affinità ai recettori mu ed inibendo il re-uptake della noradrenalina (noraepinefrina) e della serotonina (5-idrossitriptamina). Il vantaggio rispetto agli oppioidi standard sta nella riduzione del rischio di depressione respiratoria e nel dosaggio degli analgesici. Una riduzione delle dosi e un aumentato intervallo fra le stesse può essere necessario in pazienti con età superiore ai 75 anni. Una combinazione di tramadolo endovena con morfina o ketorolac, o una combinazione fra tramadolo per os e acetaminofene migliora la qualità dell'anestesia senza aumentarne la tossicità. Il tramadolo è efficace quanto la morfina, ma spesso è meglio tollerato. Molto raramente dopo la somministrazione di questo farmaco possono manifestarsi

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degli effetti collaterali psichici di vario genere con differenza individuale per quanto riguarda l'intensità ed il tipo (in dipendenza dalla personalità e dal tipo di terapia). Questi comprendono modificazioni del tono dell'umore (di solito euforia, occasionalmente disforia), modificazioni dell'attività ( generalmente diminuzione, talvolta aumento) e alterazioni delle capacità cognitive e sensoriali.

Paracetamolo (Acetaminofene). Il Paracetamolo è un inibitore delle

prostaglandine ad azione centrale con pochi effetti periferici. A differenza dei FANS il paracetamolo non ha attività sulla cicloossigenasi periferica e non è un anti-infiammatorio. Negli anziani è in genere ben tollerato e ha poche controindicazioni. Il più grande effetto collaterale di questo farmaco, correlato con il sovradosaggio, è la necrosi epatica. Pertanto è necessario porre attenzione in quei casi in cui ci siano in anamnesi patologie epatiche o abuso di alcol. A parte queste situazioni non ci sono prove di alterazioni della clearance di questo farmaco nell'anziano e non ci dovrebbe essere bisogno dei una diminuzione della posologia.

FANS. Gli antinfiammatori non steroidei riducono il dolore e l'infiammazione

attraverso una diminuzione centrale e periferica delle prostaglandine, agendo su entrambi gli isoenzimi della ciclossigenasi (COX-1 e COX-2). I Fans, in particolar modo ketorolac, diclofenac o ketoprofene, hanno un potente effetto analgesico. Sono comunemente usati per ridurre il dolore postoperatorio da soli o in combinazione con altri farmaci. Solitamente nel controllo del dolore dopo una chirurgia maggiore, vengono usati in combinazione con oppioidi o non in modo da aumentare l'effetto analgesico e ridurre la dose degli oppioidi. I pazienti anziani sono più a rischio di gastriti e di effetti collaterali a carico del rene. L'incidenza di sanguinamenti gastrointestinali è circa il doppio nell'anziano rispetto al giovane e l'uso di FANS è correlato con un rischio di 2-5 volte maggiore di complicanze dell'ulcera peptica, come emorragie e perforazioni, che aumentano negli over 65 ed in particolare nelle donne. I FANS hanno interazioni con altri farmaci come il warfarin e l'eparina a basso peso molecolare.

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L'incidenza di altri effetti collaterali dipende dell'emivita del farmaco e dalla presenza di una diminuzione della funzione renale. Alcuni FANS con una lunga emivita possono accumularsi nell'anziano, altri come il diclofenac, il ketorolac o il ketoprofene hanno una breve emivita e sono pertanto indicati nel trattameto analgesico postoperatorio. Alterazioni nella funzione renale dopo l'utilizzo di FANS sono frequenti nell'anziano, in quanto questi tipi di pazienti presentano più frequentemente deficit renali, cardiaci, o fanno uso di farmaci nefrotossici. In questi pazienti è raccomandata una diminuzione delle dosi e un aumento dell'intervallo fra una somministrazione e l'altra, inoltre, valori della clearance della creatinina inferiori a 50 ml/min, rappresentano una controidicazione all'uso dei FANS nel periodo postoperatorio.

Inibitori selettivi della COX-2. Gli inibitori selettivi della COX-2 sono la

classe più nuova dei FANS, hanno la stessa efficacia analgesica ma con minori effetti lesivi gastrointestinali. Comunque gli inibitori selettivi della COX-2 hanno effetti sulla funzione renale come quelli non selettivi ed è necessario prestare attenzione ai pazienti con insufficienza renale, disidratati, deboli in seguito a perdite massive di sangue e in coloro che assumono farmaci come la vancomicina, diuretici e gli ACE-inibitori. Ci sono però delle questioni irrisolte riguardo l'utilizzo degli inibitori della COX-2 nel trattamento del dolore postoperatorio. Non è chiaro se l'uso di questi farmaci nel periodo perioperatorio possa avere una tossicità cardiovascolare con ipertensione, accidenti cerebrovascolari o infarto del miocardio, oppure se può avere una tossicità gastrointestinale in pazienti a rischio. Quello che sappiamo è che questi farmaci impediscono la saldatura dell'osso e la guarigione delle fratture e sembra che abbiano anche effetti sulla formazione dell'osso. Ulteriori studi sono ancora necessari, pertanto l'utilizzo degli inibitori della COX-2 nei pazienti anziani dovrebbe essere molto attento.

Anestetici locali. La concentrazione plasmatica di un analgesico locale dipende

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distribuzione e dalla clearance plasmatica. Anche in questo caso bisogna prestare attenzione se ci troviamo di fronte ad un paziente anziano. Gli effetti dell'età sulla concentrazione plasmatica degli anestetici locali dopo analgesia epidurale sono controversi. Alcuni studi mostrano che il picco di concentrazione nel plasma di lidocaina, bupivacaina e l'area sotto la curva concentrazione-tempo, sono indipendenti dall'età. In accordo con altri autori, invece, l'invecchiamento è associato ad una marcata diminuzione della clearance e ad un moderato aumento dell'emivita della bupivacaina dopo analgesia epidurale. Questo dato suggerisce che nell'anziano si abbia un maggior accumulo di farmaci dopo infusione epidurale continua. Le dosi di anestetici locali richieste per ottenere un buon controllo del dolore durante l'anestesia epidurale, sono tendenzialmente minori con l'aumentare dell'età del paziente, sebbene non tutti gli studi descrivano una relazione lineare fra dose ed età. Ci sono anche cambiamenti nell'anatomia dello spazio epidurale con un aumento della superficie per l'assorbimento dei farmaci che spiegano il picco di concentrazione plasmatica aumentato nell'anziano rispetto al paziente più giovane. In seguito ad un blocco di un plesso nervoso, il paziente anziano ha una più lunga durata del blocco della sensibilità e della motilità senza tossicità locale. La durata del blocco è significativamente correlata con l'età. Un'aumentata sensibilità agli anestetici locali in questa persone può essere attribuita ad un ridotto numero di fibre mielinizzate nelle radici anteriori e posteriori ed ad un aumento della permeabilità causato da un'alterazione del rivestimento mielinico. Nel trattamento del dolore postoperatorio le concentrazioni di bupivacaina utilizzate variano dallo 0,075% a 0,125%. Basse dosi di anestetico locale, in eventuale combinazione con oppioidi, sono solitamente ben tollerate, sebbene si possano realizzare sia il blocco simpatico che un certo grado di blocco motorio. Gli effetti collaterali legati alla bupivacaina sono rappresentati da fenomeni di stimolazione nervosa centrale con eccitazione, tremore, disorientamento, vertigini e convulsioni.

Figura

Tabella 7. Confusion assestament Method (CAM)
Tabella 7. Confusion assestament Method (CAM)
Tabella 7. Confusion assestament Method (CAM)
Tabella 9. Delirium Rating Scale
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