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1.4 Infiammazione delle vie aeree

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Academic year: 2021

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1. Introduzione

Le malattie respiratorie croniche sono tra le principali cause di morbilità e mortalità e si prevede un trend in crescita per i prossimi anni. I dati forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stimano che attualmente centinaia di milioni di persone soffrono di malattie respiratorie croniche:

• circa 300 milioni per l'asma

• 80 milioni con broncopatia cronico ostruttiva (BPCO) di grado moderato o grave

• altri milioni soffrono le conseguenze di BPCO lievi, riniti allergiche e altre patologie respiratorie croniche.

Secondo l'OMS, le cinque più importanti malattie respiratorie non solo causano il 17% di tutte le morti, ma sono alla base di ben il 13% di tutti gli anni di vita in buona salute persi (per invalidità o morte). L'unico modo per conciliare un’ottimale assistenza sanitaria ai malati e una spesa pubblica sostenibile è prevenire le malattie respiratorie nei limiti del possibile, assicurare una diagnosi il più possibile precoce, con strumenti standardizzati cui seguano terapie tempestive e appropriate, in grado di prevenire o ritardare l'invalidità, trattare i malati cronici il più possibile sul territorio.

L’impatto delle malattie respiratorie croniche, oltre a causare morti premature, ha importanti effetti negativi sulla qualità della vita e sulla disabilità dei pazienti. In Italia le malattie respiratorie, dopo quelle cardiovascolari e neoplastiche, rappresentano la terza causa di morte e si prevede che, anche a causa

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dell’invecchiamento della popolazione, la prevalenza di tali patologie sia destinata ad aumentare.

Tra le patologie prevenibili vi sono l’asma, le allergie respiratorie, la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), le malattie professionali polmonari, la “sleep apnea sindrome” e l’ipertensione polmonare. Benché esistano efficaci misure preventive, tuttavia le malattie respiratorie croniche sono sottovalutate, sotto diagnosticate, sottotrattate ed insufficientemente prevenute.

Nel 2006, in Italia, sono avvenuti 35.751 decessi per malattie dell’apparato respiratorio (57% maschi), che rappresentano il 6.4% di tutte le morti. Il quoziente di mortalità sale marcatamente dopo i 64 anni d’età. Le malattie respiratorie si confermano quale terza grande causa di mortalità, dopo le malattie dell’apparato cardio-circolatorio e le neoplasie (ISTAT 2009). Più del 50% dei decessi per cause respiratorie è attribuibile a broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) assieme all’asma.

Questi dati giustificano il grande interesse che queste patologie hanno rivestito nell’ultimo decennio.

1.1 Definizioni

Asma

L’asma è una malattia infiammatoria cronica delle vie aeree associata a iperreattività bronchiale, ostruzione al flusso reversibile e sintomi respiratori.

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Le linee guida GINA (Global Initiative for Asthma) definiscono l’asma come:

“Una malattia infiammatoria cronica delle vie aeree nella quale entrano in gioco numerose cellule, in particolare mastociti, eosinofili, linfociti T, neutrofili e cellule epiteliali”. In soggetti predisposti, questa infiammazione provoca episodi ricorrenti di respiro sibilante, dispnea, senso di costrizione toracica e tosse, in particolare durante la notte e nelle prime ore del mattino. Questi episodi sono di solito associati ad ostruzione diffusa, ma di entità variabile, delle vie aeree, spesso reversibile spontaneamente o dopo trattamento.

BPCO

La American Thoracic Society (ATS) la ha definita come “Una patologia caratterizzata da ostruzione del flusso espiratorio che non si modifica significativamente nel corso del tempo”, differenziandola quindi dall’asma bronchiale, che invece risulta caratterizzata da ampia variabilità dei flussi espiratori. Infine, nel progetto GOLD (2003) è stato inserito il concetto di possibile parziale reversibilità della ostruzione bronchiale, definendo la BPCO come una “sindrome caratterizzata da una limitazione del flusso aereo espiratorio non completamente reversibile né spontaneamente né con trattamento farmacologico. In genere tale riduzione del flusso aereo espiratorio è progressiva e si associa ad una risposta infiammatoria broncopolmonare dovuta all’inalazione di particelle o gas tossici”.

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1.2 Fattori di rischio

I fattori di rischio responsabili dello sviluppo di queste patologie respiratorie possono essere distinti in fattori individuali e fattori ambientali (Figura 1).

Fattori di rischio individuali

Gli studi epidemiologici e di genetica hanno dimostrato che l’atopia, la suscettibilità allo sviluppo dell’asma e l’iperresponsività bronchiale sono sotto il controllo genetico, essendo stati identificati i loci cromosomici specifici di tale ereditarietà. L’iperresponsività bronchiale, cioè l’esagerata risposta di tipo broncocostrittivo in risposta a stimoli diversi che normalmente non causerebbero questa risposta, è un importante fattore di rischio per l’asma e per la BPCO.

L’iperresponsività bronchiale è ereditabile ed è strettamente associata all’atopia, essendo il locus che la controlla molto vicino a quello che regola la produzione di IgE, sul cromosoma 5.

Fattori di rischio ambientali

Gli allergeni e gli agenti professionali sono sicuramente i fattori di rischio ambientali più importanti per lo sviluppo di queste patologie. L’esposizione agli allergeni ambientali determina, nei soggetti suscettibili, lo sviluppo della malattia ed è anche un fattore di rischio per le riacutizzazioni asmatiche. Tali allergeni sono in aumento nei Paesi industrializzati e questo rende comprensibile l’aumento di prevalenza in questi paesi rispetto a quelli più poveri.

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Per quanto riguarda gli agenti sensibilizzanti professionali, si tratta di sostanze chimiche organiche (formaldeide, gluteraldeide, diisocianati, lattice, ecc.), inorganiche (persolfato, sali di cromo, sali di nichel, ecc.), proteine vegetali (soia, polvere di legno, cedro rosso, cedro del libano, ecc.) e proteine animali (acari dei magazzini di deposito, acari dei polli, ecc.), che producono manifestazioni cliniche di tipo asmatico nei lavoratori esposti.

Anche l’inquinamento atmosferico, sia indoor sia outdoor, favorisce l'insorgenza di queste malattie sia direttamente, attraverso l’azione degli irritanti ambientali, sia indirettamente attraverso l’aumento della concentrazione degli allergeni pollinici.

Tra i diversi fattori di rischio, soprattutto per quanto riguarda la BPCO, il fumo di sigaretta riveste un ruolo da protagonista. Infatti, più dell’85% dei casi di BPCO sono da riferire a tale causa. I fumatori, rispetto ai non fumatori, presentano una mortalità per BPCO più alta ed una prevalenza e incidenza maggiore per tosse produttiva e altri sintomi respiratori.

In diversi studi è stato osservato come la prevalenza della BPCO sia più alta nei paesi dove il fumo di sigaretta è più diffuso, mentre risulta più bassa nei paesi dove il consumo di tabacco pro capite è più basso.

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Fig. 1. Fattori di rischio nello sviluppo dell'asma e della BPCO

1.3 Fisiopatologia

I meccanismi alla base dei processi coinvolti nello sviluppo dell'asma e della BPCO causano alterazioni della normale fisiologia delle vie respiratorie come ipersecrezione di muco, alterazione della motilità ciliare, ostruzione delle vie respiratorie, alterazione degli scambi gassosi, ipertensione polmonare e diversi effetti sistemici (MacNee, 2006).

Ostruzione bronchiale

Gli episodi di broncoostruzione sono dovuti al contributo di diversi meccanismi, tutti associati all’infiammazione delle vie aeree, quali la contrazione della muscolatura liscia, l’edema della parete bronchiale, la formazione di tappi di muco che occludono il lume e le alterazioni strutturali della parete delle vie

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respiratorie (Figura 2). La broncocostrizione acuta nel paziente asmatico è un evento che si può verificare in quanto le vie aeree sono particolarmente reattive ad una molteplicità di stimoli, quali gli allergeni, l’esercizio fisico, l’aria fredda, i fumi, le sostanze chimiche e le forti emozioni. In questi casi la broncocostrizione è dovuta alla combinazione di meccanismi diversi che agiscono direttamente, causando la contrazione delle cellule muscolari lisce tracheobronchiali, o indirettamente, attraverso il rilascio di mediatori dalle cellule infiammatorie o la stimolazione, a livello centrale o locale, di riflessi neuronali. Anche la somministrazione di farmaci β-bloccanti può scatenare una broncocostrizione acuta, a volte anche grave causata dal fatto che, se si blocca l’effetto rilasciante β2-adrenergico, il sistema non è più in grado di contrastare l’azione dei mediatori broncocostrittori (in particolare l’acetilcolina) (Barnes, 1992).

Fig. 2. Effetti della patologia asmatica a livello delle vie respiratorie

Soprattutto per quanto riguarda la BPCO, dove le alterazioni a livello dell'apparato respiratorio sono più significative, è probabile che le modificazioni strutturali delle piccole vie aeree, contribuiscano maggiormente all’ostruzione ed

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alla mal distribuzione dei gas inspirati, nonché alla progressione patogenetica della malattia (Milic-Emili et Mura, 2005).

Più precisamente, la riduzione della funzione respiratoria causa, nel tempo, una lenta distruzione degli spazi aerei distali ai bronchioli terminali respiratori (enfisema). Questa malattia determina, a sua volta, una progressiva difficoltà respiratoria (dispnea) che il paziente negli stadi iniziali può trascurare, ma che, se non si smette di fumare, può diventare molto invalidante fino all’instaurarsi dell’insufficienza respiratoria cronica, che richiede ossigeno-terapia domiciliare.

Ipersecrezione di muco e disfunzione ciliare

Nei soggetti affetti da patologie respiratorie ostruttive le cellule produttrici di muco vanno incontro ad una ipertrofia ed iperplasia, che di conseguenza ne fa aumentare sia il numero che le dimensioni, con conseguente accrescimento delle ghiandole tracheobronchiali. Inoltre la mucosa epiteliale in generale subisce metaplasia ed iperplasia, sia a livello centrale che periferico, favorendo così una maggiore ridistribuzione delle cellule secretorie a livello delle vie aeree. Ad esempio, le vie respiratorie più piccole (al di sotto dei 400 µm di diametro), che normalmente sono popolate da una minoranza di cellule caliciformi mucipare, divengono invece forti responsabili dell’eccessivo muco che caratterizza la patologia (Barnes et al., 2009).

Va inoltre sottolineato che il muco prodotto è anche qualitativamente differente dalla norma riguardo la sua composizione molecolare e cellulare; in particolar modo risulta molto più viscoso. Proprio le caratteristiche anomale di tale muco, favoriscono la formazione di veri e propri “tappi mucosi” che causano una

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parziale o completa occlusione delle vie aeree con diametro inferiore a 2 mm (Barnes et al.; 2009).

Alterazioni strutturali

Il processo infiammatorio nelle patologie croniche ostruttive è associato a

“rimodellamento” delle vie aeree. Questo termine indica l’insieme delle alterazioni strutturali della parete delle vie aeree che comprendono: l’ispessimento della membrana basale sottoepiteliale, la desquamazione epiteliale, la formazione di nuovi vasi (neoangiogenesi), l’ipertrofia e l’iperplasia del muscolo liscio. La principale caratteristica del rimodellamento è l’ispessimento e l’aumento della densità della lamina reticolare della membrana basale per deposizione di fibre collagene di tipo I, III, tenascina e fibronectina da parte dei miofibroblasti attivati (Vignola et al., 2003).

L’aumento dello spessore della membrana basale sembra essere positivamente correlato all’iperresponsività bronchiale, al numero di fibroblasti e miofibroblasti adiacenti ad essa (Evans et al., 1999). L’ispessimento della membrana basale potrebbe essere una conseguenza del danno epiteliale cui corrisponde una prolungata e continua riparazione che implica la produzione di eccessive quantità di fattori di crescita che inducono i fibroblasti a proliferare e deporre fibre collagene. Anche la matrice interstiziale è coinvolta nel processo di rimodellamento. La desquamazione epiteliale, che è caratterizzata dal distacco delle cellule colonnari da quelle basali, potrebbe essere dovuta alla distruzione di strutture di adesione intercellulari come desmosomi e giunzioni strette (Montefort et al., 1992).

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La desquamazione epiteliale potrebbe essere causata anche dall’aumento dell’apoptosi delle cellule epiteliali. L'epitelio può essere riparato e sostituito con una mucosa pluristratificata non più ciliata ma costituita da cellule poligonali coperte da un sottile strato di cellule squamose (metaplasia squamosa). Queste modificazioni possono essere associate ad iperplasia delle cellule caliciformi mucipare e all’aumento di volume delle ghiandole della mucosa bronchiale (Fahy et al., 2001).

Numerosi sono ormai gli studi che hanno evidenziato anche un aumento della vascolarizzazione nelle vie aeree di soggetti con asma e bronchite cronica (Kuwano et al., 1993; Chetta et al., 2003). I meccanismi responsabili dell’angiogenesi non sono ancora completamente noti. Un’ipotesi possibile è che l’angiogenesi sia mediata dai mastociti poiché essi producono fattori quali istamina ed eparina che possono svolgere un ruolo proangiogenetico. È stato dimostrato che alcuni fattori di crescita tra i quali il VEGF, l’FGF e l’angiogenina sono correlati all’angiogenesi nell’asma bronchiale (Hoshino et al., 2001).

Sebbene il significato funzionale delle alterazioni vascolari non sia ancora completamente chiaro, è ipotizzabile che tali alterazioni abbiano un ruolo nell’iperreattività bronchiale. È stato dimostrato che un aumento del numero di vasi può contribuire all’ispessimento della parete delle vie aeree, causando un notevole restringimento del lume bronchiale quando avviene la contrazione del muscolo liscio. Le alterazioni vascolari possono contribuire alla broncostruzione anche in modo indiretto: l’edema associato alla proliferazione dei vasi può contribuire sia al restringimento delle vie aeree che al danno subepiteliale (Hogg et al., 1987).

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Anche la proliferazione delle cellule muscolari lisce, con conseguente aumento della componente muscolare, risulta giocare un ruolo cruciale per quanto concerne le alterazioni strutturali. Infatti, è stato dimostrato che la percentuale di parete bronchiale occupata dal muscolo liscio è raddoppiata nei soggetti patologici, con un aumento volumetrico percentuale dal 50 all’83% (Woodruff et al., 2004).

Inoltre nei soggetti con asma grave e BPCO si osserva una riduzione della distanza tra muscolatura liscia e membrana basale. Le cellule muscolari lisce presenti normalmente in profondità nella sottomucosa possono differenziarsi e migrare (Benayounet al., 2003). Questo può avvenire attraverso numerosi meccanismi quali ad esempio l’ipertrofia, l’iperplasia, la migrazione dei miociti e la loro differenziazione in fibromiociti e miofibroblasti. In particolare, in risposta allo stimolo antigenico, le fibrocellule muscolari lisce migrano nella sottomucosa e formano uno strato muscolare con fenotipo e funzione anomala (Vignola et al., 2003).

Iperresponsività bronchiale

E' una componente fisiopatologica importante rappresentata dall’aumento, rispetto ai soggetti normali, della reattività della muscolatura liscia tracheo-bronchiale in risposta a numerosi stimoli endogeni ed esogeni. Tra i vari meccanismi proposti per spiegare questa iperresponsività bronchiale, l’infiammazione delle vie aeree risulta essere quello di maggior rilievo.

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Edema delle vie respiratorie

La broncoostruzione, può essere provocata anche da un rigonfiamento della parete delle vie aeree dovuto ad edema, indipendentemente dalla contrazione della muscolatura liscia. L’edema delle vie aeree è una conseguenza dell’aumento della permeabilità del microcircolo bronchiale soprattutto nella zona che si trova all’esterno della muscolatura liscia, con conseguente perdita della forza di retrazione elastica. Sia il rigonfiamento delle vie aeree che la perdita di forza di retrazione elastica possono contribuire all’iperresponsività bronchiale caratteristica dell’asma e della BPCO (James et al., 1989; Hogg et al., 1993).

1.4 Infiammazione delle vie aeree

L’infiammazione cronica delle vie aeree è una caratteristica delle malattie respiratorie di tipo ostruttivo. L’infiammazione interessa tutte le vie aeree, ma in particolar modo i bronchi di medie dimensioni. Diversi elementi cellulari e numerosi mediatori risultano avere un ruolo nella modulazione della risposta infiammatoria nelle vie respiratorie (Wenzel, 2003).

1.4.1 Cellule infiammatorie

Eosinofili. Gli eosinofili possiedono un ampio spettro di proprietà biologiche,

come la capacità di rilasciare proteine tossiche dai loro granuli, radicali liberi dell’ossigeno, eicosanoidi (leucotrieni solfo-peptidici) (Busse at al., 1994), fattore attivante le piastrine (PAF), citochine analoghe a quelle prodotte dai Th2 (Ying et

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al., 1995; Broide et al., 1992) e una varietà di fattori di crescita (Weller, 1991;

Venge et al., 1987). La loro capacità di secernere mediatori può essere attivata da meccanismi sia immunologici che non immunologici (Venge et al., 1987). Gli eosinofili attivati possono far iniziare la contrazione del muscolo liscio nelle vie aeree umane (Weller, 1991), aumentare la permeabilità microvascolare (Collins et al., 1993) e indurre iperresponsività bronchiale (Leff, 1994). Nei campioni bioptici bronchiali, prelevati da soggetti con asma cronico, è stato rilevato un aumentato numero di eosinofili attivati, prevalentemente al di sotto della membrana basale. La maggior parte delle persone con asma allergico o non allergico, comprese quelle con asma lieve, hanno eosinofili nel lume e nella parete delle vie aeree.

Mastociti. I mastociti si localizzano nei bronchi sia di soggetti normali sia di

quelli affetti da patologie respiratorie Oltre a rilasciare mediatori autacoidi, i mastociti sono un’importante fonte di citochine e di proteasi neutre, specialmente di triptasi, che agiscono su substrati proteici, come ad esempio i recettori attivati da proteasi (Pesci et al., 1993; Koshino et al., 1995). I mastociti attivati rilasciano mediatori broncocostrittori (istamina, cistenil-leucotrieni, prostaglandina D2) (Galli et al., 2005). Queste cellule sono attivate da allergeni, tramite i recettori IgE ad alta affinità, o da stimoli osmotici (broncocostrizione indotta da esercizio fisico). L’aumentato numero di mastociti nella muscolatura liscia delle vie aeree è stato messo in relazione all’aumentata iperreattività bronchiale (Robinson et al., 2004).

Linfociti. I linfociti T, presenti in numero elevato nelle vie aeree, rilasciano citochine specifiche, comprese IL-4, IL-5, IL-9 e IL-13, che orchestrano

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l’infiammazione eosinofilica e la produzione di IgE dai linfociti B (Larche et al., 2003). Un aumento nell’attività delle cellule Th2 può essere dovuto in parte ad una riduzione delle cellule T regolatrici che normalmente inibiscono le cellule Th2. Ci può anche essere un aumento delle cellule iNKT, che rilasciano grandi quantità di citochine Th1 e Th2 (Akbari et al., 2006).

Le cellule dendritiche, catturano gli allergeni dalla superficie delle vie aeree e migrano ai linfonodi regionali, dove interagiscono con le cellule T regolatrici ed infine stimolano la produzione delle cellule Th2 da cellule T naïve98.

Neutrofili. I neutrofili sono aumentati nelle vie aeree e nell’espettorato di pazienti

con asma grave e negli asmatici fumatori, ma il ruolo fisiopatologico di queste cellule è incerto ed il loro aumento può persino essere dovuto alla terapia con corticosteroidi (Ying et al., 1995). I neutrofili polimorfonucleati sono stati considerati per lungo tempo come cellule in stadio di differenziazione terminale, incapaci di sintesi proteica e deputate solo a ruolo di effettori passivi dell’infiammazione attraverso la fagocitosi e il rilascio di enzimi preformati e di composti citotossici (Leckie et al., 2000; Lloyd et al.,1992; Wenzel et al., 1997).

Tuttavia i neutrofili possono sintetizzare un’ampia varietà di enzimi tra cui proteasi, che degradano la matrice extracellulare (per esempio la MMP-9 e l’elastasi), specie reattive dell’ossigeno, citochine e chemochine come IL-1β, TNF-α, IL-6 e IL-8.

Macrofagi. I macrofagi sono aumentati nelle vie aeree del paziente affetto da

asma e BPCO e possono essere attivati da allergeni tramite i recettori a bassa- affinità delle IgE, per liberare i mediatori infiammatori e le citochine che amplificano la risposta infiammatoria (Peters-Golden, 2004). I macrofagi tissutali

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hanno la capacità di secernere un’ampia varietà di prodotti, molti dei quali svolgono un ruolo di rilievo nei processi di danno e riparazione (Nathan, 1987).

Essi sintetizzano e secernono l’attivatore del plasminogeno e un gruppo di metalloproteasi che possono degradare varie macromolecole della matrice extracellulare come l’elastina (Malech et al., 1987). I macrofagi possono anche essere coinvolti nel rimodellamento delle vie aeree tramite la secrezione di fattori di crescita come quello derivato dalle piastrine (PDGF), il fattore di crescita basico dei fibroblasti (b-FGF) e il fattore di crescita trasformante (TGF-β) (Vignola et al., 1996).

1.4.2 Mediatori chimici

Chemochine. Le chemochine sono importanti nel reclutamento delle cellule

infiammatorie nelle vie aeree e sono espresse prevalentemente nelle cellule epiteliali (Wenzel, 2003). L’eotassina è relativamente selettiva per gli eosinofili, mentre le chemochine correlate all’attivazione timica (TARC) e le chemochine derivate da macrofagi (MDC) reclutano le cellule Th2.

Cistenil-leucotrieni. I cistenil-leucotrieni sono potenti broncocoscrittori

principalmente derivati dai mastociti e la loro inibizione farmacologica comporta un notevole beneficio clinico nell’asma che consiste in un miglioramento della funzione polmonare e della sintomatologia asmatica (Miller et al., 2004).

Citochine. Le citochine più importanti comprendono l’IL-1β e il TNF-α, che

amplificano la risposta infiammatoria, ed il GM-CSF che prolunga la sopravvivenza degli eosinofili. Le citochine derivate dai linfociti Th2 includono IL-5, necessaria per la differenziazione e la sopravvivenza degli eosinofili; IL-4,

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importante per la differenziazione delle cellule Th2, IL-13, necessaria per formazione di IgE.

Istamina. E’ un mediatore chimico liberato dai mastociti che contribuisce alla

broncocostrizione ed alla risposta infiammatoria.

Ossido Nitrico (NO). E’ una molecola prodotta principalmente dall’azione

dell’enzima ossido nitrico sintetasi inducibile delle cellule epiteliali. L’NO nell’esalato viene valutato, in quanto marker associato con la presenza d’infiammazione nell’asma, per monitorare l’efficacia del trattamento antiasmatico (Smith et al., 2005).

Prostaglandina D2. E’ una prostaglandina ad attività broncocostrittrice prodotta

principalmente dai mastociti e coinvolta nel reclutamento delle cellule Th2 nelle vie aeree.

1.4.3 Le microparticelle

Le microparticelle (MP) costituiscono una popolazione eterogenea di vescicole rivestite di membrana, che possono essere rilasciate, da tutti i tipi di cellule durante l’attivazione o l’apoptosi, nel sangue e negli altri fluidi biologici. Furono identificate per la prima volta nel 1967 da Wolf che aveva dimostrato la presenza nel plasma umano di piccoli frammenti derivati da piastrine. Studi successivi hanno dimostrato che queste vescicole si possono formare sia da cellule normali (macrofagi, monociti, linfociti B e T, neutrofili, eritrociti, cellule endoteliali, cellule muscolari lisce vascolari e cellule epiteliali) che tumorali. A lungo considerate sottoprodotti cellulari inerti, le MP sono ora considerate elementi subcellulari funzionalmente attivi ben distinti da altre strutture subcellulari come

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gli esosomi e i corpi apoptotici, coinvolte in numerosi processi fisiopatologici, come la coagulazione del sangue e l’infiammazione.

In vitro, il rilascio delle microparticelle può essere indotto in diversi tipi di cellule e la composizione delle microparticelle cambia in funzione dello stimolo e delle linee cellulari di origine. Le MP possono svolgere un’azione autocrina o paracrina ed esercitare i loro effetti a distanza dal loro sito di origine. Sono presenti nel sangue periferico degli individui sani, ma i loro livelli aumentano in pazienti con malattie infiammatorie autoimmuni e aterosclerotiche (Ardoin, 2007).

Composizione delle microparticelle

Le MP (Figura 3) sono microvescicole di 0.05-1 µm, formate da una membrana che ha la struttura del plasmalemma della cellula da cui originano oltre ai contenuti citoplasmatici (Ardoin, 2007). Sono costituite prevalentemente da lipidi e proteine. La parte lipidica consiste in un doppio strato fosfolipidico che varia in base al tipo di cellula da cui derivano, o in base allo stimolo che le ha indotte (Morel, 2005); infatti, è stato visto che la percentuale di fosfolipidi che compone il doppio strato varia tra individui sani e pazienti (Boulanger, 2001).

Per quanto riguarda la parte proteica, le MP presentano le proteine di superficie della cellula da cui provengo. Le MP presentano una vasta gamma di molecole stimolatrici quali i recettori delle citochine, oltre ad acido arachidonico e DNA (Distler, 2006). Poiché hanno una composizione lipidica e proteica assai varia, esse costituiscono una fonte concentrata ed eterogenea di molecole che può svolgere un ruolo nella regolazione di molti processi biologici (Distler, 2006).

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Fig. 3. Struttura della Microparticella

Generazione delle MP

I meccanismi intracellulari che portano alla liberazione delle MP non sono stati ancora completamente chiariti; è certo, comunque, che le MP vengono liberate dalle cellule nel corso di due processi biologici distinti: l’attivazione cellulare e l’apoptosi.

In vitro, l’attivazione cellulare si può osservare in seguito a stimolazione con diversi agonisti quali la trombina, il calcio ionoforo A23187 e lipopolisaccaridi (LPS), che determinano un aumento di Ca++ citosolico, specialmente nel sito di vescicolazione. Infatti, durante l’attivazione cellulare si rileva un aumento della concentrazione intracellulare di Ca++, dovuto al rilascio di questo ione dai

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compartimenti intracellulari e al suo ingresso dall’ambiente extracellulare, con conseguente distacco della membrana plasmatica dal citoscheletro. Il distacco è causato dall’attivazione della calpaina, una proteasi che degrada le proteine di legame talina e actinina. La via della calpaina però non può essere l’unico meccanismo calcio dipendente per il rilascio delle microparticelle dal momento che la calpaina è inibita dalla calpeptina ma l’azione di quest’ultima non blocca anche il rilascio delle MP (Distler, 2006). Con l’attivazione cellulare, all’aumento di calcio segue un rimodellamento della membrana plasmatica, con modifiche che includono l’esposizione sul versante esterno della fosfatidilserina e la formazione di vescicole, ovvero MP, che portano con se proteine di superficie e componenti citoplasmatiche della cellula di origine.

La membrana plasmatica cellulare è formata da due strati fosfolipidici che hanno una particolare composizione. I due strati sono disposti in modo da esporre verso l’esterno della cellula e verso il citoplasma cellulare le teste idrofile dei fosfolipidi e verso l’interno della membrana le code idrofobe. Gli aminofosfolipidi (fosfatidilserina e fosfatidiletanolammina) sono posizionati specificatamente sul versante interno della membrana, mentre la fosfatidilcolina e la sfingomielina sono concentrati verso l’esterno della cellula. La distribuzione dei lipidi di membrana è controllata da tre diversi meccanismi:

• il primo meccanismo di controllo consiste in una pompa specifica per la fosfatidilserina e la fosfatidiletanolammina diretta verso l’interno (flippasi) conosciuta come aminofosfolipidetraslocasi. Questa pompa è fisiologicamente attiva; infatti la maggior concentrazione di fosfatidilserina è presente nel versante interno della membrana.

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• il secondo meccanismo di controllo è una pompa che porta i fosfolipidi verso l’esterno della cellula (floppasi).

• il terzo meccanismo di controllo consiste in uno scambiatore di lipidi che promuove lo scambio bidirezionale non specifico dei fosfolipidi attraverso la membrana.

Un aumento significativo e sostenuto del Ca++ intracellulare può condurre al collasso della membrana in maniera asimmetrica attivando lo scambiatore dei lipidi e la floppasi, e inibendo contemporaneamente l’attività delle flippasi. Il cambiamento più evidente nella distribuzione lipidica è l’esposizione delle fosfatidilserine dovuto all’inibizione delle flippasi, seguita poi dalla degradazione proteolitica del citoscheletro Ca++-dipendente e dal rilascio delle microparticelle (Figura 4).

Fig. 4. Meccanismo di rilascio delle micro particelle

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Per quanto riguarda il loro rilascio durante l’apoptosi, questo è associato al fenomeno del blebbing di membrana, ovvero al processo che vede la formazione di estroflessioni superficiali (blebs) seguita dalla frammentazione in corpi apoptotici. L’apoptosi è una forma di morte cellulare il cui fine è l’eliminazione di cellule non desiderate dell’organismo attraverso l’attivazione di una sequenza di eventi coordinati e programmati internamente alla cellula, messi in atto da una serie di prodotti genici specializzati. Si verifica per esempio durante lo sviluppo, come meccanismo omeostatico di mantenimento delle popolazioni cellulari all’interno di un tessuto, come meccanismo di difesa nelle reazioni immunitarie, o nell’invecchiamento. Le cellule che vanno incontro a questo fenomeno presentano le seguenti caratteristiche: diminuzione delle dimensioni cellulari, condensazione della cromatina e la formazione di protuberanze (“blebs”) citoplasmatiche e di corpi apoptotici (Robbins, 1999). Il rilascio delle MP sembra avvenire tardivamente nell’apoptosi, contemporaneamente alla frammentazione cellulare e alla formazione dei corpi apoptotici. Il blebbing di membrana durante l’apoptosi dipende dall’attivazione di ROCK1, una chinasi-1 associata a Rho (Ardoin, 2007).

Le proteine ROCK sono attivate dal legame di Rho al GTP e sono importanti mediatori per la riorganizzazione del citoscheletro. In esperimenti con fibroblasti di topo NIH3T3 e cellule epiteliali umane di tumore della mammella MCF10A la vescicolazione delle MP è diminuita per il blocco della ROCK 1 da parte di una piccola molecola inibitrice Y27632 (Distler, 2006). Probabilmente a seconda che le MP vengano prodotte in seguito ad attivazione o apoptosi variano sia i meccanismi con cui si formano che le dimensioni, la composizione interna e di

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superficie; infatti l’espressione di molecole di membrana sulla superficie delle MP di derivazione endoteliale varia a seconda che la loro formazione risulti dall’attivazione cellulare o dall’apoptosi. Non è ancora noto se queste differenze strutturali influenzino anche la loro funzione (Ardoin, 2007).

Le microparticelle possono inoltre essere prodotte da cellule necrotiche dopo perdita dell’integrità della membrana o dopo distruzione meccanica delle cellule stesse in quanto viene persa l’asimmetria della distribuzione dei fosfolipidi. La fosfatidilserina, una volta accessibile alla cellula o alle microparticelle, è importante perché regola due funzioni fisiologiche importanti:

! stimola la coagulazione del sangue.

! costituisce il sistema di riconoscimento delle cellule senescenti da parte del sistema reticolo endoteliale.

Non tutti i lipidi e le proteine però hanno la stessa mobilità all’interno della membrana cellulare come evidenziato durante il clustering dei recettori, la dimerizzazione e il capping dei leucociti. Studi recenti hanno dimostrato che i lipidi di membrana e le proteine sono organizzati in domini raft, cioè sono come isole mobili di determinata composizione lipidica e proteica disposte sulla membrana (Horstman et al., 2004). L’organizzazione in domini raft fornisce un razionale che spiega il rilascio di particolari lipidi e proteine con la formazione delle microparticelle (Hugel et al., 2004).

Funzioni delle MP

In contrasto con la loro iniziale definizione di detriti cellulari inerti, le MP attualmente sono considerate molecole fisiologicamente attive coinvolte in

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almeno tre importanti processi biologici: l’infiammazione, la coagulazione e la funzione vascolare (Ardoin, 2007).

Sono state fatte molte ipotesi sulla funzione delle MP:

! Comunicazione intracellulare e intercellulare. I primi organismi unicellulari (ad esempio, le amebe) erano in grado di produrre MP per comunicare con gli organismi vicini.

! Vettori virali o vettori metastatizzanti.

! Meccanismo di resistenza ai farmaci in cellule tumorali

! Mediatori dell'infiammazione.

Inoltre le MP possono essere utilizzate come potenziali marker patologici poiché studi recenti hanno dimostrato che esiste una correlazione tra l’aumento del numero di MP derivanti da determinate cellule e di conseguenza aventi particolari caratteristiche fenotipiche ed alcune patologie, come ad esempio l’artrite reumatoide ed il lupus (Sellam et al., 2009)

Le microparticelle sono quindi coinvolte in molti processi biologici quali la coagulazione (Celi et al., 2004) e l'infiammazione (Gasser et al., 2003). Il ruolo delle microparticelle nelle malattie infiammatorie quali l'artrite reumatoide, è stato oggetto di studi recenti ed è stato indagato anche il loro ruolo nel rilascio di citochine dai leucociti (Distler et al., 2005) e da cellule epiteliali polmonari (Cerri et al., 2006).

L’epitelio delle vie aeree partecipa attivamente nella difesa contro i patogeni a contatto con le vie aeree superiori e regola le reazioni infiammatorie che caratterizzano le malattie respiratorie. Il reclutamento di leucociti circolanti nel

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sangue periferico rappresenta una fase cruciale in questi processi e richiede l’azione combinata di chemochine e molecole di adesione; le MP hanno un ruolo anche in questo ambito.

L’implicazione delle microparticelle nel processo infiammatorio e l’elevata concentrazione riscontrata nelle vie aeree dei pazienti asmatici suggeriscono che le microparticelle svolgano un ruolo centrale nella patogenesi delle malattie respiratorie. Il meccanismo d’azione delle microparticelle nel sistema respiratorio e nel sistema immunitario rappresenta quindi un argomento di particolare interesse scientifico per comprendere meglio i processi molecolari legati all'infiammazione e promuovere lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche nelle malattie croniche respiratorie.

1.5 Patogenesi dell’asma

La malattia asmatica è caratterizzata dall’infiammazione cronica delle vie aeree (Figura 5). Benché non sia ancora stato definito il rapporto tra entità del processo

infiammatorio e gravità della patologia asmatica (Cohn et al., 2004; Bousquet et al., 2000), l’infiammazione è persistente e interessa tutte le vie aeree, in particolar modo in bronchi di medie dimensioni. Il processo infiammatorio acuto e cronico tuttavia può arrivare ad interessare anche il parenchima polmonare e le vie aeree più piccole, cioè il cui diametro è inferiore a 2 mm (Kraft et al., 1996).

La malattia asmatica si può dividere in 2 tipologie: estrinseca, cioè indotta da allergeni che scatenano una reazione indotta di tipo I mediata dalle IgE, e

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intrinseca, cioè non riconducibile ad una reazione immunitaria. Alla componente infiammatoria si sommano poi modificazioni strutturali definite “remodelling”

che rappresentano i processi riparativi in risposta all'infiammazione delle vie aeree. Nell'asma di tipo allergico è presente una iperproduzione di IgE e un infiltrato infiammatorio particolarmente ricco di eosinofili, basofili, mastociti e linfociti Th2, risultante dall'espressione di chemochine specifiche (eotassine) sull'epitelio polmonare, sull'endotelio microvascolare e sui macrofagi tissutali (Komya et al., 2003). L'infiammazione è legata alla differenziazione dei linfociti T, cellule che orchestrano la risposta infiammatoria attraverso il rilascio di varie citochine multifunzionali (Robinson et al., 1992), in Th2, per opera delle cellule dendritiche e dei macrofagi. L’attivazione dei linfociti T comunque non sembra caratteristica esclusiva della patologia asmatica, in quanto la loro attivazione e infiltrazione è presente anche in altre malattie delle vie aeree come le bronchiti croniche e le broncoectasie (Saetta et al., 1993).

Anche i linfociti Th1 però partecipano all'infiammazione essendo citotossici, soprattutto nei casi di asma severo (Abdulamir et al., 2008). Sono presenti anche le cellule natural killer (NK) che rilasciano citochine stimolanti sia i Th1 che i Th2 (Akbari et al., 2006). Anche i mastociti e gli eosinofili svolgono il ruolo di cellule effettrici nella risposta infiammatoria, in quanto secernono numerosi mediatori infiammatori preformati o neoformati, che agiscono direttamente o indirettamente sulle vie aeree (Jacoby et al., 2001). Nell'infiammazione acuta il legame allergene-IgE sui mastociti e sui macrofagi, causa degranulazione e liberazione di istamina, adenosina, specie reattive dell'ossigeno, eparina e proteasi. L'attivazione provoca la sintesi di citochine, chemochine, fattori di

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crescita, ossido nitrico e eicosanoidi (PGE2 e il LTC4) che sono potenti broncocostrittori. I basofili sono importanti nella fase tardiva dell'infiammazione poiché mantengono la produzione di IgE e l'eosinofilia (Larche et al., 2003), provocano iperresponsività e broncocostrizione, vasodilatazione e ipersecrezione di muco, edema e stravaso proteico. Nell'asma di tipo cronico l'epitelio è molto più suscettibile all'azione degli agenti esterni e dei mediatori dell'infiammazione.

Essendo sottoposto a infiammazione cronica, l'epitelio mette in atto un processo di riparazione continuo (Holgate et al., 2007) producendo fattori di crescita ed enzimi. Anche i miofibroblasti e le stesse cellule infiammatorie producono fattori di crescita ed enzimi che sono responsabili del processo di fibrosi e dell'angiogenesi, della formazione di nuovi nervi e dell’ipersecrezione di muco.

La mancanza di un sistema efficiente di riparazione, provoca iperresponsività e progressiva ostruzione delle vie aeree, dovuta anche alla produzione, da parte dei nervi sensoriali, di neurotrofine sensibilizzanti e neuropeptidi infiammatori (Groneberg et al., 2004). Per questo motivo i mediatori e i fattori di crescita coinvolti nel rimodellamento delle vie aeree sono diventati i nuovi target per strategie terapeutiche “antiremodelling” (Figura 5).

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Fig. 5. Anatomia dell’attacco di asma

1.6 Patogenesi della BPCO

La BPCO è una malattia infiammatoria cronica delle vie aeree, caratterizzata da una limitazione al flusso progressiva e non reversibile. L’ostruzione cronica al flusso delle vie aeree risulta essere determinata prevalentemente da alterazioni della struttura delle piccole vie aeree e dalla distruzione del parenchima polmonare (enfisema) (Bousquet et al., 2000).

Infatti, l’infiammazione cronica bronchiale, favorendo il rimodellamento e il restringimento delle piccole vie aeree, determina la riduzione del ritorno elastico polmonare con conseguente precoce chiusura delle piccole vie aeree durante l’atto espiratorio.

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Il processo infiammatorio, inoltre, riduce i meccanismi di difesa utili nel limitare la distruzione tissutale ed altera i meccanismi riparativi favorendo la persistenza del danno broncopolmonare. I risultati di tale quadro sono rappresentati da una iperproduzione mucosa, contrazione delle vie aeree, distruzione della struttura alveolare e modificazioni vascolari polmonari (MacNee, 2006)

Lo spasmo muscolare della parete bronchiale (broncocostrizione) è ascrivibile alle alterazioni a carico della mucosa respiratoria, che rendono più esposte le terminazioni nervose sensitive in grado di evocare, per via riflessa vagale, la contrazione della muscolatura liscia bronchiale.

In questi pazienti la conseguenza è pertanto un cronico incremento del tono broncomotore. Tale condizione può favorire la creazione di un “circolo vizioso”

che tenderà a sostenere il fenomeno della broncocostrizione, rendendo il paziente più sensibile ai molteplici fattori irritanti di natura chimica, fisica o biologica presenti nell’aria inalata (Hogg et al., 2004).

Nella BPCO si osserva un aumento dei neutrofili, macrofagi e linfociti CD8+ in varie parti del polmone, associato a volte ad un aumento degli eosinofili, particolarmente durante le riacutizzazioni. Molti studi sottolineano la stretta correlazione tra il numero di cellule infiammatorie presenti nell’albero bronchiale e la severità della malattia.

Il numero dei neutrofili risulta aumentato nell’espettorato e nel BAL di pazienti con BPCO e in fumatori asintomatici, aumentando ulteriormente durante le riacutizzazioni. Essi producono elastasi-neutrofila, catepsinaG-neutrofila e proteinasi3-neutrofila, che contribuiscono alla distruzione del tessuto polmonare ed alla ipersecrezione mucosa (Costa et al., 2009).

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I macrofagi risultano aumentati di numero nelle grandi e piccole vie aeree e nel parenchima polmonare e rilasciano mediatori che promuovono l’infiammazione neutrofila (TNF-alfa, IL-8, LTB4). Studi su biopsie bronchiali in pazienti con BPCO hanno dimostrato un aumento dei linfociti T, in particolare dei CD8+

citotossici. Il ruolo dei linfociti T CD8+ citotossici nella BPCO non è ancora completamente chiaro, anche se sono stati associati al danno cellulare alveolare tramite il rilascio di perforine, sostanze che producono lesioni perforative sulla membrana della cellula bersaglio e ne provocano la morte per lisi osmotica, e del TNF-alfa (citochina pro-infiammatoria).

Gli eosinofili possono essere aumentati a livello delle vie aeree dei soggetti che presumibilmente presentano anche una componente asmatica coesistente.

Anche le cellule epiteliali alveolari sono implicate nell’attivazione del processo infiammatorio con produzione di mediatori e molecole di adesione per i neutrofili.

Tra i mediatori infiammatori coinvolti nella BPCO particolare attenzione, è stata posta al TNF-alfa, LTB4 e IL-8, i quali risultano tutti aumentati nella BPCO.

Il TNF-alfa attiva la trascrizione del fattore nucleare NF-kB che attiva, a sua volta, il gene per IL-8 nelle cellule epiteliali e nei macrofagi. Inoltre il TNF-alfa gioca un ruolo importante nella cachessia dei soggetti BPCO severi. Il LTB4 deriva dai macrofagi alveolari ed è un potente fattore chemiotattico per i neutrofili. L’IL-8 è un agente chemiotattico selettivo per i neutrofili, secreta dai macrofagi, cellule epiteliali e neutrofili stessi e gioca un ruolo primario nell’attivazione dei neutrofili ed eosinofili (Barnes et al., 2009).

Altri mediatori ritenuti coinvolti nell’infiammazione della BPCO sono rappresentati dai fattori di crescita TGF-beta (fattore di crescita trasformante) e

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EGF (fattore della crescita epidermico), l’ET-1 (endotelina), dal GM-CSF (fattore stimolante le colonie granulocite-macrofagiche), dall’MCP-1 (proteina chemiotattica macrofagica), MIP-1beta (proteina infiammatoria macrofagica), e diversi neuropeptidi (sostanza P, VIP).

Strettamente associati all’infiammazione, altri due processi sono ritenuti fondamentali nella patogenesi della BPCO: lo squilibrio del sistema proteinasi/anti-proteinasi e lo stress ossidativo. Questi ultimi possono essere generati dal processo infiammatorio stesso o attivati da fattori ambientali (fumo di sigaretta) o genetici (deficit di antiproteinasi).

L’elastina, bersaglio dell’elastasi neutrofila, è la maggiore componente della parete alveolare e frammenti di questa possono ampliare la risposta infiammatoria, agendo come fattore chemiotattico per macrofagi e neutrofili. Un eventuale squilibrio del sistema proteinasi/antiproteinasi condurrebbe ad una distruzione marcata del tessuto polmonare (Sifers, 2010).

Ulteriori proteinasi coinvolte nella BPCO sono rappresentate dalla catepsina neutrofila G, la proteinasi 3 neutrofila, le catepsine (B, L, S) rilasciate dai macro- fagi e dalle metalloproteinasi. Le proteinasi sono in grado di degradare l’elastina ed il collagene. Inoltre, alcune proteinasi (elastasi neutrofile) possono indurre secrezione di muco ed iperplasia delle ghiandole mucose.

Nei soggetti con BPCO è stata rilevata anche un incremento nella produzione di agenti ossidanti. L’H2O2 e l’NO risultano più elevati nel respiro del paziente con BPCO riacutizzata. L’isoprostano F2-alfa-III, un isomero della prostaglandina, generato dalla perossidazione dell’acido arachidonico, risulta aumentato nel respiro e nelle urine dei pazienti BPCO. Tali agenti ossidanti possono reagire con

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numerose molecole (proteine, lipidi, acidi nucleici), danneggiandole e favorendo la loro disfunzione. Inoltre lo stress ossidativo contribuisce ad inattivare alcune antiproteinasi ed attivare proteinasi, promovendo l’infiammazione ed il danno tissutale (Barnes et al., 2009).

1.7 Recettore β

2

−adrenergico

1.7.1 Struttura recettoriale

Il gene umano che codifica per il recettore β2-adrenergico (β2-AR) è situato sul braccio lungo del cromosoma 5 ed è costituito da 1.200 paia basi (Kobilka et al., 1987). Il recettore è una proteina di 46,5 Kda costituita da 413 residui amminoacidici (Kobilka et al., 1987), distribuiti in 7 domini transmembranari tra i quali se ne riconoscono 3 extracitoplasmatici, con la porzione ammino-terminale, e 3 intracitoplasmatici, con la porzione carbossi-terminale. Il recettore viene attivato mediante N-glicosilazione sugli amminoacidi 6, 15 e 187; un processo importante non solo per l’inserimento all’interno della membrana cellulare, ma anche per il legame del recettore con l’agonista (Johnson, 2006). La presenza dell’amminoacido cisteina in posizione 341 è fondamentale per l’ancoraggio della catena carbossi-terminale con la membrana citoplasmatica (O’Dowd et al., 1989).

1.7.2 Attivazione del recettore e trasduzione del segnale

L’attivazione del recettore β2-AR comporta l’incremento intracellulare dei livelli di cAMP (Robison et al., 1967). Questo è il risultato della stimolazione

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dell’adenilato ciclasi, che catalizza la conversione dell’adenosina trifosfato (ATP) in cAMP. L’attivazione della proteina trimerica Gs si ottiene tramite il legame tra recettore β2 e adenilato ciclasi (Figura 6).

Fig. 6. Attivazione recettore β2-AR.

La proteina G è costituita da una subunità α (che stimola l’adenilato ciclasi) e le subunità βγ (che trasducono il segnale). I livelli di cAMP, sono regolati dalle fosfodiesterici, che degradano il cAMP in 5’-AMP. Il meccanismo tramite il quale cAMP determina il rilassamento della muscolatura liscia respiratoria non è del tutto chiaro, ma sembra ciò si realizzi mediante l’attivazione della proteina chinasi A (PKA), che a sua volta fosforila proteine-chiave coinvolte nel processo di contrazione muscolare (Johnson et al., 1995). Il cAMP inoltre, risulta essere un inibitore del rilascio del calcio (Ca++) dai depositi intracellulari, inibendone anche l’ingresso nella cellula e portando ad un rilassamento della muscolatura liscia.

Comunque è stato visto recentemente che alcune risposte indotte dai β2 agonisti

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sono mediate da meccanismi cAMP-indipendenti, che coinvolgono direttamente la proteina Gs e i canali al potassio (K+) presenti nelle cellule muscolari lisce dell’albero respiratorio (O’Dowb et al., 1989).

I recettori β2 possono essere accoppiati anche a proteine Gi (Daaka et al., 1997). Il risultato di questa associazione è la stimolazione di un segnale intracellulare che porta all’attivazione della p38MAPK, una proteina chinasi coinvolta nella trasmissione del segnale mitogenico. Per l’attivazione di questa via è necessaria la fosforilazione PKA-mediata del recettore β2, l’assemblaggio di proteine intracellulari come Raf, Csrc, RAS con la subunità βγ della proteina G, e l’attivazione di MAPK (Daaka et al., 1997).

Da studi recenti è emerso, inoltre, che l’attivazione di questa via porta alla fosforilazione, da parte della MAPK, del recettore glucocorticoide (GR) rendendolo più sensibile all’azione degli steroidi (Johnson, 2002). L’attivazione del recettore β2-AR porta anche alla traslocazione del recettore GR dal citoplasma al nucleo, uno dei passaggi fondamentali nel meccanismo d’azione di questi farmaci (Roth et al., 2002).

1.7.3 Desensibilizzazione recettoriale

Associato con l’attivazione del recettore β2-adrenergico vi è il processo autoregolatorio di desensibilizzazione recettoriale. Questo processo avviene fisiologicamente per preservare il recettore da una sovrastimolazione indotta da agonisti endogeni ed esogeni. La desensibilizzazione avviene in seguito al legame tra recettore e agonista ed i meccanismi attraverso i quali può avvenire sono di 3 tipi (Figura 7): (1) disaccoppiamento tra recettore e adenilato ciclasi, (2)

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internalizzazione del recettore non accoppiato e (3) down-regulation.

Fig. 7. Desensibilizzazione del recettore β2-AR.

1. Il legame tra recettore e agonista innesca quasi immediatamente la fosforilazione di specifici residui amminoacidici di serina e treonina nel terzo loop intracitoplasmatico e nella terminazione carbossi-terminale del recettore. Il β2-AR è fosforilato dalla PKA o da chinasi specifiche delle proteine G (GRK) (Bouvier at al., 1988, 1989; Hausdorff et al., 1989).

Il legame dell’agonista con il recettore porta ad una immediata traslocazione del GRKs dal citoplasma alla membrana e alla successive fosforilazione del recettore.

Una volta ultimata la fosforilazione, la β-arrestina si lega al recettore, non permettendo più l’accoppiamento del recettore con la proteina Gs, limitando così la funzionalità recettoriale stessa. L’azione della β-arrestina si esplica anche mediante il legame con altre proteine, come la fosfodiesterasi IV (Johnson, 2006).

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L’attivazione di altri recettori, che utilizzano cAMP come secondo messaggero, possono indurre desensibilizzazione eterologa del recettore β2-AR, a causa della formazione di cAMP e della successiva attivazione di PKA. La desensibilizzazione omologa, invece, è la risultante dell’attivazione combinata di PKA e GRK.

2. L’arrestina, non svolge solo un importante ruolo nel disaccoppiamento recettoriale, ma è anche un mediatore cruciale coinvolto nell’internalizzazione del recettore, infatti vi è una forte connessione tra la fosforilazione del recettore β2- AR e il legame della β-arrestina con il processo di endocitosi di β2-AR. Una delle funzioni della β-arrestina è quella di collegare il recettore β2-AR con il sistema di endocitosi (Goodman et al., 1997; Laporte et al., 1999, 2000). In seguito all’internalizzazione, il recettore β2-AR può andare incontro a defosforilazione da parte degli enzimi endosomiali ed essere riciclatato sulla membrana cellulare, oppure può essere degradato dai lisosomi (Campbell et al., 1991; Barak et al., 1994). L’internalizzazione e la degradazione lisosomiale del recettore β2-AR comportano la necessità della neosintesi del recettore, affinché venga nuovamente espresso.

3. La down-regulation del recettore β2-AR è un processo che porta alla desensibilizzazione, come risultato di eventi trascrizionali. Lo studio condotto da Hadcock e Malbon (1988) ha dimostrato che in seguito all’esposizione all’agonista forskolina, alla concentrazione 10 µM per 18 ore, si ha una riduzione del 50% dei livelli di espressione del recettore.

Oltre alla capacità dei β-agonisti di indurre desensibilizzazione omologa, altri stimoli sono capaci di ridurre la risposta β-adrenergica, un processo definito

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desensibilizzazione eterologa. Ad esempio, gli agonisti muscarinici hanno la capacità di attivare la subunità inibitrice Giα delle proteine G portando ad un’inibizione dell’adenilato ciclasi e attenuando la risposta del β-agonista attraverso l’attivazione di PKC (Grandorby et al., 1994). Inoltre, uno studio recentemente pubblicato da Ahiua e collaboratori (2008), ha dimostrato che la desensibilizzazione eterologa dei recettori β2-AR, risultante da una esposizione prolungata alla PGE2 o alla forskolina, è mediata da un aumento dell’ attività della PDE4. Numerose citochine, quali IL-1β, TNFα, IL-5 e TGFβ riducono la capacità delle cellule muscolari bronchiali lisce di generare cAMP. Le citochine, non alterano l’espressione della PKA e non hanno effetto sulla risposta cellulare alla forskolina, un agente che attiva direttamente l’adenilato ciclasi (Shore et al., 1997; Laporte et al., 1998; Pang et al., 1998; Pascual et al., 2001). Questi risultati suggeriscono che il meccanismo di desensibilizzazione, in questo caso, si realizzi a livello dell’accoppiamento tra recettore β-adrenergico e proteina Gs (Shore et al., 1997).

1.8 Glucocorticoidi

L’azione dei glucocorticodi è mediata dal recettore intracellulare GR, che appartiene alla famiglia dei recettori nucleari. Il gene umano che codifica per il recettore (hGRα) è localizzato sul cromosoma 5 ed è costituito da 9 esoni. In base al differente splicing si possono ottenere 3 diversi tipi di mRNA: quelli relativi ai recettori hGRα e hGRβ, che differiscono per l’esone 9 (9α e 9β) e l’mRNA

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contenente l’esone 9α, il 9β ed una “J region”. Si ritiene che questo mRNA possa essere tradotto sia in hGRα che hGRβ (Oakley et al., 1996). Delle due isoforme, solo hGRα ha la capacità di legare i corticosteroidi, mentre hGRβ interagisce con il DNA inibendo il legame tra hGRα e DNA (Lewis-Tuffin et al., 2006). Il meccanismo d’azione del recettore hGRα si può articolare in diversi punti:

• Legame con il ligando e dissociazione dalle proteine dello shock termico (in particolare HSP90).

• Fosforilazione e traslocazione nel nucleo.

• Omodimerizzazione e legame con il DNA (GR può legare specifiche sequenze del DNA chiamate GREs, ossia Glucocorticoid Response Elements).

• Transattivazione, ossia attivazione della trascrizione genica mediante il legame con positive GRE.

• Inibizione dell’espressione di alcuni geni mediante legami con negative GRE o attraverso meccanismi non mediati dal legame al DNA. Studi recenti hanno evidenziato che nei pazienti con asma potenzialmente letale è stata riscontrata una maggiore espressione dell’isoforma hGRβ nelle cellule infiammatorie delle vie aeree rispetto a soggetti sani (Christodoulopoulos et al., 2000). Inoltre è stato evidenziato che la sovraespressione della forma hGRβ, la down-regulation omologa e la trans-repressione di GR mediata da NF-kB, sono meccanismi responsabili della resistenza ai glucocorticoidi e della diminuzione della loro efficacia clinica (Schaaf et al., 2002).

I principali effetti antinfiammatori/immunosoppressivi dei glucocorticoidi sono i seguenti:

• Inibizione della via dell’NF-kB (inibizione della sintesi di proteine

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proinfiammatorie e immunostimolanti).

• Sintesi di proteine antinfiammatorie ed immunosoppressive (IkB).

• Azione stabilizzante sulla membrana cellulare e lisosomiale.

• Depressione della reazione antigene-anticorpo.

• Inibizione della permeabilità e della dilatazione capillare.

• Attivazione adrenergica per stimolazione della feniletanolamina-N- metiltransferasi.

• Sensibilizzazione dei β-recettori alle catecolamine.

• Inibizione della biosintesi di mucopolisaccaridi.

• Azione anti-ialuronidasica diretta.

Interazione tra glucocorticoidi e β2-agonisti

L’associazione tra glucocorticoidi e farmaci β2-agonisti è largamente impiegata nel trattamento dell’asma (Greening et al., 1994; Shrewburg et al., 2000). I glucorticoidi inibiscono la proliferazione delle cellule muscolari lisce bronchiali attraverso la down-regulation dell’espressione della ciclina-D1 e la fosforilazione della proteina del retinoblastoma (Fernandes et al., 1999), mentre i β2-agonisti inibiscono la proliferazione cellulare mediante un aumento dei livelli intracellulari di cAMP (Stewart et al., 1997). Lo studio condotto da Roth et al. (2002) ha messo in evidenza il sinergismo d’azione della combinazione tra glucorticoidi e β2- agonisti (Figura 8), che si realizza mediante l’attivazione sia del recettore glucorticoide, sia di C/EBP-α (CCAAT-enhancer binding protein). Infatti la

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stimolazione contemporanea del recettore glucorticoide e di C/EBP-α produce un’azione antiproliferativa più rapida ed efficace, attraverso un aumento dell’espressione di p21(Waf1/Cip1), una proteina inibitoria che controlla il ciclo cellulare (Rüdiger et al., 2002; Cram et al., 2008).

Fig. 8. Meccanismo di interazione tra β2-agonisti e glucocorticoidi.

Il recettore glucorticoide non interagisce solamente con C/EBP-α, ma svolge la sua azione anche modulando fattori di trascrizione quali la proteina AP-1, la cAMP responsive element binding protein (CREMBP) ed i fattori nucleari NFκB/

IKB (Jonat et al., 1990; Strahle et al., 1988).

Dallo studio condotto da Roth et al. (2002) è stato messo in ulteriore evidenza che la combinazione tra formoterolo e budesonide inibisce l’espressione di molecole

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di adesione quali ICAM-1, VCAM-1 e del fattore di crescita GM-CSF. I risultati ottenuti dallo studio evidenziano che la combinazione dei glucorticoidi con i β2- agonisti sincronizza l’attivazione del recettore glucocorticoide e C/EBP-α. Questa azione permette un’attivazione più rapida e prolungata di p21(Waf1/Cip1) rispetto all’utilizzo dei farmaci singoli. Inoltre, nell’associazione sono utilizzate concentrazioni di farmaco che risulterebbero inattive se somministrate da sole.

1.9 Recettori attivati dai proliferatori perossisomiali (PPAR)

I PPAR sono fattori di trascrizione attivati da ligandi, appartenenti alla superfamiglia dei recettori nucleari. Questi recettori sono stati identificati nel 1990 negli epatociti dei roditori e il nome deriva dalla loro capacità di indurre la proliferazione del perossisoma (Kota et al., 2004). Oltre al ruolo nella regolazione del metabolismo glucidico e lipidico, recentemente è stato evidenziato il loro coinvolgimento anche nella regolazione di altri processi patologici importanti quali, ad esempio, l’infiammazione (Belvisi et., al 2006). Sono note tre isoforme derivanti da tre geni diversi: PPAR-α, PPAR-δ/β e PPAR-γ codificate rispettivamente dai geni NR1C1, NR1C2 e NR1C3. Tutte le isoforme presentano caratteristiche simili sia dal punto di vista strutturale che funzionale (Kota et al., 2004), ma si distinguono principalmente per diversa distribuzione tissutale. Infatti, il PPAR-α è maggiormente espresso nei tessuti ad alto catabolismo di acidi grassi quali fegato, cuore, rene e muscolo; PPAR-γ invece, è espresso nel tessuto

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adiposo e nel polmone (Fogli et al., 2010) mentre PPAR-δ/β è espresso in diversi tessuti ed il suo ruolo specifico non è stato ancora chiarito (Trifilieff et al., 2003).

Questi recettori, una volta attivati, possono legarsi ad una sequenza specifica nella regione promoter di geni-bersaglio regolandone la trascrizione oppure, possono interagire direttamente con fattori di trascrizione inibendoli (Belvisi et al., 2006).

1.9.1 Caratteristiche strutturali e meccanismi biologici dei PPAR

Il recettore PPAR presenta quattro domini funzionali chiamati A/B, C, D, e E/F (Figura 9).

Fig. 9. Rappresentazione schematica dei domini funzionali dei PPAR.

Il dominio A/B si trova nella regione N-terminale e presenta una regione AF-1che è responsabile dell’attivazione del recettore, indipendentemente dalla presenza del ligando. Il dominio C è il dominio di legame al DNA; il D serve per il legame del recettore con eventuali cofattori ed il dominio E/F è, infine, responsabile dell’attivazione del recettore da parte del ligando e contiene la regione AF-2 che serve per reclutare cofattori per promuovere la trascrizione genica. In particolare, nel dominio C di legame al DNA, è presente una sequenza nucleotidica definita peroxisome proliferation response elements (PPRE), localizzata all’interno della

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regione promoter dei geni bersaglio. I PPRE presentano la ripetizione di un elemento (DR)-1 costituito da una sequenza di due esanucleotidi (AGGTCA) separati da un singolo nucleotide spaziatore. Prima di legarsi a questa PPRE, il recettore PPAR si associa all’RXR (recettore retinoico X), membro della superfamiglia dei recettori ormonali nucleari attivati dal legame con l’acido 9-cis- retinoico, per formare un eterodimero che può attivare o reprimere la trascrizione genica a seconda della sua interazione con diversi coattivatori o corepressori (Kota et al., 2004; Sher et al., 2005).

Come per i PPAR, ci sono 3 diverse isoforme di RXR, chiamate RXRα, RXRβ, RXRγ, che sono tutte attivate dal ligando endogeno, l’acido 9-cis retinoico (Moraes et al., 2006). L’isoforma γ è quella meglio conosciuta e si è visto che l’eterodimero PPAR- γ/RXR inattivo è localizzato nel citoplasma ed è fortemente legato a dei corepressori che gli impediscono il legame al DNA. In seguito al legame con il ligando, l’eterodimero si attiva ed il corepressore si stacca; in questo modo il complesso PPARγ/RXR è libero di entrare nel nucleo e di interagire a livello del PPRE nella regione promoter del gene bersaglio, provocando l’attivazione o la repressione del gene (Belvisi et al., 2006; Sher et al., 2005).

L’interazione trascrizionale dell'eterodimero con l’elemento risposta nella regione del promotore richiede il reclutamento di proteine co-attivatrici (Figura 10).

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Fig. 10. Meccanismo di trascrizione genica del PPAR.

E’ stato riscontrato che PPAR-γ può esercitare la sua funzione di regolatore della trascrizione genica senza interagire direttamente con il DNA; infatti, l’eterodimero PPAR-γ/RXR si lega ai fattori di trascrizione impedendogli di indurre la trascrizione di geni bersaglio. Questo meccanismo è stato dimostrato per le proteine appartenenti alla famiglia NF-κB e per diversi membri della famiglia delle MAPK (Belvisi et al., 2006).

1.9.2 PPAR-γ

PPAR- γ è maggiormente espresso nel tessuto adiposo. Una volta attivato, questo recettore svolge un ruolo in molti processi biologici quali il differenziamento degli adipociti, il metabolismo lipidico e l’omeostasi glucidica (Kota et al., 2004).

Negli ultimi anni gli è stata inoltre attribuita un’ampia partecipazione in molti aspetti dell’infiammazione (Belvisi et al., 2006).

La formazione di adipociti è un processo di differenziamento di cellule precursori dette pre-adipociti che diventano capaci di accumulare gocciole lipidiche al quale contribuiscono i PPAR-γ. L’attivazione dei PPAR-γ, inoltre, induce apoptosi negli

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adipociti maturi promuovendo indirettamente la stimolazione del differenziamento di altri pre-adipociti (Kota et al., 2004).

La resistenza insulinica è un fenomeno complesso che non dipende solo dal diabete; infatti, la sensibilità all’insulina la si può perdere anche con la gravidanza e l’obesità (Robbins et al., 1997). In vari studi si è visto che i PPAR-γ riducono la resistenza all’insulina, agendo sul TNF-α, uno dei fattori responsabili dell’insulino-resistenza negli adipociti. Gli agonisti PPAR stimolano l’espressione della proteina trasportatrice del glucosio (GLUT4) necessaria per la sua captazione negli adipociti. (Kota et al., 2004).

1.9.3 Ruolo dei PPAR-γ nell’infiammazione

L’infiammazione è un processo importante in molte malattie respiratorie e prevede il rilascio di citochine e di radicali liberi dell’ossigeno da parte di cellule infiammatorie attivate quali neutrofili, eosinofili, monociti e macrofagi. L’attività dei PPAR-γ agonisti si realizza inibendo l’espressione di molti geni pro- infiammatori, e con la liberazione di citochine e di agenti chemiotattici. (Belvisi et al., 2006).

I PPAR sono attivati da ligandi endogeni, in particolare acidi grassi e derivati delle prostaglandine quali la 15-deoxy-12-14PGJ2 (15d-PGJ2) (Kota et al., 2004), e da ligandi esogeni appartenenti alla famiglia dei tiazolidindioni quali, ad esempio, il rosiglitazone (Tesse et al., 2008).

Il sottotipo γ è quello maggiormente coinvolto nel processo infiammatorio; infatti, esso è espresso in cellule del sistema immunitario quali monociti/macrofagi, cellule B e T e cellule dendritiche (Belvisi et al., 2006). E’ stato dimostrato che,

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