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Proprietà chimico-fisiche dell’idrogeno

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Academic year: 2021

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10 Caratteristiche generali

L’idrogeno, simbolo chimico H, è un elemento costituito da un solo protone e da un solo elettrone; rappresenta quindi l’elemento più semplice del sistema periodico. Risulta l’elemento più diffuso in natura ed è presente soprattutto nella molecola dell’acqua ed in composti organici.

Allo stato elementare, a causa della sua elevata reattività chimica, esiste sotto forma di molecola biatomica e nelle condizioni quali pressione atmosferica e temperatura ambiente si presenta come un gas inodore ed incolore, ma altamente infiammabile. L’idrogeno possiede degli isotopi:

infatti accanto al prozio che è l’idrogeno costituito solamente da un protone e da un elettrone, possiamo trovare il deuterio costituito ancora da un protone un elettrone e due neutroni ed infine il trizio formato da tre neutroni oltre al solito protone ed elettrone. Per le nostre applicazioni faremo riferimento all’idrogeno standard. In aria l’idrogeno tende a dissolversi molto rapidamente a causa della sua bassa densità e l’assenza di odore e di colore ne rendono difficile l’identificazione in caso di dispersione.

Proprietà chimico-fisiche dell’idrogeno

L’idrogeno può essere impiegato in motori a combustione interna perché può ossidarsi

sviluppando calore e producendo come prodotto principale l’acqua; è anche possibile la reazione

inversa creando nuovamente idrogeno attraverso l’elettrolisi dell’acqua. La reazione di

combustione dell’idrogeno non produce sostanze quali CO, CO

2

, SO

x

o particolato che sono i

principali responsabili dell’inquinamento atmosferico; le uniche sostanze aggressive che possono

essere create sono gli NO

x

che possono essere limitati riducendo la temperatura in camera di

combustione. Possibili fughe di idrogeno dalle luci di scarico del motore non si rivelano pericolose

per l’ambiente esterno perché l’idrogeno non è tossico. Una proprietà fondamentale tipica di tutti

i combustibili è il potere calorifico, definito come la differenza di entalpia tra reagenti e prodotti in

una reazione che avviene a pressione e temperatura costanti. Il potere calorifico viene a

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dipendere, anche se in maniera debole, dallo stato fisico del combustibile e dalle temperature dell’aria e del combustibile stesso. Diviene importante notare che la combustione di combustibili contenenti idrogeno comporta la presenza di acqua allo stato di vapore tra i prodotti di reazione; il passaggio di stato da fase liquida a quella di vapore dell’acqua comporta la perdita del calore latente di evaporazione, pari a 2500 kJ/kg dal calore di combustione. Si definisce allora il potere calorifico superiore come il calore che si potrebbe ricavare da una combustione completa se i prodotti fossero riportati alla stessa temperatura iniziale dei reagenti; il potere calorifico inferiore, invece, è uguale al potere calorifico superiore a cui viene sottratto il calore di evaporazione dell’acqua. L’idrogeno, tra tutti i combustibili, è la sostanza che possiede il maggior potere calorifico inferiore per unità di massa anche se risulta penalizzato da una bassa densità di energia espressa come energia/volume di combustibile, che rappresenta una quantità fondamentale in termini di stoccaggio del combustibile. Alla pressione atmosferica l’idrogeno presenta il punto di ebollizione a 20 K ed il punto di liquefazione a 14 K; se allora si volesse incrementare la pressione al fine di aumentare il punto di ebollizione raggiungendo così una temperatura maggiore, non se ne ricaverebbero ulteriori vantaggi perché, ad esempio, alla pressione di 13 bar l’ebollizione avverrebbe a 33 K. L’idrogeno presenta, sia allo stato liquido che allo stato gassoso, densità particolarmente ridotte: ciò può essere spiegato attraverso il ridotto peso molecolare tipico di questo elemento. Un’altra caratteristica dell’idrogeno consiste nel notare che un metro cubo di idrogeno liquido pesa 71 kg mentre quello contenuto in un metro cubo di acqua ha una massa pari a 11 kg: ciò può essere spiegato attraverso l’elevato fattore d’impacchettamento tipico della molecola d’acqua. Il rapporto d’espansione, definito come il rapporto tra il volume nel quale un gas viene stoccato ed il volume occupato dalla stessa sostanza in condizioni atmosferiche, risulta pari a 1:848. Le ridotte dimensioni delle molecole di idrogeno creano problemi di tenuta infatti il contenimento di questo gas risulta difficoltoso e ciò permette la formazione di una miscela aria- idrogeno particolarmente incendiabile; fortunatamente l’elevata diffusività dell’idrogeno permette di ridurre la concentrazione della miscela appena formata e la zona pericolosa rimane confinata solo nei pressi della perdita.

Idrogeno e motori a combustione interna

Prima di continuare ad analizzare le principali proprietà dell’idrogeno, importanti per capirne l’uso nei motori a combustione interna, si definiscono in via del tutto generale alcune quantità utili nei processi di combustione. Si esprime come dosatura e si indica con la lettera α il rapporto in massa aria/combustibile con cui si alimenta un qualsiasi dispositivo in cui avviene una combustione in una determinata condizione di funzionamento:

α =m

a

/m 

c

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la dosatura, che dipende dal combustibile utilizzato dal tipo di della potenza e dal modo con cui aria e combustibile vengono tra loro miscelati, influenza in maniera evidente il processo di combustione. Considerando infatti la seguente reazione di combustione di un generico idrocarburo con aria:

C

n

H

m

+γ( O

2

+0,79/0,21N

2

) → nCO

2

+m/2H

2

O+ γ0,79/0,21N

2

dal bilancio segue che γ= n + m/4 da cui si può ricavare la dosatura richiesta per una reazione stechiometrica α

st

:

α

st

= (n+m/4) PM

O2

+ 0,79

0,21 PM

N2

PM

F

α

st

= (n+m/4) PM

O2

+ 0,79

0,21 PM

N2

PM

F

oppure in termini volumetrici:

α

st, vol

= n+m/4 1 + 0,79 0,21 

dove con PM si sono indicati i vari pesi molecolari delle varie specie. Si definisce poi il rapporto di equivalenza φ = α

st

/ α ed è pari al rapporto tra la massa d’aria stechiometrica richiesta per la combustione e la massa d’aria realmente impiegata. Si evidenziano tre campi di funzionamento:

• φ >1: in tal caso la combustione avviene in condizioni riducenti, poiché è presente meno aria di quella richiesta dalla stechiometria per consumare completamente tutto il combustibile;

• φ =1: in questo caso la quantità d’aria effettivamente impiegata è uguale alla quantità d’aria stechiometrica;

• φ <1: in quest’ultima situazione la massa d’aria utilizzata è superiore alla massa d’aria stechiometrica e dunque la combustione avviene in condizioni ossidanti: risulta quindi la condizione di lavoro generalmente adottata nella tecnica.

La regolazione del carico di un motore può essere eseguita in due modalità:

• per qualità: variando la quantità di combustibile introdotto a parità di aria, si cambia la composizione della miscela aria-combustibile fornita al motore. Si tratta del sistema adoperato dai motori ad accensione per compressione;

• per quantità: mantenendo sempre la solita composizione della miscela aria-combustibile, si

varia invece la quantità di miscela introdotta nel motore ad ogni ciclo; risulta il sistema

adottato nei motori ad accensione comandata.

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Le principali proprietà dell’idrogeno utili per l’uso nei motori endotermici sono legate soprattutto all’intervallo di infiammabilità, alla diffusività e alla velocità di propagazione della fiamma.

L’intervallo di infiammabilità compreso tra il limite inferiore di infiammabilità, definito come la percentuale di gas, rispetto alla miscela gassosa aria-gas, al di sotto del quale non vi è abbastanza gas per avviare il processo di combustione ed il limite superiore di infiammabilità che invece è definito come la percentuale di gas, rispetto alla solita miscela aria-gas, al di sopra della quale non vi è abbastanza aria per innescare la combustione, rappresenta dunque il campo all’interno del quale l’idrogeno è infiammabile in presenza di aria dopo aver fornito una piccola quantità di energia attraverso un sistema d’innesco. In termini volumetrici l’idrogeno risulta infiammabile quando viene miscelato con l’aria in concentrazioni volumetriche variabili dal 4% al 75%. Altri combustibili di riferimento quali il metano e la benzina presentano intervalli di infiammabilità più ristretti: infatti il metano risulta infiammabile se è miscelato con aria in concentrazioni volumetriche dal 5,3% al 15%, mentre la benzina dall’ 1% al 7,6%. Il gasolio, che invece si accende per compressione, presenta un campo di infiammabilità ancora più limitato che è compreso tra 0,6% e 5,5%.

L’idrogeno inoltre presenta una elevata velocità di fiamma da intendere come la velocità assoluta

d’avanzamento del fronte di fiamma in direzione normale a se stesso; ciò è dovuto sia all’elevata

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diffusività dell’idrogeno e sia alla cinetica molto rapida della reazione di combustione che, nel caso dell’idrogeno, non prevede l’ossidazione del CO che invece si verifica nella combustione di idrocarburi. Nella tabella seguente si riportano alcune velocità di fiamma di alcune specie chimiche di interesse:

Bisogna evidenziare che la velocità di fiamma risulta massima in condizioni stechiometriche, ma tende a ridursi significativamente in miscele povere. Diviene altresì utile introdurre anche la velocità di combustione, definita come la velocità con cui il fronte di fiamma avanza in direzione normale a se stesso rispetto alla miscela non ancora combusta: tale parametro risulta funzione della concentrazione del gas ed è nullo fuori del campo di accensione. L’idrogeno ha una velocità di combustione paragonabile a quella degli altri combustibili compresa tra 2,65-3.25 m/s.

La presenza di un esteso campo di infiammabilità associato ad un’elevata velocità di fiamma e

l’elevato valore della diffusività dell’idrogeno permettono di ottenere miscele aria-idrogeno

omogenee e di realizzare una combustione stabile operando sia con cariche fortemente povere, in

cui cioè il combustibile è presente in quantità minore rispetto alla quantità richiesta dalla dosatura

stechiometrica, sia con cariche estremamente diluite con gas combusti. La principale conseguenza

di tale aspetto si traduce nel consentire ad un motore a combustione interna ad accensione

comandata di poter lavorare ai carichi parziali con valvola a farfalla completamente aperta

ottenendo perciò una regolazione per qualità, tipica dei motori ad accensione per compressione,

realizzata variando semplicemente la quantità di idrogeno iniettato. Se ai minimi carichi la farfalla

rimane completamente aperta, ne deriva una riduzione delle perdite fluidodinamiche e perciò una

riduzione del lavoro di pompaggio che si traduce nell’aumento del rendimento indicato del

motore. L’elevata quantità d’aria introdotta nel motore permette poi di abbassare la massima

temperatura di combustione riducendo sia la dissociazione gassosa sia la formazione di sostanze

inquinanti quali gli NO

x

. L’elevata velocità di fiamma consente poi di accelerare la fase di

combustione avvicinandola proprio ad una trasformazione isovolumica migliorando così il

rendimento del ciclo; purtroppo bisogna prestare attenzione a non generare combustioni troppo

violente perché potrebbero verificarsi gradienti di rilascio del calore così forti da indurre vibrazioni

del motore.

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Affinchè le reazione di combustione possano avvenire, è necessario che i combustibili si trovino in fase gassosa. Assume dunque rilevante importanza il flashpoint definito come la temperatura alla quale il combustibile crea abbastanza vapore da produrre una miscela accendibile con aria. Il flashpoint risulta inferiore alla temperatura di ebollizione ed è molto vicino alla temperatura ambiente per i combustibili gassosi mentre per i combustibili liquidi risulta inferiore, sempre nelle stesse condizioni, alla temperatura limite di infiammabilità. Un altro parametro fondamentale da considerare in una reazione di combustione è la temperatura di autoaccensione definita come la minima temperatura alla quale la combustione avviene in assenza di sorgenti di accensione. Ogni combustibile presenta un proprio valore di temperatura di autoaccensione ed in particolare per l’idrogeno tale grandezza risulta pari a 858 K; ciò permette di elevare il rendimento del ciclo termodinamico η

t

del ciclo Otto in quanto si può ricorrere a rapporti di compressione ρ superiori permessi dall'elevata temperatura di autoaccensione, come si può constatare anche dalla relazione seguente:

η

t

=1- 1 ρ

k-1

in cui k è il coefficiente della trasformazione politropica e assume valori compresi tra 1.3 ed 1.4.

L’uso di un determinato combustibile in un motore a combustione interna impone di conoscere quali siano le proprietà antidetonanti del combustibile in esame. La detonazione, come noto, è un processo in cui una o più parti della miscela che brucia per ultima si auto accendono prima di essere raggiunte dal fronte di fiamma, incrementando di conseguenza le vibrazioni ed il riscaldamento delle superfici oltre a ridurre fortemente la potenza erogata dalla macchina.

Trattandosi quindi di un problema dipendente da numerose variabili, si preferisce misurare le

proprietà antidetonanti di un dato combustibile definendo una scala attraverso due combustibili di

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riferimento che sono l’isottano, particolarmente resistente alla detonazione, e l’eptano normale che risulta facilmente soggetto a detonazione. Si descrive quindi la resistenza alla detonazione di un dato combustibile attraverso il numero di ottano inteso come il numero intero più vicino alla percentuale in volume di una miscela di isottano e normaleptano con caratteristiche antidetonanti equivalenti a quelle del combustibile in esame. Le prove di misura vengono realizzate attraverso un opportuno motore CFR a rapporto di compressione variabile in cui si porta a detonare il combustibile in analisi. L’idrogeno presenta il numero di ottano più elevato rispetto agli altri combustibili di riferimento. Nei motori ad accensione comandata è necessario fornire energia alla miscela combustibile-aria in modo tale da creare quelle specie chimiche particolarmente reattive, dette radicali, che inizino la reazione di combustione. Tale quantità di energia, indicata come energia di accensione, serve proprio a superare la temperatura di autoaccensione della miscela e viene fornita tramite fiamme o scintille. L’idrogeno nonostante sia caratterizzato da una temperatura di autoaccensione elevata, presenta una bassissima energia di autoaccensione pari a 0,02mJ che comporta una semplice facilità di accensione della miscela aria-idrogeno anche con miscele povere.

Il pericolo di combustioni indesiderate, legate alla bassa energia di accensione, influenza pesantemente il funzionamento di un motore a combustione interna alimentato ad idrogeno. In generale si possono presentare tre tipi di combustioni anomale:

• pre-accensione: consiste nell’accensione spontanea della miscela causata da zone o gas ad alta temperatura, prima che la candela crei la scintilla;

• ritorno di fiamma: chiamato anche backfire è una combustione prematura che si verifica nei condotti durante la fase di aspirazione del ciclo;

• detonazione: si tratta di un autoaccensione causata dall’incremento di temperatura che,

superando la temperatura di autoaccensione, permette a quella parte di miscela, lontana dalla

candela e non ancora bruciata, di innescare la combustione.

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La preaccensione è una forma di combustione indesiderata che è favorita dall’ampio intervallo di infiammabilità e dalla ridotta energia di accensione dell’idrogeno. Si tratta, in particolare, di un fenomeno auto esaltante poiché rilascia elevate quantità di calore in brevissimo tempo tali da porre le condizioni per ulteriori accensioni anticipate. Il risultato di questo comportamento comporta un eccessivo rilascio di calore alle pareti ed un aumento del livello vibratorio. Il backfire produce invece una serie di scoppiettii che, nella peggiore delle ipotesi, possono condurre ad un arresto del motore. Questo problema, che condiziona fortemente la messa a punto di un motore ad idrogeno, risulta evidente nei sistemi ad iniezione indiretta poiché nei condotti è presente una miscela infiammabile aria-idrogeno; risulta preferibile allora adottare sistemi ad iniezione diretta che sono caratterizzati dall’assenza di tale problema. Il valore del rapporto di compressione influenza il comportamento del motore nei confronti del backfire: infatti riducendo tale grandezza si verifica un aumento di resistenza al backfire poiché la camera di combustione è soggetta a temperature inferiori che evitano il rischio di combustioni premature, ma dall’altro lato l’aumento del rapporto di compressione favorisce l’incremento del rapporto superficie/volume della camera di combustione migliorando il raffreddamento dei gas residui con il conseguente risultato di ridurre il pericolo di innesco dei gas freschi e di aumentare il rapporto di espansione. In via generale quindi è possibile concludere che i ritorni di fiamma sono provocati dalle cause seguenti quali:

• presenza di piccole zone in camera di combustione ad elevata temperatura: le zone più significative sono rappresentate da depositi e da particolato originati dalla parziale combustione dell’olio di lubrificazione;

• indesiderati trasferimenti di energia dal sistema di accensione alla miscela aria-idrogeno:

spesso infatti non tutta l’energia immagazzinata nel sistema di accensione viene trasferita completamente alla carica, complice la scarsa capacità d’immagazzinamento dell’idrogeno, e possono verificarsi così delle accensioni inappropriate durante il ciclo;

• presenza di scintille indotte: se si adoperano motori con più cilindri con i circuiti elettrici vicini può avvenire che l’accensione in un cilindro crei l’innesco di una scintilla nel cilindro vicino avviando così una combustione indesiderata;

• ridotto quenching gap: la distanza di estinzione dell’idrogeno, intesa come la distanza dalle pareti del cilindro alla quale il fronte di fiamma si spegne a causa delle perdite di calore, risulta pari a 0,64mm, un valore molto più piccolo rispetto agli altri combustibili, comportando così una difficoltà di spegnimento della fiamma negli interstizi compresi tra il pistone ed il cilindro.

La detonazione, infine, realizza una combustione molto veloce, complice anche l’elevata velocità di fiamma, caratterizzata da un elevato incremento del gradiente della curva di rilascio del calore accompagnato da elevatissimi picchi di pressione e di temperatura: un possibile rimedio a questo comportamento può essere l’uso di miscele magre.

Durante una combustione l’analisi di efflusso di idrogeno da un ugello mostra che la

concentrazione di gas, sufficiente ad alimentare le fiamme, è confinata nella zona di sbocco; ne

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segue che dallo studio di un getto infiammato la lunghezza della fiamma è inferiore ai 500 diametri del foro. Le fiamme sviluppate dall’idrogeno sono di colore blu pallido e alla luce diurna risultano quasi invisibili, ma la presenza di elementi quali lo zolfo o di umidità permett

miglioramento della visibilità; inoltre

essere molto concentrate. In caso d’incendio diffondersi nell’ambiente con le fiamme fuoriesce, creando così nell’ambie

altri combustibili; la benzina al contrario

evaporazione dei vapori con il risultato di sviluppare una combustione temperatura dell’ambiente circostante.

combustione di idrogeno non siano tossici come quelli creati da altre sostanze.

seguente sono riassunte le principali proprietà dell’idroge di riferimento.

L’alimentazione dell’idrogeno in un motore a combustione interna

La caratteristica fondamentale dei motori ad idrogeno consiste nell’analizzare la quantità di combustibile richiesto all’interno della camera di combustione. Il valore della dosatura stechiometrica α

st

per una miscela aria

superiore a quello della benzina per cui risulta una dosatura stechiometrica 18

segue che dallo studio di un getto infiammato la lunghezza della fiamma è inferiore ai 500 diametri e fiamme sviluppate dall’idrogeno sono di colore blu pallido e alla luce diurna risultano

a presenza di elementi quali lo zolfo o di umidità permett

miglioramento della visibilità; inoltre tali fiamme tendono ad avere elevato sviluppo verticale e ad essere molto concentrate. In caso d’incendio l’idrogeno, data la sua elevata leggerezza,

le fiamme che si sviluppano lontano dalla zona in cui il gas così nell’ambiente un gradiente di temperatura inferiore a quello creato da

al contrario crea fiamme più estese in un’area circoscritta alla con il risultato di sviluppare una combustione che incrementa subi temperatura dell’ambiente circostante. In ultima analisi si può notare che i fumi prodotti dalla combustione di idrogeno non siano tossici come quelli creati da altre sostanze.

seguente sono riassunte le principali proprietà dell’idrogeno assieme a quelle di altri combustibili

L’alimentazione dell’idrogeno in un motore a combustione interna

La caratteristica fondamentale dei motori ad idrogeno consiste nell’analizzare la quantità di all’interno della camera di combustione. Il valore della dosatura per una miscela aria-idrogeno risulta pari a 34,3 in termini di massa

della benzina per cui risulta una dosatura stechiometrica

segue che dallo studio di un getto infiammato la lunghezza della fiamma è inferiore ai 500 diametri e fiamme sviluppate dall’idrogeno sono di colore blu pallido e alla luce diurna risultano a presenza di elementi quali lo zolfo o di umidità permette un sensibile elevato sviluppo verticale e ad data la sua elevata leggerezza, tende a alla zona in cui il gas un gradiente di temperatura inferiore a quello creato da

in un’area circoscritta alla zona di che incrementa subito la In ultima analisi si può notare che i fumi prodotti dalla combustione di idrogeno non siano tossici come quelli creati da altre sostanze. Nella tabella no assieme a quelle di altri combustibili

La caratteristica fondamentale dei motori ad idrogeno consiste nell’analizzare la quantità di

all’interno della camera di combustione. Il valore della dosatura

in termini di massa, un valore

della benzina per cui risulta una dosatura stechiometrica che in termini di

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massa vale 14,7; se ne conclude quindi che 1 kg di combustibile richiede rispettivamente 34,3kg di aria per il caso dell’idrogeno, mentre occorrono solo 14,7 kg di aria per 1 kg di benzina. La potenza erogata da un motore a combustione interna risulta direttamente proporzionale al coefficiente di riempimento; nel caso di combustibili gassosi, quali l’idrogeno, l’uso di iniezione indiretta comporta una riduzione della cilindrata utile poiché il gas, caratterizzato da una densità ridotta, sottrae spazio utile all’aria all’interno del cilindro abbassando così il valore del coefficiente di riempimento e quindi la potenza erogata all’albero.

Nonostante ciò, a causa dei maggiori tempi di miscelazione, l’iniezione indiretta permette di

ottenere una carica più omogenea comportando così una minore irregolarità ciclica ed una

riduzione degli ossidi d’azoto; risulta inoltre la soluzione più vantaggiosa per i carichi medio-bassi

oltre al fatto di essere quella più economica per convertire un motore sviluppato per altri

combustibili. L’altra soluzione disponibile, preferibile agli alti carichi, è rappresentata dall’iniezione

diretta che consente di iniettare il combustibile quando la fase di aspirazione è terminata; nel caso

del motore due tempi qui analizzato, l’idrogeno verrà iniettato solo verso la fine della fase di

compressione cercando di evitare possibili fughe dalla luce di scarico. Attraverso l’iniezione

diretta, si raggiunge un miglioramento della potenza erogata, poiché il coefficiente di

riempimento risulta incrementato; in termini quantitativi un motore alimentato ad idrogeno con

iniezione diretta potrebbe arrivare a sviluppare una potenza del 117% rispetto ad un identico

motore operante a benzina. Lo svantaggio principale dell’iniezione diretta consiste nel ridotto

intervallo di tempo per garantire la formazione di una miscela aria idrogeno omogenea; inoltre la

bassa densità dell’idrogeno associata alle ridotte dimensioni degli iniettori, richiede l’uso di alte

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pressioni di iniezione per garantire l’opportuna quantità di gas in camera di combustione. Nei veicoli, purtroppo, l’uso di pressioni d’iniezione elevate impone a sua volta pressioni di stoccaggio maggiori riducendo così l’autonomia del mezzo: possibili soluzioni potrebbero essere ottenute introducendo un sistema di ricompressione oppure immagazzinando idrogeno liquido, ma ad oggi rappresentano solo soluzioni tecniche costose e complicate.

Strategie per il controllo della combustione dell’idrogeno in motori a combustione interna La messa a punto di un qualsiasi motore endotermico deve analizzare anche le modalità con cui avviene la combustione, perché è necessario controllare il modo con cui pressione e temperatura evolvono durante il ciclo termodinamico. In particolare per un motore alimentato ad idrogeno, considerando l’elevata reattività del combustibile e l’elevato rischio di preaccensione, è necessario evitare combustioni troppo violente caratterizzate da elevati gradienti di pressione e di temperatura che inducono forti sollecitazioni meccaniche e termiche dei vari componenti. Il confronto tra la combustione che si verifica un motore benzina ad iniezione indiretta e la combustione che avviene nello stesso motore alimentato con idrogeno ad iniezione diretta, mostra che nell’ultimo caso, a parità di carico, la combustione risulta più veloce.

La combustione può essere controllata attraverso la dosatura; impoverendo la miscela, infatti, si

riduce la velocità di combustione e quindi il calore viene prodotto attraverso un processo più

lento; aumentando il carico, però, diviene necessario impiegare un eccesso d’aria elevato per

mantenere inalterata l’efficacia di tale tecnica. L’evoluzione successiva di tale sistema di controllo

consiste nella sovralimentazione unita all’iniezione diretta consentendo così un miglioramento

della pressione media indicata ed una riduzione della probabilità del verificarsi di combustioni

anomale. Un’altra strategia di controllo differente consiste nel variare la fasatura dell’iniezione

permettendo quindi un migliore o peggiore miscelamento dell’aria con idrogeno; ne segue che

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anticipando l’iniezione, si può ottenere una miscela magra ma omogenea che limita la velocità di combustione, mentre ritardando l’ini

della candela, producendo così

combustione di miscele stechiometriche realizzando delle iniezioni di idrogeno nel cilindro in due istanti diversi: la prima ad inizio compressione mentre l’ultima dopo l’inizio della combustione. In tal modo si riesce ad imporre l’andamento desiderato di pressione e di cessione del calore.

Produzione e formazione degli inquinanti La reazione di combustione dell’idrogeno

H

2

+



(O

Tra i prodotti sembrerebbe che non compaiano sostanze inquinanti; in realtà è necessario osservare che l’azoto ad alte temperature

così i cosiddetti ossidi d’azoto NO

La produzione di queste sostanze è fortemente influenzata dalla temperatura temperature superiori ai 1700 °C

comportando così un aumento di concentrazione degli NO

reazione. I reagenti, però, non riescono a trovarsi in una condizione di equilibrio perché nella combustione ci sono elevati gradienti di temperatura ed inoltre i tempi a disposizione sono molto brevi così, quando la corsa di espansione

meccanismo di Zeldovich e gli NO

ossidi d’azoto dipende dai seguenti parametri:

• dosatura;

• rapporto di compressione;

• numero di giri;

• tempo di accensione.

I primi tre parametri influenzano la temperatura

accensione determina l'andamento di pressione e di temperatura de cilindro: infatti ritardando l'accensione della carica, solo una pic

superiore contribuendo così a ridurre la pressione e la temperatura massima del ciclo incrementando contemporaneamente il consumo di combustibile.

d'azoto dipende anche dall'istante d'iniezione: ai bassi carichi, infatti, è possibile creare ridotte concentrazioni di NO

x

anticipando l'iniezione poiché si forma una carica omogenea che brucia

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anticipando l’iniezione, si può ottenere una miscela magra ma omogenea che limita la velocità di combustione, mentre ritardando l’iniezione si può ottenere una miscela stechiometrica nei pressi ndo così una combustione rapida. Infine è possibile regolare la combustione di miscele stechiometriche realizzando delle iniezioni di idrogeno nel cilindro in due iversi: la prima ad inizio compressione mentre l’ultima dopo l’inizio della combustione. In tal modo si riesce ad imporre l’andamento desiderato di pressione e di cessione del calore.

Produzione e formazione degli inquinanti

La reazione di combustione dell’idrogeno in aria è descritta dalla seguente equazione:

(O

2 + .

.

N

2

) → H

2

O +

.

.

N

2

+ energia

Tra i prodotti sembrerebbe che non compaiano sostanze inquinanti; in realtà è necessario alte temperature diviene particolarmente reattivo con l’

o NO

x

attraverso un meccanismo di reazione proposto da Zeldovich:

La produzione di queste sostanze è fortemente influenzata dalla temperatura

temperature superiori ai 1700 °C si assiste alla dissociazione degli atomi di azoto e di ossigeno un aumento di concentrazione degli NO

x

generati attraverso

I reagenti, però, non riescono a trovarsi in una condizione di equilibrio perché nella combustione ci sono elevati gradienti di temperatura ed inoltre i tempi a disposizione sono molto di espansione comincia, le temperature si abbassano bloccando il meccanismo di Zeldovich e gli NO

x

rimangono come prodotti dei gas combusti.

dai seguenti parametri:

rapporto di compressione;

parametri influenzano la temperatura di combustione del motore

l'andamento di pressione e di temperatura de cilindro: infatti ritardando solo una piccola frazione di gas freschi brucia prima del punto morto superiore contribuendo così a ridurre la pressione e la temperatura massima del ciclo incrementando contemporaneamente il consumo di combustibile. La concentrazione degli ossidi

anche dall'istante d'iniezione: ai bassi carichi, infatti, è possibile creare ridotte anticipando l'iniezione poiché si forma una carica omogenea che brucia anticipando l’iniezione, si può ottenere una miscela magra ma omogenea che limita la velocità di stechiometrica nei pressi è possibile regolare la combustione di miscele stechiometriche realizzando delle iniezioni di idrogeno nel cilindro in due iversi: la prima ad inizio compressione mentre l’ultima dopo l’inizio della combustione. In tal modo si riesce ad imporre l’andamento desiderato di pressione e di cessione del calore.

è descritta dalla seguente equazione:

Tra i prodotti sembrerebbe che non compaiano sostanze inquinanti; in realtà è necessario diviene particolarmente reattivo con l’ossigeno creando attraverso un meccanismo di reazione proposto da Zeldovich:

La produzione di queste sostanze è fortemente influenzata dalla temperatura di fiamma: infatti a gli atomi di azoto e di ossigeno erati attraverso il meccanismo di I reagenti, però, non riescono a trovarsi in una condizione di equilibrio perché nella combustione ci sono elevati gradienti di temperatura ed inoltre i tempi a disposizione sono molto le temperature si abbassano bloccando il rimangono come prodotti dei gas combusti. La produzione degli

del motore, mentre il tempo di

l'andamento di pressione e di temperatura de cilindro: infatti ritardando

cola frazione di gas freschi brucia prima del punto morto

superiore contribuendo così a ridurre la pressione e la temperatura massima del ciclo, ma

La concentrazione degli ossidi

anche dall'istante d'iniezione: ai bassi carichi, infatti, è possibile creare ridotte

anticipando l'iniezione poiché si forma una carica omogenea che brucia

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22

evitando la formazione di NO

x

, mentre ritardando l'iniezione, si produce una miscela stratificata con composizione variabile in cui zone povere si alternano a zone ricche creando quindi una miscela complessivamente magra che origina però NO

x

nelle zone ricche. Il comportamento risulta invertito operando a carichi superiori. Generalmente si può affermare che la produzione di ossidi d'azoto aumenta con legge esponenziale con il rapporto di equivalenza: ciò, però, comporta l'uso di miscele troppo magre che ai bassi carichi producono combustioni anomale. Per abbattere gli ossidi d'azoto si può ricorrere al ricircolo dei gas combusti noto come sistema E.G.R. , che aspirando i gas combusti dal collettore di scarico ne permette il loro inserimento nel cilindro.

Attraverso questo espediente, i gas di scarico, caratterizzati da una capacità termica superiore rispetto alla carica fresca, consentono di assorbire una parte di calore sviluppato nella combustione impedendo così di raggiungere quelle temperature che attivano il meccanismo di Zeldovich; un'altra conseguenza è rappresentata dalla riduzione della velocità di combustione che permette così un rilascio di calore più graduale. Il principale svantaggio del ricircolo dei gas è dovuto alla necessità di operare con carici medio alti in quanto è necessario operare con combustioni stabili che possano sopportare una successiva diluizione con gas combusti. Dal grafico seguente si nota come l'emissioni di ossidi d'azoto risultino massime per miscele aria-idrogeno vicino allo stechiometrico, poiché si raggiungono temperature elevate.

Nella figura seguente, invece, si riporta l'andamento delle emissioni per un motore benzina:

(14)

23

L'uso dell'idrogeno in motori a combustione interna produce come gas combusti una miscela costituita solo da vapore d'acqua e ossidi d'azoto; in realtà è necessario ricordare che all'interno del motore avviene la combustione di una minima parte di olio lubrificante che rimane intrappolata nei vari interstizi del cilindro, generando così ridotte emissioni di sostanze quali CO, CO

2

, HC.

Conversione di un motore tradizionale per l'uso con idrogeno

Per trasformare un motore a combustione interna, originariamente alimentato a benzina, in un motore alimentato ad idrogeno è necessario apportare delle modifiche perché l'idrogeno ha caratteristiche chimico-fisiche differenti dagli altri combustibili. Particolare attenzione deve essere rivolta quindi ai sistemi di accensione che dovranno essere equipaggiati con candele di grado termico freddo, tali da non raggiungere temperature superiori alla temperatura di autoaccensione dell'idrogeno nella fase di compressione: un ulteriore accorgimento deriva dall'evitare l'uso di elettrodi di platino che, funzionando da catalizzatore, facilita l'ossidazione dell'idrogeno. Inoltre diviene necessario mettere a terra il sistema elettrico per scaricare l'energia residua nel circuito di accensione e, nei motori pluricilindrici, è importante impiegare una bobina per cilindro al fine di evitare problemi di autoinduzione tra circuiti vicini. In generale è bene adottare in fase di progetto e di esercizio tutti quegli accorgimenti che consentano un raffreddamento delle pareti del cilindro durante lo svolgimento del ciclo termico allontanando così il rischio di combustioni anomale: in particolare è importante iniettare l'idrogeno con un certo ritardo in modo tale da raffreddare le pareti del cilindro attraverso l'aria aspirata, ma è utile garantire anche un miglioramento del raffreddamento delle superfici del motore. Ulteriori precauzioni derivano dal ridurre gli interstizi tra il cilindro ed il pistone, a causa della ridotta distanza di quenching, e dalla scelta dell'olio di lubrificazione che dovrà avere tre proprietà fondamentali per il funzionamento del motore quali:

• essere compatibile con l'elevata concentrazione d'acqua presente nei gas di scarico;

• risultare privo di ceneri che, trasformandosi in punti caldi, potrebbero comportare accensioni premature della carica aria-idrogeno;

• mantenere una temperatura di lavoro non eccessiva.

Nei motori alimentati ad idrogeno è importante ventilare il carter con un'opportuna

sovrappressione perché l'idrogeno potrebbe fluire in tale zona attraverso gli interstizi originando

dunque combustioni inaspettate che, creando delle sovrappressioni, potrebbero condurre a

problemi meccanici: la ventilazione del carter permette inoltre di eliminare il vapore acqueo

prodotto dalla combustione che depositandosi sulle superfici condenserebbe originando problemi

di corrosione. Infine risulta necessario adottare iniettori tali da garantire elevate portate

volumetriche a causa della bassa densità dell'idrogeno per iniettare la corretta quantità di

combustibile ed ottenere la dosatura richiesta.

(15)

24 Conclusioni

L'idrogeno è un vettore energetico che può essere impiegato in motori a combustioni interna e in

celle a combustibile. I motori a combustione interna permettono ancora ampi margini di sviluppo

ma allo stesso tempo si avvalgono di una tecnologia consolidata: consentono inoltre l'uso parziale

o totale del combustibile tradizionale. Le celle a combustibile, invece, sono caratterizzate da costi

elevati e dall'uso di idrogeno di elevata purezza oltre al fatto di avere un rendimento del sistema in

cui operano minore di quello di un corrispondente motore a combustione interna. Un'altra

differenza rilevante risiede nel fatto che le celle a combustibile compiono due trasformazioni

energetiche mentre il motore a combustione interna effettua solo una trasformazione. Le

caratteristiche dell'idrogeno permettono insomma di gestire un motore a combustione interna

migliorandone il rendimento anche se bisogna prestare attenzione alla facilità di accensione

dell'idrogeno che, se non controllata, può rendere inutilizzabile il motore. Un altro aspetto

invitante dell'idrogeno in motori a combustione interna è rappresentato dalle ridotte emissioni

inquinanti che possono essere ulteriormente abbassate attraverso sistemi di controllo delle

temperature in camera di combustione. Ad oggi, le limitazioni, che l'uso dell'idrogeno comporta,

sono connesse con i sistemi di produzione e di stoccaggio; infatti l'idrogeno può essere

immagazzinato allo stato gassoso in bombole ad alta pressione, ma può essere anche stoccato allo

stato liquido in contenitori criogenici. In entrambe le soluzioni sorgono problemi di sicurezza

ingombro e di peso.

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