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potenzialità degli strumenti da lui costruiti che per l’epoca potevano essere considerate

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And though my single endeavours should not succeed in a work that seems to require the faint effort of very astronomers, yet so much we may venture to hope, that by applying ourselves with all our powers to the improvements of telescopes, which I look upon as yet in their infant state, and turning them with assiduity to the study of the heavens, we shall in time obtain some faint knowledge of, and perhaps be able partly to delineate the Interior Construction of the Heavens.

W. Herschel (1784b) in HSP (2003), vol. 1, pp.166 (in corsivo nel testo).

Introduzione

William Herschel è generalmente ricordato come lo scopritore di Urano oppure per le

potenzialità degli strumenti da lui costruiti che per l’epoca potevano essere considerate

straordinarie. Molte biografie di questo astronomo sono state basate, sin dai primi anni

dopo la sua morte, sull’esaltazione delle sue qualità di osservatore, sugli oggetti da lui

scoperti, e sui telescopi da lui impiegati oppure venduti nelle corti e negli osservatori più

importanti. Un simile approccio a questo autore, è indubbiamente legittimo alla luce di

quanto emerge dalla sua corrispondenza, e dai suoi scritti. Herschel raggiunse la

notorietà soprattutto grazie alle sue capacità. La maggior parte dei biografi ha

evidenziato le vicende che lo portarono a cimentarsi nella costruzione dei telescopi, le

motivazioni che lo spinsero a prediligere strumenti dalle grandi dimensioni come il 20

piedi o il 40 piedi, e soprattutto la tecnica osservativa resa possibile dall’aiuto della

sorella Caroline che portò alla scoperta di un pianeta, di 2500 esemplari di nebulose e

aggregati di stelle, e all’individuazione di centinaia di stelle doppie, di una sezione della

Via Lattea e del moto proprio del Sole. L’importanza delle attività legate

all’osservazione nella vita di questo astronomo emerge anche dai molti episodi

biografici in cui egli ebbe modo di confrontarsi con i contemporanei e dai

riconoscimenti che le diverse istituzioni gli riconobbero, oltre che dall’elezione a

membro di molte delle più importanti società scientifiche della sua epoca. Lo stesso

incarico di King’s Astronomer che gli aveva permesso di dedicarsi, finalmente, a tempo

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pieno all’astronomia, prevedeva che Herschel intrattenesse all’occorrenza la famiglia reale e i suoi ospiti con osservazioni astronomiche. Anche il resoconto del periodo passato a corte nel 1782, durante il quale Re Giorgio III fece valutare le qualità del telescopio con cui era stato scoperto Urano testimonia come fossero giudicati straordinari i risultati da lui conseguiti, oltre al disappunto con cui l’astronomo reagiva a questa sorpresa. La presenza di una serie di lettere di presentazione

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all’interno del carteggio mostra come l’osservatorio di Herschel fosse diventato un’attrazione per il mondo scientifico, e per i nobili a lui cotemporanei. Questi fattori bastano a giustificare l’importanza data nelle diverse biografie dell’astronomo al fattore osservativo, ma, a mio avviso, è spesso rimasto in ombra un altro aspetto della sua opera. L’attività di osservazione fornì indubbiamente una grande quantità di esemplari che senza dubbio basterebbe da sola a giustificare l’attenzione che è stata rivolta a questo astronomo. In molte occasioni, però, non sono stati considerati con attenzione né gli aspetti pratici di quell’attività, né le finalità che la indirizzarono. I risultati pratici ottenuti furono resi possibili da un’attenzione rivolta alle diverse capacità dell’occhio umano di adattarsi alle più diverse condizioni. Ciò permise non soltanto di migliorare la tecnica di costruzione degli strumenti, ma anche di spiegare come la pratica influenzasse la capacità dell’astronomo di osservare i corpi celesti. In alcune lettere, per rispondere ai dubbi degli altri astronomi sui suoi risultati, Herschel tentò di spiegare in cosa consistesse quella che lui chiamava “art of seeing”

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. Paragonando l’osservazione alla musica egli spiegò ai vari corrispondenti come l’esperienza acquisita contribuisse a migliorare la capacità di osservare. Anche in diversi appunti contenuti negli “Astronomical Journals”, Herschel aveva affermato che l’osservazione di alcuni oggetti avrebbe potuto rivelarsi utile per imparare a vedere quella classe di esemplari. L’importanza data, soprattutto nei primi anni, all’arte del vedere rispose senza dubbio alla contingenza di dover superare lo scetticismo con cui erano stati accolti molti dei resoconti da lui presentati alle sedute della Royal Society, ma non credo che questa motivazione esaurisca le implicazioni di

1 Ne sono un esempio le lettere RAS MS Herschel W.1\1. 13 B. 160; RAS MS Herschel W.1\1. 13 B.171;

RAS MS Herschel W.1\1. 13 M.17; RAS MS Herschel W.1\1. 13 P.33; RAS MS Herschel W.1\1. 13 P.44.

2 W. Herschel (1782) in HSP (2003), vol. 1, p. 44.

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questo aspetto dell’opera herscheliana. Riflessioni sui problemi legati alla strumentazione ed alla possibilità di migliorare la percezione degli oggetti sono spesso presenti negli scritti di Herschel. La possibilità di acquisire più luce, di vedere nitidamente oggetti sempre più lontani, ed i problemi legati agli oggetti ambigui sono soltanto alcuni degli aspetti affrontati. Le difficoltà portarono Herschel a ripensare il modo in cui compiva le osservazioni, a migliorare l’assetto dei suoi telescopi per catturare più luce ed avere una posizione più comoda. Può essere rilevante capire perché tanto risalto venne dato a questi aspetti della pratica astronomica. Allo stesso tempo potrebbe essere interessante analizzare come questa peculiarità possa accordarsi con un’altra caratteristica delle pagine scritte da questo autore, vale a dire se si possa stabilire una connessione fra l’attenzione dedicata agli aspetti pratici dell’osservare ed i tanti riferimenti alla storia naturale ed al mondo organico che comparvero negli scritti herscheliani. A mio avviso i due aspetti sono strettamente connessi fra loro e la mia tesi è volta a mostrare la bontà di questa mia opinione. L’aspetto osservativo non era in Herschel finalizzato esclusivamente al riconoscimento dei moti dei corpi celesti. In varie occasioni egli spiegò di non aver rilevato il moto di comete o pianeti perché sprovvisto di strumenti fissi con cui misurarlo. In una lettera a Joseph Banks, presidente della Royal Society cui era legato da un rapporto di amicizia, Herschel spiegò nel dicembre 1783

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di non aver misurato il moto di una cometa ma di essersi concentrato sul suo aspetto osservandola con il 20 piedi, di recente costruzione. Questo episodio potrà aiutarci a chiarire come le diverse strumentazioni potessero influenzare gli argomenti cui i singoli astronomi sceglievano di dedicarsi. Infatti, la mancanza di strumentazione fissa, insieme alla convinzione che un gran numero di suoi contemporanei fosse già sulle tracce della cometa, avevano suggerito a Herschel di impiegare il 20 piedi da lui realizzato per indagare un altro aspetto della cometa in transito in quel periodo. All’osservazione del moto egli preferì, dunque, l’analisi della struttura di quell’esemplare, ed in particolare

3 RAS MS Herschel W.1\1, pp. 88- 90.

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cercò di stabilire se esso fosse, o meno, provvisto di un nucleo

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. A questo proposito possiamo aggiungere che il fatto che qualche anno dopo egli avesse attribuito alle tante comete telescopiche sprovviste di nucleo il compito di rifornire al sole nuova materia per l’emissione di luce può avvalorare questa ipotesi. Caroline Herschel, che durante le assenze del fratello aveva avvistato otto comete, dovette probabilmente effettuare lei stessa i calcoli necessari alla stima della loro orbita e cercare conferma nell’opera di altri astronomi. Possiamo anche sottolineare che fu proprio la sorella a dedicarsi ai calcoli delle posizioni degli oggetti osservati, e che, soprattutto, fu a lei che fu affidata la stesura dell’indice del catalogo Flamsteed in cui furono verificate e ricalcolate le posizioni delle stelle contenute nel catalogo redatto dal primo Royal Astronomer. In altre circostanze i corrispondenti di Herschel si lamentarono del modo in cui il nostro astronomo aveva fornito loro le posizioni degli oggetti osservati o di una difficoltà nel ritrovarli, ad esempio Vince, nel gennaio 1784 confessò di non essere riuscito a comprendere le coordinate di Marte che questi gli aveva fornito

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. In ogni caso dai carteggi e dalle annotazioni tenute nel corso degli anni emerge come il nostro astronomo abbia preferito dedicarsi alla ricerca ed alla descrizione dei corpi celesti piuttosto che al calcolo delle loro coordinate e dei loro moti. Lo stesso esame del moto diurno dei pianeti, in particolare di Marte che fu considerato il più adatto allo scopo, era finalizzato ad ottenere un confronto con cui misurare il giorno terrestre e fu realizzato attraverso l’individuazione di macchie sulla superficie dei pianeti in modo di misurare la loro rotazione osservando la loro comparsa, scomparsa e ricomparsa di questi fenomeni.

Questa divagazione vorrebbe avvalorare la precedente affermazione che fu una diversa motivazione a spingere il nostro autore a cimentarsi sulla descrizione degli oggetti osservati piuttosto che sull’astronomia posizionale che all’epoca era più diffusa. La

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HERSCHEL’S instruments were designed to aid vision to the last extent. They were only secondarily for the taking of measures. His efforts were not for a knowledge of the motions, but of the constitution and construction of the heavenly bodies

F. Bessel, citato in E. S. Holden; C. S. Hastings, A subject index and Synopsis of the scientific writings of Sir William Herschel, reprinted from the Annual report of the Smithsonian institution for 1879,

Washington 1881., p.128.

5 RAS MS Herschel W.1\1. 13 V.2 (1).

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citazione che ha aperto queste pagine introduttive è, a mio parere, rappresentativa del modo di concepire l’astronomia caratteristico dell’autore che stiamo considerando. In quelle parole possiamo rintracciare riferimenti alla cooperazione fra astronomi, la dedizione con cui era effettuata l’osservazione, la necessità di migliorare la strumentazione impiegata, ed infine la volontà di indagare la struttura dell’universo.

Tutti questi elementi illustrano come lo stesso Herschel fosse consapevole dell’importanza di unire l’aspetto osservativo dell’astronomia a quello teorico. Lui stesso in alcune circostanze spiegò come si potesse commettere errore sia nell’aggiungere dati senza un’adeguata teorizzazione a sostegno, sia nell’approccio opposto ovvero facendo un’astrazione che non fosse fondata su di un’adeguata attività di osservazione. Paradossalmente per l’immagine che solitamente si ha di questo autore, egli confessò che per quanto lo riguardava preferiva incorrere in questo secondo errore, poiché un’osservazione sterile avrebbe tradito le finalità stesse con cui avrebbe dovuto essere compiuta

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. Recentemente gli studi biografici su questo autore hanno messo in luce figure fino a pochi anni fa rimaste in secondo piano come il fratello Alexander Herschel, che aiutò William a realizzare la parte meccanica di molti suoi strumenti, e hanno sottolineato ulteriormente l’apporto di Caroline Herschel alle osservazioni.

Bisogna aggiungere che la maggior parte delle biografie di William Herschel sono debitrici proprio alla sorella per quanto riguarda la divulgazione delle vicende biografiche dell’astronomo, e forse proprio per la provenienza di queste notizie abbiamo spesso un’esposizione non imparziale dei grandi risultati ottenuti da questo astronomo.

Alle memorie di Caroline Herschel, che furono raccolte dalla moglie di John Herschel, figlio di William ed a sua volta una delle figure di spicco della comunità astronomica dell’epoca, si sono rifatti tutti i biografi di Herschel da Arago che scrisse una biografia nel 1854, ad Agnes Clerke, al più importante fra i biografi contemporanei ovvero Michael Hoskin, che a questo autore ha dedicato gran parte dei suoi lavori, concentrandosi anche, negli ultimi anni sugli altri componenti della famiglia di provenienza. Altre fonti che indirettamente raccontano la figura di Herschel possono

6W. Herschel (1785b) in HSP (2003), vol. 1, p. 223

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essere ricavate dalle comunicazioni dell’epoca che testimoniavano come fossero recepiti gli annunci fatti dal nostro autore, oppure quegli scritti posteriori in cui era commentato soprattutto l’aspetto osservativo della sua opera. Un buon esempio può essere lo

Specimen academicum de inventis Herschelii astronomicis presentato ad Upsala nel

1786

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in cui era fornita una rassegna delle opere presentate dal nostro astronomo alla Royal Society ponendo l’accento soprattutto sulle sue scoperte e sui risultati ottenuti nella costruzione degli strumenti. Una buona analisi dei testi herscheliani, e soprattutto di estratti dal suo carteggio sono offerti da The Herschel Chronicle scritto nel 1933 da Constance Lubbock. Legata da un rapporto di parentela agli Herschel, era infatti nipote di John Herschel, la Lubbock organizzò la sua biografia dell’astronomo per scansioni di tempo che abbracciavano gli anni fra il 1651 ed il 1848. La scelta di questi due estremi è piuttosto ovvia per quanto riguarda la fine della narrazione, essendo il 1848 l’anno della morte di Caroline Herschel, mentre può richiedere una spiegazione un’inizio così lontano dalla nascita dei protagonisti di quelle vicende. Il primo capitolo delle Chronicle racchiude gli anni fra il 1651 ed il 1757, ed è senza dubbio l’intervallo più lungo fra le scansioni proposte dall’autrice. In quel capitolo sono riferite le poche notizie relative all’origine della famiglia Herschel tramandateci da un appunto autobiografico scritto dal padre di William, Isaac. L’anno 1651 è, infatti, l’anno della nascita di Abraham Herschel che dell’astronomo fu il nonno. Il primo capitolo delle Chronicle si conclude con l’arrivo del giovane William in Inghilterra per sfuggire alle avversità della guerra dei sette anni. L’appunto autobiografico scritto da Isaac Herschel è stato incluso anche da Dreyer nella sua introduzione ai The scientific Papers of Sir William Herschel. La raccolta degli scritti del nostro astronomo fu pubblicata nel 1912 dopo che lo stesso figlio dell’astronomo si era ripromesso di curarne la riedizione. Questo compito fu, però, abbandonato dopo che egli si era reso conto che avrebbe maggiormente contribuito alla memoria paterna continuandone l’opera piuttosto che ripubblicandone gli scritti. Un indice delle comunicazioni dell’astronomo fu realizzato da Hastings e Holden nello Smithsonian Report nel 1880. Infine nel 1910 la Royal Society e la Royal Astronomical

7 W. J. Huss, Specimen academicum de inventis Herschelii astronomicis, Upsaliæ 1786, : apud. direct.

Johan. Edman.

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Society costituirono un comitato per la riedizione degli scritti. Facevano parte del comitato William Huggins, Larmor, Sampson, Gill, Hardcastle, Turner, Dreyer, Hills, ed il Royal Astronomer Dyson. In particolare John Luis Emil Dreyer realizzò in prima persona la collezione degli scritti e la parte biografica di Herschel posta come introduzione. La raccolta di Dreyer comprendeva non soltanto le comunicazioni incluse nelle Phisolophical Transactions ma anche quelle comunicazioni che erano state lette in quella sede senza però essere destinate alla pubblicazione, alcuni scritti e appunti di cui non è nota la data, estratti dalle annotazioni astronomiche, e soprattutto le comunicazioni presentate alla Philosophical and Litterary Society di Bath, che fino ad allora erano rimaste inedite. Bisogna aggiungere che negli ultimi anni si è avuta una maggiore attenzione verso la famiglia di appartenenza, sono state messe in risalto le figure di Alexander e Caroline, grazie a Tracey Spaight ed a Michael Hoskin che della collaboratrice di William Herschel ha curato anche una riedizione dell’autobiografia

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. Hoskin ha anche dedicato uno dei suoi ultimi libri ai personaggi secondari, raccogliendo in The Herschels of Hanover

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, quanto poteva essere rinvenuto sui genitori e sugli altri fratelli dell’astronomo, inclusi quelli che non sopravvissero all’infanzia ma che vengono ricordati attraverso gli estremi anagrafici,ed attraverso gli aneddoti che di loro sono stati tramandati dagli altri membri della famiglia, soprattutto da Caroline. Infine un valido aiuto per chi volesse avvicinarsi alla figura dell’astronomo è stata la riorganizzazione dell’archivio custodito dalla Royal Astronomical Society, realizzata a Cambridge nel 1974 sotto la direzione di Jim Bennett, e che è stato ripubblicato in formato digitale nel 2004. L’archivio Herschel raccoglie fra le altre cose il carteggio di Herschel, i suoi appunti di osservazione, i calcoli necessari allo studio dei fenomeni celesti e quelli impiegati nella costruzione dei telescopi, alcune memorie di viaggio, ed infine la trascrizione, fatta da Caroline Herschel, degli scritti presentati alla Royal Society.

L’archivio comprende anche scritti di quest’ultima, che riguardano avvistamenti di comete, la ricezione dell’opera del fratello soprattutto dopo la morte di quest’ultimo, ed infine molti appunti di calcoli delle osservazioni, e copie di indici e cataloghi

8 M. Hoskin (ed.), Caroline Herschel’s Autobiographies,Science History Publications, Cambridge, 2003.

9 M. Hoskin, The Herschels of Hanover, Science History Publications, Cambridge, 2007.

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astronomici in suo possesso. È racchiuso nell’archivio anche molto materiale su John Herschel sia quello epistolare sia quello relativo alla sua attività di astronomo, agli anni passati al Capo di Buona Speranza, le osservazioni giovanili di Slough e quelle dell’età matura compiute a Collingwood, infine copie ed estratti delle opere e delle monografie di argomento astronomico scritte nel corso degli anni dallo scienziato. Il materiale fornito dai documenti contenuti nell’archivio è indispensabile per ricostruire non soltanto la rete di rapporti intrecciati dall’astronomo nel corso della vita, ma anche per ricreare le fasi attraverso le quali si attuarono l’osservazione e la formulazione delle teorie. La consultazione del materiale in esso contenuto è stata, infatti, fondamentale per ricostruire come Herschel organizzò il proprio lavoro. In particolare la lettura degli appunti delle osservazioni ha permesso di assistere ai cambiamenti delle interpretazioni degli oggetti osservati.

Anche se in alcuni degli scritti di Michael Hoskin era proposta un’ampia scelta di testi tratti dalle comunicazioni di Herschel mi è sembrato che alcuni aspetti della sua opera fossero rimasti in secondo piano rispetto alla rassegna delle sue scoperte. Un’analisi del modo in cui il nostro astronomo aveva divulgato le proprie conclusioni avrebbe messo in luce, non soltanto l’uso di analogie e metafore prese dal mondo organico, che in alcuni testi biografici era già stato evidenziato, quanto il fatto che quelle similitudini cambiarono nel corso degli anni. L’uso di immagini letterarie era stato proposto da Herschel già nel periodo immediatamente successivo alla scoperta di Urano, quando egli assimilò l’osservazione astronomica alla musica affermando che chi avesse voluto dedicarsi ad una delle due attività avrebbe dovuto intraprendere un esercizio per migliorarsi. Esempi del genere comparvero in alcune lettere scritte fra il 1781 ed il 1782, e nella comunicazione “On the Parallax of the fixed Stars” letta in occasione dell’elezione a Fellow della Royal Society in cui venne nominata l‘ “art of seeing”

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. Anche se scomparvero i riferimenti all’arte del vedere, fu mantenuta una grande attenzione per le problematiche legate alla pratica osservativa, e dedicheremo a questo argomento la parte conclusiva del secondo capitolo. A partire dal 1784 fecero la propria

10 W. Herschel (1782) in HSP (2003), vol. 1, p. 44.

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apparizione le immagini prese dalla storia naturale. Contrariamente a quanto successe per gli esempi tratti dalla pratica artistica, questo genere di similitudini è assente nelle lettere, ma è una presenza piuttosto costante nelle comunicazioni pubblicate nelle

Philosophical Transactions. In quelle pagine furono toccati vari livelli di somiglianze fra

i due campi di ricerca. Ad essere confrontate furono le figure dell’astronomo e del naturalista, l’osservazione astronomica e quella che si può attuare in una montagna o su una pianta, e infine furono usati termini e concetti tipici del mondo animale e vegetale per descrivere le diverse tipologie di corpi celesti.

L’opera di William Herschel costituisce nel complesso un insieme coerente in cui argomenti apparentemente distanti sono impiegati a sostegno della teoria cosmologica.

Lo sviluppo degli strumenti, e le riflessioni su come migliorare le capacità percettive dell’osservatore furono importanti nella biografia herscheliana non soltanto perchè attraverso di esse egli vinse le resistenze opposte ai suoi resoconti dagli altri astronomi.

Il tema pratico dell’osservazione, infatti, è fondamentale per capire Herschel, e ciò perchè lui stesso usò in prima persona quegli strumenti e quei metodi. Senza di questi e, soprattutto, senza l’abnegazione con cui dedicò ogni notte disponibile all’osservazione egli non avrebbe potuto vedere così perfettamente i corpi celesti, o come affermò durante un incontro con il poeta Thomas Campbell:

I have looked further into space than ever human being did before me. I have observed stars, of which light, it can be proved, must take two millions years to reach this earth11

Senza la possibilità di osservare oggetti così distanti, e senza poterne percepire l’aspetto, Herschel non avrebbe potuto analizzare e descrivere i corpi celesti e non avrebbe, quindi, potuto classificarli in raggruppamenti adeguati. La ricerca di un ordine in cui inserire le diverse tipologie di corpi celesti fu forse il problema che maggiormente lo impegnò nella sua attività. Queste classificazioni riguardarono vari aspetti degli esemplari osservati. In alcuni casi esse riguardarono esclusivamente il modo in cui quegli oggetti apparivano: le stelle doppie ad esempio furono organizzate secondo la

11W. Beattie (ed.), Life and letters of Thomas Campbell, London 1849,: E. Moxon. vol. Ii, p.234

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distanza angolare che ne separava i componenti, oppure le stelle delle costellazioni

furono riordinate secondo la magnitudine apparente nei sei cataloghi di comparazione

della luminosità. In altre circostanze le finalità del nostro astronomo furono finalizzate,

soprattutto, alla scoperta della natura di quegli oggetti e del modo in cui si erano andati

formando. Questa prerogativa riguardò soprattutto l’osservazione di quegli oggetti

all’epoca definiti nebulose, e di cui non si riusciva a capire se fossero costituiti da stelle

oppure da un qualche fluido luminoso. Fu proprio l’osservazione a indirizzare Herschel

a sostenere, in un primo tempo, che coesistessero nell’universo sia nebulose

propriamente dette, sia formazioni stellari rese fievoli dall’enorme distanza,

successivamente egli si convinse che esistessero solamente aggregati di stelle, infine

tornò ad ammettere l’esistenza della vera nebulosità. L’alternarsi di questi tre momenti

fu determinato dall’osservazione, ma a questo deve essere aggiunto il fatto che in tutte le

diverse teorie cosmologiche da lui sostenute fosse presente l’idea che avvenissero dei

cambiamenti fra i corpi celesti osservati. In questo contesto si inseriscono quelle

riflessioni sulle forze centrali presenti sin dalle prime comunicazioni presentate alla

Philosophical and Litterary Society di Bath. Nel corso degli anni Herschel tentò di

capire come la forza di gravità potesse far interagire i corpi celesti determinando il moto

proprio delle stelle, i cambiamenti osservati nelle stelle doppie, e soprattutto le forme dei

vari esemplari di nebulose ed aggregati di stelle. Queste riflessioni lo portarono da un

lato ad immaginare che anche altre forze potessero esercitare la propria azione e, nel

caso delle forze centrifughe, ritardare quella della gravità preservando per un maggior

periodo di tempo l’esistenza degli aggregati. Da un altro punto di vista la conoscenza

delle modalità di azione della forza di gravità lo portò ad immaginare che quei processi

potessero essere graduali e che la maggiore durata dell’azione di quella forza sarebbe

corrisposta a caratteri individuabili negli oggetti osservati. Ciò spiega probabilmente

perchè i paragoni con il mondo organico siano presenti soprattutto negli scritti relativi

alla cosmologia. Ponendo il problema del cambiamento dei corpi celesti, Herschel ha

aperto la strada ad una serie di domande relative, ad esempio, al tempo, al modo in cui il

processo cosmologico descritto riguarda il nostro sistema solare, a come considerare le

classi in cui sono stati suddivisi i corpi celesti. Alcune di queste questioni hanno trovato

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una risposta nelle opere dei successori di Herschel, o comunque sono state inserite nel dibattito, di carattere non soltanto astronomico, che in quegli anni si andava attuando. Il problema del tempo che potremmo rintracciare nell’opera di questo autore riguarda l’enormità della durata d’azione della forza di gravità, e se questa enorme quantità di anni sia compatibile con il racconto della Storia Sacra che permetteva durate molto minori. Un’altra questione potrebbe riguardare il fatto se ci sia una possibilità di rigenerazione dei corpi celesti, oppure se il processo cosmologico descritto sia da pensarsi a senso unico. Un problema connesso a quest’ultimo aspetto riguarda il risultato finale dell’aggregazione. Considerando, infatti, gli effetti della forza di gravità dovremmo ipotizzare che le formazioni stellari siano destinate immancabilmente alla distruzione. Herschel affrontò più volte questa possibilità, spesso cercando soluzioni in grado di rallentare l’azione di quella forza, oppure valutando quali effetti potesse avere la distruzione di un aggregato stellare. Molte di queste domande trovarono una risposta nelle pagine scritte da Herschel, altre dovettero attendere che altri autori offrissero una soluzione, ad esempio fu Laplace a considerare come l’aggregazione della materia nebulosa di una nebulous star potesse verificare le condizioni di formazione di un sistema solare come il nostro, fornendo un’alternativa alle tante ipotesi catastrofiste che erano state avanzate in proposito

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. Vedremo nel corso della tesi che Herschel ragionò interpretando quanto aveva visto attraverso le leggi naturali conosciute all’epoca. Alle domande che abbiamo citato in precedenza si aggiunge il quesito che ha influenzato lo svolgimento di questa tesi, ovvero quale tipo di immagine della natura è stata adottata nella formulazione delle sue teorie. Come abbiamo accennato in precedenza Herschel usò sovente termini presi dalla storia naturale per descrivere i cambiamenti cosmologici da lui ipotizzati. Per capire quale genere di cambiamento egli intendesse descrivere dovremmo comprendere a quale immagine della natura dovettero corrispondere quegli esempi. Per chiarire questo aspetto della cosmologia herscheliana ho preferito tentare una rassegna di temi per mostrare la connessione fra la pratica osservativa, la storia naturale e la cosmologia.

12 P. S. De Laplace, Exposition du Système du monde (1835), Fayard,Paris, 1984, pp.547- 548; 564- 575.

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Il primo capitolo è dedicato, ovviamente, alle vicende biografiche ed ad un sommario

degli argomenti affrontati da Herschel nel corso di una vita dedicata all’astronomia. La

divisione in sezioni di questo capitolo unisce episodi biografici e temi astronomici, in

quanto alcune sezioni corrispondono a una descrizione dei suoi articoli suddivisi per

argomenti. Il secondo capitolo è dedicato alla formazione di Herschel, ed approfondisce

il suo passaggio dall’attività di musicista all’astronomia, dando particolare risalto

all’importanza data dall’autore al tema della visione partendo da un momento particolare

della sua biografia. La parte iniziale è, infatti, dedicata all’illustrazione di come sia

avvenuta la formazione di questo astronomo che senz’altro non era assimilabile a quella

di molti suoi contemporanei. Questo musicista tedesco che ebbe la ventura di scoprire un

pianeta del sistema solare, e di dichiarare che con i suoi telescopi poteva ottenere poteri

di ingrandimento pressoché impensabili anche per i migliori costruttori, fu considerato

con diffidenza da molti dei membri della Royal Society. Per difendersi da queste critiche

Herschel dovette descrivere i propri metodi, e riflettere sulle qualità dell’occhio umano

e sulle peculiarità dell’osservazione astronomica. La strategia da lui adottata si rivelò

propizia, ed egli si guadagnò un’ottima fama sia come osservatore, che come costruttore

di strumenti. L’osservazione astronomica fornì a Herschel la necessaria quantità di

esemplari per sostenere le proprie teorie cosmologiche. Prima di questo, egli valutò gli

esemplari raccolti interpretandoli, descrivendoli e in certi casi cercando termini che

potessero rappresentarli in maniera migliore rispetto a quelli comunemente impiegati

all’epoca. Questo aspetto della sua astronomia è stato raccontato nel terzo capitolo

soprattutto prendendo spunto da quanto emerge dagli appunti presi durante le

osservazioni. Proprio attraverso quelle pagine è stato possibile vedere come in certi casi

il nostro astronomo fosse stato in dubbio su come classificare i fenomeni osservabili, e

che talvolta giunse ad una loro spiegazione prima di trovare il termine che illustrasse

nella maniera più soddisfacente quanto era stato visto. Il capitolo successivo riguarda la

formulazione delle teorie, e l’analisi di alcuni aspetti teorici in esse contenuti. In

particolare è stata data importanza ai temi relativi al tempo di azione della forza

riconosciuta alla base del processo cosmologico, e soprattutto alla dimostrazione che

questa forza non è altro che la forza di gravità. Il quinto, ed ultimo capitolo, vorrebbe

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dimostrare come si sia realizzata un’affinità fra l’astronomia proposta da Herschel e la

storia naturale. Questa somiglianza fu espressa attraverso una serie di immagini presenti

soprattutto nelle comunicazioni alla Royal Society. I cambiamenti riscontrabili nelle

metafore proposte ci aiuteranno a capire come l’immagine della natura dei corpi celesti

mutò coerentemente con le teorie cosmologiche adottate.

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