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Effetti della stimolazione del nervo trigemino sui parametri cardiovascolari e sul microcircolo piale in ratti ipertesi

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Corso di Laurea Magistrale

Biologia Applicata alla Biomedicina

Tesi di Laurea

Effetti della stimolazione del nervo trigemino sulle risposte

cardiovascolari e sul microcircolo piale in ratti ipertesi

Candidato: Relatori:

Stefania Scalabrino Dott.ssa Rossana Scuri

Dott.ssa Dominga Lapi

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RIASSUNTO

Numerosi studi hanno dimostrato che la stimolazione a livello orofacciale del nervo trigemino, il più grande dei nervi cranici, induce nell’uomo una serie di riflessi, definiti riflessi trigemino-cardiaci, che influenzano i parametri cardiovascolari (Schaller et al., 1999).

Un recente studio condotto su soggetti volontari normotesi ha mostrato che una breve (10 min) apertura sub-massimale della bocca (EM) causava una prolungata e significativa riduzione della pressione arteriosa (PA) e della frequenza cardiaca (FC) (Brunelli et al., 2012). Gli autori hanno attribuito questi effetti alla stimolazione delle branche periferiche del nervo trigemino.

Studi condotti nel ratto normoteso hanno dimostrato che una EM ottenuta con un apposito divaricatore posto tra le arcate dentarie, oltre ad indurre riduzione della pressione arteriosa media (PAM) e di FC, produceva effetti anche sull’emodinamica cerebrale. È stato visto, infatti, che durante EM si verificava una notevole riduzione del diametro delle arteriole piali seguita da una significativa vasodilatazione che perdurava per l’intero periodo di osservazione (Lapi et al., 2013). Tutti questi effetti erano aboliti dalla dissezione del nervo trigemino. Inoltre, attraverso tecniche di biologia molecolare e di analisi spettrale delle variazioni ritmiche del diametro arteriolare, è stato dimostrato che EM induceva, a livello del microcircolo piale, un maggior rilascio di NO endoteliale rispetto alle condizioni basali.

Pertanto, la stimolazione del nervo trigemino sembra innescare specifici meccanismi che regolano sia i parametri cardiovascolari sia il microcircolo piale. Nel presente lavoro di tesi sono state valutate in vivo le variazioni di PAM, FC e dell’emodinamica del microcircolo piale prima, durante e dopo EM singola e ripetuta in ratti resi ipertesi sperimentalmente e, in un particolare protocollo di doppia EM, anche in ratti normotesi. La rilevazione di PAM e di FC è stata effettuata rispettivamente mediante un apposito trasduttore collegato ad un catetere posto in arteria femorale, e registrazione di ECG, usando un apposito software. Mediante microscopia in fluorescenza sono state visualizzate le arteriole piali a livello della corteccia parietale, dove proiettano la maggior parte delle afferenze trigeminali, per poi misurarne i diametri off-line. Ciò ha consentito di classificare per la prima volta le arteriole del microcircolo piale di ratti ipertesi in base allo schema di Strahler, e valutare gli effetti di EM sul calibro delle arteriole.

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Inoltre, sono state analizzate le ritmiche oscillazioni del diametro delle arteriole di ordine 2 tramite analisi spettrale su acquisizioni di almeno 30 minuti nel periodo di osservazione basale e a circa metà del periodo post EM.

Per ottenere una descrizione comparativa del microcircolo piale dei ratti normotesi e ipertesi, sono state condotte acquisizioni al microscopio a fluorescenza in condizioni basali delle arteriole piali dei 5 ratti normotesi e dei 18 ratti ipertesi utilizzati. Le arteriole sono state classificate in base al diametro, considerando la lunghezza e il numero delle ramificazioni, secondo lo schema centripeto di Strahler. Nei ratti ipertesi il network arteriolare piale ha mostrato una rarefazione dei vasi e diametri maggiori nelle arteriole di ordine superiore. Sia negli animali normotesi sia negli ipertesi, le arteriole di ordine 2 sono risultate le più numerose e anche per questo sono state prese in considerazione nel nostro studio.

Nella prima parte del lavoro, ratti ipertesi sono stati sottoposti, dopo 30 minuti di osservazione basale, ad una singola EM della durata di 10 minuti e, dopo rimozione del divaricatore i parametri considerati sono stati rilevati per ulteriori 160 minuti. Durante EM, PAM e FC non hanno subito variazioni significative rispetto ai valori basali, mentre le arteriole piali si sono costrette. Invece, nel periodo post EM, PAM si è ridotta significativamente a partire da 20 minuti e fino a 100 minuti per poi recuperare il valore basale a 160 minuti; FC è diminuita più tardi, a 60 minuti post EM, senza recuperare il valore iniziale per tutto il periodo di osservazione. Il diametro delle arteriole è aumentato progressivamente, mantenendosi dilatato fino a 160 minuti.

L’analisi spettrale delle sei componenti di oscillazione che caratterizzano le variazioni dei diametri delle arteriole ha evidenziato che nei ratti ipertesi vi era un significativo aumento delle componenti a bassa frequenza relative all’attività endoteliale, miogena e un marcato aumento della componente neurogena rispetto alle condizioni basali.

Al fine di prolungare nel tempo gli effetti indotti da una singola EM, sono stati condotti esperimenti nei quali, in ratti ipertesi, ad una prima EM (EM1) sono seguiti un periodo di 160 minuti per il recupero di PAM, uno di 10 minuti di osservazione (basale 2), e quindi l’applicazione di una seconda EM (EM2) per 10 minuti ed infine un periodo post EM2 della durata di 240 minuti. EM2 ha prodotto un ulteriore abbassamento di PAM che si è mantenuto per tutto il

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periodo di osservazione post EM2 e un’ulteriore significativa dilatazione delle arteriole piali. Invece, FC non si è ridotta ulteriormente, oscillando per tutti i 240 minuti di osservazione post EM2 intorno ai valori raggiunti nel post EM1. L’analisi spettrale delle sei componenti che caratterizzano le variazioni del diametro arteriolare ha evidenziato che nei ratti ipertesi EM2 prolungava l’effetto indotto da EM1.

Al fine di ottenere le stesse risposte cardiovascolari a lungo termine riducendo il tempo che intercorre tra una EM e la successiva, è stato sperimentato un ulteriore protocollo che prevedeva una seconda apertura della bocca (EM2) dopo soli 10 minuti dalla prima. Questa metodica è stata applicata, dapprima, in ratti normotesi e successivamente in ratti ipertesi. Nei primi, EM2 non ha causato un’ulteriore riduzione di PAM rispetto ad EM1, ma ha determinato un’ulteriore significativa riduzione di FC e vasodilatazione delle arteriole piali rispetto ad EM1. Nei ratti ipertesi PAM ha subito un ulteriore decremento significativo dopo EM2 rispetto ad EM1, mentre FC non ha subito variazioni né dopo EM1 né dopo EM2. A livello cerebrale, una seconda EM ravvicinata alla prima ha indotto anche nei ratti ipertesi un’ulteriore significativa dilatazione delle arteriole piali rispetto ad EM1, che perdurava per l’intero periodo di osservazione. L’analisi spettrale delle ritmiche variazioni del diametro delle arteriole di ordine 2 ha evidenziato che una seconda EM applicata a soli 10 minuti dalla prima causava, sia nei ratti normotesi che negli ipertesi, un pronunciato incremento delle componenti correlate all’attività endoteliale (ULF e VLF1), neurogena (VLF2) e miogena (LF), rispetto alle condizioni basali. Nei ratti ipertesi l’aumento relativo all’attività endoteliale e neurogena era più spiccato rispetto a quello evidenziato nei ratti normotesi.

Ratti ipertesi sottoposti alla sola procedura chirurgica, non hanno mostrato variazione dei parametri considerati per tutto il periodo di osservazione che è stato di 480 minuti.

I risultati ottenuti indicano che una semplice manovra non invasiva, come EM, è in grado di determinare modificazioni dei parametri cardiovascolari e di incrementare la perfusione cerebrale a lungo termine. Pertanto, potrebbe rappresentare un valido sostegno alla terapia farmacologica dell’ipertensione, patologia oggi molto diffusa e in continuo aumento nei paesi industrializzati.

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ABSTRACT

Several studies have demonstrated that in humans the stimulation of the peripheral branches of the trigeminal nerve, the biggest of the cranial nerves, induces responses which influence the cardiovascular parameters such as arterial blood pressure (ABP) and heart rate (HR) (Shaller et al., 1999).

A recent study carried out in normotensive volunteers has shown that a short (10 min) submaximal mouth opening (ME) causes a prolonged and significant reduction of ABP and HR (Brunelli et al., 2012). The authors assigned these effects to the stimulation of the peripheral trigeminal branches.

Subsequently, studies in normotensive rats have shown that an ME, obtained with an ad-hoc retractor placed between the dental arches, induces a significant reduction of mean arterial blood pressure (MABP) and HR as well as effects on the cerebral haemodynamics. In fact, during ME, a reduction of the pial arterioles diameter followed by a significant prolonged vasodilation occurred (Lapi et al., 2013). All these effects were abolished by the trigeminal nerve dissection. Furthermore, through a molecular biology approach, it has been demonstrated that ME induces an increase in the release of the endothelial nitric oxide (NO) at the level of pial microcirculation.

Therefore, the peripheral trigeminal nerve stimulation seems to trigger specific mechanisms that regulate both cardiovascular parameters and pial microcirculation.

In this thesis MABP, HR and hemodynamic changes of pial microcirculation were evaluated in vivo during and after a single and repeated ME on hypertensive rats and also in normotensive rats using a special protocol of repeated ME. The detection of MABP and HR was performed by an appropriate transducer connected to a catheter placed in the femoral artery and by recording ECG respectively, using an appropriate computer system. By a fluorescence microscopy technique, the pial arterioles were visualized at the parietal cortex level, where the majority of the trigeminal afferents arrive, and then their diameters were measured offline. This allowed for the first time to classify pial arterioles in hypertensive rats on the basis of Strahler scheme and to evaluate ME effects on arteriolar diameter.

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Futhermore, the rythmic oscillations of the arterioles diameter were analyzed by spectral analysis based on acquisitions of at least 30 minutes during the basal observation period and at about half post ME period.

In order to obtain a comparative description of the pial microcirculation in normotensive and hypertensive rats, fluorescence microscopy images of the pial arterioles of the 5 normotensive rats and the 18 hypertensive rats used have been obtained in basal conditions. The arterioles have been classified on the basis of the diameter, the lenght and the number of ramifications, following Strahler centripetal scheme. In hypertensive rats the pial arteriolar network showed a depletion of the vessels in comparisons with normotensive rats, and arterioles of higher order had larger diameters. In both normotensive and hypertensive rats the arterioles of second order were the most numerous and, also for this reason, they have been taken into account in our study.

In the first part of the work, after 30 minutes of basal observation, hypertensive rats have undergone a ten-minutes ME and then they have been observed for 160 minutes. During ME, MABP and HR did not show significant changes respect to basal values, while the pial arteriolar diameter decreased. On the contrary, during post ME period, MABP significantly decreased from 20 to 100 minutes and then recovered the basal value at 160 minutes; HR decreased later at 60 minutes post ME, without recovering the initial value during the whole observation period. The arterioles diameter increased progressively, maintaining its dilation up to 160 minutes.

The spectral analysis of the six oscillation components, which characterize the variations of the arteriolar diameters, highlighted that in the hypertensive rats there was a significant increase of the low frequency components related to endotelial and myogenic activities and a marked increase of the neurogenic component in comparison with the basal conditions.

In order to prolong the effects induced by a single ME, experiments were performed in hypertensive rats in which two subsequent ME were applied. After the first ME (ME1) and the subsequent period of 160 minutes necessary to recover the MABP basal value, a second basal observation of 10 minutes and a second ME (ME2) of 10 minutes were performed; then all parameters considered were monitored for a post ME2 period of 240 minutes. ME2 produced a further decrease of MABP that was maintained throughout the whole observation period

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post EM2 and a further significant dilation of the pial arterioles. Instead, HR was not reduced further, oscillating for the 240 minutes of observation around the post ME1 values. The spectral analysis of the 6 components that characterize the arterioles diameter variations highlighted that in hypertensive rats ME2 prolonged the effect induced by ME1.

In order to obtain the same long-term cardiovascular effects with a reduction of the time-lapse between an ME and the following one, it was experimented another protocol that planned a second opening of the mouth (ME2) after only ten minutes from the first. This procedure has been first applied in normotensive rats and after in hypertensive rats. In normotensive rats ME2 did not cause a further MABP reduction compared to ME1, while it determined a further significant HR reduction and a further significant vasodilation of order 2 pial arterioles compared to ME1. In hypertensive rats MABP further decreased after ME2 compared to ME1, while HR did not change after ME1 neither after ME2. At cerebral level, a second ME close to ME1 induced a further significant dilation of pial arterioles in hypertensive rats compared to ME1, which lasted for the whole observation period. The spectral analysis of rythmical variations of the order 2 arterioles diameter showed that a second ME after only ten minutes from the first one caused, both in normotensive and hypertensive rats, a high increase of the components related to the endothelial, neurogenic and myogenic activities compared to basal conditions. In hypertensive rats the increase of the endothelial and neurogenic activities was higher than the one in normotensive rats.

Hypertensive rats that undergone the only surgical procedure did not show changes of the parameters considered during the whole observation period of 480 minutes.

The results obtained indicate that a simple non-invasive manipulation, like ME, is able to modulate cardiovascular parameters and to increase the cerebral perfusion. Therefore, it could represent a valid support for the pharmacologycal therapy of hypertension, which is a widespread pathology in constant increase.

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INDICE

1. INTRODUZIONE... 1

1.1 NERVO TRIGEMINO ED EFFETTI DI UNA SUA

STIMOLAZIONE ... 2

1.1.1 Effetti di una singola estensione mandibolare sui parametri

cardiovascolari in soggetti normotesi... 5

1.1.2 Effetti di una singola estensione mandibolare sui parametri

cardiovascolari e sul microcircolo piale in ratti normotesi ... 5

1.2 IL CIRCOLO CEREBRALE ... 8

1.2.1 Anatomia del vasi cerebrali... 8

1.2.2 L’autoregolazione del circolo cerebrale... 10

1.2.3 Ruolo dell’ossido nitrico ... 12

1.2.4 L’ipertensione e il circolo cerebrale ... 13

1.2.5 NO e ipertensione... 15

1.3 VASOMOTION ... 17

1.3.1 Oscillazioni del flusso ematico ... 18

2. SCOPO DELLA TESI ... 20

3. MATERIALI E METODI... 22

3.1 ANIMALI... 22

3.2 SOSTANZE ... 22

3.3 PROCEDURA SPERIMENTALE ... 23

3.4 MICROSCOPIA IN FLUORESCENZA ... 26

3.5 CLASSIFICAZIONE DEL NETWORK MICROVASCOLARE

PIALE ... 28

3.6 ANALISI DELLA VASOMOTILITÁ ARTERIOLARE ... 29

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4. RISULTATI ... 30

4.1 CLASSIFICAZIONE DEL NETWORK PIALE IN RATTI

IPERTESI ... 30

4.2 EFFETTI DI UNA SINGOLA EM IN RATTI IPERTESI ... 33

4.3 EFFETTI DI UNA DOPPIA EM IN RATTI IPERTESI ... 38

4.4 EFFETTI DI UNA DOPPIA EM RAVVICINATA... 43

4.5 VARIAZIONI DEI PARAMETRI CARDIOVASCOLARI E

DEL TONO DELLE ARTERIOLE PIALI IN RATTI

IPERTESI DI CONTROLLO... 49

5. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI ... 50

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1. INTRODUZIONE

Da tempo è noto che semplici manipolazioni dell’area orofacciale possono stimolare le branche periferiche del nervo trigemino che innerva la regione mandibolare, mascellare e oftalmica, determinando effetti sui parametri cardiovascolari (pressione arteriosa e frequenza cardiaca) (McCulloch et al., 1999; Schaller et al., 2009). Tra queste manovre, una semplice apertura della bocca (EM) sub-massimale di 10 minuti mediante il posizionamento di un divaricatore tra le due arcate dentali, è in grado di causare ipotensione e bradicardia, come dimostrato da un recente studio clinico (Brunelli et al, 2012).

Recentemente, è stata indotta EM nel ratto, ed è stato osservato che ratti normotesi sottoposti ad una singola EM della durata di 10 minuti, mostravano una significativa riduzione della pressione arteriosa media (PAM) e della frequenza cardiaca (FC) rispetto al valore basale che perdurava per periodi prolungati dopo rimozione di EM (Lapi et al, 2013). Inoltre, nel ratto sono stati studiati gli effetti di EM sul microcircolo cerebrale piale nella regione parietale dove proiettano le principali afferenze trigeminali. EM induceva una particolare risposta bifasica delle arteriole piali, caratterizzata da vasocostrizione durante EM e vasodilatazione prolungata dopo EM (Lapi et al, 2013). Ulteriori studi hanno dimostrato che una seconda EM, eseguita dopo il recupero dei valori basali di PAM ed FC, prolungava gli effetti osservati dopo singola EM.

Questi risultati hanno suggerito che questa semplice metodica potrebbe rappresentare un buon ausilio terapeutico per il controllo dei parametri cardio-vascolari sia in condizioni fisiologiche che patologiche quali ad esempio l'ipertensione. Il peso di tale patologia è rilevante e crescente a livello globale e, nei prossimi vent’anni, la percentuale della popolazione adulta colpita si prevede aumenterà del 60% su un totale di più di 1,5 miliardi di persone.

Pertanto, nel presente lavoro di tesi sono stati analizzati gli effetti di una EM singola e ripetuta in ratti ipertesi, cercando di individuare protocolli facilmente applicabili anche all’uomo.

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1.1 NERVO TRIGEMINO ED EFFETTI DI UNA SUA STIMOLAZIONE

Le informazioni tattili e propriocettive relative al territorio orofacciale sono veicolate dal nervo trigemino, il V nervo cranico. Esso è un nervo misto costituito principalmente da fibre sensoriali somatiche, che raccolgono stimoli sensoriali esterocettivi dalla cute della faccia e dalle mucose della congiuntiva, della bocca e del naso e propriocettivi dai muscoli facciali, che formano la radice sensoriale, e da un minor numero di fibre motorie somatiche, che formano la radice motoria. Tutte le afferenze nocicettive che innervano il territorio orofacciale, così come le afferenze meccanocettive, propriocettive e termocettive, hanno la cellula di origine nel ganglio semilunare di Gasser, localizzato nella cavità di Meckel delimitata dalla dura madre al di sotto dell’osso temporale. I loro assoni periferici innervano la parte superiore del volto tramite il nervo oftalmico (V1), la parte media tramite il nervo mascellare (V2) e la parte inferiore tramite il nervo mandibolare (V3) (Figura 1.1). Il ramo centripeto che origina dal corpo neuronale proietta nel tronco encefalico, dove sinapta principalmente con neuroni dei nuclei del complesso sensoriale del nervo trigemino (Figura 1.2, a). Questa formazione riceve afferenze anche da altre regioni tronco-encefaliche e da centri superiori e le complesse interazioni che si stabiliscono tra queste afferenze modulano l’attività di tutto il complesso dei nuclei sensoriali trigeminali.

Questo complesso è formato dal nucleo sensoriale principale e dai nuclei del tratto spinale del nervo trigemino. In quest’ultima formazione si possono distinguere tre nuclei: il nucleo orale, il nucleo interpolare e il nucleo caudale. Il nucleo caudale, raggiunto quasi esclusivamente da fibre nocicettive, ha una struttura a strati (1,2,3,4,5) (Figura 1.2, a), mentre il nucleo sensoriale principale, il nucleo interpolare e il nucleo orale hanno una struttura omogenea. La segregazione delle fibre nocicettive e di quelle meccanocettive non è così completa come si riteneva fino a qualche anno fa e vi sono prove che fibre nocicettive raggiungono pure i nuclei principale, orale e interpolare. Il tratto trigemino-talamico, che termina nel complesso ventro-basale del talamo ha componenti che provengono anch’esse da tutti e quattro i nuclei del complesso sensoriale del nervo trigemino.

L’area facciale è un’importante fonte di potenti riflessi autonomici che coinvolgono vari sistemi, incluso il sistema cardiovascolare (Schaller et al., 2009).

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Infatti, la stimolazione delle branche periferiche trigeminali, lungo tutto il loro decorso extra-cranico, può essere indotta mediante manipolazione dell’area orofacciale ed è in grado di causare modificazioni dei parametri cardiovascolari, ipermotilità gastrica ed apnea (Schaller et al, 2009).

Tali effetti, da tempo noti nell’uomo, sono collettivamente conosciuti come riflesso trigemino-cardiaco (TCR), dato che la loro branca afferente è rappresentata dalle fibre trigeminali. TCR comprende anche il cosiddetto diving response (riflesso da immersione), innescato dal contatto dell'acqua fredda con la cute del viso (Heath e Downey, 1990) o con la mucosa nasale (McCulloch et al, 1999), e il riflesso oculo-cardiaco, indotto dall'attivazione vagale (Arnold, 1999) attraverso stimolazione meccanica delle strutture orbitali (Brocklin et al, 1982). Il termine TCR è derivato da studi condotti nel coniglio da White e collaboratori nel 1969 (White et al, 1969), e da Kumada e collaboratori nel 1977. Questi ultimi, durante esperimenti di elettrostimolazione di diverse aree del complesso spinale trigeminale in conigli anestetizzati o decerebrati, osservarono una diminuzione della frequenza cardiaca fino a 60 battiti/minuto e della pressione arteriosa media fino a 50 mmHg, apnea e ipermotilità gastrica (Kumada et al, 1977). La bradicardia era abolita solo mediante vagotomia bilaterale insieme al blocco beta-adrenergico, perciò deriva dalla combinazione di eccitazione cardio-vagale ed inibizione dei nervi cardiaci simpatici. L’ipotensione non è associata a cambiamenti negli output cardiaci, non cambia dopo interruzione della bradicardia, ma dopo il blocco alfa-adrenergico e, quindi, è totalmente attribuibile all’inibizione dell’attività vasocostrittrice dei nervi simpatici.

Che la stimolazione trigeminale possa avere effetti anche a livello cerebrale, in particolare sul flusso ematico, è acquisizione più recente. Esperimenti condotti nel gatto (Sandu et al, 2010) hanno dimostrato che fissando le vibrisse dell'animale, dove arrivano le principali terminazioni periferiche trigeminali, si aveva non solo una diminuzione della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa media ma anche un aumento della perfusione cerebrale dovuta ad un aumento del flusso a livello della carotide interna.

Osservazioni cliniche hanno evidenziato nell’uomo ipotensione e

bradicardia durante manipolazioni invasive, come operazioni chirurgiche maxillo-facciali o neurochirurgiche per l’asportazione di masse tumorali dal tronco encefalico.

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Figura 1.1: Anatomia dell’innervazione periferica del nervo

trigemino: branca oftalmica (V1), branca mascellare (V2) e branca mandibolare (V3) che originano dal Ganglio semilunare di Gasser (G).

Figura 1.2: Anatomia dei nuclei del complesso sensoriale trigeminale.

Organizzazione topografica del nucleo caudale (a) e corrispondenti aree periferiche (b).

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1.1.1 Effetti di una singola estensione mandibolare sui parametri cardiovascolari in soggetti normotesi

Un recente studio (Brunelli et al, 2012) condotto su volontari normotesi ha dimostrato che un’apertura sub-massimale della bocca (EM), ottenuta mediante un divaricatore posto tra gli incisivi superiori ed inferiori, della durata di 10 minuti, causa una riduzione significativa della pressione arteriosa, sistolica (PAS) e diastolica (PAD), e della frequenza cardiaca (FC). In particolare, in questo studio, PAS e PAD diminuivano rispettivamente di 12 e 8 mmHg e FC di 13 bpm, rispetto ai valori basali, e si mantenevano stabilmente ridotte fino a 80 minuti di rilevazione post EM. Tale studio evidenzia come un abbassamento della pressione arteriosa sia accompagnato da bradicardia e non da un aumento della frequenza cardiaca, come ci si aspetterebbe. Alla base di ciò vi è una vasodilatazione probabilmente mediata da meccanismi di regolazione centrali, che inibirebbero il sistema autonomo simpatico evitando l’aumento della frequenza cardiaca. Gli effetti dell'apertura della bocca, ottenuti sull'uomo, sono stati poi confermati da esperimenti condotti nei ratti (vedi par. 1.1.2) che hanno permesso di dimostrare il chiaro coinvolgimento del trigemino nella variazione dei parametri cardiovascolari.

1.1.2 Effetti di una singola estensione mandibolare sui parametri cardiovascolari e sul microcircolo piale in ratti normotesi

Il protocollo di EM utilizzato nell'uomo è stato applicato al ratto normoteso (Lapi et al, 2013) e sono emerse due fasi nella risposta cardiovascolare indotta da EM, durante le quali diminuivano sia la pressione arteriosa media (PAM) sia FC: la prima concomitante all'apertura mandibolare e la seconda successiva ad EM e più duratura nel tempo. Effettuando aperture mandibolari di durata crescente (5, 10 e 15 minuti), è stato osservato che la durata di EM influenzava entrambe le fasi. Infatti, contemporaneamente ad EM è stato osservato un decremento di PAM e FC in risposta a stimolazioni di durata crescente fino a 10 minuti, senza ulteriori riduzioni in risposta ad EM di 15 minuti. Invece, in fase post EM è risultato necessario uno stimolo minimo di 10 minuti per ottenere una riduzione di PAM e FC massimale e persistente fino a 140

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minuti.

Durante lo studio sono stati analizzati anche gli effetti di una singola EM sul microcircolo piale, a livello della corteccia parietale, dove proiettano la maggior parte delle afferenze trigeminali. La risposta da parte delle arteriole cerebrali, che rappresentano il principale sito di regolazione e ridistribuzione del flusso ematico al tessuto nervoso, è risultata più complessa. Durante EM, è stata rilevata una vasocostrizione, a partire da 5 minuti, che risultava massima dopo 10 minuti di EM. In fase post EM si è osservata una vasodilatazione che perdurava fino a 140 minuti in risposta ad una EM di oltre 5 minuti.

Tutti questi effetti sono stati completamente aboliti dopo dissezione chirurgica del nervo trigemino (Figura 1.2). Come nell’uomo, nel ratto il nervo trigemino emerge dalla regione laterale del ponte attraverso due radici: la radice sensoriale e la radice motoria e, a livello centrale, le afferenze presentano un’organizzazione somatotopica nella quale le proiezioni mandibolari terminano dorsalmente e quelle oftalmiche centralmente. Sempre nel ratto, le singole afferenze dalle vibrisse, dalla pelle e dalle strutture orali spesso forniscono collaterali a tutti i subnuclei che compongono il nucleo sensoriale del V nervo encefalico (Greene, 1955).

Figura 1.2: Rappresentazione schematica delle tre

branche del nervo trigemino e dissezione chirurgica

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È stato ipotizzato che la risposta bifasica delle arteriole piali alla stimolazione del trigemino fosse dovuta all'attivazione di afferenze nocicettive che causavano la liberazione di mediatori vasocostrittori durante EM e, quindi, l'iniziale riduzione del diametro arteriolare, e alla liberazione di ossido nitrico (NO) che induceva la successiva vasodilatazione. Infatti, la vasocostrizione, osservata durante EM, era totalmente abolita dopo somministrazione endovenosa di naloxone. Invece, la vasodilatazione, successiva ad EM, era inibita dalla somministrazione in vena o locale di L-NAME a dimostrazione del fatto che EM aumentava il rilascio di NO da parte dell’endotelio vascolare. Ciò è stato confermato anche dai dati ottenuti da un’analisi spettrale delle variazioni ritmiche del diametro arteriolare basata sulla trasformata di Fourier e successive modificazioni (vedi par. 1.3.1), che ha permesso l’identificazione di componenti di frequenza nei tracciati di variazione del diametro a bassissima frequenza: tale analisi ha evidenziato, infatti, un aumento della componente endoteliale NO-dipendente.

Infine studi di biologia molecolare (qRT-PCR e Western Blot) hanno permesso di valutare un significativo incremento dell’espressione sia del gene codificante per l’NO sintetasi endoteliale (eNOS) sia della proteina eNOS 2 ore dopo EM.

Nel loro complesso, questi dati dimostrato che EM induce a livello del microcircolo piale un maggior rilascio di NO endoteliale. NO è un’importante mediatore delle funzioni associate al sistema cardiocircolatorio ed è sintetizzato prevalentemente nell’endotelio vascolare, dove gioca un ruolo importante nel determinare il tono vascolare, esercitando un’azione dilatatoria e antitrombotica. Una carente biodisponibilità di NO è tipica della disfunzione endoteliale ed è associata, nell’uomo, a patologie cardiovascolari come l'ipertensione.

Infine, studi successivi condotti nei nostri laboratori, hanno dimostrato che una seconda apertura mandibolare, dopo il recupero dei valori basali di PAM ed FC, generava di nuovo ipotensione e bradicardia di entità paragonabile a quella indotta dalla prima EM, ma di durata superiore alle 4 ore. Le arteriole piali rimanevano dilatate per l’intero periodo di osservazione a partire dal periodo post EM1.

Questi dati nel loro complesso indicano come EM possa rappresentare una pratica non invasiva in grado di regolare anche per tempi lunghi i parametri cardiocircolatori e il flusso ematico cerebrale

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1.2 IL CIRCOLO CEREBRALE

1.2.1 Anatomia dei vasi cerebrali

Il sistema nervoso riceve sangue arterioso da due circoli relativamente indipendenti: un circolo anteriore formato dalle arterie carotidi interne e un circolo posteriore che prende origine dalle arterie vertebrali. Le arterie carotidi interne sono rami delle arterie carotidi comuni che originano dall’arco aortico. Le arterie succlavie generano le arterie vertebrali, da cui si diparte l'arteria basale che corre lungo la linea mediana del tronco dell'encefalo e si connette con il circolo del Willis (Figura 1.3). Quest’ultimo, situato alla base del cranio, rappresenta la principale anastomosi arteriosa cerebrale e permette una perfusione incrociata degli emisferi cerebrali e garantisce, entro determinati limiti, un sufficiente apporto ematico al cervello quando si viene a creare un impedimento a tale apporto ematico. L’interconnessione tra vasi sanguigni (anastomosi) non caratterizza tutta la circolazione cerebrale così che il cervello è quasi tutto vascolarizzato da rami terminali, la cui ostruzione può dare origine a gravi patologie.

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Tre grandi arterie si distaccano dal poligono del Willis: le arterie cerebrali anteriore, media (la più studiata) e posteriore. Questo anello vascolare si basa sull’esistenza di arterie dette comunicanti: l’arteria comunicante anteriore mette in comunicazione le arterie cerebrali anteriori dei due lati; da ognuna delle arterie carotidi interne si diparte una arteria comunicante posteriore che si anastomizza con l’arteria cerebrale posteriore dello stesso lato, mettendo quindi in comunicazione il circolo anteriore e posteriore dello stesso lato (Cipolla, 2009).

Le piccole arterie cerebrali dotate di una sottile parete muscolare, costituiscono il principale sito di resistenza vascolare e ciò le rende i principali regolatori del flusso di sangue a livello tissutale.

All’interno della struttura encefalica, a livello subaracnoideo e subpiale, troviamo lo spazio di Virchow-Robin, un insieme di canali perivascolari pieni di liquido cerebrospinale che circonda le arteriole penetranti (Pires et al., 2013). Le arteriole penetranti, si approfondano nello strato corticale dando origine ai capillari. A differenza delle arterie superficiali e delle arteriole piali, le arteriole penetranti raramente danno origine ad anastomosi, perciò, controllano il flusso del sangue verso regioni distinte della corteccia. Le arteriole parenchimali, come suggerisce il loro nome, sono localizzate nel parenchima cerebrale più esterno circondato dalle terminazioni degli astrociti e a loro volta danno origine ai capillari.

Sebbene non vi siano definizioni standard, per il calibro dei vasi del circolo cerebrale sono stati ipotizzati dei ranges di diametri ai quali riferirsi. Sulla base

dei dati istopatologici i capillari rientrano nel range di diametri tra 4,0 e 7,5 µm;

le arteriole precapillari e le venule postcapillari tra 7,5 e 30 µm; le piccole arterie

e le venule connettenti tra 30,0 e 50,0 µm (Bertuglia et al., 2000); in generale,

quindi, si parla di microcircolo per vasi di calibro inferiore ai 100 µm.

. Una simile architettura vascolare esiste anche nel ratto in cui i rami

microvascolari delle arteriole penetranti presentano una struttura esagonale che dalla superficie corticale si spinge nella sostanza grigia, riducendosi

progressivamente di diametro. I capillari cerebrali dei ratti (tra 3,1 e 7,2 µm)

rientrano negli intervalli riportati per l’uomo e per i primati. Le varie analogie tra il microcircolo cerebrale dell’uomo e quello del ratto permettono di utilizzare quest’ultimo come un valido modello di studio per l’analisi di processi fisiologici e patologici, che interessano il microcircolo cerebrale; in particolare, in questi

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animali è possibile valutare in vivo le variazioni del flusso e del tono arteriolare dal quale dipende la perfusione del network capillare.

1.2.2 L’autoregolazione del circolo cerebrale

Per autoregolazione (Paulson et al., 1990) s’intende la capacità dei vasi sanguigni di mantenere costante la perfusione di un dato organo entro un certo intervallo di variazioni di pressione, compreso tra i 60 e i 140 mmHg. Sono stati

proposti numerosi meccanismi che contribuiscono al controllo

dell'autoregolazione nella circolazione cerebrale dell’uomo.

Il tessuto nervoso non dispone di riserve energetiche (glicogeno) e di un efficiente metabolismo anaerobio, per cui i substrati energetici (ossigeno, glucosio, amminoacidi) devono essere forniti da un costante apporto ematico che deve rimuovere nello stesso tempo anidride carbonica, acido lattico e altri prodotti del catabolismo. L’accumulo di cataboliti generalmente è accompagnato da una

riduzione della pressione parziale dell’ossigeno che determina una

vasodilatazione per aumentare l’apporto di O2. Pertanto, a livello cerebrale il

meccanismo dell’autoregolazione mantiene un flusso di sangue continuo in risposta all’esigenze metaboliche del tessuto, determinando il cosiddetto accoppiamento flusso-metabolismo.

Sebbene le fibre simpatiche siano relativamente scarse nel letto cerebrale,

il sistema nervoso simpatico e parasimpatico sembrano contribuire

all'autoregolazione del flusso cerebrale umano. Recenti studi hanno dimostrato un ruolo dinamico sia della vasocostrizione adrenergica simpatica che della vasodilatazione colinergica nel controllo dell'autoregolazione cerebrale. In particolare, la noradrenalina rilasciata dalle fibre simpatiche a livello delle cellule muscolari lisce (SMC) dei vasi innesca una cascata intracellulare che coinvolge l’inositolo trifosfato (IP3) e il diacilglicerolo (DAG). Questi secondi messaggeri attivano due vie parallele che portano al rilascio di calcio dai depositi intracellulari, il quale regola lo slittamento attivo dei filamenti sottili di actina su quelli spessi di miosina. In tal modo s’innesca la contrazione delle fibrocellule e la conseguente vasocostrizione.

Un ruolo importante nell'autoregolazione del flusso cerebrale è rivestito dalla reattività miogena dell'arteriole cerebrali. Essa è dovuta alla capacità

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intrinseca delle cellule muscolari lisce delle pareti delle arteriole di rispondere ad un loro allungamento dovuto ad un aumento della pressione intraluminale con una contrazione cambiando così il tono muscolare del vaso e mantenendo costante il flusso sanguigno, come descritto per la prima volta da Bayliss nel 1902. Sulla base dell’osservazione che le contrazioni miogene nei vasi di resistenza dipendono dalla concentrazione del calcio intracellulare, è stata formulata l’ipotesi che la risposta miogena sia modulata da canali del calcio sensibili allo stiramento (Schubert et al., 2005). La risposta miogena è particolarmente importante ad alte pressioni quando le arteriole, in un primo momento, si vasodilatano per poi costringersi e aumentare la resistenza vascolare, mantenendo un flusso continuo e costante. Il tono vascolare basale contribuisce alla resistenza cerebrovascolare e gran parte di questo tono è dovuto all’attività miogena. L’entità e la durata della risposta miogena sono modulate da fattori endotelio-dipendenti, da fattori ormonali con azione vasodilatante, come il peptide connesso al gene della calcitonina (CGRP) rilasciato dai nervi trigemino-vascolari, la sostanza P, il peptide intestinale vasoattivo (VIP), e da potenti vasocostrittori, come l’angiotensina II (ANGII), il neuropeptide Y (NPY) e l’ormone antidiuretico (ADH).

Le variazioni di flusso ematico nelle arteriole, inducono variazioni dello stress di parete o shear stress, che a sua volta attiva delle risposte endoteliali che consistono nella sintesi e liberazione dei fattori endotelio-dipendenti:

prostaglandine, ossido nitrico (NO), fattore iperpolarizzante derivato

dall’endotelio (EDHF), trombossani ed endoteline. Le prostaglandine hanno origine dall’acido arachidonico (AA) mediante attività della ciclossigenasi. L’EDHF è un fattore NO-indipendente, il cui meccanismo d’azione non è ancora ben noto. L’NO è il più potente vasodilatatore del nostro organismo (vedi par. 1.2.3). I trombossani sono molecole paracrine di natura lipidica, prodotti dalla ciclossigenasi a partire da AA. Infine, l’endoteline (ET) innescano una vasocostrizione sostenuta ma, a livello cerebrale in cui viene prodotta la forma ET1, possono avere una diversa azione in base al tipo di recettore a cui si legano.

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1.2.3 Ruolo dell’ossido nitrico

L’ossido nitrico è un gas, una semplice ma pluripotente molecola altamente reattiva distribuita in tutto il corpo, e gioca sorprendentemente diversi ruoli in un ampio spettro di processi fisiologici e fisiopatologici (Stuart-Smith K., et al. 2002). NO è un radicale libero ed è un’importante molecola segnale, attivo praticamente in ogni sistema d’organo principale, non solo nei mammiferi, ma anche nelle piante, pesci e insetti (Moncada e Higgs, 1993). È generato dall’ossido nitrico sintetasi (NOS) che metabolizza L-arginina a NO in un processo a due fasi. Esistono almeno 3 isoforme dell'enzima che sono specifiche per i vari sistemi d'organo (Cylwik et al., 2005). NOS endoteliale (eNOS), un'isoforma costitutiva, è principalmente espressa nell'endotelio e nell'epitelio delle vie aere, strettamente associata con i raft o zolle lipidiche (microdomini di membrana planari) e le caveole. NOS neuronale (nNOS), una seconda isoforma costitutiva, è presente nel sistema nervoso centrale e periferico, così come nel muscolo scheletrico. I meccanismi di stimolazione della sintesi di NO da parte di nNOS non sono ben chiari. I dati suggeriscono, tuttavia, che la produzione di NO da parte di nNOS nel cervello è aumentata in risposta allo stress e all'ipossia. Sia eNOS che nNOS sono calcio-calmodulina-dipendenti. La terza isoforma nota è NOS inducibile (iNOS), che produce NO in quantità 1000 volte superiore rispetto agli enzimi costitutivi eNOS e nNOS in risposta all'infiammazione e a fattori immunologici, quali le citochine (IL-1, TNF), il lipopolisaccaride e l'interferone gamma. Tuttavia, tutte e tre queste isoforme sono state trovate in una varietà di tessuti e le isoforme costitutive potrebbero anche essere inducibili (Giles, 2006).

Il flusso di sangue pulsatile e lo shear stress sono stimoli fisiologici primari per la produzione di NO dall'endotelio (Behrendt et al., 2002). Queste forze aprono i canali del calcio sulle cellule endoteliali, promuovendo così l'attivazione di eNOS calcio-dipendente e il conseguente rilascio di NO. La piccola dimensione, la natura lipofilica e la labilità chimica di NO gli permette di diffondere rapidamente attraverso le membrane cellulari senza bisogno di canali o recettori (Buimischi et al., 1998). Quindi, passa tra le cellule endoteliali e nelle sottostanti cellule muscolari lisce della parete vascolare, dove attraverso numerose reazioni a cascata induce un aumento della sintesi di cGMP (Figura 1.4).

Questo inibisce la vasocostrizione Ca2+-mediata, l’adesione e aggregazione

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antiinfiammatori, antiproliferativi e antimigratori sui leucociti, sulle cellule endoteliali e sulle cellule muscolari lisce vascolari, fornendo protezione dall’aterosclerosi (Brunner et al. 2005).

Figura 1.4: Meccanismo d’azione dell’ossido nitrico

1.2.4 L’ipertensione e il circolo cerebrale

Il cervello è uno degli organi del corpo più irrorati. Le conoscenze riguardo questo letto vascolare in stato di salute e malattia non sono ancora al pari di quelle sulla circolazione periferica. Condizioni patologiche come ad esempio l’ipertensione, modificano il letto vascolare cerebrale sia funzionalmente che strutturalmente, influenzando la circolazione cerebrale e la sua autoregolazione. Nella maggior parte degli adulti l'autoregolazione si attua in un intervallo di pressioni comprese tra i 60 e i 140 mmHg (Figura 1.5).

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Figura 1.5: Range della pressione arteriosa entro cui

si verifica l’autoregolazione cerebrale.

Quando la pressione arteriosa media si eleva al di sopra o scende al di sotto del range autoregolatorio ottimale, il flusso a livello cerebrale viene compromesso. Le pressioni al di sopra del range di autoregolazione provocano un incremento del flusso di sangue che a lungo termine può causare edema vasogenico. Al contrario, pressioni al di sotto del range determinano un’ipoperfusione cerebrale e il conseguente danno ischemico. La curva flusso / pressione autoregolatoria (Figura 1.5) non rappresenta un rigido modello poichè i valori della pressione arteriosa media influenzano i limiti superiore ed inferiore entro i quali il flusso di sangue cerebrale (CBF) viene mantenuto costante, inducendo uno spostamento verso destra o verso sinistra della curva. Ad esempio, nel caso di un paziente cronicamente iperteso, la curva sarà spostata verso destra (Figura 1.6).

Questo comportamento della curva è importante qualora nell’individuo si verificassero ulteriori aumenti pressori. Se la pressione arteriosa aumentasse fino ai limiti superiori dell’autoregolazione, le arteriole di resistenza non potrebbero mantenere la vasocostrizione dando luogo ad alterazioni transitorie del calibro. In tal caso, segmenti arteriosi dilatati, corrispondenti a regioni di dilatazione passiva

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Figura 1.6: Scorrimento verso destra della curva di autoregolazione

cerebrale, nell’ipertensione cronica.

del vaso da parte della pressione arteriosa sistemica, si alternerebbero a segmenti arteriosi contratti, corrispondenti a regioni di autoregolazione ancora efficace. La cronicizzazione di tali eventi potrebbe portare ad alterazioni costitutive dell’endotelio e della barriera emato-encefalica.

L’incremento nella resistenza vascolare, dovuta sia a riduzione del lume che del numero di vasi cerebrali normalmente irrorati, è la caratteristica alla base della patologia ipertensiva.

1.2.5 NO e ipertensione

Lo stress ossidativo e la conseguente rimozione di NO costituiscono la principale causa dell’alterata bioattività del gas. Il termine stress ossidativo si riferisce alla condizione in cui un’eccessiva produzione di radicali liberi

dell’ossigeno (ROS)probabilmente innescata da fattori di rischio cardiovascolari

come l’ipertensione, il fumo, l’obesità, la dislipidemia, oltrepassano i naturali meccanismi di difesa antiossidanti (es. la bioattività di NO) portando all’ossidazione di macromolecole biologiche (lipidi, DNA, proteine, carboidrati), all’infiammazione vascolare, allo sviluppo di aterosclerosi e di patologie cardiovascolari. I soggetti ipertesi mostrano un’aumentata produzione di ROS che determina un’aumentata eliminazione di NO riducendone la biodisponibilità (vedi

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fine paragrafo).

È stato dimostrato in modelli animali che la delezione del gene eNOS o

l’inibizione cronica delle NOS attraverso somministrazione di L-NAME (Nω

-nitro-L-arginina metil estere) favoriscono lo sviluppo dell’ipertensione arteriosa e l’aumento delle resistenze periferiche (Huang et al, 1995). Successivamente, è stato dimostrato che anche nell’uomo l’infusione di L-NAME provoca disfunzione endoteliale (Kiowsky et al, 1994). La biodisponibilità di NO può essere migliorata mediante approcci farmacologici e non. È noto che un regolare esercizio fisico migliora la funzione endoteliale nei soggetti ipertesi (Higashy et al,) mentre il ripristino di una adeguata funzionalità di NOS può essere ottenuta mediante somministrazione dei suoi cofattori tetraidrobiopterina (BH4) o L-arginina.

Se da un lato è noto che NO contribuisce alla regolazione della pressione arteriosa e che un suo deficit è associato ad ipertensione, dall’altro resta ancora da chiarire l’eziologia ed i meccanismi di tale relazione soprattutto se la riduzione di NO preceda o segua l’ipertensione (Dominiczak et al, 1995). I probabili meccanismi per l’associazione tra il deficit di NO e l’ipertensione includono: difetti nella via di sintesi della L-arginina, che portano ad una ridotta produzione di NO; polimorfismi genetici di eNOS; incremento dei livelli di inibitori circolanti di NO; distruzione di NO mediata da ROS; diminuita disponibilità dei cofattori (L-arginina e BH4) essenziali per la formazione di NO (Schlaich, et al., 2004). Quando i livelli di BH4 sono bassi, la struttura del dimero di eNOS è alterata e si ha un disaccoppiamento molecolare dell’attività catalitica. Infatti, la riduzione enzimatica dell’ossigeno molecolare tramite eNOS non s’accoppia più

all’ossidazione della L-arginina, determinando la produzione di un dannoso O2- e

non del protettivo ossido nitrico. Questo disaccoppiamento di eNOS, che si verifica in condizioni patologiche, è caratterizzato da una discrepanza tra i livelli di proteina eNOS (normali) e la produzione di NO (ridotta) la quale contribuisce all’aumentata generazione di ROS e alla conseguente disfunzione endoteliale.

Nonostante esistano numerose prove che una NOS disaccoppiata genera O2-,

queste scoperte sono basate su studi in vitro, ad oggi, non c’è ancora una prova definitiva che un tale fenomeno si verifichi anche in vivo (Hermann et al., 2006).

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1.3 VASOMOTION

Per vasomotion o vasomotilità s’intende la capacità dei vasi sanguigni di variare ritmicamente il proprio calibro attraverso la contrazione o il rilasciamento delle fibrocellule muscolari lisce presenti nella loro parete. L’aumento del calibro vasale prende il nome di vasodilatazione, mentre la riduzione è detta vasocostrizione. Questa ritmica variazione del diametro determina un andamento oscillatorio del flusso che si propaga fino ai capillari, i quali non sono in grado di contrarsi o dilatarsi in quanto privi di cellule muscolari lisce, quindi la loro perfusione è sotto diretto controllo dell’attività delle arteriole (arterie di diametro inferiore a 100 µm) da cui originano. La vasomotilità risulta più spiccata a livello delle arteriole, metarteriole, sfinteri precapillari e, dove presenti, delle anastomosi artero-venose.

I fattori che influenzano la vasomotilità sono di tipo sia centrale sia periferico. I primi comprendono l’attività cardiaca, che genera una pressione sufficiente a spingere il sangue verso tutti i tessuti, vincendo la resistenza che viene opposta dalle pareti vascolari durante il percorso, e quella respiratoria, che facilita il ritorno venoso al cuore (Muck-Weymann et al., 1996). I secondi operano a livello locale e sono di natura miogena, neurogena, ormonale, metabolica ed endoteliale.

Le fibrocellule muscolari lisce vasali sono sensibili agli ormoni (adrenalina, VIP, ANGII, NPY, ADH) con i quali giungono a contatto attraverso il sangue, ai mediatori chimici delle terminazioni nervose che le innervano (noradrenalina), ai metaboliti tessutali prodotti in loco o portati dal torrente

sanguigno (CO2, H+ e lattato), ai vari fattori prodotti dall’endotelio (NO, EDHF,

prostaglandine, trombossani, endoteline). La risposta ai vari tipi di stimoli (nervosi, ormonali o chimici) varia a seconda del distretto considerato: per esempio, i vasi cerebrali sono molto sensibili ai metaboliti come anidride carbonica e ioni idrogeno, e poco sensibili agli stimoli nervosi. Anche la pressione arteriosa sistemica è uno stimolo in grado di modificare il tono della muscolatura liscia vasale, in modo differente in base all’organo: un suo aumento causa a livello cerebrale una vasodilatazione, ma a livello cutaneo una vasocostrizione.

Le variazioni più importanti e più estese nel circolo sistemico sono dovute all’intervento del sistema nervoso centrale, in particolare, dei centri bulbo-pontini, responsabili del riflesso barocettivo, tramite i nervi vasomotori innervanti la muscolatura liscia dei vasi (nervi appartenenti al sistema nervoso autonomo). Le

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fibre nervose che si distribuiscono ai vasi sanguigni sono soprattutto fibre simpatiche adrenergiche che determinano la contrazione della muscolatura e mantengono le pareti vascolari in una condizione di lieve e permanente contrazione detta tono vascolare. La stimolazione del simpatico determina quindi una vasocostrizione, mediata dalla noradrenalina, che interessa tutti i distretti vascolari tranne quello coronarico, ove si determina invece una vasodilatazione. Le fibre nervose parasimpatiche, colinergiche, hanno invece un’azione opposta, ma meno importante, e non è presente in tutti i territori: la vasodilatazione viene infatti ottenuta soprattutto attraverso la riduzione del tono simpatico. I meccanismi nervosi agiscono in maniera riflessa (riflessi vasomotori) in modo da adeguare costantemente il flusso del sangue alle esigenze metaboliche dei diversi tessuti e in relazione alla pressione arteriosa sistemica.

1.3.1 Oscillazioni del flusso ematico

Il flusso ematico è caratterizzato da un andamento oscillatorio dovuto alla pompa cardiaca e all’attività respiratoria, le quali spingono il sangue rispettivamente dal cuore alla periferia, mediante le arterie, e dalla periferia al cuore, attraverso la rete venosa. Tale fenomeno, anche noto come flowmotion, è favorito dalle variazioni del diametro arteriolare che si propagano fino ai capillari, regolando la perfusione tissutale. Infatti, le arteriole, al contrario dei capillari, sono dotate di una sottile parete muscolare liscia che le rende il principale sito di resistenza vascolare e permette loro di contrarsi e dilatarsi in risposta ai vari fattori di tipo centrale e periferico, descritti in precedenza.

La registrazione delle variazioni di flusso ematico a livello cutaneo, mediante tecnica di LDPM (Laser Doppler Perfusion Monitor; Muck-Weymann et al., 1996) e l’analisi delle oscillazioni del flusso, in registrazioni di 30 minuti, ha permesso di ottenere spettri di potenza e di definire intervalli di frequenza caratteristici della flowmotion compresi tra 0,005 e 2,0 Hz (Figura 1.7):

- le oscillazioni del flusso microvascolare, legate all’attività cardiaca, hanno una frequenza compresa tra 0,6 e 2,0 Hz; questa corrispondenza è stata verificata tramite acquisizione simultanea del segnale elettrocardiografico;

- le oscillazioni, legate all’attività respiratoria, sono debolmente presenti nel segnale ed hanno una frequenza compresa tra 0,145 e 0,6 Hz; la corrispondenza

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con la frequenza respiratoria è stata verificata misurando simultaneamente le variazioni volumetriche polmonari del soggetto;

- le oscillazioni, legate all’attività miogena intrinseca, hanno una frequenza compresa tra 0,052 e 0,145 Hz;

- le oscillazioni, legate all’attività neurogena, hanno una frequenza compresa tra 0,021 e 0,052 Hz;

- le oscillazioni del microcircolo, legate all’attività endoteliale, presentano due intervalli di frequenza a seconda che siano o meno dipendenti da NO, per cui si distingue un’attività endoteliale NO-dipendente, che ha una frequenza compresa tra 0,0095 e 0,021 Hz e un’attività endoteliale NO-indipendente, che ha una frequenza compresa tra 0,005 e 0,0095 Hz.

Queste sono le più lente attività ritmiche riconosciute nella flowmotion e sono state identificate utilizzando inibitori delle NOS endoteliale e monitorandone gli effetti (Lapi et al., 2010).

Gli intervalli di frequenza correlati alle attività cardiaca e respiratoria sono considerati componenti ad alta frequenza, mentre quelli correlati alle attività miogena intrinseca, neurogena ed endoteliale sono definite componenti a bassa frequenza (Stefanovska et al., 2006).

Figura 1.7: Analisi spettrale delle componenti in frequenza delle

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2. SCOPO DELLA TESI

Numerosi studi hanno dimostrato che la stimolazione centrale o delle branche periferiche del nervo trigemino può innescare una risposta riflessa (riflesso trigemino-cardiaco) che determina ipotensione e bradicardia. In questo ambito, gli effetti sulla pressione arteriosa e la frequenza cardiaca ottenuti attivando il nervo trigemino con una semplice apertura sub massimale della bocca (EM) sono stati sorprendenti sia nell’uomo che nel ratto normotesi, come riportato da Brunelli et al. (2012) e Lapi et al. (2013). In quest’ultimo è stato possibile anche valutare gli effetti di EM sul microcircolo piale, dove l’apertura della bocca per 10 minuti determina, dopo una vasocostrizione concomitante con EM, una vasodilatazione che perdura nel tempo.

Quindi, una semplice manipolazione che stimola le branche periferiche del nervo trigemino sembra essere in grado di regolare i parametri cardiovascolari e il flusso ematico cerebrale in condizioni fisiologiche. Data l’entità degli effetti e l’applicabilità del metodo è sembrato interessante valutare gli effetti di EM in una condizione patologica, l’ipertensione, che rappresenta una delle patologie più diffuse.

Pertanto, nel presente lavoro di tesi è stato affrontato lo studio degli effetti di EM sui parametri cardiovascolari e sul microcircolo piale in ratti ipertesi, valutando inizialmente gli effetti di una singola EM. Successivamente, allo scopo di mettere a punto protocolli di EM applicabili all’uomo e tali da prolungare nel tempo gli effetti, sono stati valutati i parametri cardiovascolari e il microcircolo piale anche dopo doppia EM effettuata a breve distanza dalla prima (10 minuti) o dopo recupero degli effetti indotti dalla prima EM.

Inoltre, poiché la misurazione dei diametri arteriolari consente di classificare le arteriole e descrivere l’organizzazione del microcircolo, si è cercato, per la prima volta, di fornire una classificazione e una descrizione del microcircolo piale nei ratti ipertesi.

Infine la misura dei diametri arteriolari consente di analizzare con opportuni metodi matematici la vasomotilità delle arteriole ottenendo l’analisi spettrale delle componenti di frequenza relative alle attività che ne regolano il tono. È noto che a livello arteriolare è possibile rilevare 6 componenti di frequenza: due alte frequenze correlate all’attività cardiaca e respiratoria e quattro relative all’attività miogenica, neurogenica, endoteliale dipendente e

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NO-indipendente. In particolare è stata focalizzata l’attenzione sulle componenti a bassa frequenza in quanto l’ipertensione ne determina una marcata

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3. MATERIALI E METODI

3.1 ANIMALI

Tutti gli animali utilizzati sono stati trattati secondo le norme dettate dalla Guida per la sicurezza e l’uso degli animali da Laboratorio (NIH pubblicazione n. 86-23, riesaminata nel 1985), dal Comitato Etico Universitario Locale (prot. N 001 4896/2013) e secondo la direttiva della Comunità Europea n. 609/86.

Gli esperimenti sono stati condotti su ratti maschi del ceppo Wistar del peso di 250 – 300 g. È stato scelto tale ceppo poiché, in uno studio precedente (Lapi et al., 2008), è stato caratterizzato geometricamente il microcircolo piale di tali ratti e ciò ha consentito di studiare gli effetti dell’apertura della bocca in ogni singolo vaso.

I ratti sono stati stabulati a temperatura (24 ± 1°C) ed umidità (60 ± 5%)

costanti con libero accesso a cibo e ad acqua, e sottoposti ad un ciclo circadiano artificiale luce-buio di 12 ore (12 ore di luce/12 ore di buio).

Sono stati utilizzati ratti normotesi (n = 5) e ratti resi ipertesi (n = 18) mediante somministrazione giornaliera sottocutanea per 7 giorni di desametasone (20

µg/kg/giorno) e dieta arricchita di sale (acqua contenente 0,5% di NaCl.

Tutti i ratti studiati sono stati sottoposti ad osservazione in vivo del microcircolo piale e a registrazione di PAM (vedi paragrafo 3.3) ed del tracciato elettrocardiografico (ECG).

3.2 SOSTANZE

Tutte le sostanze utilizzate sono state acquistate dalla Sigma Aldrich (Milano, Italia).

I ratti sono stati anestetizzati mediante iniezione intraperitoneale di α-cloralosio al dosaggio di 50 mg/Kg di peso corporeo, miscelato con uretano al dosaggio di 600 mg/Kg di peso corporeo in 0,4 ml di soluzione fisiologica (sodio

cloruro 0,9%: 1000 ml contengono: 9,00 g di sodio cloruro, Na+ 154 mEq/l, Cl-

154 mEq/l e acqua per preparazioni iniettabili. pH: 4,5 – 7,0. Osmolarità: ~ 308 mOsm/l). Per mantenere l’animale anestetizzato durante gli esperimenti ogni 50 minuti circa, è stato iniettato in vena femorale il solo uretano.

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Per evidenziare il circolo piale è stato utilizzato, come tracciante fluorescente, l’isotiocianato di fluoresceina legato a destrano (FITC) di peso molecolare 70 KD, somministrato per via endovenosa al dosaggio di 50 mg/100g di peso corporeo disciolto in 0,5 ml di soluzione fisiologica all’inizio di ogni esperimento e successivamente ogni 2 ore circa.

Infine, il liquido cerebrospinale artificiale (aCSF) aveva la seguente

composizione (in mM): 119,0 di NaCl, 2,5 di KCl, 1,3 di MgSO4·7H2, O, 1 di

NaH2PO4, 26,2 di NaHCO3, 2,5 di CaCl2 e 1,.0 di glucosio. Nell’aCSF è stata

fatta gorgogliare una miscela gassosa contenente O2 al 10%, CO2 al 6% e N2 al

84%; pH 7,38 ± 0,02. La temperatura di aCSF è stata mantenuta costante a 37,0 ±

0,5 °C.

3.3 PROCEDURA SPERIMENTALE

I ratti sono stati anestetizzati con iniezione intraperitoneale di α-cloralosio e uretano e successivamente tracheotomizzati e intubati. È stato inserito un catetere nella vena femorale per l’iniezione del tracciante fluorescente e dell’anestetico di mantenimento. Un secondo catetere è stato posto nell’arteria femorale per misurare la pressione arteriosa sistemica (vedi oltre). Durante

l’esperimento, la temperatura corporea dell’animale è stata mantenuta a 37,0 ± 0,5

°C, tenendo il ratto su uno speciale supporto stereotassico riscaldato.

L’osservazione del microcircolo piale è stata effettuata attraverso una finestra cranica (4 mm x 5 mm), effettuata a livello dell’osso parietale (1,5 mm posteriormente al bregma e 3 mm dalla linea mediana) secondo la metodica descritta in passato da Mayhan nel 1985 (Mayhan & Heistad, 1985). Sotto anestesia, è stata fatta un’incisione di 1 cm sulla cute, esponendo così il cranio. I lembi cutanei sono stati retratti tramite suture, in modo da formare un pozzetto per il liquido di perfusione. Due condotti, uno di immissione e uno di scarico,

mantenevano un flusso e un deflusso costante di aCSF che bagnava, quindi, in

modo omogeneo la superficie cerebrale per tutta la durata dell’esperimento. Infine, è stata effettuata la craniotomia ed incisa la dura madre per esporre i vasi piali.

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Durante tutto l’esperimento, è stato registrato il tracciato ECGrafico con un apposito sistema computerizzato che rileva l’attività cardiaca dell’animale, mediante l’applicazione di tre elettrodi posizionati secondo le tre derivazioni di Heinthoven. Dal tracciato ECGrafico è stata ottenuta la frequenza cardiaca (FC). La pressione arteriosa è stata registrata tramite un trasduttore (WPI, Berlino, Germania) collegato al catetere inserito nell’arteria femorale ed interfacciato con un opportuno software che fornisce la misura della pressione media (PAM).

Tutti i ratti utilizzati sono stati sottoposti ad osservazione basale per 30 minuti: ogni 10 minuti sono state misurate PAM e FC, e dalla media delle tre osservazioni sono stati ricavati i valori basali.

Per quanto riguarda la caratterizzazione geometrica delle arteriole del

microcircolo piale in base al diametro, alla lunghezza e al numero delle

ramificazioni secondo il metodo centripeto di Strahler, (vedi par. 3.5, Strahler 1952; Kassab et al., 1993; Lapi et al., 2008), i dati sono stati ottenuti da acquisizioni eseguite per 1 minuto ogni 5 minuti durante il periodo di osservazione in condizioni basali. Una volta identificati i vasi in studio, l’osservazione e la misura dei parametri geometrici è stata condotta su acquisizioni di 1 minuto ottenute ogni 10 minuti in tutte le successive fasi sperimentali. I dati riportati, si riferiscono alle arteriole di ordine 2.

Gli animali sono stati sottoposti quindi ad apertura sub-massimale della bocca (EM) ottenuta con uno speciale divaricatore a forma di U posto tra le due arcate dentali (superiore ed inferiore). Il divaricatore è stato appositamente costruito e consisteva di due sottili lamine ricoperte con silicone (Sylgard, Dow Corning, Midland, MI) unite da una molla regolabile. Il grado di apertura è stato fissato al limite massimo di apertura della bocca tale da non causare alcun affaticamento muscolare. Quest’ultimo era stato precedentemente valutato in esperimenti pilota dove i ratti erano stati sottoposti a diversi gradi di apertura della bocca e attraverso l’elettromiografia era stata valutata la tensione dei muscoli masseteri e temporali anteriori.

Nei nostri esperimenti sono stati, quindi, applicati 4 differenti protocolli sperimentali, schematizzati in Figura 3.1

(34)

OSSERVAZIONE BASALE

30 min 10 min 160 min

EM POST EM

SOMMINISTRAZIONE FICT

A

30 min 10 min 160 min 10 min 10 min 240 min POST EM1 SOMMINISTRAZIONE FICT OSSERVAZIONE BASALE 1 EM1 SOMMINISTRAZIONE FICT

EM2 POST EM2

SOMMINISTRAZIONE FICT OSSERVAZIONE BASALE 2 SOMMINISTRAZIONE FICT

B

OSSERVAZIONE BASALE 1 SOMMINISTRAZIONE FICT

C

POST EM1 POST EM2 SOMMINISTRAZIONE FICT

30 min 10 min 10 min 10 min 240 min

SOMMINISTRAZIONE FICT

D

SOMMINISTRAZIONE FICT SOMMINISTRAZIONE FICT 480 min EM1 EM2

Figura 3.1: Protocolli sperimentali utilizzati. A: protocollo di singola EM; B:

protocollo di doppia EM; C: protocollo di doppia EM ravvicinata; D: protocollo

(35)

Il protocollo A descritto in figura 3.1, è stato applicato a 5 ratti ipertesi e corrisponde al protocollo di singola EM già utilizzato in precedenza in ratti normotesi: esso consiste di un periodo di osservazione basale di 30 minuti a cui ha fatto seguito una EM della durata di 10 minuti e quindi un periodo di osservazione di 160 minuti.

Il protocollo B, applicato in 5 ratti ipertesi, è stato precedentemente utilizzato in ratti normotesi. Il periodo post EM1 corrispondeva al tempo necessario al recupero dei parametri emodinamici modificati dalla prima EM (EM1). Una volta recuperati i valori basali di PAM e FC, è stato condotto ancora un periodo di osservazione di 10 minuti (osservazione basale 2) e quindi indotta una seconda EM (EM2). Il periodo post EM2 per tutti gli animali è durato 240 minuti.

Il protocollo C è stato applicato sia a 5 ratti normotesi che a 5 ipertesi. Tale protocollo prevedeva due EM ravvicinate a distanza di 10 minuti l’una dall’altra, così che la seconda EM (EM2) avveniva dopo soli 10 minuti dall'inizio della fase post EM1. Quindi gli animali sono stati mantenuti sotto osservazione per 240 minuti (periodo post EM2).

Infine, il protocollo D, rappresenta il protocollo di controllo, nel quale in 3 ratti ipertesi sottoposti alla sola procedura chirurgica, sono stati misurati i parametri cardiovascolari per un periodo corrispondente all’intera durata del protocollo più lungo (480 minuti circa).

3.4 MICROSCOPIA IN FLUORESCENZA

Il microcircolo piale è stato osservato (Figura 3.2C) attraverso una tecnica di microscopia in fluorescenza, utilizzando il tracciante FITC [lunghezza d’onda di eccitazione (λ eccitazione) = 450 - 470 nm e lunghezza d’onda emissione (λ emissione) = 510 - 520 nm] iniettato in vena femorale (Figura 3.2B). È stato impiegato un microscopio Leitz Orthoplan, che consente l’osservazione in luce incidente con sistema Ploemopak (Figura 3.2A). Sul cammino ottico della luce fornita da una lampada al mercurio di 10W (OSRAM), sono stati inseriti filtri appropriati alle caratteristiche spettrali di FITC (filtri Leitz N1) e un filtro di calore (Leitz KG1). Un filtro di sbarramento (510 nm) è stato posto tra l’obiettivo e la coppia di oculari x10. Le immagini del campo microvascolare sono state

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riprese con obiettivi Leitz a lunga distanza, inviate ad una telecamera digitale ad alto guadagno luminoso (DAGE MTI 300E-RC), visualizzate su monitor Sony PVM 122 CE e registrate con un videoregistratore Sony SLV-SX 800 per l’analisi successiva condotta off-line mediante un sistema computerizzato appositamente realizzato (MIP-CNR Istituto di Fisiologia Clinica, Pisa).

Figura 3.2: Schema dell’apparato utilizzato per la visualizzazione del

microcircolo cerebrale. A: Microscopio a fluorescenza. B: immagine del preparato in cui si osservano i cateteri inseriti in arteria e vena femorale; C: finestra cranica aperta a livello dell’osso parietale.

A B

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