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Capitolo 3

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Academic year: 2021

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Capitolo 3

Il sonno

Il sonno è uno stato fisiologico periodicamente necessario. Viene solitamente definito come uno stato di riposo che si contrappone alla veglia. In realtà questa definizione non è completamente vera. Il sonno, infatti, è un processo fisiologico attivo come la veglia, e coinvolge l'interazione di componenti multiple del sistema nervoso centrale ed autonomo. Infatti, benché il sonno sia rappresentato da un apparente stato di quiete, comporta complessi cambiamenti a livello cerebrale che non possono essere spiegati solo come un semplice stato di riposo fisico e psichico. L'elettroencefalogramma (EEG) è da lungo tempo lo strumento di elezione per studiare il sonno.

Ci sono numerose patologie del sonno; tra queste i principali disturbi sono: insonnia, disturbi respiratori del sonno, ipersonnia, disturbi del ritmo cardiaco nel sonno, sonnambulismo, disturbi motori del sonno (sindrome delle gambe senza riposo, bruxismo). Attualmente la diagnosi di queste patologie risulta complicata, ed è quindi crescente l’interesse della comunità scientifica verso sistemi che semplifichino e rendano più veloce ed economica l’individuazione di queste problematiche.

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3.1 Fisiologia del sonno

Il sonno e la veglia, al pari di molte altre forme di comportamento e di molte altre attività fisiologiche, hanno un andamento circadiano di circa ventiquattro ore. I ritmi circadiani sono endogeni e non richiedono la presenza di stimoli ambientali. Tuttavia, in circostanze normali questi ritmi vengono modulati dall’andamento temporale di segnali esterni detti zeitgebers (che vuol dire indicatori del tempo), che adattano i ritmi agli eventi ambientali. La luce solare, che è un potente marcatempo, è associata alla fase attiva del ritmo circadiano di alcuni animali e alla fase inattiva di altri. Poiché i ritmi circadiani sono endogeni, richiedono un segnapassi o orologio interno. Nei mammiferi uno dei principali orologi interni è costituito dal nucleo sovra chiasmatico dell’ipotalamo anteriore. La luce influenza i ritmi mediante il tratto retino-ipotalamico, che è una via che si porta dalla retina fino al nucleo sovra chiasmatico. Le lesioni di questo nucleo attenuano il ciclo sonno-veglia, al pari di tutti gli altri ritmi circadiani (05).

Il sonno non è uniforme ma è organizzato in cicli che comprendono stadi non-REM e non-REM. Dal punto di vista comportamentale il sonno viene definito sulla base di quattro criteri:

1) riduzione dell’attività motoria;

2) diminuzione delle risposte agli stimoli;

3) presenza di posture stereotipate (per esempio gli uomini stanno sdraiati e con gli occhi chiusi);

4) reversibilità relativamente pronta (questa proprietà permette di distinguere il sonno dal coma, dall’ibernazione e dal letargo estivo).

Durante il sonno l’attività fisiologica può essere monitorata mediante registrazioni elettriche: l’attività muscolare viene registrata mediante l’elettromiografia, i movimenti oculari mediante l’elettrooculografia e l’attività di aggregati neuronali della corteccia cerebrale mediante l’elettroencefalografia. Usualmente l’uomo si addormenta entrando nel sonno non-REM, che è una fase caratterizzata da particolari variazioni dell’elettroencefalogramma (EEG). Successivamente il

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soggetto dormiente passa nel sonno REM, che è caratterizzato non solo da movimenti rapidi degli occhi, ma anche da una sorprendente inibizione completa del tono dei muscoli scheletrici. È proprio in questa fase che si ritiene avvengano la maggior parte dei sogni.

3.1.1 Sonno non-REM

Durante il sonno non-REM l’attività neuronale è debole e l’attività metabolica e la temperatura cerebrale raggiungono i valori minimi. Inoltre l’attività ortosimpatica diminuisce e la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa si riducono. Di converso durante la fase non-REM l’attività parasimpatica tende ad aumentare e diventa poi dominante, come dimostra lo stato di costrizione delle pupille. Il tono muscolare e i riflessi rimangono invariati.

Il sonno non-REM viene suddiviso in quattro stadi caratteristici.

Lo stadio 1 rappresenta la fase di transizione dalla veglia all’inizio del sonno e dura parecchi minuti. I soggetti svegli presentano un’attività EEG di basso voltaggio (10-30 μV e 16-25 Hz). Quando si rilassano, presentano un’attività di tipo sinusoidale (alfa) di circa 20-40 μV e 10 Hz.

Lo stadio 2 è caratterizzato da raffiche di onde sinusoidali dette fusi del sonno e da onde bifasiche a elevato voltaggio dette complessi K, che compaiono in maniera episodica su uno sfondo continuo di attività EEG di basso voltaggio.

Nello stadio 3 l’EEG è caratterizzato dalla presenza di onde delta, che sono onde lente (0.5-2 Hz) di grande ampiezza.

Nello stadio 4 l’attività a onde lente aumenta e domina le registrazioni EEG. Nell’uomo gli stadi 3 e 4 vengono indicati insieme con il nome

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sonno a onde lente. In alcuni animali tutto il sonno non-REM viene detto sonno a onde lente.

3.1.2 Sonno REM

Nell’uomo durante il sonno REM l’attività EEG ridiventa di basso voltaggio e di frequenza mista e quindi acquista caratteristiche simili a quelle dello stadio 1 del sonno non-REM. In alcuni animali i tracciati EEG del sonno REM e dello stato di veglia sono simili. Per tale ragione il sonno REM viene anche denominato sonno

paradosso. In effetti durante il sonno REM le caratteristiche di scarica della

maggior parte dei neuroni sono simili a quelle che si rilevano durante la veglia attiva. Alcuni neuroni, situati a livello del ponte, del corpo genicolato laterale e della corteccia occipitale, scaricano a frequenza più elevata durante il sonno REM che non durante lo stato di veglia. Queste intense scariche neuronali generano nell’EEG potenziali a punta di elevato voltaggio detti punte ponto-genicolo-occipitali (o spike PGO) dal nome delle strutture a livello delle quali gli spike sono più pronunciati. Gli spike PGO si originano dalla formazione reticolare pontina e si propagano attraverso il corpo genicolato laterale alla corteccia occipitale. Gli spike PGO sono correlati con le sequenze di movimenti oculari del sonno REM.

In accordo con l’incremento complessivo dell’attività nervosa durante il sonno REM, aumentano anche la temperatura e l’attività metabolica cerebrali che in alcune regioni possono raggiungere livelli uguali o superiori a quelli che si osservano durante lo stato di veglia. Tuttavia, a differenza di quanto avviene nello stato di veglia, si verifica la scomparsa del tono di quasi tutti i muscoli scheletrici (atonia); i muscoli scheletrici che rimangono attivi sono quelli che controllano i movimenti degli occhi, degli ossicini dell’orecchio medio e il diaframma. Inoltre si osservano sporadiche scosse muscolari fasiche.

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Durante il sonno REM i meccanismi omeostatici si attenuano: il respiro diventa

relativamente insensibile alle variazioni della CO2 ematica e si riducono o scompaiono del tutto le risposte al caldo o al freddo. Di conseguenza, la temperatura corporea tende a scendere verso la temperatura ambiente.

Queste osservazioni contribuiscono a chiarire che il sonno non è un processo continuo che va dal sonno superficiale a quello profondo, ma è costituito da fasi diverse. Ciascuna fase è complessa dal punto di vista comportamentale ed è espressione di configurazioni diverse dei meccanismi fisiologici che rappresentano un particolare stato cerebrale. In base ad alcuni criteri il sonno REM potrebbe essere considerato più superficiale di quello non-REM; per esempio è più facile risvegliare un individuo dal sonno REM che non dagli stadi 3 e 4 del sonno non-REM. In base ad altri criteri invece, il sonno non-REM potrebbe essere considerato più superficiale del sonno REM; il tono muscolare, i riflessi spinali e la regolazione della temperatura corporea vengono conservati durante il sonno non-REM mentre sono ridotti durante il sonno REM.

Durante il sonno, le fasi non-REM e REM si alternano ciclicamente. Di solito l’uomo adulto comincia a dormire passando dallo stadio 1 fino allo stadio 4 del sonno non-REM. Questa progressione degli stadi del sonno viene interrotta in maniera intermittente da movimenti del corpo e da risvegli parziali. Dopo circa 70-80 minuti il soggetto che sta dormendo ritorna allo stadio 3 o allo stadio 2 e poi entra nella prima fase REM della notte, che dura circa 5-10 minuti. Nell’uomo il ciclo che va dall’inizio del sonno non-REM alla fine della prima fase REM dura circa 90-110 minuti. Questi periodi ciclici, composti da sonno non-REM e da sonno REM, si ripetono in genere da quattro a sei volte per notte. Nei cicli successivi la durata degli stadi 3 e 4 diminuisce mentre quella delle fasi REM aumenta. Negli adulti giovani gran parte del sonno viene passata nello stadio 2 non-REM (50-60%); le fasi REM costituiscono il 20-25% del tempo totale che viene speso dormendo, gli stadi 3 e 4 del sonno non-REM coprono circa il 15-20% del tempo e lo stadio 1 circa il 5%.

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Figura 6. Fasi del sonno

3.2 Disturbi del sonno: le apnee notturne

I disturbi del sonno possono essere classificati in base ai sintomi che affliggono i pazienti: eccessiva sonnolenza (difficoltà a mantenere lo stato di veglia), difficoltà ad addormentarsi e a dormire (insonnia) o difficoltà legate a risvegli parziali dal sonno.

C’è una sorprendente differenza tra l’incidenza dell’insonnia e quella della sonnolenza eccessiva. Un gran numero di persone, all’incirca il 15%, soffre di insonnia cronica, mentre solo il 2% presenta sonnolenza eccessiva. Tuttavia il numero di persone che ricorrono al medico per cercare di alleviare una sonnolenza eccessiva è molto più elevato di quello che vi ricorre cercando una terapia per l’insonnia o per altri disturbi del sonno, perché la sonnolenza eccessiva arreca molti più danni dell’insonnia alla qualità della vita. Quasi la metà delle persone che ricorrono al medico perché soffrono di sonnolenza eccessiva ha avuto incidenti automobilistici, più della metà ha avuto incidenti lavoratici che talvolta hanno messo a repentaglio la loro vita. A causa di eccessiva sonnolenza molte

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persone hanno perso il posto di lavoro e l’impatto di questa condizione patologica sulla vita familiare è molto negativo.

Varie forme patologiche possono provocare sonnolenza eccessiva per tutto il giorno. Alcune patologie primarie del sonno, quali l’apnea (arresto del respiro per più di 10 secondi) e i movimenti periodici degli arti (in generale delle gambe, della durata di 0.5-5 secondi), possono provocare una sonnolenza eccessiva durante il giorno se si verificano frequentemente. La sindrome dell’apnea ostruttiva del sonno è la forma patologica che si osserva più frequentemente nei centri per la terapia dei disturbi del sonno; in ordine di frequenza segue la narcolessia. Queste due sindromi rappresentano anche le patologie più interessanti dal punto di vista scientifico (05).

3.2.1 Definizione e classificazione

L’apnea durante il sonno viene definita come la cessazione intermittente dell’afflusso di aria al naso e alla bocca mentre il soggetto sta dormendo. Per convenzione, le apnee caratterizzate da una durata di almeno 10 secondi vengono considerate importanti, sebbene nella maggior parte dei pazienti queste durino dai 20 ai 30 secondi e possano estendersi fino a 2 o 3 minuti.

La sindrome dell’apnea notturna si riferisce a disturbi clinici che derivano dalle ricorrenti apnee durante il sonno. L’importanza clinica di questa patologia è legata al fatto che rappresenta una delle cause più importanti di eccessiva sonnolenza diurna. Studi epidemiologici, infatti, hanno dimostrato che la prevalenza delle forme clinicamente rilevanti di apnea durante il sonno, nei soggetti di mezza età, è pari a circa il 2% nelle donne e al 4% negli uomini (06).

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Generalmente i pazienti che soffrono di apnee notturne russano, anche se non tutti coloro che russano soffrono necessariamente di apnea. Gli altri sintomi più frequenti sono la sonnolenza diurna eccessiva e il sonno non ristoratore. A meno che non venga rilevata dal partner che dorme con il paziente, i frequenti episodi di apnea spesso non vengono rilevati dal paziente stesso ed è il russare o la sonnolenza eccessiva che spingono questi pazienti a rivolgersi al medico. I pazienti riferiscono anche di soffrire di irrequietezza e senso di soffocamento durante il sonno, nonché di mal di testa al mattino. Come nel caso della narcolessia, la sonnolenza diurna può associarsi ai disturbi della memoria o a confusione mentale (05).

Le apnee durante il sonno sono state divise in due tipi: centrale e ostruttivo. Nell’apnea centrale l’impulso neurale a tutti i muscoli respiratori scompare improvvisamente. Al contrario, nell’apnea ostruttiva l’afflusso di aria cessa, nonostante la permanenza dell’impulso respiratorio, a causa dell’occlusione delle vie aeree orofaringee (06).

3.2.2 Apnea ostruttiva durante il sonno

Nell’apnea ostruttiva durante il sonno si verifica un’occlusione delle vie aeree superiori a livello dell’orofaringe. Questo si verifica perché la faringe, che è importante per la respirazione, la deglutizione e l’emissione della parola, è collassabile. La faringe è infatti in grado di contribuire a tutte queste funzioni perché è uno dei pochi segmenti collassabili delle vie aeree. Il sito primario dell’ostruzione è rappresentato dall’orofaringe (04).

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Figura 7.Occlusione della faringe (07)

Figura 8. Faringe

A causa della collassabilità della faringe, in condizioni normali la pervietà delle vie aeree dipende dall’equilibrio fra le pressioni dirette verso l’interno che operano durante l’inspirazione e le forze che agiscono verso l’esterno, generate dai muscoli annessi alle vie aeree che si contraggono per mantenerle pervie. L’aumento del peso corporeo provocherebbe un aumento del tessuto adiposo della faringe e delle altre strutture delle vie aeree superiori. Le pressioni che favoriscono il collasso della faringe aumentano a causa dell’eccesso di tessuto adiposo o di altre alterazioni anatomiche (deviazione del setto nasale, retrognazia mandibolare) e perciò, quando il paziente è sveglio, l’attività muscolare deve aumentare per controbilanciare le pressioni che inducono il collasso della faringe. I pazienti affetti da questa sindrome, quando sono svegli, presentano un’attività elettromiografica dei muscoli delle vie aeree, in particolar modo del genioglosso,

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più elevata di quella dei soggetti normali. Questa risposta compensatoria è sufficiente quando il paziente è sveglio, ma il problema nasce durante il sonno.

Figura 9. Andamenti del flusso aereo, movimento del torace e dell'addome durante l'apnea ostruttiva (07)

All’inizio del sonno non-REM i muscoli scheletrici diventano ipotonici. L’attività elettromiografica di alcuni muscoli delle vie aeree superiori diminuisce e questa diminuzione è rilevabile sia nell’attività elettromiografica di fondo che in quella fasica che normalmente si osserva durante il ciclo respiratorio. Ricerche condotte su animali hanno dimostrato che l’ipotonia che si manifesta nel sonno è prodotta dall’inibizione dei motoneuroni. Nella fase di passaggio al sonno REM i motoneuroni vengono ulteriormente iperpolarizzati e quindi compare l’atonia dei muscoli scheletrici.

Nei pazienti affetti da sindrome dell’ apnea ostruttiva del sonno l’ipotonia del sonno non-REM e l’atonia del sonno REM, associate all’aumento della resistenza a livello delle vie aeree prodotto dalle anormalità anatomiche, provocano il collasso delle vie aeree. Interviene quindi un breve risveglio dal sonno, per cui il tono muscolare ricompare, la respirazione ridiventa normale e in questo modo si

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completa il ciclo. L’alcol costituisce spesso un importante cofattore a causa della sua particolare influenza depressiva sul tono di questi muscoli.

L’apnea che ne consegue conduce a un’asfissia progressiva fino a un breve risveglio dal sonno durante il quale l’apertura delle vie aeree viene ripristinata e l’afflusso di aria riprende. Il paziente quindi si riaddormenta e la sequenza di eventi si ripete, spesso fino a 400-500 volte per notte, determinando così una marcata frammentazione del sonno.

Il restringimento delle vie aeree superiori durante il sonno, che predispone alla apnea ostruttiva, porta inevitabilmente a russare. Nella maggior parte dei pazienti il russare precede di parecchi anni lo sviluppo di eventi ostruttivi. In ogni caso, la maggior parte degli individui che russano non presenta un disturbo dovuto all’apnea e non ci sono prove del fatto che il russare possa essere correlato a rischi per la salute a lungo termine.

Gli episodi ricorrenti di asfissia notturna e di risveglio dal sonno, che caratterizzano l’apnea ostruttiva, portano a una serie di eventi fisiologici secondari che a loro volta danno luogo alle complicazioni cliniche della sindrome. Le manifestazioni più comuni sono disturbi neuropsichici e comportamentali che si pensa traggano origine dalla frammentazione del sonno e dalla perdita del sonno profondo dovuta ai continui risvegli. Anche l’ipossia cerebrale notturna potrebbe rivestire un ruolo di rilievo. La manifestazione più importante è l’eccessiva sonnolenza diurna, che all’inizio si manifesta quando il paziente sta leggendo o dormendo, ma che poi interferisce con tutte le attività quotidiane, diventando disabilitante e pericolosa. Numerosi studi hanno infatti dimostrato che i pazienti con apnea notturna sono coinvolti in incidenti automobilistici con frequenza da due a sette volte maggiore dei guidatori non affetti da questa patologia. Altri sintomi correlati includono deficit intellettivo, perdita di memoria e disturbi della personalità.

Le altre manifestazioni principali hanno una genesi cardiorespiratoria e si pensa traggano origine dagli episodi ricorrenti di asfissia notturna. Molti pazienti presentano un rallentamento ciclico del cuore durante le apnee, raggiungendo i

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30-50 battiti al minuto, seguito da una tachicardia con 90-120 battiti al minuto durante la fase ventilatoria. Un piccolo numero di pazienti sviluppa una bradicardia grave oppure una tachiaritmia pericolosa. La presenza di simili aritmie ha fatto ipotizzare che l’apnea ostruttiva possa portare a morte improvvisa durante il sonno, ma mancano dati certi al riguardo.

A differenza dei soggetti sani, nei pazienti con apnea ostruttiva durante il sonno la pressione arteriosa non diminuisce durante il sonno. In realtà aumenta tipicamente in modo brusco al termine di ogni evento ostruttivo, come risultato di un’attivazione nervosa simpatica di una vasocostrizione riflessa. Inoltre, più del 50% dei pazienti con apnea ostruttiva durante il sonno presenta ipertensione sistemica. Diversi studi epidemiologici hanno rilevato che l’apnea ostruttiva durante il sonno è un fattore di rischio per lo sviluppo di ipertensione sistemica; studi recenti su modelli animali dimostrano chiaramente che l’apnea ostruttiva durante il sonno può indurre aumenti prolungati della pressione arteriosa durante il giorno. Alcuni dati suggeriscono che l’apnea ostruttiva durante il sonno può anche scatenare un evento ischemico nei pazienti con malattia coronarica e può contribuire alla riduzione della funzionalità ventricolare sinistra, sia acutamente sia cronicamente, nei pazienti con insufficienza cardiaca congestizia. Il trattamento dell’apnea ostruttiva durante il sonno in tali pazienti spesso porta a un notevole miglioramento della funzionalità ventricolare sinistra e della condizione clinica cardiaca.

Infine, fino al 20% dei pazienti con apnea ostruttiva durante il sonno sviluppa una lieve ipertensione polmonare e una piccola percentuale (minore del 10%) sviluppa ipertensione polmonare, insufficienza ventricolare destra, ipercapnia cronica e ipossiemia.

Sebbene l’apnea ostruttiva durante il sonno si verifichi a ogni età, il paziente tipico è un uomo tra i 30 e i 60 anni abituato a russare, caratterizzato da una sonnolenza diurna eccessiva, moderatamente obeso e spesso affetto da ipertensione lieve o moderata. Il rilievo diagnostico chiave dell’apnea ostruttiva è quello di episodi di interruzione dell’afflusso di aria a livello del naso e della bocca in presenza di uno sforzo respiratorio continuo.

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I fattori di rischio congeniti per l’OSAS sono: anomalie congenite specifiche, razza, ereditarietà familiare, sesso, morfologia cranio-facciale (circonferenza del collo) e obesità. Altri fattori di rischio acquisiti sono l’età, il fumo, l’alcool, il russamento e particolari farmaci. I segni e i sintomi della presenza di OSAS sono invece: russamento rumoroso, sonnolenza diurna, sensazione di soffocamento, sonno agitato, alterazione della personalità, alterazione dello stato intellettivo, nicturia, sonno del partner disturbato, stanchezza diurna, cefalea mattutina, enuresi, ridotta libido e impotenza secondaria, sudorazione notturna, palpitazioni e/o dolori toracici atipici, risvegli notturni, tosse notturna, difficoltà a deglutire, segni di reflusso gastroesofageo, allucinazioni ipnagogiche (04).

3.2.3 Apnea centrale durante il sonno

L’evento determinante in caso di apnea centrale è una cessazione transitoria dell’impulso centrale indirizzato ai muscoli ventilatori.

I muscoli respiratori sono controllati da un centro respiratorio situato nel bulbo che riceve tre tipi di informazioni:

1) informazioni dai chemocettori che rilevano la concentrazione dell’ossigeno e dell’anidride carbonica nel sangue arterioso;

2) informazioni dai meccanocettori polmonari e della parete toracica; 3) informazioni a feed-back dai centri corticali superiori.

I glomi carotidei, situati a livello della biforcazione della carotide, rilevano il livello di ossigeno, di anidride carbonica e il pH e inviano impulsi al bulbo per il tramite del nono nervo cranico. Quando l’ossigeno si riduce (ipossia) e l’anidride carbonica aumenta (ipercapnia), aumenta lo sforzo ventilatorio. Nel sonno REM la risposta all’ipossia diminuisce e la risposta all’ipercapnia praticamente scompare. Queste modificazioni del controllo della respirazione in rapporto con il sonno provocano problemi ai pazienti che hanno alterazioni delle vie aeree. Nei

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casi meno gravi gli episodi di apnea compaiono solo durante il sonno REM; nella maggior parte dei pazienti affetti dalla sindrome dell’apnea del sonno gli episodi di apnea hanno una durata maggiore nel sonno REM.

Figura 10 Andamento del flusso aereo, movimento del torace e dell'addome durante l'apnea centrale (07)

L’apnea che ne risulta conduce a una serie di eventi simili a quelli che si verificano nell’apnea ostruttiva. I meccanismi di base che possono portare alla cessazione dell’impulso respiratorio durante il sonno sono molteplici. In primo luogo vi sono i difetti del sistema di controllo respiratorio metabolico e dell’apparato neuromuscolare respiratorio. A questi si contrappongono i disturbi dell’apnea centrale che insorgono da instabilità transitoria nell’ambito di un sistema di controllo respiratorio altrimenti intatto. Caratteristica comune di tutti questi disturbi è un livello di PCO2 durante il sonno che scende

temporaneamente al di sotto della PCO2 critica, necessaria per la generazione

del ritmo respiratorio; quindi, con la perdita dell’effetto stimolante dello stato di veglia sulla respirazione (impulso neurale dello stato di veglia), si sviluppa un’apnea all’inizio del sonno che prosegue finché l’incremento della PCO2 non raggiunge un valore critico.

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Molti individui sani presentano un numero ridotto di apnee centrali durante il sonno, in particolare al momento dell’inizio del sonno e nella fase REM. Queste apnee non sono associate a disturbi fisiologici o clinici. Nei pazienti che presentano un’apnea centrale clinicamente importante, la sequenza primaria di eventi che caratterizza il disturbo porta a conseguenze fisiologiche e cliniche rilevanti.

In quei pazienti in cui l’apnea centrale è una componente di una sindrome da ipoventilazione alveolare, l’ipercapnia e l’ipossiemia diurne sono generalmente evidenti e il quadro clinico è dominato da una storia di insufficienza respiratoria ricorrente, policitemia, ipertensione polmonare e insufficienza cardiaca destra. Anche il fatto che i pazienti si lamentino di dormire male, di accusare emicranie, stanchezza e sonnolenza diurna è importante.

Al contrario, nei pazienti in cui l’apnea centrale trae origine da un’instabilità dell’impulso respiratorio, il quadro clinico è dominato da disturbi correlati ad alterazioni del sonno, inclusi risvegli notturni ricorrenti, spossatezza mattutina e sonnolenza diurna.

Studi recenti indicano, inoltre, che l’apnea centrale durante il sonno può indurre un’attivazione del sistema nervoso simpatico nei pazienti con insufficienza cardiaca, esercitando quindi un effetto deleterio secondario sul disturbo cardiaco di base.

L’obesità e l’ipertensione sono meno importanti nell’apnea centrale che in quella ostruttiva.

La diagnosi definitiva di apnea centrale richiede uno studio polisonnografico con un’osservazione particolare delle apnee ricorrenti non accompagnate da sforzo respiratorio.

Le misurazioni della PCO2 percutanea sono particolarmente utili nell’apnea

centrale. I pazienti che presentano un difetto nel controllo respiratorio o nella funzione neuromuscolare tipicamente presentano una PCO2 elevata che tende ad

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Al contrario, i pazienti con instabilità del sistema di controllo respiratorio spesso presentano un grado lieve di ipocapnia, il che costituisce un tratto patogenetico intrinseco del loro disturbo.

3.2.4 Trattamento

Si può provare a stabilizzare le vie aeree superiori tramite un calo ponderale (il 70% dei pazienti che presentano apnea ostruttiva sono obesi), protesi orali (protesi per l’avanzamento della mandibola o per lo spostamento dorsale della lingua), chirurgia delle alte vie aeree e/o maxillo facciale, e cercando di evitare di dormire in posizione supina. Infatti il decubito supino peggiora sia il russamento che il numero di apnee-ipopnee (04). Il trattamento più efficace per la sindrome dell’apnea ostruttiva del sonno è costituito dall’applicazione di una pressione positiva continua alle vie aeree attraverso una maschera posta sul naso (CPAP). Questa pressione positiva controbilancia la pressione negativa che tende a svilupparsi a causa della riduzione del calibro e del collasso della faringe. Quando si riesce ad applicare una pressione positiva continua ottimale a livello delle vie aeree, i disturbi respiratori scompaiono, lo stato di ipossia che si verifica durante il sonno migliora, i brevi risvegli dal sonno non avvengono più e la sonnolenza che compariva durante il giorno scompare rapidamente. Nonostante ciò i pazienti si lamentano della scomodità della maschera attraverso la quale viene applicata la pressione positiva alle vie aeree, che provoca loro un senso di claustrofobia, e perciò la rifiutano del tutto o la utilizzano in modo discontinuo o il meno possibile (05).

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Figura 11. Continuous Positive Airway Pressure (04)

3.3 Polisonnografia

La polisonnografia rimane il gold standard per la diagnosi delle apnee notturne. Consiste in una registrazione simultanea dei cambiamenti fisiologici che avvengono nel sonno, monitorando molte funzioni corporee, incluso il cervello (ECG), i movimenti oculari (EOG), l’attività muscolare (EMG), il ritmo cardiaco (ECG) e le funzioni respiratorie o lo sforzo respiratorio nel sonno. Per ottenere questi segnali è necessario posizionare numerosi sensori sul paziente e uno specialista deve eseguire uno screening manuale dei dati registrati. Solitamente questa analisi richiede che il paziente rimanga tutta la notte ricoverato presso una unità per gli studi del sonno e questo porta a un numero poco elevato di diagnosi (18).

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Ci sono diversi livelli di monitoraggio che si possono applicare: ridotto (flusso aereo, frequenza cardiaca, ossimetria, posizione), completo (ridotto a cui si aggiunge rumore respiratorio e movimenti toraco-addominali), polisonnografia (completo a cui si aggiunge elettroencefalogramma, elettrooculogramma ed elettromiogramma) (04).

L’indagine definitiva in caso di sospetta apnea ostruttiva, in cui la diagnosi rimane dubbia dopo l’utilizzo di altre metodiche, è la polisonnografia.

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Figura 13 Andamento di un tracciato polisonnografico durante apnea centrale (07)

Poiché la polisonnografia è un test dispendioso che richiede lunghi tempi di esecuzione, recentemente si è creato un forte interesse su metodiche di studio del sonno più semplici, ambulatoriali, che non richiedano la presenza continua dell’operatore e che consentano al paziente di essere studiato nel proprio domicilio, piuttosto che in un laboratorio.

Figura

Figura 6. Fasi del sonno
Figura 7.Occlusione della faringe (07)
Figura 9. Andamenti del flusso aereo, movimento del torace e dell'addome durante l'apnea ostruttiva  (07)
Figura 10 Andamento del flusso aereo, movimento del torace e dell'addome durante l'apnea centrale  (07)
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