UNIVERSITÀ DI PISA
SCUOLA DI INGEGNERIA
CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN INGEGNERIA ENERGETICA
PRODUZIONE DI IDROGENO DA FONTE EOLICA:
DIMENSIONAMENTO OTTIMALE DEL GRUPPO
ELETTROLIZZATORE-ACCUMULO
Relatore: prof. Lorenzo Ferrari Candidato: Francesco Centorbi
Tutor: dott. Guido F. Frate
Tutor: dott.ssa Angelica Liponi
ABSTRACT
Il presente elaborato di tesi ha come obiettivo lo studio di un sistema di produzione di idrogeno tramite elettrolisi da fonte eolica, focalizzando l’attenzione sugli effetti positivi che l’aggiunta di un accumulatore elettrochimico può portare al sistema generatore eolico-elettrolizzatore, con lo scopo di utilizzare al meglio l’energia prodotta dall’impianto. È stata effettuata una prima valutazione su diverse taglie di batteria ed elettrolizzatore con una prima logica a soglie dipendente dalla potenza della turbina e dall’SOC della batteria, in modo da valutare il dimensionamento ottimale dei dispositivi. L’aumento della capacità della batteria ha portato notevoli vantaggi, tra cui la diminuzione delle perdite energetiche del sistema. Tuttavia, il funzionamento dell’AEL non risulta continuo, per questa ragione sono state proposte tre logiche di gestione che variano la potenza dell’AEL con una funzione lineare dipendente dalla potenza della turbina ad ogni time step. I risultati ottenuti hanno mostrato un upgrade rispetto alla prima logica a soglie, infatti le tre logiche riescono a ridurre la media della differenza in valore assoluto tra la potenza dell’AEL e la potenza media della turbina, garantendo un funzionamento più continuo dell’elettrolizzatore. Per esaminare il costo di produzione dell’idrogeno si è svolta un’analisi economica che ha mostrato l’elevata percentuale di costo della turbina eolica rispetto al sistema. L’LCOH (levelized cost of hydrogen) minimo, si è ottenuto con un sistema nel quale è già presente la turbina eolica valutando l’opportunità di produrre idrogeno con l’energia elettrica generata piuttosto che immetterla in rete. Infine, sono state costruite sequenze casuali di dati sintetici di velocità del vento con la stessa distribuzione di Weibull dei dati reali e si sono analizzati i risultati per evidenziare analogie e differenze. I grafici mostrano un diverso comportamento delle caratteristiche operative dell’AEL a basse capacità della batteria, invece all’aumentare della capacità di accumulo gli elettrolizzatori di taglia maggiore o uguale alla potenza nominale della turbina tendono a ridurre le differenze fra i risultati ottenuti con i dati di vento sintetici e reali.
INDICE
ABSTRACT ... I 1. INTRODUZIONE ... 1 2. L’IDROGENO SOSTENIBILE ... 6 2.1. IL PROCESSO DI ELETTROLISI ... 6 2.2. ELETTROLIZZATORI ... 9 2.3. IMPIANTI POWER-TO-GAS...143. MODELLAZIONE DEL SISTEMA ...16
3.1. DATI DI VENTO ...16
3.2. TURBINA EOLICA ...18
3.3. BATTERIA AGLI IONI DI LITIO ...21
3.4. ELETTROLIZZATORE ALCALINO ...26
3.5. LOGICA GESTIONE ...29
4. ANALISI DEI RISULTATI ...33
4.1. BATTERIA ...33
4.2. ELETTROLIZZATORE ...38
4.3. SISTEMA ENERGETICO E IDROGENO ...42
5. STUDIO DI DIVERSE LOGICHE DI GESTIONE ...47
5.1. LOGICA A POTENZE BASSE (A) ...48
5.2. LOGICA A POTENZA MEDIA (B) ...51
5.3. LOGICA A POTENZA PROGRESSIVA (C)...54
5.4. CONFRONTO DEI RISULTATI ...56
6. ANALISI ECONOMICA ...62
6.1. LEVELIZED COST OF HYDROGEN (LCOH) ...62
7.1. DATI DI VENTO RICOSTRUITI...74
7.2. ANALISI DEI RISULTATI ...78
8. CONCLUSIONI...88
INDICE DELLE FIGURE ...89
INDICE DELLE TABELLE ...92
BIBLIOGRAFIA...93
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1. INTRODUZIONE
L’idrogeno è l’elemento più leggero e abbondante dell’universo conosciuto, nonostante sia molto raro allo stato libero sulla Terra, è presente in molti combustibili come il carbone, il petrolio ed il metano ma anche nella composizione molecolare dell’acqua.
Attualmente la maggior parte dell’idrogeno viene prodotto attraverso il processo di “steam reforming”, durante il quale avviene una reazione endotermica tra il metano ed il vapore acqueo, oppure tramite il processo di gassificazione del carbone, con la successiva formazione di monossido di carbonio o anidride carbonica a seconda delle condizioni operative di temperatura. La produzione di questi composti finali rappresenta il problema principale di questi processi, rendendoli oltre che dispendiosi per l’utilizzo di calore per la reazione, anche molto inquinanti e climalteranti.
Una valida alternativa è costituita dal processo di elettrolisi che negli ultimi anni ha suscitato maggiore interesse. Esso consiste nella scomposizione della molecola dell’acqua in ossigeno e idrogeno grazie al passaggio di corrente elettrica all’interno di una cella elettrolitica. Ancora oggi, produrre idrogeno utilizzando questo processo risulta economicamente svantaggioso, sia per l’eccessivo consumo di energia elettrica che per l’elevato prezzo degli elettrolizzatori in commercio. Il vantaggio fondamentale di questo processo consiste nel rendere possibile la produzione di idrogeno senza che avvenga la formazione di prodotti inquinanti.
La necessità di avviare una transizione energetica mirata alla riduzione delle emissioni di 𝐶𝑂2 è uno dei principali traguardi fissati dall’Unione Europea entro il 2050, al fine di raggiungere la neutralità del carbonio e arginare i cambiamenti climatici che producono effetti devastanti sull’intero ecosistema. In quest’ottica l’idrogeno assume un ruolo chiave per la futura decarbonizzazione del sistema
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energetico, sfruttando l’accoppiamento con l’energie rinnovabili quali solare ed eolico, il cosiddetto “idrogeno verde”.
Oggi l’utilizzo di energia rinnovabile per la produzione di idrogeno non risulta competitiva nel mercato energetico ma potrebbe diventarlo in futuro considerando le spese relative alla “carbon tax”, cioè la tassa sulle emissioni di diossido di carbonio per gli impianti che utilizzano combustibili fossili. La particolarità rilevante delle fonti rinnovabili è la loro variabilità e intermittenza, dovute alle diverse condizioni metereologiche non programmabili ed incerte. Ciò rende la produzione di energia elettrica una variabile aleatoria, quindi vi saranno momenti nei quali non si riuscirà a produrre l’energia necessaria all’utilizzazione ed altri caratterizzati da un surplus energetico. Sotto questo punto di vista, assume un ruolo chiave l’uso di un accumulatore elettrochimico in grado di assorbire l’energia elettrica prodotta in eccesso o fornendola al sistema utilizzatore quando quella generata dal rinnovabile risulta insufficiente. L’impiego di questo dispositivo non solo può diminuire le perdite di energia del sistema ma può migliorare l’utilizzazione dell’elettrolizzatore diminuendo le sue accensioni e spegnimenti, minimizzando i tempi di stand-by e se possibile facendolo lavorare a carico parziale, dove esso assume rendimenti migliori.
In prima analisi lo studio si è focalizzato sulla raccolta dei dati di vento, in modo da determinare un profilo di velocità del vento variabile durante l’anno. Dopo aver definito la taglia della turbina eolica LTW90-1500 kW, si è generato con Matlab il vettore di potenza eolica per rappresentare la produzione di energia rinnovabile ad ogni time step. Definita la taglia della turbina eolica si sono ricercati dei modelli elettrici di batteria ed elettrolizzatore e si sono definite le taglie dei dispositivi con l’obiettivo di studiarne le caratteristiche ed il funzionamento. Per questo studio si è valutata una batteria agli ioni di litio e si sono considerati i limiti di carica e scarica della corrente che variano in funzione dello stato di carica (SOC) ed influiscono notevolmente sull’efficienza del dispositivo. Per quanto riguarda il modello dell’elettrolizzatore è stato scelto l’alcalino (AEL) perché presenta le migliori caratteristiche operative [1], infatti presenta un’elevata efficienza dello stack, bassa
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degradazione ed elevata produzione oraria di idrogeno grazie ad una maggiore area delle celle elettrolitiche rispetto agli altri elettrolizzatori in commercio.
L’obiettivo principale della tesi è stato quello di determinare il dimensionamento ottimale tra la batteria di accumulo e l’elettrolizzatore in accoppiamento con una turbina eolica cercando di ridurre le perdite energetiche del sistema e garantire un basso costo di produzione dell’idrogeno.
Per queste ragioni si è definita una logica di gestione in grado di determinare la potenza da attribuire ai due dispositivi in base alla produzione eolica generata ad ogni time step e in base allo stato di carica (SOC) della batteria che indica la percentuale di energia accumulata rispetto alla sua capacità totale. Inizialmente si è definita una logica di gestione a soglie che attribuisce determinati valori alla potenza dell’elettrolizzatore in base all’intervallo di potenza eolica prodotta rispetto all’ AEL e allo stato di carica della batteria. Questo funzionamento del sistema garantisce buoni risultati, tuttavia presenta lo svantaggio di non riuscire a modulare la potenza dell’elettrolizzatore alcalino in maniera lineare, infatti il funzionamento dell’AEL risulta abbastanza irregolare. Questo genera un numero maggiore di spegnimenti del dispositivo che provoca una produzione variabile dell’idrogeno e un’elevata degradazione del dispositivo a causa di uno scarso utilizzo della capacità della batteria disponibile.
Per questa ragione sono state analizzate tre diverse logiche di gestione con lo scopo di rendere più continuo il funzionamento dell’elettrolizzatore alcalino ed evitare variazioni rapide di potenza, utilizzando maggiormente la capacità disponibile dell’accumulatore elettrochimico. Sono state proposte tre diverse logiche di gestione che variano la potenza dell’elettrolizzatore con una funzione lineare dipendente dalla potenza generata dalla turbina ad ogni time step, al fine di diminuire il valore assoluto della differenza tra la potenza dell’elettrolizzatore e la potenza media della turbina.
Le logiche di gestione analizzate mostrano delle evidenti differenze, infatti la logica a potenze basse (A) preserva l’utilizzo dell’accumulatore elettrochimico, generando il numero più basso di cicli equivalenti. Questo genera una minore potenza
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dell’elettrolizzatore alcalino durante i periodi di bassa produzione di energia eolica e quindi un allontanamento dalle condizioni di potenza media della turbina.
Le altre due logiche di gestione prediligono un funzionamento dell’AEL più vicino ai valori della potenza media generata dalla turbina. La logica a potenza progressiva (C) permette di far lavorare l’elettrolizzatore a potenze crescenti in funzione della potenza generata dalla turbina eolica, invece la logica di gestione a potenza media (B) nei momenti in cui la potenza della turbina è minore rispetto a quella media generata annualmente, permette all’accumulatore elettrochimico di spingere il suo funzionamento vicino alle soglie di potenza media tramite l’utilizzo dell’energia accumulata in batteria.
Nel sesto capitolo si è svolta una prima analisi economica relativa al costo di produzione dell’idrogeno (LCOH), considerando il costo d’acquisto e installazione del generatore eolico. In questa considerazione si è fissato un duplice obiettivo: valutare i dimensionamenti ottimali di batteria ed elettrolizzatore al fine di minimizzare il costo di produzione e valutare le percentuali di costo dei dispositivi sull’LCOH. In questo modo è stato possibile determinare l’influenza sul costo di produzione dell’idrogeno di ogni singolo componente dell’impianto. In quest’ottica sono molti i punti che potrebbero in futuro ridurre il gap economico tra l’idrogeno e il resto dei combustibili. Sicuramente uno degli aspetti fondamentali per la riduzione del costo di produzione dell’idrogeno è lo sviluppo della tecnologia dei materiali con l’obiettivo di ridurre il prezzo d’acquisto dei dispositivi. Un'altra possibilità è la vendita dell’ossigeno prodotto che potrebbe abbattere i costi di produzione dell’idrogeno. Per questi motivi nelle considerazioni svolte per il calcolo dell’LCOH si è tenuto conto anche di questo fattore, tuttavia la percentuale di costo della turbina eolica rappresenta una spesa importante ed eccessiva per il sistema.
Per queste ragioni si è analizzato il costo di produzione dell’idrogeno, considerando l’aggiunta di un elettrolizzatore alcalino in accoppiamento ad un accumulatore elettrochimico in un impianto eolico già esistente. L’obiettivo è stato quello di valutare quanto costa produrre idrogeno utilizzando direttamente l’energia elettrica generata dalla turbina perdendo di conseguenza la remunerazione della vendita di
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energia rinnovabile in rete. In questo modo senza considerare il costo d’acquisto della turbina eolica, si è valutato l’LCOH minimo del sistema con l’obiettivo di valutare un confronto tra i due risultati ed esaminare eventuali differenze tra i dimensionamenti dei due dispositivi con l’LCOH minimo ottenuto.
In ultima analisi sono state effettuate delle valutazioni del sistema con la prima logica di gestione, al variare delle taglie dell’AEL e della batteria impiegando dei dati di vento sintetici. Sono stati costruiti dei vettori di velocità del vento con gli stessi fattori di scala e di forma del vettore di velocità del vento reale. La particolarità consiste nella non correlazione di due dati di vento sintetici posti in successione, quindi si è cercato di stabilire se le variazioni della velocità del vento influiscono sulle condizioni operative del sistema e sul dimensionamento del gruppo elettrolizzatore-accumulo.
Oggi l’idrogeno garantisce una notevole opportunità per lo sviluppo della transizione energetica, in quanto garantisce la produzione di energia elettrica senza alcuna formazione di sostanze inquinanti. Questo è il motivo fondamentale che deve spingere le comunità verso la produzione di idrogeno verde. In questo modo l’idrogeno potrebbe integrarsi perfettamente in un nuovo scenario del mercato energetico diminuendo l’utilizzo dei combustibili fossili con lo scopo di centrare gli obiettivi fissati dall’Unione Europea.
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2. L’IDROGENO SOSTENIBILE
2.1. IL PROCESSO DI ELETTROLISI
L’elettrolisi dell’acqua ha il potenziale per diventare la migliore risorsa per la produzione di idrogeno e lo sviluppo del settore dell’elettricità in un sistema energetico sostenibile.
La reazione complessiva di elettrolisi dell’acqua è:
H2O → H2+1
2 O2 (2.1)
La richiesta energetica complessiva (∆𝐻) è fornita in parte dal calore (∆𝑄) e in parte da energia elettrica, corrispondente all’energia libera di Gibbs (∆𝐺):
∆H = ∆Q + ∆G (2.2)
Nell’intervallo 0-1000°C ∆H varia lievemente con la temperatura fra 283,5 e 291,6
KJ
mol(H2) [1]. L’aumento della temperatura però, oltre ad una migliore cinetica,
diminuisce l’apporto di energia elettrica richiesto ∆𝐺, questo rappresenta il principale vantaggio dell’elettrolisi ad alta temperatura.
La tensione termoneutra della cella fornisce la tensione minima necessaria per far avvenire l’elettrolisi in una cella ideale e viene espressa così:
Utn= ∆H
zF (2.3)
dove F è la costante di Faraday pari a 96485 C
mol e z è il numero di elettroni
trasferito per la reazione pari a 2.
Essa varia tra 1,47 − 1,48 V al di sotto della temperatura di ebollizione e si riduce fino a 1,26 − 1,29 V tra 100 − 1000 °𝐶 (Figura 2.1, [1]), inoltre si nota dalla figura come l’uso del vapore nel processo di elettrolisi sia in grado di ridurre il consumo
7 di energia elettrica da 284 − 286 KJ
mol(H2) fino a 243 − 249 KJ
mol(H2), grazie al
calore di evaporazione. Sicuramente la tensione termica reale della cella risulterà leggermente superiore a 𝑈𝑡𝑛 per effetto delle irreversibilità.
A tal punto è opportuno analizzare le caratteristiche dell’andamento della densità di corrente in funzione della tensione della cella (Figura 2.2, [1]) al variare di temperatura e pressione.
Figura 2.1 Richiesta energetica di un processo ideale di elettrolisi in funzione della temperatura
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Questa caratteristica è un fattore determinante per l’elettrolizzatore perché densità di correnti elevate generano un aumento della produzione di idrogeno ma creano anche maggiori sovratensioni e conseguenti diminuzioni delle prestazioni.
Viene espresso di seguito il tasso di produzione dell’idrogeno in Nm
3 h : 𝑁̇𝐻2 =η𝐹 𝐼𝑒𝑙𝑛𝑐 2𝐹 ( 𝑚𝑜𝑙 𝑠 ) [22,414 𝑁𝑚3 𝑘𝑚𝑜𝑙∙ 3600𝑠 ℎ 1000𝑘𝑚𝑜𝑙𝑚𝑜𝑙] (2.4)
Con nc numero di celle in serie, Iel (𝐴) corrente dell’elettrolizzatore e η𝐹 efficienza di Faraday pari a 98-99,9% alla densità di corrente nominale.
Si nota dalla Figura 2.2 come le caratteristiche delle curve I-V siano fortemente dipendenti dalla temperatura, infatti un suo aumento genera una diminuzione della tensione della cella ed un aumento dell’efficienza dell’elettrolizzatore, definita così:
η𝐿𝐻𝑉 =𝑁̇𝐻2 𝑃𝐶𝐼
𝑃𝑒𝑙
(2.5)
Con 𝑃𝐶𝐼 ( kWh
Nm3 ) potere calorifico inferiore e 𝑃𝑒𝑙 consumo di elettricità in kW.
Lavorare a densità di correnti troppo elevate, oltre ad un notevole aumento dei costi per la protezione e sicurezza del dispositivo soggetto a elevati sforzi, porta come scritto sopra ad un peggioramento delle prestazioni.
Per queste ragioni, l’elettrolizzatore assume alti valori dell’efficienza durante il funzionamento a carico parziale, quindi a densità di corrente ridotte che però limitano il tasso di produzione dell’idrogeno.
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2.2. ELETTROLIZZATORI
I sistemi di elettolisi utilizzano l’energia elettrica per ottenere la scissione della molecola dell’acqua in idrogeno e ossigeno. Oggi questi dispositivi occupano un ruolo importante nello sviluppo di un futuro economicamente sostenibile, perché costituiscono la principale risorsa per la produzione di idrogeno a zero emissioni inquinanti.
In base alle loro caratteristiche di funzionamento gli elettrolizzatori si distinguono in tre diverse tecnologie: alcalini (AEL), a membrana polimerica elettrolita (PEMEL) e ad ossidi solidi (SOEL).
La tecnologia alcalina è la più sviluppata ed economica nel mercato energetico, utilizzata per la produzione di idrogeno su larga scala. La sua struttura è composta da due elettrodi immersi in un elettrolita liquido, costituito da una soluzione acquosa al 25-30% di idrossido di potassio e separati da un diaframma che oltre ad avere la funzione di mantenere i due gas separati, permette il passaggio alle molecole d’acqua e agli ioni di idrossido. L’elettrolita viene fatto circolare per la rimozione del calore, infine è immagazzinato in due separatori di gas per idrogeno e ossigeno. L’acqua viene smaltita sul lato catodico e prodotta sul lato anodo, tramite le seguenti reazioni principali:
2H2O + 2e− → H2+ 2OH− Catodo
2OH− → 1
2O2+ H2O + 2e
− Anodo
A differenza degli AEL, nei PEMEL l’elettrolita è allo stato solido e l’acqua viene fornita all’anodo, secondo la seguente reazione:
H2O → 1 2O2+ 2H ++ 2e− Anodo 2H++ 2e− → H 2 Catodo
La membrana polimerica subisce effetti di corrosione durante il suo funzionamento, infatti richiede l’uso di catalizzatori nobili come l’iridio per l’anodo e il platino per
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il catodo. Essi aumentano notevolmente i costi della struttura ma in questo modo la membrana presenta il vantaggio di una bassa permeabilità dell’idrogeno e una sua maggiore purezza, inoltre per tale ragione si possono raggiungere pressioni più elevate degli alcalini (Tabella 2.1, [1]) ed un ampio intervallo di flessibilità 0-100%.
Questo costituisce il principale svantaggio degli elettrolizzatori alcalini rispetto ai PEM, soprattutto nelle applicazioni con sorgenti aleatorie [2], infatti la loro flessibilità è limitata tra il 20-100% [1,2] (Tabella 2.1) a causa del rischio di infiammabilità, dovuto alla contaminazione incrociata dei flussi di gas. Quest’ultima può essere gravosa ad un carico basso perché diminuisce la produzione di ossigeno e genera un successivo aumento della concentrazione di idrogeno a livelli pericolosi.
La fonte eolica rappresenta una sorgente fluttuante ed intermittente che espone la sezione di elettrolisi ad un funzionamento transitorio, infatti si distinguono due diversi tipi di avviamento:
a freddo, cioè l’avvio dalla temperatura ambiente a caldo, cioè l’avvio dalla modalità stand-by riscaldata Durante l’avviamento a freddo si
producono elevate tensioni di cella a basse densità di corrente, che producono un aumento del consumo elettrico e riducono la potenza istantanea dell’elettrolizzatore. Per evitare questi fenomeni di stress termico e garantire la tenuta dello stack, nei modelli alcalini, viene limitato l’aumento della potenza a basse temperature, ciò comporta tempi di avviamento lunghi di 1-2 h (Tabella 2.1), rispetto ai PEM che garantiscono tempi
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L’avviamento a caldo dalla modalità di stand-by riscaldata riduce notevolmente i tempi di accensione degli elettrolizzatori, tuttavia per ottenere queste condizioni vi è la necessità di una corrente di protezione per evitare il degrado e il riscaldamento per mantenere le condizioni operative in stand-by, ad esempio l’unità alcalina di 6,3 MW dell’impianto Audi e-gas di Werlte utilizza il calore prodotto da un impianto biogas [1]. Nel primo caso l’uso di elettrodi resistenti alla corrosione può eliminare il problema della degradazione, invece nel secondo caso il consumo energetico di un riscaldamento in stand-by corrisponde a circa l’1% della potenza dell’elettrolizzatore [1].
Nonostante le migliori condizioni di flessibilità degli elettrolizzatori PEM è evidente che le condizioni operative degli alcalini risultino, ancora oggi, migliori rispetto ai primi. Sebbene gli alcalini presentino densità di corrente nominale fino a 0,45 A
cm2, fattore che limita notevolmente la produzione di idrogeno, in confronto
all’intervallo di 1-2 A
cm2 di un elettrolizzatore PEM, dispongono di un’area della
cella sensibilmente maggiore rispetto agli altri e sono in grado di produrre fino a
1400 Nm
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h con una potenza nominale per stack di 6 MW, quindi circa 0,23 Nm3 kWh. Una
prima sperimentazione fu realizzata nel 2006 nel Regno Unito a West Beacon, Leicestershire, durante il progetto “Hari” [3], dove venne integrato un elettrolizzatore da 36 kW per utilizzare l’energia elettrica prodotta dal sistema di
energia rinnovabile e produrre fino a 8 Nm3
h di idrogeno a 25 bar.
L’efficienze di un AEL variano nel range 63-71% leggermente superiori a quelle di un PEMEL tra il 60-68% (Tabella 2.1), questi valori vengono confermati da un’analisi compiuta su diversi impianti Power-to-Gas [2] che riportano un’efficienza media basata sul potere calorifico superiore del 70% per gli alcalini e del 63% per i secondi. Inoltre, si nota dalla Tabella 2.1 un minor consumo specifico dell’elettrolizzatore alcalino pari a 4,2-4,8 kWh
Nm3, rispetto a 4,4-5 kWh
Nm3 per un PEMEL
ed un prezzo notevolmente inferiore. Questi dati chiariscono l’ingente utilizzo e sviluppo degli elettrolizzatori alcalini nell’attuale mercato energetico, perché oltre a presentare efficienze più elevate riducono i costi di investimento.
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Per quanto riguarda l’affidabilità di funzionamento sull’intera vita utile degli elettrolizzatori bisogna tenere in considerazione il tasso di degradazione annuo al quale sono soggetti. Hamacher e Felgenhauer [1] riportano un valore tra 0,25-1,25% annuo per gli alcalini e una durata dello stack tra 55000-96000 h, invece per i PEMEL viene riportato un valore tra 0,5-2,5% annuo ed una durata tra 60000-100000 h [1].
Una ricerca condotta da IRENA nel 2018 [4] riporta un’efficienza media per gli elettrolizzatori alcalini del 65% ed un suo potenziale miglioramento in pochi anni fino al 68%, inoltre valuta la vita utile dello stack tra 80000-90000 h, a differenza dei PEMEL per i quali il tasso di degradazione sembra influire notevolmente sulla durata del dispositivo, riducendone la sua soglia fino a 40000 h.
Questa divergenza può essere attribuita all’elevata corrosione degli elettrodi e all’incertezza delle prestazioni dei PEMEL, infatti negli ultimi anni è stata incentivata la ricerca sul miglioramento delle loro condizioni di stabilità. Le maggiori perdite di attivazione sono presenti sul lato anodo, a causa di una minore capacità di adattarsi dell’Ir a densità di corrente di 1-2 A
cm2 (Tabella 2.1), infatti è
stato dimostrato che diluendo il metallo nobile in Ir𝑂2, gli ossidi di metallo favoriscono la stabilità delle particelle contro la corrosione anche se presentano bassa conduttività elettrica [5].
Il percorso evolutivo di ricerca e installazioni degli elettrolizzatori alcalini oggi è molto avanzato rispetto ai PEMEL, rendendo i primi dispositivi oggi più affidabili e meno costosi. Contrariamente gli elettrolizzatori con membrana polimerica elettrolita hanno trovato sviluppo nell’ultimo decennio e hanno un ampio margine di miglioramento, finalizzato alla ricerca di:
collettori a struttura porosa ed elevata resistenza alla corrosione un miglioramento dell’attività catalitica per il catodo e l’anodo nuovi materiali per aumentare le efficienze e ridurre i costi
A differenza delle prime due tecnologie, gli elettrolizzatori SOEL funzionano ad una temperatura molto più elevata tra 700-900°C, in questo modo l’utilizzo del
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vapore diminuisce il consumo energetico e migliora notevolmente l’efficienza (Figura 2.3, [1]). Un ulteriore vantaggio è il possibile funzionamento reversibile della cella che permette sia la produzione di idrogeno, sia la sua conversione in energia elettrica in modalità fuel cell. Nonostante ciò, si riscontra il problema della richiesta di un riscaldamento esterno per il mantenimento delle condizioni in stand-by, perché per l’avvio a freddo di questo dispositivo sarebbero necessarie ore (Tabella 2.1), invece basterebbero pochi minuti se fosse mantenuto a temperatura di esercizio. L’alto tasso di degradazione della cella influisce particolarmente sulla vita utile dello stack (Tabella 2.1) che viene sensibilmente minore rispetto agli AEL e i PEMEL.
In conclusione, si nota dalla Figura 2.3 che il valore della densità di corrente, variabile tra 0,3-1 A
cm2, si mantiene nella soglia intermedia degli elettrolizzatori,
tuttavia la produzione di idrogeno viene decisamente ridotta dalla bassa superficie disponibile delle celle SOEL oggi in commercio.
In futuro l’aumento dell’efficienza e della densità di corrente possono diminuire rispettivamente i costi di investimento e manutenzione degli elettrolizzatori (Figura 2.3), rendendo questa tecnologia competitiva nello scenario del mercato energetico sostenibile.
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2.3. IMPIANTI POWER-TO-GAS
La roadmap energetica a livello europeo prevede per i prossimi decenni un incremento graduale delle risorse rinnovabili ed una riduzione delle emissioni inquinanti, con l’intento di velocizzare il processo di decarbonizzazione e realizzare la transizione energetica grazie alla produzione di idrogeno verde verso un’economia sostenibile. In tale ambito uno degli obiettivi è lo sviluppo della tecnologia Power-to-Gas che sfrutta la conversione di energia elettrica in energia chimica, sottoforma di combustibile.
La prima installazione PtG per la produzione di idrogeno da rinnovabile mediante elettrolisi è stato realizzato nel 1991 [2] con un elettrolizzatore alcalino, successivamente si nota (Figura 2.4, [1]) un suo graduale aumento di potenza fino a raggiungere nel 2013 la taglia dei MW, esempi dimostrativi sono l’impianto power to gas in Falkenhagen di 2 MW realizzato da E.ON con l’obiettivo di accumulare l’idrogeno, prodotto da energia eolica, nella rete del gas e l’impianto Audi di Werlte di 6,3 MW [1] (McPhy,2013) finalizzato alla produzione di idrogeno per veicoli fuel cell (FCV). A differenza degli alcalini, la diffusione dei PEMEL è iniziata nel 2003 fino al raggiungimento, nell’impianto Energiepark Mainz (Siemens, 2015), di una potenza di 6 MW.
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Oggi le fonti energetiche più utilizzate sono l’eolico e il solare. Un confronto tra i due diversi sistemi [6], basato su un modello di ottimizzazione per sistemi stand-alone, valuta la spesa economica dell’accumulo di idrogeno o in batteria e mostra che l’accoppiamento eolico-idrogeno risulta economicamente vantaggioso rispetto al solare-idrogeno, tuttavia ancora oggi l’accumulo in batteria risulta essere il migliore. Effettivamente a causa della bassa densità volumetrica dell’idrogeno in condizioni standard pari a 0,089 Kg
m3, 1 Kg occupa circa 11,2 m
3, quindi il sistema
di stoccaggio dell’idrogeno risulta molto dispendioso sia in termini economici che energivori, poichè è necessaria una compressione ad elevate pressioni per ridurre il volume dell’accumulo.
L'utilizzo delle batterie nei sistemi Power to Gas per la produzione di idrogeno è ampiamente convalidato [2], infatti si afferma che il 53% dei sistemi ad energia rinnovabile analizzati usufruiscano dell’accumulatore elettrochimico con lo scopo di gestire i transitori di carico e i picchi di potenza. In alcuni impianti installati in passato, la mancanza di un ottimale dimensionamento dell’elettrolizzatore [3] ha generato una diminuzione sull’efficienza del sistema dovuta ad un numero elevato dei cicli del dispositivo, rendendo necessario l’utilizzo della batteria per garantire la stabilità e la gestione dell’impianto.
L’ottimizzazione di un sistema energetico consiste nel perfetto dimensionamento del sistema con lo scopo di aumentarne l’efficienza, diminuire le perdite energetiche e favorire un funzionamento, quanto più possibile, stabile.
Per tale ragione, nei sistemi in cui il generatore rinnovabile è collegato ad un elettrolizzatore, l’utilizzo di un banco di batterie per un sistema isolato favorisce la stabilità del funzionamento, poiché esse accumulano energia che viene utilizzata per ridurre i cicli ed evitare spegnimenti più frequenti del dispositivo. Le batterie svolgono un ruolo chiave nella strategia di controllo degli impianti isolati, perché il loro stato di carica (SOC) può essere utilizzato come variabile di controllo per la regolazione della potenza dell’elettrolizzatore con l’obiettivo di migliorare le prestazioni operative del sistema.
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3. MODELLAZIONE DEL SISTEMA
3.1. DATI DI VENTO
Il primo passo per la realizzazione dell’analisi di produzione eolica è stata la raccolta dei dati di vento dal sito Wind Prospector [7], dove vengono riportati per diversi siti geografici i valori della velocità dal 2007 al 2012 ogni 5 minuti ad un’altezza di 100 m. Si è scelta la località di Abilene, Texas, dove è in servizio un sistema eolico di 3 MW realizzato dall’azienda NextEra Energy Resources.
Sono stati presi come riferimento i dati relativi al 2012, mostrati in Figura 3.1. Dal grafico si nota la variabilità della velocità del vento che lo rende una fonte aleatoria ed intermittente, quindi difficile da prevedere. È possibile osservare che le variazioni oscillano prevalentemente tra 0-15 m
s in maniera molto disomogenea,
invece nell’intervallo superiore vi sono poche rilevazioni di velocità con la presenza di alcuni picchi.
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Per questo motivo, è stata analizzata la distribuzione della velocità in funzione dei dati di vento raccolti dal sito Wind Prospector del 2012, mostrata in Figura 3.2, che rappresenta il numero delle volte in cui una determinata velocità si presenta durante l’anno. Questo grafico è importante per una buona progettazione eolica, poiché dà informazioni sulla distribuzione della velocità del vento nel sito scelto e sul potenziale di generazione di energia rinnovabile eolica.
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3.2. TURBINA EOLICA
La turbina eolica scelta per lo studio è la LTW90 da 1500 kW.
Essa raggiunge la potenza nominale per una velocità del vento pari a 11 m
s e riporta
una velocità di cut-in di 3 m
s, cioè il limite inferiore oltre il quale inizia a produrre
potenza elettrica, inoltre possiede una velocità di cut-off di 25 m
s, oltre la quale
smette di funzionare.
La velocità media del sito si trova ampiamente nell’intervallo di funzionamento della turbina. La scelta di utilizzare un generatore eolico che abbia un intervallo di velocità abbastanza variabile rispetto alla velocità media del vento, è giustificata perché nel caso in cui la velocità sia superiore alla media, la turbina è in grado di produrre un’elevata potenza, essendo quest’ultima proporzionale al cubo della velocità.
Il sito Leitwind [8] riporta i dati della potenza prodotta dalla turbina scelta per varie velocità del vento. Questi dati sono stati interpolati tramite il comando “Curve fitting di Matlab” in modo da esprimere la potenza della turbina in funzione della velocità del vento con un’equazione polinomiale di terzo grado. Per l’interpolazione sono stati imposti anche i valori della potenza alle velocità di cut-in e cut-off. Inoltre, per ottenere un punto di minimo della funzione si è aggiunta la condizione di derivata prima nulla alla velocità di cut-in, in modo da garantire per velocità maggiori un andamento monotono crescente.
In questo modo si è ottenuta la funzione della potenza prodotta dalla turbina nell’intervallo di velocità 3-11 m
s, espressa di seguito:
Pt(v) = −4,073v3+ 92.069125v2− 442.44375v + 647.680125 (3.1)
Si vede dalla Figura 3.3, che riporta in ascissa la velocità V (espressa in 𝑚
𝑠) e in
19
approsimi i valori della potenza della turbina LTW90 riportati sul sito Leitwind (punti neri in figura).
La funzione ottenuta si applica nell’intervallo di velocità del vento 3-11 m
s. Per una
velocità maggiore o uguale a 11 m
s, contrariamente a come mostrato in Figura 3.3,
la turbina genera la potenza massima di 1500 kW fino a raggiungere la velocità di 25 m
s, valore sopra al quale si ferma per evitare danni o guasti del sistema eolico.
Viceversa, per velocità inferiori a quella di cut-in pari a 3 m
s , la turbina eolica non
produce potenza. Per calcolare la potenza generata dalla turbina a partire dalla velocità del vento ad ogni intervallo di tempo considerato si è usato un ciclo for su Matlab all’interno del quale la potenza è stata calcolata con una funzione definita a tratti nel seguente modo:
for i=1:size(v_12,1) if v_12(i)<vcutin Pt(i)=0;
end
if v_12(i)>=vcutin && v_12(i)<=vr
Pt(i)=(-4.073∙v_12(i)^3 + 92.069125∙v_12(i)^2 – -442.44375∙v_12(i) + 647.680125);
end
if v_12(i)>vr && v_12(i)<=vcutoff
Pt(i)=(-4.073∙vr^3 + 92.069125∙vr^2 - 442.44375∙vr + +647.680125); end if v_12(i)>vcutoff Pt(i)=0; end end
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dove v_12 rappresenta il vettore di velocità del vento rilevato ogni 5 minuti e vr la velocità di 11 m
s, alla quale viene prodotta la potenza nominale. Durante il
funzionamento nell’intervallo di velocità 11-25 m
s, si nota dal codice che al variare
della velocità, la potenza viene sempre calcolata a partire dalla velocità nominale vr, infatti in questo intervallo di velocità, la potenza prodotta è pari a quella massima producibile dalla turbina pari a 1500 kW.
Viene riportata, in Figura 3.4, la distribuzione della potenza Pt generata dalla turbina. Si nota come per un gran numero di volte come la potenza prodotta sia pari a quella massima. Inoltre, il vuoto di misurazioni vicino lo zero è dato dal fatto che la potenza minima prodotta dalla turbina alla velocità di cut-in è pari a 39 kW, quindi in quel piccolo intervallo non viene rilevata alcuna potenza prodotta.
Dalla Figura 3.4 si può notare l’intermittenza e instabilità della produzione eolica. Le potenze generate dalla turbina coprono quasi uniformemente sull’intero intervallo di potenza, ad esclusione della potenza nominale di 1500 kW che viene prodotta più frequentemente (per 29430 intervalli di tempo sul totale di 105120), essendo generata per velocità del vento superiori a 11 m
s.
21
Un aspetto fondamentale è l’andamento temporale della potenza, poiché in funzione di questa produzione viene decisa la gestione dei flussi energetici tra batteria ed elettrolizzatore, cercando di utilizzare nel miglior modo possibile la fonte eolica. Inoltre, risulta importante analizzare la potenza media annuale generata dalla turbina. In base a questo valore sono state scelte le diverse taglie di potenza nominale dell’elettrolizzatore da analizzare.
La potenza media annua realizzata dalla turbina eolica LTW90-1500 kW con i dati di vento selezionati è stata di 937 kW, essa corrisponde a circa due terzi della potenza nominale della turbina.
Una volta ottenuti i dati di potenza generati dal codice, per ridurre il tempo di calcolo si sono ricavati i valori ogni 10 minuti facendo la media tra il valore all’istante temporale successivo e quello al tempo precedente, come mostrato di seguito:
for i=1: max(size(Pt)) if mod(i,2)= 0
P_w(i/2)=mean([Pt(i), Pt(i-1)] ); end
end
dove P_w (i/2) è la media tra i due diversi istanti temporali di Pt.
3.3. BATTERIA AGLI IONI DI LITIO
Per lo studio del sistema sono stati adottati dei modelli sia per la batteria che per l’elettrolizzatore, descritti di seguito.
Il primo passo è stato quello di approfondire e ricercare un modello elettrico per la batteria. Oggi le batterie vengono utilizzate perché hanno un’alta efficienza, un’ottima modularità e permettono una risposta rapida, tra di esse le batterie agli ioni di litio hanno un’elevata resistenza al funzionamento ciclico ed una buona durata [9].
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Durante il processo di carica, gli ioni di litio si trasferiscono dal catodo (costituito da ossidi di metallo) all’anodo (grafite) e successivamente vengono immagazzinati, invece, quando avviene il processo di scarica della batteria, essi ritornano al catodo attraverso l’elettrolita. Appena si raggiunge la stabilità, la batteria agli ioni di litio si può rappresentare con un circuito resistivo, riportato in Figura 3.5 [10], dove i tre resistori rappresentano rispettivamente le perdite ohmiche, quelle dovute al trasferimento di carica e infine quelle per diffusione della membrana che provocano una caduta di tensione:
La tensione di equilibrio può essere espressa così:
veq = Ubat,0+ RT
F ∙ ln (
(1−xctd)∗xand
xctd∗(1−xand)) + vINT,ctd− vINT,and (3.2)
Dove F è la costante di Faraday, T è la temperatura pari a 298 K, R è la costante universale dei gas pari a 8,314 J
mol K e il termine vINT rappresenta l’interazione non
ideale tra gli ioni che può essere espressa da un’equazione polinomiale, riportata in [10]. Infine, il termine Ubat,0, pari a 108,4 V, è la tensione di equilibrio a concentrazioni standard, poiché la frazione molare x dei reagenti cambia in base all’energia immagazzinata, cioè in dipendenza dello stato di carica percentuale della batteria (SOC). Di seguito vengono riportate le equazioni:
xand = 0,083 + 0,917 ∗ SOC (3.3)
xctd = 1 − 0,7 ∗ SOC (3.4)
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A partire da un SOC minore di 0,3 la corrente massima di scarica diminuisce gradualmente al diminuire dell’SOC, come riporta la Figura 3.6 (a) [10]. Inoltre, un livello di carica basso della batteria causa un aumento delle resistenze interne ed una conseguente diminuzione della tensione equivalente che può raggiungere valori sotto lo zero. Questo comportamento può condurre allo spegnimento della batteria, dovuto ad un’inversione del segno di tensione, cioè un senso errato di consumo.
A differenza della corrente massima di scarica, la corrente massima di carica, mostrata in Figura 3.6 (b) [10], subisce una lineare riduzione per valori di SOC maggiori di 0,9 per evitare l’aumento delle sollecitazioni termiche e meccaniche della batteria.
Un’altra importante caratteristica è l’influenza della corrente sull’efficienza di carica e scarica, infatti quest’ultima aumenta generalmente con il crescere di SOC e al decrescere della corrente, come si vede in Figura 3.7[10]:
Figura 3.6 Corrente massima di scarica, a sinistra (a) e corrente massima di carica, a destra (b)
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Questo andamento risulta dalle espressioni delle efficienze di scarica e carica della batteria:
ηdis = 1 −i∙Rtot
veq (3.5)
ηcha = veq
veq+i∙Rtot (3.6)
Le batterie al litio possono lavorare a correnti più elevate anche se subiscono una forte penalizzazione dell’efficienza ed un aumento di temperatura per la quale è necessaria una maggiore ventilazione.
In questo studio sono stati scelti i limiti massimi della corrente di carica e scarica, come riportati in Figura 3.7, tenendo in considerazione le variazioni in funzione dello stato di carica della batteria in Figura 3.6.
Vengono mostrati i comandi del codice di seguito:
if SOC>0.9 maxChargRate=1-(SOC-0.9)/0.1; else maxChargRate=1; end if SOC>0.3 maxDischargRate=5; else maxDischargRate=SOC*5/0.3; end
Per quanto riguarda la scelta della capacità dell’accumulatore elettrochimico è stato determinato un range di dimensioni ragionevoli e compatibili con il sistema studiato. Vista la massima potenza producibile dalla turbina pari a 1500 kW, sono state analizzate le seguenti capacità della batteria fino ad un massimo di 1666 kWh:
Capacità batteria = 106∙ [0.1; 0.3; 0.6; 1; 1.5; 2; 3; 4; 6] (kJ)
A questo punto, dopo aver definito la taglia della capacità della batteria, è stato possibile definire i limiti della potenza della batteria. Infatti, quest’ultima dipende dai valori delle efficienze della batteria mostrate in Figura 3.7, quindi è stato necessario realizzare il Curve Fitting delle curve. In questo modo, si sono considerati i valori di potenza massimi possibili in funzione dello stato di carica
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della batteria variabile tra il 20% e il 100% e dell’efficienza (eta_disch) a sua volta funzione di SOC e del rapporto di scarica. Ovviamente, per ottenere la potenza si è preso in riferimento l’intervallo di tempo simulato deltat pari a 600 secondi. Si mostrano di seguito i comandi:
SOCmin=0.2; Pmax_ch_SOClim=(1-SOC)∙Capacity(kJ)/deltat; if SOC>SOCmin Pmax_disch_SOClim=(SOC-SOCmin)∙Capacity(kJ)/deltat∙eta_disch; else Pmax_disch_SOClim=0; end
La fluttuazione dello stato di carica della batteria influisce sulla degradazione della batteria che si può esprimere attraverso il numero di cicli equivalenti (Neq) della
batteria. Per conteggiare il numero di cicli equivalenti della batteria viene definita la profondità di scarica (DOD), cioè la diminuzione del livello di carica dell’accumulatore elettrochimico.
Il numero di cicli di una batteria viene definito così [11]:
Neq =sum (DOD)kp
100 (3.7)
Dove kp, parametro variabile tra 0,8 e 2,1, è stato considerato pari a 1 perché valori maggiori corrispondono a profondità di scariche più vicine al 100%.
D’altronde, oltre un certo numero massimo di cicli equivalenti la batteria deve essere sostituita. Per poter valutare la vita utile dell’accumulatore elettrochimico è stata definita la sua degradazione annuale (𝐷𝑏), espressa di seguito:
Db = sum ( 1
A∙(DOD100)B) (3.8)
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3.4. ELETTROLIZZATORE ALCALINO
I parametri per l’analisi dell’elettrolizzatore sono stati definiti utilizzando il modello bipolare Norsk Hydro [12] dove le celle sono connesse elettricamente in serie. Non vengono considerati i transitori di avviamento e si è ipotizzato trascurabile l’effetto della variabilità della tempertura sul funzionamento dell’elettrolizzatore.
Il vantaggio di un elettrolizzatore bipolare consiste in una struttura molto più compatta rispetto all’elettrolizzatore monopolare dove le celle vengono disposte in parallelo, riducendo le perdite di resistenza ohmiche con un conseguente aumento dell’efficienza.
Tuttavia la configurazione bipolare richiede un aumento dei costi di investimento e problemi di corrosione dovuti a correnti parassite, inoltre lo svantaggio principale di questa tecnologia si presenta durante un eventuale guasto, perché per permettere la riparazione della cella deve essere spento obbligatoriamente il sistema, a differenza della configurazione monopolare, dove la disposizione in parallelo delle celle permette la loro sostituzione senza forzare lo spegnimento dell’intero sistema.
Nonostante questi inconvenienti, oggi l’utilizzo della configurazione bipolare è nettamente superiore rispetto alla monopolare per il migliore rendimento complessivo.
La curva caratteristica I-V della cella dell’elettrolizzatore scelto è espressa da:
V = V0+ b ln(I
I0) + RI (3.9)
dove V0 è la tensione reversibile, b è un coefficiente per esprimere la dipendenza della corrente rispetto alla sovratensione in un processo elettrolitico, I0 è la corrente di scambio reversibile ed R è la resistenza della cella.
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Vengono riportati di seguito i valori sperimentali dei parametri del modello Norsk Hydro:
V0 = 1,189 V
b = 0,4857 V
I0 = 2,946 A
R = 4,85 ∙ 10−5 Ω
Il design di questo elettrolizzatore è costituito da 20 celle in serie (nc), ciascuna con
un’area (A) di 170 cm2, dati che sono stati presi come riferimento per il
dimensionamento.
La scelta della potenza degli elettrolizzatori da analizzare è stata fortemente influenzata dalla potenza media generata dalla turbina eolica, infatti, poiché quest’ultima è risultata pari a 937 kW, sono stati considerati valori di potenza massima dell’alcalino superiori a questo valore. Inoltre, data la presenza dell’accumulatore elettrochimico, sono state considerate due taglie di potenza dell’elettrolizzatore superiori alla potenza massima producibile dalla turbina eolica, tenendo in considerazione il fatto che l’elettrolizzatore ha efficienze più alte ai bassi carichi.
Vengono riportate di seguito le diverse taglie di elettrolizzatori studiate:
𝑃𝑒𝑙𝑚𝑎𝑥 = [1000; 1200; 1400; 1500; 1600; 1800] (kW)
Una volta definite diverse taglie di potenza dell’elettrolizzatore, il modello di Norsk Hydro è stato scalato per poter essere applicato alle diverse taglie di potenza dell’elettrolizzatore, in questo modo si è ottenuta la potenza su ogni singola cella. A questo punto, utilizzando la relazione (3.9) e quella che lega corrente e tensione alla potenza (P=VI), tramite il metodo di iterazione di Newton si è calcolata la corrente sulla singola cella, iniziando da un primo valore di tentativo e procedendo con un numero di iterazioni k fino ad un errore minore di 0.0001.
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Dal valore della corrente sulla singola cella è stata calcolata la tensione totale dell’elettrolizzatore, data dalla somma di ogni singola tensione di cella (3.9) e la densità di corrente ic (𝑚𝐴
𝑐𝑚2), utilizzata per calcolare l’efficienza di Faraday
dell’elettrolizzatore, mostrata di seguito [13]:
ηF = 96,5 exp(0,09
ic − 75,5
(ic)2) (3.10)
Contrariamente a quanto avviene per il rendimento dello stack, l’aumento del carico dell’elettrolizzatore migliora il rendimento di balance of plant η𝐵𝑜𝑃 che tiene conto dei consumi per l’unità di controllo dei componenti elettronici, pompe per l’acqua e scambiatori di calore, invece rimane pressoché simile il rendimento di conversione di potenza.
Si riporta in Figura 3.8 l’inefficienza totale al variare del carico dell’elettrolizzatore [14] e i valori per le tre diverse parti del sistema, in questo modo, tenendo conto del potere calorifico inferiore, è stato possibile ricavare le varie efficienze. Per quanto riguarda le inefficienze relative al sistema di conversione di potenza, si è ritenuto opportuno inglobarli con quelle di balance of plant, al fine di valutare il rendimento complessivo η𝐵𝑜𝑃,𝑃𝐶 in questo modo:
η𝐵𝑜𝑃,𝑃𝐶 =η𝑠𝑖𝑠𝑡𝑒𝑚𝑎
η𝑠𝑡𝑎𝑐𝑘 (3.11)
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L’efficienza del sistema rappresenta un fattore determinante per l’analisi della produzione di idrogeno ṅH2(mol
s ) (3.12), così come la corrente di cella (I) ottenuta
dal metodo di iterazione di Newton. Infatti, quest’ultima, data la disposizione in serie delle celle, corrisponde alla corrente totale che fluisce all’interno dell’elettrolizzatore.
Per questi motivi, è possibile esprimere la produzione di idrogeno ṅH2così:
ṅH2 =ηF𝐼𝑛𝑐
2𝐹 η𝐵𝑜𝑃,𝑃𝐶 (3.12)
3.5. LOGICA GESTIONE
Per decidere ad ogni time step quanta potenza assegnare in ingresso all’elettrolizzatore e quanta potenza assegnare in input/output alla batteria, è stata definita una logica di gestione con lo scopo di minimizzare le perdite energetiche migliorando la ripartizione e la gestione dei flussi di energia tra i due dispositivi.
L’efficienza dell’elettrolizzatore risulta massima ad un livello di carico parziale [1], quindi spingere il punto di funzionamento verso il massimo può risultare gravoso, generando valori minori del rendimento. D’altra parte, utilizzare l’elettrolizzatore alla sua potenza minima, pari al 20% di quella nominale, potrebbe causare una produzione di idrogeno più bassa rispetto a quella ottenibile durante periodi di elevata generazione di energia eolica.
In quest’ottica, l’integrazione di un accumulo elettrochimico nel sistema può migliorare la gestione del flusso energetico, immagazzinando, nei momenti di massima produzione eolica, l’energia in surplus non utilizzata dall’elettrolizzatore e fornendo, nei momenti di scarsa ventosità, energia elettrica all’AEL per la produzione di idrogeno.
Il problema della degradazione della batteria pone dei limiti sulle soglie minime e massime dello stato di carica (SOC), rispettivamente pari al 20% e 100%, perché una scarica profonda della capacità della batteria ne riduce la vita utile, come scritto
30
precedentemente. Quindi, per la gestione dei flussi di potenza ad ogni time step si è ritenuto opportuno considerare una strategia di controllo basata, oltre che sulla potenza prodotta dalla turbina in quel time step, sul valore dell’SOC della batteria, poiché essa assume un ruolo importante nella gestione e spegnimento dell’elettrolizzatore [15].
Nella logica di gestione vengono attribuite le potenze in ingresso all’elettrolizzatore e di carica/scarica della batteria. L’attribuzione delle potenze cambia a seconda della potenza prodotta dalla turbina e dello stato di carica della batteria. Sono stati considerati tre diversi casi in funzione del valore assunto dalla potenza prodotta dalla turbina (P_w), rispetto alla potenza massima (P_elmax) e minima dell’elettrolizzatore (P_elmin): il caso in cui P_w > P_elmax, il caso in cui P_elmin < P_w < P_elmax e il caso in cui P_w < P_elmin. Ciascuno di questi casi è stato suddiviso in sottocasi sulla base dello stato di carica della batteria, il cui valore è confrontato con due valori soglia, scelti rispettivamente pari a 30% (𝑆𝑂𝐶𝑚𝑖𝑛) e 90% (𝑆𝑂𝐶𝑚𝑎𝑥), in modo da lasciare un certo margine di capacità della batteria per la
gestione della potenza dell’elettrolizzatore, al variare della potenza generata dalla turbina eolica.
Di seguito viene riportato il codice di logica gestione di Matlab:
if P_w> P_elmax
if SOC <= SOCmin
P_el = (P_elmin+P_elmax)/2; P_b = P_el -P_w;
elseif SOC > SOCmin P_el = P_elmax; P_b = P_el -P_w;
end
elseif (P_elmin < = P_w) && (P_w < = P_elmax)
if SOC >= SOCmax P_b = 0; P_el = P_w;
elseif SOC < SOCmax P_el = P_elmin; P_b = P_el -P_w;
31 elseif P_w < P_elmin
if SOC > SOCmin
P_b = P_elmin-P_w; P_el = P_elmin;
elseif SOC <= SOCmin P_el = 0;
P_b =-P_w;
end
Il primo caso (P_w> P_elmax) rappresenta la situazione in cui la potenza generata dalla turbina eolica è maggiore rispetto alla potenza massima dell’elettrolizzatore (P_elmax).
Durante questa condizione operativa, si distinguono due diversi funzionamenti che dipendono dallo stato di carica della batteria. Quando esso risulta uguale o inferiore a SOCmin, piuttosto che lavorare alla massima potenza dell’elettrolizzatore si preferisce farlo funzionare ad una potenza intermedia, pari alla media tra i due valori limiti del dispositivo. In questo modo è possibile ricaricare la batteria fino ad un valore superiore rispetto alla soglia minima (𝑆𝑂𝐶𝑚𝑖𝑛 = 30%), utilizzando la sovraproduzione di potenza eolica. Una volta superato lo stato di carica SOCmin, l’elettrolizzatore lavora alla sua potenza massima e la batteria continua a caricarsi assorbendo la restante energia prodotta in più dalla turbina che altrimenti andrebbe persa.
Il secondo caso (P_elmin < P_w < P_elmax) invece riguarda il caso in cui la potenza generata dalla turbina eolica è compresa tra i valori di potenza massima e minima dell’elettrolizzatore. Quando la batteria risulta abbastanza carica, cioè con SOC maggiore rispetto a quello massimo di soglia (SOCmax), l’elettrolizzatore utilizza tutta la potenza eolica per la produzione di idrogeno, adattando il suo comportamento alle condizioni imposte dalla velocità del vento. Nel momento in cui lo stato di carica dell’accumulo di energia elettrica scende al di sotto della soglia SOCmax, si minimizza la potenza dell’elettrolizzatore per favorire una rapida ricarica della batteria. A questo punto, una volta raggiunta la soglia SOCmax, l’elettrolizzatore può ritornare a lavorare alle condizioni di potenza generata dalla fonte eolica.
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Infine, l’ultimo caso (P_w < P_elmin) riguarda il caso in cui la generazione di potenza eolica è bassa, cioè quando l’energia elettrica prodotta dalla turbina non è sufficiente per alimentare l’elettrolizzatore alla sua potenza minima. Durante questi momenti di scarso potenziale energetico, la batteria assume un ruolo chiave nella gestione dell’elettrolizzatore. Quando lo stato di carica è maggiore rispetto al valore della soglia minima, l’elettrolizzatore assorbe l’energia necessaria dalla batteria per funzionare alla potenza minima, cioè P_elmin. Questa utilizzazione dell’accumulo elettrochimico offre un enorme vantaggio per l’elettrolizzatore perché permette al dispositivo di continuare a produrre idrogeno, nonostante una bassa produzione di energia elettrica da fonte eolica. Inoltre, si evita lo spegnimento dell’elettrolizzatore alcalino, riducendo i tempi di inattività e la degradazione. Infatti quest’ultima a causa dei possibili on/off dell’elettrolizzatore può creare danni al dispositivo riducendo in breve tempo l’efficienza. Tuttavia, nelle condizioni di basso accumulo elettrochimico, l’elettrolizzatore è obbligato a smettere di funzionare, perché non viene garantita nemmeno la sua potenza minima.
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4. ANALISI DEI RISULTATI
4.1. BATTERIA
L’analisi del sistema richiede lo studio di diverse variabili e caratteristiche di funzionamento per il dimensionamento ottimale tra l’elettrolizzatore e la batteria. L’obiettivo principale è quello di minimizzare le perdite energetiche utilizzando un sistema di logica gestione per poter regolare i flussi di energia dei due dispositivi.
Sfruttando l’energia accumulata dalla batteria si ha il duplice obiettivo da un lato di ridurre la degradazione dell’elettrolizzatore limitando il numero di spegnimenti e dall’altro di massimizzare la produzione di idrogeno.
L’utilizzo dell’accumulatore elettrochimico in grado di fornire energia elettrica durante i periodi di mancata o insufficiente produzione di energia eolica aiuta a garantire un funzionamento più continuo dell’elettrolizzatore, inoltre permette di far funzionare, in alcuni casi, l’AEL a carichi parziali dove la sua efficienza risulta più elevata. Tuttavia il sistema di accumulo rappresenta un ulteriore dispositivo elettrico all’interno del sistema che, per garantire condizioni ottimali per un determinato periodo di tempo, deve essere utilizzato in modo corretto.
Un parametro fondamentale che definisce l’utilizzo di una batteria è l’andamento dello stato di carica nel tempo, cioè la quantità di energia disponibile all’interno dell’accumulatore. Nel caso in cui lo stato di carica risulta elevato significa che la batteria risulta superflua nel sistema, perché non si sta utilizzando nel modo corretto, nell’altro caso vuol dire che la batteria rimane quasi sempre scarica di energia perché viene utilizzata in maniera eccessiva. In quest’ottica gioca un ruolo chiave la logica di gestione che stabilisce i flussi energetici ai due dispositivi in funzione delle soglie di SOC imposte pari al 30% e 90%, influenzando lo stato di carica medio.
Dalla Figura 4.1, si vede che gli elettrolizzatori di potenza inferiore rispetto alla massima prodotta dalla turbina eolica, hanno un livello di stato di carica medio
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superiore all’88%. Una percentuale molto elevata di SOC indica un ridotto utilizzo della capacità del sistema di accumulo e quindi un errato sfruttamento dell’energia accumulata.
Contrariamente agli elettrolizzatori con potenze nominali più basse, quelli di taglia superiore o uguale a 1500 kW mediamente richiedono al sistema di accumulo più energia quando la potenza prodotta dalla turbina è bassa, per questo motivo lo stato di carica medio della batteria risulta inferiore. Inoltre si nota dal grafico, come il valore medio dello stato di carica dell’accumulatore, all’aumentare della sua capacità, per taglie di elettrolizzatori maggiori o uguali a 1500 kW diminuisce perché l’alcalino riesce a sfruttare più energia immagazzinata. Invece, il picco a basse capacità della batteria è dovuto alla logica di gestione.
Per studiare il funzionamento della batteria, oltre al suo valore di SOC medio, risulta interessante analizzare il discostamento dei valori assunti dall’SOC rispetto al valore medio, cioè la deviazione standard dell’SOC. In questo modo è possibile esaminare le soglie di lavoro della batteria, quindi stabilire il range di operabilità dello stato di carica dell’accumulatore elettrochimico.
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La Figura 4.2 mostra l’andamento della deviazione standard, chiamata anche “scarto quadratico medio”, dello stato di carica della batteria che assume valori compresi tra 18 e 26 per tutte le taglie di elettrolizzatori considerati.
Inoltre, si vede dalla Figura 4.2 come, a parità di potenza dell’elettrolizzatore, la deviazione standard della batteria diminuisce con l’aumentare della sua capacità di accumulo. Questo comportamento viene attribuito al fatto che, essendo richiesta la stessa potenza all’elettrolizzatore, con l’aumento della capacità della batteria la sua percentuale di utilizzo risulterà inferiore e quindi di conseguenza diminuisce la variazione dello stato di carica rispetto al valore medio.
In Figura 4.3 viene mostrato il numero complessivo di scariche della batteria, indipendentemente dalla loro profondità, dove si evince che l’aumento della capacità di accumulo comporta una loro diminuzione, questo è dovuto al fatto che il parametro SOC varia più lentamente e i flussi di potenza da attribuire ad elettrolizzatore e batteria cambiano meno frequentemente.
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Oltre a quanto già detto, anche l’aumento della potenza dell’elettrolizzatore comporta un numero maggiore di scariche. Ciò è dovuto al fatto che, nei momenti in cui non è sufficiente l’energia prodotta dalla turbina eolica, un elettrolizzatore di taglia maggiore richiede più energia per il suo funzionamento all’accumulatore, scaricandolo più frequentemente.
Il numero di scariche non dà informazioni sulla loro profondità, quindi dopo le analisi svolte, tramite l’equazione 3.7, è stato valutato il numero di cicli equivalenti (Neq) dell’accumulatore elettrochimico, cioè la somma delle profondità di ciascuna scarica.
La dimensione della capacità di accumulo influisce in modo determinante su Neq perché, a parità di energia richiesta dall’elettrolizzatore, con una capacità maggiore la profondità di scarica risulterà minore e quindi anche il numero di cicli equivalenti sarà minore. Detto ciò, come mostra la Figura 4.4 il numero dei cicli equivalenti mostra lo stesso andamento del numero di scariche, inoltre, a parità di capacità di accumulo, questo parametro cresce all’aumentare della potenza nominale
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dell’elettrolizzatore perché per un alcalino di potenza maggiore, l’energia mediamente richiesta all’accumulatore sarà più elevata.
Infine, viene riportato in Figura 4.5 il capacity factor della batteria, che è un indice dell’utilizzo della capacità della batteria per l’accumulo di energia. Il capacity factor della batteria è definito come la sommatoria di tutte le variazioni positive dello stato di carica divisa per la durata dell’arco temporale simulato in ore tramite la seguente formula [16]: 𝐵𝑎𝑡𝑡𝑒𝑟𝑦 𝐶𝑎𝑝𝑎𝑐𝑖𝑡𝑦 𝐹𝑎𝑐𝑡𝑜𝑟 =(∑ ∆SOC(i) 𝑁°𝑠𝑡𝑒𝑝 𝑖=1 /0.8) 𝑁° 𝑜𝑟𝑒 𝑠𝑖𝑚𝑢𝑙𝑎𝑡𝑒 [ℎ −1] (4.1) 𝑁°𝑜𝑟𝑒 𝑠𝑖𝑚𝑢𝑙𝑎𝑡𝑒 = 8760 𝐶𝑜𝑛 ∆𝑆𝑂𝐶(𝑖) = {∆𝑆𝑂𝐶 = 𝑆𝑂𝐶(𝑖) − 𝑆𝑂𝐶(𝑖 − 1) 𝑠𝑒 ∆𝑆𝑂𝐶 > 0 0 𝑎𝑙𝑡𝑟𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑖
Per tenere conto della capacità della batteria effettivamente utilizzabile, ovvero solo l’80% del suo valore, la sommatoria delle variazioni dello stato di carica, espresse in unità, è stata divisa per 0.8.
Per come è stato definito questo parametro è strettamente legato al numero di cicli equivalenti della batteria: può essere interpretato come il numero medio di cicli
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equivalenti della batteria all’ora. Di conseguenza l’andamento, mostrato in Figura 4.5, corrisponde a quello del numero di cicli equivalenti (Figura 4.4).
Dalla figura si vede come il battery capacity factor, a basse capacità della batteria sia abbastanza elevato, infatti vengono riportati 6-12 cicli equivalenti l’ora dell’accumulatore. Questo risultato è compatibile con i risultati mostrati in Figura 4.4, infatti questo valore esprime l’utilizzo orario della capacità effettiva della batteria.
4.2. ELETTROLIZZATORE
L’analisi dei risultati ottenuti per la batteria risulta di notevole importanza per comprendere anche il comportamento dinamico dell’elettrolizzatore. Infatti lo stato di carica della batteria è una variabile molto importante per il codice di logica gestione e di conseguenza influenza il funzionamento del sistema. L’andamento della potenza media dell’elettrolizzatore, mostrata in Figura 4.6, per basse capacità
39
della batteria viene fortemente condizionata dalle perdite energetiche, infatti si vede un trend crescente fino ad una capacità pari a 2∙ 106 kJ. Successivamente l’andamento è costante al variare della capacità della batteria, quindi un aumento di quest’ultima non influisce sulla variazione di potenza media dell’elettrolizzatore. Naturalmente la potenza media dell’alcalino aumenta con il crescere della sua taglia, fino a raggiungere, con gli elettrolizzatori con potenze nominali pari o maggiori a 1500 kW, un valore massimo pari alla potenza media annuale della turbina eolica.
È evidente dalla figura, come taglie di potenza degli elettrolizzatori inferiori a quella della turbina eolica, non riescono a sfruttare completamente l’energia rinnovabile prodotta.
Nella Figura 4.7 si riporta il rapporto tra la potenza media dell’elettrolizzatore e quella massima producibile dal dispositivo. Questo parametro, ovviamente, diminuisce con l’aumento della taglia dell’elettrolizzatore perché nonostante aumenti la potenza media dell’alcalino questo incremento è man mano sempre minore rispetto al notevole aumento della potenza massima dell’elettrolizzatore. Considerando che quest’ultimo lavora ad efficienze ottimali durante il
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funzionamento a carico parziale, i grafici mostrano che 1500 kW è la taglia minima dell’elettrolizzatore alla quale la potenza media raggiunge il valore massimo (Figura 4.6).
Questo rapporto tra la potenza media e massima dell’elettrolizzatore risulta simile al valore del capacity factor (𝐸𝑐𝑓) dell’alcalino (Figura 4.8), la differenza tra i valori
Figura 4.8 Capacity factor degli elettrolizzatori
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dei due parametri è dovuta all’andamento del rendimento dell’elettrolizzatore al variare della potenza. Il capacity factor dell’elettrolizzatore è definito come il rapporto tra la produzione di idrogeno totale in un anno in metri cubi e la produzione di idrogeno oraria con potenza nominale dell’elettrolizzatore per il numero delle ore in un anno [16], riportato di seguito:
𝐸𝑐𝑓 =𝑁̇𝐻2𝑎𝑛𝑛𝑢𝑜
𝑁̇𝐻2∙8760 (4.2)
Dopo l’analisi delle potenze medie degli elettrolizzatori è interessante analizzare i valori di potenza media operativa dell’alcalino cioè la potenza media di funzionamento.
Il grafico (Figura 4.9) mostra come l’aumento delle dimensioni della capacità dell’accumulatore elettrochimico, influisca negativamente sul valore della potenza media operativa dell’elettrolizzatore, riducendola. Questo comportamento è dato dal fatto che l’aumento di energia accumulata permette di far funzionare l’elettrolizzatore in alcuni momenti a potenza minima piuttosto che spegnersi. In questo modo la potenza media dell’elettrolizzatore diminuisce perché si riducono man mano gli spegnimenti del dispositivo, con il vantaggio di lavorare in maniera più continua.
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Nella Figura 4.10 invece, viene riportato il rapporto tra la potenza media operativa dell’elettrolizzatore e quella massima producibile.
Questo rapporto diminuisce con l’aumento della taglia dell’elettrolizzatore e il suo andamento è simile a quello della potenza media operativa dell’elettrolizzatore.
4.3. SISTEMA ENERGETICO E IDROGENO
L’obiettivo principale che caratterizza lo studio del sistema è quello di minimizzare le perdite di energia accumulando il surplus di produzione eolica al fine di utilizzarlo con lo scopo di produrre idrogeno con l’elettrolizzatore.
Nella Figura 4.11, si riporta il rapporto tra l’energia inutilizzata dal sistema cioè quella che non riesce ad essere né accumulata né utilizzata direttamente dall’elettrolizzatore e quella utilizzata dall’alcalino per la produzione di idrogeno al variare della capacità della batteria. Si vede che gli elettrolizzatori di taglia inferiore rispetto a quella della turbina eolica non riescono a sfruttare gran parte dell’energia prodotta dalla turbina eolica. Gli elettrolizzatori di taglia maggiore,