• Non ci sono risultati.

Capitolo 3

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Capitolo 3"

Copied!
33
0
0

Testo completo

(1)

Capitolo 3

I REQUISITI DELL'IN - HOUSE PROVIDING IL

CONTROLLO ANALOGO E GLI STRUMENTI PER

L'ATTUAZIONE

3.1 L' in - house providing

Abbiamo già analizzato il significato di in house providing, sottolineando come questo termine voglia indicare un “provvedere a se stessi” o una gestione diretta. Questa tipologia di società è quindi utile alle pubbliche amministrazioni in sostituzione delle gare ad evidenza pubblica. In questo modo è possibile gestire direttamente o tramite società, controllate tramite proprie partecipazioni azionarie, i servizi pubblici senza dover passare dal classico iter concernente la gara ad evidenza pubblica. Così facendo non solo si è data la possibilità di rientrare nei limiti imposti alle amministrazioni dal patto di stabilità, rimanendo quindi nei limiti di spesa stabiliti, riuscendo comunque ad erogare in modo soddisfacente per la comunità il servizio pubblico in questione, ma anche , a mio parere, di escludere l'ingresso, in maniera consistente, di soci privati nel settore, che da un lato potrebbero portare vantaggi dal punto di vista di apporto di know how aziendale, ma che dall'altro potrebbero ricercare un profitto dall'erogazione di servizi che porterebbe, con molta probabilità, ad un tentativo di riduzione dei costi, peggiorando il rendimento del servizio, o a quella di un maggior profitto, alzando per esempio il prezzo dello stesso con il rischio di renderlo meno fruibile per la collettività. Per questo motivo personalmente mi trovo d'accordo con le definizioni di Paul Samuelson di bene pubblico. Secondo Samuelson infatti i beni pubblici devo essere :

(2)

– non rivali / non contendibile – non escludibile

Un bene è rivale quando il suo consumo da parte di un soggetto non po' essere condiviso da un altro soggetto(ad esempio se Tizio mangia un frutto, questo stesso frutto non può essere consumato da Caio); viceversa un bene non è rivale quando il suo consumo da parte di un soggetto impedisce ad un altro di godere dello stesso bene.

Un bene invece è definito escludibile se può essere regolamentato il suo consumo, ovvero se è possibile consentirlo ad un soggetto ma impedirlo ad un altro; viceversa un bene è non escludibile se singoli individui non possono essere esclusi dal consumo di suddetto bene. Ciò premesso va sottolineato che nonostante le norme sulla concorrenza e sulle liberalizzazioni, il settore dei servizi pubblici è ancora resti all'apertura agli imprenditori provati. Questo, oltre che per un discorso puramente ideologico come quello da me precedentemente espresso, anche per una serie di ragionevoli motivazioni legate all'esigenza delle pubbliche amministrazioni di non perdere la governance del sistema e di ottimizzare il controllo sul perseguimento dei servizi. A seguito di queste motivazioni la giurisprudenza comunitaria ha elaborato ed introdotto questa figura societaria individuando una serie di requisiti necessariamente cumulabili e restrittivi. Quindi dopo aver individuato come “organismi di diritto pubblico”, aventi personalità giuridica, che perseguono un interesse generale, che non hanno carattere commerciale o industriale, quali soggetti che effettivamente possono usufruire dell'istituto dell'in house si può dire che i requisiti sine qua non di queste società partecipate. Essi sono :

– l'attività prevalente svolta nell'erogazione di servizi pubblici; – la totale partecipazione pubblica all'interno della società;

– l'esistenza del controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, cioè la società deve operare come se fosse una longa manus della pubblica amministrazone;

(3)

3.2 Il requisito dell’attività prevalente.

Passando ad analizzare il secondo criterio individuato dopo la pronuncia della Corte con riguardo alla sentenza Teckal, possiamo affermare che il criterio dell’attività prevalente richiede che l’ente beneficiario “realizzi la parte piu importante della propria attivita” a favore dell’amministrazione aggiudicatrice e che “ogni altra attivita risulti avere solo un

carattere marginale”.

La Corte di Giustizia ha provveduto a chiarire in quali casi sussista tale secondo requisito solo in un secondo tempo, accontentandosi di escludere la sussistenza dell’in house

providing unicamente sulla base dell’assenza del controllo analogo.

In mancanza di più precise indicazioni da parte del Giudice comunitario, gli interpreti hanno ritenuto che l’espressione “parte più importante” dovesse essere interpretata secondo un criterio di carattere quantitativo e individuata sulla base del fatturato prodotto dal soggetto prestatore con l’autorità committente.

La Corte di Giustizia ha potuto chiarire solo dopo la pronuncia Carbotemo che per verificare la sussistenza del criterio dell’attività prevalente, “il giudice competente deve

prendere in considerazione tutte le circostanze del caso di specie, sia qualitative sia quantitative”. Di conseguenza, l’accertamento del fatturato tra autorità committente e

soggetto prestatore, pur continuando a rilevare come elemento indiziario, non avrebbe più assunto un carattere risolutivo per valutare la sussistenza del requisito dell’attività prevalente. Come chiarito “il fatturato determinante e rappresentato da quello che

l’impresa in questione realizza in virtu delle decisioni di affidamento adottate dall’ente locale controllante”, non interessando, ai fini della ricostruzione di una relazione in house, i

flussi economici generati in altro modo tra ente conferente e operatore incaricato.

Con il termine attività prevalente viene quindi indicata prevalente l'attività svolta, in termini di tempo impiegato, servizio offerto e reddito percepito, in modo prevalente rispetto all’eventuale contemporaneo svolgimento di altra attività. Le attività delle società partecipate riguardano beni offerti alla collettività che si possono così classificare.

(4)

3.2.1

I servizi pubblici locali

Abbiamo già accennato alla definizione di bene pubblico come bene fornito alla collettività, ma per meglio comprendere ed analizzare l'argomento è fondamentale dare una definizione e fornire una classificazione dei servizi pubblici locali gestiti dalle società partecipate. I servizi pubblici locali, ex art. 112 TUEL erogati direttamente al pubblico, possono essere a:

– rilevanza economica (es.: trasporto pubblico locale);

– - privi di rilevanza economica (es.: gestione biblioteca comunale).

La suddetta distinzione non appare di facile attuazione, considerando che la commissione europea ne ha dato un imprinting dinamico ed evolutivo ed anche la giurisprudenza ritiene impossibile fissare un elenco dei servizi rientranti nelle due categorie. La distinzione deve essere valutata caso per caso.

Per una corretta distinzione, tra rilevanza economica e non, può essere di aiuto valutare la “redditività”, anche solo potenziale, di un certo servizio, avvalendosi in tale valutazione di alcuni indici tra cui:

• la tipologia del servizio e sue finalità (es.: l'assistenza ai poveri non ha redditività); • il contesto territoriale e sociale in cui viene svolto il servizio;

• l'entità del fatturato;

• la comprimibilità dei costi sul piano imprenditoriale per scelta dell'ente rivolto ad accollarsi quote di costi (es.: asili nido e servizio mensa).

Si può considerare privo di rilevanza economica il servizio che per sua natura o per le modalità in cui viene svolta la gestione non da luogo ad alcuna competizione e quindi appare irrilevante ai fini della concorrenza (Tar Puglia 1318/2006, Tar Sardegna 1729/2005, Tar Liguria 527/2005).

Quindi abbiamo SPL a rilevanza economica se erogati al pubblico con significativi indici di redditività e SPL senza rilevanza economica se erogati al pubblico ma con modesti indici di redditività.

Un fondamentale spartiacque sul panorama normativo in materia di SPL a rilevanza economica è dovuto alla sentenza della Corte Costituzionale n. 199/2012, che ha abrogato l' art. 4 D.L. 138/2011 ripristinando l'applicazione immediata nell'ordinamento nazionale della normativa comunitaria.

(5)

In questo modo il legislatore dispone l'obbligo di conformare gli affidamenti dei servizi da parte degli enti pubblici alle società partecipate rispettando le regole europee.

L'affidamento del servizio deve essere effettuato sulla base di apposita relazione pubblicata sul sito internet dell'ente che definisce i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, della sussistenza dei requisiti richiesti dall'ordinamento europeo e le compensazioni economiche previste se previste (art. 34 comma 20 D.L. 179/2012 ).

La direttiva 97/33 CE del Parlamento europeo e del consiglio del 30/6/1997, definisce servizio universale un insieme minimo definito di servizi di determinata qualità disponibile a tutti gli utenti a prescindere dalla loro ubicazione geografica e, tenuto conto delle

condizioni specifiche nazionali, ad un prezzo abbordabile.

Nel caso di società in house la relazione deve evidenziare analiticamente la sussistenza dei requisiti per la permanenza dell’affidamento - e quindi sia del controllo analogo che della prevalenza dell’attività verso l’ente e gli enti affidatari - nonché l’insussistenza dei vincoli e/o limiti previsti per le società strumentali, per le attività non strettamente necessarie per il perseguimento delle finalità istituzionali dell’ente, ovvero in relazione alla dimensione demografica.

Per le società a partecipazione mista pubblico-privata deve, invece, essere verificata la sussistenza delle condizioni per l’attivazione ed il mantenimento del partenariato. In caso di riconosciuta mancanza delle condizioni per il mantenimento dell’affidamento l’ente dovrà procedere alla sua cessazione o, se possibile, ad una conformazione del rapporto con la società partecipata ai vincoli e condizioni obbligatorie.

In merito alla scadenza dell’affidamento diretto occorre considerare che per effetto dell’art. 4, c. 8, del D.L. n. 95/2012, come modificato dall’art. 34, c. 27, del D.L. n. 179/2012, conv. in legge n. 221/2012, “sono fatti salvi gli affidamenti in essere (alla data del 20 ottobre 2012) fino alla scadenza naturale e comunque fino al 31 dicembre 2014”.

Pertanto:

• gli affidamenti non conformi cessano al 31/12/2013 se non viene pubblicata la relazione;

• gli affidamenti conformi cessano alla scadenza prevista sul contratto; • in assenza di scadenza devono essere integrati con la data di scadenza

(6)

dell’affidamento o cessano al 31/12/2013.

Gli affidamenti diretti a società a partecipazione pubblica quotata in borsa ed a società controllate da quest’ultime (ex. Art. 2359 C.C.) cessano alla scadenza prevista dal contratto di servizio e in assenza al 31/12/2020. L’art. 13, comma 1 del D.L. 30/12/2013 n. 150 ha disposto al fine di garantire la continuità del servizio, laddove l’ente di governo dell’ambito o bacino territoriale ottimale e omogeneo abbia già avviato le procedure di affidamento il servizio è espletato dal gestore o dai gestori già operativi fino al subentro del nuovo gestore e comunque non oltre il 31 dicembre 2014.

Alla luce delle norme attualmente in essere, la gestione dei SPL a rilevanza economica può avvenire in una delle seguenti modalità:

− gara ad evidenza pubblica per la scelta dell'imprenditore o della società privata;

− tramite società mista pubblica e privata maggioritaria o minoritaria senza vincoli relativi alla percentuale di capitale detenuta dal privato stesso e si ritiene che la quota pubblica non debba essere marginale. L'individuazione del socio privato operativo non generalista, deve

essere fatta con gara a doppio oggetto;

− gestione in-house providing, con i requisiti previsti dall'ordinamento europeo, ovvero società

interamente pubblica dove l' ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino un

controllo analogo.

− in economia o appalto tali soluzioni non sono confacenti con la redditività del servizio ma pare non siano escluse dai principi comunitari per i servizi di minore rilevanza.

(7)

3.2.2

I Servizi Strumentali

I servizi strumentali ex art. 13 L. 248/2006, sono servizi erogati all'ente locale di cui i cittadini beneficiano indirettamente (es.: i servizi informatici). L’art. 13 del D.L. 223/2006 (decreto Bersani) si applica a tutte le società la cui attività consiste nella produzione di beni e servizi strumentali all'attività degli enti partecipanti, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali, senza alcuna soglia di fatturato con le pubbliche amministrazioni.

Il requisito della strumentalità sussiste quando le attività sono rivolte agli enti promotori o comunque partecipanti alla società per svolgere funzioni di supporto, secondo l’ordinamento amministrativo in relazione al perseguimento di fini istituzionali.

I servizi strumentali sono attività finalizzate a sostenere la migliore realizzazione, sul piano operativo, degli scopi istituzionali dell’ente.

Le società strumentali erogano beni e servizi essenzialmente alla pubblica amministrazione e non al pubblico (Cons. di Stato sez.V sent. 1282/2010 e 3766/2009). L'Autorità garante della concorrenza e del mercato con delibera del 4/2/2013 ha dato le seguente definizione dei servizi strumentali:

Si definiscono strumentali all'attività della P.A. in funzione della loro attività, tutti quei beni e servizi erogati da società a diretto e immediato supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica di cui resta titolare l'ente pubblico di riferimento e con i quali lo stesso ente provvede al perseguimento dei propri fini istituzionali”.

L’ambito delle attività delle società strumentali è limitato e circoscritto allo svolgimento di attività in favore dell’ente locale che le ha costituite (Corte Costituzionale 1/8/2008 n. 326). La stessa Corte ha precisato che le attività strumentali si caratterizzano, da un lato, per essere svolte e regolate da norme di diritto privato, dall’altro, per il fatto di tradursi in attività economiche potenzialmente contendibili sul mercato, per la cui offerta l’ente quindi può entrare in concorrenza con operatori privati: pertanto la loro creazione e il loro svolgimento può portare distorsioni del funzionamento dei mercati interessati, a causa dei vantaggi competitivi (economici e/o giuridici) di cui tali società partecipate godono. Quindi, da un lato, il Legislatore ha operato con varie norme per isolare queste attività rispetto ad

(8)

altre svolte dagli organismi partecipati, per altro verso, ha subordinato lo svolgimento di tali attività alla sussistenza di presupposti costitutivi e qualitativi.

In tali previsioni restrittive si è ravvisata la finalità di assicurare che le società pubbliche, che svolgono servizi strumentali per le pubbliche amministrazioni, non approfittino del vantaggio che ad esse deriva dal particolare rapporto con le predette pubbliche amministrazioni operando sul mercato, al fine di evitare distorsioni della concorrenza, ma concentrino il proprio operato esclusivamente nell’“attività amministrativa svolta in forma privatistica” per le medesime amministrazioni pubbliche. E ciò in linea con la normativa dell’Unione europea, il cui primario obiettivo è quello di evitare che l’impresa pubblica goda di regimi privilegiati e di assicurare – ai fini dell’ammissibilità degli affidamenti diretti di servizi a società pubbliche – che l’ente affidante eserciti sull’affidatario un controllo analogo a quello che esso esercita sui propri servizi e che l’affidatario realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente controllante.*

*sentenza Corte di giustizia, sez. V, 18 novembre 1999, n. C-107/98, Teckal c. Comune di Viano.

Spetta al singolo ente locale dare l'esatta qualifica dei servizi affidati alle società partecipate, rispettando i criteri suindicati; l'esatta qualifica e classificazione del servizio costituisce il punto di partenza per una corretta revisione delle partecipazioni dell'ente locale. Sono servizi strumentali ad esempio: a)gestione patrimonio immobiliare dell’ente; b)servizi manutentivi sul territorio (strade, parchi pubblici, ecc.);

c) gestione cimiteri (escluse lampade votive); d)servizi informatici; e) servizio mensa ai dipendenti dell'ente; f) riscossione entrate.

I servizi strumentali possono essere gestiti con diverse modalità : • − in economia

• − in appalto

• − tramite società' strumentale (art.13 d.l. 223/2006)

• − unione di comuni La società strumentale deve avere oggetto esclusivo, non può quindi operare per più enti o gestire servizi pubblici locali e gli e’ vietata espressamente la gestione di SPL a rilevanza economica. In ogni caso, sempre in base all' art. 4 comma 8 del D.L. 95/2012, a decorrere dal 1/1/2014 l'affidamento dei

(9)

servizi strumentali può avvenire solo a favore di società interamente pubbliche, nel rispetto dei requisiti normativi comunitari per la gestione in-house .

(10)

3.3

La partecipazione totalitaria

Il requisito della totale partecipazione, che differenzia e identifica le società in house rispetto alle altre società a partecipazione pubblica, trova fondamento nella circostanza che una società, al cui capitale sociale, partecipano anche soci privati, non può essere considerata un'organismo appartenente al sistema organizzativo della pubblica amministrazione.

E' opinione condivisa dalla più autorevole e recente giurisprudenza che solo in presenza di una totale partecipazione da parte dell'Ente Pubblico nella società, quest'ultima assuma la veste ed i requisiti di organismo proprio della pubblica amministrazione divenendone di fatto una longa manu nell'azione di governo.

Sul tema della partecipazione totalitaria, l'orientamento della giurisprudenza comunitaria, si è fatto col tempo meno rigoroso rispetto agli anni passati ed è arrivato a ritenere ostativa, in caso di affidamento in house la presenza di soci privati solo se sussistente sin dalla stipula della convenzione.

Nella giurisprudenza nazionale ha prevalso un orientamento più rigoroso e restrittivo secondo il quale il requisito della totale partecipazione pubblica deve esistere sin dalla costituzione della società e permanere per tutta la sua durata, garantito dall'obbligo di inserire, nello Statuto societario, un'apposita clausola che contempli il divieto di cessione delle quote di partecipazione a privati.

Il rispetto del requisito in esame consente di rafforzare il principio dell'inesistenza di terzietà alcuna tra ente partecipante e società in house confermando che si tratta di due soggetti giuridici formalmente, ma non sostanzialmente, distinti e legati da una stretta relazione strumentale.

(11)

3.4

Il controllo analogo

Così come si evince dalla sentenza Teckal precedentemente esaminata, secondo la definizione data dalla Corte di Giustizia, la prima condizione che deve essere soddisfatta per perfezionare un’ipotesi di in house providing è che “l’amministrazione aggiudicatrice

eserciti sull’ente beneficiario, un controllo analogo a quello da essa esercitato sui propri servizi”.

La Corte di Giustizia, dal canto suo, solo con le pronunce Parking Brixen e Carbotermo * ha provveduto a fornire una definizione del controllo analogo, facendo riferimento a “un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni importanti”.

* Sentenze 13/10/2005, in causa 458/03 Parking Brixen e 11/05/2006, in causa C-340/04 Carbotermo

Fino a quel momento piuttosto che fornire dei chiarimenti in relazione al criterio sul controllo analogo, la Corte aveva preferito concentrarsi sulle particolari circostanze che escludono questa tipologia di controllo oppure si era limitata ad osservare che anche la sussistenza di una situazione di autonomia finanziaria non impedisce il configurarsi di un rapporto in house.

Questo tipo di situazione ricorre, in particolare, quando sussiste uno stringente controllo gestionale e finanziario dell’ente pubblico sull’ente societario. In tale caso, l’affidamento in

house è consentito senza ricorrere alle procedure di evidenza pubblica prescritte dalle

disposizioni comunitarie, poiché si è in presenza di un fenomeno di delegazione interorganica. Infatti, dal momento che l’amministrazione gode, nei confronti dell’operatore, di un potere di controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi, i compiti che essa affiderà a quest’ultimo saranno da considerarsi come se fossero stati semplicemente delegati al suo interno.

La capacità di ente pubblico di influire sul funzionamento del prestatore e l’assenza di autonomia in capo a quest’ultimo comportano la mancanza di qualsiasi rilevanza esterna al contratto stipulato tra l’ente ed il prestatore di servizi.

Per procedere ad una corretta individuazione del controllo analogo occorre distinguere tra due differenti tipologie di controllo: il controllo strutturale e il controllo sull’attività.

(12)

Per controllo strutturale, in via generale, si intende il potere di nomina della maggioranza dei soggetti che compongono gli organi di amministrazione, direzione o vigilanza del soggetto aggiudicatario; mentre il controllo sull’attività viene identificato nella valutazione della conformità dell’attività svolta dall’ente gestore ad un parametro legale.

Solo il controllo strutturale è condicio sine qua non per ravvisare un’ipotesi di in house

providing, mentre per quanto riguarda il controllo sull’attività non può essere considerata

condizione sufficiente a tal fine; fermo restando che tali forme di controllo siano eventualmente presenti in contemporanea. Il solo controllo sull’attività del prestatore in house non integra gli estremi di un’ingerenza pubblica sull’organizzazione imprenditoriale tale da considerare l’aggiudicatario parte integrante dell’amministrazione controllante. Secondo l’ordinamento comunitario e nazionale, per controllo «analogo» si intende un “rapporto equivalente ai fini pratici, ad una relazione di subordinazione gerarchica; tale situazione si verifica quando sussiste un controllo gestionale e finanziario stringente dell’ente pubblico sull’ente societario (...)” *.

*Corte di Giustizia Unione Europea, sez. V, 18 novembre 1999, causa C-107/98.

In ogni caso, emerge dalla richiamata giurisprudenza un controllo che determina, da parte dell’amministrazione controllante, un potere di direzione, coordinamento e supervisione dell’attività del soggetto partecipato e che riguarda l’attività di verifica sulla gestione delle partecipate.

Riportando questi principi alla realtà delle società di capitali, seppur trattasi di un lavoro d’integrazione tra norme pubblicistiche e altre di natura privatistico-societaria in realtà ancora incompiuto sul piano nazionale, sembra assolutamente ragionevole che l’ente locale, quale soggetto economico, sia interessato ad un controllo non solo periodico ma ancor più di natura concomitante sui risultati della gestione aziendale, affinché possa in ogni mo-mento (ri)orientare l’attività verso criteri manageriali contemporaneamente rivolti alla soddisfazione delle esigenze del cittadino/utente, mediante l’apprestamento di un servizio pubblico qualitativamente migliore e contestualmente in grado di raggiungere e mantenere nel tempo le sue condizioni di economicità.

Diventa allora indispensabile il ruolo del controllo di gestione quale fonte interna societaria di informazioni imprescindibili a quel controllo «analogo» da svolgersi da parte dell’amministrazione pubblica: un controllo di gestione che miri a verificare ed a misurare il

(13)

grado di efficienza, efficacia ed economicità dell’attività, avvalendosi di strumenti che consentano di esprimere giudizi in tal senso (Bruni, 1990: p. 98). Fra questi, l’introduzione della contabilità analitica è un propedeutico passo da compiere per ottenere quelle informazioni che rappresentano supporto fondamentale alle decisioni aziendali.

Nella metà degli anni Novanta, l’esigenza di una radica- le ristrutturazione è scaturita dal fatto che, per anni, tale settore è stato contraddistinto da un forte gap (negativo) tra costi e ricavi, facendo accumulare ingenti deficit, e da una scarsa qualità dei servizi offerti.

In tale contesto, il processo di riforma ha previsto da un lato la netta separazione delle funzioni di programmazione e di regolazione delle amministrazioni pubbliche da quelle di gestione e dall’altro l’obbligo di impiegare meccanismi concorrenziali per l’assegnazione dei servizi, al fine di favorirne l’efficienza gestionale.

Le diverse dimensioni attraverso le quali l’Ente locale articola il “controllo analogo” riguardano essenzialmente i seguenti tre aspetti:

– societario;

– contrattuale ed amministrativo; – economico e finanziario.

Il controllo relativo all’aspetto societario, in particolare, è diretto alla gestione dei diritti spettanti all’unico socio; ha tra i suoi compiti:

• la predisposizione delle deliberazioni inerenti alle società partecipate; • gli adempimenti previsti per la partecipazione alle assemblee;

• la valutazione alla cessione/acquisizione delle quote di partecipazione; • l’elaborazione e la variazione dello

Statuto;

• l’assistenza degli organi politici nella definizione delle linee di indi-

(14)

rizzo strategico;

• la verifica dei documenti di programmazione (budget annuale, piano industriale) della società.

Il controllo sull’aspetto contrattuale e amministrativo, invece, prevedendo che l’ente in questione focalizzi il suo interesse sulla valutazione di risultati in termini di efficienza ed efficacia si articola nelle seguenti attività:

• supervisione alla stipula di contratti di servizio congiuntamente ai responsabili dei servizi,

• verifica del rispetto degli standard quali-quantitativi, • proposte sugli aspetti economici del contratto,

• proposte alternative per la gestione del servizio.

Il controllo sull’aspetto economico e finanziario, infine, sovraintende ai rap- porti finanziari tra l'Ente Pubblico e la partecipata curandone:

• la previsione di spesa per l’affidamento dei servizi alla società partecipata coerentemente con i dati esposti nella contabilità analitica e nel budget di quest’ultima, nonché

(15)

3.5 Gli strumenti del controllo analogo

Possiamo quindi affermare che il controllo sulle società partecipate si afferma su quattro aspetti: controllo societario, controllo sull'efficienza, controllo sull'efficacia e controllo sul valore. Ogni amministrazione definisce le modalità di controllo rivolte alle società od enti partecipati, elencandole in appositi Regolamenti, con l’obiettivo di delineare la tipologia di informazioni che i membri degli organi di governo degli stessi organismi sono tenuti a fornire all’amministrazione ai fini di un effettivo controllo delle attività realizzate.

Le tipologie di controllo si articolano come precedentemente accennato in :

controllo societario, intendendosi come tale il controllo che si esplica :

- nella fase di formazione dello statuto e dei suoi aggiornamenti;

- nella definizione del modello di gestione e controllo, nell’ambito delle alternative consentite dal diritto societario;

- nella scrittura dei patti parasociali e dei patti di sindacato; - nell’esercizio dei poteri di nomina degli amministratori;

- nella costante verifica del rispetto degli adempimenti a carico delle società previsti dalla legge e dalle circolari e dagli altri atti amministrativi di emanazione comunale;

controllo economico/finanziario, volto a misurare l’efficienza gestionale, attraverso il

monitoraggio:

- ex ante, orientato all’analisi del piano industriale e del budget;

- concomitante, attraverso report periodici economico finanziari sullo stato di

attuazione del budget e dei programmi; - ex post, attraverso l’analisi del bilancio;

controllo di efficacia, al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi e delle finalità

dell’amministrazione. Detto controllo si esplica attraverso un’attività di monitoraggio:

- ex ante, esercitata in sede di definizione del contratto di servizio e della carta dei

servizi e attraverso l’analisi dei piani industriali;

- concomitante, mediante l’esame di report periodici sullo stato di attuazione degli

(16)

- ex post, attraverso la valutazione degli standard quali - quantitativi, l’analisi del

grado di soddisfazione dell’utenza e la relazione sulla gestione del consiglio di amministrazione;

controllo sul valore delle partecipazioni, al fine di poter compiere scelte di investimento

(17)

3.5.1.

Il Piano industriale o Business Plan

Il piano industriale, altresì definito business plan, è il documento che illustra in termini qualitativi e quantitativi le intenzioni del management relative alle strategie competitive dell’azienda, le azioni che saranno realizzate per il raggiungimento degli obiettivi strategici e soprattutto diffonde la stima dei risultati attesi. Il piano è redatto inquadrando l’azienda all’interno del suo settore di appartenenza e dell’ambiente competitivo, con una descrizione dettagliata del management e della compagine societaria.

Il business plan ha un ruolo vitale nell’ambito della gestione delle imprese in quanto risulta utile al management per la rappresentazione della propria visione imprenditoriale ed è fondamentale ai componenti del Consiglio di Amministrazione per svolgere appieno il ruolo di indirizzo e controllo della società.

Il piano industriale consente all’impresa la necessaria visibilità per attirare risorse finanziarie, indispensabili alla realizzazione delle azioni pianificate: il documento infatti costituisce uno degli elementi chiave valutati dagli investitori per decidere se impegnare i loro capitali in un’azienda.

In ottica meramente finanziaria il principale obiettivo di un piano industriale è di consentire al management di definire in che modo l’azienda intende accrescere il valore creato per gli azionisti

La redazione di questo piano industriale, all'interno di una sistematica attività di pianificazione strategica, contribuisce a migliorare la qualità delle intenzioni strategiche del management e ad indirizzare le successive azioni.

Il Business Plan deve essere visto come uno strumento gestionale, illustrandone gli obiettivi e i requisiti che deve possedere.

Può essere quindi definito come quel documento nel quale, a partire dalla presentazione delle strategie competitive di fatto operanti a livello aziendale (corporate) e di strategic business unit (SBU), vengono illustrate le intenzioni strategiche del management, le azioni che saranno realizzate per il raggiungimento degli obiettivi strategici e i risultati attesi. Il principale obiettivo di un piano industriale è quello di consentire al management di definire in che modo l'azienda intende accrescere il suo valore.

(18)

La struttura del piano industriale quindi dovrebbe permettere di :

– avere un focus sulla creazione di valore nell'ambito di una visione di lungo periodo. Spesso le esigenze operative di breve periodo non permettono ai manager di dedicare tempo all'analisi delle dinamiche settoriali, ai comportamenti dei competitor e all''individuazione di valide opportunità.

– creare una guida per la gestione dell'attività aziendale : l'Action Plan, con la definizione delle azioni e delle relative tempistiche rappresenta uno strumento che guida le principali scelte operative ed in particolare l'entrata in nuovi mercati, l'introduzione di nuovi prodotti o

servizi, l'utilizzo di nuovi canali distributivi, l'ampliamento del portafoglio clienti ed il reperimento di tutte quelle risorse, finanziarie, umane, organizzative e tecnologiche, necessarie all'implementazione degli obiettivi strategici.

– sviluppare un utile processo di apprendimento : l'esplicitazione delle scelte strategiche e delle azioni realizzative in un documento, implica un preliminare vaglio critico da parte del management. In questa maniera, il processo di strutturazione del piano diventa uno strumento di apprendimento che consente di verificare la qualità di certe istruzioni manageriali e di ridurre quindi i rischi correlati.

– preparare al confronto con il mercato finanziario : individuazione delle risorse finanziarie.

I requisiti del piano finanziario sono la sostenibilità, ovvero l'assenza di gravi squilibri finanziari; la coerenza, cioè l'assenza di fattori di incoerenza; e l'attendibilità con riferimento alla fondatezza delle ipotesi.

I contenuti specifici del piano industriale partono da un'analisi delle impostazioni strategiche operanti e delle performance realizzate in ogni area strategica d'affari, ovvero una descrizione della strategia realizzata. Questo è il punto di partenza per capire “cosa abbiamo fatto ad oggi e cosa faremo da domani”, ovvero andando ad individuare le intenzioni strategiche, la formulazione dell'action plan, la valutazione delle ipotesi fino all'analisi dei dati finanziari prospettici coerenti con le intenzioni strategiche e l'action plan.

(19)

Il Business Plan deve fornire innanzitutto una descrizione dell'impostazione strategica operante, della fase del ciclo di vita in cui una società si trova e dell'eventuale fabbisogno, o opportunità, di un rinnovamento della strategia derivante dalle minacce/opportunità dell'ambiente competitivo e/o dal confronto con i punti di forza e di debolezza dei concorrenti.

La strategia realizzata identifica il posizionamento formatosi per effetto delle scelte e delle azioni del passato, consolidatosi nel tempo a seguito del crearsi di una struttura, di meccanismi operativi e di una cultura aziendale coerente.

Le intenzioni strategiche rappresentano, invece, le scelte dichiarate dal management relativamente al campo di attività dell'impresa, alla crescita dimensionale da perseguire e al ruolo che si intende rivestire nell'arena competitiva.

Si può dire che in sintesi le intenzioni strategiche rappresentano la sintesi del ruolo atteso delle società nel settore di riferimento, della value proposition e delle modalità con cui l'impresa intende acquisire un sostenibile vantaggio competitivo.

(20)

L'action plan invece ha la funzione di enunciare in termini sintetici le principali direttive tramite cui dare attuazione al progetto strategico quali l'insieme delle azioni che consentono la realizzazione delle intenzioni strategiche, con la specifica dell'impatto in termini economico-finanziari e della tempistica stimata per l'implementazione.

Contiene poi la descrizione degli investimenti che verranno realizzati, evidenziandone l'ammontare, la tipologia e gli esercizi di riferimento e le voci patrimoniali su cui andranno ad impattare, il sistema di responsabilità, ovvero l'indicazione dei manager responsabili delle azioni programmate e le condizioni e vincoli che possono influenzare la realizzabilità delle varie azioni.

Infine deve contenere un insieme di dati prospettici economico-patrimoniali-finanziari redatti in piena coerenza con le scelte e con l'action plan, ad esempio le ipotesi di fondo riguardanti le grandezze macroeconomiche quali inflazioni, tassi di cambio; le ipotesi alla base dello sviluppo dei ricavi e per le variabili gestionali rilevanti; quelle alla base dei costi diretti, costi indiretti, come le spese generali o i costi di comunicazione o ammortamento, ed, infine, degli oneri finanziari e della fiscalità. Ancora le ipotesi alla base dell'evoluzione del capitale investito, sia fisso che circolante e le ipotesi alla base dell'evoluzione della struttura finanziaria e della copertura dell'eventuale fabbisogno finanziario generato dalla realizzazione dell'action plan.

L'elaborazione delle ipotesi all'interno del piano dipenderà dal Business Model della società e dal modello economico utilizzato.

Il modello economico è un metodo rappresentativo della logica economica dell'impresa che consente l'individuazione delle principali leve direzionali che concorrono a determinare i profili reddituali, finanziari e patrimoniali. In particolare, il modello economico, all'interno dell'indirizzo strategico prescelto, dovrà focalizzarsi sulla gestione caratteristica aziendale, in quanto per la gestione finanziaria, straordinaria e fiscale si possono adottare altre ipotesi semplificatrici.

(21)

3.5.2.

Il Budget

Il Budget è un programma di gestione aziendali, tradotto in termini economico-finanziari, che guida e responsabilizza i manager verso quelli che sono stati individuati come obiettivi di breve periodo, definiti nell'ambito strategico di lungo periodo.

Possiamo definirlo come un programma che definisce le azioni da svolgere nella gestione aziendale, da chi devono essere svolte e in che modo, ed infine chi ne assume la responsabilità. Non si tratta, quindi, di un mero strumento di previsione.

Affermando che è espresso in termini economico-finanziari si intende dire che si tratta di una traduzione in termini monetari di una serie di previsioni, valutazioni e formulazioni di obiettivi alla base delle politiche aziendali in modo da consentire una verifica a priori. Il sistema di Budget svolge anche da guida e di documento di responsabilizzazione svolgendo le seguenti funzioni :

– consente di simulare le conseguenze economico-finanziarie di date ipotesi di gestione;

– fornisce gli obiettivi da raggiungere;

– consente di valutare e responsabilizzare il management sui risultati conseguiti; – coordina i responsabili delle varie funzioni nelle loro scelte

– consente di allocare le risorse monetarie alle aree aziendali o direttamente alle attività;

– agevola un percorso di formazione alla logica della gestione programmata;

Solitamente il Budget ha un riferimento temporale di breve periodo che sostanzialmente coincide con l'esercizio, e viene suddiviso in sottoperiodi. Ma viene utilizzato anche per redigere piani per periodi superiori all'esercizio.

Le principali caratteristiche sono quello di essere riferirsi alla gestione aziendale nel suo insieme tradotta in termini monetaria dando a toccare , articolandosi in più subsistemi, i vari centri di interesse, come quelli di responsabilità, ouput, progetti, clienti, attività, in un determinato arco temporale, lasciando comunque la possibilità di effettuare azioni correttive in quanto il confronto tra risultati e previsione e la conseguente correzione di rotta consente la messa in atto di quello che viene chiamato meccanismo di feedback .

(22)

Nella sua forma definitiva il budget rappresenta un Bilancio d'esercizio preventivo, ovvero risulta composto dai seguenti documenti :

– budget economico, o conto economico preventivo. Redatto per scopi interni, raramente ha la stessa forma di quello civilistico; si focalizza sulla evidenziazione di risultati intermedi (Margine Lordo di contribuzione, Risultato Operativo, Risultato prima delle imposte, etc.)

– budget patrimoniale, o stato patrimoniale preventivo. Strutturato secondo il criterio finanziario (Impieghi e Fonti)

– budget finanziario, o prospetto di flussi finanziari preventivi. contiene flussi di natura finanziaria e distingue tra flussi delle risorse finanziarie globali e flussi di cassa (o di tesoreria)

Ciò premesso va comunque ricordato quanto il Budget e la sua redazione non sono così semplici e di facile elaborazione in quanto è possibile che le previsioni non risultino sempre attendibili, specialmente in condizioni di forte instabilità finanziaria e turbolenza ambientale. Motivo per cui si fa ricorso all'uso delle simulazioni.

Inoltre la redazione dei vari budget richiede, oltre che ad una grande cura ed attenzione, uno “spirito aziendale di budget”, vale a dire che il sistema deve essere recepito ed accettato.

(23)

3.5.3.

I Report

Possiamo definire l'attività di reporting come un sistema strutturato ed integrato di informazioni e processi utilizzato dal management a supporto delle attività di pianificazione e controllo, destinato a diffondere le informazioni, raccolte ed organizzate in modo selettivo, al fine di focalizzare l'informazione sulle determinanti del valore aziendale.

I vari sistemi di reporting assumono fondamentale importanza nel mantenere il sistema organizzativo in piena efficienza in modo da permettere la diffusione delle informazioni a tutti i livelli aziendali, allo scopo di indirizzare l'azienda verso quelli che sono stati definiti come obiettivi strategici e di redditività minimizzando, o comunque contendendo, i diversi rischi.

L'attività di controllo infatti non può prescindere da un'analisi tempestiva delle informazioni sulle attività di budget così come le attività di redazione e compilazione dei vari budget dei centri aziendali sono prive di significato se allo stesso tempo non sono supportate da una continua attività di reporting che rilevi tempestivamente eventuali scostamenti dalle previsione e supporti il management nelle politiche di indirizzo al fine del perseguimento degli obiettivi prefissati all'interno del budget.

Il sistema di reporting deve fornire, nelle sue diverse articolazioni, una visione completa dell'azienda in relazione ai principali profili di analisi che possono riassumersi in analisi commerciale, analisi economico-finanziario, analisi dei profili di rischi e di posizionamento strategico.

Questo sistema deve inoltre essere in grado di rappresentare per il management un unico strumento efficace di supporto alle decisioni di carattere strategico ed operativo.

Un report per essere di supporto al management deve contenere tutte le informazioni necessarie per poter prendere decisioni strategicamente efficienti, e quindi, avere carattere di completezza. Deve inoltre essere molto dettagliato ma, allo stesso tempo, di facile intuizione esprimendo in sintesi quelli che sono i dati riportati, perché proprio la versatilità delle analisi e la qualità e tempestività/immediatezza delle rappresentazioni fanno del sistema di reporting un efficace strumento di controllo strategico.

Gli obiettivi nell'effettuare una efficiente attività di reporting sono quelli di soddisfare tutti i fabbisogni informativi del management. Questi fabbisogni dipendono da processi gestionali

(24)

critici e determinanti del valore (value driver) che a loro volta dipendono da fattori critici di successo, ovvero quegli elementi necessari in ogni fare per raggiungere gli obiettivi definiti, e fattori di rischio, sia interno che esterno, ovvero quegli eventi la cui manifestazione può precludere il raggiungimento degli obiettivi strategici e compromettere di conseguenza la continuità aziendale. E' fondamentale che questi fattori vengano costantemente monitorati e comunicati al management per poter rispondere tempestivamente e porre rimedio ad eventuali scostamenti riscontrati.

In base al contenuto e alla frequenza di compilazione dei report, generalmente vengono distinti in report informativi e report valutativi.

I primi consentono di attuare un controllo concomitante per verificare se l'azienda è in linea con le azioni predefinite in sede di programmazione annuale ed evidenziare con tempestività il sorgere dei problemi/ opportunità nelle aree critiche di gestione mantenendo la direzione a conoscenza di ciò che accade all'interno e all'esterno dell'organizzazione. Il contenuto fa dunque riferimento anche a variabili che non sono sotto il diretto controllo dell'organizzazione come (per esempio le informazioni del bacino di utenza, informazioni sulla dinamica dei prezzi, etc.), mentre la frequenza di redazione è generalmente a discrezione del management, ma può essere addirittura continua ove richiesto dal valore segnaletico delle variabili sotto controllo.

I report valutativi, invece, consentono di attuare un controllo consuntivo in modo da poter valutare i risultati dei responsabili dei diversi centri, tenendo conto dei ruoli e del grado di raggiungimento degli obiettivi.

Il contenuto di questo tipo di report deve far riferimento alle sole variabili che il responsabile di centro gestisce in maniera significativa in relazione alle deleghe e ai poteri di cui dispone. La frequenza invece è generalmente trimestrale o semestrale, nel momento in cui si voglia misurare il livello di raggiungimento degli obiettivi prima della consuntivazione.

Appare quindi chiaro il grande vantaggio di un sistema efficiente di reporting per il management, ma agli aspetti positivi vanno contrapposte le criticità di carattere informatico-organizzativo, insite nei flussi di comunicazione e monitoraggio dell'andamento gestionale ed economico.

Tra le criticità va riscontrata una base di dati aziendali non univoca e non condivisa che può riflettersi, dal punto di vista del reporting, in una maggiore predisposizione nel commettere

(25)

errori nella produzione e compilazione della reportistica.

A questo va aggiunto che l'assenza di un processo di certificazione degli input al sistema di reporting può comportare un aggravio operativo nell'attività di controllo, dovendo effettuare in assenza di questo tipo di certificazione, un controllo sul controllo.

Infine bisogna sottolineare che l'attività di reporting per quanto importante, non è sufficiente a soddisfare tutte le esigenze informative dei diversi utenti. Solo considerandolo come uno degli strumenti a disposizione del management possiamo capire l'importanza di questa attività per il controllo strategico.

(26)

3.5.4.

Analisi di Bilancio

L'analisi di bilancio è un'attività complessa svolta con utilizzazione di tecniche per la maggior parte quantitative di elaborazione tramite la quale si effettuano indagini sul bilancio di esercizio, comparando i dati nel tempo e nello spazio, al fine di ottenere informazioni sulla gestione e sull'impresa. Attraverso una analisi di bilancio comparata dei vari elementi che si possono avere a disposizione si può arrivare alla formulazione di un giudizio sulla salute dell'impresa.

Si può dire quindi che l'analisi di bilancio ha come obiettivo quello di tradurre i dati contenuti all'interno di questo documento in informazioni.

L'analisi economica, patrimoniale e finanziaria delle imprese si sviluppa in maniera principale sull'individuazione di appositi indicatori e sulla determinazione di questi.

Attraverso la riclassificazione e rielaborazione dei bilanci è possibile costruire numerosi indicatori o indici, ma, tuttavia, è bene precisare che la significatività di tali informazioni non dipendono solamente dal numero degli indici, ma dalla capacità degli stessi di mettere in evidenza le relazioni che intercorrono trai i valori che consentono di leggere il bilancio in modo sistematico ed integrato.

L'analisi per indici è quindi uno strumento forte che permette all'imprenditore o all'analista di elaborare indici e quozienti che rappresentano l'andamento economico, la situazione patrimoniale e finanziaria dell'impresa. Quando devono essere interpretati i risultati di bilancio bisogna comunque tenere a mente che ogni indice ha un proprio significato e che ogni indice deve essere interpretato e valutato non singolarmente ma in una visione di insieme, con gli altri indici ad esso correlati.

L'analisi di bilancio tramite lo studio di questi indici viene effettuata tramite l'elaborazioni di determinati rapporti che intercorrono tra le diverse grandezze rappresentate in bilancio. Ad esempio ci sono indici che possono mettere a confronto solamente valori presente nello stato patrimoniale oppure solo nel conto economico, ma esistono delle relazioni che intercorrono anche tra valori presenti nello stato patrimoniale e valori del conto economico che generano ulteriori indici.

Per ottenere delle giuste informazioni in termini interpretativi e valutativi si devono analizzare una serie di bilanci e studiare l'andamento nel tempo degli indici di bilancio significativi, in modo da poter comprendere in quale direzione si sta muovendo l'impresa.

(27)

Questo fa dell'analisi di bilancio una analisi dinamica e non statica legata ad un singolo esercizio poiché è possibile per l'imprenditore conoscere lo stato di salute della propria azienda, affiancando all'analisi dei bilanci consecutivi e alle analisi delle situazioni economiche periodiche anche quella effettuata su precisi indici e alle cause che li determinano, riuscendo a meglio comprendere le cause dei risultati ed eventuali rimedi e cambi di rotta da effettuare.

Un presupposto fondamentale dell'analisi per indici è la riclassificazione del bilancio di esercizio, ovvero una procedura di particolare importanza ai fini della migliore comprensione ed interpretazione dei fatti di gestione, che, spesso, non risaltano nei tradizionali bilanci previsti dalla normativa civilistica in quanto gli obiettivi di esposizione e di informazione sono differenti dalle esigenze di un soggetto che mira all'analisi per il controllo di gestione.

Riclassificare un bilancio significa mettere in evidenza alcuni aggregati dello stato patrimoniale ed alcuni risultati intermedi del conto economico in modo da facilitare il giudizio sull'andamento della azienda, oltre, ovviamente, ad essere fondamentali per l'analisi degli indici.

Gli schemi di riclassificazione possono essere diversi a seconda della natura dell'azienda e dagli obiettivi che si pone chi svolge la riclassificazione. Per quanto riguarda lo Stato Patrimoniale, viene rappresentato a sezioni divise e riclassificato secondo criteri finanziari: le attività sono suddivise in base al grado di liquidità e a liquidità decrescente, mentre le passività a seconda della loro provenienza e della loro scadenza.

Per il conto economico, invece, possiamo invece far riferimento allo schema a scalare con evidenziazione del valore aggiunto o quello di costi e ricavi della produzione venduta. Gli obiettivi della riclassificazione, per concludere, sono, sostanzialmente, quelli di permettere le costruzione ed evidenziazione di determinati parametri e di grandezze più espressive della gestione, come il valore aggiunto, il reddito operativo o il reddito netto, cercando di rendere omogenei i dati per consentire la loro analisi sia nel tempo che nello spazio, ossia rendendo confrontabili i dati di più esercizi consecutivi ma anche i dati di diverse aziende operanti nello stesso settore, separando, infine, gli elementi attinenti la gestione caratteristica dell'impresa da quelli che si riferiscono alle gestioni cosiddette accessorie o extra-caratteristiche, finanziaria e straordinaria, sempre al fine di migliorare la comprensione delle problematiche della gestione.

(28)

3.5.4.1.

I principali indici di bilancio

Il reddito operativo è un risultato economico intermedio, chiamato anche utile operativo, margine operativo o risultato operativo, relativo alla sola gestione caratteristica di un’impresa e che quindi prescinde dalle componenti reddituali finanziarie, non caratteristiche, straordinarie o fiscali. Queste componenti sono più “facili” da gestire in quanto è possibile porvi rimedio ricapitalizzando l'azienda (finanziaria) o “eliminandola” quando si tratta di una gestione extra-caratteristica che non compromette l'attività dell'azienda.

Se il reddito operativo è positivo significa che l’azienda è economicamente sana o sanabile in quanto la sua attività tipica riesce a creare un valore della produzione maggiore di quanto siano i costi della sola produzione.

Gli indicatori di redditività sono indici che permettono di osservare la capacità di un'impresa di produrre reddito e di generare risorse. Tali indicatori sono utili sia per gli investitori, che possono avere una previsione circa i possibili ritorni economici del loro investimento, sia in generale per analizzare l'affidabilità di un'impresa attribuendogli un rating specifico.

Il ROE, ovvero il tasso di redditività del capitale proprio, dato dalla relazione tra utile di esercizio e capitale proprio espresso in termini percentuali

ci dice quanto è il rendimento del capitale investito nell'impresa. Per poter dire se un dato valore ROE è positivo bisogna confrontarlo con il rendimento di investimenti alternativi a basso rischio, come ad esempio i BOT o i depositi bancari. Ovviamente

ROE

Utile d'esercizio

%

(29)

per essere soddisfacente il ROE deve essere superiore al rendimento degli investimenti sopra indicati. La differenza tra questi investimenti alternativi e il valore del ROE viene definita “premio di rischio in quanto premia un investimento rischioso, ovvero nell'impresa, nei confronti di un investimento più sicuro.

Il ROE dipende direttamente da altri indici quali il ROI, il Leverage, e l'incidenza della gestione non caratteristica, mentre indirettamente dipende anche dal ROS e dal Tasso di rotazione degli impieghi.

Il ROI è il rendimento degli investimenti effettuati e deve essere confrontato con il costo percentuale medio del capitale finanziato a titolo di prestito (tasso di interesse applicato dalle banche sui finanziamenti concessi “I”)

E’ possibile avere i seguenti casi:

ROI > I In questo caso il rendimento degli investimenti effettuati dall’azienda è maggiore del costo percentuale medio del capitale finanziato a titolo di prestito e quindi conviene indebitarsi in quanto il denaro rende di più di quanto venga pagato. La leva finanziaria produce un effetto moltiplicatore positivo nei confronti del ROE; ROI = I In questo caso il rendimento degli investimenti effettuati e il costo

percentuale medio del capitale finanziato a titolo di prestito si equivalgono e la leva finanziaria ha un effetto nullo (matematicamente è una moltiplicazione per 1); ROI < I In questo caso il rendimento degli investimenti effettuati è minore del

costo percentuale medio del capitale finanziato a titolo di prestito e la leva finanziaria fa un effetto moltiplicatore negativo nei confronti del ROE.

Sfruttare la leva finanziaria, in sostanza, vuol dire prendere in prestito dei capitali confidando nella propria capacità di investirli ottenendo un rendimento maggiore del

ROI

Risultato Operativo

% Lev.

Totale Impieghi

%

Ind. Gest. N.C.

Utile d'esercizio

%

(30)

tasso di interesse richiesto dal prestatore. L'uso della leva finanziaria è tipico degli investimenti azionari in prodotti derivati.

Il ROI è dunque la spia della capacità reddituale dell'impresa della redditività della gestione caratteristica e dipende dai seguenti fattori:

- ROS: dai margini di utile che si realizzano per il ciclo "acquisto materie prime (o merci se si tratta di impresa commerciale), trasformazione in prodotti finiti e loro vendita" (redditività delle vendite).

- Rotazione del capitale investito, cioè dalla velocità con cui si ripete questo ciclo di produzione, nel corso del periodo, grado di sfruttamento degli impianti .

Per migliorare il ROI l'impresa che ha un basso margine sulle vendite (prezzi bassi) dovrà conseguire una elevata rotazione del capitale investito (vendere molto anche a costo di bassi margini sulle vendite) per ottenere un rendimento ROI soddisfacente. Al contrario l'impresa che ha una bassa rotazione del capitale investito (vende poco) deve accontentarsi di vendere poco con prezzi alti conseguendo una politica di alti margini sulle vendite.

• Il ROS , è dato dal rapporto tra Risultato Operativo (rivavi di ventita – costi operativi) e i Ricavi di vendita.

Per migliorare il ROS si potrebbe agire sul denominatore aumentando i prezzi per far aumentare i ricavi; questa operazione rischiosa potrebbe rivelarsi controproducente in quanto potrebbe contrarsi il volume delle vendite con conseguente riduzione dei ricavi oppure meglio agire sul numeratore migliorando il reddito operativo attraverso la compressione dei costi ottenuta migliorando la efficienza aziendale.

L'indice R.O.S. può assumere valori:

R.O.S. = maggiore di zero Significa che una parte di ricavi è ancora disponibile

dopo la copertura di tutti i costi inerenti alla gestione caratteristica. Esprime la capacità dei ricavi della gestione caratteristica a contribuire alla copertura dei costi extra-caratteristici, oneri finanziari, oneri straordinari e a produrre un congruo utile quale remunerazione del capitale proprio.

R.O.S. = zero La capacità remunerativa del flusso di ricavi caratteristici è limitata

(31)

degli oneri finanziari, degli oneri straordinari e l’utile dipendono dalla presenza di risorse extra-caratteristiche quali proventi finanziari e proventi straordinari.

R.O.S. = negativo Viene segnalata l'incapacità dei ricavi caratteristici a coprire i

costi della gestione caratteristica, oltre che, s'intende, i costi finanziari, i costi straordinari e la remunerazione del capitale proprio. E’ questo è il sintomo di una gravissima crisi produttiva e gestionale.

• L'INDICE DELLA GESTIONE NON CARATTERISTICA esprime l’incidenza della gestione non caratteristica sul risultato operativo. In pratica l’indice esprime l’ammontare dell’utile netto su 100 di risultato operativo. La differenza tra risultato operativo e risultato economico è dovuta in gran parte alla gestione finanziaria. Questo rapporto ci dice quanto utile netto rimane dall'utile operativo dopo l'effetto degli interessi passivi, degli eventi finanziari, degli eventi straordinari della gestione atipica e delle imposte. Evidenzia l’influenza della gestione finanziaria, straordinaria, e fiscale sul risultato d’esercizio; se queste gestioni influiscono negativamente sulla formazione del reddito, come frequentemente succede, il risultato di questo indice risulta < 1.

Se consideriamo poi che le imposte incidono in modo proporzionale constatiamo che tale indice, in condizioni normali di gestione, in assenza di gestione straordinaria e atipica, è influenzato pesantemente dalla gestione finanziaria ed in particolare dalla presenza di interessi passivi.

Quindi molto spesso il peggioramento di questo indice è dovuto ad un maggiore indebitamento con conseguente incremento degli oneri finanziari. Se leggiamo questo indice non in termini percentuali, ma unitari, vediamo che un indice pari ad 1 (reddito operativo =utile di esercizio) evidenzia (caso abbastanza raro) una neutralità o assenza delle gestioni finanziarie, atipiche, straordinarie fiscali.

Questo indice tenderà a diminuire scendendo al di sotto dell’unità quanto più le gestioni sopra dette e, in condizioni di normalità, la gestione finanziaria peseranno sul risultato economico.

• Il LEVERAGE, dato dal Totale degli Impieghi su Capitale Proprio ci indica il grado di indebitamento dell'impresa.

(32)

Più il capitale proprio è basso rispetto al totale degli impieghi, più l’indebitamento aumenta e aumenta anche l’indice. In generale l’indice è tanto più soddisfacente quanto più è basso. Il Leverage, anche se non rappresenta un indice di redditività, influenza direttamente il ROE, come sopra evidenziato. Il Leverage dimostra in che modo l’azienda riesce a finanziare i propri investimenti ed in particolare se con prevalenza di capitale proprio o di capitale di terzi.

LEVERAGE = 1 significa che tutti gli investimenti sono finanziati con capitale proprio,

situazione più teorica che non effettiva ( assenza di capitale di terzi );

LEVERAGE è compreso tra 1 e 2 si verifica una situazione di positività, in quanto l’azienda possiede un buon rapporto tra capitale proprio e di terzi ( quest’ultimo si mantiene al di sotto del 50%);

LEVERAGE è > 2 segnala una situazione di indebitamento aziendale, che diventa più onerosa per l’azienda al crescere di tale indice.

Oltre agli indicatori di redditività esistono altri indici importanti da analizzare come quelli

patrimoniali e finanziari.

I primi, gli Indici Patrimoniali, analizzano la struttura degli investimenti e dei finanziamenti ed esprimono la capacità dell’azienda di mantenere nel tempo una situazione di equilibrio strutturale e possono essere formati mettendo in rapporto una parte di un insieme con il valore complessivo dell’insieme (es. attivo circolante/totale attivo oppure capitale proprio/totale fonti) e vengono chamati Indici di composizione.e potremo così avere ndici di composizione dell’attivo e indici di composizione del passivo, oppure mettendo a confronto fra loro parti dello stesso insieme creando dei rapporti di una voce della situazione patrimoniale con un’altra voce o altre voci della stessa sezione. (es. Immobilizzazioni/attivo circolante; oppure capitale proprio/capitale di terzi).

Gli Indici Finanziari, invece, ci esprimono il grado di salute della struttura finanziaria. Un'impresa ha una struttura finanziaria sana quando è in grado di far fronte con entrate correnti alle uscite correnti e alle esigenze di investimento.

(33)

fonti di finanziamento più idonee ottenute correlando adeguatamente fonti e impieghi: Investimenti a medio e lungo termine, per esempio in immobilizzazioni, devono essere finanziati con capitale destinato a rimanere per medi e lunghi periodi in azienda (capitale proprio e debiti a lungo termine).

Investimenti a breve termine, per esempio merci, materie prime, concessione di crediti v. clienti, possono essere finanziati con capitale destinato a rimanere per periodi brevi in azienda (debiti a breve termine).

Ecco quindi che suddivideremo gli indici in due gruppi:

Il primo gruppo di indici, indici di copertura, serviranno a mettere il evidenza il corretto/scorretto utilizzo delle fonti di finanziamento.

Il secondo gruppo di indici, indici di liquidità, che sono la conseguenza del primo mettono in evidenza la capacità/incapacità dell’azienda a far fronte con regolarità ai debiti contratti. Gli indici finanziari analizzano, in genere; le correlazioni tra investimenti e finanziamenti. Una corretta correlazione finanziaria presenta un capitale permanente maggiore delle immobilizzazione e dunque un attivo circolante maggiore delle passività a breve. Gli indici finanziari si dividono in: indici di copertura, indici di solvibilità, indici di rotazione e indici di dilazione.

Riferimenti

Documenti correlati

Disegna una semiretta orientata e graduata con gli elementi che la caratterizzano 54. Definizione di

569 ss., che riconduce questa soluzione alla scelta del legislatore di limitare il più possibile le ipotesi di invalidità delle decisioni dell’organo amministrativo: “pure

Il notaio, dunque, al momento della redazione dell’atto costitutivo è tenuto a verificare l’identità dei comparenti davanti alla sua figura e, ovviamente, non

Alessandro Pastorelli al corso on line “Datawarehouse, data mining e big data: strategie e metodi per l’auditor”, articolato in tre moduli della durata complessiva di circa 12 ore

Come per altri servizi di minore rilevanza economica per i quali negli atti precedenti era già stato stabilito, per ragioni di evidente praticità quando non per assoluta necessità,

In caso di conflitto tra norma generale e norma speciale, prevale la norma speciale: ad es., l’entrata in vigore di una nuova norma relativa al contratto

 Diritto sostanziale: sono convenzioni volte a regolamentare uniformemente un argomento nella quale sono tirati in causa rapporti tra più paesi con ordinamenti giuridici

Marcovaldo contemplava l'uomo di neve e, assorto nelle sue meditazioni, non s'accorse che dal tetto due uomini gridavano: “Ehi, signore, si tolga un po' di lì!”.. Erano quelli