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Academic year: 2021

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LiLiana Segre

ATTUALITÀ DELLA MEMORIA

Lo scorso anno è ricorso l’ottantesimo anniversario delle leggi razziste promosse dal regime di Mussolini, con la complicità della monarchia sabauda.

Va subito ricordato però che non ci furono solo le leggi razziste, ad esse si aggiun-sero infatti decine di altri provvedimenti legislativi che discriminavano, vietavano, espellevano, depredavano. Era un intero sistema, in senso proprio totalitario, che lavorava contro la dignità e la vita delle persone.

Si pensi solo che presso il Ministero dell’Interno fu istituita la cosiddetta Direzione Generale per la demografia e la razza, la famigerata “Demorazza”, che si occupava appunto di tutte le questioni inerenti l’individuazione e il censimento degli ebrei. Esisteva persino un apposito ufficio “Discriminazioni”, estremo monumento alla bar-barie fascista.

E attenzione perché come ci ha ammonito Primo Levi: «questo è accaduto e può accadere ancora».

Ma attenzione anche ad un altro fatto, non meno importante. Una legge razzista presuppone infatti anche un ambiente razzista. Un regime violento e repressivo non resiste tanto a lungo se insieme non si sviluppa un senso comune alienato che porta ad accettare provvedimenti in altri contesti inconcepibili. Anche le “persone normali” sono responsabili delle leggi razziste, perché sono responsabili di quei comportamen-ti asociali, discriminatori, offensivi, di quella connivenza e indifferenza rispetto alla violenza, che insieme costituiscono il brodo di coltura delle peggiori dittature.

Ricordo ancora quando nel 1938 ascoltai per radio la notizia della promulgazione delle leggi razziali o meglio razziste. Allora persino negli ambienti della comunità ebraica non si capì subito che cosa stesse accadendo, men che meno che cosa sarebbe successo di lì a pochi anni.

Per me fu comunque un trauma realizzare che ero stata “espulsa” dalla scuola. Io che cresciuta in una famiglia perfettamente laica e integrata non sapevo neanche di essere ebrea. Perché ero espulsa? Che cosa avevo fatto? Mi fu spiegato che si trattava di una legge che aveva stabilito che tutti gli ebrei dovessero essere “espulsi” dalla

Rivista di storia dell’educazione, 2/2019, pp. 7-8 Corresponding author:

ISSN 2384-8294 Liliana Segre, fabio.vander@senato.it

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scuola e da molte altre attività. Ma che sistema è quello in cui una “legge” può stabilire una cosa del genere?

Da allora la caduta fu verticale. Dopo le leggi razziali e l’immondo Manifesto della razza, sempre del 1938, fu una ininterrotta caduta agli inferi. Il fondo fu toccato con la sedicente “repubblica sociale” di Salò, allorché i repubblichini, per compiacere i tedeschi, arrivarono addirittura ad inasprire le leggi razziali e la persecuzione e depor-tazione degli ebrei.

Per questo ho deciso di sfruttare l’occasione inaspettata della nomina a senatrice a vita per rilanciare una missione che mi ero già data da anni: farmi “testimone” diretta della tragedia della Shoah. Come ebbi a scrivere a Primo Levi mi rendevo sempre più distintamente conto che da Auschwitz non si esce mai; perché il mio numero 75190 non si cancella: è dentro di me. Sono io il 75190.

Testimoniare dunque, ma anche crescere come società civile. Perché solo un sapere condiviso e critico apre la mente al valore autentico di termini come “tolleranza”, “accoglienza”, “interculturalità”, “solidarietà” ecc. Tanto più che oggi in Europa e nel mondo siamo costretti ad assistere a sempre nuovi episodi di antisemitismo, di razzismo, di xenofobia.

Le statistiche sono purtroppo eloquenti: i fenomeni di razzismo e antisemitismo sono in aumento, circa 7 milioni di italiani si dicono apertamente antisemiti, assistia-mo ad una sorta di “sdoganamento” del fascisassistia-mo, anzi dei fascisti, che ormai sempre più sfacciatamente si dichiarano e soprattutto agiscono, operano la violenza fisica e ideologica. Per non dire del “negazionismo” che offende ogni giorno le coscienze e la verità. Anche per questo non bisogna mai abbassare la guardia, né cedere alla noia e all’indifferenza.

Da parlamentare mi batto dunque contro gli hate speech, i linguaggi dell’odio, con iniziative legislative e atti di indirizzo politico come le mozioni; ma per questo anche sono stata contraria all’abolizione di una specifica prova di storia agli esami di matu-rità e a favore invece di un serio reintegro dell’educazione civica nei curricula delle nostre scuole.

Se infatti la minaccia è pervasiva e globale, anche la risposta deve essere all’altezza: studiando la storia perché nei suoi orrori non si ripeta, ma anche contribuendo a rea-lizzare i valori di eguaglianza e giustizia sanciti dalla nostra Costituzione repubblicana e antifascista.

È dalla memoria, dalla formazione, dalla cultura, ma anche da una classe politica rinnovata e responsabile, che si può verificare il livello di maturità di una società dav-vero civile.

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