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Cibo e Migrazioni

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Academic year: 2021

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CONFLUENZE Vol. XI, No. 1, 2019, pp. 1-2, ISSN 2036-0967, DOI: https://doi.org/10.6092/issn.2036- 0967/9552, Dipartimento di Lingue e Letterature Straniere Moderne, Università di Bologna.

Cibo e migrazioni

Camilla Cattarulla UNIVERSITÀ ROMA TRE

Il presente dossier è dedicato al cibo nel processo migratorio in America Latina, con particolare attenzione ai flussi europei del XIX e XX secolo. Il cibo è un elemento sempre in viaggio e come tale accompagna qualunque fenomeno migratorio determinando cambiamenti negli usi alimentari sia nelle collettività di partenza sia in quelle di arrivo. In un tale processo, il cibo mantiene un legame con la società di appartenenza e allo stesso tempo costruisce nuove identità: è un prodotto che crea e alimenta nuovi spazi della vita culturale quotidiana a tutti i livelli sociali, entrando a far parte anche di quell’immaginario collettivo che definisce una comunità nazionale. Su questa linea di analisi, i saggi affrontano problematiche legate all’incontro/scontro tra società e incentrate soprattutto sul cibo della mescolanza, sull’integrazione culturale, sulla socialità e sull’imprenditoria migratoria, con una eccezione, illustrata nel saggio di Emilia Perassi. Qui il cibo, disponibile o non disponibile, assume un ruolo fondamentale durante il tragitto migratorio in quanto chiave nella rappresentazione dei migranti in una narrativa, italiana e latinoamericana, che spazia dai viaggi transoceanici di fine Ottocento, ai mezzi di terra del più recente racconto messicano sull’emigrazione negli Stati Uniti.

Superato il viaggio migratorio, ecco che il cibo dispiega alcune delle sue possibilità in quanto elemento di raccordo tra la società di arrivo e quella di partenza. Si delineano così studi di caso che riguardano il cibo e la commensalità quotidiana nelle immagini dei settori popolari nella Buenos Aires dei primi decenni del XX secolo (Ana Lía Rey); il sistema culinario degli immigranti azoriani a São Paulo durante le festività (Elis Regina Barbosa Angelo e Maria Izilda Santos de Matos); la gastronomia tedesca a Buenos Aires, ancora nei primi decenni del Novecento, in quanto spazi di elezione dell’intellettualità portegna dell’epoca (Fernando Diego Rodríguez); il nascere di una gastronomia “etnica”, ma anche transnazionale, fra gli immigranti italiani al Rio Grande do Sul a partire dagli ultimi decenni dell’Ottocento (Antonio de Ruggiero); e, per finire, i casi cileni di

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Cattarulla 2 produzione alimentare nella colonia italiana di Capitán Pastene, sorta in Araucania nel 1905, e della fabbrica di dolciumi di Costantino Ambrosoli, impiantata a Viña del Mar nel 1948 (Claudia Borri).

Data la varietà di temi, luoghi e tempi, va da sé che anche le fonti utilizzate dagli autori sono le più varie: archivi fotografici, giornali e riviste, letteratura (memorie, autobiografie, narrativa, poesia, testi di viaggio), interviste, notizie pubblicitarie, album celebrativi, menu, delineano un panorama di materiali che, nell’illustrare la presenza capillare del cibo nelle società in genere, ne confermano il valore di indicatore primario in termini di integrazione culturale, politica, sociale e commerciale per lo studio delle migrazioni, anche nei casi, come quello cileno, in cui le collettività migratorie sono state numericamente ridotte rispetto a paesi come Argentina e Brasile. Perché, va ricordato, nonostante non manchino lavori approfonditi sul cibo come cultura o sulla storia dell’alimentazione, il binomio cibo/migrazioni non ha ancora goduto di uno studio sistematico che metta in rilievo l’importanza delle pratiche culinarie nell’esperienza migratoria, certamente per la difficoltà derivata dall’estrema eterogeneità di situazioni di circolazione di persone e sistemi gastronomici nel tempo e nello spazio. Va anche detto, poi, che dopo gli studi pionieri di Claude Lévi-Strauss, Roland Barthes, Mary Douglas y Pierre Bourdieu, attualmente il tema del cibo coinvolge un ampio spettro di discipline (medicina, dietetica, antropologia, storia, religione, biologia, filosofia, letteratura, economia, tra le altre), e diverse tipologie di fonti scritte e orali. E ciò, anche nell’ambito della storia delle migrazioni, favorisce riflessioni specifiche più che d’insieme. In ogni caso, e i saggi di questo dossier lo dimostrano, cosa, come, con chi e quando si mangia ci dice molto sull’identità di un popolo o di un determinato gruppo sociale e ancor più ci dice sul ruolo del cibo come veicolo di comunicazione.

Per finire, voglio ricordare che i presenti saggi sono il frutto di un workshop, da me ideato e coordinato, tenutosi nel febbraio 2018 presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia all’interno del IV Convegno dell’Associazione Internazionale AREIA, fondata nel 2007 da Chiara Vangelista. L’obiettivo di AREIA è principalmente lo studio delle interazioni tra migrazioni e memoria in America Latina, obiettivo perseguito in pubblicazioni, convegni, conferenze, mostre fotografiche, corsi di formazione e laboratori, nonché attraverso un archivio audio e cartaceo di estremo valore per la storia delle migrazioni da e verso il continente latinoamericano. E anche questo workshop ne ha confermato intenti e rilievo.

Chiude il dossier il contributo di Silvia Maguolo dedicato ad un’esperienza di ristorazione peruviana a Torino che, ancora una volta, dimostra come il cibo non sia solo un referente identitario ma anche un agente di integrazione migratoria.

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