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CAPITOLO PRIMO

Fattori di mobilità nei processi migratori della

Sicilia tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo

Los llaman inmigrantes1

Partieron un día de lejanas tierras leonfortesas, unos buscando fortuna, otros cansados de guerras, todos a la gran aventura.

No todos lo consiguieron, trabajaron duro, formaron hogares.

Muchos ya no están,

Sólo perduran sus recuerdos.

Los que quedan, en silencio, miran el tiempo pasar. Tal vez en sus pensamientos

la nostalgia de su pasado ... a aquella villa siciliana ... Los llaman inmigrantes

(2)

10 1.1 Considerazioni generali

Il fenomeno dell‟emigrazione siciliana è segno di una condizione di totale inserimento della società isolana nel meccanismo di sviluppo nazionale e internazionale2.

Benché la tendenza dei pochi storici che si sono occupati di emigrazione siciliana sia stata quella di collegare i flussi solamente ai dati congiunturali dell‟isola3

, vale la pena di riportare il fenomeno dentro i confini di un‟analisi storica che non si riduca solo a considerazioni sull‟arretratezza economica e sociale della regione, rispetto al resto del Paese.

L‟emigrazione siciliana oltre a cause endogene è riconducibile, infatti, a fattori esogeni quali: l‟organizzazione dell‟economia mondiale sulla base del nascente capitalismo; la facilità dei viaggi che rese possibile la dislocazione della forza lavoro in aree geografiche che attiravano manodopera europea, attraverso i piani di colonizzazione; le politiche a favore dell‟immigrazione e un‟articolata rete di agenti e subagenti che agivano sul territorio. Spesso, tuttavia, i principali «agenti»

2

F. Renda, Storia della Sicilia. Dal 1860 al 1970, Vol. II., Palermo, Sellerio, 1985, cit. p. 271.

3 A. Checco, L’emigrazione siciliana, i luoghi e le comunità di partenza (1881-1913):

una proposta di ricerca, in M. Sanfilippo (a cura di), Emigrazione e storia d’Italia. Quaderni del giornale di Storia Contemporanea, Cosenza, Pellegrini, 2003, pp.

133-178.

Dopo una promettente stagione di studi sull‟emigrazione siciliana, registratasi intorno alla decade del 1970, l‟argomento è stato quasi del tutto tralasciato dagli storici, fatta eccezione per alcuni lavori più recenti. Nei limiti di una pur sempre parziale rassegna bibliografia, ci limitiamo a fornire alcuni dei titoli più importanti.

Sulla produzione storiografica della decade del 1970 passim: F. Assante il movimento

migratorio italiano dall’Unità nazionale ai nostri giorni, Ginevra, Droz, 1978; F.

Barbagallo, Lavoro ed esodo dal Sud, 1861-1971, Napoli, Guida, 1973; S. Cafiero, Le

migrazioni meridionali, Milano, Giuffré editore, 1965; G. Galasso, Lo sviluppo demografico del Mezzogiorno prima e dopo l’Unità, in Mezzogiorno medievale e moderno, Torino, Einaudi, 1976; G. Cusimano, G. Sprini, Orientamenti e motivazioni delle correnti migratorie siciliane, Palermo, Ingrana, 1966; G. Lo Giudice, L’emigrazione dalla Sicilia Orientale contemporanea, in “Annali del Mezzogiorno”,

XIV, 1974; F. Renda, L’emigrazione in Sicilia,1652-1961, Caltanissetta-Roma, Salvatore Sciascia Editore, 1989.

Sui contributi più recenti passim: F. Brancato, L’emigrazione siciliana negli ultimi

cento anni, Cosenza, Pellegrini, 1995; A. Checco, L’emigrazione siciliana …, op. cit;

R.S. Fucarino, I profili socio-economici e demografici delle nuove pratiche di mobilità

tra Otto e Novecento: l’emigrazione dalla “piana” di Milazzo (Messina), Tesi di

Dottorato in Storia dell‟Europa Mediterranea, Università di Messina, Anno Accademico: 2005-2006; D. R. Gabaccia, From Sicily in Elizabeth Street. Housing and

Social Change amon Italian Immigrants 1880-1930, Albany, State University of New

York Press, 1984; Id, Militant and Migrants: Rural Sicilians Became American

Workers, New Brunswick, Rutgers University Press, 1988; M. Sanfilippo, L’emigrazione siciliana, in Modelli di emigrazione regionale op. cit.

(3)

11 d‟immigrazione furono i migranti stessi che - attraverso lo scambio di lettere, fotografie e i rientri – contribuirono ad alimentare il mito americano4 e a formare articolare reti migratorie.

Sulla Sicilia permane, inoltre, un‟immagine folkloristica che la raffigura come una regione senza tempo, lontana dai grandi rivolgimenti politici, economici e sociali del XIX e del XX secolo e che, per anni, è stata proposta dai media, dalla letteratura e da una certa storiografia5; cavalcato, attualmente, anche da movimenti ideologici ispirati ai nuovi «nazionalismi periferici»6, questo stereotipo carica la storia della Sicilia di elementi mistici, quasi metafisici, che fanno dell‟isola: la terra dei limoni in fiore, di goethiana memoria; metafora dell’esistenza, concentrato esasperato delle passioni estreme dell’anima7

.

Nell‟immaginario collettivo, l‟emigrazione - che pure non è un fenomeno esclusivamente isolano - è legata all‟idea di una società arretrata, povera e sempre uguale a se stessa, come testimonia il teatrale addio di «„Ntoni» alla «casa del Nespolo», luogo immutato nel tempo e immune dal progresso.

Quanto tale teatralità divenisse, già all‟epoca, passibile d'interpretazione storica, lo dimostra la stessa nota di Gramsci, secondo la quale Verga, in

4 Sull‟argomento passim: E. Franzina, L’immaginario degli emigrati, Treviso, Pagus,

1992; G. Rosoli, L’immaginario dell’America nell’emigrazione italiana di massa, in “Estudio Migratorios Latinoamericanos” (d‟ora in poi “EML”), anno 6, n.17, 1991.

5 Su tali stereotipi passim: J. Dici, Stereotipi di Sicilia, in F. Benigno, G. Giarrizzo, (a

cura di), Storia della Sicilia. Dal Seicento a oggi, Roma-Bari, Laterza, 2003.

Sulla tendenza a collegare l‟emigrazione siciliana ad una società contadina, arcaica e arretrata passim: E. Azimonti, Inchiesta parlamentare sulle condizioni dei contadini

nelle provincie meridionali e nella Sicilia, vol. V, t. 1, Roma 1910; E. C. Banfield, Le basi morali di una società arretrata, Bologna, Il Mulino, 1976; F. Dal Padulo, Italiani in pericolo, Roma, Critica fascista, 1930; T. Gallarati Scotti, Per un problema di sofferenza sociale, discorso preceduto da una lettera di Antonio Fogazzaro, Milano,

L.F. Cogliati, 1901; A. Niceforo, L’Italia barbara contemporanea, Milano-Palermo, Remo Sandron, 1898; G.B. Nicola, L’emigrazione degli analfabeti e l’anima

americana, Roma, American Economic Association, 1917; A. Predetti, Le componenti economiche sociale e demografiche della mobilità interna della popolazione, Milano,

Vita e Pensiero, 1965; E. Rainone, Una nuova malattia sociale, Ariano, St. tp. Appullo-Irpino, 1904; R. Villari, Scritti sull’emigrazione, Bologna, Zanichelli, 1909; Id,

Emigrazione e questione sociale nell’Italia meridionale, in S.F., Romano, Storia della questione meridionale, Palermo, Flaccovio editore, 1945.

6 Su questo argomento passim: E. Franzina, Una patria espatriata. Lealtà nazionale e

caratteri regionali nell’immigrazione italiana all’estero (secolo XIX e XX) , in “ASEI”,

Sette Città, Viterbo, 2005.

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12 fondo, aveva solamente dimostrato che l’Italia reale era in contrasto con l’Italia moderna ufficiale8

.

Una certa storiografia tradizionale, legata al «meridionalismo gramsciano»9 rappresentò, quindi, l‟emigrazione dal Mezzogiorno come la conseguenza negativa della modernizzazione che si stava realizzando nel mondo. Diversamente, gli studi più recenti hanno visto proprio nell‟emigrazione, sia un fattore di cambiamento sociale nelle zone d‟esodo, che un fenomeno legato a cause e concause, non riconducibili alla sola povertà endemica. Nonostante gli indubbi progressi metodologici e interpretativi realizzati da insigni storici che con le loro ricerche hanno affermato, con forza, la necessità di liberare il «Mezzogiorno dal meridionalismo»10; nonostante proprio sulle migrazioni dal Meridione si siano affermati studi di indiscutibile dignità scientifica11, l‟immagine romantica della Sicilia stenta a tramontare e, anzi, riappare in tutta la sua faziosità nei nuovi nazionalismi periferici. Nel caso della Sicilia, vale la pena, ad esempio, di capire se realmente l‟emigrazione fu un evento esclusivo delle zone arretrate del latifondo; se il ritardo che si registrò nei flussi isolani sia da addebitarsi ad un isolamento della regione rispetto alle vicende nazionali e internazionali, o se invece non fu legato alla capacità dell‟isola di contenere gli espatri, attraverso un‟economia eterogenea e all‟affermazione di un ceto commerciale e industriale dinamico e moderno.

Pensiamo che si possa tentare una risposta a questi interrogativi, studiando la storia della Sicilia attraverso due lenti; una che guardi alle microaree, valutandone concretamente le condizioni economiche e sociali in cui maturarono le scelte migratorie e lavorando con precisi

8

A. Gramsci, Letteratura e vita nazionale, Roma, Editori Riuniti, 1971, cit. p. 33.

9 E. Franzina, Emigrazione transoceanica e ricerca storica in Italia …, op. cit.

10 A questo proposito: G. Barone, Egemonie urbane e potere locale (1882-1913) e G.

Longhitano, La dinamica demografica, in M. Aymard, G. Giarrizzo (a cura di), Storia

d’Italia. Le Regioni dall’Unità ad oggi. La Sicilia, Torino, Einaudi, 1987; G. Giarrizzo, La Sicilia e la crisi agraria, in AA.VV., I fasci siciliani, Bari, De Donato, 1975.

11P. Arlacchi, Perché si emigrava dalla società contadina e non dal latifondo, in P.

Borzomati (a cura di), L’emigrazione calabrese dall’Unità ad oggi, Roma, Centro Studi Emigratori, 1982; P. Bevilacqua, Breve storia dell’Italia meridionale dall’Ottocento a

oggi, Roma, Donzelli, 2005; A. De Clementi, Di qua e di là dell’Oceano. Emigrazione e mercati nel Meridione (1860-1930), Roma, Carocci, 1999.

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13 aggregati statistici, mettendo in relazione emigrazione, immigrazione e andamento demografico.

L‟altra lente è quella macroanalitica, l‟unica capace di superare paradigmi e concezioni pregiudizievoli della Sicilia, dato che la sua storia s‟inserisce nella generale storia nazionale e internazionale.

Ciò premesso, appare utile prendere in esame le vicende politiche, economiche e sociali della Sicilia dell‟Ottocento e dell‟inizio del XX secolo; le sole che, pur in un quadro generale e unitario, possono dar conto della specificità del fenomeno migratorio siciliano, non solo nei confronti delle regioni settentrionali, ma anche di quelle dell‟Italia meridionale12.

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14 1.2. Dal «Regno delle Due Sicilie» al «Regno d’Italia»: le ragioni del ritardo

Per tutto il XIX secolo l‟emigrazione siciliana per l‟estero fu legata più a motivi politici e ideologici che a ragioni di natura economica e sociale13; i flussi furono, quindi, contenuti anche quando il fenomeno migratorio assunse proporzioni di massa nelle altre aree della penisola14.

I motivi di questo ritardo vanno cercati nelle specificità dell‟economia isolana, caratterizzata da arretratezza e modernità e dalla presenza sia di un tradizionale ceto latifondista e sia di un settore dinamico di tipo imprenditoriale e commerciale. Il carattere particolare dell‟emigrazione siciliana non può essere addebitato, così, al presunto isolamento della regione nei confronti delle vicende nazionali e internazionali, dato che, semmai, la Sicilia - per la sua particolare posizione geografica - è da sempre stata aperta agli scambi15.

Non furono pochi, infatti, i siciliani che si diressero in Tunisia, dove prima dell‟occupazione francese e della guerra doganale esistevano favorevoli condizioni legislative per la coltura del vigneto.

Anche l‟Algeria e l‟Egitto furono meta dell‟emigrazione siciliana, specie per la richiesta di manodopera seguita ai lavori per il Canale di Suez. Fu un‟emigrazione che riguardò principalmente le aree dedite a coltura intensiva e alla pesca e che non provocò un vero esodo di massa. Al contrario, nel corso dell‟Ottocento si registrò un intenso movimento di popolazione interno alla Sicilia, che - insieme agli inediti scenari apertesi dopo il passaggio dal feudalesimo al capitalismo - contribuì a modificarne la struttura economica. A questo proposito, vale la pena di analizzare i principali mutamenti che intervennero nella distribuzione della proprietà, dato che anche per il fenomeno migratorio può valere quanto ebbe modo di osservare Lorenzoni nel corso della sua inchiesta in Sicilia:

13 F. Renda, L’emigrazione in Sicilia, op. cit., cit. p. 21. 14

Nel nord Italia già dalla seconda metà del XIX secolo i flussi assunsero dimensioni consistenti in «regioni» come la Liguria, il Veneto e il Piemonte; nello stesso periodo l‟emigrazione cominciava ad assumere proporzioni rilevanti in Campania e in Calabria. A questo porposito: G. Rosoli, M.R. Ostuni, Saggio di bibliografia statistica, in G. Rosoli, (a cura di ), Un Secolo di emigrazione italiana …, op. cit., pp. 343-382.

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15 Non si possono intendere alcuni dei più ponderosi problemi attuali della Sicilia […]ignorando le vicende principali subite dalla proprietà traverso i secoli a noi più vicini16.

Il passaggio dal diritto feudale a quello individuale non fu indolore e causò dei contrasti tra i vecchi feudatari e le nuove famiglie di notabili. Un punto di snodo importante fu la situazione prodottasi in Sicilia in seguito all‟emanazione della Costituzione del 1812; questa – che avrebbe dovuto sancire la fine della feudalità e l‟avvicinamento dell‟isola al modello liberale britannico - in realtà trasformò i feudatari in grandi proprietari terrieri, a scapito dei medi e piccoli contadini. Sostanzialmente, quindi, i tentativi di passare dal feudalesimo ad un sistema «borghese» si risolsero in un parziale insuccesso, perché non vi fu una riforma dei rapporti agrari, non si formò la piccola proprietà e i feudi rimasero in mano ai grandi proprietari.

Lo scontro tra le due classi si accrebbe in seguito alla politica postunitaria che di fatto portò al consolidamento di un nuovo potentato isolano – quello dei «notabili»- che, detenendo il potere economico, fu in grado di controllare anche le amministrazioni locali17.

Come è noto, l‟ingresso della Sicilia nel Regno d‟Italia non fu un‟operazione semplice. I Savoia ebbero il torto di una cattiva gestione dei territori annessi, con conseguenze piuttosto gravi per l‟isola. Uno degli errori più importanti fu considerare il territorio siciliano diverso per costumi e tradizioni e la sua popolazione inferiore per civiltà e cultura. Si preferì, quindi, governare con un regime illiberale, sorto inizialmente per combattere la sinistra mazziniana e garibaldina che nell‟isola godeva di larghi consensi. Questa concezione del governo si basò sui tribunali

16 Biblioteca della Camera, d‟ora in poi BC, Inchiesta parlamentare sulle condizioni dei

contadini nelle provincie meridionali e nella Sicilia, Vol. VI, Sicilia, Tomo I, Relazione del delegato tecnico Giovanni Lorenzoni, Roma, 1909, pag. 216.

17 Su tali aspetti: G. Barone, Mezzogiorno ed egemonie urbane in “Meridiana”, n. 5,

1988; M. Aymard, G. Giarrizzo, Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità ad oggi, op. cit.; P. Di Gregorio, I municipi, in F. Benigno, G. Giarrizzo (a cura di), Storia della Sicilia

… op. cit. pp. 68-81; G. Falzone, Storia della mafia, Palermo, Flaccovio Editore, 1984,

pp. 88-90.

Sui nessi tra la nuova situazione sociale ed economica siciliana e l‟emigrazione dall‟isola cfr.: G. Raffaele, Siciliani nel mondo, in F. Benigno, G. Giarrizzo (a cura di),

Storia della Sicilia …, op. cit. pp. 113-133; F. Brancato, L’emigrazione siciliana negli ultimi Cento anni …,op. cit.; A. Checco, L’emigrazione siciliana …, op. cit.

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16 straordinari, sulle leggi speciali di sicurezza e sugli stadi di assedio, mentre sul piano sociale si svilupparono, contestualmente, processi degenerativi di rigetto del nuovo regime, come il brigantaggio e il banditismo.

Il problema più rilevante fu, ancora una volta, quello relativo al grande latifondo, dato che la divisione dei terreni demaniali era stata portata avanti con scarsa incisività e nulla era stato fatto per impedire le usurpazioni dei grandi feudatari e degli usi civici.

Tuttavia, la scarsa lungimiranza dei primi governi unitari e il braccio di ferro tra feudatari e notabili, non impedì la diffusione di un certo sentimento di ottimismo, legato alla capacità di alcune aree dell‟isola di sfruttare favorevolmente la congiuntura economica dei primi decenni successivi all‟Unità. In questa fase si registrò, infatti, un imponente movimento di popolazione dalle aree arretrate del latifondo verso i centri costieri e zolfiferi. Osservando, infatti, i mutamenti nella composizione demografica siciliana del XIX secolo, emerge sia un forte incremento della popolazione18 e sia una certa tendenza all‟urbanizzazione, dovuta verosimilmente alla capacità «attrattiva» dei centri più grossi, che mostrarono una buona attitudine alla diversificazione economica. A beneficiare di tale clima di fiducia, infatti, furono principalmente i grossi centri portuali:

Sulla costa ove la terra è fertile, le acque abbondano, il clima è d’una eterna primavera, i commerci sono resi facili dal mare, e antiche e famose città popolano le spiagge, alimentano il consumo e forniscono capitali, la proprietà è divisa e coltivata intensamente19.

Diversa era, invece, la situazione nelle zone interne dell‟isola dove: L’acqua scarseggia e per sei mesi all’anno non piove e il suolo è in gran parte argilloso, ove le strade mancano, la pubblica sicurezza è continuamente insidiata, e la popolazione è addensata in pochi grossi

18 Confrontando i Censimenti del 1798 con quello del 1861 si registra un incremento di

circa il 45%. Su questo argomento cfr.: F. Renda, L’emigrazione in Sicilia, op. cit. pp. 32-33.

19

BC, Inchiesta parlamentare sulle condizioni dei contadini nelle provincie meridionali

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17 centri, predomina la grande proprietà coltivata estensivamente; e solo nella vicinanza dei paesi v’è la media e la piccola proprietà bonificata.20 A Catania, Messina e Palermo, s‟istituirono le prime succursali della «Banca Nazionale di Torino»; nelle stesse città nacquero le prime casse di risparmio – che, riunitesi, diedero vita alla Cassa di Risparmio «Vittorio Emanuele» - e nel 1865, infine, fu creato il «Banco di Sicilia». Lo sviluppo economico fu anche favorito dalla costruzione della rete ferroviaria, pensata come un traino per l‟agricoltura. Così, ad esempio furono possibili i collegamenti tra il capoluogo etneo e la provincia - sia verso l‟ennese, che verso il messinese - consentendo un collegamento più efficace tra le aree agrumicole e la commercializzazione. Significativo, infatti, fu l‟aumento della produzione del grano, del vino, degli agrumi e dello zolfo nella seconda metà del XIX secolo21.

Va ricordato, inoltre, che nello stesso periodo si ebbe lo sviluppo del trasporto marittimo e della marina commerciale grazie alla compagnia «Florio» che divenne una delle più importanti in Italia.

Questo clima di fiducia, insieme all‟aumento dei servizi e delle infrastrutture urbane favorì la nascita di un dinamico ceto «borghese». capace di sfruttare la vocazione agricola e commerciale dell‟isola.

In sintesi, il profilo che emerge è quello di una Sicilia che sperava di potere rivitalizzare la propria economia, facendo leva sulla propria forza di resistenza e adattamento alle nuove congiunture. Si svilupparono modelli e comportamenti familiari volti allo sfruttamento delle nuove opportunità di lavoro, interne all‟isola, che - data la sua diversificata struttura geografica e produttiva - riuscì ad ammortizzare la crisi e a contenere l‟esodo verso l‟esterno. Le poche aree in cui fu presente l‟emigrazione per l‟estero, già dalla prima metà del XIX secolo furono infatti quelle incapaci di resistere ai contraccolpi della crisi manifatturiera e quelle in cui il sistema agricolo era di tipo monoculturale. (Tabella 1)

20

Ibidem.

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18 Questa situazione non si presentò, invece, nella maggior parte delle aree isolane che continuarono ad attirare manodopera anche negli anni dell‟esodo di massa. L‟emigrazione transoceanica, infatti, s‟intrecciò in modo complesso con i flussi interni, non sostituendoli mai del tutto come dimostra il costante incremento demografico di aree d‟esodo, le cui perdite di popolazione vennero compensate, tuttavia, dagli spostamenti costanti dai comuni più vicini22.

22 A. Checco, L’emigrazione siciliana …, op. cit. pp. 153-155.

TABELLA 1: Partenze per l‟estero per province e % sulla popolazione presente in ciascuna provincia. AA. 1881-1900

Province Popolazione (1) Partenze % sulla

popolazione presente (4) Caltanissetta (2) 438.548 5.631 1,2 Catania ( 2) 594.785 19.985 3,3 Girgenti 371.638 32.686 8,7 Messina 543.809 35.272 6,4 Palermo 790.874 113.103 14,3 Siracusa (3) 427.563 3.274 0,7 Trapani 362.582 11.363 3,1 Sicilia 3.529.799 221.617 6,2

1: Popolazione presente al Censimento del 1901;

2: Comprende anche i comuni oggi appartenenti alla prov. di Enna; 3: Comprende anche i comuni oggi appartenenti alla prov. di Ragusa; 4: Popolazione presente al Censimento del 1901;

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19 1.3 L’emigrazione di massa dalla Sicilia

L‟emigrazione siciliana assunse carattere massivo nel primo quindicennio del XX secolo, quando più di un milione di persone si diresse, in prevalenza, verso le «Americhe». (Tabella 2)

TABELLA 2: Destinazione degli emigranti dalla Sicilia per anni campione

Anni Tot. Degli emigranti Americhe in % Europa in % Africa in % Oceania in % Asia in % 1876 1.228 28,42 35,42 35,59 - - 1881 1.143 60,54 15,17 23,89 - - 1886 4.270 69,46 5,99 24,03 0,47 0.05 1891 10.130 91,66 2,66 4,73 0,88 0,07 1896 15.432 94,64 1,73 3,22 0,37 0,04 1901 36.718 84,94 4,48 9,85 0,34 0,39 1906 127.603 94,88 2,36 2,48 0,07 0,21 1911 50.789 91,20 3,70 4,56 0,40 0,34 1916 20.73 87,51 4.03 8,10 0,35 0,01 1921 28.082 85,68 2,38 9,02 2,83 0,07 1925 23.750 68,80 11,34 13,80 6,04 0,02

Fonte: Archivio di Stato di Enna, d‟ora in poi ASEN, Commissariato Generale dell‟Emigrazione, d‟ora in poi CGE, Annuario statistico dell’emigrazione italiana dal 1876 al 1925, Roma, Ed. del CGE, 1926.

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20 Il continente americano fu privilegiato sia per la forte richiesta di forza lavoro da parte di un‟economia in forte espansione - come quella statunitense – e sia per la richiesta di manodopera, in prevalenza agricola, proveniente dai Paesi sudamericani. Tra il 1876 e il 1925 su 1.432.296 siciliani emigrati, 975.484 scelsero gli Stati Uniti; 242.000 l‟Argentina, il resto si diresse soprattutto in Brasile e in Venezuela23.

Analizzando le partenze per province di provenienza, vale la pena di sottolineare la partecipazione attiva di quelle aree che, fino agli inizi del nuovo secolo, avevano manifestato una maggiore resistenza agli espatri, grazie ad una buona capacità di adattamento ai mutamenti politici ed economici che si registrarono in campo nazionale ed internazionale. (Tabella 3)

Considerando, infatti, la percentuale sulla popolazione presente, si nota che - tralasciando il caso di Messina24 - la Provincia da cui si emigrò maggiormente fu quella di Girgenti, seguita da quella di Trapani. L‟emigrazione non rimase, cioè, un fenomeno tipico delle zone del latifondo, come dimostrano, anche, le significative percentuali delle province di Siracusa e Catania.

L‟apporto delle zone orientali crebbe in maniera significativa tra il 1912 e il 1913, quando ai primi posti della graduatoria balzarono le province di Siracusa, con il 79,6%, e quella di Catania, con il 72,6%25.

23 G. Raffaele, Siciliani nel mondo …, op. cit., p. 119. 24

Il cui dato risulta falsato per l‟imponente perdita di popolazione dovuta al terremoto del 1908.

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21 TABELLA 3: Partenze per l‟estero per province

e % sulla popolazione presente in ciascuna provincia. AA. 1901-1913 Province Popolazione ( 1) Partenze % sulla popolazione presente (4) Caltanissetta (2) 459.974 95.680 20,8 Catania ( 2) 671.677 158.903 23,6 Girgenti 393.804 139.570 35,4 Messina 517.248 190.964 36,9 Palermo 801.302 242.812 30.3 Siracusa (3) 476.818 124.194 26 Trapani 351 111.521 31,7 Sicilia 3.672.258 1.063.734 28,9

1: Popolazione presente al Censimento del 1901;

2: Comprende anche i comuni oggi appartenenti alla prov. di Enna; 3: Comprende anche i comuni oggi appartenenti alla prov. di Ragusa;

4: Popolazione presente al Censimento del 1901;

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22 I flussi mostrarono una tendenza discendente negli anni della prima guerra mondiale, per riprendere vigore nel corso nella decade del 1920 e ridiscendere dal 1927, a causa delle forti limitazioni imposte agli espatri dal regime fascista e delle politiche restrizioniste, adottate negli stessi anni dai principali Paesi riceventi. (Tabella 4)

TABELLA 4: Espatri dalla Sicilia: AA. 1876 – 1935

Anno Espatri Media

Sicilia Meridione Media Meridione 1876-1885 17.836 1.783 238.763 23.857 1886-1895 95.051 9.505 658.689 65.868 1896-1905 420.436 42.043 1.622.776 162.282 1906-1915 819.639 81.963 2.362.258 236.222 1916-1925 307.593 30.759 920.416 92.041 1926-1935 123.130 12.313 445.297 44.529

Fonte: G. Rosoli, Un secolo di emigrazione italiana …, op. cit. pp.362-363.

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23 L‟esplosione del fenomeno migratorio si legò alle particolari congiunture createsi in Sicilia, tra la fine del XIX e l‟inizio del XX secolo.

La situazione favorevole del periodo compreso tra il 1860 e il 1873, non venne sfruttata dalla classe dirigente locale che non riuscì ad arginare la crisi dei settori portanti dell‟economia, come quello manifatturiero e cerealicolo.

La situazione economica precipitò per l‟impatto negativo di almeno tre avvenimenti che accorsero sulla scena internazionale alla fine del XIX secolo:

1) Il mutamento degli equilibri internazionali, in seguito al Congresso di Berlino che, per la Sicilia, significò lo sconvolgimento delle propria politica di sviluppo, tradizionalmente rivolta alla Francia e alla Gran Bretagna;

2) La crisi economica internazionale del 1885, alla quale l‟Italia rispose con i provvedimenti doganali del 1887, dalle conseguenze solo negative per la Sicilia;

3) L‟esplosione della questione sociale a livello internazionale, che in Italia ebbe nella Sicilia una guida, attraverso l‟esperienza dei «Fasci dei lavoratori» e, successivamente, con l‟esplosione della questione contadina.

La nuova collocazione internazionale dell‟Italia fu negativa per la Sicilia, almeno in due direzioni; anzitutto l‟avvicinamento alla Germania e all‟Austria non riuscì ad aprire all‟economia siciliana canali vantaggiosi o tali da sopperire all‟allontanamento dai mercati francesi e britannici. In secondo luogo, le nuove strategie coloniali italiane concentrarono la spesa pubblica nazionale su un‟economia basata sull‟industria pesante, penalizzando il settore agricolo, trainante per l‟isola. La stessa politica coloniale provocò l‟inasprimento dei rapporti con la Francia che, dopo la conquista della Tunisia, bloccò l‟emigrazione di pescatori e contadini siciliani, costringendo i siciliani che erano già emigrati a sottostare al dominio francese. La Sicilia si trovò, quindi, a fare i conti con una situazione interna densa di malumori specie nei settori che avevano stimolato lo sviluppo, fino ad allora, per i quali vennero meno tanto i fondi, quanto gli sbocchi commerciali.

(16)

24 A complicare la situazione intervenne la grande crisi agraria del 1885. I prodotti agricoli americani invasero i mercati internazionali e in Sicilia la sovrapproduzione provocò il crollo del prezzo del grano, dello zolfo e, successivamente, di tutto il suo potenziale produttivo.

L‟iniziale tenuta del settore viticolo, infatti, fu annullata dalla svolta protezionistica del 1887 e dalla conseguente guerra commerciale con la Francia che azzerò quasi del tutto l‟esportazione del vino, la cui produzione, peraltro, fu messa in ginocchio dall‟epidemia di filossera che tra il 1888 e il 1892 distrusse molti vigneti isolani.

Quelle zone che in precedenza avevano svolto una funzione attrattiva per la popolazione, non riuscirono più a soddisfare le necessità di chi migrava dalle aree più povere della Sicilia che, peraltro, continuava a crescere da un punto di vista demografico.

A ciò si aggiunse il fatto che l‟alleanza tra il blocco agrario latifondista del sud e quello industriale del nord, non solo portò al varo della politica protezionista, ma in Sicilia rappresentò il ritorno al potere della classe conservatrice che, dedicandosi esclusivamente alla riabilitazione delle aree cerealicole, produsse conseguenze disastrose per l‟economia come: la diminuzione delle offerte di lavoro e dei redditi agricoli e la perdita dei grossi capitali investiti dalle classi più dinamiche.

Sul piano sociale, le nuove classi dominanti si opposero ad ogni forma di ammodernamento e rimasero insensibili alle richieste e ai malesseri della classe contadina. La forte tensione sociale sfociò, nella decade del 1890, nell‟esperienza dei «Fasci Siciliani», duramente repressi dal governo Crispi e causa dell‟emigrazione di molti militanti delusi e perseguitati26

. La conclusione del «periodo crispino» vide, quindi, regredire l‟isola sul piano dello sviluppo - non più trainato dai settori più moderni – e un ritorno ai vecchi rapporti e problemi tipici di una società feudale, nella

26 Sui Fasci Siciliani ci si limita a citare alcune delle opere più rilevanti da un punto di

vista storiografico: AA.VV., I fasci siciliani …, op. cit.; G. Astuto, Crispi e lo stato

d'assedio in Sicilia, Milano, Giuffré, 1999; G. Barone, I Fasci Siciliani, in F. Benigno,

G. Giarrizzo (a cura di), Storia della Sicilia …, op. cit.; G. Barone, Egemonie urbane e

potere locale (1882-1913), in M. Aymard, G. Giarrizzo, Storia d’Italia …, op. cit., M.

Ganci, I Fasci dei lavoratori, Caltanissetta, S. Sciascia editore, 1998; F. Renda, I Fasci

siciliani 1892-1894, Torino, Einaudi, 1997.

Sulla politica di Francesco Crispi in materia migratoria: M. Vernassa, Alle origini

dell’interessamento italiano per l’America Latina, modernizzazione e colonialismo nella politica crispina. L’inchiesta del 1888 sull’emigrazione, Pisa, ETS, 1996.

(17)

25 quale non vi furono più aree capaci di accogliere la domanda di lavoro e di miglioramento economico della popolazione in costante crescita. Le basi dell‟esodo di massa erano poste, specie nei centri dell‟interno, da dove si emigrava già da decenni e che – venendo meno le condizioni di attrazione, interne alla Sicilia – cominciarono ad indirizzarsi verso l‟estero. Le condizioni economiche e sociali che dalla fine dell‟Ottocento avevano concorso ad ingrossare le fila dei migranti, si mantennero e - per certi versi - si aggravarono in epoca giolittiana, quando ormai l‟isola divenne marginale nell‟economia e nella politica italiana. Contemporaneamente, anche in Sicilia cominciarono ad affluire le rimesse degli emigrati che contribuirono a modificare le abitudini di consumo degli abitanti. Le rimesse furono investite prevalentemente nell‟acquisto di terre, di beni di consumo più costosi e nella costruzione di case più confortevoli, rappresentando una salutare iniezione d’oro27 che, tuttavia, non solo fu utilizzata dallo Stato per finanziare lo sviluppo industriale del nord Italia, ma non fu sfruttata positivamente nemmeno dalla classe dirigente siciliana. L‟obiettivo di una riforma delle modalità e dei rapporti di produzione - per la formazione di una «democrazia rurale»28 - non fu tra le priorità del governo nazionale e in realtà, per iniziativa dello Stato, cambiò poco nella distribuzione della proprietà e della produzione isolana; fu invece l‟emigrazione a dare un notevole contributo per la realizzazione di una sorta di «rivoluzione silenziosa»29, concorrendo alla diminuzione dei pagamenti in natura, all‟avvio della monetizzazione degli scambi, all‟aumento dei salari dei lavoratori agricoli e alla formazione di un ceto medio, composto da piccoli proprietari terrieri. Insomma, per effetto dell‟emigrazione, anche la Sicilia cominciò la sua rincorsa al capitalismo agrario30.

27

N. Colayanni, Prefazione, in G. Brucculeri, La Sicilia di oggi. Appunti economici, Roma, Athenaeum, 1913, p. XIV.

28 G. Raffaele, Siciliani nel mondo…, op. cit., p. 121. 29

R. S. Fucarino, I profili socio-economici e demografici delle nuove pratiche di

mobilità …, op cit., p. 53.

(18)

26 1.4 Economia, demografia ed emigrazione a Leonforte

L‟emigrazione leonfortese si svolse con modalità differenti rispetto a quelle delle aree più povere del latifondo siciliano. I suoi ritmi furono scanditi, infatti, dallo sviluppo economico del territorio che, pur trovandosi nell‟entroterra isolano, si contraddistinse per la sua dinamicità; perfino la preferenza degli emigrati leonfortesi per la destinazione argentina testimonia la singolarità dei rapporti di produzione esistenti nella zona, dove - accanto al latifondo - fu sempre presente la piccola proprietà, vero e proprio serbatoio di manodopera agricola che seppe approfittare delle politiche di colonizzazione varate dal Paese platense.

La città di Leonforte è situata sulle pendici meridionali dei monti Erei a seicento metri sul livello del mare. Il suo comprensorio, esteso per circa ottomilaquattrocento ettari, confina a nord con il Comune di Nissoria, a nord-est, rispettivamente, con i comuni di Nissoria e di Assoro, a sud con il Comune di Enna e a ovest con quello di Calascibetta31.

La particolarità del territorio leonfortese è sempre risieduta nell‟essere una di quelle vere eccezioni32 dell‟interno isolano, in cui fu presente la media e piccola proprietà - adibita a colture tipiche della «Sicilia dell‟albero»33

- sviluppatesi grazie alla straordinaria ricchezza d‟acqua del sottosuolo.

Le formazioni geologiche della zona favorirono in passato la nascita di attività legate alla lavorazione dello zolfo, del calcio, del gesso e dei manufatti di creta34.

La città fu fondata con privilegio del viceré e licenza della regia Curia, il 30 ottobre 1610 dal barone di Tavi e conte di Raccuja, Nicolò Placido

31

AA.VV., Enna e i suoi comuni, San Cataldo, Editrice Nocera, 1994, pp.129-130.

32 BC, Inchiesta parlamentare sulle condizioni dei contadini nelle provincie meridionali

e nella Sicilia, Vol. VI, Sicilia, op. cit. p. 232.

33

S. Laudani, Agricoltura e commercio tra Sette e Ottocento, in F. Benigno, G. Giarrizzo, Storia della Sicilia …, op. cit., pp. 62-65.

34 Dal punto di vista strutturale l'area è ubicata a ovest di un‟ampia sinclinale estesa con

asse est-ovest da Centuripe a Leonforte nota in letteratura come «Bacino di Caltanissetta» con formazioni evaporitiche e grossi banchi di gesso, che sormontano le argille azzurre Plioceniche. Su questo argomento cfr.: S. Todaro, Interrimento

potenziale e reale dell'invaso Nicoletti (sottobacino del Fiume Simeto), Tesi di Laurea

in Scienze Geologiche, Università degli Studi di Catania, Anno Accademico 2003-2004, pp. 20-29; Sulla composizione geologica e le attività produttive del territorio passim: A. Di Grande, Facies e stratigrafia dei depositi tra Leonforte e Centuripe (Sicilia centro

(19)

27 Branciforti35. Il paese crebbe molto rapidamente soprattutto per le politiche di popolamento del principe: anche la gente più povera, a Leonforte, aveva il diritto di coltivare la terra, dietro pagamento di somme irrisorie. L‟incremento demografico risultò più contenuto nei primi decenni dell‟Ottocento, a causa della catastrofica alluvione del 180936, per ritornare su ritmi elevati tra la fine dell‟Ottocento e l‟inizio del Novecento, grazie alla ripresa delle attività industriali e al miglioramento delle condizioni di vita nelle campagne. (Tabella 5)

35 Questo privilegio venne successivamente confermato da un nuovo privilegio,

concesso da Filippo III l‟1 febbraio del 1613; in F. Billotta, I mulini ad acqua a

Leonforte: aspetti storici, tecnico-economici e ambientali, Tesi di Laurea in Scienze

Economico-Agrarie ed Estimative, Università degli Studi di Catania, Anno Accademico 2005-2006, pp. 15-16.

36

G. Mazzola, Notizie storiche sulla vetusta Tavaca e sulla moderna Leonforte, Nicosia, Tipografia editrice del Lavoro, 1997, p. 205.

TABELLA 5: Dinamica demografica a Leonforte dal 1861 al 1931

Anno Popolazione residente Anno Popolazione Residente 1861 12.234 1901 21.236 1871 12.065 1911 20.605 1881 16.037 1921 24.382 1891 16.037 1931 19.408

Fonte: Archivio storico Istituto Nazionale di Statistica, d‟ora in poi ASISTAT, Popolazione residente dei Comuni. Censimenti dal 1861 al 1991, Roma, ISTAT, 1994.

(20)

28 Grazie alla lungimiranza dei Branciforti, lo sviluppo economico di Leonforte non fu legato solamente all‟agricoltura, ma anche ad una serie di attività industriali e commerciali capaci di sfruttare le risorse del suolo e del sottosuolo37. La città, infatti, poté basare la sua economia su una grande risorsa naturale, come l‟acqua, e godeva, ai fini del commercio, della favorevole posizione sulla via di comunicazione per le montagne, da Palermo a Messina.

Lontana dall‟agricoltura monoculturale e di autoconsumo, tipica della Sicilia dell‟interno, Leonforte riuscì a costruire la sua ricchezza sulla commercializzazione del grano, della seta e dei principali prodotti zootecnici; la presenza dell‟acqua fu sapientemente sfruttata, inoltre, per la produzione di diversi manufatti d‟argilla - i cui stabilimenti furono situati nei pressi delle sorgenti - e per la creazione di diversi stabilimenti industriali38.

In questo complesso sistema economico-produttivo, un ruolo fondamentale fu svolto dai mulini che i Branciforti, prima, e il nuovo ceto borghese, dopo, cercarono di valorizzare per sfruttare al meglio la vocazione cerealicola del territorio39.

Dopo l‟abbandono della città da parte dei Branciforti, la famiglia dei Li Destri assunse il patronato del territorio, cercando di rivitalizzarne l‟economia. Nel 1886 venne costruito un importante opificio per lo smercio della vinaccia, che fungeva anche da fabbrica di alcool; i mulini ad acqua furono rapidamente sostituiti da impianti a vapore o elettrici; sorsero diversi pastifici, una conceria di pelle e una fabbrica di laterizi. L‟altra grande risorsa che guidò lo sviluppo economico della zona fu lo zolfo. Le miniere, attive in tutto il territorio ennese già dal 1750, nel corso del XIX secolo si concentrarono maggiormente attorno ai comuni di Assoro e Leonforte.

37 AA. VV., Enna e i suoi comuni …, op.cit., pp. 129-130

38 Nel 1765 il principe Ercole Branciforti fece impiantare una fabbrica di panni, nella

quale venne collocata una moderna strumentazione tecnologica, capace di assicurare un ciclo lavorativo completo delle lane. Nel 1840 si costruì una filanda che, rispondendo alla vivace domanda di tessuti, si rivelò un investimento assai remunerativo. Su questo argomento passim: A. Di Grande, Facies e stratigrafia …, op. cit.; e cfr.: S. Todaro,

Interrimento potenziale e reale dell'invaso Nicoletti (sottobacino del Fiume Simeto), op.

cit., pp. 15 – 20.

39

Su questo argomento passim: F. Billotta, I mulini ad acqua a Leonforte …, op. cit; G. Mazzola, Notizie storiche …, op. cit.

(21)

29 Per tutto il XIX secolo la dinamica economia leonfortese riuscì a superare i contraccolpi delle guerre napoleoniche e dei mutamenti introdotti dalla riforma del 1812, contenendo l‟emigrazione oltreoceano e attirando, anche, la popolazione dai comuni limitrofi40.

Il numero totale delle partenze dal Comune di Leonforte tra il 1882 e il 1900 fu, infatti, di 1.563 unità su una popolazione presente di 16009 abitanti, con un picco massimo di partenze tra il 1895 e il 1896, quando la situazione economica precipitò per: l‟impatto della crisi granaria e zolfifera; per la concorrenza dell‟industria tessile americana e per diverse epidemie che colpirono le principali colture del territorio. Su Leonforte gli effetti contraddittori di questa congiuntura portarono, negli stessi anni, alla chiusura di diversi opifici e, presumibilmente, concorsero all‟aumento degli espatri. (Tabella 6)

40 La riforma del 1812, abolendo di diritto la feudalità, eliminò la suddivisione delle

terre siciliane in terre feudali, baronali e demaniali, raggruppandole in ventitre distretti. Con Regio Decreto dell‟11/ottobre/1817 vennero introdotte sette nuove province e le intendenze di Palermo, Messina, Catania, Siracusa, Trapani e Caltanissetta; successivamente i ventitre distretti vennero suddivisi in 150 circondari. Leonforte apparteneva al Circondario di Nicosia, in Provincia di Catania, insieme ai comuni di: Agira, Assoro, Catenanuova, Cerami, Centuripe, Gagliano, Regalbuto, Nissoria, Sperlinga e Troina. Sull‟argomento passim: G. Mazzola, Notizie storiche …, op. cit.

(22)

30 TABELLA 6: Partenze permanenti e temporanee da Leonforte per l‟estero.

1882-1900 Popolazione presente al censimento del 31 dicembre 1881 Anno Partenze permanenti Partenze temporanee Totale 16009 1882 0 0 0 1883 0 0 0 1884 0 0 0 1885 0 0 0 1886 24 13 37 1887 111 0 111 1888 128 0 128 1889 79 0 79 1890 16 0 16 1891 55 0 55 1892 9 0 9 1893 138 0 138 1894 69 0 69 1895 297 0 297 1896 260 0 260 1897 55 0 55 1898 30 0 30 1899 190 0 190 1900 89 0 89

Fonte:Nostra Elaborazione su dati: ASISTAT, Direzione Generale di Statistica, d‟ora in poi DGS, Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio, d‟ora in poi MAIC, Statistica dell‟Emigrazione italiana all‟Estero, anni: 1882-1900.

(23)

31 Se, tuttavia, si calcola l‟incidenza migratoria sul totale della popolazione presente per tutti i comuni del Circondario di Nicosia, Leonforte mostra un‟incidenza più bassa rispetto alla media del Circondario, con un dato che l‟accomuna alle zone più sviluppate della Sicilia.

L‟incidenza emigratoria è molto elevata, infatti, nelle zone montane come Nicosia, Sperlinga e Gagliano, isolate per la maggior parte dell‟anno, prive di adeguate vie di comunicazioni e con un‟economia basata esclusivamente sull‟allevamento. (Tabella 7)

Lo stesso dato conferma, inoltre, che - benché in crisi - Leonforte ancora tra la fine del XIX e l‟inizio del XX secolo rimase un notevole punto di riferimento economico nell’area dell’altopiano41

, anche grazie ad una dinamica attività commerciale, testimoniata dall‟istituzione di un mercato bisettimanale, frequentato dagli abitanti dei paesi vicini42.

41

F. Campagna, Leonforte. Storia del territorio e sua importanza strategica, Leonforte, Lancillotto e Ginevra, 2006, p. 375.

(24)

32 TABELLA 7: Numero delle partenze dai comuni del Circondario di

Nicosia, comparate alla popolazione. Anni 1882-1900

Comune Popolazione presente al censimento del 31 dicembre 1881 Numero delle partenze complessive tra il 1882 e il 1900 Incidenza sulla popolazione in % Agira 13788 738 5,35 Assoro 3879 16 0,41 Catenanuova 2047 54 2,63 Centuripe 8897 253 2,84 Cerami 5001 641 12,81 Gagliano 4630 747 16,13 Leonforte 16009 1563 9,76 Nicosia 15460 6106 39,49 Nissoria 2925 427 14,59 Regalbuto 10017 1600 15,97 Sperlinga 2021 715 35,37 Troina 10109 268 2,65 Totale Circondario 94.783 13.128 13,85

Fonte: Nostra elaborazione su dati: ASISTAT, DGS, MAIC, Statistica dell‟Emigrazione italiana all‟Estero, anni: 1882-1900; ASISTAT, Popolazione residente e presente dei Comuni ai censimenti dal 1861 al 1961, Roma, ISTAT, 1977.

(25)

33 La crisi dei principali settori di sviluppo e gli inasprimenti fiscali provocarono, agli inizi del XX secolo, un‟impennata del numero di partenze anche a Leonforte, dove, tra il 1881 e il 1901 , si assistette ad un forte incremento demografico. (Tabella 5)

Pur non volendo riproporre una rigida relazione, di tipo maltusiano, tra aumento della popolazione ed emigrazione, è verosimile credere che un così considerevole aumento demografico - insieme alla crisi economica - contribuì all‟aumento degli espatri. (Tabella 8)

TABELLA 8: Partenze complessive da Leonforte per l‟estero. 1901-1920 Popolazione presente al censimento del 1901 Anno Numero totale di partenze Popolazione al censimento del 1911 Anno Numero totale di partenze 19751 1901 567 19670 1911 143 1902 150 1912 257 1903 792 1913 508 1904 523 1914 127 1905 1000 1915 39 1906 628 1916 manca 1907 343 1917 manca 1908 481 1918 2 1909 410 1919 139 1910 539 1920 328

Fonte: Nostra elaborazione su dati: ASISTAT, DGS, MAIC, Statistica dell‟Emigrazione italiana all‟Estero, anni: 1901-1920.

(26)

34 Il picco massimo delle partenze si registrò nel 1905, pur mantenendosi su livelli elevati per tutto il primo decennio del XX secolo. I flussi decrebbero tra il 1910 e il 1912 probabilmente a causa della «Campagna in Libia» - alla quale presero parte numerosi leonfortesi43 - che rese più difficili le stesse partenze, nuovamente in crescita nel 1913, a guerra finita.

In termini percentuali le partenze da Leonforte incisero sulla popolazione in maniera contenuta rispetto alla media degli altri comuni del Circondario; significativa risulta, ancora una volta, la percentuale delle aree montane, così come di quelle in prossimità del catanese.

Considerando la dinamica demografica dei comuni del Circondario di Nicosia vale la pena di sottolineare che non ci fu una relazione diretta tra incidenza emigratoria e perdita demografica. Ciò può essere spiegato, ipotizzando uno spostamento interno di popolazione da quei centri in cui, nonostante le poche partenze per l‟estero, la popolazione diminuì, verso quei comuni, in cui, invece, la popolazione aumentò, nonostante la cospicua emigrazione. (Tabella 9)

Questi spostamenti interni impedirono uno squilibrio eccessivo tra risorse e popolazione e non fermarono il complessivo aumento demografico nel Circondario di Nicosia44. Il territorio riuscì, quindi, a garantire una serie di opportunità di lavoro e rendita anche negli anni in cui i flussi per l‟estero furono più consistenti.

43 A questo proposito il Mazzola così si esprime: Ed è gloria e vanto anche di

Leonforte, l’aver partecipato a tale guerra con un numero cospicuo di cittadini, i quali mantennero alto il nome della Patria con il loro sangue e con il loro eroismo: G.

Mazzola, Notizie storiche sulla vetusta Tavaca e sulla moderna Leonforte, op. cit., cit. p.229.

44

Dove la popolazione presente passò, tra il 1901 e il 1921, da 110571 a 121856 abitanti: ASISTAT, Popolazione residente e presente dei Comuni. Censimenti dal 1861

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35 TABELLA 9: Numero delle partenze dai comuni del Circondario di Nicosia,

comparate alla popolazione. Anni 1901-1920

Comune Popolazione presente ai censimenti Numero di partenze complessive Numero delle partenze complessive tra il 1901 e il 1920 Incidenza sulla popolazione in % 1901 1911 1901/ 1910 1911/ 1920 1901/ 1910 1911/ 1920 Agira 17738 21877 4459 1850 6309 25,13 8,45 Assoro 5375 6226 1027 916 1943 19,1 14,71 Catenanuova 2308 2259 754 351 1105 32,66 15,53 Centuripe 11311 12703 4415 1325 5740 39,03 10,43 Cerami 4409 3798 1683 692 2375 38,17 18,22 Gagliano 4990 4204 1769 422 2191 35,45 10,03 Leonforte 19751 19760 5519 1541 7060 27,94 7,79 Nicosia 16004 16441 7001 1807 8808 43,74 11 Nissoria 3403 2827 733 477 1210 21,53 16,87 Regalbuto 11038 12946 4800 2088 6888 43,48 16,12 Sperlinga 2138 3282 2143 224 2367 97,94 6,82 Troina 12056 11094 2227 883 3110 18,47 7,95 TOTALE 110571 117417 36530 12576 49106 33,03 10,71

Fonte: Nostra elaborazione su dati: ASISTAT, DGS, MAIC, Statistica dell‟Emigrazione italiana all‟Estero, anni: 1901-1920;

ASISTAT, Popolazione residente e presente dei Comuni ai censimenti dal 1861 al 1961 …, op. cit.

(28)

36 I fattori macrostrutturali giocarono un ruolo importante nelle modalità e nei tempi dell‟emigrazione leonfortese, tuttavia, essi non esauriscono le molteplici motivazioni che intervennero nella scelta di emigrare, dal momento che questa è anche […] un grande atto di libertà45e che, pertanto, coinvolge singoli e gruppi con precise strategie e ambizioni. Nel caso dei leonfortesi, molti partirono per fuggire dalla miseria: Stavano molto male economicamente a Leonforte; mio nonno raccontava che lì facevano i contadini, ma la miseria era tanta, così nel 1905 insieme alla famiglia Novello e Ziino decisero di partire per l’Argentina, dove lavorarono la terra, prima, come «peones» nella Pampa, poi, da proprietari a Paraná, dove sapevano che c’erano molti altri leonfortesi46.

Altri partirono, invece, per soddisfare le proprie ambizioni di miglioramento:

Mio padre possedeva della terra a Leonforte, ma decisero di vendere tutto per sfruttare le opportunità offerte dall’Argentina, delle quali - per lettera - gli parlava una sua sorella già emigrata a Paranà. Arrivarono a Buenos Aires il 23 dicembre del 1909 [..] I miei genitori non vennero a popolare la terra secondo le politiche di Sarmiento e Urquiza, tanto è vero che si fermarono in città e che mio padre lavorò al Comune47. Altri ancora emigrarono per motivi legati esclusivamente alla sfera personale e familiare:

I miei genitori si sono sposati in poco tempo. Mia madre era rimasta orfana di mamma e suo padre – mio nonno – si risposò con un’altra signora e mia madre non ci andava d’accordo. Quando mio padre tornò da Marsiglia – dove aveva studiato come sarto – conobbe mia madre e fecero la famosa «fuitina». Dopo poco si sposarono e mia madre decise di seguire mio padre in Argentina. La scelta ricadde su questo Paese, perché mio padre aveva qui alcuni suoi parenti; lui era abituato a viaggiare, a spostarsi e sognava un futuro come sarto! In Argentina a

45 F. Renda, Storia della Sicilia …, op. cit., cit. p. 272.

46 Intervista Maria Russo, discendente di seconda generazione, registrata a Paraná il 26

settembre 2009. La traduzione dallo spagnolo è nostra.

47

Intervista a Hannah Randisi, discendente di seconda generazione, registrata a Paranà il 26 settembre 2009. La traduzione dallo spagnolo è nostra.

(29)

37 quel tempo i sarti italiani lavoravano tantissimo e allora decise di venire qui48.

Sugli espatri da Leonforte tra il 192049 e il 1930, purtroppo non esistono statistiche precise, ma può essere utile ragionare sui dati relativi alla Provincia di Catania50, da dove si partì soprattutto tra il 1923 e il 1924 – probabilmente per la difficile congiuntura prodottasi in seguito alla prima guerra mondiale – e dove, invece, il picco minimo di espatri si registrò tra il 1927 e il 1930, verosimilmente a causa delle restrizioni imposte dal regime fascista. (Tabella 10)

48 Intervista a Daniele Ilardo, discendente di seconda generazione, registrata a Paraná il

18 settembre 2009.

49 Di questa decade disponiamo solamente dei dati ISTAT relativi al 1920, quando su

una popolazione presente di 19760 calcolata al censimento del 1911, da Leonforte si ebbero 328 partenze, di cui 317 per destinazioni transoceaniche: in ASISTAT, DGS,

MAIC, Statistica dell‟Emigrazione italiana all‟Estero, 1920.

50 Per la precisione i dati si riferiscono alla Provincia di Catania fino al 1926 e a quella

di Enna, nata nel 1927, che attualmente comprende i paesi dell‟ex Circondario di Piazza Armerina e dell‟ex Circondario di Nicosia, in ASISTAT, DGS, MAIC, Statistica dell‟Emigrazione italiana all‟Estero, anni: 1927-1934.

TABELLA 10: Partenze complessive dalle province di Catania e di Enna per l‟estero. 1921-1930

Provincia Periodo Europa e Paesi del bacino Mediterraneo Paesi Transoceanici Totale Catania 1921 295 3866 4161 1922 260 5061 5321 1923 388 7044 7432 1924 511 5365 5876 1925 608 4160 4768 1926 320 3879 4199 Enna 1927/30 121 3003 3124

Fonte: Nostra elaborazione su dati: ASEN, CGE, Annuario Statistico dell’Emigrazione italiana …, op. cit.; ASISTAT, DGS, MAIC, Statistica dell‟Emigrazione italiana all‟Estero, anni: 1927-1934; M.C., Nascimbene, Italianos hacia América, Buenos Aires 1994.

(30)

38 Quanto alle motivazioni dei leonfortesi che emigrarono nella decade del 1920, un peso rilevante ebbe la situazione d‟incertezza sociale, oltre che economica, creatasi nel primo dopoguerra:

Tra la prima e la seconda guerra mondiale vennero molti leonfortesi […] mio padre arrivò a Paranà nel 1923 con i miei nonni, perché qui viveva già, da alcuni anni, un fratello di mio nonno che lo ospitò in casa sua e lo fece lavorare con lui. I miei nonni non stavano poi così male a Leonforte perché possedevano alcune terre. Quando, ormai vecchio, mio padre ritornò a Leonforte incontrò un suo zio che gli disse: «tuo padre stava bene qui a Leonforte, non aveva la necessità di andare in America, io credo che lo fece perché la situazione era confusa, incerta e non voleva che i suoi figli rivivessero quello che aveva passato lui in guerra». Ed infatti mio padre sapeva molte cose della guerra, sia quella del 1911, che della prima guerra mondiale perché mio nonno, che aveva partecipato ad entrambe, gli raccontava di quanto fosse stata terribile […] Mio nonno non sapeva fare molto, perché aveva passato la vita a combattere ed infatti quando in Argentina gli chiedevano che mestiere facesse in Italia, lui rispondeva «il soldato»51.

Anche il clima illiberale che si venne a creare in Italia dopo l‟avvento del Fascismo, giocò un ruolo importante:

Mio nonno aveva dodici anni quando arrivò in Argentina nel 1928. Emigrò perché a quel tempo Mussolini andava nelle scuole e pretendeva che soprattutto i ragazzi più intelligenti si preparassero per entrare nell’esercito, così suo padre si mise in contatto con la sorella che già era in Argentina e convinse mio nonno ad emigrare52.

Un ulteriore fattore di mobilità, per i leonfortesi, sembra essere stata la necessità di fuggire dalla potente mafia madonita – che aveva il suo centro nevralgico nella città di Gangi - sia per evitare la «vendetta» delle «famiglie» avversarie e sia per fuggire dalle imposizioni e dai ricatti, a cui erano sottoposti i piccoli e medi proprietari della zona53. A questo

51

Intervista a Susana Maccarone, discendente di seconda generazione, registrata a Paranà il 12 settembre 2009. La traduzione dallo spagnolo è nostra.

52 Intervista a Santo La Iacona, discendente di terza generazione, registrata a Paranà il

16 settembre 2009. La traduzione dalla spagnolo è nostra.

53

Sul tema ci si limita a fornire solamente alcuni dei testi più significativi e innovativi da un punto di vista storiografico. Sulla storia della mafia passim: G. Alongi, La Maffia,

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39 proposito, Juan Catí – emigrato in Argentina nel 1914 – scriveva su “El Diario” di Paraná:

Una vez me “asaltaron” en el campo de mi abuelo. “Asaltaban” de una forma distinta allà. Era la mafia. Eran muy amables, decian que venian a “comprarte” un reloj, unos caballos, unos chivos, y despuès te hacian firman un papel donde decia que uno le habia comprado eso que ellos tan amablemente te pedian54!

A fargli eco l‟esperienza delle famiglie Inveninato, Cangeri e Salamone che, essendo riusciti a mettere da parte una cospicua somma di denaro in Argentina, nei primi anni del Novecento decisero di ritornare a Leonforte; qui comprarono dei terreni e animali ma las organizaciones secretas (Mafia), que imperaba con todo rigor en aquellos años, los despojaron de los animales y […]sin medio económicos comenzaron de nuevo el exilio55.

Palermo, Sellerio editore, 1977; E. Bellavia, S. Palazzolo, Voglia di mafia. La

metamorfosi di Cosa Nostra da Capaci ad oggi, Roma, Carocci, 2005; A. Caruso, Da cosa nasce cosa. Storia della mafia dal 1943 a oggi, Milano, Longanesi, 2005; N.

Colajanni, Nel Regno della Mafia, Brindisi, Trabant, 2008; A. Crisantino, Capire la

mafia, Palermo, La Luna, 1995; G. Falzone, Storia della Mafia …, op. cit.; G. Fava, Da Giuliano a Dalla Chiesa, Roma, Editori Riuniti, 1986; H. Hess, Mafia, Roma-Bari,

Laterza, 1991; S. Lupo, Storia della mafia. Dalle origini ai giorni nostri, Roma, Donzelli, 1996; Id., Omertà e pentitismo ieri e oggi, in G. Fiandaca, S.Costantino (a cura di), La mafia, le mafie, Roma-Bari, Laterza, 1994; G. C. Marino, Storia della

Mafia, Roma, Newton Compton editroi, 2010; Id., Globalmafia. Manifesto per un’internazionale antimafia, Milano, Bompiani, 2011; F. Renda, Mafia ieri e oggi,

Palermo, Istituto Gramsci siciliano, 1985; Id., Storia della mafia. Come, dove e quando, Palermo, Sigma Edizioni, 1997.

Sulla mafia madonita: M. Siragusa, G. Seminara, Società e potere mafioso nella Gangi

liberale e fascista, Gangi, Edizioni progetto Gangi, 1995.

Sulle connessioni tra mafia ed emigrazione siciliana: N. Gentile, Vita di capomafia, Roma, Editori Riuniti, 1963; L. Jannuzzi, Lucky Luciano, Milano, Bompiani, 1973; S. Lupo, Cose nostre. Mafia siciliana e mafia americana, in P. Bevilacqua, A. De Clementi, E. Franzina (a cura di), Storia dell’emigrazione italiana, II, Arrivi, op. cit; S. Lupo, Quando la mafia trovò l’America: storia di un intreccio intercontinentale,

1888-2008, Torino, Einaudi, 2008; G. C. Marino, I padrini. Da Vito Cascio Ferro a Lucky Luciano, da Calogero Vizzini a Stefano Bontate, fatti, segreti e testimonianze di Cosa Nostra, Roma, Newton Compton editori, 2006; M. Puzo, I diari del padrino, Milano,

Dall‟Oglio, 1972.

54 Archivo Histórico Guillermo Saraví, d‟ora in poi AHGS, Hemeroteca, Juan Catí,

Historias de Sicilia, “El Diario”, 23 de mayo de 1992, p. 17.

55 J.C. Salamone, Historia y genealogia de una familia leonfortese en la Argentina: los

Salamone, inedita, cit. p. 43.

La denuncia dell‟incendio contro ignoti inoltrata da Di Benedetto Vito, Salamone Carmelo e Inveninato Vincenzo si trova in: ASEN, Procura di Nicosia, Registro Generale delle notizie di Reato nel circondario di Nicosia, anno 1902, registro n. 44, f. 156.

(32)

40 Si fuggiva, quindi, dalla pressione esercitata dalla mafia attraverso minacce, estorsioni e ritorsioni; ma si scappava anche dalla cosiddetta «vendetta» che condannava a morte chi aveva osato contravvenire alle regole del «codice mafioso» o chi apparteneva a fazioni opposte:

Mio nonno diceva sempre che decise di andare via da Leonforte perchè aveva paura della «vendetta» […] non ho mai capito bene in che senso, perché non parlava di questo volentieri, ma sicuramente aveva a che fare con la paura di essere ucciso dalla mafia56.

«Vendetta» che si abbatté anche contro la famiglia La Porta, emigrata in Argentina nel 1909:

Chiedevo sempre a mio zio notizie sulla nostra famiglia e sulla nostra storia. Lui rispondeva mal volentieri, non si poteva parlare di Leonforte perché diventava subito malinconico e si metteva a piangere. Tra parole dette e quelle rubate; dai discorsi che ascoltavo di nascosto, sono riuscito a capire che a Leonforte uccisero i miei nonni e i miei genitori; pare fosse stata la mafia per «vendetta» contro la mia famiglia. Mio zio, che era un monaco, prese me e i miei fratelli e ci portò in Argentina57. Al di là delle differenti motivazioni per l‟espatrio, vale la pena di sottolineare che dalle fonti orali emerge l‟importanza delle reti sociali58, per l‟elaborazione delle scelte e delle strategie migratorie, per le modalità d‟inserimento e integrazione e anche per la scelta dell‟Argentina come destinazione; un Paese, questo, che proprio negli stessi anni era impegnato nel processo di costruzione e consolidamento dei suoi apparati istituzionali, politici, economici e sociali.

56 Intervista a Giuseppe Azzolina, discendente di terza generazione, registrata a Paraná

il 12 settembre 2009. La traduzione dallo spagnolo è nostra.

57 Intervista ad Andrés La Porta, discendente di seconda generazione, registrata a Paraná

il 21 settembre 2009. La traduzione dallo spagnolo è nostra.

58

Sul ruolo e l‟importanza delle reti sociali il lavoro che ha aperto allo studio delle reti sociali e: S. Baily, The village outward approach to the study of social networks …, op. cit.

Figura

TABELLA 1: Partenze per l‟estero per province e % sulla popolazione  presente in ciascuna provincia
TABELLA 2: Destinazione degli emigranti dalla Sicilia  per anni campione
TABELLA 4: Espatri dalla Sicilia: AA. 1876 – 1935
TABELLA 5: Dinamica demografica a Leonforte dal 1861 al 1931
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