• Non ci sono risultati.

It al cinema: due trasposizioni del romanzo orrorifico di Stephen King

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "It al cinema: due trasposizioni del romanzo orrorifico di Stephen King"

Copied!
121
0
0

Testo completo

(1)

1

UNIVERSITA’ DI PISA

DIPARTIMENTO DI CIVILTA’ E FORME DEL SAPERE

ANNO ACCADEMICO 2018/2019

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE

IN STORIA E FORME DELLE ARTI VISIVE,

DELLO SPETTACOLO E DEI NUOVI MEDIA

Classe LM-65: Scienze dello spettacolo e produzione multimediale

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

It al cinema: due trasposizioni del romanzo orrorifico di

Stephen King

IL RELATORE IL CANDIDATO

Prof. Maurizio Ambrosini Elisa

Venturi

(2)
(3)

3 SOMMARIO

INTRODUZIONE ………..1

CAPITOLO I: LETTERATURA FANTASTICA E FANTASY……….4

CAPITOLO II: LE ORIGINI DEL ROMANZO HORROR……… 26

2.1 DAL GOTICO ALL’HORROR……….………33

2.2 EDGAR ALLAN POE……….……….36

2.3 BRAM STOKER………..44

2.4 HOWARD PHILIPS LOVERCRAFT……….…54

CAPITOLO III: LA LETTERATURA HORROR CONTEMPORANEA……….……59

3.1 STEPHEN KING……….……….………...61

3.2 I GRANDI SCRITTI DI KING: LA CENTRALITA’ DELL’AUTORE IN RELAZIONE ALL’HORROR CONTEMPORANEO………..……….…….67

3.3. IT DI STEPHEN KING: DALL’OPERA LETTERARIA ALLE TRASPOSIZIONI TELEVISIVE E CINEMATOGRAFICHE……….……….…...77

CAPITOLO IV: DENTRO “IT”………..……85

4.1 LA TECNICA NARRATIVA DI “IT”: LO STUDIO DELL’AUTORE………..…….86

4.2 IT: L’ENTITA’ MALIGNA………..………92

4.3 L’OCCULTO IN IT: LA TARTARUGA E IL RITO DI CHUD……….……….……….…..……98

4.4 I BARREN E LA CASA DI NEIBOLT STREET: LA VOCE DEL NARRATORE……….……….…….101

4.5 I PERSONAGGI DI IT……….….……….108

CONCLUSIONI: IT NELL’IMMAGINARIO COLLETIVO……….………….….…….116

BIBLIOGRAFIA………..………..118

(4)

4 INTRODUZIONE

Inutile pensare o dirlo, oggi l’horror è un genere di culto, apprezzato da tutti, grandi e piccini, in grado di tenere in suspance per le sue atmosfere e colpi di scena improvvisi, che attira ormai da più di un secolo a questa parte milioni di utenti in tutto il mondo.

Sin dalla sua nascita nell’età letteraria tardo romantica, questo genere ha saputo suscitare interesse e fondere tematiche sociali importanti con avvenimenti propri della fantasia degli autori.

Non a caso oggi, autori mondiali e indiscussi del tema come Stephen King, riscuotono un successo incredibile, tanto da vendere milioni di copie dei propri libri e creare continuamente aspettative per i futuri lavori.

E qui viene il bello. Al contrario di quello che penseranno molti, il romanzo horror non è solo

fantascienza ma ha saputo adattarsi alla società, riprendendo scene di vita e condizioni “quotidiane”, implementandovi fenomeni paranormali, esseri fantastici e orripilanti con atmosfere puramente ‘gore’ (violente / sanguinose).

Diverse sono stati i romanzi horror di successo, come non citare uno dei must per eccellenza, un romanzo che rappresenta le angosce e le paure di una generazione che è cresciuta di fatto, durante uno degli apici della letteratura horror contemporanea: “IT” di Stephen King, romanzo horror da

(5)

5 1100 pagine pubblicato nel 1986. Una storia sinistra e superbamente narrata, che ripercorre orrori e incubi, ed anche, aggiungeremmo, i problemi dell’adolescenza.

It è entrato a far parte dei best seller dell'epoca, ed è diventato uno dei libri più popolari tra i fan

dello scrittore. Il romanzo è ispirato ai suoi miti di gioventù sul quale prevale l'ottenebrante

presenza di H.P. Lovecraft soprattutto nella figura del personaggio di It e nella presenza "dell'altro" oltre ad It e la tartaruga. L'antagonista è un mostro assassino di bambini e senza un aspetto preciso. Nonostante prenda maggiormente le connotazioni di un classico della letteratura horror, la fine della storia svolta decisamente verso un tipo di ambientazione fantasy, che King delineerà meglio e in tutta la sua totalità durante la stesura della saga della Torre Nera1.

Il romanzo è senza dubbio uno degli incipit più giustamente celebri della narrativa contemporanea, e soprattutto uno dei più efficaci, quello con cui si apre il magnum opus di Stephen King. C'è un concetto astratto, il terrore, in procinto di rivelarsi l'elemento chiave dell'intero romanzo. C'è un'immagine estremamente concreta, quella barchetta di carta che fugge lungo una via della cittadina di Derry in un tempestoso pomeriggio autunnale del 1957 . E poi, racchiusa nello spazio di una semplice subordinata, c'è pure una terribile promessa: la promessa della persistenza di quel terrore, la promessa di trovarci all'inizio di un lunghissimo e spaventoso viaggio.

Quello che sicuramente rende l’avventura degna di nota, è la sua vena artistica e il saper coinvolgere il lettore con il suo susseguirsi di eventi, che anche essendo in assenza in quel preciso momento di suspence, incuriosiscono lo stesso il lettore portandolo a non stancarsi mai di leggere il romanzo. Ed è proprio qui che It vince. Vince quando riesce a portare alla luce le paure di ciascuno di noi durante la lettura, vince quando al solo pensare della parola “clown” si rabbrividisce un po’ tutti quanti… Vince quando anche questo concetto puramente astratto, è ben riuscito anche se in modi differenti, ai due registi che hanno saputo (seppur in maniera diversa) adeguare la storia del romanzo al

(6)

6 piccolo e grande schermo, ossia Tommy Lee Wallace, con la miniserie del 1990 da una parte e Andy Muschietti con il film del 2017 dall’altra (che sarà poi completato da una seconda parte in uscita nel 2019). Chiaro che si parla di due lavori totalmente diversi, che hanno dato, ognuno a modo suo, un apporto importante alla cinematografia horror.

Ma quando parliamo di horror nello specifico, dobbiamo andare a vedere in che modo lavori tipo It ed altri sono potuti venire fuori, e come giustamente anche autori del calibro di Stephen King, hanno potuto acquisire le basi per dare luogo a un racconto dell’orrore degno di nota.

Qui, inevitabile, la menzione del genere fantasy o fantastico, da cui molti autori horror riescono ad avere ispirazione, anche perché lo stesso King si è ispirato a tali generi per realizzare It, oltre che essersi ispirato ai suoi miti di gioventù sul quale prevale l'ottenebrante presenza di H.P. Lovecraft. Nonostante prenda maggiormente le connotazioni di un classico della letteratura horror, la fine della storia svolta decisamente verso un tipo di ambientazione fantasy, che King delineerà meglio e in tutta la sua totalità durante la stesura della saga della Torre Nera.

(7)

7 CAPITOLO I

LETTERATURA FANTASTICA E FANTASY

Esaminando attentamente la letteratura, si sono potuti scoprire nel corso del tempo un'infinità di generi ad essa appartenenti, con ciascuno di essi che va a rappresentare il gusto di persone diverse. Indubbiamente, quello piu noto al pubblico è il genere fantastico:

un genere senza dubbio diffusissimo, comprendente diversi sottogeneri. Possiamo cominciare a parlare di letteratura fantastica ossia di fantasia a partire dai tempi dall'antico Egitto, con i loro racconti mitici. Nella stessa classe (Mitologia) vanno anche i racconti sulle divinità greche, romane, asgardiane, indiane, pellirosse2.

Si parla però di fantastico solo con la fiaba e la favola: in origine erano racconti per lo più dell'orrore fruibili quasi esclusivamente dagli adulti, per il fatto stesso che, a differenza dei bambini, la loro

(8)

8 fantasia doveva essere stuzzicata. Col tempo questi sono diventati generi per l'infanzia, ma i primi racconti e leggende su mostri, orrori indicibili, fantasmi e quant'altro sono ancora oggi considerati classici del genere fantastico, che a sua volta si suddivide in vari sottogeneri.

Secondo Cvetan Todorov (La letteratura fantastica) il genere fantastico è un genere spurio. Il

fantastico si muove sempre tra meraviglioso e perturbante (o strano), il primo essendo la narrazione dove elementi irreali sono presenti nella storia senza che la loro sussistenza crei problemi

epistemologici agli attanti; il secondo è invece quella narrazione dove il momento di incertezza ("è vero o è falso quello che sto vedendo?") si risolve con una riaffermazione dei principi realistici. Da questo punto di vista un maestro del genere fantastico può essere considerato Jorge L. Borges. La rigidità della definizione di Todorov verrà poi messa in discussione con l'avvento del

postmodernismoe della mescidazione che ne seguì.

La fantascienza è probabilmente il genere più noto al grande pubblico. Benché sia vivo il dibattito sulle sue origini, si considera per lo più nascere dal romanzo fantastico-avventuroso (Jules Verne) e congetturale a sfondo sociale (H. G. Wells) a cavallo tra Otto e Novecento e trova negli anni trenta-quaranta negli Stati Uniti il suo periodo d'oro.

L'esperienza del "non quotidiano", in questo tipo di letteratura, non è da ricollegarsi alla magia o al mistero, ma a fatti scientificamente possibili, agli effetti di teorie o tecnologie plausibili anche se non ancora scoperte. Nascono quindi, come variazione a questa semplice definizione di base, vari tipi di fantascienza,sottogeneri e filoni, come ad esempio la space opera o il cyberpunk. Tra i sottogeneri principali la fantascienza stile “hard” o classica, in contrapposizione alla soft o sociologica che si è estesa soprattutto a partire dagli anni sessanta con il filone del New Wave. I principali fautori del fantascientifico, o più precisamente del racconto scientifico, sono considerati tra gli altri, H. G. Wells; anche le avventure del “planetary romance” alla Edgar Rice Burroughts

(9)

9 hanno avuto una notevolissima influenza sulle opere successive; alcuni tra gli autori di fantascienza più noti sono Isaac Asimov, Philip K. Dick, Frank Herbert, Ray Bradbury.

Tra i molti generi affini a quello fantascientifico, tanto da venirne considerato un sottogenere, vi è la fantapolitica, incentrata su immaginari o ipotetici avvenimenti politici in grado di cambiare il destino del mondo. Se racconta un presente o passato alternativo, si parla di ucronia; quando va a

descrivere società ideali, un genere assai antico, si parla di utopia, o all'opposto se descrive sviluppi oscuri e indesiderabili è distopia3, come nel romanzo “1984”George Orwell. Un popolare

sottogenere della fantascienza è a sua volta quello catastrofico, apocalittico o post apocalittico, spesso collegato a previste guerre nucleari; in una sua variante l'attenzione è riposta, anziché sull'esito di guerre, su scenari di collasso ecologico oppure della fine delle risorse non rinnovabili, o ancora in eventi cosmici che mettono a rischio il pianeta. Nel post apocalittico invece la catastrofe è un antefatto e i personaggi si muovono in un mondo radicalmente cambiato.

Parlando invece di genere fantasy, è, nell'uso comune, quello più legato al fantastico, pur se nell'uso italiano ne identifica un semplice comparto. È, tra tutti i generi fantastici, quello più legato alla letteratura mitica, alle fiabe e alle favole, in cui la magia e gli eventi inspiegabili sono una parte importante nella vicenda.

Questo genere nasce alla metà del XIX secolo con le opere di alcuni autori inglesi quali George MacDonald,Lord Dunsany,William Morris, nonché Rudyard Kipling, Rider Haggard ed Edgar Rice Burroughs. Negli anni venti il genere fantastico con influssi horror e soprannaturali divenne molto popolare negli Stati Uniti in riviste a carattere pulp come Weird Tales, attraverso l'opera di autori che ne praticano un sottogenere "epico-avventuroso" il cui autore più famoso è senza dubbio Robert E. Howard, il creatore del personaggio di Conan il barbaro.

(10)

10 Verso la fine degli anni quaranta il fantasy riceve nuova linfa in Gran Bretagna, particolarmente grazie a due amici e colleghi dell'università di Oxford: lo scrittore Tolkien, autore de Il Signore degli

anelli e di C.S. Lewis (Le cronache di Narnia), ancora molto popolari e imitati.

Sotto la spinta di questi autori, dagli anni sessanta molti autori rimettono mano al genere, non di rado ibridandolo con la fantascienza e l'horror. Tra i tantissimi ricordiamo almeno Marion Zimmer Bradley, che riscrive la sagra arturiana da un punto di vista femminista, ma anche

Tanith Lee, Michael Moorcock, Patricia A. McKillip, Rick Riordan, Roger Zelazny, David Eddings (Il

ciclo del Belgariad) e moltissimi altri. In tempi successivi autori come Robert Jordan(La Ruota del Tempo) e George R R Martin (Cronache del ghiaccio e del fuoco), nonché classici della letteratura per

ragazzi Michael End (La storia infiinita e Momo), sono considerati ispirazione della vitalità del genere.

Tra i sottogeneri più popolari vi è il fantasy umoristico che ha avuto in Terry Pratchett l'autore più noto con la sua serie di romanzi del Mondo Disco, ambientata in un universo parodistico.

Avendo specificato la distinzione tra i due genere, ora è bene andare ad individuare quella sottile linea di confine che separa, e tiene quindi divise, la letteratura di “fantasia” dal “fantasy”. Come già si è evinto precedentemente, parlare di fantasia è un po come saper immaginare cose che non esistono, che potrebbero esistere, o anche che già esistono nel mondo reale, con una forza evocativa tale da sentirsi, o da fare sentire la persona alla quale ci si rivolge, lì, proprio nella situazione pensata.. Intendere invece più propriamente “letteratura fantasy”, significherebbe fare riferimento ad un prodotto particolare della fantasia, rappresentato da opere di ambientazione irreale, collocate in un universo dalle caratteristiche ben definite ed ispirato a regole ben precise, che può ricollocarsi ad ambientazioni molto varie: paesi nordici popolati da elfi, nani e creature di vario tipo, oppure ancora mondi popolati da cyborg che si muovono nella scena e via dicendo.

(11)

11 Inoltre, definire le varie correnti del fantastico, fantascienza, fantasy, meraviglioso è uno stimolante gioco. Però c'è anche chi si è preso cura della questione con tecniche sofisticate, diremmo quasi scientifiche. Un'analisi forse non alla portata di tutti, nella quale cerchiamo di entrare.

"Il fantastico non è altro che la scelta del lettore - che si identifica con l'autore - fra la spiegazione naturale e sovrannaturale di un fatto insolito": questa è l'intuizione metodologica alla base di un

famoso saggio di Tzvetan Todorov che si è proposto di dare una definizione del genere letterario del fantastico, di individuare le sue proprietà, di classificare i temi che esso tratta e di studiare la

funzione che ha svolto nella storia della letteratura e nella società, dall'Ottocento ai nostri giorni4. Va chiarito, infatti, che l'oggetto primario della sua analisi è il racconto fantastico inteso come produzione caratteristica della letteratura dell'Ottocento, partendo dal quale poi è possibile analizzare il passaggio alla letteratura fantastica moderna e all'attuale fantascienza. La

classificazione todoroviana è rimasta giustamente famosa, tanto da essere usata come definizione di base e come riferimento fondamentale dalla quasi totalità delle opere di critica letteraria relative al genere in questione.

Tanto per dare qualche riferimento: Calvino basa su di essa tutta l'introduzione (e la usa anche come criterio di selezione) per la sua celebre antologia di letteratura fantastica; i saggi sul genere di J. Briggs e di D. Punter la utilizzano come riferimento; lo stesso R. Bianchi nella sua raccolta di saggi di letteratura comparata la utilizza come punto di partenza.

L'enorme importanza del racconto fantastico, una delle produzioni più caratteristiche della narrativa dell'Ottocento, sta proprio nel fatto che sia ancora così significativo oggi per noi, nel senso che, per dirla con Italo Calvino, ci dice più cose sull'interiorità dell'individuo e sulla simbologia collettiva. Sempre citando Calvino: "Alla nostra sensibilità d'oggi l'elemento soprannaturale al centro di questi

intrecci appare sempre carico di senso, come l'insorgere dell'inconscio, del represso, del dimenticato,

4C. Todorov, La letteratura fantastica, tradotto da Elina Klersy Imberciadori, Milano, Garzanti, 2007

(12)

12

dell'allontanato dalla nostra attenzione razionale. In ciò va vista la modernità del fantastico, la ragione del suo ritorno di fortuna nella nostra epoca".

Lo studio di Todorov si propone di esaminare queste opere cercando di dare una definizione di genere letterario. L'intenzione non è, quindi, quella di scoprire ciò che ogni testo ha di specifico, ma di individuare una regola che funzioni attraverso diversi testi e permetta di applicare loro la

definizione di opere fantastiche.

Quindi, una volta chiarito e precisato il concetto di genere letterario, il punto di partenza è la definizione del fantastico.

Quindi questo è il vero e proprio fulcro del fantastico: nel nostro mondo si verifica un avvenimento che non si può spiegare con le leggi che ci sono familiari.

Chi si trova di fronte all'avvenimento deve compiere una scelta: o si tratta di un'illusione, oppure l'avvenimento è realmente accaduto, ma allora la realtà che ci circonda è governata da leggi a noi ignote.

Il fantastico occupa il lasso di tempo di questa incertezza: è l'esitazione provata da chi conosce soltanto le leggi naturali, di fronte a un avvenimento apparentemente soprannaturale (es. Alvaro, il protagonista di Il diavolo in amore di J. Cazotte; Alfonso, il protagonista di Manoscritto trovato a

Saragozza di J. Potocki).

Possiamo ricavare da ciò la definizione precisa del racconto fantastico, che deve soddisfare tre condizioni:

Il testo deve obbligare il lettore all'esitazione tra una spiegazione naturale ed una soprannaturale degli avvenimenti;

Il personaggio del racconto può provare la stessa esitazione, in tal modo l'esitazione si trova ad essere rappresentata nell'opera.

(13)

13 Questa condizione, a differenza delle altre due, non è obbligatoria, sebbene la maggior parte degli esempi la rispetti. Ci sono eccezioni importanti come alcuni celebri racconti di Villiers de l'Isle-Adam: ad esempio in Véra il lettore si interroga sulla effettiva resurrezione della moglie del conte, ma

nessuno dei personaggi condivide questa esitazione: sia il marito che il domestico credono fermamente nella seconda vita di Véra!

Il lettore deve rifiutare sia l'interpretazione poetica che quella allegorica (es. La pelle di zigrino di Balzac,William Wilson di Poe, Il naso di Gogol ).

Per apprezzare la validità della definizione, che è poi rimasta come pietra di paragone per tutti gli studi successivi, possiamo fare un confronto con altri tentativi proposti in precedenza.

Prendiamo come primo termine di paragone la definizione da vocabolario, che in genere associa il termine fantastico agli avvenimenti soprannaturali. E' evidente che concepire un genere letterario che raggruppi tutte le opere in cui interviene il soprannaturale sarebbe poco pertinente, poiché dovrebbe includere sia Omero che Shakespeare, Cervantes o Goethe. Il soprannaturale non

caratterizza le opere con sufficiente precisione, giacché ha una estensione troppo vasta (da questo punto di vista avrebbe ragione J.L. Borges quando afferma paradossalmente che "bisognerebbe dire

che tutta la letteratura è fantastica" ).

Un altro metodo per definire il fantastico, molto utilizzato in precedenza dai teorici, consiste nel mettersi nei panni del lettore: quello reale, non quello implicito nel testo. Ad esempio H.P. Lovecraft afferma che il criterio del fantastico non si situa nell'opera, bensì nell'esperienza personale del lettore, e questa esperienza deve essere la paura:

"L'atmosfera è la cosa più importante, poiché il criterio definitivo di autenticità (del fantastico) non è

la struttura dell'intreccio, ma la creazione di un'impressione specifica. Ecco perché dobbiamo

giudicare il racconto fantastico non tanto dalle intenzioni dell'autore e dai meccanismi dell'intreccio, ma piuttosto in funzione dell'intensità emozionale che provoca. Un racconto è fantastico

(14)

14

semplicemente se il lettore avverte profondamente un senso di paura e di terrore, la presenza di mondi e di potenze insolite."5

Definizioni simili sono state proposte in precedenza anche da P. Penzoldt: "Eccezion fatta per i racconti di fate, tutte le storie soprannaturali sono storie di paura che ci costringono a chiederci se quel che crediamo pura immaginazione non sia, dopo tutto, realtà" e da R. Caillois: "Pietra di

paragone del fantastico è l'impressione di stranezza irriducibile".

sorprendente pensare che, prendendo alle lettera le loro definizioni, si arriva alla conclusione che il genere di un'opera dipenda dal sangue freddo del suo lettore. Inoltre ci sono racconti fantastici da cui ogni paura è assente: basta pensare a classici come La Principessa Brambilla di E.T.A. Hoffmann o a Véradi Villiers de L'Isle-Adam6.

Prima caratteristica del fantastico è dunque l'esitazione, ma l'esitazione può essere di due tipi: esitazione tra reale e illusorio (dubitiamo dell'interpretazione da dare ad eventi che pero' siamo sicuri di aver percepito - es. i racconti di L.A. von Arnim ), oppure tra reale e immaginario (ci

chiediamo se ciò che crediamo di percepire non sia totalmente frutto della nostra immaginazione e non sia imputabile ad es. alla follia).

Un esempio notevole di questo secondo tipo è il racconto Aurelia di Nerval in cui l'esitazione ha la sua origine nel linguaggio, grazie a due procedimenti di scrittura presenti nel testo: la

modalizzazione (locuzioni introduttive che indicano l'incertezza del narratore) e l'uso dell'imperfetto. Il protagonista è sicuramente soggetto a crisi di follia, l'esitazione verte sul dubbio che la sua follia non sia in realtà una forma di ragione superiore (e gli consenta di vedere quello che gli altri non possono percepire).

5Ivi, pp. 45-46

(15)

15 L'esitazione del fantastico può mantenersi fino alla fine dell'opera ed oltre (gli esempi più famosi sono Il giro di vite di Henry James e La Venere d'Ille di P. Mérimée) oppure può aver termine, risolvendosi in due modi differenti.

Possiamo accettare la spiegazione razionale degli avvenimenti o la spiegazione irrazionale: nel primo caso l'opera rientra nel genere dello Strano (es. C. Reeves, A. Radcliffe ), nel secondo caso nel genere del Meraviglioso (es. H. Walpole, M.G. Lewis, C.R. Maturin ). Tra questi due generi, il

fantastico costituisce la linea di spartizione (definizione molto affascinante, come affermare che il presente non è altro che la linea di separazione tra passato e futuro).

Linea di spartizione che in realtà ha una certa larghezza, tanto da includere al suo interno, in

posizione intermedia, i due sottogeneri del Fantastico Strano e del Fantastico Meraviglioso. A questi sottogeneri appartengono racconti che mantengono per quasi tutta la durata l'esitazione fantastica, ma che alla fine sfociano o nello Strano o nel Meraviglioso.

I racconti che appartengono al Fantastico Strano narrano di avvenimenti soprannaturali che ci fanno esitare, ma che alla fine della storia ricevono una spiegazione razionale (es. iI Manoscritto...di J. Potocki, La morte innamoratadi T. Gautier ) o perché non sono mai accaduti (e quello che credevamo di vedere era frutto di una immaginazione sregolata: sogno, follia, droghe) o perché sono realmente accaduti, ma si lasciano spiegare razionalmente.

Nei racconti che appartengono allo Strano puro, invece, tutti gli avvenimenti sono spiegabili fin dall'inizio razionalmente, ma sono in un modo o nell'altro incredibili o inquietanti e pertanto provocano una reazione simile a quella dei testi fantastici: questo genere è caratterizzato dalle reazioni dei personaggi e non è legato agli avvenimenti materiali.

Un esempio clamoroso di questo tipo è La caduta della casa degli Usher di Poe: in questo racconto lo strano ha origine dalle coincidenze e dalla esperienza dei limiti. Per coincidenze si intendono quelle spiegazioni razionali che Poe inserisce nel testo per spiegare avvenimenti apparentemente

(16)

16 soprannaturali (come la resurrezione di Madeleine ed il crollo della casa dopo la morte dei suoi abitanti). L'esperienza dei limiti, una caratteristica di tutta l'opera di Edgar Allan Poe è invece quella capacità di creare nel lettore un senso di stranezza ed anche di paura per i temi evocati, legati ad eccezioni e particolarità dell'uomo e della natura.

Anche i racconti che appartengono al Fantastico di tipo “Meraviglioso” mantengono a lungo l'esitazione fantastica, ma terminano alla fine con un'accettazione del soprannaturale (es La morte

innamorata di T. Gautier).

Esiste infine il Meraviglioso puro in cui gli elementi soprannaturali narrati non provocano nessuna reazione particolare, né nei personaggi, né nel lettore implicito nel testo: tale genere è

caratterizzato non dall'atteggiamento verso gli avvenimenti narrati, ma dalla loro stessa natura (es. i

racconti di fate).

Andando a definire meglio il Meraviglioso puro, si possono eliminare diversi tipi di racconti in cui è possibile trovare giustificazione al soprannaturale:

Il tipo meraviglioso iperbolico, in cui i fenomeni sono soprannaturali solo per le loro dimensioni (es. l'episodio di Simbad nelle Mille e una notte);

Il meraviglioso esotico, in cui vengono narrati avvenimenti soprannaturali senza presentarli come tali (semplicemente sono narrati in riferimento a luoghi e regioni remote e sconosciute, quindi non si ha motivo di dubitarne);

Il meraviglioso strumentale, in cui compaiono piccoli gadgets che sono perfezionamenti tecnici irrealizzabili all'epoca descritta, ma in definitiva perfettamente possibili;

Il meraviglioso scientifico (molto vicino al precedente), che è una denominazione ottocentesca e che è affine a quello che oggi viene chiamato fantascienza. In questi racconti il soprannaturale è

spiegato in maniera razionale, ma sulla base di leggi che la scienza contemporanea non riconosce. Applichiamo degli esempi per spiegare meglio il concetto.

(17)

17 All'epoca del racconto fantastico dell’ottocento, vi rientrano nel meraviglioso scientifico le storie in cui interviene il magnetismo. Il magnetismo spiega scientificamente avvenimenti soprannaturali. Sennonché lo stesso magnetismo sembra appartenere al soprannaturale. Alcuni esempi: Il

magnetizzatore di Hoffmann, La verità sul caso di Mr.Valdemar di Poe, Un pazzo? di Maupassant,

che, sotto questo punto di vista, possono essere considerati degli antenati dei racconti di fantascienza attuali.

Quella che viene considerata come l'unica affermazione di Todorov a proposito della fantascienza moderna, scrivendolo nel 1979, è quella che secondo lui ubbidisce ad un sistema decisamente similare; si parla spesso di storie in cui, cominciando da introduzioni decisamente irrazionali, ilgli eventi si susseguono in modo esemplare e sensato. E tutto può sembrare come un'osservazione largamente condivisibile, secondo lo scrittore. Va ad evidenziare anche che, tenendo in stretta considerazione l'intreccio, essi possiedono una forma decisamente differente da quella del racconto fantastico di stampo ottocentesco.

Chiaramente per poter andare più a fondo dell'argomento, bisogna in primo luogo effettuare un’analisi del racconto fantastico per individuare le sue proprietà a livello proprio di struttura, ed inviduando le principali tematiche presenti solitamente nei racconti fantastici.

Il primo concetto, nonché proprietà strutturale è sicuramente l'utilizzo del discorso in senso figurato, imprescindibile per dare luogo all'esitazione fantastica.

Il legame tra il discorso fantastico e quello figurato può essere di diverso tipo: il soprannaturale può venire fuori nel portare all'eccesso l'immagine figurata; infatti quando si va a realizzare proprio un’espressione figurata, oppure quando il tipo di rapporto è sincronico il lettore viene influenzato dalle espressioni figurate che precedono l'avvenimento (es. Chissà?...di Maupassant)7.

(18)

18 Come seconda condizione è il narratore raffigurato all'interno della storia, che si ritrova ad avere la doppia funzione di personaggio e narratore insieme: tutto ciò è fondamentale per il racconto fantastico, perché in primo luogo facilita l'immediesimazione del lettore con il personaggio, e poi perché permette il dubbio a proposito delle affermazioni del narratore rappresentato.

L'ultimo aspetto invece riguarda come è composto il racconto fantastico: molto spesso è necessaria una certa irreversibilità del tempo che si impiega nella lettura; non è necessariamente obbligatoria invece al suo interno una gradazione: del tipo nella quale tutti i tasselli del racconto devono contribuire ad un'unica tipologia di effetto nella storia, anche se molti racconti fantastici diffusi ne denunciano la presenza, come ad esempio quelli di Edgar Allan Poe.

Per quanto riguarda i temi del fantastico, essi possono essere raggruppati in due grandi categorie: i temi dell'IO e i temi del TU.

Il primo gruppo di temi comprende due gruppi principali di elementi soprannaturali: il primo è quello delle metamorfosi (trasformazioni di esseri viventi); il secondo è legato all'esistenza di esseri e di forze soprannaturali che hanno appunto la facoltà di metamorfosizzare. L'intervento di queste forze sul destino dell'uomo genera un pandeterminismo.

Possiamo dire che queste tematiche hanno in comune la rottura del limite tra spirito e materia, l'assenza di distinzione tra mondo fisico e mondo psichico e hanno come conseguenze: la

moltiplicazione della personalità, il cancellarsi del confine tra oggetto e soggetto, la trasformazione delle categorie del tempo e dello spazio.

Questa prima rete di temi viene detta temi dell'IO, poiché riguarda il rapporto tra l'uomo e il mondo: tale rapporto implica una percezione del mondo, a cui questi temi fanno continuamente riferimento; pertanto possono essere chiamati anche temi dello sguardo.

Il secondo gruppo di temi è relativo alla sfera della sessualità, ed assume diverse ramificazioni: il desiderio si incarna spesso in figure del mondo soprannaturale, come ad esempio il diavolo che

(19)

19 corrisponde generalmente alla libido. Appartengono a questa rete tematica diverse tipologie

smodate di desiderio, il sadismo, il rapporto tra amore e morte, la necrofilia e il vampirismo.

Tali aspetti vengono identificati come temi del TU, poiché riguardano la relazione tra l'uomo e il suo inconscio (il desiderio): tali temi comportano una relazione dinamica tra l'uomo e gli altri che lo circondano, possono perciò anche essere chiamati temi del discorso (che è l'agente per eccellenza della relazione dell'uomo con gli altri).

Per arrivare infine alla letteratura fantastica del Novecento e alla fantascienza, spostiamoci all'esterno del genere (dopo avere esaminato la sua struttura interna) per cercare di capire la funzione che ha svolto la letteratura fantastica ottocentesca.

La funzione sociale svolta dal fantastico ottocentesco è espressa molto bene dalla frase di P. Penzoldt: "Per molti autori il soprannaturale non era che un pretesto per descrivere cose che non

avrebbero mai osato menzionare in termini realistici".

In tutti i temi citati sono, in effetti, presenti problematiche tabù o comunque condannate dalla società dell'epoca: l'introduzione del soprannaturale rappresenta un mezzo per evitare la condanna della censura (sia quella della società che quella interna alla psiche stessa dell'autore).

In questo senso si potrebbe affermare che la psicoanalisi ha in parte sostituito tale funzione: i temi del fantastico ottocentesco sembrano molto simili a quelli delle ricerche psicologiche degli ultimi settanta anni, senza dimenticare che l'elemento del pandeterminismo (temi dell'IO) è presente anche nella psicoanalisi che lo ammette nell'ambito dell'attività psichica dell'uomo: "Nella vita

psichica, non vi è niente di arbitrario, di indeterminato" (Psicologia della vita quotidiana di Sigmund

Freud).

Per quanto riguarda la funzione letteraria del soprannaturale, essa è legata alla natura stessa del racconto, inteso come movimento tra due equilibri simili, ma non identici: il soprannaturale realizza la modificazione narrativa della rottura dell'equilibrio nel modo più rapido.

(20)

20 In questo senso possiamo accomunare le funzioni letteraria e sociale del fantastico: in entrambi i casi si tratta di una trasgressione della legge. Il soprannaturale causa una rottura nel sistema di regole prestabilite.

Per comprendere come il racconto fantastico dell'Ottocento si sia poi evoluto nel fantastico

novecentesco, subendo un profondo cambiamento, prendere ora in considerazione il suo esponente più rappresentativo: Franz Kafka e il racconto La metamorfosi.

In questo racconto l'avvenimento soprannaturale avviene all'inizio della vicenda (Gegorio Samsa si sveglia una mattina e si ritrova trasformato in un enorme insetto immondo...), ma l'esitazione possibile scompare nel corso del testo: ciò che è più sorprendente è proprio l'assenza di sorpresa di fronte all'avvenimento inaudito; il protagonista raggiunge la rassegnazione, il soprannaturale passa al naturale con un movimento di adattamento simmetrico e inverso rispetto all'esitazione fantastica. In Kafka non vi può essere esitazione, poiché lo sfondo su cui si svolgono gli avvenimenti è

altrettanto bizzarro e anormale: l'uomo normale diventa l'essere fantastico ed il fantastico diventa la regola, non l'eccezione.

Si è tentati di attribuire un senso allegorico al racconto (come per il Naso di Gogol), ma, anche qui, non viene fornita alcuna indicazione esplicita che lo confermi: i suoi racconti debbono essere letti innanzitutto in quanto racconti, al livello letterale. L'avvenimento descritto in La metamorfosi è altrettanto reale di qualunque altro avvenimento letterario.

Parlando ora dell’aspetto Fantascienza e Indagando a fondo il pensiero di Todorov, alcuni tra i migliori testi di fantascienza si organizzano in maniera analoga. I dati iniziali sono soprannaturali (spero di aver chiarito in che senso): ad esempio robot, alieni, ambientazioni interplanetarie, etc. Lo svolgimento del racconto tende poi a mostrarci quanto in realtà siano vicini a noi questi elementi meravigliosi, fino a che punto siano presenti nella nostra vita.

(21)

21 In modo da suffragare la sua opinione, cita alcuni dei racconti brevi di Robert Scheckley del periodo d'oro, in cui, a suo avvertimento, il lettore subisce un analogo processo di adattamento: posto dapprima di fronte a un fatto soprannaturale, finisce con il riconoscerne la naturalità. Tutto qui. Mi sembra un'affermazione sostanzialmente corretta, se riferita (come lo è) solo ad alcuni esempi. Andando avanti sul filone, sicuramente merita attenzione un altro grande scrittore fantastico del Novecento, l'italiano Dino Buzzati, che ha nell'effettivo numerose analogie con Kafka e sembra dare conferma con le sue opere migliori, la visione todoroviana del fantastico Novecentesco come fantastico generalizzato, in cui tutto il mondo del libro e il lettore stesso vi vengono inclusi; quella che nella storia fantastica classica era un'eccezione qui diventa la regola.

Il lavoro di Todorov rimane una pietra miliare, e di grande valore, se non altro per il profondo sforzo di analisi e di definizione del genere, al di la' di un probabile eccesso di foga classificatoria.

Le considerazioni finali di questo ragionamento fanno capire che la fantascienza e il fantasy moderno non sono solo effettivamente nate dal nulla sulle riviste pulp statunitensi dei primi decenni del secolo, ma che hanno di fatto, alle spalle secoli di letteratura e che esiste un lungo filo rosso che collega Apuleio e Luciano di Samosata, andando avanti con Rabelais, Voltaire, Cyrano de Bergerac, Raspe, Swift, insieme ai racconti fantastici dell'Ottocento, per arrivare a Verne, Wells e alla letteratura attuale.

Colui che invece nei suoi saggi ha obbiettato spesso il pensiero di Teodorov, è senza dubbio Lucio Lugnani, seppur sia sostanzialmente d’accordo su alcuni aspetti del primo; invece di prendere in esame il reale, il naturale o soprannaturale come fa il pensiero teodoroviano, egli si concentra soprattutto nel “paradigma di realtà”, un elemento del tutto convenzionale e naturale:

“Der Sandmann, The Oval Portrait, La Vénus d’Ille ecc. sono racconti fantastici perché raccontano

l’inesplicabile partorito da un evento che rappresenta uno scarto irriducibile rispetto al paradigma di realtà, e perché lo narrano in modo da escludere sia una sua riducibilità al realistico tramite lo

(22)

22

strano spiegato, sia una sua riduzione (o sublimazione) al meraviglioso. Il racconto del reale, cioè il realistico, è il polo oppositivo fondamentale dello strano, del meraviglioso e del fantastico, ossia dei racconti dello scarto. È proprio il rapporto con il realistico a consentire di stabilire e approfondire la differenza tra fantastico e strano e fra questi e il meraviglioso. A fronte del realistico come racconto del reale nei limiti e nel rispetto del paradigma di realtà, lo strano è il racconto d’uno scarto

apparente o riducibile del reale rispetto al paradigma, il fantastico è il racconto d’uno scarto non riducibile del reale e d’una lacerazione del paradigma, il meraviglioso potrebbe essere il racconto dello scarto paradigmatico natura/sovranatura”8.

Oggi sicuramente non abbiamo un paradigma della realtà9, a cui fa riferimento l’autore, complicato come quello dell’epoca in questione, questo assorbe sistemi di conoscenza che fanno

polidimensionali i suoi oggetti e i suoi dati, ma non si potrà mai dire che scompare dal testo poetico e narrativo. Solo nel momento in cui non è più rispettabile credere negli spiriti e nei fantasmi, essi possono venir utilizzati in ambito letterario per esplorare nuovi campi dell’esperienza umana. Il fantastico e lo strano hanno un estremo bisogno di realistico per nascere ad esistere. Solo in una narrazione che mette in scena il paradigma di realtà con le sue ambientazioni più quotidiane e normali è possibile l’intrusione dell’inquietante, dell’irrazionale e dell’assurdo che genera

confusione e smarrimento. L’autore del genere fantastico deve sempre costruire come termine di confronto uno sfondo realistico, individuabile come tale dal lettore, prima di introdurre la

narrazione dell’evento. Nel punto in cui non ci sia soggetto realistico, non è fattibile nemmeno la sua opposizione: il fantastico. Lugnani nel suo celebre 1983, propone un ampliamento dello schema di stile triadico di Todorov con l’implemento dei due modi narrativi del surrealistico e del realistico, tenendo conto che secondo lui come lo strano e il meraviglioso, il surrealistico e il realistico non

8

Lugnani, 1983, Feltrinelli, Milano 2001 (ristampa), pp. 54,55

9Ivi, pp. 12 – concetto introdotto da Lugnani in relazione al fantastico: è sulla base di questo che secondo l’autore si basa

(23)

23 individuano generi narrativi letterari, né classi specifiche di racconti, ma nient’altro che categorie modali del saper raccontare. Egli mette in evidenza anche le osservazioni sui limiti dello spiegabile e dell’inesplicabile collegati ai processi enunciativi del fantastico. Per “surrealistico” intende il mondo della “surrealtà”, la profonda realtà “che il paradigma di realtà rimuove e sublima”10. Si tratta dello stesso campo del sogno, dell’allucinazione, dell’ipnosi che il Surrealismo storico giudicherà il più adatto a consentire la scrittura automatica dell’inconscio. Il surrealistico è una modalità letteraria moderna (si sviluppa dell’interesse ottocentesco per fenomeni come lo spiritismo, il magnetismo, l’ipnosi) e si differenzia dal meraviglioso in quanto non rimanda a qualcosa di gerarchicamente superiore al paradigma di realtà, ma ad una realtà naturale, che giace sotto e le cui pulsioni vengono censurate e rimosse dal paradigma di realtà. Secondo Lugnani i lettori (reali) della narrazione fantastica non possono veramente esitare di fronte all’evento soprannaturale. Che un lettore conosca solo le leggi di natura, non vuol dire che non conosca il sovrannaturale, perché fa parte del nostro immaginario. L’esitare del testo fantastico, qualunque sia l’esito finale della

narrazione, produce sempre nel lettore quello che Lugnani chiama “blocco” conoscitivo. Del resto la soluzione razionale con cui si concludono molti dei racconti fantastici ottocenteschi è inverosimile, mentre la soluzione sovrannaturale sarebbe stata assai più verosimile con l’andamento del racconto . Ciò che viene messo in crisi è la nostra fiducia nei meccanismi di conoscenza e interpretazione del mondo. Le definizioni che tendono a sostituire la differenza fra le cinque categorie di Todorov (il meraviglioso, il meraviglioso-fantastico, il fantastico, il fantastico-strano, lo strano) o le cinque di Lugnani (il realistico, il fantastico, il meraviglioso, lo strano, il surrealistico), con una differenza netta fra solo due categorie, il realistico e un insieme costituito da fantastico e meraviglioso (e fantasy, fantascientifico, ecc.) mescolati fra loro, risultano abbastanza riduttive. È questa la posizione di parecchi studiosi, come per esempio Eric Rabkin (1976), Witold Ostrowski (1966), Andrzej Zgorzelski

(24)

24 (1984), Terri E. Apter (1982), Kathryn Hume (1984), o con l’applicazione di categorie molto personali (freudismo, gnosticismo, agonismo), di un cultore del fantasy Harold Bloom (1994).

Parlando sempre di fantasy e gotico, è impossibile non citare il saggio di Mario Praz La carne, La

morte e il diavolo, un’importante ricerca da parte dello scrittore italiano che è stato anche per

l’appunto saggista, critico, traduttore e giornalista. E’ importante prendere in esame anche questo testo per mettere a nudo anche quelle che sono le tematiche comuni e particolarmente ostiche della letteratura occidentale dell’ottocento, in modo da evidenziare anche le differenze del genere nelle rispettive letterature che sono oggetto di studio di Praz: quella francese, inglese e italiana. Fatto uscire la prima volta nel 1930, consiste innanzi tutto nel fatto che il libro ripercorre appunto le tre tipologie di letterature, isolando la sensibilità erotica degli autori romantici, in aperta sfida alla critica idealistica del tempo, e provocando la moralistica stroncatura di Benedetto Croce, che preten-deva una maggiore complessità per il romanticismo e per la vita stessa in cui non doveva prevalere “la patologia sessuale” e che “vuole la distinzione e con ciò l’armonia di tutte le sue parti”. Tant’è vero che viene a un certo punto fatto di domandarsi, considerando lo scritto di Praz, quando, e se, sia davvero finito il periodo del novecento in senso romantico, considerando che, in secondo luogo, la più grande e seducente intuizione critica di Praz è stata quella di rimettere radicalmente in discussione le formule storiografiche ricorrenti, dandoci come un unicum indivisibile sia il

romanticismo (e non solo le sue propagginazioni più abitualmente riconosciute come tali) sia la scapigliatura sia il verismo sia lo stesso decadentismo, prolungando il periodo romantico come un tutt’uno fino a gran parte della letteratura dello stesso Novecento, o almeno di quello a lui

contemporaneo considerando che Praz è morto nel 1982. Era evidente che fosse illegittimo per Praz segnare in modo tanto superficiale la differenza tra decadentismo e romanticismo, in modo da

(25)

25 spingersi a “far consistere il cosiddetto romanticismo nella formazione di una sensibilità nuova, quella appunto che si manifesta nelle tendenze e figurazioni che egli così largamente espone”11. “L’epiteto romantico e l’antitesi classico-romantico sono approssimazioni da lungo tempo entrate

nell’uso. Il filosofo le mette solennemente alla porta esorcizzandole con logica che non erra, ed esse rientrano chete chete per la finestra, e son sempre lì tra i piedi, elusive, assillanti, indispensabili”12

Comincia così la monografia comparatistica di Praz, e subito segue l’osservazione che critica letteraria presuppone storia della cultura: “storia della cultura d’un ambiente e storia della cultura

d’un individuo”13. Il tutto prosegue con una lunga classificazione di autori, personaggi, citazioni in francese, generi letterari, epoche, ambienti, miti, passioni, ripercorrendo le costanti tematiche della bellezza medusea cantata da Shelley, della metamorfosi diabolica in Byron, di Sade antecedente diretto dei romanzi di Flaubert, della bellezza diabolica celebrata da Keats, della Salomè di Wilde, dell’algolagnia sadomasochistica di Swinburne, dei plagi di D’Annunzio, messe in relazione con le innumerevoli varianti offerte dal contesto di volta in volta analizzato. Un gioco a incastri, aperture, intagli, passaggi sotterranei di cui è impossibile dare un resoconto esaustivo.

Di epicurei dall’immaginazione cattolica risulta piena la grande letteratura decadente a partire da Chateaubriand. Vi è una certa prova che Praz tratti la nevrosi di questi autori come un

appianamento (o un sollievo) nella delectatio morosa, con un inevitabile residuo di irrisolto nella vita. Egli sembra aderire in modo perfettamente calzante a questo tema non risolto, perché è chiaramente anche il suo e rimane tale quando lo contestualizza in un’infinità di rimandi, giustamente proiettivi o esclusivi, coinvolgendo i generi minori e le arti figurative, soprattutto la pittura preraffaellita. In altre parole un cristianesimo torbido era già presente in Dostoevskij, investendo l’irrealtà quale giustificazione e soddisfacimento della pulsione: il peccato in convento o

11

M. Praz, La carne, La morte e il diavolo, Collana Saggi Sansoni, Sansoni 1996, pp.51

12Ivi, pp.3 13Ivi, pp.15

(26)

26 rivolgersi alla messa dopo la compulsione sessuale equivale sul piano filosofico ad assumere il sacro come profondità del profano e non come sua necessaria contraddizione. Huysmans predilige il latino prettamente post-classico perché si ritrova nella mancanza di equilibrio senecana e nel compiacimento di Petronio, molto più che nel tentativo del periodo cristiano di costringere a una mediazione il paganesimo e la nuova religione. Gide riceve una sostanziale stroncatura,

eternamente oscillante tra la paura di compromettersi, a differenza di Wilde, che sfidò quella paura ribaltandola nella provocazione, fino a uno stupido errore di calcolo masochista e il desiderio di compromettersi. Gide è visto da Praz come un “ermafrodito morale, sospeso tra diverse possibilità e, in conclusione, negativo, sterile”14.

Ancor di rilevanza inoltre, è lo scritto “Il Fantastico” di Remo Ceserani, che applica un’analisi relativa alla produzione narrativa europea di fine Settecento, Ottocento e Novecento in merito al genere fantastico (molto spesso definito semplicemente ‘fantastico’ per l’appunto).

L’opera non nasconde la difficoltà di definire quella che Ceserani chiama “una modalità

dell’immaginario”. La necessità di farlo si sarebbe posta alla fine degli anni Sessanta, con gli studi di

Tzvetan Todorov. Questi è infatti l’autore di una Introduction à la littérature fantastique (Paris, Seuil, 1970), tradotta in Italia come Introduzione alla letteratura fantastica. Essa non era certo la prima opera erudita a trattare il tema; ma ebbe il merito di rompere un pregiudizio: quello della let-teratura fantastica come produzione “di consumo”, di scarso interesse culturale.

Ceserani comincia con E.T.A. Hoffmann, autore del celeberrimo racconto Der Sandmann (1817). In-torno a esso, S. Freud costruì un suo noto saggio: Das Unheimliche (1919), ovvero “Il perturbante”. Lo stesso Freud fornisce una storia della parola tedesca unheimlich, descrivendola come intraducibi-le e utilizzando un saggio dello psicologo ErÈ l’esperienza del povero Nathanael, protagonista di Der

Sandmann: innamorato dell’impassibile Olimpia, si rende conto di aver dato il cuore… a una

(27)

27 la semovente. Del resto, le belle cristallizzate o sonnambule erano una fissazione della letteratura ottocentesca. E l’ “uomo della sabbia”? Uno spauracchio infantile che getterebbe sabbia negli occhi dei piccoli insonni. Uno spauracchio che porta alla follia l’adulto Nathanael, tramite il cannocchiale con cui spia Olimpia e gli occhi artificiali di quest’ultima

I sofisticati strumenti (lenti, occhi di vetro, meccanismi), figli della modernità, generano u-no straniamento che rende impossibile distinguere il naturale dall’artificiale, il vero

dall’immaginario: questo è il nucleo del fantastico. E, allo stesso tempo, vi si trova la consapevolez-za delle profondità terribili della psiche, parimenti figlia delle scoperte ottocentesche. Identificare le proiezioni dei propri desideri e delle proprie paure con oggetti reali: questa è la causa della tragedia di Nathanael.

Perché il “fantastico” sussista, è dunque necessario un diaframma d’incertezza. Così affermava il succitato Todorov, nel 1970. “Fantastica” è l’opera letteraria che lascia il dubbio sulla natura degli accadimenti, senza spiegarne la matrice soprannaturale o naturale. Attraversato questo velo d’incertezza, si entra in altri territori: quello dello “strano” (= evento insolito, ma riconducibile a spiegazioni note) e quello del “meraviglioso” (= l’insufficienza dell’esperienza pregressa).

Ceserani individua anche procedimenti formali tipici della letteratura fantastica: 1) il gusto di rende-re espliciti i meccanismi della narrazione; 2) la narrazione in prima persona; 3) l’interende-resse per le ca-pacità proiettive e creative del linguaggio; 4) il coinvolgimento del lettore, tramite effetti di sorpre-sa, d’orrore o d’umorismo; 5) passaggi tra dimensioni diverse (dal quotidiano all’inesplicabile, o vi-ceversa); 6) impiego di “oggetti mediatori”, testimonianze concrete dell’avvenuto evento pertur-bante; 7) l’ellissi, che apre quei famosi spazi d’incertezza; 8) la teatralità, ovvero la capacità di crea-re illusioni ccrea-redibili; 9) la figuratività (ricchezza di elementi visivi); 10) il dettaglio, messo in rilievo e caricato di significato.

(28)

28 Per quanto riguarda le tematiche, sono tipicamente fantastiche: 1) la notte, il mondo oscuro ed in-fero (curioso contraltare al diffondersi dell’illuminazione elettrica); 2) l’aldilà e il ritorno dei morti, in prospettiva interiorizzata; 3) l’individuo, le cui percezioni sono al centro della narrazione; 4) la follia, come possibilità conoscitiva e discesa dentro di sé; 5) il doppio, ovvero la proiezione all’esterno di una realtà interiore; 6) l’apparizione dell’estraneo e del mostruoso all’interno della quotidianità; 7) l’eros e le frustrazioni dell’amore romantico; 8) il nulla, ovvero il rinvenimento di un “buco” nella maglia della realtà (quello spazio d’incertezza di cui dicevamo).

La capacità del “fantastico” di codificare la curiosità umana e la complessità della psiche è ricchissi-ma. Nell’epoca del virtuale che funge da diaframma fra soggetto e realtà, poi… siamo sicuri che le sue inquietudini non abbiano più nulla da dire? Un grande quesito che ci lascia il saggio di Ceserani.

Tutto questo per delineare un importante excursus, che fa comprendere sicuramente le vere origini di questo genere, piazzandosi alla base di altri generi di culto, tra cui la letteratura gotica e di quella horror, quest'ultima in particolare è punto di riferimento degli appassionati del gore15 e del

sanguinoso, che oggi conquista milioni di lettori in tutto il mondo, e non solo; infatti l'horror è uno dei generi più apprezzati anche nel campo del cinema. Ma senza il successo del relativo genere letterario, si sarebbe potuti arrivare a questo?

Cerchiamo ora di comprendere com’è nato il genere horror e le sue origini nello specifico.

15Il “gore” è un sottogenere dell'horror, caratterizzato dalla presenza di “splatter” (non a caso quest'ultimo termine viene

spesso indentificato con il gore stesso) quindi di violenza direttamente applicata sul corpo umano, del quale viene esaltata la vulnerabilità, con ferite, mutilazioni e spargimenti di sangue. Il termine viene diffuso specialmente con l'uscita del film “Zombi” di George Romero del 1978, a seguito di una sua dichiarazione. Da qui in poi, ha preso di fatto piede il comune significato del già citato splatter. E. Claudi, Orrore, Paura e mistero, Mondadori, Milano 1992 pp.67

(29)

29 CAPITOLO II

LE ORIGINI DEL ROMANZO HORROR

Considerando che si trovano episodi di carattere orrorifico in scritti molto antichi, come ad esempio poemi epici e opere sacre, la letteratura di stampo horror ha fatto i suoi primi passi significativi co-me genere a sé stante solo con l'arrivo del romanticismo e si è sviluppata con crescente gusto per il mistero, per il fantastico ed il soprannaturale, radicato soprattutto nei salotti degli intellettuali post-illuministici, quasi come speculazione sorta per reazione all'eccesso di sicurezza derivanti dalle sempre più frequenti scoperte della scienza.

Non è stato casuale poi che con il trascorrere degli anni il racconto dell’orrore è diventato spesso lo strumento per dare ammonimenti contro la tracotanza del percorso scientifico umano oppure per rimarcare la punizione a chi non osserva le direttive dell'etica, civile o religiosa che sia.

(30)

30 I più grandi capolavori di questo genere si muovono nell'ambito della produzione letteraria tardo romantica dell'area anglosassone e nordica, e trovano il culmine con il genere gotico di scrittori come Bram Stoker, Mary Shelley o Edgar Allan Poe, che ha la fama di essere secondo molti l’ideatore del genere, e infine Howard Phillips Lovecraft.

Allan Poe e Lovercraft sono tutt’oggi considerati i fautori dell'evoluzione moderna e contempora-nea dell’horror, che grazie anche ai loro scritti ha assunto una maggior autonomia ed una dignità letteraria: Edgar Allan Poe per quanto concerne atmosfere macabre e grottesche, ma allo stesso modo di stampo educativo e poetico, mentre Howard Philips Lovecraft in un discorso rigorosamen-te più fantastico. Le loro creature letrigorosamen-terarie sono diventarigorosamen-te aurigorosamen-tentici punti di riferimento di culto, basti ricordare le storie del cosiddetto Ciclo di Cthulhu per quanto riguarda Lovecraft, o i Racconti

del grottesco e dell'arabesco, figli del tormentato Poe.

Tante sono le contaminazioni odierne della letteratura horror, tante da renderne difficile alle volte la distinzione da altri generi come il thriller, molto spesso accomunato all'horror per l'uso della suspense e per la presenza di descrizioni di estrema violenza ed efferatezza, ma privo di elementi soprannaturali, o il fantasy, dove nell'ambito delle sue più importanti storie non mancano quasi mai elementi caratteristici dell'horror, o ancora la fantascienza, questo per prendere in considerazione racconti in cui sono presenti alieni, in genere dall'aspetto mostruoso e spaventoso spesso nemici degli umani, e a innovazioni tecnologiche e biologiche in grado di provocare mutazioni terrificanti ai corpi.

Tipologie di racconto possono definirsi horror nel momento in cui vanno ad incidere sulle percezioni sensoriali e nella soggettiva rappresentazione della realtà, introducendo possibili irruzioni di ele-menti irrazionali nella vita di tutti i giorni immaginandone poi le conseguenze, spesso caratterizzate da reazioni dure e violente con sviluppi estremizzati, ma anche altamente drammatici e tragici.

(31)

31 La storia dell'orrore getta la base su quelle che sono le paure ancestrali annidate nell'inconscio col-lettivo dell'essere umano, come ad esempio: per la morte e per i dilemmi che si celano nel mistero dell'esistenza, per il buio e per i luoghi inesplorati, per l'isolamento o per la perdita delle relazioni con le persone care, per il sovvertimento delle regole della scienza e della vita sociale.

Molto spesso accade che l'autore del romanzo horror plasma, a volte in maniera sensazionalistica e lugubre, le convinzioni che sono nelle fedi religiose, oppure gonfia i contenuti emozionali e istintivi che si celano nei rapporti amorosi.

Più semplicemente in base alle volte, l'horror spinge sulle comuni ossessioni e sulle paure più cono-sciute nella psicologia umana, ottenendo forti reazioni spingendo molto: sull'istinto di conservazio-ne, sul disgusto provocato dalla malattia (fisica e mentale) o dalle deformità, sull'angoscia suscitata dalla violenza e dal dolore, sul disagio dovuto a condizioni di vita estrema, esposta alle avversità climatiche, sulla reazione al contatto con certi animali ripugnanti, tipo serpenti, insetti ecc ecc..

L’origine dell'orrore letterario nasce dalle contrapposizioni violente dei rapporti umani, spinte ai li-miti del paradosso, con strade e percorsi a tratti persino grotteschi ed ironici, e per questo in modo analogo, ai contenuti tipici del racconto tragico classico.

Esattamente come le tragedie dell'orrore della tradizione greca e shakespeariana, il romanzo horror prende buona parte della sua attrattiva dall'effetto catartico che si genera spontaneamente nel let-tore, dopo che questi è stato messo a confronto con sensazioni forti ed estreme, in modo che pos-sano far apprezzare il ritorno all'esistenza normale.

La narrazione horror, come quella poliziesca o gialla, utilizza spesso la tecnica della suspense, per mezzo della quale, dando in maniera progressiva il dubbio o senso di attesa circa gli sviluppi della

(32)

32 storia, scaturisce nel lettore la sensazione di temere in modo ansiogeno e, contemporaneamente, incuriosire per la sorte dei protagonisti e per quelle che saranno le rivelazioni nella conclusione del racconto.

Il fulcro principale della storia horror è l’esistenza di elementi soprannaturali, in assenza dei quali il racconto, per quanto possa avvalersi di ambientazioni e situazioni tipiche dell'horror oppure de-terminare effetti psicologici di un certo tipo, non apparterebbe a questo genere, ma può eventual-mente fare parte della letteratura gialla (thriller o noir).

Negli anni ed in seguito nei decenni, è stato possibile riconoscere la narrativa di stampo horror at-traverso frequenti figure archetipiche:

Il fantasma, spirito attraverso cui vengono alimentate la paura per l'oltretomba, il dolore per

la perdita dei propri cari, il desiderio di ritrovarli e di entrare in contatto con loro, sia pure in un contesto assolutamente impalpabile e dalle conseguenze non prevedibili. Presente in molti racconti della classicità, la figura del fantasma, o spirito inquieto, o poltergeist trova al-cune delle sue prime espressioni letterarie significative nell'Amleto di William Shakespeare, nel racconto satirico Il fantasma di Canterville di Oscar Wilde. Nel corso del Novecento su questo tema vengono scritte, tra le altre, opere particolarmente significative, come Il giro di

vite di Henry James, L'incubo di Hill House (1959) di Shirley Jackson, L'altro di Thomas Tryon

o Shining (1977) di Stephen King;

Il vampiro, rappresentante la figura del "predatore", di chi esercita sulle proprie vittime una

forma di predominio violento, che sottopone a schiavitù morale e fisica il debole e il pavido, ma che è anche un simbolo perverso dell'aggressività sessuale e della seduzione più morbo-sa. I capostipiti letterari di questo archetipo horror sono Il Vampiro di John Polidori e Dracula

(33)

33 di Bram Stoker. In tutta la prima metà del Novecento, il vampiro ha trovato grande fortuna nel cinema, per poi essere riscoperto anche a livello letterario in opere significative come Io

sono leggenda di Richard Matheson, Le notti di Salem di Stephen King, Intervista con il vam-piro di Anne Rice, capostipite quest'ultimo di una lunga saga letteraria. Nel primo decennio

del 2000 la figura del vampiro torna al centro dell'attenzione letteraria e mediatica, con par-ticolare popolarità tra i giovani, grazie alla saga iniziata con il romanzo Twilight (appartenen-te al genere fantasy) di S(appartenen-tephenie Meyer e ad un'opera di inconsueta verosimiglianza come

Lasciami entrare dello svedese John Ajvide Lindqvist: in entrambe queste opere, tuttavia, il

vampiro diventa un personaggio positivo, capace di instaurare radicate relazioni sentimentali con normali esseri umani. Sono in qualche modo riconducibili all'archetipo del vampiro an-che altre due tipologie ricorrenti di personaggi orrorifici:

Il demone, che anche in questo caso simboleggia una forma di predominio aggressivo,

ingiu-sto, vorace e distruttivo, spesso perpetrato a danno di persone deboli ed innocenti (molte volte si tratta di donne, o di bambini e comunque di persone molto giovani, e pertanto più vulnerabili). Presente in tutte le principali tradizioni religiose, tanto pagane quanto monotei-ste, il demone letterario trova un importante antesignano nel Lucifero dell'opera teatrale La

tragica storia del Dottor Faust di Christopher Marlowe (e nelle numerose varianti del tema

della tentazione demoniaca che sono state prodotte nei secoli a seguire). A questo archetipo si rifanno anche le vicende relative ai fenomeni di possessione diabolica, che traggono spun-to da episodi biblici ed hanno avuspun-to particolare successo nella seconda metà del Novecenspun-to, con la pubblicazione di romanzi divenuti celebri come L'esorcista di William Peter Blatty,

Ro-semary's Baby di Ira Levin, Il presagio di David Seltzer, tutte opere che rispecchiano una

sor-ta di reazione ai tensor-tativi di affrancamento della società moderna dalla pressione degli impe-rativi etici legati alla fede religiosa;

(34)

34

Lo stregone e lo scienziato pazzo. Pur essendo raramente causa principale ed immediata di

orrore, l'archetipo dello stregone o dello scienziato è l'artefice delle situazioni paurose in cui si sviluppano molte trame dei romanzi di questo genere. Esso simboleggia la tracotanza della conoscenza, il fallimento del presunto dominio del sapere e delle arti. L'associazione tra

stregone e paura alimenta la diffidenza dell'uomo comune per chi è ritenuto detentore di

segreti ineffabili ed inarrivabili. Discendente diretto delle temute streghe che venivano arse sui roghi dalla Santa Inquisizione medievale per annullare gli effetti dei loro malefici, ma an-che del leggendario Merlino del ciclo arturiano, come si è detto lo stregone della letteratura horror riveste ruoli analoghi a quelli del vampiro (nelle lingue mitteleuropee il termine

stri-goi individua entrambi). Lo scienziato pazzo trova l'esempio letterario più celebre nel

mede-simo dottor Frankenstein del capolavoro di Mary Shelley.

Il licantropo o lupo mannaro, simbolo sia di instabilità psicologica (non a caso soggetto,

co-me molti malati di co-mente, all'influsso delle fasi lunari), sia dell'incontrollabile dominio delle pulsioni e degli istinti ferini, mai del tutto sopiti nell'uomo, che in molti casi prendono quindi il sopravvento sulla mente razionale. È figura leggendaria presente, come il vampiro, in tutte le culture umane, anche le più primitive. Una variante letteraria del lupo mannaro è il mute-vole e duplice personaggio al centro del romanzo Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor

Hyde di Robert Louis Stevenson. Sebbene sia presente nella letteratura (essendo, tra l'altro,

una delle possibili incarnazioni fisiche del vampiro) il lupo mannaro è una figura dell'horror che ha finora avuto miglior fortuna soprattutto al cinema.

Il mostro o creatura informe, dalla morfologia animalesca oppure "mutaforma", può essere il

prodotto di esperimenti scientifici, della ribellione della natura o di influssi extraterrestri, o in alternativa è l'abitatore di recessi ancora non conosciuti del mondo reale. In questa tipo-logia di archetipo ricorrente dell'horror, il cui capostipite sono senza dubbio il Golem della

(35)

35 tradizione ebraica mitteleuropea ed il "mostro" di Frankenstein di Mary Shelley possono ri-entrare anche la mummia, Mr. Hyde, lo yeti, il mostro della palude, l'animale preistorico, l'alieno, e così via. Una variante moderna di questo archetipo è:

Lo zombie, ovvero il morto vivente; anche questo personaggio si ricollega alla leggenda del vampiro, ma in epoca più recente lo zombie ha assunto un'identità propria ed è diventato

più specificamente un corpo umano privo di mente, mosso da incontenibili istinti cannibale-schi, capace di suscitare particolari reazioni di ripulsa proprio perché, come simulacro viven-te di un uomo privo dell'anima e della ragione, esso rappresenta una morbosa e grotviven-tesca dissacrazione del culto per i defunti, presente in modo trasversale in tutte le tradizioni e reli-gioni umane. Proprio per questo è ricorrente nelle storie che riguardano gli zombie l'attacco da parte di persone care, tornate alla vita in questa versione inebetita e dissennata, parodia grottesca dell'essere vivente. Lo zombie viene introdotto, nell'era moderna, dal romanziere statunitense Richard Matheson: l'umanità mutante descritta nella sua opera seminale Io

so-no leggenda prende le mosse dal vampiro, ma con varianti tali da ispirare, alcuni anni dopo

la sua pubblicazione, la realizzazione del film La notte dei morti viventi, dove l'archetipo del-lo zombie trova la sua configurazione definitiva e ancora attuale16.

(36)

36 2.1 DAL GOTICO ALL’HORROR

Come già preannunciato, le ombre e l'oscurità diventano strumenti per ottenere il sublime e stati d'animo forti e incontrollati (all’opposto della luce che rientra nel senso del bello) secondo il con-cetto orrorifico di sublime (l'incanto del mostruoso) espresso da Edmund Burke17 e poi da Kant e da Schopenhauer. Predominano oggetti molto potenti, grandi, che incutono timore (come cannoni, pa-lazzi possenti, catene, il celeberrimo elmo che campeggia, enorme e minaccioso all'inizio del

Castel-lo di Otranto di Walpole); rumori molto forti; il senso di vastità, di cose non misurabili; la mancanza

di rapporto causa-effetto; infine l'approssimazione: John Milton nel Paradiso perduto accennava so-lo vagamente all'aspetto e alle fattezze del diavoso-lo.62]

I luoghi in cui si svolgono i fatti sono tetri e tenebrosi, come vecchi castelli (Dracula, Il castello di

O-tranto, I misteri di Udolpho), abbazie e conventi (La vergine perseguitata, Il monaco di Lewis, L'ita-liano della Radcliffe); più in generale in paesi cattolici governati da monarchie assolute che non

tu-telano i diritti dei cittadini.

(37)

37 Il potere religioso agisce mediante immagini che invitano alla contemplazione emotiva. Ricorrenti le ambientazioni naturali, come le foreste, le Alpi o il Polo Nord, dove dominano neve e ghiacci

(Fran-kenstein), ma anche il deserto come terra inospitale (Vathek)18.

Tali tematiche e simboli presto diverranno emblematici del romanticismo inglese e continueranno a influenzare la letteratura europea per gran parte dell'Ottocento, anche al di fuori del genere gotico vero e proprio. I promessi sposi di Alessandro Manzoni (autore convertito al Romanticismo e all'i-dea del romanzo "inventato" rinnegando le regole classicistiche e il suo poemetto Urania), pur non rappresentando un romanzo gotico, contiene tuttavia situazioni molto simili a quelle del gothic, come la storia della Monaca di Monza costretta dal genitore dispotico alla clausura o rapimenti e oppressioni come l'episodio di Lucia Mondella, segregata nel castello dell'Innominato. Si pensi an-che ad esempio alle atmosfere tetre di Notre-Dame de Paris (1831) di Victor Hugo, ambientato nel tardo Medioevo, con personaggi come il deforme Quasimodo o la fanciulla Esmeralda, vittima inno-cente di un crudele sopruso. Anche lo scrittore vicentino Antonio Fogazzaro scrisse un romanzo d'impronta gotica: Malombra.

Il dispotismo e il potere feudale contribuiscono ad alimentare lo sfondo gotico sublime. L’ottocento tratterà poi questi temi, in particolare gli scrittori americani, che hanno vissuto regimi puritani (caccia alle streghe, ordalia; indiani = lingua incomprensibile, feroci e superstiziosi)19.

Edgar Allan Poe sarà poi il primo scrittore gotico che meglio incarnerà i valori dell’horror: in partico-lare i suoi racconti brevi sono le opere che meglio incarnano il gotico di stampo puramente inglese

Il tema principale delle storie di Poe è la morte fino alle estreme conseguenze terrene.

18F. Frentzen, Enciclopedia europea, Vol. V, Lindau Editore, Roma 2001, pp. 26

(38)

38 Ad esempio nel caso della sepoltura prematura in La sepoltura prematura (1844), Berenice (1835) e in La caduta della casa degli Usher (1839), della trasmigrazione dell'anima da un corpo all'altro in

Morella (1835), in Ligeia (1838) e della personificazione della Morte come nel racconto La maschera della Morte Rossa (1842) . I racconti di Poe sono capolavori d'invenzione squisitamente romantica.

Andando poi avanti, sul finire dell'Ottocento, sarà l'irlandese Bram Stoker a rinverdire e riproporre il mito del vampiro con il suo Dracula. Stoker si laureò in matematica e, dopo un breve impiego, ini-ziò a collaborare come critico teatrale con il Mail.

Agli albori del XX secolo, è invece Howard Phillips Lovecraft che prosegue sul solco del gotico, dan-do il via anche a una scuola americana di fantascienza e del fantastico.

Ai giorni nostri invece, ci sono Stephen King che ha prodotto alcuni romanzi del sottogenere

subur-ban gothic20 e Anne Rice con la saga di vampiri, streghe e diavoli. Si tratta però dello sbocco ulterio-re nell'horror con ricchezza di particolari macabri. La Rice ha ridisegnato parzialmente la figura del vampiro e messo in risalto l'aspetto passionale dell'uomo. Quindi, a seguito di queste considerazio-ni, il gotico è l’ossatura portante dell’horror: nasce prima e ne permette di sviluppare i contenuti, dando quindi una forma a quello che sarà uno dei generi predominanti di culto, da cui poi derive-ranno molte pellicole e forme di intrattenimento molto popolari.

20Genere molto diffuso con l’avvento degli anni ’90, trova l’apice nei primi anni duemila con trasposizioni

cinematografiche di livello. Applica i classici elementi del gotico ai giorni moderni, mischiandoli all’horror e alla fantascienza (vedi la filmografia di Tim Burton).

Riferimenti

Documenti correlati

La percezione muove dunque verso tentativi di privatizzazione e liberalizzazione, della riforma del sistema bancario, dell’apertura del mercato dei servizi

[r]

La zia, dopo aver preparato dei dolcetti, né diede un po' alla sua nipotina, ma non n'è diede ai suoi vicini di casa, ne ai suoi parenti!. Ho già detto

Nella splendida cornice dell’Orto Botanico “Angelo Rambelli” sabato 25 e domenica 26 si terrà la terza edizione di “VERDI e CONTENTI”, mostra mercato florovivaistica dedicata a

Pari dignità che a ben vedere è già iscritta nel libro della Genesi, nella creazione dell’uomo e della donna: “Questa volta è osso delle mie ossa e carne della mia carne”

I risultati del focus group – Innovazione tecnologica, organizzazione aziendale e risorse umane. Comunicazione come raccordo tra le diverse tipologie

Se le risoluzioni degli schermi sono trop- po basse per sostituire la carta, come si spiega che tutti quelli che conosco spendono ogni anno sempre più tempo a leggere dagli

«La nostra tesi è che ciò che ancora oggi si intende per romanzo di for- mazione, non nasca dopo, o verso, o nei pressi della Rivoluzione francese – questa è anche la tesi