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Capitolo 1

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1.1 Localizzazione intracellulare di mRNA

1.1.1

SIGNIFICATO BIOLOGICO

La localizzazione intracellulare degli mRNA costituisce un importante meccanismo di regolazione genica post-trascrizionale in quanto contribuisce a specificare le coordinate spaziali di attuazione della sintesi proteica all’interno delle cellule eucariotiche.

La regolazione traduzionale dei messaggeri implica una repressione della loro traduzione durante il trasporto, fintanto che essi non abbiano raggiunto la loro corretta destinazione nella cellula, permettendo così un controllo anche temporale dell’espressione genica (Martin et Ephrussi, 2009). La localizzazione degli mRNA permette di concentrare specifiche proteine in singoli compartimenti subcellulari o in specifiche regioni della cellula o dell’embrione (Kloc et al., 2002). Questa strategia regolatoria della funzione proteica è stata documentata in una vasta gamma di organismi eucariotici, sia unicellulari (come le amebe ed il lievito) che pluricellulari, sia del regno animale (vertebrati ed invertebrati) che vegetale (Kindler et al., 2005). Svolge, inoltre, un ruolo fondamentale durante l’embriogenesi in molti phyla di animali (Bashirullah et al., 1998); la condivisione tra organismi diversi di meccanismi molecolari simili suggerisce un’origine evolutiva ancestrale del processo. Una conseguenza della differenziale localizzazione dei messaggeri è la formazione di un’asimmetria cellulare: RNA diversi migrano in siti specifici determinando un “sorting” intracellulare o intercellulare di proteine specifiche (Gonsalvez et al., 2005), rendendo possibile l’instaurarsi di una polarità a livello cellulare (Mohr et Richter, 2001) e l’attuarsi di divisioni cellulari asimmetriche (Tajbakhsh, 2009). Alcuni tipi cellulari, come i neuroni, gli ovociti ed i fibroblasti, sono in grado di sequestrare mRNA “target” in particolari regioni subcellulari, restringendo così la funzione delle proteine da essi codificate a domini intracellulari distinti, laddove l’attività proteica si rende necessaria. Attraverso la distribuzione asimmetrica di RNA, cellule complesse e altamente polarizzate, come i neuroni, riescono a controllare l’espressione genica localmente. Tenendo conto del fatto che un neurone stabilisce tipicamente alcune migliaia di connessioni sinaptiche a livello del suo albero dendritico, appare ovvio quanto possa essere utile un controllo localizzato della traduzione degli mRNA. La modulazione delle connessioni sinaptiche- la cosiddetta plasticità neuronale- costituisce il substrato cellulare delle funzioni più evolute del sistema nervoso, come l’apprendimento e la memoria (Kindler et al., 2005). Durante lo sviluppo

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10 embrionale la localizzazione degli mRNA permette la formazione di gradienti morfogenetici, necessari per la specificazione degli assi embrionali: un esempio tra i più studiati, è rappresentato dalla proteina bicoid, morfogeno distribuito nell’ovocita di Drosophila lungo un gradiente anteroposteriore decrescente e coinvolto nella specificazione dell’asse anteroposteriore dell’embrione e dell’adulto. Inoltre la differenziale ripartizione degli mRNA all’interno della cellula assume un ruolo critico nella determinazione del destino cellulare: la specificazione della linea germinale di anfibi, nematodi ed insetti, la specificazione del “mating type” nel lievito ed il differenziamento dei neuroblasti, ne costituiscono un valido esempio (Kloc et al., 2002).

L’mRNA è sintetizzato nel nucleo e tradotto nel citoplasma: l’mRNA nascente si complessa, durante la trascrizione, a proteine agenti in trans ed è trasportato, sotto forma di una particella ribonucleoproteica (mRNP), dal nucleo al citoplasma, attraverso i pori nucleari; una volta nel citosol, l’mRNA si associa ai ribosomi e viene tradotto. La maggior parte degli mRNA è tradotta nel citosol in posizioni casuali, ma alcuni mRNA sono trasportati in siti cellulari specifici e sono tradotti solo dopo che hanno raggiunto la corretta destinazione finale. La tappa iniziale nella localizzazione intracellulare di un trascritto è determinata dal riconoscimento di regioni presenti solitamente ma non esclusivamente nel suo 3’ non tradotto (UTR): si tratta di elementi in cis (noti anche come “zip code” o elementi di localizzazione) dotati di strutture primarie e/o secondarie specifiche e ben conservate, riconosciute da fattori agenti in trans, di solito proteine con domini di legame all’RNA. Il legame di tali fattori all’mRNA ne influenza il “folding”, facendo sì che esso assuma una configurazione sterica che sarà riconosciuta da una serie di proteine ausiliarie. Si forma così una complessa particella ribonucleoproteica (RNP) di trasporto: probabilmente proprio le proteine associate all’mRNA consentono ad esso di intraprendere il corretto “pathway” di destinazione subcellulare. L’RNP, una volta raggiunta la corretta localizzazione all’interno della cellula, è qui ancorata; quindi, segnali appropriati inducono un rimodellamento del complesso, che, causando la derepressione traduzionale, consentono la traduzione localizzata dell’mRNA in proteina (Kloc et al., 2002).

E’ evidente che i meccanismi di localizzazione e repressione traduzionale dei messaggeri debbano essere due processi strettamente integrati, per permettere una fine regolazione spaziale e temporale della traduzione (Czaplinski et Singer, 2006); infatti, si ritiene che gli mRNA localizzati siano associati anche a repressori traduzionali, mediante un legame reversibile e reattivo a stimoli spaziali citoplasmatici; tuttavia, non è ancora chiaro se le due funzioni (localizzazione e repressione) siano mediate da un solo o più fattori proteici distinti (Rodriguez et al., 2008).

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11 Studi su larga scala volti ad identificare le proteine che costituiscono i complessi ribonucleoproteici, a caratterizzarle funzionalmente, oltre che ad analizzare la dinamica di formazione di tali complessi, hanno condotto alla scoperta di come una stessa RNP possa associarsi a più mRNA diversi ma funzionalmente correlati tra di loro; ciò potrebbe permettere una risposta cellulare integrata ad un dato stimolo, mediante l’attivazione di molteplici mRNA (Rodriguez et al., 2008; Keene JD, 2007).

1.1.2

MECCANISMI MOLECOLARI CHE RENDONO POSSIBILE LA

LOCALIZZAZIONE DEGLI mRNA

I meccanismi molecolari che permettono la localizzazione degli mRNA in siti intracellulari ben definiti sono stati oggetto di intense indagini in diversi sistemi come gli ovociti, gli embrioni e le cellule somatiche. Sono stati descritti molti modelli meccanicistici per spiegare in che modo è possibile generare una distribuzione asimmetrica degli mRNA nella cellula, tra cui: la degradazione generalizzata accompagnata dalla protezione e stabilizzazione in un sito selettivo del citoplasma, la diffusione citoplasmatica casuale e l’ancoraggio ad uno specifico sito citoplasmatico, il trasporto attivo lungo il citoscheletro usando motori molecolari, il trasporto direzionale dal nucleo al citoplasma. Dagli studi finora condotti è emerso che più meccanismi possono contribuire alla localizzazione di uno stesso trascritto; tuttavia si ritiene che i principali meccanismi di localizzazione siano la degradazione associata alla stabilizzazione localizzata e il trasporto direzionale attivo attraverso il citoscheletro (Kloc et al., 2002; Martin et Ephrussi, 2009; Czaplinski et Singer, 2006; Bashirullah et al., 1998).

Secondo il primo meccanismo, i trascritti possono essere dapprima distribuiti in maniera diffusa nella cellula; quindi, può verificarsi una degradazione generalizzata degli mRNA accompagnata dalla protezione e dalla stabilizzazione selettiva di particolari trascritti che devono essere localizzati in siti specifici. Utilizzano questo meccanismo gli mRNA dei geni nanos, ciclina B e Hsp83 di Drosophila. Essi sono principalmente concentrati al polo posteriore dell’embrione a livello del plasma polare, che contiene i determinanti della linea germinale; quando si formano le cellule polari, precursori delle cellule germinali, i trascritti di nanos e ciclina B localizzati posteriormente sono incorporati nelle cellule polari, mentre i trascritti non incorporati vengono degradati prima della traduzione. Questo suggerisce l’esistenza di una stretta correlazione tra la repressione traduzionale dei trascritti non localizzati di nanos e la loro degradazione. In condizioni normali, si ritiene che il plasma polare sia condizione necessaria e sufficiente per la protezione dei trascritti

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12 nanos, ciclina B e Hsp83 dalla degradazione al polo posteriore. Nella regione 3’UTR di questi messaggeri sono stati identificati sia elementi di instabilità agenti in cis che dirigono la degradazione del trascritto, che elementi di stabilità aventi la funzione di proteggere il trascritto dalla degradazione una volta raggiunta la sua corretta destinazione nella cellula (Kloc et al., 2002 ). Il trasporto attivo rappresenta l’altro meccanismo più comune per la localizzazione asimmetrica di trascritti (Lopez de Heredia et Jansen, 2004; Tekotte et Davis, 2002). Esso consiste nel trasporto diretto di mRNA verso specifiche destinazioni intracellulari, reso possibile dal citoscheletro di microtubuli o di microfilamenti, attraverso appropriati motori molecolari: generalmente i microtubuli rendono possibile il trasporto degli mRNA su lunghe distanze, mentre i microfilamenti permettono il trasporto dei trascritti su brevi distanze. Si conoscono tre diversi tipi di motori molecolari: la dineina, la chinesina e la miosina. Si tratta di complessi multiproteici dotati di una struttura dimerica: consistono di una “testa” globulare, che prende contatto con il citoscheletro e fornisce l’energia necessaria per la motilità attraverso l’idrolisi dell’ATP, e di “code” variabili, probabilmente coinvolte nel riconoscimento del carico.

Il trasporto attivo degli mRNA è stato spesso analizzato con l’uso di farmaci capaci di disassemblare in modo mirato e selettivo i microtubuli (la colchicina, il nocodazolo o il taxolo) piuttosto che i microfilamenti (citocalasina), come descritto da Bashirullah et al., 1998. Durante l’ovogenesi di Drosophila, numerosi trascritti sono sintetizzati nelle cellule nutrici che si trovano all’estremità anteriore della camera ovarica e sono trasportati all’interno dell’ovocita lungo il binario microtubulare.

Molti mRNA, come bicoid, oskar e Bicaudal-D possono essere isolati dalle frazioni cellulari insolubili ai detergenti, a suggerire la loro associazione al citoscheletro; inoltre, l’associazione di tali mRNA al citoscheletro è sensibile alla colchicina ma non alla citocalasina. La localizzazione del trascritto oskar, un determinante posteriore coinvolto nella specificazione della linea germinale, dipende dalla chinesina I (Lopez de Heredia et Jansen, 2004) che lo fa spostare verso l’estremo in accrescimento dei microtubuli nella regione posteriore dell’embrione. Staufen, una proteina “RNA binding” dotata di cinque domini di legame all’RNA a doppio filamento, è richiesta per la localizzazione e l’ancoraggio dell’mRNA di oskar al polo posteriore, probabilmente fungendo da “linker” tra il messaggero e la kinesina I (Martin et Ephrussi, 2009). Nei mammiferi, l’omologo della proteina Staufen (mStau) è implicato nella localizzazione degli mRNA nei dendriti dei neuroni (Lopez de Heredia et Jansen, 2004): esso fa parte di complessi ribonucleoproteici che utilizzano motori simili alla chinesina per spostarsi lungo i dendriti.

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13 In Drosophila l’mRNA materno di bicoid, che codifica per un fattore di trascrizione coinvolto nello sviluppo della testa e del torace, è strettamente localizzato nella parte anteriore dell’ovocita: la dineina, una proteina motrice associata all’estremo non in accrescimento dei microtubuli, trasporta il trascritto all’estremità anteriore dell’uovo, durante l’ovogenesi. Le proteine Swallow ed Exuperantia interagiscono con una sequenza presente nel 3’ UTR del trascritto ed a loro volta si associano alle dineine sui microtubuli, fungendo da linker tra i motori ed il cargo.

Vi sono numerosi esempi di trasporto di mRNA basato sulla kinesina II (motore proteico associato ai microtubuli e diretto verso l’estremità positiva), soprattutto nelle cellule nervose, tra cui la localizzazione dell’mRNA che codifica per la proteina basica della mielina (MBP) negli oligodendrociti e la localizzazione dell’mRNA Tau negli assoni e nei coni di crescita.

1.1.2.1

M

OVIMENTI DEGLI

mRNA

BASATI SUI MICROFILAMENTI DI ACTINA

Questi tipi di movimenti sono stati ampiamente studiati in due sistemi: il lievito Saccharomyces Cerevisiae ed i fibroblasti di pollo. Il lievito a gemmazione Saccharomyces Cerevisiae rappresenta un eccellente sistema modello per questi studi (Gonsalvez et al., 2005; Shepard et al., 2003). Uno degli mRNA la cui localizzazione è stata maggiormente studiata è ASH1 (Bertrand et al., 1998; Kwon et Schnapp, 2001; Muller et al., 2006; Gonsalvez et al., 2005; Maria Pia Cosma, 2004; Long et al., 2000; Paquin et Chartrand, 2008). ASH1 è espresso in cellule di S. cerevisiae in divisione durante l’anafase ed il suo trascritto si localizza all’estremità distale delle cellule figlie (Fig. 1), trasportato lungo i microfilamenti di actina verso l’estremità positiva, grazie a motori proteici (Gonsalvez et al., 2005; Maria Pia Cosma, 2004; Long et al., 2000; Paquin et Chartrand, 2008).

ASH1 codifica per un repressore traduzionale coinvolto nello “switching” del "mating type” in S. cerevisiae. La conversione (“switching”) dal tipo riproduttivo “a” al tipo “α” è determinata da

Fig. 1

a: distribuzione intracellulare dell’mRNA di ASH1, in cellule di S.

cerevisiae in divisione, visualizzata mediante ibridazione in situ con la sonda a DNA marcata con un fluorocromo rosso;

b: stessa cellula in divisione marcata

con DAPI, che mette in evidenza i nuclei. Immagini tratte da Gonsalvez, et al. (2005).

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14 un’endonucleasi, codificata dal gene HO. Tale endonucleasi è espressa unicamente dalla cellula madre ma non dalla cellula figlia. L’espressione asimmetrica dell’endonucleasi HO è regolata da Ash1p, una proteina “DNA binding” che agisce reprimendo la trascrizione di HO ed è accumulata esclusivamente nei nuclei delle cellule figlie. Dopo la gemmazione solo la cellula madre, che non eredita Ash1 e quindi non può reprimere l’endonucleasi HO, può cambiare il proprio “mating type” (Gonsalvez et al., 2005).

La localizzazione dell’mRNA della β-actina nel margine guida dei fibroblasti di pollo è regolata dalla proteina ZBP1 (“Zipcode Binding Protein 1”), una proteina “RNA binding” isolata dai fibroblasti embrionali di pollo capace di interagire con alta affinità ad un elemento di localizzazione presente nel 3’UTR dell’mRNA della β-actina; lo “zip code” è necessario e sufficiente per il “targeting” dell’mRNA alla periferia della cellula. ZBP1, interagendo con lo “zip code” nell’mRNA

β-actina, regola la corretta localizzazione dell’mRNP contenente la β-actina attraverso i

mocrofilamenti di actina, grazie al motore proteico miosina II. Inoltre, ZBP1 agisce da repressore traduzionale, impedendo la formazione del complesso ribosomale 80S. La fosforilazione ad opera della chinasi Src di un residuo di tirosina nella proteina ZBP1 risulta nella derepressione traduzionale (Rodriguez et al., 2008).

1.1.3

MACCHINARIO MOLECOLARE COINVOLTO NELLA

LOCALIZZAZIONE DEGLI mRNA: STRUTTURE “ZIP CODE” E

PROTEINE “RNA BINDING”

La corretta localizzazione degli mRNA all’interno della cellula è determinata in prima istanza da specifiche sequenze presenti negli mRNA, chiamati anche “zip code”, oltre che da proteine “RNA binding” che agiscono come fattori in trans (TAF) riconoscendo e legando tali sequenze. Tali fattori associati all’mRNA a livello delle sequenze di localizzazione formano un complesso ribonucleoproteico che, grazie all’associazione diretta ed indiretta con i motori molecolari, si sposta lungo i filamenti del citoscheletro, trasportando il trascritto alla destinazione finale all’interno della cellula dove, a seguito di una derepressione traduzionale, viene tradotto.

Gli “zip code” sono sequenze in cis presenti solitamente nel 3’UTR degli mRNA che mostrano una distribuzione localizzata nelle cellule eucariotiche; tali sequenze presentano un’elevata affinità per le proteine “RNA binding” (Kloc et al., 2002; Jambhekar et Derisi, 2007; Chabanon et al., 2004).

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15 La lunghezza degli “zip code” è molto variabile: da pochi nucleotidi fino a più di mille. Spesso sono presenti in più copie nel 3’UTR dei trascritti e presentano un certo livello di ridondanza funzionale: pur essendo in grado di dirigere il trascritto in uno specifico sito della cellula anche in singola copia, è necessaria la presenza di più copie dello “zip code” perché l’efficienza di localizzazione sia massima. Studi di mutagenesi hanno evidenziato che elementi di localizzazione differenti possono mediare “step” diversi del processo di localizzazione del messaggero. Sebbene non sia stata definita per gli “zip code” una sequenza consensus (Van De Bor et Davis, 2004; Lopez de Heredia et Jansen, 2004), sembra che essi possano svolgere la loro funzione in tipi cellulari diversi, riconosciuti da proteine “RNA-binding” comuni e condivise.

Più spesso gli “zip code” sono elementi di RNA caratterizzati da una struttura secondaria o terziaria specifica che di frequente si dimostra fondamentale per il legame a proteine “RNA binding” (Van De Bor et Davis, 2004). L’elemento di localizzazione dell’mRNA di bicoid ha un’organizzazione modulare: un elemento di 625 pb, presente nel 3’UTR, include vari elementi, chiamati BLE (“bicoid localization elements”):

-BLE1, costituito da 50 nucleotidi ed avente una struttura “stem loop”, è richiesto per la localizzazione precoce di bicoid, ovvero per il trasporto dell’mRNA dalle cellule nutrici all’ovocita (Fig. 2); altri due elementi, aventi anch’essi una struttura secondaria “stem loop”, prendono parte l’uno alle fasi più tardive della localizzazione del messaggero e l’altro all’ancoraggio del trascritto. Mutazioni che alterano la sequenza nucleotidica dei BLE, mantenendo intatta la struttura secondaria, sono compatibili con una corretta localizzazione dell’mRNA (Fig. 2).

Una caratteristica peculiare degli “zip code” è che essi sono in grado di dirigere la corretta localizzazione degli mRNA indipendentemente dalla sequenza ad essi adiacente sul trascritto, ovvero indipendentemente dal contesto in cui sono inseriti: la fusione dello “zip code” con un RNA “reporter” risulta in una distribuzione del trascritto “reporter” simile a quella osservata per l’ mRNA nativo.

L’mRNA di ASH1 contiene quattro elementi di localizzazione, tre dei quali (E1, E2A, E2B) si trovano nella sequenza codificante, mentre il quarto (E3) si estende in parte nella sequenza codificante ed in parte nel 3’UTR del trascritto (Fig. 2). Questi elementi presentano una struttura “stem loop” e sono necessari e sufficienti per la localizzazione del messaggero. E’ stato ipotizzato che la presenza di più elementi di localizzazione disposti in tandem nel trascritto sia necessaria per

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16 ottenere un’elevata concentrazione di proteine “RNA binding” in prossimità dell’mRNA (Martin et Ephrussi, 2009).

Proteine di legame agli “zip code” sono state isolate in diversi organismi. Per molte di esse è stato descritto il motivo di legame all’mRNA: può trattarsi di un dominio di legame all’RNA a doppio filamento, di un dominio RMM (“RNA recognition motif”) o di un dominio KH (“omologo alla proteina hnRNP K”). Come ho detto sopra, ZBP1 (“zip code binding protein 1”) è una proteina di 68 KDa che si lega all’elemento di localizzazione nell’mRNA della β-actina. Essa presenta due domini “RNA binding” di tipo RMM e quattro domini di legame all’mRNA di tipo KH, ciascuno dei quali ha una funzione diversa: i domini KH mediano il legame della proteina allo “zip code”, la formazione di una particella ribonucleoproteica e l’associazione del messaggero ai microfilamenti di actina; i domini RMM sono richiesti per la localizzazione della particella ribonucleoproteica contenente l’mRNA della β-actina (Martin et Ephrussi, 2009).

Ortologhi di ZBP1 sono stati identificati in Xenopus, in Drosophila, nel topo e nell’uomo e sono tutti coinvolti nella localizzazione dell’mRNA: l’ortologo di ZBP1 presente negli ovociti di

Fig. 2

Immagine modificata

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17 Xenopus è coinvolto nella localizzazione del trascritto Vg1 al polo vegetativo; ZPB1 è presente nei neuroni di mammifero, nei coni di crescita durante lo sviluppo embrionale e nei dendriti e nelle spine dendritiche nei neuroni adulti.

Uno dei fattori agenti in trans più studiati e da me già citato in questa introduzione è la proteina Staufen, che presenta 5 domini di legame all’mRNA, ciascuno dei quali lega l’RNA a doppio filamento ed è associato a funzioni diverse della proteina. Ad esempio, il dominio 2 è richiesto per la localizzazione dipendente dai microtubuli dell’mRNA di oskar; il dominio 5 è richiesto per la derepressione dell’mRNA localizzato di oskar e per la localizzazione dipendente dall’actina dell’mRNA di Prospero. Non è ancora chiaro se la proteina Staufen sia anche coinvolta nel legame del messaggero di oskar al motore proteico chinesina I, che lo trasporta all’estremità posteriore (Tekotte et Davis, 2002).

Sorprendentemente, ciascun dominio della proteina Staufen, da solo, può legare l’RNA a doppio filamento in maniera indiscriminata, suggerendo che siano altre proteine, facenti parte del complesso ribonucleoproteico, che forniscono la specificità di riconoscimento (Martin et Ephrussi, 2009).

La proteina hnRNP A2 è coinvolta nel trasporto dell’mRNA MBP (proteina basica della mielina) nei dendriti dei neuroni di mammifero.

La proteina FMRP è una proteina “RNA binding” che si localizza nei dendriti dei neuroni, dove può legarsi a numerosi trascritti, tra cui MAP1b, PSD95 ed il suo stesso mRNA, di cui reprime anche la traduzione; può associarsi direttamente alla chinesina e muoversi lungo i microtubuli, fungendo da “linker" tra l’mRNA che lega ed i microtubuli per trasportare il trascritto lungo il citoscheletro (Martin et Ephrussi, 2009).

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18

1.2

La localizzazione degli RNA nel Sistema Nervoso

Nel sistema nervoso la localizzazione degli RNA svolge un ruolo importante, sia durante lo sviluppo embrionale ed il differenziamento cellulare, che nell’organismo adulto, nei neuroni completamente differenziati. I neuroni maturi sono cellule altamente polarizzate: dal corpo cellulare, o soma, si dirama un esteso albero dendritico ed un lungo assone (Fig. 3). Mediante tali prolungamenti la cellula nervosa stabilisce molteplici sinapsi (fino a 10 mila), aventi ciascuna una distinta identità molecolare.

Una grande sfida biologica è comprendere come le estremità più distali dei neuroni comunichino con il corpo cellulare, data la natura così estesa e polarizzata della cellula nervosa.

Nel 1982 Steward e Levy osservarono per la prima volta a livello delle spine dendritiche, la presenza di poliribosomi, ossia gruppi di ribosomi adesi alla superficie esterna delle membrane del reticolo endoplasmatico, che rappresentano le unità attive della sintesi proteica. Fino ad allora, era convinzione comune che le proteine venissero sintetizzate nel corpo cellulare e da qui fossero trasportate lungo i prolungamenti citoplasmatici; la loro scoperta mise in luce la possibilità, rivelatasi poi veritiera, che i messaggeri, trascritti nel nucleo, venissero poi trasportati nelle sinapsi dei prolungamenti cellulari e qui tradotti in seguito all’arrivo di opportuni stimoli. Il neurone, in effetti, presenta compartimenti intracellulari funzionalmente distinti e altamente specializzati: tale compartimentalizzazione funzionale è mantenuta, almeno in parte, dalla localizzazione di specifici

Fig. 3

Immagine tratta da Giuditta et al., (2008).

Rappresentazione di un neurone di vertebrato maturo, avente un assone lungo 1 cm.

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19 RNA in domini cellulari distinti, tra cui gli assoni e i dendriti, e dalla loro sintesi proteica

localizzata.

La localizzazione di mRNA in specifici compartimenti intracellulari e la traduzione localizzata degli stessi costituiscono un meccanismo complessivamente vantaggioso per il neurone (Dahm R. et al., 2007), infatti:

1) la cellula nervosa è svincolata dalla necessità di regolare l’attività della proteina durante il

trasporto prima che questa raggiunga la sua destinazione finale; 2) nei prolungamenti cellulari le proteine sono tradotte in seguito all’arrivo di un opportuno

stimolo, a partire dai messaggeri precedentemente trasportati in queste sedi, in maniera più rapida di quanto non richiederebbe la trascrizione de novo del messaggero nel nucleo, la sua traduzione nel corpo cellulare e il trasporto della proteina neosintetizzata nei prolungamenti, talora molto lunghi;

3) attraverso il trasporto dei messaggeri e la loro traduzione presso la propria destinazione finale, i neuroni restringono spazialmente l’espressione genica: l’espressione di certi geni risulta così regolata in modo indipendente, nelle diverse regioni della cellula. Infatti, essendo il “pool” di mRNA localizzati nei diversi prolungamenti cellulari variabile, ciascuna sinapsi è resa capace di modulare la propria morfologia e funzione in maniera autonoma dalle altre; 4) la sintesi proteica localizzata permette alla cellula di limitare la quantità di proteina prodotta

a quella strettamente necessaria, nel sito dove è richiesta: ciò permette una risposta più economica della cellula agli stimoli;

5) infine, permette il rapido ritorno ai livelli proteici di riposo, nel momento in cui l’attività

biologica propria della proteina non si rende più necessaria.

Nei neuroni di mammifero, i trascritti nascenti si associano a fattori nucleari agenti in trans, coinvolti nella loro localizzazione; una volta nel citoplasma, ulteriori fattori in trans si associano all’mRNA, dando origine ad una particella ribonucleoproteica (RNP) di trasporto. Attraverso motori proteici, quali chinesine e dineine, le RNP sono trasportate lungo i microtubuli, nei dendriti. Durante il trasporto, la loro traduzione è repressa, attraverso diverse strategie (Fig. 4). Probabilmente, le RNP sono ancorate ad uno specifico sito nel dendrita (Fig. 4, inserto 1), ad esempio alla base delle spine dendritiche, attraverso un meccanismo ancora da chiarire. Una specifica stimolazione sinaptica rilascia la repressione traduzionale sui messaggeri localizzati, permettendo così la loro traduzione localizzata (Fig. 4, inserto 2).

(13)

20

Gli mRNA sono trasportati nei neuroni per mezzo di granuli di grandi dimensioni (contenenti, oltre al messaggero, proteine “RNA binding”, ribosomi e fattori traduzionali)

in maniera rapida, bidirezionale e dipendente dai microtubuli.

Nei neuroni, specifici mRNA e proteine di legame all’RNA sono contenuti all’interno di “spot” dendritici, noti come “puncta”. Più propriamente, è possibile distinguere, nel citoplasma delle cellule nervose, una serie di strutture macromolecolari tra le quali i messaggeri si muovono in maniera dinamica (Sossin S. et al., 2006):

 I polisomi, contenenti mRNA attivamente tradotti, associati a proteine “RNA binding” e ribosomi;

 I corpi P, che sono siti di immagazzinamento e di degradazione degli mRNA soggetti a repressione traduzionale, probabilmente a livello dell’inizio della traduzione. Contengono sia enzimi coinvolti nel “decapping” dei messaggeri che endonucleasi;

 Granuli associati allo stress, che contengono RNA messaggeri associati alla subunità

ribosomale 40 S, la cui traduzione, in condizioni di stress cellulare, è inibita dalla fosforilazione del fattore di inizio della traduzione eIF2α, che ne impedisce il legame alla proteina adattatrice eIF2G, coinvolta nel reclutamento dei ribosomi sui messaggeri. Proteine “RNA binding” specifiche, tra cui Pumilio, sono contenute in tali granuli. A seguito del

Fig. 4

Immagine tratta da Dahm R. et al., 2007.

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21 distacco della subunità ribosomale piccola, gli mRNA, presenti in queste strutture, sono inviati e degradati nei corpi P, probabilmente a seguito di un’interazione diretta tra le due strutture;

 Complessi mRNP, che contengono mRNA la cui traduzione è repressa dai miRNA, ed altri

componenti del complesso RISC, che prende parte al silenziamento degli mRNA mediato dai miRNA, quali le proteine Argonaute e DICER, ed il repressore traduzionale FMRP, associato ad una forma genetica di ritardo mentale, la sindrome dell’X fragile. Non è ancora chiaro se i miRNA blocchino la traduzione degli mRNA a livello della fase di inizio o di elongazione della sintesi proteica;

 Particelle di trasporto, coinvolte nel trasporto degli mRNA non associati ai ribosomi; tali

strutture, coinvolte nella localizzazione dei trascritti, sono state caratterizzate solo parzialmente; rimane da stabilire l’identità degli adattatori, che fungono da “linker” tra le particelle ribonucleoproteiche ed il macchinario di trasporto basato sui microtubuli, e delle proteine di ancoraggio, che mediano l’interazione della particella ribonucleoproteica con il suo “target”, una volta raggiunta la destinazione finale;

 Granuli ad RNA, che hanno la funzione di reprimere gli mRNA presenti all’interno di essi.

Tali strutture contengono proteine nucleari, come le proteine eterogenee nucleari hnRNP, a suggerire che la formazione dei granuli ad RNA inizia nel nucleo; proteine dotate del motivo di legame all’RNA di tipo “DEAD box”. Non è ancora chiaro se i granuli ad RNA siano strutture tra di loro omogenee oppure possano esserne distinte diverse tipologie sulla base della composizione proteica e del tipo tissutale (embrionale o adulto, neuronale o gliale) in cui sono presenti.

In conclusione, poco si sa sulla composizione molecolare delle RNP di trasporto e su come queste interagiscano con le proteine motrici. Non è ancora chiaro se tutti i messaggeri localizzati siano trasportati in una particella ribonucleoproteica comune o se esistano RNP specifiche per i diversi mRNA o per insiemi di trascritti. Solo per pochissimi fattori in trans è stato dimostrato il coinvolgimento nella localizzazione di specifici messaggeri nei neuroni.

Anche nei neuroni, come in altri tipi cellulari, il trasporto di mRNA è intimamente associato alla repressione traduzionale, per evitare che la proteina neosintetizzata si distribuisca in maniera diffusa nei dendriti; per questo motivo, le particelle contenenti RNA, in movimento verso la loro destinazione finale, devono mantenere i messaggeri in uno stato traduzionalmente silente: per gli

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22 RNA presenti nelle particelle di trasporto, che sono associati ai ribosomi, la repressione traduzionale avviene a livello dell’inizio della traduzione; per gli mRNA immagazzinati nei granuli ad RNA, la repressione è a livello della fase di elongazione.

Al momento attuale si conoscono differenti meccanismi di repressione traduzionale, descritti in organismi diversi come Drosophila, Xenopus laevis e nei mammiferi (Sossin et al., 2006) che

ho qui sotto sinteticamente elencato:

 eIF4E è un fattore di inizio della traduzione che si lega al “cap” metilato posto al 5’ degli mRNA eucariotici e, associandosi alla proteina adattatrice eIF4G, interagisce con il ribosoma. La proteina di legame ad eIF4E (eIF4E-BP) reprime la traduzione, impedendo il legame di eIF4E alla proteina adattatrice eIF4G e quindi il legame del messaggero al ribosoma. La capacità della proteina eIF4e-BP di associarsi a eIF4E è regolata mediante fosforilazione.

 Nella regione 3’UTR di specifici mRNA dendritici, come l’mRNA della αCaMKII, è stato caratterizzato un elemento in cis, l’elemento di poliadenilazione citoplasmatico (CPE), capace di promuovere la traduzione dei messaggeri, in risposta ad opportuni stimoli.

 Nei neuroni, la stimolazione conduce alla poliadenilazione dei messaggeri; è stato proposto che proteine di legame all’RNA come Pumilio si leghino al 3’UTR dei messaggeri e reclutino altri fattori, che promuovono la deadenilazione e quindi la repressione traduzionale dei messaggeri.

 Il legame di alcune proteine all’RNA presente nei granuli potrebbe reprimerne la traduzione: ZBP si legaal 3’UTR dell’mRNA della β-actina e ne reprime la traduzione (Huttelmaier et al., 2005); hnRNP-A2 è implicata nel trasporto dell’mRNA della proteina basica della mielina negli oligodendrociti e sembra reprimerne la traduzione, attraverso il legame a hnRNP-E1 (Kosturko et al., 2006); FMRP è un repressore traduzionale, fortemente implicato nella regolazione della traduzione degli mRNA nei dendriti (Bagni et al., 2005).

 I miRNA sembrano rappresentare il meccanismo prevalente di repressione traduzionale nei neuroni. E’ stato dimostrato che i miRNA sono coinvolti nella repressione degli mRNA localizzati nei dendriti: in particolare dell’mRNA di CAMKII in Drosophila (Ashraf et al., 2006) e dell’mRNA di LIMK durante lo sviluppo dei neuriti nei mammiferi (Schratt et al., 2006). Un miRNA può reprimere più messaggeri. Rimane da spiegare se, l’associazione miRNA-particella ribonucleoproteica e la repressione traduzionale del messaggero mediata dai miRNA, avvengano già durante il trasporto o solo dopo che tale particella ha raggiunto la destinazione finale: studi in Drosophila suggeriscono che i miRNA reprimono la traduzione del

(16)

23 messaggero “target”, solo nel corretto sito di localizzazione e non durante il trasporto (Ashraf et al., 2006).

Nei granuli ad RNA, sono state trovate (Elvira et al.,2006) proteine omologhe ai fattori che reprimono la traduzione di nanos in Drosophila, quando il trascritto è già associato ai polisomi, come particolari proteine hnRNP e chaperon (Nac alpha e TCP chaperon).

1.2.1

LOCALIZZAZIONE

DEGLI

RNA

NEI

DENDRITI

La maggior parte degli RNA nei neuroni è localizzata nel CORPO CELLULARE ma un sottoinsieme di RNA è trasportato nei dendriti dei neuroni completamente differenziati. La loro traduzione localizzata potrebbe contribuire alla plasticità sinaptica, ovvero alle modificazioni strutturali e funzionali che sottendono i processi cognitivi, come la memoria e l’apprendimento. Sebbene l’uso di sofisticate e sensibili tecniche innovative di visualizzazione degli RNA e dei microarray abbia permesso di ampliare notevolmente il numero di RNA noti, presenti nei prolungamenti neuronali (assoni e dendriti; Eberwine et al. 2001), i primi esempi documentati di RNA localizzati nei dendriti sono i seguenti (Dahm et al. 2007):

 Chinasi calcio-calmodulina dipendente di tipo 2 α (CaMKIIα): la chinasi calcio calmodulina

dipendente di tipo 2 (CaMKII) è una serin-treonin chinasi, presente in molti tessuti e particolarmente abbondante nei neuroni. Esistono diverse varianti di questo enzima, derivate dallo splicing alternativo del trascritto primario, codificato da 4 geni (α,β,γ,δ). Nei neuroni adulti, la CaMKII è composta da due subunità (α e β) e solo l’mRNA codificante per la subunità

α è localizzato nelle regioni più distali dei dendriti. L’mRNA CamKII2α è localizzato nei

dendriti dei neuroni ippocampali, sotto forma di granuli ad RNA, attraverso un pathway comune ad altri messaggeri che coinvolge la proteina in trans hnRNPA2 (Gao et al., 2008). La localizzazione di questo mRNA permetterebbe di regolare l’espressione della proteina in maniera specifica ed indipendente nelle diverse spine dendritiche; qui l’enzima è coinvolto nei meccanismi che regolano la memoria.

 MAP2: proteina associata ai microtubuli di tipo II, coinvolta nel controllo della stabilità del

citoscheletro dei dendriti. E’ stato dimostrato in vivo che l’mRNA di MAP2 è localizzato nelle regioni dendritiche più prossimali (Steward et al., 1995) e che una regione di 640 nt che costituisce il 3’UTR di MAP2 è necessaria e sufficiente per localizzare un trascritto reporter nei dendriti dei neuroni ippocampali (Blichenberg et al., 1999). Le proteine MARTA1 e MARTA2

(17)

24 sono probabili fattori in trans, coinvolti nella localizzazione di tali messaggeri (Rehbein et al., 2000; Rehbein et al., 2002), anche se il loro ruolo deve essere ulteriormente indagato.

 Arc: codifica per una proteina che interagisce con il citoscheletro dei neuroni. Durante l’attività

sinaptica, in risposta ad una stimolazione elettrica o all’attivazione del recettore NMDA (N-metil D-aspartato), il gene Arc è sovraespresso ed il suo mRNA si localizza nei dendriti, nei siti di attivazione, dove la proteina è sintetizzata e sembra partecipare alla regolazione di importanti processi cognitivi, come l’apprendimento e la memoria.

 β-actina: l’mRNA della β-actina contiene un elemento di 54 nt (LE), chiamato “zipcode”, nel

suo 3’UTR, riconosciuto dal fattore in trans ZBP, proteina coinvolta sia nella localizzazione del messaggero che nella sua attivazione traduzionale (vedi prima parte introduzione). Questo trascritto è localizzato nei coni di crescita dei neuriti in via di sviluppo (vedi sotto) dove il suo ruolo è stato maggiormente caratterizzato; tuttavia, è stato visto che la depolarizzazione neuronale causa un rapido movimento della mRNP contenente questo trascritto dal corpo cellulare nei dendriti. I meccanismi di localizzazione dell’mRNA della β-actina nei dendriti maturi ed il suo ruolo a livello post-sinaptico devono essere ancora caratterizzati.

 RNA non codificanti:

1. BC1: trascritto di 152 nt generato dalla RNA Polimerasi II, i cui livelli di espressione sono

regolati dall’attività neuronale e la cui espressione ha inizio in concomitanza con l’innescarsi della sinaptogenesi, nei neuroni in coltura. BC1 si associa con FMRP, un repressore traduzionale, sebbene la natura ed il significato funzionale della loro interazione sia oggetto di indagini;

(18)

25

1.2.2

LOCALIZZAZIONE

DEGLI

RNA

NEGLI

ASSONI

Il ruolo della sintesi proteica localizzata negli assoni è stato indagato solo di recente. Nell’assone mie linizzato, i ribosomi e gli RNA sono localizzati in domini periferici distinti, ricchi di actina F, noti come placche ribosomali periassoplasmiche (PARP; Koenig et al., 1996; Koenig et al., 2000). Fino ad ora, sono stati individuati soltanto pochi mRNA localizzati negli assoni dei vertebrati, tra cui la β-actina, la β-tubulina, il recettore degli oppioidi k, ADF (il fattore di depolimerizzazione dell’actina), RhoA e la cofilina (Hengst et Jaffrey, 2007). Il fatto che solo una piccola frazione di proteine assoniche siano sintetizzate localmente suggerisce che queste proteine possiedano alcune proprietà uniche o svolgano funzioni che rendono necessaria la loro sintesi proteica localizzata (Hengst et Jaffrey, 2007). In effetti, la sintesi proteica localizzata è coinvolta sia nella crescita del cono assonico nei neuroni in via di sviluppo che, nell’organismo adulto, durante la rigenerazione assonica a seguito di un danno. Durante lo sviluppo, l’assone in crescita si dirige verso uno specifico target cellulare, in risposta a stimoli attrattivi e repulsivi provenienti dall’ambiente extracellulare, come netrine, semaforine, efrine e proteine slit (Lin et Holt, 2008), in un processo noto come “axon guidance”. La crescita del prolungamento è guidata dall’estremità dell’assone, il cono assonico, che non procede in maniera retta, ma piuttosto “esplora” il suo percorso sul substrato (Gilbert, 2005). Il cono assonico riceve gli stimoli e li trasduce in informazioni per la navigazione, in maniera piuttosto autonoma dal corpo cellulare, tanto che mantiene la capacità di navigare in maniera corretta, anche se il corpo cellulare è rimosso, sia in vivo che in vitro; la sintesi proteica localizzata nell’assone, in riposta a stimoli extracellulari, potrebbe contribuire all’indipendenza del cono di crescita dal corpo cellulare nel processo di “axon guidance”.

In particolare, è stato proposto un modello (Lin et Holt, 2008) in cui stimoli attrattivi e repulsivi inducono, in un sito del cono di crescita ben definito spazialmente, la sintesi di proteine che, rispettivamente, assemblano o disassemblano il citoscheletro. La sintesi proteica localizzata è ottenuta mediante il trasporto e l’attivazione traduzionale asimmetrica di mRNA (ad esempio la β-actina o la cofilina) specifici, a seconda della natura attrattiva o repulsiva della molecola che costituisce lo stimolo. L’arricchimento di specifiche proteine in specifici punti all’interno del cono di crescita sembra essere importante nel definire la direzione di accrescimento dell’assone (Hengst et Jaffrey, 2007).

Ad esempio, la β-actina è tradotta in maniera asimmetrica nel cono di crescita assonica, in risposta al segnale repulsivo della netrina-1 (Yao et al., 2006). Tuttavia, la maggior parte della proteina

(19)

β-26 actina presente negli assoni è trasportata dal corpo cellulare (Willis et al., 2005). Probabilmente, la

β-actina derivata dal corpo cellulare potrebbe essere coinvolta nel mantenimento del citoscheletro o

nel movimento generale degli assoni, mentre la β-actina tradotta localmente, in maniera asimmetrica, si deposita in siti specifici nel cono di crescita e definisce la direzione di accrescimento. Similmente, anche nei fibroblasti, la β-actina tradotta localmente nel margine guida è coinvolta nel definire la direzionalità del movimento cellulare (Shestakova et al., 2001).

Gli assoni dei neuroni in via di sviluppo contengono mRNA codificanti per la proteina di legame all’elemento di risposta all’AMP ciclico (CREB). La proteina CREB è tradotta negli assoni in risposta alla neurotrofina NGF (fattore di crescita nervoso) ed è trasportato nel corpo cellulare dove attiva la trascrizione di geni coinvolti nella sopravvivenza cellulare. Questo esempio illustra come il traffico retrogrado di una proteina, in questo caso un fattore di trascrizione, renda possibile la risposta cellulare a segnalazioni presenti a livello delle regioni assoniche più distali (Cox et al., 2008). Tau è una proteina neuronale del citoscheletro, coinvolta nella stabilizzazione e nell’assemblaggio dei microtubuli, nel trasporto assonico e nella crescita dei neuriti. L’attività di Tau è modulata mediante fosforilazione in uno specifico sito; alterazioni dello stato di fosforilazione della proteina sembrano associati a malattie neurodegenerative, come la malattia di Alzheimer (Johnson et Stoothoff, 2004). L’mRNA di tau è localizzato in granuli discreti, contenenti ribosomi, associati ai microtubuli, presenti nel corpo cellulare, lungo l’assone e nel cono di crescita, come dimostrato in cellule nervose in vivo (Aronov et al., 2001). Un frammento di 240 pb nel 3’UTR del trascritto è necessario e sufficiente per la sua corretta localizzazione; il trascritto si colocalizza con la proteina tradotta tau nel corpo cellulare e nell’assone (Aronov et al., 2001). Nei granuli contenenti l’mRNA tau è stata isolata la proteina di legame all’RNA HuD e KIF3A, una chinesina coinvolta nel trasporto anterogrado. L’mRNA di tau si localizza per mezzo di granuli ad RNA, mediante un meccanismo di trasporto attivo, mediato dai microtubuli (Aronov et al., 2002). La traduzione assonica localizzata sembra essere una caratteristica peculiare degli assoni in via di sviluppo; probabilmente la maggior parte degli assoni maturi di vertebrato hanno una capacità minima o nulla di sintetizzare le proteine localmente, a differenza degli assoni di invertebrati che sembrano avere RNA messaggeri localizzati negli assoni. Durante lo sviluppo assonico, deve esistere uno “switch” da un assone avente la capacità di tradurre localmente le proteine ad un assone maturo, privo di tale capacità (Hengst et al., 2007).

E’ noto solo un esempio di mRNA localizzati e tradotti negli assoni maturi di vertebrato: i messaggeri che codificano per la proteina marker olfattiva (OMP) e vari recettori di odoranti nei

(20)

27 terminali assonici dei neuroni sensoriali che proiettano al bulbo olfattivo (Ressler et al., 1994; Vassar et al., 1994; Wensley et al., 1995). Si tratta di un tipo di cellula nervosa anomala, dato che ha la capacità di rigenerare. Recentemente, è stato dimostrato che la traduzione degli mRNA che codificano per i recettori degli odoranti negli assoni è regolata durante lo sviluppo (Dubacq et al., 2009). Il tasso di traduzione di questo messaggero è massimo subito dopo la nascita e durante la rigenerazione che segue una lesione assonica nell’organismo adulto.

Negli assoni maturi, a seguito di una lesione, la sintesi proteica localizzata permette la formazione di un cono di crescita; negli assoni danneggiati, in aggiunta, sono sintetizzate localmente proteine che attraverso il trasporto retrogrado raggiungono il corpo cellulare, dove potenziano le risposte rigenerative (Twiss et al., 2006).

Se gli assoni contengono RNA due modelli divengono possibili:

- gli RNA assonali possono derivare esclusivamente dal corpo cellulare ed essere trasportati nel neurite mediante un meccanismo di trasporto intracellulare (parte A, figura sotto),

- un’altra sorgente potenziale degli RNA assonali, aggiuntiva al soma, potrebbe essere rappresentata dalle cellule gliali periassonali (parte B, figura sotto), dato che esistono siti di interfaccia tra la membrana plasmatica delle cellule gliali/di Schwann e l’assone, a livello dei quali potrebbe aver luogo un trasporto trans-cellulare (Sotelo-Silveira et al., 2006). Tale ipotesi è supportata da evidenze sperimentali (Sotelo-Silveira et al., 2006; Giuditta et al., 2008), anche se una dimostrazione definitiva del trasferimento di mRNA e ribosomi, dal corpo cellulare all’assone non è stata fornita (Sotelo-Silveira et al., 2006).

Fig. 5

Immagine tratta da Giuditta et al., 2008. Rappresentazione

schematica delle due possibili origini cellulari degli RNA assonali nei neuroni differenziati.

(21)

28 Sta sempre più emergendo come difetti nella localizzazione degli mRNA nei dendriti e negli assoni siano associati a malattie neurologiche (Dahm et Macchi, 2007).

1) La sindrome dell’X fragile (FSX) è una forma ereditaria di ritardo mentale, causata dalla perdita di funzione del gene FMR1 (“Fragile Mental Retardation Protein”) e caratterizzata, a livello cerebrale, da un aumento della densità delle spine dendritiche che, in aggiunta, assumono una morfologia abnorme, simile a spine immature. Il gene FMR1 codifica per la proteina FMRP coinvolta nella localizzazione di specifici mRNA target nei dendriti e nella regolazione della loro traduzione a livello sinaptico, in risposta a stimolazioni come l’attivazione del recettore metabotropico del glutammato (Antar et al., 2004). FMRP è una proteina “RNA binding” che agisce da repressore traduzionale; presenta tre domini di legame all’RNA: due domini di omologia alla ribonucleoproteina K (domini KH), una regione ricca in residui di arginina e glicina (RGG box) e un dominio helix-loop-helix-Tudor N-terminale (Zalfa et Bagni, 2004), ciascuno dei quali interagisce con specifici RNA e proteine.

2) L’atrofia muscolare spinale (SMA) è una malattia neurodegenerativa, causata da mutazioni recessive nel gene SMN1, che codifica per una proteina coinvolta nella trascrizione, nello “splicing” e nell’assemblaggio dei ribosomi; recentemente è stato dimostrato che SMN1 è un componente di alcune RNP (Meister et al., 2002); inoltre, SMN è stata individuata negli assoni dei motoneuroni spinali maturi in vivo (Pagliardini et al., 2000) e nei neuriti e nei coni di crescita dei motoneuroni durante lo sviluppo (Pagliardini et al., 2000; Zhang et al., 2003) e potrebbe essere coinvolta nell’assemblaggio e nella localizzazione di RNP contenenti specifici mRNA nei neuriti dei motoneuroni durante lo sviluppo (Gabanella et al., 2005), mediando le interazioni tra proteine “RNA binding” e mRNA target.

3) L’atassia spino cerebellare (SCA) è una malattia neurodegenerativa causata dall’espansione di una tripletta nel gene ATXN8OS, che codifica per un RNA non codificante, probabilmente localizzato nei neuriti (Dahm et Macchi, 2007).

(22)

29

1.3 La retina neurale: una componente del SNC

La retina è la più interna delle tre tuniche che costituiscono la parete del bulbo oculare. Strutturalmente può essere suddivisa in due porzioni: un foglietto più esterno, l’epitelio pigmentato, ed un foglietto più interno di natura neurale, la retina sensoriale. L’epitelio pigmentato della retina è costituito da cellule pigmentate, aventi principalmente funzione trofica. La retina neurale è una componente del Sistema Nervoso Centrale (SNC), facilmente accessibile, perché dislocata in periferia e costituita da un numero di tipi cellulari inferiore rispetto ad altri distretti del SNC. Per queste ragioni, la retina costituisce un modello preferenziale per lo studio dei processi di differenziamento cellulare nel SNC.

La retina deriva da un’evaginazione del prosencefalo, chiamata vescicola ottica che, in seguito ad un evento di invaginazione, forma la coppa ottica, costituita da due epiteli sovrapposti, la retina neurale e l’epitelio pigmentato. Nei Vertebrati la retina è inversa: i fotorecettori, infatti, sono disposti nello strato più esterno della retina neurale, di conseguenza lo stimolo luminoso deve attraversare tutti gli altri strati della retina prima di arrivare al segmento esterno dei fotorecettori che contiene le molecole di pigmento visivo specializzato per catturare la luce. Giunta a completa maturazione, la retina di Vertebrato risulta principalmente costituita da cinque tipi di neuroni e da un tipo di cellula gliale, disposti in più strati cellulari sovrapposti.

Ogni tipo cellulare è caratterizzato da una propria morfologia ed una funzione specifica. Procedendo dall’epitelio pigmentato verso il cristallino, incontriamo diversi strati cellulari, come mostrato in Fig. 6, ovvero:

 Lo strato nucleare esterno comprende i fotorecettori, le cellule deputate alla conversione gli stimoli luminosi in potenziali elettrici graduati (trasduzione). Esistono due tipi di fotorecettori: i coni, deputati alla visione diurna, e i bastoncelli, deputati alla visione notturna.

 Lo strato interplessiforme esterno comprende i dendriti delle cellule bipolari e delle cellule amacrine che, a livello di tale strato, formano sinapsi con i peduncoli ottici dei fotorecettori;

 Lo strato nucleare interno è costituito da tre tipi di interneuroni, le cellule bipolari, le cellule amacrine e le cellule orizzontali.

(23)

30 Le cellule bipolari stabiliscono sinapsi sia con i fotorecettori che con le cellule gangliari e dunque trasferiscono l’informazione entrante alle cellule gangliari; le cellule orizzontali sono deputati all’integrazione dei segnali entranti dai fotorecettori; le cellule amacrine sono neuroni associativi, che contattano le cellule bipolari e le cellule gangliari a livello dello strato plessiforme interno. Alcune cellule amacrine si trovano nello strato delle cellule gangliari e sono definite displaced. Inoltre questo strato comprende i nuclei delle cellule di Muller, l’unico tipo di cellula gliale presente nella retina, i cui prolungamenti si estendono nell’intero spessore della retina, dalla membrana limitante interna alla membrana limitante esterna.

 Lo strato interplessiforme interno contiene i prolungamenti delle cellule bipolari e delle cellule amacrine che stabiliscono sinapsi con le cellule gangliari.

 Lo strato delle cellule gangliari comprende i nuclei di tali cellule, che, con i loro prolungamenti, costituiscono il nervo ottico, il quale trasferisce l’impulso elettrico dalla retina ai centri encefalici superiori, deputati all’elaborazione dello stimolo visivo.

Come per tutte le altre strutture del SNC, la retina deriva da un epitelio monostratificato, costituito da progenitori neurali retinici proliferanti, chiamati retinoblasti.

I retinoblasti vanno incontro a divisioni cellulari che, in una prima fase, ne aumentano il numero

(fase proliferativa) ed in seguito generano cellule neuronali post-mitotiche (fase neurogenetica).

Fig. 6

Schema della struttura

pluristratificata della retina dei Vertebrati.

(24)

31 Le cellule della retina vengono generate in una sequenza ordinata ed evolutivamente conservata (fig.7).

Un singolo progenitore può generare tutti i tipi cellulari della retina, ovvero i progenitori retinici sono multipotenti; affinché un retinoblasto possa generare diversi tipi di cellule a tempi diversi deve necessariamente andare incontro a divisioni cellulari asimmetriche, ovvero divisioni cellulari che generano un progenitore ancora proliferante e una cellula post-mitotica che va incontro a differenziamento terminale (Fig. 8).

La competenza differenziativa di un retinoblasto (ovvero la capacità di un progenitore di generare un tipo cellulare retinico, piuttosto che un altro) cambia nel corso della retinogenesi: secondo il modello proposto da Livesey e Cepko (2001), ogni progenitore attraversa una serie di stati di competenza, finestre temporali in cui è favorita la generazione di un certo tipo cellulare (Fig. 8).

Fig. 7

Immagine tratta da Marquadt et al., 2002. La sequenza cronologica con cui sono generati i diversi tipi cellulari retinici è conservata nei Vertebrati. La figura si riferisce allo sviluppo embrionale murino.

(25)

32 Ogni strato di competenza è definito da una combinazione diversa di fattori intrinseci (proprietà del progenitore) e fattori estrinseci (proprietà dell’ambiente circostante).

Tra i fattori intrinseci, vi sono i geni “homeobox”, fattori di trascrizione caratterizzati da un dominio di legame al DNA di 60 amminoacidi, detto omeodominio. Diversi geni “homeobox” partecipano allo sviluppo dell’occhio e tra questi alcuni sono espressi anche nelle fasi più tardive, quando ha luogo il differenziamento neurale. I geni Otx, geni ortologhi al gene orthodenticle di Drosophila, sono necessari allo sviluppo dell’occhio e sono coinvolti nella specificazione delle regioni anteriori del neuroectoderma. Infatti topi knockout Otx2-/- mancano di prosencefalo e mesencefalo (Acampora et al. 1995), mentre la sovraespressione di Xotx2 (e Xotx5b) in embrioni di Xenopus produce ghiandole del cemento e tessuti neurali ectopici (Andreazzoli et al., 1997; Vignali et al., 2000). In Xenopus, il gene Xotx2 è coinvolto nella specificazione delle cellule bipolari (Nishida et al., 2003), mentre il gene Xotx5b è coinvolto nella specificazione dei fotorecettori (Viczian et al., 2003). I fotorecettori e le cellule bipolari sono i neuroni retinici generati per ultimi sia in Xenopus laevis che nei mammiferi. La traduzione degli mRNA di Xotx2 e di Xotx5b è regolata nel tempo a livello post-trascrizionale e segue in parallelo la generazione, rispettivamente,dei fotorecettori e delle cellule bipolari.

Fig. 8

Modello degli stati di competenza. (a) Cambiamento della competenza differenziativa di un progenitore

nel corso del tempo. (b) Progenitore multipotente che genera diversi tipi cellulari con divisioni asimmetriche. Immagine tratta da Livesey et Cepko (2001).

(26)

33 Mediante esperimenti di ibridazione in situ (segnale rosso fig. 9, Decembrini et al., 2006) è stato visto che, nella retina di Xenopus laevis, gli mRNA di Xotx2 e di Xotx5b sono espressi in maniera simile e diffusa nei progenitori retinici. A stadio 37, l’mRNA di Xotx5b è espresso nei fotorecettori e nelle cellule bipolari, mentre l’mRNA di Xotx2 è espresso nelle cellule bipolari; a stadio 42, nella retina matura, Xotx2 è espresso nelle cellule bipolari e Xotx5b nei fotorecettori e nelle cellule bipolari.

Esperimenti di immunolocalizzazione (segnale verde fig.9, Decembrini et al., 2006) hanno indicato che la sintesi delle proteina Xotx2 e Xotx5b avviene secondo la stessa successione temporale con cui sono generati i corrispondenti tipi cellulari: a stadio 34, solo la proteina Xotx5b è visibile in pochi nuclei apicali; mentre la proteina Xotx2 è rivelabile ad alti livelli solo a partire da stadio 38-39. Dunque, esiste una sfasatura temporale tra la localizzazione degli mRNA e la sintesi delle corrispondenti proteine: i geni Xotx2 e Xotx5b sono dunque soggetti a regolazione post-trascrizionale. La traduzione degli mRNA di Xotx2 e di Xotx5b dipende dalla progressione del ciclo cellulare: bloccando il ciclo cellulare con trattamenti farmacologici, è bloccata la traduzione degli mRNA di Xotx2 e di Xotx5b. Segnali in cis nel 3’UTR di tali geni sono sufficienti per la regolare la traduzione di questi geni: in retine lipofettate con sensori, costituiti dal 3’UTR dei geni a valle della sequenza codificante per la GFP l’espressione della GFP nel tempo mima la traduzione della proteina corrispondente (Decembrini et al., 2006).

Fig. 9.Regolazione post-trascrizionale dei geni Xotx2 e Xotx5b, durante la retinogenesi di

Xenopus. Ibridazione in situ (rosso) ed immunoistichimica (verde) di Xotx2 e di Xotx5b in varie

(27)

34 Cosa regola la traduzione degli mRNA di Xotx2 e di Xotx5b, riconoscendo il 3’UTR di tali mRNA? Possibili interattori e regolatori tradizionali di tali messaggeri potrebbero essere i miRNA (che agiscono sempre da repressori traduzionali) e le proteine “RNA binding” (che possono funzionare sia da attivatori che da repressori tradizionali).

Ipotesi: segregazione asimmetrica dei trascritti di Xotx2 e di Xotx5b durante la retinogenesi di

Xenopus laevis. A stadi precoci, tali mRNA potrebbero essere espressi in maniera diffusa nei

progenitori; potrebbero poi localizzarsi apicalmente nei progenitori e quindi segregare in maniera specifica in un certo tipo cellulare, attraverso divisioni cellulari asimmetriche. Su questa ipotesi ritornerò nello spiegare lo scopo della mia tesi.

1.3.1

CONCETTO DI “DIVISIONE CELLULARE ASIMMETRICA”

Il tipo di divisione che una cellula adotta costituisce una delle modalità con cui è generata la diversità cellulare durante lo sviluppo embrionale (Tajbakhsh et al., 2009). Una divisione cellulare “simmetrica” genera due cellule figlie tra di loro identiche che potranno mantenersi tali oppure diversificare il proprio destino, se si troveranno in ambienti diversi (segnali estrinseci). Una divisione cellulare è detta “asimmetrica” se genera due cellule figlie caratterizzate da dimensioni, potenzialità differenziative oppure profili di espressione genica differenti (Knoblich, 2008). In particolare, una divisione cellulare asimmetrica può generare una cellula che andrà incontro a “self-renewal” (autorinnovamento) e una cellula “commited”, ovvero indirizzata verso un certo destino cellulare.

L’asimmetria della divisione cellulare può derivare da una ineguale distribuzione di determinanti cellulari tra le cellule figlie, oppure nel caso in cui i regolatori del “self-renewal” siano ereditati esclusivamente da una delle due cellule figlie (meccanismo intrinseco); in alternativa la cellula staminale può dipendere dal contatto con la nicchia di cellule staminali e per mantenere il suo potenziale di “self-renewal” (meccanismo estrinseco, Knoblich, 2008).

Le divisioni cellulari asimmetriche e simmetriche risultano in un’espansione, rispettivamente lineare ed esponenziale, della popolazione cellulare.

(28)

35 I neuroblasti di Drosophila costituiscono i progenitori del sistema nervoso centrale e rappresentano un modello ben noto per lo studio delle divisioni cellulari asimmetriche (Knoblich, 2008). I neuroblasti vanno incontro a più cicli di divisioni cellulari asimmetriche; durante ogni divisione, originano una cellula apicale di dimensioni maggiori che mantiene le proprietà del neuroblasto ed una cellula più piccola basale, chiamata cellula madre gangliare (GMC), che si divide solo un’altra volta per generare due neuroni in differenziamento (Wirtz-Peitz et al., 2008). Studi recenti hanno dimostrato che il rapporto apico/basale tra i determinanti giuoca un ruolo critico nella specificazione dell’identità neuroblasto/GMC e che l’orientamento apico-basale del fuso mitotico promuove il differenziamento neuronale, permettendo la produzione di una cellula basale con un alto rapporto apico-basale dei determinanti del destino cellulare (Cabernard et Doe, 2009).

1.3.2

DIVISIONI CELLULARI ASIMMETRICHE NELLA RETINA

Nella retina sembra esistere un’associazione tra l’orientamento del fuso mitotico e l’acquisizione del destino cellulare (Tajbakhsh et al., 2009): un fuso mitotico disposto orizzontalmente (divisione planare rispetto al neuroepitelio) produce cellule figlie morfologicamente simili, mentre un fuso mitotico verticale (divisione perpendicolare) tende a produrre cellule figlie morfologicamente distinte (Tajbakhsh et al., 2009).

L’importanza dell’orientamento del fuso mitotico è confermata da esperimenti di “RNA interference”: la perdita di funzione della proteina di membrana Inscuteable (Insc) inibisce le divisioni cellulari verticali e risulta in un aumento nel numero di divisioni cellulari: si registra un leggero aumento nel numero di fotorecettori, in concomitanza con una diminuzione nel numero di neuroni bipolari in differenziamento (Zigman et al., 2005). Tale fenotipo può essere associato alla segregazione asimmetrica di determinanti del destino cellulare, sebbene ciò debba ancora essere dimostrato direttamente (Cayouette et al., 2001; Dooley et al., 2003; Silva et al., 2002). La sovraespressione dell’omologo del gene Numb di Drosophila in espianti retinici di ratto determina un aumento nel numero di fotorecettori, a spese degli interneuroni e delle cellule di Muller (Tajbakhsh et al., 2009). Al contrario, retinoblasti che sovra esprimono una forma attivata di Notch1 o dell’effettore di Notch Hes1 esprimono marcatori delle cellule gliali di Muller (Furukawa et al., 2000). Questi esperimenti, nel loro insieme, sembrano suggerire un ruolo di Numb nella determinazione del destino cellulare retinico, probabilmente interferendo con il pathway di Notch.

(29)

36

1.4

Scopo della tesi



M

ETTERE A PUNTO UN METODO PER STUDIARE LA LOCALIZZAZIONE DI

mRNA

IN VIVO Il metodo finora più utilizzato per studiare la localizzazione di specifici mRNA all’interno delle cellule e dei tessuti è tradizionalmente rappresentato dall’ibridazione in situ. Tale tecnica, richiedendo la fissazione delle cellule, fornisce però un’immagine statica e non dinamica della distribuzione dei messaggeri.

Negli ultimi anni, sono state sviluppate diverse strategie, alternative alla precedente, e basate sulla fluorescenza, che permettono di seguire uno specifico messaggero nei suoi spostamenti, dal sito di trascrizione al sito di traduzione, in vivo ed in tempo reale (Rodriguez et al., 2007; Bratu et al., 2003).

(a) MARCATURA DIRETTA DI UN TRASCRITTO: E’ possibile marcare in vitro un messaggero, mediante

incorporazione diretta di un colorante fluorescente durante la sintesi del trascritto e successivamente introdurre il trascritto marcato (“reporter”) all’interno della cellula: tale metodo garantisce un’ elevata specificità e una buona risoluzione temporale; tuttavia, essendo l’mRNA iniettato nel citoplasma, non va incontro al processo di “maturazione” nel nucleo e, quindi, non si complessa a quei fattori nucleari che possono essere coinvolti nella localizzazione

Fig. 10 Immagine tratta da: Van

de Bor et Davis, 2004. Gli schemi disegnati rappresentano:

a) marcatura diretta di un trascritto

b) sistema MS2-GFP c) molecular beacon

(30)

37 del trascritto endogeno all’interno della cellula. Inoltre, l’introduzione del trascritto marcato può perturbare lo stato fisiologico della cellula; infine, gli RNA iniettati sono di molti ordini di grandezza più abbondanti dell’RNA endogeno e questo può creare artefatti. Tale metodo, tuttavia, risulta molto efficace nell’identificazione dei fattori agenti in trans, necessari per la localizzazione dell’mRNA.

(b) SISTEMA MS2-GFP: E’ stato recentemente utilizzato per la visualizzazione (“imaging”) degli mRNA in vivo un metodo sperimentale che si basa sull’elevata affinità di legame esistente tra due componenti di un batteriofago enterico, avente un genoma ad RNA a singolo filamento:

MS2, una proteina che rappresenta la principale componente del capside fagico, e specifiche

sequenze bersaglio (che chiamerò per semplicità “esca” o “ms2 repeats”), presenti nel genoma del batteriofago, costituite da RNA a singolo filamento e aventi una struttura secondaria di tipo “hairpin” (Kuzmanovic et al., 2006). La proteina MS2 è fusa alla proteina “reporter” GFP mentre l’ “esca” è posta a monte della regione 3’UTR del gene di interesse in un mRNA reporter, permettendo così la visualizzazione del trascritto in vivo.

(c) MOLECULAR BEACON: Un altro metodo utilizza i “molecular beacons” (“fari molecolari”), molecole dotate di una struttura secondaria di tipo “stem-loop” e aventi un fluorocromo “reporter” ad un’estremità ed un fluorocromo “quencher” all’altra estremità. In assenza del trascritto target, i “molecular beacons” non emettono fluorescenza, poiché la fluorescenza emessa dal “reporter” è assorbita dal “quencher”; in seguito all’ibridazione delle “molecular beacons” con il trascritto “target”, i due fluorocromi si allontanano cosicché la fluorescenza emessa dal “reporter” non è più assorbita dal “quencher” e può essere registrata. Tuttavia, è possibile che i “fari molecolari” si accumulino rapidamente all’interno del nucleo, rendendo difficile la visualizzazione degli mRNA presenti nel citoplasma. Tale metodo non è molto specifico, dato che è possibile che si registri emissione della fluorescenza anche in seguito alla degradazione del trascritto o alla perdita della sua struttura secondaria (falsi positivi). Sono state messe a punto diverse strategie per superare tali difficoltà.

Il metodo (a) è stato applicato per studiare il trasporto e la localizzazione dell’ mRNA che codifica per la proteina basica della mielina (MBP) negli oligodendrociti (Ainger et al., 1993); di RNA quali

Figura

Fig. 9. Regolazione post-trascrizionale dei geni Xotx2 e Xotx5b, durante la retinogenesi di
Fig. 10 Immagine tratta da: Van

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