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7. SISTEMA DI ACQUISIZIONE DATI

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Academic year: 2021

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7. SISTEMA DI ACQUISIZIONE DATI

7.1 – Programma LabVIEW

LabVIEW [h] (abbreviazione di Laboratory Virtual Instrumentation Engineering Workbench) è l’ambiente di sviluppo integrato per il linguaggio di programmazione visuale di National Instruments. Tale linguaggio grafico viene chiamato Linguaggio G. Originalmente realizzato per Apple Macintosh nel 1986, LabVIEW viene utilizzato principalmente per acquisizione e analisi dati, controllo di processi, generazione di rapporti, o più generalmente per tutto ciò che concerne l’automazione industriale su diverse piattaforme come Windows, Solaris, Linux, MC OS e controllori National Instruments. Il linguaggio di programmazione usato in LabVIEW si distingue dai linguaggi tradizionali perché grafico, e per questa ragione battezzato G-Language (Graphic Language). La semplicità di programmazione (abbastanza intuitiva in quanto modellata su un diagramma di flusso), la semplicità di utilizzo (l'utente finale dispone di uno strumento virtuale disegnato sullo schermo del computer) e la grande versatilità, hanno reso LabVIEW molto impiegato e diffuso nell’ambito dell’acquisizione dei dati e nel loro controllo nei processi industriali, nonché nel campo della ricerca scientifica.

7.2 – Struttura del programma

I programmi di LabVIEW sono chiamati strumenti virtuali, poiché nell’aspetto e nel funzionamento sono simili a strumento fisici, come oscilloscopi e tester. LabVIEW contiene un ampio set di strumenti per acquisire, analizzare, visualizzare e memorizzare i dati, oltre a strumenti che aiutano nella risoluzione dei problemi del codice.

Nell'ambiente di sviluppo, i VI constano di tre componenti principali:

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• lo schema a blocchi • il riquadro connettori

Il pannello frontale è l’interfaccia utente del VI. Si realizza con controlli e indicatori, che costituiscono i terminali interattivi d’ingresso e d’uscita, rispettivamente.

Lo schema a blocchi è il diagramma di flusso che rappresenta il codice sorgente in formato grafico. Gli oggetti del pannello frontale appaiono come terminali di ingresso o uscita nello schema a blocchi.

Il riquadro connettori serve appunto a definire qual è l’aspetto del VI quando appare come subVI in uno schema a blocchi: che facciata ha l'icona, ma soprattutto come e dove vanno collegate le linee per permettere il passaggio dei dati. In generale con pochi click ogni controllo può essere associato a un ingresso e ogni indicatore può essere associato a un’uscita.

In LabVIEW si può creare un’interfaccia utente , detta anche pannello frontale, con alcuni controlli e indicatori. I controlli sono le manopole (Knob), i pulsanti da premere (push button), i selettori (dial) e altri dispositivi di input. Gli indicatori sono i grafici, i LED, e altri display. Una volta creata l’interfaccia utente, è possibile aggiungere il codice utilizzando strumenti virtuali e strutture che controllino gli oggetti del pannello frontale. Lo schema a blocchi contiene questo codice.

LabVIEW può essere utilizzato per comunicare con un hardware come quello per l’acquisizione dei dati e la visione, con i dispositivi di controllo del movimento e con strumenti GPIB, PXI, VXI ecc…

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7.3 – Programma utilizzato

Nello svolgimento della tesi ho utilizzato il programma LabVIEW, il quale ha permesso interpretare i dati sotto forma di impulsi provenienti dall’encoder e quindi di acquisire tutti i dati necessari per la conclusione dell’elaborato.

Premesso che la creazione del sistema in parola, ha comportato un notevole dispendio di tempo, nonché difficoltà nell’affinamento dello stesso superate grazie all’intervento prezioso e indispensabile dell’Ing. Marco Antonelli, il quale ha reso possibile la continuazione delle prove, permettendomi l’acquisizione di numerosi cicli del motore in modo più dettagliato rispetto al programma precedentemente utilizzato.

Con tale programma sono riuscito ad raggiungere risultati soddisfacenti in merito all’oggetto della mia tesi, evitando di acquistare programmi specifici presenti sul mercato con ingenti costi economici.

Nella figura 7.1 è visibile la schermata principale del programma che appare ogni qualvolta si apre il medesimo.

Si nota la presenza di un pulsante, posizionato in alto a sinistra, che attiva e disattiva il modulo: naturalmente quando bisogna rilevare il ciclo indicato il modulo deve essere attivo e questa configurazione è riconoscibile dalla presenza di un led verde che si accende.

Inoltre è possibile acquisire i dati dalla scheda o processarli direttamente da un file. Questo perché l’acquisizione può essere fatta in tempo reale oppure i dati possono essere rielaborati in un secondo tempo.

Nel nostro caso abbiamo optato per lavorare in real time e quindi i dati venivano acquisiti direttamente dalla scheda.

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Fig. 7.1

Dato che il ciclo indicato viene rilevato per un certo numero di giri che deve essere ovviamente costante, vi è una casella nella quale deve essere inserito il valore del regime di rotazione del motore al quale si vuole effettuare la misurazione. Cambiando questo parametro si va indirettamente ad agire sulla frequenza con la quale viene campionato il segnale: naturalmente all’aumentare del numero di giri la frequenza aumenta.

A fianco troviamo un altro spazio nel quale deve essere inserito il numero dei cicli che si devono acquisire. Infatti non è consigliabile rilevare l’andamento di un solo ciclo indicato, dato che il risultato non sarebbe veritiero e l’analisi verrebbe conseguentemente falsata; infatti vi è da considerare il non sottovalutabile effetto della dispersione ciclica la quale fa si che gli andamenti della pressione all’interno del cilindro non si susseguano in maniera identica l’uno rispetto all’altro.

Per questo deve essere fatta una media su più cicli: solitamente se ne consiglia la media su 30, ma in questo lavoro ne sono stati rilevati almeno 50 ed in alcuni casi, laddove la

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frequenza di campionamento consentisse di acquisire un periodo di maggiore durata, anche un numero superiore prossimo alle 70 unità.

Nel grafico invece, come si evince dalla scritta posta sopra di esso, appare l’anteprima del ciclo mediato, di modo che ci si potesse accorgere immediatamente di una qualche disfunzione od errata acquisizione potendo osservare l’andamento del ciclo indicato. Successivamente poi i dati potevano essere salvati su un file di testo per poter essere poi importati in ambiente excel (come è stato fatto) per poter avere una visione maggiormente dettagliata: se quest’opzione non interessa può essere disattivata mediante l’apposito pulsante.

Qui sotto riportiamo i vari blocchi che ci hanno permesso di rilevare i dati necessari per trarre le nostre conclusioni.

In fig. 7.2 vediamo il modulo di acquisizione del segnale e di scrittura di quest’ultimo su di un file temporaneo denominato “temp.txt”.

Fig. 7.2

Successivamente (fig. 7.3) vi è uno schema a blocchi che permette di eliminare i dati antecedenti al segnale una volta che è stata fatta la calibrazione.

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Fig. 7.3

In fig. 7.4 invece troviamo il modulo di “trigger”; esso seleziona solamente i dati in corrispondenza del segnale di trigger.

Se il segnale del primo canale oltrepassa il valore di soglia, la variabile di controllo cambia di stato e diventa “true”: se è “false” nel ciclo precedente il dato viene acquisito, altrimenti viene scartato e si entra nel ciclo “for”.

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Il blocco successivo serve a visualizzare il numero di cicli che possono essere acquisiti. Se nella casella del pannello di controllo viene digitato un valore superiore a quello che in realtà il programma può elaborare, compare il messaggio visibile in fig. 7.5.

Fig. 7.5

Il passo immediatamente seguente è quello di eseguire la media su N cicli, come si evince dalla fig. 7.6

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Infine l’ultimo blocco (fig. 7.7) serve a tracciare il grafico ed eventualmente salvare i dati su un file di testo avente estensione .txt.

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