Figura 7………… Il processo di ubiquitinazione
Oltre alla degradazione di proteine danneggiate o mal ripiegate, risulta
ormai evidente che i protesomi sono implicati in molte funzioni cellulari
fondamentali, come il controllo del ciclo cellulare, la differenziazione
cellulare, la traduzione del segnale, la regolazione della risposta
immunitaria e infiammatoria, l’apoptosi, la processazione degli antigeni
presenti in associazione con il complesso maggiore di istocompatibilità di
classi I (MHCI). Le proteine subiscono poliubiquitinazione prima della
degradazione proteasomiale.
In definitiva la via ubiquitina-proteasoma è essenziale per il mantenimento ottimale delle funzioni cellulari.
Struttura dei protesomi: poliubiquitina, immunoproteasoma e cellule MHC
Il proteasoma 20S (Figura 8) ha una struttura cilindrica che contiene 4 anelli impilati uno sopra l’altro.
Ciascun anello è composto da 7 subunità. I due anelli esterni contengono subunità α prive di attività enzimatica. I due anelli interni contengono invece subunità β, dove risiedono le attività proteolitiche. Le subunità β possiedono tre principali attività proteolitiche:
1. una chimotriptina-simile β5, 2. una tripsina-simile β2,
3. ed una attività caspasi-simile β1.
Figura 8. Modello del proteasoma 20S. i siti attivi sono localizzati a livello dell’N terminale di β1, β2 e β5. I substrati preferenziali di questi siti sono: β1- substrati caspasi simili ; β2 – substrati tripsina simili; β5 – substrati chimotripsina simili.
Queste attività proteolitiche consentono al proteasoma di spaccare le
proteine in piccoli peptidi, solitamente di 8-12 amminoacidi di lunghezza.
Il proteasoma 20S è associato con componenti 19S per formare i proteasomi 26S (Figura 9). I componenti 19S regolano l’entrata di proteine marcate da ubiquitina 20S.
Il complesso 19S, chiamato PA700, attiva il proteasoma per la degradazione proteica. Oltre al PA700, esistono per lo meno altri due complessi proteici intracellulari, il PA28 ed il PA200, che pure possono attivare il preteasoma 20S utilizzando come modelli alcuni tipi di substrati peptidici. La capacità di attivare il proteasoma e la conservazione evolutiva di questi due attivatori implica il fatto che essi giochino un ruolo chiave nella degradazione delle proteine intracellulari e nelle normali funzioni cellulari. Inoltre, una isoforma del proteasoma, l’immunoproteasoma, è stato descritto e rilevato nelle cellule sotto l’influenza delle citochine, come ad esempio l’interferone γ. Un ruolo chiave dell’immunoproteasoma, consiste nel generare frammenti peptidici capaci di legare molecole MHC di classe 1 nella presentazione dell’antigene.
A causa dell’importanza del proteasoma nella regolazione delle funzioni cellulari, stabilire come target il proteasoma è stato usato come strategia nello sviluppo di nuovi trattamenti e cure contro il cancro, malattie infiammatorie e l’infarto ischemico.
Figura 9. Il proteasoma 26 S è formato da
un’unità base e centrale (20S) e due cappucci
agli estremi (Capo 19 S).
A parte la potenziale utilità clinica, specifici inibitori dei protesomi forniscono interessanti ed importanti strumenti ai biologi cellulari per studiare processi cellulari che coinvolgono i protesomi.
Inibitori dei protesomi
Negli ultimi decenni molti inibitori dei protesomi sono stati sintetizzati o scoperti. Grandi progressi sono stati fatti sia nell’identificazione di potenti e specifici inibitori che nella comprensione dei meccanismi d’azione.
Gli inibitori dei protesomi noti attualmente possono essere classificati in due gruppi a seconda della loro origine: piccole molecole sintetizzate chimicamente (derivati peptidici) e composti derivati da prodotti naturali.
a. Derivati peptidici
La maggior parte delle piccole molecole inibitrici dei protesomi sono derivati peptidici che si legano al sito catalitico delle subunità β1, β2 e β5 dei protesomi.
Gli inibitori peptidici sintetici, basati su strutture chimiche, includono peptidi aldeidici, boronati e solfori (Figura 10).
La prima generazione di tri-peptidi aldeidici sintetici, tra cui l’MG132, sono stati molto usati come sonde biologiche per studiare la struttura e la funzione dei protesomi.
L’Mg132 inibisce la subunità catalitica β5 del proteasoma attraverso l’interazione con la treonina presente nel sito catalitico per formare un intermedio emiacetalico reversibile.
Oltra ai tri-peptidi aldeidici, anche i di-peptidi aldeidici hanno mostrato di
inibire il proteasoma. Il composto CEP1612 è un di-peptide aldeidico
inibitore dei protesomi che è altamente selettivo per l’attività proteolitica
chimotripsina-simile del proteasoma.
Figura 10. Derivati peptidici di origine sintetica .
Altri gruppi funzionali reattivi, come i boronati ed i vinil solforici erano stati usati al posto degli aldeidici nella speranza di ottenere composti con maggiore potenza e selettività.
I composti (INK) ZLVS e NLVS sono esempi di sulfoni vinilici che possono preferenzialmente ed irreversibilmente inibire l’attività chimotripsina-simile del proteasoma.
Recentemente, peptidi vinil sulforici con gruppi fenolici invece che metilici
direttamente legati, hanno mostrato di essere selettivi per l’attività caspasi-
simile (β1) del proteasoma. Infine i peptidi boronati hanno mostrato una
attività inibitoria del proteasoma significativamente migliore dei peptidi
aldeidici o vinil sulforici. Infatti l’MG262, un analogo boronato dell’MG132,
ha mostrato, rispetto al composto di partenza, un’attività antiproteasomica
100 volte superiore.
A causa del coinvolgimento del proteasoma in molte funzioni cellulari, la sua inibizione prevede la comparsa di gravi effetti secondari in un potenziale utilizzo clinico.
Nonostante ciò il peptide boronato, PS341 (Bortezomib), è stato sviluppato con successo come farmaco antitumorale per il trattamento di molteplici mielomi
[29].
Il Bortezomib è un tripeptide e può essere descritto con la sigla Pyz-Phe- boroten, che indicano rispettivamente l’acido pirazinoico, la fenilalanina e la leucina con l’acido boronico invece di acido carbossilico; ed è noto che l’atomo di boro si lega al sito catalitico del proteasoma265 con elevata affinità e specificita
[30](Figura 11). nelle cellule normali, come già descritto, il proteasoma regola l’espressione e la funzione delle proteine attraverso la degradazione delle proteine ubiquitinilate ed inoltre purifica la cellula di proteine mal assemblate o non funzionali.
Figura 11. Bortezomib legato al proteasoma di lievito. La molecola del farmaco,
situata al centro, presenta gli atomi colorati (rosa=boro,azzurro=carbonio,
blu=azoto, rosso=ossigeno) ed è circondata dal superficie proteica. La regione
blu rappresenta il residuo catalitico treonina, la cui attività è bloccata per la
presenza di bortezomib .
Dati preclinici e clinici supportano un ruolo nel mantenimento del fenotipo immortale delle cellule di mielosa, e dati ottenuti da colture cellulari o tumori xenografati supportano una simile funzione anche nei tumori solidi.
Sicuramente nelle varie forme tumorali sono coinvolti molteplici meccanismi ma l’inibizione del proteasoma può prevenire la degradazione di fattori pro-apoptotici, permettendo nelle cellule tumorali l’attivazione della morte cellulare programmata, dipendente dalla soppressione di percorsi pro-apoptotici.
Bortezomib è rapidamente rimosso dopo somministrazione intravenosa
[31]. La farmacodinamica del bortezomib è stata misurata valutando l’inibizione del proteasoma in cellule mononucleari del sangue periferico.
La maggiore sensibilità delle linee cellulari di mieloma e del mantello (queste ultime dal linfoma a cellula del mantello) alla inibizione del proteasoma, rispetto alle cellule mononucleate del sangue normale e alla maggior parte di altre linee cellulari di cancro, è ancora poco conosciuta.
Per quanto concerne gli effetti avversi, il Bortezomib ha dimostrato di essere meno tossico delle previsioni.
Sembra che solo l’attività chimotripsino-simile del proteasoma subisca effetti a dosi terapeutiche
[32]. Con le altre due attività proteolitiche rimanenti, le cellule normali sembrano soffrire piccole conseguenze in presenza del farmaco. Il Bortezomib attualmente è sottoposto a numerosi studi clinici, anche in associazione con altri farmaci antitumorali, per il trattamento di malignità ematologiche oltre che per molteplici mielomi.
Molti studi sul meccanismo d’azione hanno indicato che il Bortezomib altera i livelli delle proteine cellulari associate alla crescita cellulare.
E’ stato dimostrato che il Bortezomib stabilizza IkB, induce l’ativazione delle chinasi NH
2-terminali c-jun e stabilizza gli inibitori di CDK p21 e p27, il soppressore tumorale p53 e le proteine proapoptotiche.
La stabilizzazione di queste proteine in cellule tumorali può portare
all’apoptosi o all’inibizione della proliferazione di cellule tumorali.
b. Prodotti naturali
Anche molti inibitori dei protesomi derivati da prodotti naturali contengono strutture peptidiche. Tyropeptin A è un tripeptide aldeidico di origine naturale isolato da Kitasatospora sp. (MK993-dF2).
Come l’MG132, il tyropeptin A inibisce preferenzialmente l’attività proteasomica chimotripsino-simile legandosi alla subunità β5 del proteasoma.
I peptidi epossichetoni, isolati da vari microbi, sono piccoli peptidi contenenti come gruppo funzionale un epossichetone.
Per esempio, l’epoxomicin deriva dallo Streptomyces hygroscopicus, il TMC-86 A ed il TMC-89 A derivano dallo Streptomyces sp. I peptidi epossichetoni inibiscono il proteasoma modificando in modo covalente il sito catalitico delle subunità β. Il Carfilzomib (PR-171), un peptide epossichetonico strutturalmente correlato all’epoxomicin, è in fase 2 di studi clinici per pazienti con ricadute di tumori solidi, compresi il cancro ai
Peptide aldeidico
Tyropeptin A
Peptidi epossido
TMC-86A TMC-89A
polmoni non a piccole cellule e a piccole cellule, cancro alle ovaie e cancro renale
[33]. E’ anche in fase 2 per uno studio come agente singolo per pazienti con mielomi multipli ed in fase 1 per pazienti affetti da linfoma.
Alcuni derivati dei peptidi epossichetonici, come ad esempio gli analoghi della diidroeponemicina, hanno mostrato di colpire preferenzialmente gli immunopreteasomi
[34].
Il PR39 è un peptide naturale antibatterico contenente 39 residui aminoacidici, isolato dall’intestino di maiale ha mostrato di inibire il proteasoma.
A differenza degli inibitori preteasomici tripeptidici che si legano al sito attivo proteolitico situato nella subunità β5, il PR39 si lega alla subunità non proteolitica α7 del proteasoma 20S
[35]. E’ stato anche riportato che PR11 (con i primi 11 residui della sequenza del PR39: RRRPRPPYLPR) ed i suoi analoghi possiedono attività simile a quella di PR39.
L’inibizione del proteasoma da parte di PR11 e Pr39 porta ad un accumulo di IkB, che è la proteina inibitoria che lega il fattore di trasmissione NF-kB, e quindi regola l’espressione del gene NF-kB-dipendente.
Altri prodotti naturali inibitori dei protesomi sono il Lactacystin ed il Belactocisin A, isolati da Streptomyces sp. Il salinosporamide A fu isolato da actinomyces marino, il Salinospora tropica.
Questi peptidi inibitori dei protesomi contengono come gruppo reattivo un β-lattone o un precursore di β-lattone, che può formare un etere complesso con amminoacidi contenenti un gruppo idrossilico, come la treonina. Per esempio, fu proposto di convertire in maniera non enzimatica
Carfilzomib
Epoximicin
il lactocystin in omuralide che reagisce con la treonina nei siti catalitici del proteasoma.
Lattoni
Il Salinosporamide A (NPI-0052) è sottoposto a studi clinici di fase 1b in una terapia di combinazione di più farmaci per pazienti affetti da cancro al polmone non a piccole cellule, cancro pancreatico o melanoma.
Il TMC-95 A ed il suo diastereoisomero sono polipeptidi ciclici derivanti dall’Apiospora montagnei Sacc. Questa classe di composti è costituita da inibitori proteasomici molto potenti con IC50 nel range del nanomolare basso. A differenza degli inibitori proteasomici precedentemente descritti che contengonoun gruppo funzionale reattivo e formano addotti covalenti sul sito catalitico, il TMC-95 A ed i composti affini non contengono alcun gruppo reattivo specifico per il sito catalitico. Invece, il TMC-95 A lega il sito catalitico attraverso interazioni idrofobiche e molteplici legami ad idrogeno. Di recente, un altro peptide ciclico, argyrin A, derivato dal myxobacterium Archangium gephyra, è stato riportato essere un potente inibitore proteasomico.
Strutturalmente, l’argyrin A non è correlato al TMC-95 A.
Lactacystin
Belactosin A
Salinosporamide A (NPI-0052)
Omuralide
Confrontato con il Bortezomib, l’argyrin A, ha mostrato profili di inibizione proteasomica simili nelle attività proteolitiche caspasi-, tripsin- e chimotripsina-simili del proteasoma.
Prodotti naturali derivati dalle piante, come ad esempio il celastrol, isolato dalla tradizionale erba cinese medicinale “Thunder-god vine”, ed il withaferin A, isolato dalla “wintercherry indiana”, hanno dimostrato di inibire il proteasoma a concentrazioni micro molari. Il Celastrol è un triterpene ed il withaferin A è strutturalmente correlato con gli steroidi.
Il withaferin A induce l’apoptosi ed inibiscce la crescita delle cellule del
tumore del seno umano. Il gliotoxin acato è un metabolita fungineo
strutturalmente correlato con le epipolitiodiosso-piperazine.
Ha un largo range di attività biologiche ed è risultato particolarmente tossico per i roditori. Recentemente è stato riportato che il gliotoxin inibisce il proteasoma 20S .
Catechine polifenoliche del the verde l’(-)-epigallocatechin-3-gallato ((-)- EGCG) ed i suoi analoghi sono stati largamente studiati per i loro possibili benefici nella prevenzione del cancro. EGCG è risultato capace di inibire in modo potente l’attività chimotripsino-simile del proteasoma in vitro ed in culture di cellule tumorali.
E’ stato suggerito che ossidrili fenolici liberi sull’anello benzenico siano essenziali per formare legami ad idrogeno con la subunità β5 del proteasoma
[36].c. Altri agenti inibitori dei proteasomi
Il disulfiram, un farmaco usato nel trattamento della dipendenza da alcol,
ha mostrato di inibire i proteasomi .
A causa dell’inibizione del proteasoma, inibisce anche la traslocazione di NF-kB indotta dal TNF-α e causa l’accumulo della proteina p27, un inibitore della crescita tumorale. Il Disulfiram ha mostrato citotossicità selettiva contro le cellule della leucemia linfocitica cronica ma non per le cellule mononucleari periferiche normali del sangue
[37].
Alcuni derivati acridinici sono noti come agenti antitumorali aventi come target principale il DNA e la topo isomerasi II.
Recentemente, uno studio ha mostrato che i derivati della tetra-acridina (formula generale) possiedono attività inibitrice sul proteasoma in addizione al loro effetto sul DNA. Questi composti manifestano uguale potenza di citotossicità con o senza la down-regulation dell’attività della topo isomerasi II. Per tale motivo è stato ipotizzato che la loro attività antitumorale è legata all’inibizione del proteasoma.
Tetra acridine
Attivatori dei proteasomi
In contrasto con lo sviluppo di inibitori proteasomici, non sono stati studiati farmaci a piccola molecola.
Sono noti tre tipi di attivatori cellulari di proteasomi: PA28, PA200 e
PA700. L’aumento dell’espressione di PA28 porta ad un aumento della
sopravvivenza delle cellule in modelli neuronali della malattia di
Hantington (HD). Disfunzioni del sistema ubiquitina-proteasoma è stato indicato in pazienti con la malattia di Hantington.
Gli effetti benefici dell’iperespressione di PA28 sui modelli a cellule di HD ha suggerito che piccole molecole attivatrici di proteasomi potrebbero essere sviluppate come utili agenti terapeutici.
Diversi tipi di piccole molecole, inclusi agenti denaturanti (SDS), lipidi ed attivatori a base peptidica hanno mostrato di attivare i proteasomi a concentrazioni relativamente alte.
Per esempio, SDS allo 0,5%, la polylysina a 1 mg/ml, ed alcuni altri attivatori a base peptidica hanno mostrato la capacità di attivare il proteasoma 20S a concentrazioni di 100 µM.
Anche alcuni acidi grassi come ad esempio quello oleico, linoleico e linolenico hanno mostrato la capacità di attivare il proteasoma.
Gli acidi grassi modulano l’attività proteasomica in modo simile all’SDS attraverso parziale denaturazione del proteasoma stesso. Alcoli peptidi lici sintetici, esteri, p-nitroanilidi e nitrili sono stati descritti come attivatori dei proteasomi attraverso il legame con lo stesso sito del PA28 in un range di concentrazione 50-150 mM.
Componenti cellulari lipidici come ad esempio le ceramidi, il lisofaofatidilinositolo e la cardiolipina sono risultati attivatori dei proteasomi. Inoltre è stato riportato che l’istone H
3ricco di arginina ha la capacità di aumentare selettivamente la degradazione proteica da parte del proteasoma.
In contrasto con gli attivatori dei proteasomi sopra citati, sia con scarsa potenza che con grande massa molecolare, l’oleuropeina e l’acido botulinico (BA) sono due piccole molecole in grado di attivare il proteasoma a concentrazioni nel basso micro molare.
L’oleuropeina è un prodotto naturale isolato dall’olea europea che ha
mostrato di aumentare tutte e tre le attività del proteasoma e ritardare la
senescenza re plicativa dei fibroblasti embrionali umani. A differenza del
PA28, dell’SDS o dell’oleuperina che attiva tutte e tre le attività
proteolitiche del proteasoma, il BA attiva preferenzialmente l’attività
chimotripsin-simile con minimo o nessun effetto sulle attività tripsino- e caspasi-simile
[38]. E’ stato inoltre osservato che modificando chimicamente la struttura di BA, ed in particolare sul C3, si ottengono dei buoni inibitori del proteasoma umano 20S (Tabella 7).
Oltre all’attivazione del proteasoma, il BA ed i suoi derivati sono stati studiati intensamente per la loro potenzialità come agenti anti-HIV
[39-44]. Il BA, un triterpene penta ciclico derivato da molte specie di piante come ad esempio la betulla bianca, è stato largamente studiato come potenziale agente antitumorale a causa della sua citotossicità selettiva nei confronti di alcune linee di cellule tumorali.
Derivati del TRITERPENE sia come inibitori che come attivatori dei proteasomi.
Nonostante che il BA sia un attivatore del proteasoma, può essere modificato strutturalmente per diventare un inibitore. In contrasto con il BA, molti suoi derivati, come ad esempio il DSB (3’-3’-dimetilsuccinil acido botulinico) inibiscono il proteasoma In un saggio basato sulla cellula, il DSB a inibito efficacemente l’attività chimotripsino-simile del proteasoma del 50% (EC
50) a concentrazione 5,5 µM(Tabella 7)
[38].
Oleuropeina Acido betulinico