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1. La scuola e l’edilizia scolastica

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Academic year: 2021

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1. La scuola e l’edilizia scolastica

La scuola svolge un ruolo fondamentale per l’educazione e la formazione dell’individuo, ed è per questo considerata in quasi tutti i paesi del mondo un diritto ed un dovere per ogni cittadino. La parola “scuola” deriva dal termine Greco “scholé”, che significava in origine ozio, riposo e quindi attività svolte nel tempo libero dal lavoro, tra cui l'apprendimento e la coltivazione dei propri interessi. Oggi con il termine scuola s'intende un organismo che persegue finalità educative attraverso un programma di studi o di attività metodicamente ordinate. Più comunemente, con la parola “scuola” si fa riferimento all'insieme di istituzioni che forniscono le giuste conoscenze per la cultura, la conoscenza e la formazione di bambini e ragazzi.

Il concetto di istruzione è molto antico. Già ai tempi dei Greci, ad Atene, si formalizzò un sistema scolastico. Gli insegnanti (retori e sofisti) erano privati e specializzati in lettura, scrittura, musica e ginnastica. I Romani che inizialmente provvedevano all’educazione dei propri figli, li affidarono in seguito ad un pedagogo che quasi sempre era uno schiavo “liberto”, generalmente un greco molto istruito. Chi non aveva la possibilità di studiare privatamente, andava alla scuola dei “ludi magister” corrispondente alle attuali elementari. Dai dodici ai diciassette anni frequentavano la scuola del “grammatico”. A Roma gli insegnamenti erano rivolti soprattutto all’ars oratoria che veniva considerata fondamentale per poter rivestire le maggiori cariche politiche di quel tempo.

La storia ci dice che in realtà il primo a esigere che i suoi sudditi avessero una cultura di base, fu Carlo Magno attorno all’800 D.C. Per suo volere, furono fondati veri e propri istituti: erano soprattutto a carattere religioso e furono istituiti presso i conventi, le chiese parrocchiali e le cattedrali. Sino al XII secolo l’istruzione ebbe ovunque un carattere teorico, si insegnavano cioè soltanto materie culturali. Con lo sviluppo dei commerci e delle industrie anche le scuole, o perlomeno alcune di esse, cominciarono ad impartire un insegnamento pratico: vi venivano preparati coloro che dovevano lavorare negli empori commerciali. Le grandi scuole medioevali, organizzate presso edifici religiosi, si liberarono a poco a poco del controllo dei vescovi e presero allora il nome di Universitates. La prima città europea ad avere un’Università, fu Bologna nel 1076.

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napoleonico, la scuola continuò ad essere gratuita.

Più decisi furono gli interventi della Repubblica Italiana e del Regno Italico. Dall’ottocento in poi, ci fu un fiorire continuo di scuole in tutti i comuni. Gli studenti furono educati alla lettura, alla scrittura ed alla matematica ed impararono a recarsi dagli insegnanti alle prime ore del mattino. La legge Casati del 1859 istituiva una scuola elementare, dotata di programmi ben definiti, articolata su due bienni e obbligatoria, dopodiché si poteva scegliere fra Ginnasio (a pagamento) e Istituti Tecnici. Il sistema, seppur innovativo, risultava inefficace perché permetteva la continuazione degli studi solo ai figli di famiglie più agiate. Degna di nota è la legge Coppino del 1877 che introduceva l’obbligo di frequenza nel primo triennio su una durata di cinque anni e sanzioni per i genitori degli studenti che non si presentavano regolarmente.

Agli inizi del ‘900, gli effetti positivi del sistema scolastico furono ben visibili: in Italia cominciò a scendere l’analfabetismo. La legge Daneo-Credaro del 1911 rese la scuola elementare un servizio statale e la riforma Gentile del ’23 portò l’obbligo scolastico fino a quattordici anni. Le scuole medie inferiori indirizzavano gli alunni ad un bivio che permetteva di terminare gli studi ed entrare nel mondo del lavoro, oppure di intraprendere la via delle scuole medie superiori, di tre anni per il Liceo Classico, di quattro per il Liceo Scientifico, di tre o quattro anni per i corsi superiori dell’Istituto Tecnico, dell’Istituto Magistrale e dei Conservatori. La struttura del sistema scolastico italiano resterà sostanzialmente improntata al modello del ’23 per molti anni, e i programmi della scuola elementare non subiranno variazioni significative per oltre quarant’anni.

Nel 1940 la riforma dovuta al ministro Bottai creava la scuola media triennale. Nel 1947 la Costituzione Italiana stabiliva l’istruzione pubblica, gratuita e obbligatoria per almeno otto anni. Nel 1962 col quarto governo Fanfani, venne approvata la legge n° 1859 che prevedeva la scuola media unificata e il successivo accesso a tutte le scuole medie superiori. Tuttavia

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restava il nodo legato al doppio canale che indirizzava i ragazzi a proseguire gli studi (scuola media), oppure terminarli (scuola di avviamento professionale), nodo che sarebbe stato sciolto solo vari anni più tardi.

I sessanta e i settanta sono gli anni dei movimenti studenteschi e dei “rinnovamenti senza riforma” che contribuirono al cambiamento di mentalità e alla graduale diminuzione della selezione esplicita attraverso le bocciature. Vengono rivisti i programmi della scuola media, ma non va avanti il tentativo di riforma della scuola secondaria superiore. Non mancano nei successivi anni alcune innovazioni didattiche sia nei Licei che negli Istituti Tecnici e Professionali. Nelle elementari si hanno mutamenti significativi con i Programmi dell’85 e la legge del ’90. L’eliminazione degli esami di riparazione fu un altro cambiamento critico, fonte di numerose polemiche.

All’inizio del ’97 l’ex rettore dell’Università di Siena Luigi Berlinguer propone importanti obiettivi: l’innalzamento dell’obbligo scolastico, la riforma dell’esame di maturità, l’autonomia scolastica e il riordino dei cicli. Nel Documento di discussione sulla riforma dei

cicli di istruzione, si pone l’accento sulla necessità di superare la distinzione fra formazione

culturale e formazione professionale tipica del sistema formativo italiano. Proprio in quest’anno viene cambiato il punteggio di valutazione per l’esame di maturità, viene introdotto il credito formativo e il punteggio finale è contato in centesimi e non più in sessantesimi.

Oggi, la scuola sta subendo profonde trasformazioni. Una delle ultime e più importanti leggi che la regolano, è la “Moratti” approvata nel 2003. Il sistema educativo si articola nella scuola dell’infanzia (non obbligatoria), in un primo ciclo che comprende la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado, e in un secondo ciclo cui fanno parte i Licei e gli Istituti per la formazione professionale. La scuola dell’infanzia dura tre anni e contribuisce alla formazione del bambino nei primi anni di vita. Il primo ciclo è composto dalla scuola primaria della durata di cinque anni e dalla scuola secondaria di primo grado della durata di tre. L’ultimo anno ha il compito di indirizzare l’alunno verso il secondo ciclo, per orientarlo nella scelta della scuola più adatta alle proprie caratteristiche ed ambizioni. Appartengono al secondo ciclo il sistema dei Licei (classico, artistico, linguistico, musicale, economico, tecnologico, scientifico e delle scienze umane) e il sistema dell’istruzione e della formazione professionale. L’obbligo scolastico viene portato a diciotto anni.

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connesse. Si hanno, infatti, nei monasteri, ambiti spaziali così articolati: biblioteca, laboratori tecnici e refettorio. Occorre attendere vari secoli per arrivare a concepire edifici scolastici così come li intendiamo oggi.

Le trasformazioni che si ebbero alla fine del 18° secolo, dettate soprattutto dalla rivoluzione industriale crearono una sensibilità nuova rivolta all’importanza dell’istruzione nella società moderna. Dalla fine del ‘700, si registrano una serie di idee e sperimentazioni innovative: in Francia, in Alsazia nascono per merito del pastore protestante Federico Oberlin le “salle

d’asile”, strutture per educare attraverso il gioco i bimbi più piccoli e per preparare alla vita

quelli più grandi. In Inghilterra Robert Owen fonda un “Istituto per la formazione del

carattere giovanile” con annesse una scuola per l’educazione dei bambini e dei fanciulli fino

a dodici anni. In Italia è grazie all’abate Ferrante Aporti che abbiamo le “Scuole infantili di

carità”. Grandi trasformazioni sono da attribuire a Federico Froebel e Adolfo Pick che

introdussero i “Giardini d’infanzia” rispettivamente in Germania ed in Italia.

Altri uomini, come il Pestalozzi, rivolsero le loro attenzioni soprattutto al recupero dei giovani. Seguace di Rousseau, sostenendo che attraverso l’educazione, il fanciullo sarebbe diventato un uomo preparato ad inserirsi nella società, Pestalozzi ebbe modo di sperimentare le sue teorie attraverso due esperienze educative: la prima nel 1775 organizzando un laboratorio di tessitura e filatura presso una fattoria, la seconda nel 1800, nel castello di Burgdorf, dove costituì una scuola ed un istituto per l’educazione degli insegnanti.

Alla fine del XIX secolo, per affrontare i problemi posti dall’evoluzione della società industriale, si sviluppò un vastissimo movimento pedagogico che può essere riassunto sotto il termine di “attivismo”, che vide una larga diffusione proprio nei paesi a più vasto sviluppo industriale, nei quali il profondo intreccio tra la nuova realtà tecnica, la società e il ruolo dell’istruzione nello sviluppo di quest’ultima erano maggiormente sentiti. Il problema della “new school”, ossia di una educazione basata su un metodo radicalmente nuovo, fu più avvertito nei paesi più connessi all’industrializzazione quali l’Inghilterra, la Francia, il Belgio

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e gli Stati Uniti. Il programma della “new school” si basava sull’esperienza personale e su un’attività lavorativa dell’allievo piuttosto che sull’insegnamento diretto e si proponeva di formare un uomo completo capace di assolvere tutti gli impegni della vita attraverso una preparazione adeguata. Nel 1859 Tolstoj aprì nelle sue terre una scuola dove non esistevano orari, banchi e disciplina. L’educazione doveva avvenire attraverso la spontanea scelta dell’allievo ed il lavoro manuale era privilegiato rispetto a quello intellettuale. In Germania si diffondevano nello stesso periodo “cottage” rurali di educazione. Negli Stati Uniti si ebbero varie esperienze che portarono alla concezione e dotazione degli arredi e dei supporti didattici.

Un notevole passo avanti per quanto riguarda l’aspetto pedagogico e organizzativo nella scuola, lo dobbiamo all’italiana Maria Montessori. Il sistema da lei introdotto, possiede tuttora una sua attualità. Nel 1907 fonda a Roma la prima “Casa dei Bambini”destinata ai figli degli abitanti del quartiere San Lorenzo. L'intero arredamento della casa è progettato e proporzionato alle possibilità del bambino che, in questo ambiente interagisce attivamente con il materiale proposto, mostrandosi concentrato, creativo e volenteroso. Il bambino trova un ambiente per potersi esprimere in maniera originale e allo stesso tempo apprende gli aspetti fondamentali della vita comunitaria. Il compito dell'insegnante è l'organizzazione dell'ambiente. Deve attendere che i bambini si concentrino su un determinato materiale, per poi dedicarsi all'osservazione dei comportamenti individuali.

Il successo, anche internazionale, di questa iniziativa fa sì che nasca un vero e proprio movimento montessoriano e che i suoi istituti si estendano tanto che nel 1924 viene fondata l'Opera nazionale Montessori e la Scuola magistrale Montessori per la formazione, mediante appositi corsi, degli insegnanti e la diffusione delle idee e del metodo della fondatrice.

Ancora in Italia nel 1924, a Milano, per iniziativa della maestra Giuseppina Pizzigoni e di un gruppo di benefattori, su progetto dell’ingegnere Erminio Valverti, viene realizzata una scuola elementare “Rinnovata”. La Pizzigoni faceva leva sul ruolo dell’esperienza diretta ed interattiva nel processo di apprendimento; essa stessa concepì la nuova scuola in funzione del suo metodo, esigendo un fabbricato semplice che nelle sue linee architettoniche e nel suo arredamento facilitassero ogni dovere scolastico. Il caseggiato con 29 aule di insegnamento normale fu realizzato tutto su di un solo piano su di un’area di 20.000 m2. Sul terreno sorgevano un campo per le esercitazioni agricole, viali alberati e cortili per il gioco all’aperto.

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Agli inizi del ‘900, lo schema più usato nell’edilizia scolastica era quello a blocco. Se è vero che in alcuni paesi tale modello continuò ancora per molto (fino agli anni sessanta), è vero anche che da più parti fu sentita l’esigenza di modificare questo impianto tipologico. E’ curioso costatare come si svilupparono due nuove tipologie completamente diverse fra loro: una derivante dall’esigenza di accorpare ulteriormente il blocco, l’altra, a superarlo per espandere la scuola all’aperto.

Appartiene al primo caso la scuola a tre piani (three decker school) del 1900, successivamente ripresa da Haessler nel 1928 in Germania. Il corpo diventa triplo: aula, vuoto con doppia fila di ballatoi, aula, superando lo schema aula-corridoio illuminato. Tale tipologia edilizia, subisce nel corso del secolo varie trasformazioni ed evoluzioni; lo spazio interno viene sempre più qualificato, diventando sempre più importante, e punto di riferimento visuale dell’intero organismo.

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Appartengono a questa tipologia le scuole primarie gemelle Montessori e Willemspark costruite ad Amsterdam da Hermann Hertzberger. Come si può facilmente intuire dal nome, gli edifici sono stati progettati pensando al metodo montessoriano. Rappresentano una evoluzione considerevole del tipo a blocco con vuoto interno che diventa un riferimento visivo e funzionale dal punto di vista didattico. Il punto principale è la sala centrale, intorno alla quale sono raggruppate le aule e aperte verso di essa. Strutturalmente i due edifici sono articolati in due parti distinte e accostate, collegate soltanto a livello di una gradonata, lasciando uno stacco centrale sul quale si affacciano gli spazi della scuola. L’ambiente centrale ben illuminato riceve luce dall’alto e da aperture laterali.

Fig. 1.1.2: Scuole Montessori e Willemspark ad Amsterdam

Completamente opposta l’altra tipologia che tende a dilatare la scuola verso gli spazi esterni all’aperto. E’ un’impostazione di derivazione razionalista nella quale permangono gli schemi tradizionali dell’aula corridoio, dei corpi giustapposti, composti in organismi liberi dal punto di vista della disposizione sul terreno, tendenti alle condizioni ottimali dell’illuminazione del terreno. In questo tipo di schema il corpo base aula-corridoio è quasi completamente vetrato e si sviluppa su un solo piano. Al’interno della scuola è sempre presente un grande spazio verde.

Gli schemi compositivi più diffusi sono: quello a croce e quello a pettine. Mentre nel primo gli spazi sono relazionati fra loro dagli spazi esterni, nel secondo schema non ci sono relazioni fra le parti assolutamente indipendenti fra loro. Gli spazi esterni coprono un ruolo fondamentale nella composizione dell’edificio.

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Fig. 1.1.3: Scuola a Liverpool

Nel 1951, partendo da questo tipo di edificio, Hans Scharoun progettò la scuola di Darmstadt. L’analisi di Schraroun portò a concepire un edificio che potesse ospitare le varie fasi di vita del bambino, dividendola in base alle analisi fatte in quattro fasi essenziali: quella del gioco per bambini tra i 6 e i 9 anni, quella del formare, tra i 9 e i 12, quella spirituale o della personalità individuata tra i 12 e i 14 e quella della vita comune. Ad ogni momento della vita, corrispondono spazi architettonici raccolti o chiusi che diano protezione e calore oppure che consentano la percezione del mondo esterno o che favoriscano il contatto con gli altri e le attività comuni.

L’edificio assume così connotazioni legate all’interpretazione psicologica delle diverse fasi della crescita dell’allievo assumendo connotazioni addirittura poetiche: sono evidenti le influenze dell’attivismo e del metodo montessoriano legati all’interazione stretta fra uomo e ambiente.

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Appartenente ancora a questa tipologia di edificio esteso, è la scuola di Heathcote di Scarsdale a New York, il cui progetto è dovuto allo studio di Perkins e Will.

Fig. 1.1.5: Scuola Heathcote a New York

Dotata di ampi spazi e di un riferimento centrale, ha uno schema ripetibile composto di un nucleo a se stante cui fanno parte quattro aule intorno ad uno spazio centrale che ospita le attività comuni alle classi e i servizi ad esse relativi.

Il grande corpo centrale del complesso ospitante la biblioteca, la direzione, i laboratori, il grande spazio di riunione artistico e di musica, gli spazi comuni e l’atrio, è collegato ai nuclei tramite corridoi vetrati. Lo schema base, come detto ripetibile, favorì varie fasi della costruzione della struttura.

Un limite a questo tipo di impianto, è dettato dalla necessità di disporre di aree molto estese, e dalla necessità di un controllo costante da parte delle autorità competenti nella organizzazione delle varie fasi.

Un’altra scuola Montessori, quella di Hermann Hertzberger, è probabilmente l’esempio più rappresentativo di tale tipologia. Costruita a Deft fra il 1960 e il 1981 ben rappresenta la scuola capace di svilupparsi spazialmente nel tempo. Era composto in origine da sole quattro classi, alle quali poi furono aggiunte varie classi, sale destinate alla scuola materna, una sala giochi, una di musica e una parte riservata agli insegnanti.

Plasmata per rispondere alle esigenze del metodo ideato dalla grande pedagogista italiana, si fonda su un rapporto di tipo formale fra insegnante e allievi.

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Fig. 1.1.6: Scuola Montessori a Delft

Per poter permettere lo svolgersi contemporaneo di un gran numero di attività, le aule assumono la forma ad “L” suddividendosi all’interno in due livelli collegati da un passaggio e caratterizzati da diversi sviluppi in altezza. In tal modo l’allievo dispone di spazi differenti simili a quelli di casa e non è obbligato a condividere lo spazio con gli altri.

E’ interessante il tentativo di unire la tipologia a blocco e quella estensiva che fu sperimentato negli anni sessanta e settanta. Soprattutto nei paesi anglosassoni tale tipo di edificio intermedio ebbe una grande diffusione. Si cercava in tal modo un risparmio di spazio e di conseguenza una spesa ridotta attraverso l’eliminazione dei corridoi, dei passaggi e delle connessioni.

L’organizzazione della didattica e le sue necessità di rinnovamento, venivano raggiunti tramite la realizzazione di spazi indifferenziati e quanto più possibilmente neutri, definiti mediante l’adozione di un arredo formato da contenitori multifunzione, da pareti mobili e attrezzate, che consentivano un doppio uso dei differenti ambienti e massima flessibilità degli spazi. Questa disposizione nota come “open plan” se da un lato poneva l’accento sulla necessità di pensare l’edificio scolastico come un insieme non rigido, dall’altro creando libertà spaziale favoriva aggregazioni caotiche e di difficile controllo quando si cercava di applicare tali schemi a scale diverse.

Costituisce un tentativo di mediazione fra due differenti posizioni, e diverrà il filo conduttore per varie realizzazioni successive, la Comprehensive school realizzata da Bennet e Bancroft a

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Pimlico, a Londra tra il 1964 e il 1970. Il tentativo di vari progettisti di riassumere tutto l’edificio in un’idea molto forte sia dal punto di vista morfologico che organizzativo, è un tema molto diffuso in molte realizzazioni. Anche in Italia, soprattutto quando si affrontano costruzioni quali scuole o istituti, si cerca di dare un’immagine unitaria all’intero complesso. In tale atteggiamento è riscontrabile la funzione e la vocazione urbana dell’edificio scolastico che, non soltanto nel concetto di complessità nell’unità ripropone il rapporto tra i suoi elementi e l’insieme, così come la città e i suoi edifici, ma più oltre stabilisce la possibilità di instaurare dei rapporti complementari con la città stessa, dalla quale può qualificarsi come una prosecuzione o un riassunto.

L’idea di Pimlico si pone allo stesso tempo come un punto di partenza e di arrivo nell’evoluzione del tipo scolastico. Un punto di arrivo se lo si analizza dal punto di vista della trasformazione del tipo a blocco chiuso con lo spazio vuoto all’interno, un punto di partenza se si pensa alla relazione fra edificio scolastico e città.

Questa integrazione avviene completamente nell’ESIEE di Dominique Perrault a Marne la Vallèe. Gli spazi di servizio (biblioteca, sale riunioni, bar, servizi amministrativi, spazi parascolastici) e quelli di insegnamento (aule, laboratori) sono separati in maniera decisa. I primi, distribuiti sotto una copertura inclinata, entrano in relazione con gli altri, agganciati al corpo principale, tramite una strada lunga trecento metri coperta e illuminata attraverso una vetrata continua.

Lo schema di tale edificio, non solo allude alla città, ma ne costituisce una parte effettiva. Al suo intermo sono riproposti gli stessi rapporti tra edifici, spazi pubblici cittadini e strada, senza però il traffico veicolare che nelle moderne città costituisce un elemento disgregante fra le varie componenti.

Negli settanta e ottanta ci si è posti il problema di un edificio scolastico completamente amalgamato al tessuto cittadino. La soluzione sta forse nel metodo adottato negli Stati Uniti dove per essere protetti dal traffico e dall’inquinamento, si è cercato di racchiudere tutto all’interno di grandi grattacieli. Allo stesso modo ci si domanda se la soluzione non sia invece quella di progettare grandi complessi scolastici continui con altri spazi della città, in modo da riprodurre al loro interno quelle situazioni urbane ormai perdute.

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Fig. 1.2.1: Scuola Secondaria Littleton nel Massachusetts E’ una scuola che prevede la presenza di

600 allievi nella quale possono essere preparati a corsi di arti industriali e commerciali e nel cui programma di insegnamento è previsto un collegio preparatorio. Nel progetto, si prevede la successiva aggiunta di un corpo per poter ospitare altri 300 allievi. Il complesso si sviluppa intorno a cortili chiusi intorno ai quali si sviluppano i vari ambienti: aule, uffici, biblioteca, centro studenti, refettorio ecc. Gli ambienti più rumorosi quali la palestra ed i laboratori, sono stati ubicati a distanza dal corpo centrale.

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Interessante il fatto che l’intero complesso sia stato pensato anche come sede di incontri e riunioni e che a tal scopo sia dotato di un auditorium. Le aule sono 15 per 600 studenti, i materiali usati sono: il calcestruzzo per le fondazioni, l’acciaio per la struttura, lastre prefabbricate in cemento armato per la copertura, mattoni per il rivestimento esterno, piastrelle di asfalto e pietra di cava, porte d’ingresso esterne in profilati di metallo, porte interne di quercia. L’impianto di riscaldamento è ad aria calda.

Altra scuola destinata all’insegnamento secondario, è quella degli architetti Marcel Breuer, O’Connor & Kilham a Litchfield negli Stati Uniti. Dalla pianta ad Y, sorge su un terreno pianeggiante ed è in grado di offrire l’istruzione ad un numero di 720 alunni.

Fig. 1.2.3: Scuola secondaria a Litchfield, U.S.A.

E’ tutta su un piano. Anche qui si nota l’accorgimento dei progettisti di allontanare le aule più rumorose da quelle di lezione normale. Le tre ali di cui è formato il complesso, sono raggiungibili dall’ingresso situato in posizione baricentrica rispetto all’edificio.

Nel progetto è previsto anche l’auditorium, in posizione nord-est, raggiungibile direttamente dalla strada principale che collega Littleton alle altre città. E’ interessante l’uso del legno, usato nelle travi. I materiali sono comunque i più svariati: si va dal cemento armato per i solai,

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Fig. 1.2.4: Scuola secondaria a Old Saybrook nel Connecticut

Ogni padiglione circolare isolato unisce in gruppo o le aule normali per l’insegnamento, o i laboratori o quelle per le attività speciali. Ogni corpo è completamente autosufficiente sia per l’impianto di riscaldamento, sia per i servizi igienici.

Questa disposizione ha due grandi vantaggi: il primo è la possibilità di un agevole ampliamento del complesso scolastico qualora ce ne fosse bisogno, il secondo è dato dal risparmio economico dato il ridotto spazio utilizzato per i disimpegni interni.

Le aule, che dispongono della massima illuminazione naturale, sono collegate tramite un percorso circolare coperto alla palestra, agli uffici al refettorio ed alle altre stanze che risiedono nel corpo principale.

Il materiale usato nelle fondazioni e nella struttura è il calcestruzzo. All’interno troviamo sia i mattoni rossi a vista per l’atrio, sia la plastica e il sughero applicati sull’intonaco nei corridoi e nelle aule. Le piastrelle sono d’asfalto o di ceramica, i serramenti esterni in acciaio, quelli

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interni in legno d’acero. La copertura è costituita da cinque strati di catrame e ghiaietto su pannelli isolanti.

Esempi particolarmente interessanti, se ne possono trovare naturalmente anche nel vecchio continente. La scuola secondaria Letzi a Zurigo in Svizzera, è uno di questi. Costruita su un terreno inclinato dall’Architetto Ernst Gisel è ideata per il servizio di un quartiere d’abitazioni nella città svizzera.

Fig. 1.2.5: Scuola secondaria Letzi a Zurigo in Svizzera

Costituita da diversi corpi che accolgono sia un piccolo asilo che una scuola secondaria. Le aule di quest’ultima sono in un edificio a due piani a forme di ferro di cavallo,all’interno del quale è racchiuso un grande cortile alberato.

All’interno di questo, vi è un fabbricato che costituisce il fulcro dell’intera zona. Al piano terra di questo viene sperimentato con successo un ambiente che svolge due funzioni: quella di aula di canto e quella di teatro.

Per passare da una attività all’altra, basta una semplice rotazione dei sedili di 180°. L’aula di disegno al piano superiore svolge anch’essa doppia funzione, essendo usata occasionalmente come sala di esposizione.

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ricevano l’illuminazione da due lati attraverso finestre a tutt’altezza.

I campi da gioco intorno all’edificio possono svolgere la loro funzione anche indipendentemente dall’attività scolastica. Da notare il deposito ideato per contenere

un buon numero di biciclette. Fig. 1.2.6: Planimetria della scuola Letzi Le fondazioni e la struttura sono in cemento armato, la muratura in mattoni a vista. I rivestimenti sono in legno ed in mattoni. I pavimenti sono in clinker o in granito. I serramenti sia interni che esterni sono in legno di quercia naturale o verniciato. Il tetto ha ossatura in c.a., il riscaldamento è a radiatori o a pannelli radiali.

In Italia, degno di nota, è l’Istituto Pirelli di Milano dell’Architetto Roberto Menghi. L’ordine distributivo degli edifici sul terreno, è stato dettato da esigenze dovute all’orientamento ed urbanistiche.

Le aule di cultura sono disposte a sud mentre quelle di disegno ed i laboratori a nord. Il corpo spogliatoi ha un fronte ad est ed uno ad ovest per agevolare la ventilazione ed impedire gli sbalzi di temperatura. Il corpo officina è parallelo al corpo aule e orientato in modo da avere nello stesso ambiente una illuminazione più ridotta ed una più illuminata per il lavoro manuale. L’ingresso della scuola ed il corpo aule guardano verso il piazzale.

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I materiali adoperati sono di tipo tradizionale: la graniglia di cemento, i mattoni, serramenti in legno per le aule ed in ferro per le officine. Le facciate sono prefabbricate e montate con pilastrini a piè d’opera.

Analizziamo altre tipologie di edifici per l’insegnamento, a partire dalla scuola Benjamin Franklin realizzata dagli architetti Minoru Yamasaki e J. W. Leinweber.

Costituito da un blocco principale collegato agli altri quattro edifici più piccoli che ospitano sei aule ciascuno, tramite delle voltine in plastica.

I locali comuni come la palestra, l’auditorium, le aule speciali, i laboratori, la biblioteca e gli uffici, si affacciano lungo un ampio corridoio totalmente illuminato dall’alto.

Questo costituisce una specie di strada principale coperta sulla quale si affacciano le finestre.

Al centro sono disposte vetrine e panchine, sulle pareti risaltano grandi insegne ed indicazioni, il tutto è coperto in modo da ottenere un ambiente piacevole e stimolante per la conversazione ed i rapporti umani nelle ore di ricreazione.

Le fondazioni sono in calcestruzzo colato, la struttura è in acciaio. La struttura del tetto in travicelli d’acciaio mentre la copertura è piana. Per i rivestimenti si sono usati i mattoni. Particolare il pavimento dell’atrio costituito da un mosaico alla veneziana. Le aule hanno piastrelle d’asfalto. Le porte ed i telai delle finestre sono in acciaio. Il riscaldamento è ad aria calda.

La scuola secondaria Pioneer Valley nel Massachusetts risponde alla necessità di un piano regionale, dovendo servire a tre città dei dintorni.

Progettata dal gruppo The Architects Collaborative è situata sul fianco di una collina alberata di fianco alla vallata del fiume Connecticut.

Fig. 1.2.8: Scuola secondaria B. Franklin nel

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Fig. 1.2.9: Scuola secondaria Northfield nel Massachusetts

Sono presenti un auditorium e, dietro il palcoscenico locali isolati acusticamente per le esercitazioni musicali. Tutti i dislivelli sono superabili a mezzo di rampe. L’illuminazione della palestra e dell’auditorium è ottenuta con mezzi artificiali.

Per i materiali, si va dal calcestruzzo per le fondazioni all’acciaio per l’ossatura . Il tetto è coperto con gesso su pannelli acustici. La muratura esterna è in mattoni e pannelli di smalto porcellanato. I rivestimenti interni sono in mattonelle vetrificate. I pavimenti sono in calcestruzzo con copertura di piastrelle d’asfalto. Gli infissi sono fatti di acciaio e legno.

L’Istituto IPSIA del gruppo di progettazione LFL Architetti, rappresenta il primo passo per la riqualificazione del Campus scolastico di Sondrio, una vasta area comprendente sette istituti e due palestre.

Realizzato per ospitare 350 studenti, è stato costruito dal 2003 al 2005.

La collocazione dell’Istituto al centro dell’area, e non nell’ultimo lotto libero all’estremità sud-est, come suggeriva il bando di concorso, e il suo sviluppo longitudinale permettono di connettere le aree marginali del complesso scolastico con il duplice vantaggio di lasciare il lotto libero disponibile per un eventuale successivo ampliamento.

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Fig. 1.2.10: Planimetria dell’Istituto IPSIA a Sondrio

L’attenzione al luogo, la sobrietà delle forme, lo studio dei dettagli raffinati ma essenziali, il controllo dei costi d’appalto e il rispetto dei tempi di costruzione sono gli elementi rilevanti di questa realizzazione.

Fig. 1.2.11: Pianta del piano terra dell’Istituto IPSIA a Sondrio

Sfruttando il naturale dislivello del terreno, in declivio da nord a sud, la scuola si articola in tre semplici corpi di fabbrica, su due e tre livelli che, insieme formano un organismo aperto,

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Fig. 1.2.12: Vista del fronte ovest del corpo delle aule

L’ingresso all’edificio avviene attraverso un volume cubico che si appoggia sulla quota più alta del campus, in corrispondenza della piazza “alta”. L’edificio ospita tre piani fuori terra, gli spazi della direzione didattica con le segreterie, le aule dei professori e la presidenza e, nel piano seminterrato, corrispondente alla quota della “piazza bassa”, i laboratori speciali.

Fig. 1.2.13: La suggestiva torretta d’ingresso illuminata di notte e una veduta della “piazza bassa”

Elemento caratterizzante del volume è il grande atrio di ingresso a tripla altezza, che si apre a nord attraverso un’ampia vetrata e ospita una scenografica scala appesa, di acciaio e legno. Le dodici aule didattiche sono ospitate in un corpo di fabbrica longitudinale insieme ai laboratori lungo 110 metri e porticato al piano inferiore. Uno spazio di sosta al centro del lungo corridoio di distribuzione delle aule individua un nucleo di servizio, con scale e servizi igienici, e funge da cerniera con il terzo corpo di fabbrica costituito dal volume ad L del

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laboratorio di termoidraulica. Quest’ultimo è illuminato da nove lucernari e, insieme alla torre di ingresso e alla stecca delle aule, forma una corte sulla quale si aprono i laboratori ospitati al livello inferiore di ciascuno dei tre volumi in cui si articola l’organismo edilizio.

I materiali che contribuiscono a rendere riconoscibili i diversi volumi con le loro funzioni: un rivestimento di pietra squadrata di colore grigio per il “basamento” che ospita i laboratori, un semplice intonaco bianco posato su un rivestimento a cappotto per il sovrastante corpo longitudinale delle aule e il vetro per caratterizzare e rendere riconoscibile a distanza il grande atrio di ingresso che, di notte, si trasforma in una lanterna luminosa.

Lo studio delle aperture e il controllo della luce attraverso sistemi di ombreggiamento sono altrettanti elementi di riconoscimento delle funzioni e di qualità del progetto.

Le strutture dell’edificio sono costituite da telai di calcestruzzo armato inglobati nello spessore delle murature perimetrali, realizzati in blocchi di laterizio con cappotto intonacato, mentre i solai sono formati da lastre predalles di altezze complessive variabili tra i 35 e i 75 cm. Nella scelta delle finiture, sono stati privilegiati materiali economici e di facile manutenibilità. I pavimenti delle aule e dei disimpegni sono di gomma e caratterizzati dal semplice ma raffinato dettaglio dello zoccolino in spessore di intonaco realizzato in acciaio inossidabile.

L’opera come si è fatto notare è stata realizzata con un budget contenuto: 2˙810˙000 euro pari a soli 650 euro/m2, compresi gli arredi.

All’opera è stato attribuito il premio Ala Assoarchitetti 2006 nell’ambito del premio internazionale Dedalo Minosse.

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Fig. 1.2.15: Pianta del piano terra dell’Istituto IPSIA “F. Podesti” a Passo Varano vicino ad Ancona

Il complesso è caratterizzato da un impianto articolato: le varie funzioni sono collocate in edifici distinti, ma funzionalmente connesse tramite il fulcro della “torre uffici”, cuore della scuola. Le aule risultano orientano verso nord-ovest, in modo da ricevere luce diffusa, essere poco soggette al pericolo surriscaldamento estivo ed essere protette dal rumore esterno perché affacciate sul cortile. Gli spazi collettivi e i laboratori meno sensibili ai rumori, sono collocati più vicini alla strada, ma sono protetti da barriere vegetali, utili per schermare gli spazi esposti a sud anche dalla radiazione solare diretta estiva.

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Gli uffici, collocati nell’edificio cilindrico, hanno un orientamento variabile da ovest ad est, passando per il sud. Godono della radiazione solare diretta, benefica in inverno e che viene schermata in estate con veneziane esterne.

Fig. 1.2.16: L’edificio per uffici da nord e la parete ventilata di aule ed uffici

Le aule di forma quadrata per un buon compromesso tra illuminazione naturale e consumo energetico, sono aggregate con i corridoi secondo il criterio delle due zone. In questo modo le aule possono essere illuminate da due lati: a piano terra si è previsto nella parete divisoria verso il corridoio un sopraluce apribile, mentre al primo piano le aule sono dotate di una finestra alta a sud, che in inverno consente la penetrazione della luce diretta del sole e in estate induce la ventilazione passante da nord. Anche il corridoi produce effetti benefici termici: essendo un ambiente unico dotato di aperture in alto, in estate genera un effetto camino, che induce la ventilazione passante di rinfrescamento nelle aule. L’edificio per uffici, di quattro piani, è attraversato da un atrio a tutta altezza con vetrate apribili all’ultimo piano orientate a sud-est e sud-ovest. In tale spazio si genera in estate un benefico negli uffici e si ottiene un preriscaldamento dell’aria nella mezza stagione.

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Fig. 1.2.18: Il complesso scolastico visto da sud

L’edificio verrà dotato di un impianto solare termico per la produzione di circa il 60% del fabbisogno di acqua calda sanitaria, di un impianto di riscaldamento e produzione di acqua calda con caldaia a condensazione. Per le aule si è scelto un sistema di riscaldamento a radiatori posizionati sulle pareti interne dell’involucro in modo da non alterare l’equilibrio termico della parete. I generatori di calore sono del tipo a condensazione. La palestra è dotata di apparecchiature di distribuzione a pavimento. Si prevede il recupero delle acque piovane per alimentare le cassette dei wc. Infine si prevede l’istallazione di pannelli fotovoltaici d i potenza pari a 43,2 KWp.

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L’Istituto Professionale Provinciale a Bolzano è stato realizzato in due fasi, la prima fra il 2001 e il 2004 e la seconda fra il 2005 e il 2007 dallo Studio di Architettura Holler&Klotzner dopo essersi aggiudicati il concorso tenutosi nel 1990.

E’ possibile realizzare una scuola, organismo per natura coeso e continuo, in più corpi di fabbrica separati? Questa la difficile scommessa nel progetto per questa scuola, un sistema di edifici che aspira a costituirsi come risposta alla condizione urbana con la quale si confronta e che, attraverso la propria conformazione, ribalta la consuetudine dell’edificio scolastico isolato ed in genere poco sensibile alle relazioni con il contesto.

Fig. 1.2.19: Planimetria dell’Istituto Provinciale a Bolzano

L’area di intervento è parte di un ambito cittadino denso e complesso, composto da un tessuto eterogeneo ove, su un articolato reticolo di tracciati, si insedia un’edilizia residenziale frammentaria – case isolate con giardino- frammista a elementi fuori scala di varia tipologia: principalmente edifici pubblici e contenitori industriali o commerciali. La creazione di una nuova piazza adiacente l’asse di Via Roma, uno dei più significativi della compagine urbana dell’intervento, fornisce il presupposto compositivo per l’organizzazione dell’impianto.

Strutturato su tre corpi di fabbrica lineari indipendenti e interconnessi, l’edificio si dispone perpendicolarmente all’importante tracciato urbano conformando la quinta

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Fig. 1.2.20: Pianta del piano terra

La scuola, priva di recinzione, diviene una struttura permeabile al vuoto, accoglie la città al suo interno e si qualifica come istituzione pubblica e rappresentativa piuttosto che separata e impermeabile. La piazza entra a far parte dell’edificio che in tal modo si offre alla città senza elementi di mediazione.

Fig. 1.2.21: Prospetto sud

Un lunghissimo fabbricato emergente cinque livelli fuori terra e riconnesso con passerelle trasparenti agli altri corpi lineari che compongono la scuola.

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Fig. 1.2.22: Immagini dell’esterno

L’ingresso dell’edificio, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, dopo una prima compressione spaziale, si dilata in una sorprendente piazza coperta, sulla quale si affacciano i percorsi di distribuzione dei corpi destinati alle aule.

La piazza coperta prolunga spazi e tracciati della città all’interno dell’organismo, espandendoli nelle tre dimensioni.

Fig. 1.2.23: Immagini dell’interno

Attraverso la copertura trasparente, la piazza interna diviene una scatola di luce alta quattro piani la quale, mediante la pavimentazione interamente in vetrocemento, trasferisce il proprio chiarore nella palestra realizzata sotto il piano stradale.

Nella relazione fra telaio strutturale e uso del vetrocemento si hanno elementi destrutturati la stessa superficie parietale. A partire da un semplice parallelepipedo l’architettura tende a contestare la scatola spaziale mettendo in atto un principio di reciproca discontinuità delle superfici perimetrali.

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ed insegnanti costretti a frequentare le lezioni in tre sedi separate e ad utilizzare aule e laboratori troppo piccoli e inadatti.

Il complesso dedicato al grande scienziato romano nobel per la Fisica, sorge su un terreno pianeggiante di 52000 m2 posto nella frazione di San Filippo, nelle immediate vicinanze della città di Lucca, fra la strada statale Sarzanese – Valdera a sud e la strada provinciale Romana a nord.

Fig. 1.2.24: Planimetria dell’I.T.I. “Enrico Fermi” di Lucca

Al fine di formare figure professionali rispondenti alle necessità del mondo del lavoro, attualmente la scuola forma Periti Industriali in Elettrotecnica, Elettronica, Informatica e Meccanica ed ha inoltre un corso di Liceo Scientifico Tecnologico.

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Il complesso edilizio (in tutto sono 14000 m2 calpestabili) si articola in quattro nuclei che ruotano attorno all’ampio cortile interno che costituisce l’elemento legante di tutte le attività. I quattro corpi sono:

• Nucleo del biennio organizzato su tre piani e comprendente aule normali, speciali, da disegno, e laboratori. A piano terra c’è la mensa.

• Nucleo degli uffici e del triennio “elettrotecnica” articolato su due piani con gli uffici al piano rialzato ed al primo piano il triennio comprendente aule speciali e normali. • Nucleo dei reparti di lavorazione collegato direttamente al triennio ed al biennio

tramite due passaggi.

• Nucleo della palestra e della piscina. I collegamenti avvengono sia

attraverso percorsi coperti e scoperti, sia tramite percorsi periferici facenti capo all’atrio di ingresso ed alla balconata a questo sovrastante. La divisione in blocchi favorisce l’integrazione col verde; il cortile lo scambio di esperienze fra gli alunni.

Le aule dei due nuclei biennio e triennio sono ventinove, ciascuna dimensionata per 25 alunni, distribuite sui tre piani dell’edificio.

Fig. 1.2.26: Immagini di due laboratori del “Fermi”

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gomma. I pavimenti sono in gomma nell’atrio, in gres nei sevizi igienici e nei reparti di lavorazione, in materiali resilienti nelle aule e negli uffici.

Fig. 1.2.27: Particolari della struttura

I rivestimenti esterni sono in lega leggera protetti esternamente da frangisole. Gli infissi sono in legno e rivestiti di materia plastica.

La piscina e la palestra hanno una struttura in acciaio con copertura a travi reticolari.

L’impianto di riscaldamento funziona con caldaie pressurizzate, bruciatori a gasolio e corpi scaldanti costituiti da mobiletti ventil - convettori per laboratori, aule e uffici; piastre convettrici per i servizi igienici; aerotermi o gruppi di ventilazione per la palestra e i reparti di lavorazione.

La struttura è stata di recente dotata di un impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica.

Figura

Fig. 1.1.1: Scuola di Celle del’Architetto O. Haessler
Fig. 1.1.3: Scuola a Liverpool
Fig. 1.1.5: Scuola  Heathcote a New York
Fig. 1.1.6: Scuola Montessori a Delft
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