I
RIVISTA MENSILE DI EDUCAZIONE ALL'INCONTRO TRA I POPOLI
Via S. Martino, 6 bis
43100 PARMA
Sped. in Abb. Post.
Gruppo 3/70
ANNO XIV- N. 7
rb
Agosto-Settembre
1984
ANNO XIV - N. 7
S<
AGOSTO-SETTEMBRE 1984
OMMARIO
Per una nuova cultura in prospettiva del futuro (Editoriale) pag. 3
FATTI E NOTIZIE pag. 4
PROGETTO EDUCATIVO Antonio Nanni
Frontiere dell'immaginazione e immaginazione
senza frontiere pag. 5
CEM Mondialità
Claudio Economi
L'attività immaginistica per la realizzazione di un mondo
migliore (La meditazione didattica) pag. 8
Agosto-Settembre 1984
ANNO XIV - N. 7
La rivista è a cura del CEM (Centro di Educazione alia Mondialità) • Parma.
Direttore: Orlando Ghirardi.
Vice-Direttore; Antonio Nanni.
Comitato di Redazione: Sandro Calvani, Romeo Fabbri, Roberta Gisotti, Giuseppe Pasini.
Direttore Responsabile: Romeo
Fabbri.
Collaboratori: Paola Berrettini, Da niela Berti, Mario Bolognese, Ger mana Bragazzi, Riccardo Buttafa-
Daniela Della Scala
Immagine e immaginazione (Appunti di psicologia) pag. 11 SPAZI DIDATTICI
Paola Berrettini
Tra logica ed immaginazione: il romanzo poliziesco
(La parola) pag. 13
Stefano Simonetti
Le frontiere dell'immaginazione nell'autunno del Medioevo
(La storia) pag. 14
Laura Maria Presta
Il genio nella storia pag. 15
va. Paolo Calidoni, Francesco Cas sone, Lisa Davanzo, Michele Davit- ti, Daniela Della Scala, Claudio Economi, John Fagan, Giovanni Gandolfl, Francesco Grasselli, Maddalena Knerich, Attilio Lunar- di, Maria Negro, Daniele Novara, Rita Parenti, Rita Panunzi, Laura
Francesco Cassone
Geografia spettacolo o geografia specchio? (La geografia) pag. 16
Riccardo Buttafava
1 riflessi del suono e dell'immagine (Il suono e l'immagine) pag. 19 Rita Panunzi
L'immagine «mediata» pag. 20
Maria Presta, lliana Raimondo, Enea e Luisella Riboldi, Lino Ron da, Stefano Simonetti, Olga Stefa ni, Franco Tarasconi, Rosanna Te sta.
Impaginazione; Studio Zani (PR).
Mario Bolognese
Segmenti di mito, per amore (Il gioco) pag. 21
Enea e Luisella Riboldi
Una proposta di lettura delie parabole dei vangelo
(La religiosità) pag.24
Direzione, Redazione e Ammini strazione; Viale San Martino, 6 bis - Parma - Tel. (0521) 54357.
Le richieste di abbonamento devo no essere indirizzate a CEM - MON
ESPERIENZE E DOCUMENTI Daniele Novara e Lino Ronda
Schede di lavoro (Educazione alla pace) pag. 26
DIALITÀ • Viale San Martino, 6 bis ■ 43100 Parma - c.c.p. 13601430.
Abbonamento della rivista (10 nu meri all'anno: Giugno - Maggio);
L. 15.000. Un numero separato;
L. 1.500.
Adele Siboni e Giulia Stragliati
Bambine in minore? (Esperienza scolastica) pag. 29 Michele Davitti
Il ruoto del la maschera tra i Kpelle della Liberia
(Cultura e confronto) pag. 31
Autorizzazione Tribunale di Parma, 2 maggio 1959 • Stampa; Industria Grafica Editoriale PIzzorni - Cremo na - Tel. (0372) 21660.
Associato all'Unione Stampa Pe-
Hubert Renard (a cura di Romeo Fabbri)
Una società da inventare (1 nostri amici d'oltre confine) pag. 33 1 DIRITTI DEL FANCIULLO PROTAGONISTA DEL DUEMILA
(1 nostri audiovisivi) pag. 34
RUBRICA FOTOGRAFICA: Gianni Callgaris
EDITORIALE
PER UNA NUOVA CULTURA
IN PROSPETTIVA DEL FUTURO
I Nuovi programmi della Scuola Media stabiliscono quali fini educativi nel capitolo della Educazione Artistica:
"— acquisire ed esprimere l'esperienza del mondo e di sé;
— sviluppare modalità generali del pensiero quali, ad esempio, analisi, sintesi, coordi namento logico, pensiero creativo, ecc.; acquisire una sempre più penetrante capacità di
introspezione nella sfera emotiva e dei sentimenti;
— prendere coscienza del proprio patrimonio culturale ed accedere via via ad un mon do culturale sempre più ampio (del presente e del passato, della propria e delle altrui cultu
re), per essere in grado di contribuire ad elaborare nuova cultura in prospettiva del futu
ro."
Queste finalità educative, giustamente, vengono attribuite anche all'insegnamento del
le altre discipline.Da parte loro i Nuovi Programmi della Scuola Elementare così si esprimono:
"Le sollecitazioni culturali, operative e sociali offerte dal curricolo della Scuola Ele mentare si propongono la progressiva costruzione delle capacità di pensiero riflessivo e
critico, il potenziamento della creatività e della divergenza, l'autonomia e l'indipendenza di giudizio, sulla base di un adeguato equilibrio affettivo e sociale e di una positiva imma
gine di sé. "Scelgo questi due brani tra i molti significativi nei due testi.
Esprimono bene il campo specifico in cui il CEM si propone di portare Usuo contribu to, particolarmente nel corso di questa annata.
Noi abbiamo paura di una scuola chiusa in orizzonti ristretti, ripiegata su se stessa in un ciclo monotono e ripetitivo di lezioni.
Siamo forse un po' presuntosi quando ci attribuiamo il compito di stimolare questo or
ganismo spesso fagocitato e lento. Sappiamo che non sono pochi quelli che preferiscono fare come si è sempre fatto e non sono pochi quelli che, pur volendolo, non vedono la pos
sibilità di fare altrimenti. Ma non sono neppure pochi coloro che vivono ogni giorno di
scuola come una tappa di un cammino sempre nuovo e originale.Facciamo nostro il loro sforzo di ricerca e di impegno per sostenerlo e possibilmente
condividerne i buoni risultati.
Dobbiamo forse accettare che il bambino entri nella scuola sprizzante immaginazione per uscirne perfettamente razionalizzato, copia stereotipa, integrato nel sistema? Nessuno
si sentirebbe di affermarlo.
Ridiamo dunque anche all'immaginazione il suo ruolo e il suo carisma.
Questo numero della rivista inizia, come programmato, a mettere a fuoco queste ric chezze della mente e del cuore dell'uomo che spesso tendono ad essere meno apprezzate in
una cultura razionalizzante e tecnicistica come quella occidentale.
Anche in questo campo ci sarà di valido stimolo l'incontro con le culture di popoli che con troppa facilità classifichiamo come sottosviluppati.
Potremmo essere sì meno "razionali", ma per essere più "ragionevoli" e per poter spe
rare, diremmo immaginare, un futuro sempre migliore.
damentale che questo processo si manifesti dall'interno delle singole realtà, la cooperazione delle istitu zioni internazionali, dovendo essere impegnata ad assisterle e a valoriz zarle, non a forzarne la direzione.
IL PARLAMENTO
EUROPEO E IL
TERZO MONDO
compiuto dalla Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura, circa 700 milioni di es seri umani vivono nelle campagne dei paesi in via di sviluppo in condi zioni di assoluta povertà. La 22®
conferenza biennale della FAG ha elaborato anche dei metodi per veni re a capo di questa tragica realtà. La risoluzione approvata invita i paesi membri a migliorare il regime fon diario e l'accesso alle terre, tenuto conto del numero crescente di conta dini senza terra, del frazionamento delle colture e dell'esodo rurale.
CONGRESSO MONDIALE
SULLA EDUCAZIONE
11 problema dell'educazione com parata è il tema del congresso mon diale che si terrà a Parigi dal 2 al 6 luglio 1984. Per l'Italia, partecipa ai lavori una delegazione del Ceu (Cen tro studi per l'evoluzione umana) che da tempo dedica le sue ricerche sullo specifico settore.
"Le strutture educative interna zionali — è detto in un comunicato
— devono prendere atto che l'educa zione è la base del rinnovamento so ciale a cui è necessario attribuire la massima attenzione se si vuole real mente trasformare una società or mai robotica in una società dinami
ca, libera da quegli schemi mentali che impediscono agli uomini di uti lizzare le facoltà creativa attualmen te schiave di modelli ripetitivi preco stituiti, riversati dalle società nei vari cervelli con mezzi antitetici allo svi luppo fisiologico della creatività
umana".
11 congresso si occuperà quindi dell'enorme problema che si pro spetta con la complessa evoluzione di tanti Paesi del Terzo mondo, dove un grande patrimonio culturale ri schia di andare perduto sotto l'in flusso delle culture tecnologiche im portate dai continenti della scienza elettronica e dei consumi di massa.
Se è vero che l'educazione è la ba se del rinnovamento sociale, è fon-
Un settore in cui il Parlamento europeo è stato particolarmente atti vo è quello della politica di sviluppo.
Esso si è adoperato perché fossero adottate misure concrete in vista di nuove possibilità di accesso al mer cato comune e fossero concessi aiuti finanziari e tecnici, ed ha avviato contatti parlamentari diretti con al cuni paesi del Terzo mondo. Già nel 1961 ebbe luogo una conferenza tra i rappresentanti del Parlamento euro peo e i rappresentanti dei parlamenti africani e malgascio.
È nata così una cooperazione che consente di valutare in un quadro nuovo e più ampio gli interessi co muni dei paesi europei e dei paesi del Terzo mondo giunti di recente all'in dipendenza. Non vi è dubbio che la partecipazione ad organismi di coo perazione ha dato la possibilità ai parlamentari europei di rendersi me glio conto delle differenze di poten ziale economico tra le singole regioni del mondo e del ruolo che la Comu nità può svolgere per stabilire un equilibrio tra di esse.
FAO SALITI A156
GLI STATI MEMBRI
Sono 156 ora gli stati membri del la Organizzazione delle Nazioni Uni te per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO). Infatti, agli stati che prima vi facevano parte si sono aggiunti 4 paesi e precisamente: Antigua e Bar- buda (Piccole Antille), Belize (ex Honduras britannico), Saint Chri stophe et Neviste Vanatu (nuove Ebridi). Secondo un recente studio
«MAPPAMONDO 1984"
Edizioni Herodote pp. 618 - Lire 20. ODO
È l'edizione italiana di un annua rio internazionale che dopo il succes so ottenuto in Francia esce simulta neamente in Gran Bretagna, Stati Uniti, Canada e Italia.
Redatto da oltre 80 specialisti, of fre un panorama completo e accessi bile dei grandi avvenimenti econo mici e politici mondiali del mondo contemporaneo. Fornisce il quadro dettagliato delle caratteristiche eco nomiche, politiche e sociali di oltre 100 paesi, di cui 34 con molta preci sione, e gli altri raggruppandoli in regioni geografiche.
L'impostazione originale dell'o pera combina in un linguaggio ac cessibile a tutti l'approccio economi co, quello geografico, demografico, politico e strategico.
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di agevole consultazione per capire i fenomeni più importanti del mondo d'oggi.130 articoli con ricca documenta zione statistica e bioliografica, 40 carte geografiche e numerosi indiriz zi di centri di documentazione e di ricerca.
FRONTIERE
DELL'IMMAGINAZIONE
E IMMAGINAZIONE
SENZA FRONTIERE
di Antonio Nanni
1. Come immaginare il futuro: tre approcci
Eleonora Barbieri Masini, Presidente delia Fede
razione mondiale per gli studi sul futuro (Wfsf), che
raccoglie studiosi di circa 67 paesi ed è l'unica federazione mondiale di questo genere, distingue tre tipi di
"approcci" al futuro. Anzitutto quel modo di guarda
re ai futuro che viene chiamato "estrapolazione" o, se
condo alcuni, "prognosi" del futuro. Esso si basa sulle conoscenze del passato e del presente, e sul calcolo delle possibilità e delle probabilità che alcune tenden ze hanno di progredire, interrompersi o variare. Il
principio-guida di questo primo approccio al futuro potrebbe essere sintetizzato così: "qualcosa sta cam
biando".
C'è poi un secondo approccio o modo di prevedere il futuro: quello che viene spesso chiamato "utopia"
o, secondo alcuni, ricerca del desiderabile (il suo con
trario sarebbe la "distopia"). Esso consiste nella de scrizione di un futuro di cui si desidera la realizzazio ne. Il suo principio-guida potrebbe essere cosi espres so: "qualcosa deve cambiare".
Vi è poi un terzo modo di guardare al futuro che la Barbieri Masini definisce "visione del futu-o". Questo approccio si presenta come la sintesi dei primi due, e mette in primo piano l'aspetto della progettualità.
Questo vuol dire che chi conosce la "visione" e proget ta il futuro "vuole cambiare", costruire qualcosa sulla base delle indicazioni delle visioni. Il suo principio- guida è il seguente: "qualcosa bisogna che cambi perché può cambiare".
2. I "modelli globali" degli anni '70
Non è questa la sede per soffermarci sulla storia della ricostruzione degli studi sul futuro così come si
sono sviluppati dcilla fine della seconda guerra mon
diale a oggi. Ci limiteremo a ricordare i nomi di Kahn,di Helmer e Rescher per l'America, quelli di Berger e
di De Jouvenel per la Francia, di Flechtheim per la Germania, di Pietro Ferraro per l'Italia, di Jungk per l'Austria, di Galtung per la Norvegia, ecc.Negli anni '50 e '60, in cui si sono sviluppati i pri mi due tipi di approccio al futuro, si pensava normal
mente che il futuro sarebbe stato "sempre migliore"del presente e che il progresso economico, che aveva caratterizzato quegli anni sarebbe almeno continuato
se non aumentato.
Invece, all'inizio degli anni '70 nascono i cosiddet ti "modelli globali", vale a dire quelle descrizioni del
mondo di domani nel suo complesso, visto come un tutto unico costituito di variabili che interagiscono e siinfluenzano tra loro. Il primo a elaborare un "model lo globale" è Forrester, del MIT, il quale si servì della dinamica dei sistemi per mettere a punto un modello che subito dopo Meadows perfezionò e utilizzò per il modello che divenne poi famoso come progetto del
Club di Roma: «I limiti dello sviluppo".Altri modelli globali sono stati proposti nel corso degli anni Settanta, sempre nel senso di prevedere il mondo del Duemila nell'ipotesi che le cose continue
ranno nel modo con cui erano avviate negli anni Sessanta.
All'inizio degli anni Ottanta, secondo Eleonora
Barbieri Masini, si comincia a guardare al futuro in
una maniera nuova. Negli anni precedenti si era creduto che gli studi sul futuro fossero sostanzialmente
obiettivi e neutri, e come tali venivano diffusi e utiliz
zati. Recentemente si è invece preso coscienza chel'immaginazione dei vari "scenari futuri" ha una sua
ben precisa componente politica perché gli scenari so
no diversi e tra loro alternativi proprio in virtù dellediverse scelte di partenza, ossia dei diversi valori. In
somma, la scelta delle variabili di cui si vuole tener
conto non è un'operazione obiettiva e neutrale, ma
politica e attinente al mondo dei valori. Se infatti si
sceglie di descrivere il mondo con le variabili "popola
zione, energia, alimentazione", vorrà dire che queste
si ritengono le variabili più importanti per il futuro del mondo. Se, al contrario, si guarda al futuro del mon do in termini di pace e di sviluppo, sarà perché queste si ritengono le più importanti.
3. L'immaginazione pedagogica: la funzione della
scuola
Esemplare di questa svolta degli anni Ottanta è il
progetto del Club di Roma intitolato "Imparare il fu turo" (cfr. J. BOTKIN, M. ELMANDJRA, M. MA-LITZA, Imparare il futuro, Mondadori, Milano,
1980), cui rinviamo, che indica varie strade educativeper preparare il futuro. Gli autori sostengono che è fi nito il tempo dell'educazione conservatrice o di man
tenimento, cioè trasferitrice di valori e conoscenze.Bisogna passare ad un'educazione innovativa, capace cioè di educare alla creatività e all'inventiva, non per abbandonare le conoscenze accumulate per formazio ne, ma per inventare il nuovo sulla loro base. Come i nostri lettori sanno, è proprio questa la strada intra presa da CEM-Monditdità. Certo, non è molto facile educarsi ed educare al nuovo, al diverso, al continua mente rinnovantesi. Ma di questo c'è bisogno oggi per affrontare un mondo in continua e rapida trasforma zione.
IL BAMBINO ELETTRONICO DAL QUADERNO A QUADRETTI
AL COMPUTER
"Il bambino elettronico e computerizzato fin dalla
più tenera età ha una dimestichezza con le macchine dell'era telematica — dal telefono alla televisione alla tastiera del computer o del videogiochi — che fa invidia ai grandi, cresciuti nella tradizione pedagogica
veteroumanistica, alle prese dai cinque-sei anni con le barre e i quaderni a righe e a quadretti e la scritturalineare-manuale. La grande difficoltà dell'apprendi
mento della scrittura consiste nel mettere d'accordo la linearità della mano con l'andamento curvilineo delle lettere dell'alfabeto — accordo che costituisce ancora oggi il grande traguardo del bambino. Ancora
oggi, infatti, il bambino in prima elementare, dopo
lunghi esercizi di scrittura, giunge a tracciare linee dritte e linee curve. Ma ora, con il tasto del computer che è sufficiente premere, il problema della curvili- nearità è risolto, meglio, è soppresso. Lo stesso dise gno manuale, il famoso disegno che un tempo si pen sava potesse esprimere la vocazione estetica del bam bino — chi mai ha dimenticato l'"0" di Giotto? — sta per essere totalmente soppiantato dal disegno elettronico e dai linguaggi di programmazione del computer".Franco Ferrarotti (Società del XXI secolo)
4. Immaginazione politica: la dimensione planetaria Immaginare il futuro, progettarlo e programmar lo, è un atto eminentemente politico. Oggi l'uomo si mostra sensibile ai molteplici scenari mondiali del prossimo futuro. Forse anche perché abbiamo un tra guardo cronologico naturale a portata di mano: l'an no Duemila. La gente pensa spontaneamente al 2000
come ad un anno di svolta. Un ciclo storico si esaurirà, un nuovo millennio, il terzo dell'era volgare, si
dischiuderà davanti all'umanità.
È stato giustamente osservato che l'anno Duemila sarà, con ogni probabilità, un anno come qualsiasi al tro, e si può prevedere che il suo arrivo non modifi cherà più di tanto le cose del mondo. Psicologicamen te, però, la fine di un secolo, anzi, di un millennio, è di per se stessa un avvenimento che — come ha scritto il compianto Aurelio Peccei — può suscitare timori o speranze, ed è per questo che l'approssimarsi dell'an
no 2000 riesce a stimolare l'interesse e l'immaginazio
ne di parecchie persone, creando un'atmosfera atta a formulare propositi e progetti.
Anche qui sta la ragione per cui fiorisce la lettera tura futurologica, la fantascienza e la fantapolitica, il vezzo di fare profezie e di costruire scenari, di imma
ginare i "futuribili".
È tuttavia da sottolineare che al giorno d'oggi la maggior parte della gente s'interessa essenzialmente del proprio avvenire immediato più che del futuro dell'umanità. Ma aumentano, senza dubbio, gli studi sul futuro da parte di grandi Organismi e Associazioni internazionali. Si pensi, ad esempio, alle proiezioni demografiche del Fondo delle Nazioni Unite per la
popolazione, alle previsioni economiche dell'OCSE, ai rapporti annuali sullo sviluppo a lungo termine del la Banca Mondiale e quello sull'Agricoltura verso il 2000 della FAO, ai piani decennali di sviluppo pro
mossi dalle Nazioni Unite ecc.
Si è d'accordo nel riconoscere come esigenza fon damentale del nostro tempo di reinventare ex novo il nostro rapporto con il futuro, il nostro modo abituale di immaginarlo e di progettarlo, poiché, per la prima volta nella storia, il futuro è nelle mani dell'uomo. Di venta altresì sempre più evidente l'aspetto "globale" e il carattere "planetario" del futuro, mentre appare sempre più anacronistica l'idea di sovranità naziona le. Il mondo si presenta oggi come un sistema articola to in un reticolo di sotto-sistemi. Certo, l'età dei na zionalismi non sembra ancora finita ma l'età globale
(che è l'epoca della mondialità) si profila già all'oriz
zonte.
5. Immaginazione post-ideologica: verso un
"governo mondiale"
Che senso ha continuare a interrogarsi circa la
società futura dal momento che le grandi ideologie globalizzanti ereditate dal secolo scorso (idealismo, marxismo, socialismo, liberalismo, si stanno velocemente esaurendo? È possibile un'immaginazione
post-ideologica, e quali sono le sue caratteristiche?Secondo il sociologo Franco Ferrarotti la novità vera della condizione odierna è da ricercarsi nella
"condizione nucleare" in cui oggi versiamo. Condizio
ne storicamente inedita. Per la prima volta nella sua
storia rumanità non dispone di alcuna garanzia og gettiva contro il proprio annientamento. Vi è oggi una possibilità reale di distruzione globale.
Non è la prima volta — ha osservato il giornalista Arrigo Levi — che gruppi di uomini temono la "fine del mondo". Questo è già accaduto, anche in epoche
nelle quali in realtà l'uomo non aveva alcuna coscien
za del mondo nel suo insieme. Ciò che egli temeva era la fine del suo "piccolo mondo", della sua civiltà o del suo sistema politico. Oggi, invece, la paura della fine riguarda il sistema-mondo, l'intera umanità, il piane ta terra, la natura, la vita in tutte le sue forme animali e vegetali.Dunque, da una parte del mondo, che abbiamo vi
sto manifestarsi ormai come sistema-mondo (composto dalla pluralità dei sottosistemi interdipendenti) sta sul punto di precipitare, inclinato sull'orlo dell'abis so, e dall'altra non è stato ancora predisposto nessun
"governo mondiale" di tale mondo sistema che, attra
verso un controllo simultaneo e globale delle varie interdipendenze, avesse il potere reale di evitare la cata
strofe.
Uno dei problemi nodali del prossimo futuro sarà appunto la creazione di istituzioni che svolgano fun zioni di "governo mondiale" adeguati ai problemi rea
li del sistema-mondo. L'Organizzazione delle NazioniUnite (ONU) non è oggi in grado di garantire questa
funzione che è diventata ormai imprescindibile. La Carta dei diritti dell'uomo è un buon punto di parten za ma resta insufficiente senza una magistratura, unapolizia, un parlamento mondiale sovrano e così via.
C'è un anacronismo istituzionale allarmante nell'at tuale sistema-mondo. Si continua, infatti, a demanda
re alle singole nazioni e ai singoli Stati la soluzione di problemi che sono di natura sovranazionale, mondia le appunto. Questo stato di cose è all'origine anche di
tanti conflitti tra una nazione e l'altra. Ciò significache la pace sarà veramente assicurata soltanto quando al di sopra degli Stati nazionali ci sarà una qualche forma di "governo mondiale" che guidi e controlli lo
sviluppo del sistema-mondo. È nostra convinzione
che anche alla scuola compete di "immaginare", se condo le sue metodologie specifiche, le nuove istitu zioni mondiali di cui si avverte il bisogno in una so cietà che ha assunto ormai un volto planetario.
INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE
1) AA.VV., Versoi! Duemila, Laterza. Bari-Roma, 1984.
2) ALLEN R., Salvare il mondo, Milano, 1981.
3) BOTKIN J., M. ELMANDJRA, M. MALITZA, Imparare il futuro, Mondadori, Milano, 1980.
4) DE JOUVENEL B., L'arte delia congettura, Vallecchi, Firen ze, 1967.
5) DE ROUGEMONT D., L'avvenire è nelle nostre mani, ED.
Paoiine, Roma, 1979.
6) FLECTHEIM O., Storia e futurologia, Rumma, Salerno,
1969.
7) JUNGK R., Il futuro è già cominciato, Einaudi, Tonno,
1965.
8) SCHELL J., Il destino della terra, Mondadori, Milano, 1982.
A cura di A.N.
IL CONTADINO TELEMATICO DALL'AGRICOLTURA ALL'AGRONICA
"L'elettronica, l'automazione e l'informatica arri vano anche nel settore primario (l'agricoltura), nei campi, nelle serre, nelle coltivazioni, nelle stalle, nelle vigne, in luoghi dove l'innovazione si scontra spesso con procedure arcaiche e tradizioni consolidate (...) Gli allevamenti sono oggi il settore dove l'automazio ne agricola è più avanzata. L'applicazione più comu ne è l'alimentazione dei bovini da latte. Il sistema ri conosce ogni singolo animale che si presenta alla mangiatoia grazie a un collare magnetico e controlla giorno per giorno la quantità e la composizione del mangime programmate in precedenza secondo le esi genze individuali. Inoltre il computer segnala le vac che che sono al di sotto di una soglia minima di ali mentazione e compie varie operazioni statistiche e di controllo. L'automazione interviene in una delle fasi più importanti dell'allevamento che nella procedura tradizionale richiede un'alta intensità di manodope-
R. Taranto e M. Gambaro, Agronica. Le terre vergini del computer, in "Mondo economico", 21 settembre 1983
LA MEDIAZIONE DIDATTICA
L'ATTIVITÀ IMMAGINISTICA
PER LA REALIZZAZIONE
DI UN MONDO MIGLIORE
di Claudio Economi
La immaginazione creatrice: caratteristica propriamente umana
È ormai acquisita la nozione di attività immaginisti-
ca: il potere della coscienza di isolare l'atto interno del soggetto dal dato esterno, mantenendo, dinanzi a sé, un'oggettività sensibile, cui non corrisponda uno sti molo reale, attuale o passato.
Si può affermare, pertanto, che l'immaginazione,
fondandosi essenzialmente sulla memoria, si dirige
decisamente verso il nuovo, in quanto tende a "tra sformare progressivamente nella nostra coscienza i dati della nostra esperienza e di creare elementi nuovi con idati vecchi" (E. BAUDIN).L'immaginazione, allora, nel suo costitutivo, è creatricey in quanto, pur non creando propriamente
nulla di veramente nuovo, avvalendosi, però, di ele
menti già esistenti all'interno della coscienza e caratteristici in grado, intensità e ricchezza, della personale esperienza di ogni uomo, produce "forme nuove"
poiché, evoca^ modificandole, immagini remote, op pure combina secondo "sintesi nuove", residui di per
cezioni.
Qui, si pone, subito un'alternativa pedagogica: la sciare che l'alunno strutturi, evocando o combinando, nuove immagini in modo disordinato, isolandosi, il più possibile, dalla realtà e cedendo, pertanto, ad un
eccessivo insorgere della fantasia; oppure, favorire, in lui, dietro l'attivazione di reali interessi, un controllodella sua attività costruttiva^ da parte della ragione e
della volontà.
È evidente che solo, nel secondo caso, l'attività im
maginativa potrà costituire un fondato potere di organizzare la vita: l'immaginazione, allora, da semplice attività riproduttrice diventa capacità creatrice, ca ratteristica dell'uomo, il quale "manifesta di continuo
un bisogno straordinario di creare e di ricreare la suaesperienza, d'essere l'artefice della propria vita, il tra
sformatore del mondo che abita e che non accetta quasi mai qual'è" (M. VIGLIETTI).In virtù di tale attività ricreatrice, l'uomo potrà proiettarsi in un futuro, da lui prima immaginato, e
poi realizzato.Ognuno, infatti, porta dentro di sé un proprio mon do, ma la confluenza di sentimenti e di speranze, in
una parola di ideali da perseguire, per la realizzazionedi un mondo migliore, crea, senz'altro, le premesse
per un progetto di trasformazione dell'esistente in unasituazione futura migliore di quella precedente.
La realizzazione di un nuovo mondo si regge, per tanto, sul perseguimento costante, progressivo e mai
definito di ideali comuni che non vanno intesi comeoggetti o forme pure da contemplare, ma come "ciò che ci attira e ci fa superare noi stessi continuamente"
(E. BAUDIN). Infatti, il "bello", il "buono", il "me glio", la "perfezione", ad esempio, sono alcuni dei grandi ideali-valori che non si potranno mai raggiun gere pienamente, ma che, per essere perseguiti, hanno bisogno di una grande immaginazione, senza la quale non si possono formare grandi ideali.
Si è già detto, però, che l'attività immaginativa potrà essere veramente costruttiva e creatrice, solo se sarà stimolata, nella sua funzionalità, da interessi vi tali, che dietro la spinta dei bisogni fondamentali dell'uomo, permettano, poi, grazie a quella, la forma zione dei grandi ideali di trasformazione in positivo
del mondo.
Ma su quali interessi si potrà far maggiormente leva per realizzare tutto questo?
Si sa che gli interessi-bisogni possono essere o di ti po intellettuale o di tipo emotivo; ne consegue che, in sede educativa, il soggetto potrà ascendere a forme su periori dell'immaginazione creatrice e, perciò, più ra- zionali ed universali, a condizione che la sua persona lità sia educata armonicamente, secondo un progetto educativo-didattico, in cui emotività ed intelletto ab
biano il loro debito rilievo.Concludiamo con queste considerazioni di M. VI GLIETTI: "Se c'è un'immaginazione pazza di casa, maestra d'errore e di falsità, che ci fa perdere il senso del reale e i cui sofismi sono i sofismi del cuore, c'è pure un'immaginazione che è la sapienza di casa e creatrice d'ordine, di bellezza, d'equità e ci regala gli ideali più belli di vita morale, di santità, di progresso individuale e sociale, di lavoro scientifico ed artistico.
Ogni vita spogliata di questa immaginazione non può essere che una vita di regresso verso l'animalità".
Mappa di obiettivi educativi a lungo termine per un'educazione all'immaginazione creatrice nella scuola dell'obbligo
1) capacità di aprirsi verso l'esperienza, allo scopo di percepire, oggettivamente-soggettivamente (dato esterno + atto interno) la realtà come un tutt'uno in continuo movimento ed evoluzione, senza lasciarsi in fluenzare da "modelli" sociali;
2) capacità di giudicare, soggettivamente, fatti, fe
nomeni e persone, riferendoli continuamente a se stessi, e, perciò, indipendentemente dal giudizio altrui;
3) capacità di giocare con elementi, concetti, idee, associandoli per somiglianza intellettuale o per affi nità emotiva e, riferendoli sempre, alla propria espe
rienza;
4) capacità di rapportare lo stesso tipo di bagaglio esperenziale all'altrui esperienza, allo scopo di far
prendere coscienza al soggetto, attraverso il confrontocon gli altri, dei comportamenti associati ricorrenti;
5) a partire dall'analisi, nello spazio e nel tempo, dei problemi-bisogni fondamentali dell'uomo (biso
gno di: nutrirsi, ripararsi, stare insieme, di lavorare, di avere rapporti spirituali, religiosi, ecc.) e dalla rile vazione degli interessi emotivi ed intellettuali conseguenti, capacità di individuare i tentativi di soluzione
che l'immaginazione creatrice degli uomini ha ricercato e, continuamente inventa, per soddisfare, adegua tamente, quei problemi;
6) capacità di far individuare al soggetto, alla luce di una continua presa di coscienza del rapporto dialet tico esistente tra il sé (aspetto soggettivo della realtà) ed il fuori di sé (aspetto oggettivo della realtà) e dei rapporti interpersonali, quali valori della realtà (in quanto ideali da scoprire e realizzare sempre più) lo impegnino ad una attività di immaginazione creatrice,
tendente a "progettare" secondo una sorta di "disegno" logico, in cui l'elemento fantastico sia subordi nato a quello razionale.
Metodologia didattica
Come si è già rilevato, l'immaginazione creatrice, costituisce un superamento del tipo di immaginazione veramente riproduttrice, e si evidenzia come una sorta
di "sintesi creatrice" od una "creazione vitale" (M. VI-GLIETTI), nella quale si effondono le più intime ten
denze dell'essere vivente che si rivelano nel bisogno diagire e di sentire.
In pratica, l'immaginazione creatrice si fonde con
la creatività e si sa che, essere creativi, è già un mododi essere intelligenti o di usare l'intelligenza.
In senso proprio, la creatività è la "capacità di vede re nuovi rapporti, di produrre idee e intuizioni insolite
e di allontanarsi da schemi di pensiero tradizionali"(G.W. ALLPORT).
Pertanto, per favorire nella scuola una efficiente funzionalità, rettamente finalizzata, dell'immagina zione creativa, occorrerà che ogni "problema" sia af frontato dal soggetto secondo un procedimento meto
dologico che, riferito ad ogni disciplina secondo gli specifici adattamenti, tenga conto degli stadi, attra verso i quali passa il processo creativo.
WALLAS (1926) faceva passare il processo creati vo, attraverso quattro stadi:
1) PREPARAZIONE: si identifica un problema,
lo si esamina da tutti i punti di vista e si raccolgono i fatti;2) INCUBAZIONE: a questo livello, la persona ha un tipo di processo mentale interno, capace di associa
re elementi nuovi e vecchi, di riorganizzare, cioè, ele menti senza che il soggetto sia pienamente consapevo le del problema;3) ILLUMINAZIONE: a questo livello, invece, il soggetto coglie improvvisamente l'idea, il concetto e la soluzione del problema: dunque, r"idea felice" del
la scoperta;4) VERIFICA: l'idea, cui si è pervenuti, dopo i tre passi precedenti, viene verificata per provarne la vali
dità.
Concludendo, come si è potuto constatare, l'atti
vità immaginativa creatrice e, pertanto, il processo di creatività, perviene ad una progressiva presa di co
scienza di un problema e, dunque, alla razionalità, at traverso, principalmente, un'analisi della situazione, un processo di associazioni e di intuizioni, per arriva re, infine, BÌVidea, al concetto ed dAìdi soluzione.Ora, esemplificando meglio quanto detto, si può ri portare la seguente "Matrice per la Ricerca", inten dendo, sotto tale denominazione, una griglia di passi metodologici, applicabili ad ogni disciplina, intesa in modo dinamico, come ricerca di risposte adeguate a vari punti di vista, attraverso i quali può essere colto ed analizzato un problema.
Tale matrice, inoltre, passa gradualmente e pro gressivamente da una fase iniziale, in cui un problema è percepito (sotto la spinta di bisogni ed interessi) per lo più inconsapevolmente, ad un'altra, in cui il pro blema è consapevolizzato e, razionalmente, risolto.
Le due fasi sono collegate, idealmente, dall'imma ginazione creatrice, per cui si può affermare che, essa unisca — ricercando associazioni e motivazioni — il dato esterno, vissuto problematicamente, all'atto in terno giunto alla piena consapevolezza del reale.
Pertanto, i quattro passi metodologici della griglia di Lallas, corrisponderanno ai seguenti passi metodo logici della "Matrice per la ricerca", riportata sotto:
n PRFPARA ^SCELTA DELL'ARGOMENTO
ZIONE :^DELIMITAZIONEDEL CAMPO
PRIMA RA CCOL TA DI DA TI
2) INCUBAZIO NE
FORMULAZIONE DELLE IPOTESI
(Questa è la parte più propriamente creativa, in cui l'immaginazione ha il suo fulcro: la ricerca di associa
zioni e di motivazioni, favorisce il collegamento fra laprima fase e quella, decisiva, della ricerca, caratteriz
zata da una forte pregnanza della razionalità).3) RICERCA 4) VERIFICA
RICERCA
^ VERIFICA - CONCLUSIONE
OPERATIVITÀLa "Matrice per la ricerca" è stata presa da: S. FEDE RICI, RHO TEMPO PIENO, BRESCIA, LA SCUO LA, 1977.
MATRICE PER LA RICERCA
1) SCELTA DELL'ARGOMENTO: presentazio ne di un tema in termini generali per attirare l'atten zione (es. l'uomo e i bisogni, l'uomo e il lavoro, l'uo
mo e la libertà).
2) DELIMITAZIONE DEL CAMPO: definizione di un ambito di indagine che aderisca ad un vissuto e all'interesse dell'alunno (es. cosa mangiamo, che la vori si svolgono in questo ambiente, perché non tutti hanno studiato).
3) PRIMA RA CCOL TA DI DA TI: raccolta di in formazioni e dati intenzionali e generali relativi al
campo d'indagine (e. notizie in casa, da libri, da gior nali, da pubblicità, da radio e televisione, da film, da incontri con gente del quartiere, ecc.).
4) FORMULAZIONE DELLE IPOTESI: me diante un processo di motivazione e appropriazione di un problema emergente dalla raccolta dei dati si formulano delle ipotesi che anticipano provvisoria
mente la soluzionefinale.
5) RICERCA: ricerca sistematica e intenzionale di dati su un campione per la conferma o meno della ipotesi; visita su! campo; interviste: questionari, do cumenti; dati statistici; tabulazione dei dati secondo
varie modalità statistiche e grafiche; elaborazione dei dati cioè lettura dei fenomeni emergenti dalla tabula zione; interpretazione dei dati cioè considerazioni sulla rilevanza deifenomeni e dei rapportifra gli stes
si.
6) VERIFICA: confronto fra le ipotesi e i dati fi nali forniti dalla ricerca per constatare l'identità o lo
scarto.
7) CONCLUSIONE OPERATIVA: a livello di alunni non sempre questa fase è possibile, ma in ge nere costituisce il momento operativo che scaturisce dalla ricerca e costringe a prendere posizione, nei confronti di un fenomeno osservato, sul piano socia
le.
BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO
1) VOCE "Immaginazione*' a cura di M. VIGLIETTI, Torino 1972, D.E.P. S.A.I.E., voi. IH. pp. 69-70.
2) G.W. ALLPORT, Psicologia della personalità, Roma, P.A.G. Verlag, 1969.
3) F. BARREN, Creatività e libertà della persona, Roma.
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5) K. DUNKER, La psicologia del pensiero produttivo, Firenze,
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6) E. FATTORI. Creatività ed educazione, Bari, LATERZA,
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7) S. FEDERICI. Rho tempo pieno, Brescia, LA SCUOLA, 1977.
8) R. GIOBERTI. Apprendimento e comunicazione educativa, Roma, Centro, "UT UNUM SINT". 1981.
9) P. GUILLAUME, Manuale di psicologia. Firenze, GIUNTI-
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10) A. RONCO, Introduzione alla psicologia, voi. 2, Roma,
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11) A. QUADRIO, Psicologia dell'età evolutiva, Firenze, LE
MONNIER, 1973.
12) L.S. VYGOTSKIJ, Immaginazione e creatività nell'età In fantile, Roma, Editori Riuniti, 1972.
APPUNTI DI PSICOLOGIA
IMMAGINE E IMMAGINAZIONE
di Daniela Della Scala
legge ad es., può indurre l'immagine di un gendarme attraverso le associazioni verbali tra legge e gendarme.
Analogamente, i verbi o gli aggettivi possono arrecare soltanto delle immagini visive attraverso combinazio
ni di oggetti concreti come "il ragazzo corre" o "il grande albero". In altri contesti le immagini possono
essere evocate direttamente dagli aggettivi come nel caso di caldo. A riguardo della velocità con cui si for ma l'immagine, dall'esperimento condotto da Allan Paivio risulta che le parole concrete evocano delle immagini in modo più diretto di quanto facciano le pa
role astratte.
Le immagini sono ricostruzioni delle esperienze sen
soriali e traggono origine dall'informazione depositata nella memoria. Quando ci si rappresenta il volto di
un amico, e si ascolta mentalmente un brano musicale vengono necessariamente recuperate dalle esperienze in qualche modo depositate nella memoria. L'imma ginazione può aver luogo in tutte le forme in cui sono state vissute le esperienze originali; spesso è possibile rivivere esperienze particolari come per es. un bagno al mare o provare la sensazione di avere il corpo im merso nell'acqua. L'immagine può essere facilmentedistinta dalla sensazione effettiva, in quanto ogni in
dividuo sà che le immagini non sono determinate da stimoli attuali. La presenza o assenza della stimolazio ne costituisce la base per la distinzione tra sensazione e immaginazione, perché quest'ultima si verifica in as senza dello stimolo al quale l'esperienza si riferisce.Altra differenza consiste nel fatto che le immagini
quando si cerca di esaminarle nei loro dettagli si dis solvono o divengono confuse; le sensazioni, al contra rio, quando viene concentrata l'attenzione su di essedivengono più chiare.
1. Parole concrete e parole astratte
Gli antichi filosofi consideravano le immagini un
aspetto importante del significato delle parole in quanto ritenevano che costituissero la rappresentazio
ne interna delle cose presenti nel mondo "esterno".Secondo gli Associazionisti le immagini derivavano
dal significato di una parola attraverso il meccanismo dell'associazione; il fatto che una parola (parlata o
scritta) si presenti spesso in prossimità temporale ad un dato oggetto, come avviene nel caso in cui si nomi na l'oggetto stesso, comporta la formazione di un'associazione tra i due elementi in modo tale che la paro la da sola evocherà le immagini dell'oggetto, proprio
come se l'oggetto fosse in realtà percepito direttamen te dall'individuo. Di conseguenza, parole che si riferi scono ad oggetti concreti, ad es. tavolo, revocheranno immediatamente le immagini visive di oggetti di queltipo, cioè tavoli.
Le parole che si riferiscono invece a concetti astratti
come verità non vengono associati direttamente adoggetti concreti e quindi non evocheranno direttamen te delle immagini; possono però evocare delle immagi
ni indirettamente. Lo stimolo costituito della parola2. La natura della risposta per immagini
La natura dell'immagine evocata da una parola sti molo, dipende dall'esperienza che il soggetto ha della parola o dell'oggetto che esso rappresenta e dalla in terpretazione delle istruzioni date in una determinata situazione sperimentale. L'immagine di solito non ha un carattere di specificità; non è cioè l'immagine di un oggetto particolare quanto piuttosto una rappresenta zione generica o una tipica raffigurazione composita della classe di oggetti alla quale la parola si riferisce.
La formazione d'immagini ha però luogo nel caso in cui venga esplicitamente richiesta da istruzioni del ti po "forma un'immagine della tua casa".
3. La misurazione dei valori immaginativi
Il valore immaginativo di una parola è indice di quanto una parola evochi direttamente l'immagine ed
in genere viene misurato chiedendo ai soggetti di valutare con quanta facilità riescono a formare un'imma
gine corrispondente. Non è necessario che l'immagine sia di tipo visivo; può essere tattile, acustica ecc. Gli esperimenti di Paivio, Quielle e Madigan (1978) porta rono alla conclusione che le parole con un elevato va lore immaginativo mostrano la tendenza ad essere al tamente significative.4. La memoria per immagini
All'inizio dell'articolo le immagini sono state defi nite come ricostruzione di esperienze sensoriali;
poiché però alcune risposte per immagini, emerse in presenza di determinate parole, non rappresentano degli oggetti specifici in precedenza osservati dal sog getto, ma piuttosto un oggetto tipo che fa parte della classe degli oggetti alla quale la parola si riferisce, è possibile sostenere che le immagini sono delle costru
zioni effettuate sulla base dei ricordi di molte o poche
esperienze sensoriali, a seconda del contenuto delle
immagini.
5. Le immagini postume
Le immagini postume sono fenomeni che caratteriz
zano tutti i sistemi sensoriali, limitiamo però la discussione a quelli concernenti il sistema visivo. Le immagi-
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ni postume hanno luogo quando gli effetti sensoriali di uno stimolo persistono anche dopo la cessazione dello stimolo stesso. Le immagini postume positive sono quelle in cui l'immagine presenta le stesse carat teristiche cromatiche e la stessa intensità dello stimo lo, cioè le parti luminose e il colore mantiene i suoi ca ratteri. Queste immagini positive sono prodotte in modo più chiaro da stimoli luminosi ma brevi ed han no una durata di pochi secondi.
Le due caratteristiche più importanti delle immagini postume consistono nel fatto che 1) si muovono se guendo i movimenti oculari, e ciò indica che sono "pe riferiche", cioè localizzate alla periferia del sistema vi sivo sulla retina; e nel fatto che 2) possono essere eli minate da un altro stimolo visivo presentato dopo quello originale. L'immagine postuma positiva deca de rapidamente e viene sostituita da un'immagine ne gativa così definita poiché le porzioni luminose dello stimolo appaiono in esso scure e le porzioni scure, lu minose. Inoltre, i colori vengono sostituiti dai rispetti vi colori complementari, così, ad es., se lo stimolo è rosso l'immagine sarà verde e, se lo stimolo è blù, l'immagine sarà gialla. Sia le immagini postume posi tive che quelle negative sono dovute al fatto che le cel lule della retina rimangono in attività. Nel caso dell'immagine positiva, quest'attività è identica a quella indotta dalla presenza dello stimolo. L'immagi ne negativa, invece, è dovuta ad un affaticamento del le cellule fotosensibili che, pertanto, quando vengono stimolate non entrano più in funzione. Ciò significa che il colore originario dello stimolo non viene perce pito più e la percezione è dominata dal colore comple
mentare.
Una volta che le immagini postume decadono non possono essere riprodotte in un momento successivo se non per mezzo di un ulteriore stimolo.
strano quanto sia grande la quantità di informazione depositata nel cervello che può essere portata alla "co scienza" in presenza dello stimolo necessario a mettere in azione il processo di recupero.
7. L'attitudine eidetica
Le immagini eidetiche presentano diverse caratte
ristiche che le differenziano sia dalle immagini mnesti-
che sia dalle immagini postume. Hanno una duratamaggiore delle immagini postume e una volta scom parse possono essere formate nuovamente. Alcune persone sono capaci di reintegrare una particolare im magine ripetutamente, anche dopo diverse settimane.
A differenza dell'immagine postuma, l'immagine ei detica può essere analizzata nei particolari ed è possi bile coglierne i dettagli più minuti, il che d'altro canto è impossibile con l'immagine mnestica. Sebbene le im
magini eidetiche sono ricche di dettagli non è però ve ro che siano "fotografiche". Non contengono, infatti, tutti i dettagli dello stimolo originale, ma in realtà dei frammenti o intere porzioni dell immagine vengono perdute oppure svaniscono per poi riapparire.
INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE
1) BRIAN M. FOSS, I nuovi orizzonti della psicologia.
Ed. Boringhieri, Torino, 1973.
2) VERNON GREGG, La memoria dell'uomo, Zani chelli Ed., Bologna, 1977.
6. Le immagini "mnestiche"
Alcune delle più interessanti osservazioni effettuate
sui fenomeni concernenti la formazione di immagini
mentali furono riferite da un neurochirurgo, Wilder Penfield (1958). Egli aveva deciso di operare un pa ziente che soffriva di crisi epilettiche e così ne apri lacalotta cranica, mettendo a nudo la superficie neuro
corticale. Prima di concludere l'intervento stimolò di verse zone della corteccia con una corrente elettrica.
Quando stimolò i lobi temporali, un'area corticale che si trova nella parte laterale del cervello, il paziente, che era in totale stato di coscienza, riferi l'esperienza di diverse forme d'immagini a secondo del luogo in cui veniva applicata la corrente.
Le immagini variavano da lampi luminosi a suoni musicali, e la stimolazione di una particolare zona del lobo temporale produceva dei ricordi che risalivano
alla fanciullezza e che contenevano voci e scene visua lizzate. Penfield credette che la stimolazione determi nasse il recupero dei ricordi che in condizioni normali non sarebbero mai stati recuperati. Sebbene ciò sia difficile da verificare, le scoperte di Penfield dimo-
■--m
TRA LOGICA
ED IMMAGINAZIONE:
IL ROMANZO
POLIZIESCO
di Paola Berrettini
1. Il fantastico
Si tratta di una nozione difficile da comprendere, perché l'immagi nazione è tutto ciò che sfugge ad ogni tentativo di analisi razionale ed è fondamentalmente un'esperienza complessa piuttosto restia all'inter
pretazione. Il primo dato evidente è
che il fantastico non ha un'esistenza autonoma. Si presenta sempre come assenza di qualcosa d'altro, come mancanza di essere. Altra caratteri stica è che la sua presenza non turba la forma perché in questo caso si avrebbe a che fare con il mostruoso:
tutto ciò che finge l'umano, che lo deforma, che gli fa il verso insom ma, non è nel regno dell'immagina zione. Il fantastico non si spiega co me un'insufficienza della forma, ma del suo senso. Non si tratta di una cosa bensì di un rapporto di tipo
particolare, e potrebbe essere defini
ta una sorta di "malattia" della significazione. Il fantastico si instaura
nel nostro pensiero quando un'idea comincia a nutrire, come proprioparassita, qualcosa che ne turba il
senso e la rende problematica. Il punto d'appoggio, costituito dall'idea chiara sfugge brutalmente ed il soggetto pensante è afferrato dalla paura. I vari generi di lettera tura o di arte che si occupano del fantastico, in realtà si interessano
semplicemente del suo sottoprodot
to, che è l'orrido o il macabro, qual cosa insomma che offende la nostra sensibilità, senza per altro dare vitaa quella specie di reazione chimica
che è la correzione della logica daparte dell'immaginazione. Tutti i ge neri si diceva, tranne uno: il roman zo poliziesco. Chi si preoccupa di spaventare il lettore (i maestri del Thriller) alimenta la paura, ossia ciò che viene vissuto in base alla perso nale esperienza del fantastico. Il ro manzo poliziesco gioca con altre car te. L'immaginazione è il confondersi del reale (il concreto) con il possibile (il fantastico) e questa combinazione porta a scuotere fin dalle fondamen ta il senso che noi abbiamo dell'identità delle cose. Ma ciò che rende il mondo reale e solido è non solo la coerenza delle cose ma so prattutto il flusso della nostra co
scienza. È insomma quel costante
rapporto tra l'io ed il me, tra il pen sante ed il pensato. Se però si arriva a dubitare di se stessi e la propria es senza diventa enigmatica, la paura emerge ed il soggetto è candidato al la demenza. Ma questo non ci inte ressa, è materiale del thriller, del ro manzo macabro e di tutti quei generi in cui l'immagine annulla completa
mente il concetto.
2. L'eccentricità
Nel romanzo poliziesco la paura è sempre pronta a spuntare, ma nello stesso tempo è trattenuta e guardata a distanza. Ne viene fuori una forma di gioco che il lettore può regolare a suo piacimento. Se si diverte ad oc cultare il più possibile il concetto, subito la paura prende piede, ma la sua capacità raziocinante saprà tra sformarla in una paura confortevo le: per questo il romanzo poliziesco può essere visto come un riposante antidoto del "surmenage" intellet tuale. All'interno del racconto si
produrrà qualcosa di analogo a ciò
che avviene nelle nostre cellule: un fenomeno di fagocitosi; a mano a mano che il fantastico cercherà di svincolarsi dal razionale verrà di strutto dalla logica. Qualcuno potrà dire che tutto ciò è vero per il ro manzo che si è finito di leggere, ma non lo è per quello che si sta leggen do. Gli avvenimenti, via via che il lettore li incontra non hanno ancora
il crisma del legame logico, perché questo legame è proprio ciò che il detective cerca di scoprire. Il non senso nutre il racconto e lo carica di fantastico ma alla fine l'investigato re riesce a separare le cose dalla loro essenza, mostrandole legate da rap porti inediti. L'eccentricità che è ti pica nel romanzo poliziesco rappre senta la prima e più spontanea rea zione di fronte alla paura. Al detec
tive in azione conviene un carattere bizzarro che difficilmente si lascia turbare da ciò che accade intorno a lui. La flemma sembra essere una
sua prerogativa, come pure il suo sentirsi "straniero" rispetto al mon do. Gli oggetti di cui si circonda so no anche essi bizzarri (si pensi alla casa di Sherlock Holmes, ai vestiti di Gedeon Peli, all'ombrello di padre Brown o all'impermeabile del tenen te Colombo). Anche nei legami so ciali il detective incontra difficoltà.
In una società dove la discrezione è di norma e dove si evita accurata mente di compromettersi, con il suo comportamento riesce ad attirare l'attenzione. Ha sempre in testa un'idea e tutto preso dalla propria mania continuamente esamina nuovi enigmi. Questa è la ragione per cui il detective più riuscito è sempre il di lettante. Non si tratta di una libera scelta degli autori. L'investigatore dilettante, anche se è insopportabile come Quenn, o un ometto presun-
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tuoso come Poirot, possiede certe caratteristiche fondamentali per il romanzo poliziesco; prima fra tutte la capacità di dirottare il racconto verso il piacevole e dotare ogni epi sodio di qualcosa che neutralizza
l'emozione e fa affiorare l'umori smo. Il tenente Colombo in questo senso è un maestro. Grazie al detec tive dilettante il romanzo poliziesco evita lo scoglio del realismo perfino nello stile, dove abbondano rifles sioni ellittiche, parole sibilline e allu sioni incomprensibili. Se il romanzo poliziesco diventa un puro gioco, la trama deve essere concepita in modo tale che il lettore non possa indovi narla assolutamente. Questo com porta certe conseguenze inevitabili:
occorre complicare il racconto e moltiplicare il numero dei personag gi (i romanzi polizieschi finiranno prima o poi per essere preceduti da una specie di cast dove sono elencati i personaggi!) Inoltre bisogna imma ginare delitti rari commessi in condi zioni plausibili ma eccezionali e mo venti fuori dell'ordinario.
3. Il lettore e il detective
Come ogni gioco che si rispetti, anche qui ci sono regole e norme:
l'autore del romanzo si imporrà di non utilizzare il reale e deciderà a
priori in che misura il concreto potrà essere tollerato per far risultare la sua concezione la più ingegnosa.
Lettore e detective devono avere le stesse possibilità di risolvere il pro blema, e questo elimina il ricorso ai sentimenti. Non ci si batte per il solo gusto di lottare: la posta in gioco è la vita del colpevole contro quella della vittima. La verità arriva, tutto si si stema armoniosamente e le cose ri trovano i loro rapporti logici. Il gio co è stato leale: lettore e detective avevano le stesse chance ma uno so lo ha vinto. Un lettore sconfitto arri va a considerarsi beffato a volte, ma un autore che non riesce a tenere il suo passo viene giudicato mediocre.
Così, di acrobazia in acrobazia, il genere poliziesco risulta votato all'usura. Normalmente un genere dissanguato deve la sua morte al cambiamento dell'ambiente sociale che lo ha visto sorgere. Il teatro eli sabettiano, ad esempio, è scomparso per ragioni storiche ben precise ma prevediamo che il romanzo polizie sco, ben protetto dalle sue regole si consumerà senza morire: a poco a poco smetterà di funzionare come una macchina a corto di carburante.
Ronald Knox scrive: "Come la tra
gedia classica, il romanzo poliziesco un giorno verrà meno e sarà quando tutti i temi (...) saranno stati trattati e alla minima risorsa tentata dallo
scrittore per portare avanti il gioco, il lettore esclamerà 'Roba vec chia!"'. E cosi Anthony Berkeley
"Sono convinto che il vecchio ro manzo fondato sull'enigma crimina le ha i giorni contati (...) e che il nuovo avrà semplicemente uno svi luppo psicologico. Certo l'enigma resterà, ma sarà di carattere piutto sto che di tempi e luoghi". Non c'è dubbio: si tratta di una dichiarazio ne di guerra al romanzo poliziesco.
Si può pensare che un enigma di ca rattere possa sostanzialmente sosti tuire quello di luogo e di moventi?
Sempre Berkeley scrive: "Dietro l'omicidio, anche il più comune, esi ste un complesso di emozioni e di si tuazioni le cui possibilità romanze sche sono, dal racconto poliziesco corrente, interamente ignorate". È forse questa la soluzione? Si tratterà allora di inventare un romanzo poli ziesco rispettoso a un tempo delle convenzioni (niente thriller) ma que sta volta anche della verità (l'imma ginazione dunque via!) capace di at tirare l'attenzione del lettore più con uno sviluppo psicologico che con consequenzialità enigmatiche.
Thomas Narcejac, Il romanzo poli ziesco, ed. Garzanti. Milano, 1975.
Loris Rambelli, Acculturazione di un genere letterario: il detective, l'analista italiano, in "Lingua e stile", 1975
Loris Rambelli, Il filosofo ed il detec tive, in "Lingua e stile", 1976
Ronald Knox, Teoria del romanzo giallo, trad. it.. Il Mulino, Bologna, 1974 Anthony Berkeley, Filosofia della composizione, trad. it., Mondadori, Mi lano, 1971.
U
LE FRONTIERE DEL
L'IMMAGINAZIONE NELL'AUTUNNO
DEL MEDIOEVO
di Stefano Simonetti
Ogni periodo di transizione, nella civiltà umana, comporta un ripensa mento del patrimonio di valori già acquisiti.
Mentre emergono, lentamente e in maniera confusa, le nuove strutture che sosterranno la futura città dell'uomo, le generazioni di mezzo vivono un tempo autunnale fatto di incognite e di timori, da cui si cerca di fuggire, rifugiandosi nella imma ginazione o, come disse lo storico Eugenio Garin, nella "dimora del sogno" (1).
I periodi di passaggio o di transi zione sono caratterizzati da profon de lacerazioni che nascono da uno stato di stanchezza e di sfiducia nei confronti dei vecchi modelli.
L'uomo in questo tempo desidera un mondo più bello, nuovo, sicuro, e quanto più si dibatte nel dolore e nell'ansia del presente, tanto più si fa intenso quel sentimento di ricerca appassionata.
Come non ricordare il periodo di transizione tra il Medioevo e la ci viltà rinascimentale, tra questa e il Barocco, tra il secolo dei Lumi e il primo Ottocento, permeato di Ro
manticismo!
Quei momenti di passaggio, non netti s'intende, dove la fine e l'inizio cronologicamente si confondono, vedono lo spegnersi di tante illusioni e prima che la sicurezza del domani si diffonda nella società, l'uomo ten de a vivere un momento di evasione, di gioco, di disimpegno.
Ma è un gioco riservato in gran parte a una cerchia di iniziati, di ari stocratici.
Le classi subalterne hanno sempre avuto altro a cui pensare, altri pro blemi "vitali" e solo tangenzialmente
sono state toccate dalle mode delle
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classi dominanti che all'impegno della vita si sottraggono in un sogno atemporale.
Per chi sia interessato ad appro fondire storicamente il tema le fron tiere dell'immaginazione, consiglio la lettura del libro L'autunno del Medioevo dello storico Johan Hui- zinga.
È un'opera corposa, ricca di spun ti interessanti che offre la possibilità di calarci in un periodo di transizio ne dove l'immaginazione e il sogno hanno "plasmato" l'abito mentale e i comportamenti di intere generazio
ni.
Questo arco di tempo è compreso tra i secc. XIV e XV.
Nel '300 e nei primi decenni del '400 la società europea vive momenti di particolare difficoltà spirituale e
civile. Ricordiamo il conflitto tra Bonifacio VII! e Filippo il Bello, re di Francia, sfociato nella cattura del papa ad Anagni nel 1303; il lungo periodo avignonese con il papato as servito alla politica francese; la guer ra dei Cento Anni tra Inghilterra e Francia; il grande scisma d'Occiden te (coesistenza di papi e antipapi); la guerra civile in Francia con la solle vazione dei contadini ("jacquerie");
la peste nera in tutta Europa; rivolte urbane in Fiandra e a Firenze.
Questi sono alcuni avvenimenti che maggiormente hanno inciso il periodo di cui trattiamo.
Largamente diffuso tra le classi sociali è, quindi, il disorientamento
morale.
Come è possibile reagire dinanzi a tanta crudeltà e violenza? Come si
può arginare l'emorragia di valori che fino a quel momento sembrava no costituire una linfa perennemente
vitale? Non c'è che un modo: ripor
tare la realtà all'ideale cavalleresco dei secoli precedenti o, almeno, a quello che ne rimane, cioè a livello di immaginazione, e la frontiera tra la realtà e questo bel sogno è nello stes so gioco di società con le sue regole perfettamente serie:
"Si recita secondo la maschera di Lancellotto; è un enorme inganno cosciente, che si può sopportare nel la sua palese insincerità solo in quanto un lieve scherno smentisce la menzogna.
(...) Tutti quei concetti cavallere
schi di onore, fedeltà, amore, vengo
no trattati con perfetta serietà, se- nonché di tanto in tanto il fiero aspetto si spiana un istante in una ri sata. In Italia questo stato d'animo è trapassato nella parodia consapevo le: nel Morgante del Pulci e nelI'Or- lando innamorato del Boiardo. Ma anche lì il sentimento romantico- cavalleresco riprende talora il so pravvento; nell'Ariosto all'aperta beffa si è sostituito quel mirabile su peramento tanto dello scherzo che della serietà, nel quale la fantasia ca valleresca ha trovato la sua espres sione più classica. " (2)(1) E. Garin, Introduzione all'opera di J. Huizinga, L'autunno del Medioevo, Firenze, Sansoni, 1978, p. IX.
(2) J. Huizinga, L'autunno dei Me dioevo, Firenze, Sansoni, 1978, p. 103.
IL GENIO
NELLA STORIA
di Laura Maria Presta
Considerare il rapporto tra il "ge nio" e la storia, cioè tra l'individuo e la totalità del contesto in cui viene a collocarsi, allontana ogni approccio storiografico dalla semplice enume razione di eventi (legati o meno da un rapporto di necessaria implica zione reciproca), consentendo al me todo di operare contemporaneamen te su due fronti, ovvero quello della ricostruzione dell'accaduto, e quello della organizzazione significativa di esso. L'analisi del ruolo dell'indivi duo, del suo apporto creativo all'in terno di un'epoca e di una cultura, non intende rifarsi a concezioni am
piamente superate, di tipo romanti co, fondate sull'assoluta centralità del ruolo dell'eroe, del condottiero, del genio precursore, contrapposto alla massa passivamente travolta da un disegno più grande di lei. Al con trario, ogni moderna concezione storiografica ha restituito il soggetto ad una doverosa considerazione, re lativizzando e riproporzionando però il valore del suo apporto. Se la storia non è solo scorrimento di fatti sorretto da una logica sovraindivi- duale, come voleva l'idealismo, non è neanche, alla maniera nietzschea na, "passaggio del testimone" da un gigante all'altro. Tra i problemi di metodo c'è anche quello di rivalutare-ridimensionare il compito del singolo, rispetto al contesto che lo esprime. Tracciando le linee di questo problema ci riferiamo co stantemente ad un'impostazione che si propone direttamente sul campo come esempio di corretto atteggia mento mentale nell'approccio col materiale storico: quella della scuola antropologico-culturale kroeberia- na. Kroeber afferma che il ruolo del genio, il suo compito di catalizzatore e compendio vivente di stimoli ed istanze proprie di un certo periodo non va disconosciuto, ma incastona to e giustificato alla luce dei suoi presupposti, cioè del clima che l'ha reso possibile. Ciò non significa che Galileo o Napoleone, nati in periodi