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Estensimetri ottici HBM ITALIA – Installazione del sistema di

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Capitolo 3

Estensimetri ottici HBM ITALIA – Installazione del sistema di

misurazione

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3.1 – Introduzione

Gli estensimetri ottici utilizzati nel presente lavoro di tesi sono stati forniti da HBM ITALIA, il loro codice prodotto è K-OL (Fig. 3.1).

Figura 3.1 – Esemplare di Estensimetro Ottico prodotto da HBM ITALIA.

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HBM ITALIA realizza estensimetri ottici annegando le fibre di vetro con gli FBG nel composito. Prima del brevetto appena esposto, le fibre di Bragg venivano completamente annegate nel collante e pretensionate per avere la possibilità di misurare anche le deformazioni negative (contrazioni). Ciò, ovviamente, limitava la deformazione negativa al valore di pretensionamento. Inoltre, poiché gli FBG si trovano all’interno della fibra stessa, il pretensionamento e l’installazione potevano causare danni indesiderati in fase di montaggio.

3.2 – Procedura di Installazione degli EO

Gli Estensimetri Ottici (da ora EO) forniti, di cui si allega il Datasheet in Appendice 1, vengono installati con i medesimi metodi e materiali utilizzati per gli Strain Gauges.

Di seguito si descrive dettagliatamente la procedura di installazione con collante rapido Z70.

Le fasi di montaggio possono essere suddivise nei passaggi elencati a seguire:

1. Scelta della superficie da monitorare,

2. Preparazione della superficie di installazione, 3. Tracciatura,

4. Posizionamento dell’estensimetro ottico, 5. Incollaggio dell’estensimetro ottico,

6. Protezione dell’installazione e delle fibre e 7. Installazione moduli di acquisizione dati.

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3.2.1 - Scelta della superficie da monitorare

Per poter verificare la possibilità di impiego degli EO, essendo, come già sottolineato, la prima volta che AgustaWestland raccoglie dati in volo su un componente reale con questo tipo di sensori, si è scelto di concentrarsi sulla verifica di coerenza dei dati raccolti con un volo tipo (volo su campo a Cascina Costa, hovering, volo livellato e qualche virata di max 40°) legato alla sperimentazione delle pale R/P con baricentro arretrato.

Per farlo, si è scelto di installare i sensori su struttura semplice secondaria poco sollecitata.

La struttura scelta include i frame che dividono la struttura centrale della cellula da quella posteriore (STA 4960.00 (P/N 109-0342-86) e STA 5210.00 (P/N 109- 0342-87)) e un pannello del vano bagagliaio del prototipo AW109SP S/N 22201 di cui si riportano i disegni di strumentazione nelle Figg. 3.2, 3.3 e 3.4.

Figura 3.2 – Disegno di strumentazione STA 4960.00 (P/N 109-0342-86).

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Figura 3.3 – Disegno di strumentazione STA 5210.00 (P/N 109-0342-87).

Figura 3.4 – Disegno di strumentazione pannello vano bagagliaio.

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Come già precedentemente sottolineato, il prototipo utilizzato è il medesimo utilizzato da AW per la certificazione dell’AW109SP e risulta, quindi, già completamente strumentato allo scopo.

E’ per questo che, al fine di giustificare l’attività sul prototipo, si è stilato il Form 59 necessario per informare l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (ENAC) della sperimentazione che si andrà ad effettuare.

Il Form 59 è volto alla gestione delle condizioni di volo e dei dati necessari a rilasciare un Permesso di Volo (“Permit to Fly”) a scopo sperimentale. Qualora, infatti, si voglia provare un qualsiasi tipo di nuovo apparato su un elicottero devono essere ben specificate le variazioni che si vanno ad apportare alle condizioni di volo al fine di rendere sicuri i voli sperimentali per eseguire i test desiderati. Nel Form 59, in pratica, si descrive lo scopo, l’installazione e il funzionamento dei nuovi apparati installati al fine di assicurare la sicurezza del volo e l’aeronavigabilità dell’elicottero. Nel nostro caso, le già ben note caratteristiche degli FBG (basso peso, nessuna interferenza con apparati avionici, ecc.) ne hanno reso possibile l’installazione senza nessun tipo di impatto sulla sicurezza del volo.

Per avere un’idea degli spazi e dell’ingombro della strumentazione già esistente sull’AW109SP, si riportano delle fotografie scattate al vano bagagliaio (Figg. 3.5, 3.6, 3.7 e 3.8) subito prima l’inizio del lavoro di installazione degli EO.

Figura 3.5 – Frame P/N 109-0342-86.

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L’installazione degli EO è stata interamente curata da HBM ITALIA che ne ha testato la funzionalità fino al momento dell’acquisizione dei dati in volo, mentre il post-processing dei dati acquisiti è stato analizzato interamente da AgustaWestland.

Figura 3.6 – Vano bagagliaio.

Figura 3.7 – Attacchi utili per il fissaggio della strumentazione.

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Figura 3.8 – Spazio disponibile per il lavoro e per il posizionamento della strumentazione di acquisizione.

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3.2.2 - Preparazione superficie di installazione

Tutte le superfici del prototipo sono coperte da primer (MIL-P-23377), quindi, come prima fase, si individuano e si delimitano le zone di installazione tramite del nastro di carta commerciale (Fig.3.9).

Figura 3.9 – Delimitazione delle zone di installazione degli EO.

Si procede, dunque, all’eliminazione dello strato protettivo nei punti in cui dovranno essere installati gli EO (Fig. 3.10). Allo scopo, si utilizza carta abrasiva commerciale grana 180.

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Figura 3.10 – Particolare della zona abrasa.

Il passo successivo prevede la completa pulizia della zona di installazione degli EO tramite solvente RMS01 Spray, al fine di eliminare ogni traccia di agenti esterni quali olio, grasso o residui di lavorazione.

Si passa, ora, alla fase successiva: la tracciatura.

3.2.3 - Tracciatura

Per tracciare i punti di installazione dei sensori sulle zone di interesse si utilizza una comune penna a sfera. La lunghezza della linea nella direzione di misura

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dovrebbe essere di circa 90

mm

e, nella direzione ad essa perpendicolare, di circa 70

mm

(Fig.3.11).

Figura 3.11 – Tracciatura dei punti d’installazione.

I risultati che si ottengono nei vari frame sono mostrati nella Fig. 3.12.

Figura 3.12 – Risultati di tracciatura sul frame P/N 109-0342-86.

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(12)

Dopo la tracciatura, è necessario effettuare una pulizia a fondo della zona di applicazione con lo Spray RMS01 già utilizzato a seguito della lavorazione della superficie. Si elimina, quindi, anche l’inchiostro lasciando solo il solco tracciato dalla punta della penna.

3.2.4 - Posizionamento degli EO

Gli estensimetri ottici della HBM ITALIA, vengono forniti in un involucro che li protegge da possibili urti e danneggiamenti dovuti al trasporto (Fig. 3.13).

Figura 3.13 – Confezione per la fornitura degli EO di HBM ITALIA.

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Prima dell’installazione, si rimuove la pellicola protettiva in Teflon dal lato che deve essere incollato e si posiziona l’EO completo del supporto in Teflon di ausilio all’installazione sui punti tracciati come da Par. 3.2.3.

Gli indicatori in blu sull’EO aiutano il posizionamento sul punto di misurazione tracciato precedentemente.

Dopo il posizionamento, si fissa il pad in Teflon con un nastro adesivo di circa 10

cm

di lunghezza come in Fig. 3.14 e ci si prepara all’incollaggio.

Figura 3.14 – Posizionamento EO e fissaggio del supporto in Teflon.

3.2.5 – Incollaggio degli EO

La fase di incollaggio si effettua con il collante Z70. Quest’ultimo è un adesivo monocomponente a base di cianoacrilato.

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L'indurimento avviene a freddo e solo per strati molto sottili di collante. Quale catalizzatore viene usata l'umidità assorbita dell'aria circostante che, allo scopo, deve essere compresa fra il 40% ed il 70%. Altro fattore da cui dipende l'indurimento dello Z70 è lo stato chimico (acidità) della superficie d’incollaggio.

In condizioni sfavorevoli, lo Z70 potrebbe non indurire completamente o, addirittura, non indurire del tutto. Utilizzando il pad in Teflon come cerniera sulla quale far ruotare l’EO verso il basso e facilitare, quindi, l’esposizione della zona preparata per l’incollaggio, si posizionano 3 gocce di collante Z70 come da Fig. 3.15.

Figura 3.15 – Incollaggio dell’EO con collante Z70.

Successivamente, si riposiziona velocemente l’estensimetro sulla superficie appena preparata con lo Z70 facendolo sempre ruotare sul pad in Teflon per mantenere il posizionamento effettuato in precedenza.

Si interpone una pellicola protettiva e si applica una pressione costante tramite l’apposito cuscinetto, fornito con gli estensimetri, per circa un minuto (Fig.

3.16).

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(15)

Figura 3.16 – Applicazione della pressione d’incollaggio sull’EO.

A questo punto, si pulisce qualsiasi fuoriuscita di Z70 e si adagiano sulla superficie le fibre che fuoriescono dall’estensimetro piegandole con curve gentili e fissandole inizialmente con nastro adesivo poi con collante X60 (Fig.3.17).

L'X60 è un adesivo rapido, bicomponente, costituito da un componente liquido e da uno in polvere.

L'X60 è particolarmente idoneo per l'applicazione di estensimetri ottici a basse temperature e per materiali porosi quali la ghisa grigia, il cemento, il legno e la ceramica.

Oltre a collante per estensimetri, l'X60 è un adesivo eccezionale per l'ancoraggio dei cavi di misura.

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Figura 3.17 – Fissaggio delle fibre di vetro con collante X60.

Sia lo Z70 che l’X60 hanno tempi di indurimento totale di circa 10 minuti, trascorsi i quali, si possono cominciare a rimuovere gli adesivi e il pad in Teflon di supporto all’installazione.

Nelle Figg. 3.18, 3.19, 3.20, 3.21 e 3.22 a seguire, si mostrano i risultati dell’incollaggio di ciascun gruppo di EO.

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Figura 3.18 – Risultati d’incollaggio OS1 su STA 4960.00.

Figura 3.19 - Risultati d’incollaggio OS2 e OS3 su STA 4960.00.

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Figura 3.20 – Risultati d’incollaggio OS4 e OS5 su STA 4960.00.

Figura 3.21 – Visione d’insieme OS2, OS3, OS4 e OS5 su STA 4960.00 con cavi fissati tramite X60.

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Figura 3.22 – Risultati d’incollaggio OS11 su pannello vano bagagliaio.

A questo punto si passa al fissaggio del sensore compensatore di temperatura K-OTC.

A tale scopo, si utilizza un pezzo di nastro biadesivo poco più largo del punto di installazione del sensore stesso.

Ad installazione avvenuta, il sensore di temperatura si presenta come nella Fig.

3.23 a seguire.

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Figura 3.23 – Risultato d’installazione sensore compensatore K-OTC.

Per evitare che il sensore compensatore di temperatura risenta anche degli stress della struttura, deve essere incollato in un unico punto, possibilmente centrale, e lasciato libero alle estremità.

Tutti gli EO forniti da HBM ITALIA sono protetti da una superficie siliconica ricoperta, poi, dagli adesivi che riportano gli indicatori d’installazione e la lunghezza d’onda dell’FBG inscritto.

Rimuovendo l’adesivo superiore si può osservare il rivestimento siliconico e, in trasparenza l’FBG (Fig. 3.24).

Figura 3.24 – EO privo della pellicola identificativa.

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3.2.6 - Protezione dell’installazione e delle fibre

A questo punto si rende necessaria la protezione finale delle fibre e degli EO.

Per gli EO, la protezione avviene tramite il silicone SG250 che si presenta come una gomma al silicone trasparente, monocomponente, che indurisce a temperatura ambiente assorbendo l'umidità atmosferica.

Durante questo processo non sviluppa sostanze corrosive, caratteristica molto importante per l’applicazione in campo aeronautico. Indurito, il materiale risulta impermeabile e diventa un eccellente isolante elettrico (resistenza specifica 5 ∙ 1014 𝛺𝛺 ⋅ 𝑐𝑐𝑐𝑐).

Per tale ragione, l'SG250 è particolarmente adatto per il rivestimento protettivo di EO e di altri circuiti sensibili. Il range operativo di temperatura è -70 ÷ +250

°C

, con umidità relativa fino al 90% e quindi ben applicabile al mondo aeronautico.

Nel normale range di temperatura ambientale risulta essere un buon protettivo anche contro l'azione diretta dell'acqua. Per l'applicazione del rivestimento protettivo si lasciano dai 5

mm

ai 10

mm

di superficie libera attorno al punto di misura. La superficie viene sgrassata e perfettamente pulita. Anche il mantello del cavo di collegamento deve essere completamente sgrassato. Se il mantello è di Teflon, lo si deve detergere con dell’acido per favorire l'adesione dell'SG250.

Per la sgrassatura vengono usati solventi chimicamente puri quali RMS1-SPRAY (già utilizzato in fase di preparazione della superficie), acetone o metiletilchetone (MEK).

La gomma siliconica viene applicata sull'estensimetro e la zona circostante fino ad almeno 5

mm

oltre tutti i bordi dell'installazione. Viene ricoperto anche il mantello della fibra per 10-20

mm

. La fibra deve essere annegata completamente nell'isolante (anche nella zona inferiore). L'indurimento della gomma a temperatura ambiente è provocato dall'assorbimento dell'umidità

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(22)

atmosferica circostante. Il tempo di essiccazione necessario dipende dallo spessore dello strato, dall'umidità relativa e dal ricambio d'aria. Dopo circa 2 ore si forma una pellicola non adesiva sulla superficie della gomma. Uno strato di 0,5

mm

impiega per la completa essiccazione circa 24 ore, uno di 3

mm

ne impiega 72. Dopo tale periodo, il punto di misura si può ritenere operativo. Si passa quindi alla protezione dei cablaggi con del nastro adesivo di alluminio.

L’installazione finita è illustrata nelle Figg. 3.25, 3.26, 3.27, 3.28 e 3.29 a seguire.

Figura 3.25 – Installazione finita gruppo di OS6, OS7, OS8, OS9 e OS10 su STA 5210.00.

Figura 3.26 - Installazione finita gruppo di OS1, OS2 e OS3 su STA 4960.00

58

(23)

Figura 3.27 – Installazione finita gruppo di OS4 e OS5 su STA 4960.00

Figura 3.28 – Installazione finita gruppo di OS2, OS3 e OTC su STA 4960.00

59

(24)

Figura 3.29 – Fissaggio dei cavi in eccesso.

Nella Fig. 3.30 è indicata la posizione del vano bagagliaio in cui sono dislocati i sensori e relativa strumentazione di controllo.

Figura 3.30 – Ubicazione dell’area di installazione.

60

(25)

3.2.7 – Installazione moduli acquisizione dati

L’interrogatore scelto per il presente lavoro è il DI410.

IL DI410 è strumento a 4 canali con un massimo di 1000 misurazioni al secondo le cui dimensioni sono riportate in Fig.3.31.

Figura 3.31 – Schema dimensioni DI410.

In Fig. 3.32 si mostra l’interrogatore impiegato sull’aeromobile.

61

(26)

Figura 3.32 – Interrogatore DI410 HBM ITALIA.

I segnali riflessi dagli EO vengono acquisiti dall’interrogatore ed elaborati dal software di misura ed analisi Catman®Easy/AP. Poiché per ogni singola fibra ottica è possibile trasmettere più informazioni che non s’influenzano fra di loro, ovvero lunga una sola fibra passano i segnali (variazioni di lunghezza d'onda) di molti EO, ogni singolo canale dell’interrogatore può operare su punti di misura multipli.

La tensione continua di esercizio dell'interrogatore è fornita da un alimentatore esterno (ingresso: 100 - 240

V~

; uscita: 12

V

= ± 5

%

, 5

A

).

Tralasciando la fase di collegamento e setup iniziale dell’interrogatore, si passa direttamente alla prima visualizzazione dello spettro delle lunghezze d'onda in modo da rilevare tutti i sensori, verificarne il funzionamento e creare i relativi canali in Catman®Easy/AP.

Si passa, quindi, alla creazione dei calcoli necessari ad ottenere le deformazioni dell'oggetto partendo dalle lunghezze d'onda misurate. Dopo aver effettuato

62

(27)

anche la compensazione termica, si lancia un bilanciamento a zero di tutti i canali calcolati.

Per gli estensimetri ottici della HBM ITALIA, i valori di guadagno (“Gain”) utilizzati sono compresi tra i 10

dB

e i 15

dB

, mentre la soglia di rumore (“Noise Threshold”) si attesta tra il 3% e il 5%.

Il principio di misura dell'interrogatore è costituito da un laser che emette una luce dall'inizio alla fine della fibra di lunghezza d'onda misurabile, ad esempio da 1510

nm

a 1590

nm

. In vari punti di questo campo, la luce radiante viene riflessa dagli EO. Sono proprio le lunghezze d'onda della luce riflessa che vengono misurate. Quando la deformazione dell'estensimetro ottico causa la variazione della lunghezza d'onda, detta variazione risulta proporzionale alla deformazione. Quindi, per ottenere i valori di deformazione, le lunghezze d'onda devono essere opportunamente convertite. Il fattore

k

(“Gain”), specificato dal costruttore per le catene di sensori, agisce come fattore di proporzionalità.

Il calcolo della deformazione viene effettuato attraverso la seguente formula:

𝜆𝜆 = 𝜆𝜆

0

(1 + 𝜀𝜀𝜀𝜀)

(3.1)

da cui:

𝜀𝜀 =

𝑘𝑘1

𝜆𝜆−𝜆𝜆𝜆𝜆 0

0

(3.2)

𝜆𝜆0

=

lunghezza d'onda in condizione indeformata, 𝜆𝜆

=

lunghezza d'onda in condizione deformata.

Si procede, ora, con la definizione del calcolo della deformazione con compensazione di temperatura misurata da un FBG soggetto solamente alle variazioni di temperatura, secondo la formula:

63

(28)

𝜀𝜀 =

1𝑘𝑘

��

𝜆𝜆−𝜆𝜆𝜆𝜆 0

0

� − �

𝜆𝜆𝐶𝐶𝜆𝜆−𝜆𝜆0𝐶𝐶

0𝐶𝐶

��

(3.3)

𝜆𝜆𝐶𝐶

=

lunghezza d'onda del sensore di compensazione alla temperatura di misura,

𝜆𝜆0𝐶𝐶

=

lunghezza d'onda del sensore di compensazione alla temperatura iniziale.

Finita l’installazione dell’interrogatore, si effettua la prova di lettura di tutti i sensori da cui si rileva in ascissa la lunghezza d’onda in condizione indeformata e in ordinata l’intensità del segnale di ritorno (Figg. 3.33, 3.34, 3.35, 3.36 e 3.37). E’ in base a queste prove di lettura ed alle intensità dei segnali che si effettua la calibrazione dell’interrogatore.

Figura 3.33 – Prova lettura canali ER ottici.

64

(29)

Figura 3.34 – Prova lettura CH1 (5 ER ottici).

Figura 3.35 – Prova lettura CH2 (5 ER ottici).

65

(30)

Figura 3.36 – Prova lettura CH3 (1 ER ottico).

Figura 3.37 – Prova lettura CH4 (1 compensatore di temperatura).

Effettuata l’installazione dell’interrogatore e la prova canali, poiché i dati, in questa fase di sperimentazione non verranno letti in tempo reale ma processati a fine missione prova, si rende necessaria l’installazione di un Data Recorder che permetta la memorizzazione dei dati per la loro successiva elaborazione.

66

(31)

A tale scopo è stato scelto il Data Recorder fornito da HBM ITALIA modello CX22W (Fig. 3.38).

Figura 3.38 – Data Recorder CX22W HBM ITALIA.

Il CX22W è utilizzabile per l'acquisizione dati sia da supporti fissi che in movimento.

Una tipica applicazione mobile è l'acquisizione dei dati da sensori installati nelle auto, nei veicoli commerciali, treni, aerei o navi dove non è possibile installare PC o Laptop.

Il Data Recorder CX22W offre la potenza di calcolo ideale per l'acquisizione selettiva, l'elaborazione ed il salvataggio dei dati di misura. I dati vengono acquisiti in modo autonomo e vengono salvati localmente in una memory card oppure possono essere anche richiamati via Ethernet o LAN senza fili (wireless).

Sia l’interrogatore che il Data Recorder vengono installati su una piastra e, quindi, vincolati all’interno del vano bagagliaio.

Nelle Figg. 3.39, 3.40 e 3.41 a seguire, si mostra l’installazione finalmente completa.

In questo capitolo si è cercato di illustrare tutti i passaggi dell’installazione allegando opportuni datasheet, schede di sicurezza e certificati di conformità proprio per mostrare come, se l’acquisizione dei dati dovesse dare esito positivo,

67

(32)

possa essere pensabile poter migliorare questo primo approccio di sperimentazione. Si potrebbe dunque, in un futuro, integrare una “rete neuronica” di FBG all’interno della strumentazione “di serie” degli a/m per ottimizzare, come già sottolineato in precedenza, intervalli di ispezione, fermi macchina ed interventi straordinari in concomitanza di eventi occasionali discreti.

Figura 3.39 – Data Recorder e Interrogatore installati su piastra di supporto.

68

(33)

Figura 3.40 – Installazione in progress nel vano bagagliaio.

Figura 3.41 – Installazione completata nel vano bagagliaio.

69

(34)

Purtroppo, essendo l’A/M AW109SP s/n 22201 in questione un prototipo e, quindi, impegnato anche in altre attività di sperimentazione, tra la fase di fine installazione e il primo volo prova sono trascorsi 2 mesi.

Al momento del volo prova per l’acquisizione dei dati, ci si è accorti del mancato funzionamento di 2 sensori tra cui proprio il compensatore di temperatura.

Si è, quindi, tentato di sopperire alla mancanza, andando a leggere le deformazioni dovute alla temperatura dal classico RTD (“Resistance Temperature Detector”) già presente nel disegno di strumentazione del prototipo volto alla certificazione, di cui si riportano le caratteristiche principali nel paragrafo 3.3 a seguire.

70

(35)

3.3 – Sensori di temperatura Resistivi

Per supplire al mancato funzionamento del sensore ottico compensatore di temperatura (K-OTC), si è reso necessario l’utilizzo di un sensore di temperatura resistivo già installato sul prototipo stesso.

Per questo, il presente capitolo è volto all’esplicazione sommaria del principio di funzionamento dei sensori di temperatura resistivi.

3.3.1 – Principio di Funzionamento

I sensori di temperatura resistivi a filamento metallico, spesso indicati con la sigla RTD (“Resistance Temperature Detector”) e chiamati anche termoresistori, basano il loro funzionamento sulla dipendenza della propria resistività dalla temperatura.

In un materiale conduttore, un aumento della temperatura provoca un aumento dell’agitazione termica degli atomi, che, a sua volta, ostacola il movimento degli elettroni di conduzione.

La temperatura influenza anche le dimensioni geometriche del materiale in esame, provocando, quindi, un’ulteriore variazione di resistenza, che può essere non trascurabile come già indicato dalla (2.1) del § 2.1.

Per un componente RTD il legame fra resistenza e temperatura si può approssimare, in un dato intervallo di temperatura, mediante uno sviluppo polinomiale del tipo:

𝑅𝑅

𝑇𝑇

= 𝑅𝑅

0

[1 + 𝛼𝛼𝛼𝛼𝛼𝛼 + 𝛽𝛽𝛼𝛼𝛼𝛼

2

+ 𝛾𝛾𝛼𝛼𝛼𝛼

3

+ ⋯ ]

(3.4) 71

(36)

dove:

𝑅𝑅0 è la resistenza dell’ RTD alla temperatura

𝛼𝛼

0, che spesso si suppone pari a 0

°C

,

𝛼𝛼𝛼𝛼 = 𝛼𝛼 − 𝛼𝛼

0 è lo scostamento della temperatura rispetto al riferimento

𝛼𝛼

0 e 𝛼𝛼

, 𝛽𝛽, 𝛾𝛾, …

assumono valori che dipendono dal materiale con cui il termoresistore viene realizzato.

La precedente equazione può essere troncata ad un certo grado polinomiale ed è tanto più valida quanto minore è lo scostamento della temperatura

𝛼𝛼

dalla temperatura di riferimento

𝛼𝛼

0. Ovviamente, i termini di grado più elevato hanno maggior peso all’aumentare dello scostamento

𝛼𝛼𝛼𝛼

.

Affinché l’influenza della temperatura sia sufficientemente marcata in modo da poter utilizzare questi dispositivi come sensori di temperatura, vengono utilizzate per la loro realizzazione particolari leghe, o miscele, che conferiscono le prestazioni che interessano, sia come sensibilità alla temperatura, sia come intervallo di temperatura nel quale possono essere impiegati.

Nelle applicazioni pratiche in cui non viene richiesta un’accuratezza molto spinta e il campo di temperatura è abbastanza limitato, si può arrestare lo sviluppo al primo termine e considerare il comportamento dell’RTD lineare con la temperatura. In questo caso si ha:

𝑅𝑅

𝑇𝑇

= 𝑅𝑅

0

[1 + 𝛼𝛼𝛼𝛼𝛼𝛼]

(3.5)

Nei limiti entro i quali tale approssimazione è accettabile, il coefficiente di temperatura è quindi circa pari ad

𝛼𝛼

. Il valore di

𝛼𝛼

, espresso in

K

-1, dipende dal materiale. Il nichel offre la maggior sensibilità alla temperatura, ma il campo di validità del suo comportamento lineare è molto ristretto, mentre il materiale più usato è il platino che offre linearità in un intervallo di temperatura molto più vasto.

72

(37)

3.3.2 – Struttura dei Pt100

La resistenza sensibile alle variazioni, viene applicata su un supporto adatto, sotto forma di un avvolgimento di misura. Questo avvolgimento di misura può essere fuso nel vetro o incorporato in una massa ceramica. Per soddisfare i moderni requisiti volti ad ottenere misure sempre più precise e, quindi, valori di resistenza sempre più alti, vengono applicati sottilissimi strati di platino, anziché dei fili veri e propri, su di un substrato di ceramica (Fig. 3.42).

Figura 3.42 – Realizzazione dei RTD in platino su substrato in ceramica.

Per proteggere questi termoresistori dalle sollecitazioni meccaniche e dall’azione degli agenti chimici, vengono installati abitualmente in apposite protezioni tubolari. In questo modo viene garantita anche la possibilità di sostituzione del sensore senza la necessità d’interrompere il processo. Poiché i termoresistori appartengono alla categoria dei sensori di contatto (cioè il resistore di precisione deve assumere la temperatura del mezzo del quale occorre effettuare la misura e per questo deve essere perfettamente in contatto con il provino), è necessario adattare le armature di protezione agli scopi di utilizzo e alle condizioni di installazione.

73

(38)

3.3.3 - Pt100

La resistenza dei termoresistori in platino, alla temperatura di riferimento, può variare da 25

Ω

a 200

Ω

in dipendenza dalle modalità costruttive che vengono adottate. Molto utilizzati sono i sensori RTD al platino aventi resistenza nominale alla temperatura di riferimento pari a 100

Ω

, convenzionalmente indicati con la sigla Pt100. Nel caso di termoresistori in platino la relazione tra resistenza e temperatura viene descritta dall’equazione di Callendar-Van Dusen:

𝑅𝑅

𝑇𝑇

= 𝑅𝑅

0

[1 + 𝐴𝐴𝐴𝐴 + 𝐵𝐵𝐴𝐴

2

+ 𝐶𝐶(𝐴𝐴 − 100)𝐴𝐴

3

+ ⋯ ]

(3.6)

dove:

𝑅𝑅𝑇𝑇= resistenza alla temperatura 𝐴𝐴 (

°C

);

𝑅𝑅0= resistenza a 0

°C

; t= temperatura in

°C

;

𝐴𝐴, 𝐵𝐵, 𝐶𝐶

sono coefficienti ricavati sperimentalmente dalle misure di

𝑅𝑅

0,

𝑅𝑅

100,

𝑅𝑅

260. L’equazione di Callendar-Van Dusen vale per l’intervallo di temperatura compreso tra -200

°C

e 0

°C

, mentre per il range di temperature che va da 0

°C

a 661

°C

la relazione tra resistenza e temperatura del platino non dipende dalla potenza terza e si riduce alla sola equazione di Callendar :

𝑅𝑅

𝑇𝑇

= 𝑅𝑅

0

[1 + 𝐴𝐴𝐴𝐴 + 𝐵𝐵𝐴𝐴

2

]

(3.7) I valori dei vari coefficienti e le formule per calcolarli sono mostrati in Fig. 3.43:

74

(39)

Figura 3.43 – Coefficienti e formule dell’equazione di Callendar-Van Dusen.

Lo standard internazionale IEC751 definisce due classi per gli RTD al platino da 100

Ω

, le classi A e B con i parametri mostrati in Fig. 3.44.

Figura 3.44 – Classi e parametri per RTD al platino.

75

(40)

Nelle tabelle di Fig.3.45 sono mostrati i valori di resistenza e di tolleranza per le due classi dei Pt100 alle varie temperature.

Figura 3.45 – Valori di resistenza e tolleranza per le due classi di Pt100.

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(41)

Dalla tabella di Fig. 3.45, si può ricavare il grafico in Fig. 3.46.

Figura 3.46 – Valori di resistenza dei Pt100 graficati in base alla temperatura.

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