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StoccaggioeTrasporto 3

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(1)

Capitolo

3

Stoccaggio e Trasporto

Uno dei temi fondamentali che riguardano l’utilizzo dell’idrogeno come combustibile, `e quello inerente lo stoccaggio1

ed il trasporto dalla sede di produzione a quella di utilizzo finale.

Come pi`u volte evidenziato, l’idrogeno possiede caratteristiche estremamente controproducenti per quanto riguarda il tema in oggetto: la sua bassa densit`a

1

Immagazzinaggio, conservazione in opportuni “contenitori”

(2)

sia come gas, sia come liquido, rendono il trasporto e lo stoccaggio pi`u one-rosi, in quanto a parit`a di massa sono necessari, per il contenimento, volumi ben maggiori rispetto ai combustibili tradizionali; inoltre, come vedremo, l’i-drogeno `e un gas che non ha una buona attitudine alla liquefazione.

In questa cornice devono essere introdotti anche tutti i potenziali rischi de-rivanti da possibili fuoriuscite di gas, che, con la quasi totale certezza in ambienti chiusi, condurrebbero a violente esplosioni.

3.1

Lo Stoccaggio

I problemi visti fin’ora, legati sia alla produzione che alla natura fisica del-l’idrogeno sono le principali cause che ne frenano il decollo economico; tut-tavia,come vedremo nel seguito, i vantaggi in sede di utilizzazione (combu-stione) rendono questo elemento molto interessante sotto molteplici aspetti. Le tecniche di immagazzinaggio maggiormente utilizzate, e che saranno af-frontate in questo capitolo sono:

• Liquefazione

• Compressione

• Idruri Metallici

3.1.1

Liquefazione

I processi di liquefazione vengono effettuati mediante l’utilizzo di impianti co-stituiti da compressori, scambiatori di calore, motori di espansione e valvole a farfalla, al fine di ridurre la temperatura e contemporaneamente incremen-tare la pressione dell’idrogeno, permettendo in tal modo di trasformare il

(3)

gas in liquido. Il processo di liquefazione pi`u semplice `e il ciclo Linde (ba-sato sul ciclo di espansione Joule-Thompson); tramite questo processo, il gas `e compresso partendo dalla pressione ambiente e quindi raffreddato in uno scambiatore di calore prima di passare attraverso una valvola in cui `e sot-toposto al processo di espansione Joule-Thompson producendo del liquido. Una volta rimosso il liquido il gas ritorna al compressore tramite lo scambia-tore di calore.

Il processo Linde semplice opera con gas, come l’azoto, che si raffreddano per espansione isoentalpica a temperatura ambiente. L’idrogeno al contra-rio,a temperatura ambiente, espandendosi si riscalda. L’unico modo per per-mettere al gas di liquefarsi, durante l’espansione isoentalpica, `e quello di portare la sua temperatura al di sotto della propria temperatura d’inversione (202 K=-71◦C). Per raggiungere tale temperatura alcuni processi raffreddano

l’idrogeno con dell’azoto liquido pre-raffreddato che prima del passaggio nella valvola d’espansione, consente la riduzione della temperatura dell’idrogeno a 78 K. L’azoto viene quindi recuperato e riciclato nel ciclo continuo di refrige-razione (vedi figure pi`u avanti).

L’idrogeno pu`o essere liquefatto per la produzione stazionaria di energia o per il rifornimento di veicoli, nella maggior parte dei casi viene immagaz-zinato ad una temperatura di −253 ◦C. L’unico inconveniente di questo

si-stema `e l’eventuale fuoriuscita di parte dell’idrogeno liquido ed il notevole dispendio energetico dell’intero processo. Infatti circa il 30% dell’energia dell’idrogeno (riferita al potere calorifico inferiore) `e necessaria per il suo raffreddamento, inoltre sono necessarie particolari attrezzature per il mante-nimento dello stato liquido ([13]).

(4)

Una delle preoccupazioni maggiori legate a questo processo quindi, `e quella della riduzione delle fuoriuscite di liquido. Dato che l’idrogeno `e immagazzi-nato ad una temperatura che corrisponde al suo punto di ebollizione, qualsiasi passaggio di calore attraverso il liquido causa l’evaporazione di una parte del-l’idrogeno e qualsiasi evaporazione si riflette in una perdita dell’efficienza del sistema. La fonte di tale calore potrebbe essere la conversione della confi-gurazione elettronica delle molecole d’idrogeno da orto a para, l’energia del pompaggio, oppure la conduzione, convezione o irraggiamento diretto del ca-lore.

Per quanto riguarda il primo caso (la conversione delle molecole da orto a para, alla temperatura di ebollizione dell’idrogeno:20.3 K) la concentra-zione di equilibrio `e quasi tutta para-idrogeno, ma a temperatura ambiente o superiore, la concentrazione `e del 25% para-idrogeno e 75% orto-idrogeno. La conversione non catalizzata della molecole da orto a para procede molto lentamente cos`ı, senza una fase di conversione catalitica, l’idrogeno lique-fatto contiene significative quantit`a di orto-idrogeno. La loro conversione richiederebbe quindi una reazione esotermica il cui rilascio di enormi quan-tit`a di calore causerebbe l’evaporazione del 50% dell’idrogeno liquido nel giro di pochi giorni. Alcune delle soluzioni, prevedono la conversione da orto a para durante la liquefazione, per evitare che ci`o accada durante l’immagaz-zinaggio, tramite l’impiego di particolari catalizzatori.

L’impiego di contenitori criogenici isolati invece, pu`o far fronte al pro-blema del calore generato per conduzione, convezione ed irraggiamento. Tali contenitori sono progettati in modo da evitare qualsiasi trasmissione di

(5)

ca-lore dalla parete esterna al liquido, per cui sono tutti costituiti da un doppio rivestimento il cui interno `e vuoto per impedire il passaggio di calore per con-duzione o convezione. Per prevenire l’irraggiamento diretto di calore invece, tra la parete interna ed esterna del contenitore sono installati dei pannelli protettivi a bassa emissione di calore a base di plastica ed alluminio.

La maggior parte dei contenitori di idrogeno liquido hanno forma sferica perch´e quest’ultima ha la pi`u bassa superficie per il trasferimento di calore per unit`a di volume. Inoltre, al crescere del diametro dei contenitori il volu-me auvolu-menta pi`u velocemente della superficie esterna per cui contenitori pi`u grandi, in proporzione, provocano minori perdite per trasferimento di ca-lore. I contenitori cilindrici, invece, sono preferibili per la loro facilit`a ed economicit`a di costruzione.

Ciclo di Linde

Tramite questo processo, il gas `e compresso a temperatura ambiente e quindi raffreddato in uno scambiatore di calore prima di passare attraverso una val-vola a farfalla in cui `e sottoposto al processo di espansione Joule-Thompson:

(6)

Figura 17 - Liquefazione Ciclo di Linde Semplice

Il ciclo Linde Semplice (rappresentato nella figura precedente) `e utilizzato per i gas (come l’azoto) che in fase di espansione a temperatura ambiente si raffreddano; come precedentemente accennato, invece, l’idrogeno durante tale fase si riscalda, per questo il ciclo di Linde deve essere integrato con un processo ausiliario, utilizzando azoto preraffreddato:

Figura 18 - Liquefazione

(7)

Si osservi che, alla fine del ciclo (punto 5 del diagramma T,s) non si ot-tiene idrogeno totalmente allo stato liquido, ma una miscela avente titolo maggiore di zero; la parte liquida viene estratta dal ciclo ed inviata ai con-tenitori di stoccaggio, mentre la restante parte gassosa viene riconvogliata al compressore, attraverso lo scambiatore di calore.

Espansione Adiabatica

Un processo di liquefazione alternativo, al ciclo Linde pre-raffreddato, consi-ste nel far passare il gas ad alta pressione attraverso una turbina di espan-sione:

Figura 19 - Liquefazione

Ciclo con Pre-raffreddamento ed Espansione

Il processo teorico `e riferito alla liquefazione ideale, che sfrutta l’espan-sione reversibile, al fine di ridurre l’energia necessaria alla liquefazione; esso consiste in una compressione isoterma (1-2) seguita da una espansione adia-batica reversibile (isoentropica 2-3); l’espansore (turbina) permette sempre il raffreddamento del gas, indipendentemente dalla sua temperatura di inver-sione (Flynn 1992), tuttavia esso serve soltanto a raffreddare il gas, ma non

(8)

consente la totale liquefazione, in quanto il liquido all’interno della turbina provocherebbe sicuramente dei danni, per usura, alle palettature (Timme-rhaus and Flynn 1989).

Energia di Liquefazione

A scopo puramente indicativo, si riportano i valori dell’energia richiesta per la liquefazione ideale dell’unit`a di massa di idrogeno a paragone con l’analoga dell’azoto:

kWh/kg Idrogeno 3.23

Azoto 0.21

Fonte: [11]

Quindi l’idrogeno richiede un quantitativo di energia, per la sua liquefa-zione, pari a circa 15 volte quella richiesta dall’azoto.

Si intuisce quindi, che la pratica di liquefazione dell’idrogeno a scopo di stoc-caggio o trasporto non sia n´e conveniente, n´e perseguibile, se non in casi molto particolari, come per esempio nei progetti spaziali.

3.1.2

Compressione

Si `e precedentemente visto quali siano le principali problematiche legate alla liquefazione dell’idrogeno; in questo paragrafo sar`a trattato un altro metodo, ampiamente utilizzato, per l’immagazzinaggio, ovvero la compressione allo stato gassoso.

(9)

Per comprimere il gas si possono utilizzare svariate tecniche e diverse ti-pologie di macchine operatrici; a seconda dei flussi ponderali che si vogliono ottenere, si utilizzano:

• compressori a pistoni

• turbocompressori assiali o radiali

questi ultimi operano con flussi ponderali notevolmente superiori rispetto ai primi. Attualmente, particolare attenzione `e dedicata a compressori che basano il loro principio di funzionamento sulla formazione di idruri metallici2

:

Figura 20 - Compressione tramite Idruri

tuttavia tali tecnologie sono ancora allo stato embrionale.

L’idrogeno viene compresso ed immagazzinato in opportuni contenitori pres-surizzati, a pressioni che stanno nel range 200 ÷ 600 bar ed anche oltre. Per il contenimento a tali livelli di pressione, ruolo importantissimo giocano i materiali utilizzati per la fabbricazione dei contenitori che devono essere estremamente resistenti a diversi tipi di aggressione (chimica, termica e mec-canica), per questo sono utilizzati materiali rinforzati (a fibra di carbonio o a fibra composta alluminio-carbonio) che tuttavia, allo stato attuale, sono an-cora estremamente costosi. Gli sforzi predominanti, quindi, in questo settore,

2

(10)

sono orientati verso l’ottimizzazione dei processi di fabbricazione, e l’utiliz-zazione di materiali resistenti ma pi`u economici.

L’immagazzinaggio dell’idrogeno mediante compressione allo stato gassoso, rappresenta attualmente la tecnica meno costosa rispetto alle altre, tuttavia anch’essa presenta almeno un paio di inconvenienti:

1. il contenuto energetico rapportato al volume di ingombro, per pressioni nel range 200 ÷ 600 bar, `e estremamente inferiore al corrispettivo, per esempio, di metano e benzina.

Il contenuto energetico della benzina `e pari a circa

34.9 M J

l (T=15

C=288K) (l =litro)

Quello del metano e dell’idrogeno, dipende dalla pressione; valutiamo approssimativamente tali valori, considerando i due gas ideali3

;

3

Questa `e un’ipotesi abbastanza azzardata, infatti ai suddetti livelli di pressione il comportamento dei due gas si discosta da quello dei gas ideali. La costante universale dei gas vale: R = 8.3145 kJ

kmol ·K

(11)

IDROGENO METANO T = 15◦C = 288K T = 15C = 288K

pmH2 = 2.016 kmolkg pmCH4 = 16.04 kmolkg

RH2 = 4.12426 kg·KkJ RCH4= 0.51836 kg·KkJ

p1 = 200 bar=20 MPa p1 = 200 bar=20 MPa

v1 = RH 2p ·T 1 = 0.05939 m3 kg v1 = RCH 4·T p1 = 0.007464 m3 kg δ1 = 16.84 mkg3 δ1 = 134 mkg3 HHV1 = 2.39 M Jl HHV1= 7.44 M Jl

p2 = 600 bar=60 MPa p2 = 600 bar=60 MPa

v2 = RH 2p ·T 2 = 0.0198 m3 kg v2 = RCH 4·T p2 = 0.002488 m3 kg δ2 = 50.51 mkg3 δ2 = 402 mkg3 HHV2 = 7.17 M Jl HHV2= 22.3 M Jl Riepilogando: T=15◦C HHV M J l  HHV M J l  p1 = 200 bar p2 = 600 bar Idrogeno 2.39 7.17 Metano 7.44 22.3 Benzina 34.93 34.93

Tabella 7 - Energie Specifiche

Ovvero, in definitiva, il contenuto energetico del metano `e circa 3 volte quello dell’idrogeno, mentre quello della benzina `e circa 5 volte (per p= p2 = 600 bar).

(12)

lo stesso non si pu`o dire per quella volumetrica; ci`o implica che a pa-rit`a di energia richiesta occorre un volume maggiore rispetto ad altri combustibili.

2. L’altro aspetto negativo, riguarda l’energia richiesta per la compres-sione dell’unit`a di massa di idrogeno; si riporta di seguito tale gran-dezza, a paragone con altri gas (Elio e Metano):

Figura 21 - Energia Specifica a paragone p0 = 1 bar - Fonte [14]

da notare l’enorme divario tra idrogeno e metano, a parit`a di pressione di compressione.

Bisogna sottolineare anche la differenza, in termini di lavoro richiesto, tra la compressione adiabatica e quella isoterma dell’idrogeno:

(13)

Figura 22 - Compressione Adiabatica ed Isoterma Energia riferita al HHV

p0 = 1 bar - Fonte [14]

La compressione isoterma appare la pi`u vantaggiosa, tuttavia tale tra-sformazione non pu`o essere eseguita in maniera integrale, ma soltanto in maniera approssimata, attraverso compressioni adiabatiche parziali interrefrigerate; ci`o comporta una notevole complicazione dell’impianto di compressione, con conseguente aumento dei costi.

Il grafico della figura precedente si riferisce a processi ideali, quindi le indicazioni inerenti i consumi energetici sono approssimati per difetto; un valore attendibile viene fornito dall’azienda svizzera “Burckhardt Compression AG” (Winterthur / Svizzera), la quale dichiara che la compressione interrefrigerata, da 1 bar a 200 bar dell’idrogeno, richiede un quantitativo di energia pari al 7.2% del proprio potere calorifico su-periore (HHV).

Questo valore si riferisce ad un compressore a 5 stadi, che elabora una portata ponderale di idrogeno pari a 1000 kg/h, e non tiene conto delle perdite di potenza relative al motore elettrico che provvede alla somministrazione della potenza meccanica necessaria al processo.

(14)

3.1.3

Idruri Metallici (assorbitori di H

2

)

Alcuni metalli (fra i quali spicca il Palladio) hanno la “facolt`a di assorbire” l’idrogeno, trattenendolo all’interno della propria struttura cristallina. In op-portune condizioni di temperatura e pressione, infatti, il metallo si comporta come una spugna, in grado di assorbire al suo interno le molecole di idro-geno, formando in tal modo delle leghe metalliche denominate, per l’appunto idruri metallici:

Figura 23 - Idruro Metallico Fonte: http://www.chem.utk.edu/

Tale processo `e assolutamente reversibile, e si manifesta attraverso due fasi: l’assorbimento (detto anche “idrogenazione”), che `e un processo esoter-mico (produzione di calore); e la sottrazione di idrogeno (“deidrogenazione”) che, invece `e un processo endotermico (richiede calore dall’esterno).

Quando l’idrogeno entra in contatto con il metallo, e gradualmente si au-menta la pressione, si osserva il graduale assorbimento del gas, e contempo-raneamente l’emissione di consistenti quantit`a di calore (valori da 9·300 fino

a 23·300 kJ/kg di idrogeno) che devono essere smaltite continuamente per

evitare l’eccessivo surriscaldamento della lega. Per estrarre l’idrogeno dalla lega di idruri metallici, `e necessario somministrare calore, con temperature che possono superare i 500◦C, a causa di ci`o la costruzione di unit`a

(15)

d’im-magazzinaggio presenta notevoli difficolt`a. Inoltre, ogni lega ha differenti caratteristiche quali il ciclo di vita e la temperatura di reazione.

Un metallo particolarmente interessante, per questo genere di processo, come precedentemente accennato, `e il Palladio, il quale `e in grado di assorbire (se opportunamente trattato in termini di temperature e pressioni) un volume di idrogeno, pari a 935 volte il proprio volume4

(Fonte: http://www.dcci.unipi.it/~pampa/CC009/).

La caratteristica pi`u importante del comportamento del palladio `e che esso, a differenza di altri metalli5

, durante la fase di deidrogenazione rilascia tutto l’i-drogeno precedentemente assorbito; inoltre questo elemento assorbe soltanto idrogeno (H2) o deuterio (D2), ma non altri gas, per cui esso `e

particolar-mente adatto nel caso in cui l’idrogeno debba essere separato ed estratto da miscele di altri gas.

Nel 1989 un evento alquanto bizzarro tenne col fiato sospeso tutto il mondo scientifico: gli scienziati Pons e Fleischmann, fecero passare corrente in un contenitore contenente D2O (acqua pesante) utilizzando due elettrodi di

pal-ladio: nella vaschetta osservarono un forte aumento della temperatura; ci`o fece credere ai scienziati di aver imbrigliato la Fusione fredda. In realt`a il passaggio di corrente provocava l’elettrolisi dell’acqua pesante, con con-seguente formazione di Ossigeno e Deuterio, quest’ultimo veniva assorbito dagli elettrodi di palladio, formando gli idruri e liberando le quantit`a di ca-lore suddette.

4

p.e. 1 cm3

di palladio `e in grado di assorbire 935 cm3

di idrogeno a temperatura ambiente.

5

Per i quali non tutto l’idrogeno assorbito, pu`o essere estratto, ma circa il 10% richiede eccessivi sforzi in termini energetici, per l’estrazione dalla lega metallica.

(16)

L’immagazzinaggio dell’idrogeno mediante idruri metallici, risulta essere il metodo pi`u sicuro per lo stoccaggio ed il trasporto, rispetto alle tecniche esaminate fin ora; infatti, la bassa pressione necessaria al contenimento, la struttura dei recipienti, e la necessit`a di grandi quantit`a di calore in fase di deidrogenazione, scongiurano ogni possibile fuoriuscita del gas, a seguito di impatti violenti (basti pensare invece a ci`o che accadrebbe in caso di incidente che abbia come protagonista una cisterna ad idrogeno liquido o altamente pressurizzato).

Nonostante l’importanza di tale aspetto, che in ambito di utilizzazione dell’i-drogeno `e fondamentale, esistono ancora innumerevoli ostacoli con cui fare i conti prima di poter considerare tale tecnica assolutamente predominante ri-spetto alle precedenti; le problematiche fondamentali legate a questa pratica di stoccaggio possono essere riassunte nel modo seguente:

• alti costi dei materiali utilizzati.

• Complessit`a degli impianti in grado di permettere lo smaltimento (idro-genazione), o la somministrazione (deidrogenazione) di grandi quantit`a di calore.

• Peso eccessivo dei recipienti, rispetto al peso di idrogeno immagazzinato (si pu`o arrivare anche a pesi dei recipienti di 200kg per una capacit`a di assorbimento di soli 3 kg di idrogeno).

• Limitatezza delle capacit`a di trasporto.

Grandi societ`a, come la Ovonic ECD6

, leader nel settore, si stanno occu-pando di questo tema, e stanno svilupoccu-pando nuovi materiali e nuove tecniche

6

(17)

per far fronte ai problemi suddetti, e garantire in questo modo un rapido sviluppo di tale metodo di immagazzinaggio. A titolo puramente indicativo, si riportano le caratteristiche di un prototipo (proposto dalla Ovonic) di con-tenitore ad idruri metallici, a confronto con un concon-tenitore di pari volume, contenente idrogeno compresso:

Figura 24 - Prototipo Ovonic Fonte: http://www.ovonic.com/ Idruro H2 Metallico Compresso p=103 bar p=248 bar Capacit`a 3.0 kg 0.88 kg Peso Totale 190 kg 25.2 kg Peso % 1.58 3.49 Volume [g/l] 50 17.6

(18)

3.2

Il Trasporto

La scelta della tecnica di trasporto dell’idrogeno `e fortemente legata a quella utilizzata per lo stoccaggio, quest’ultima, a sua volta, `e legata alle carat-teristiche del sistema di utilizzazione finale, alle quantit`a di combustibile necessario ed alla sicurezza dell’impianto.

In questo ambito, grande importanza riveste un particolare parametro, ovvero la densit`a di energia; essa pu`o essere riferita al peso (densit`a pon-derale: Dp) del combustibile, o al volume (densit`a volumetrica: Dv).

Per capire l’importanza di tale parametro, basti pensare che, per esempio, una sola cisterna di idro-geno liquido equivale, in termini di energia, a venti cisterne di idro-geno compresso; quindi la den-sit`a volumetrica dell’idrogeno li-quido `e circa venti volte quella dell’idrogeno compresso.

Figura 25 - Autocisterna per il tras--porto di Idrogeno Liquido

Fonte: http://www.miniwatt.it/

Anche gli idruri metallici presentano una densit`a volumetrica molto alta, ma hanno una densit`a ponderale estremamente ridotta (a parit`a di energia si ha un peso complessivo maggiore), per questo gli idruri metallici susci-tano particolare interesse, pi`u che nelle applicazioni mobili, nelle applicazioni stazionarie.

(19)

Figura 26 - Contenitore ad Idruri Metallici in costruzione Fonte: http://www.miniwatt.it

3.2.1

Idrogeno Compresso e Liquefatto

L’idrogeno come gas compresso pu`o essere trasportato in cilindri ad alta pressione, autocisterne e gasdotti (vedi paragrafo succes-sivo). I cilindri ad alta pressione (400 bar), consentono una ridu-zione dell’ingombro, rispetto alla condizione di pressione atmosfe-rica, ma al contempo incremen-tano i rischi e la pericolosit`a del loro trasporto.

Figura 27 - Serbatoi Cilindrici per Idrogeno Gassoso

Fonte: http://www.miniwatt.it/

Le autocisterne invece, sono spesso composte da diversi cilindri in acciaio montati su di un’intelaiatura protettiva e possono contenere da 63 kg a 460 kg di idrogeno compresso ad una pressione di soli 200 bar. Attualmente il trasporto ferroviario dell’idrogeno sotto questa forma non viene ancora ef-fettuato. Inoltre questo metodo comporterebbe la costruzione di particolari

(20)

vagoni con materiali idonei al trasporto dell’idrogeno con conseguente notevo-le incremento dei costi di trasporto.

L’idrogeno liquido immagazzinato in contenitori isolati, come gi`a detto, viene trasportato tramite autocarri ed altri automezzi in quantit`a elevate e con modeste perdite per evaporazione (0, 3% − 0, 6% al giorno). Per quanto ri-guarda il trasporto navale, a causa dei lunghi periodi di tempo che richiede, `e impiegato solo per l’idrogeno liquido.

Figura 28 - Nave Cisterna

Fonte: http://www.miniwatt.it/

Il Canada ha sviluppato numerosi progetti di navi per il trasporto transoceanico dell’idrogeno. Uno di questi prevede l’impiego di cin-que piccole chiatte trasportate in una nave pi`u grande, che possono essere separate alla fine del viag-gio. Ciascuna di esse trasporte-rebbe 21·200 kg di idrogeno senza

alcuna perdita durante 50 giorni di viaggio.

Altri progetti prevedono invece l’impiego di diversi contenitori sferici o di una singola petroliera con la capacit`a di 7000 tonnellate. Nessuna di questa navi `e stata ancora realizzata ma quelle dedicate al trasporto di gas naturale liquefatto sono in grado di trasportare gi`a 125·000 m3 di gas (equivalenti a

9000 tonnellate di idrogeno).

Una tecnica sperimentale innovativa per il trasporto dell’idrogeno liquido consiste in un gasdotto contenete un materiale superconduttore. L’idrogeno

(21)

liquido agirebbe da refrigerante per il superconduttore e consentirebbe il tra-sporto dell’elettricit`a attraverso lunghe distanze senza le grosse perdite di potenza delle convenzionali linee. Gli inconvenienti di questo metodo sa-rebbero rappresentati dai materiali necessari per l’isolamento dell’impianto e dalla necessit`a di pompaggio e raffreddamento continuo dell’idrogeno du-rante il trasporto.

Recentemente si `e anche ipotizzato il trasporto aereo dell’idrogeno per co-prire lunghe distanze in tempi brevi e ridurre cos`ı le perdite per evaporazione (Amos, 1998).

3.2.2

I Gasdotti

Figura 29 - Pipeline per il tras--porto di Idrogeno Liquido (USA) Fonte: http://www.miniwatt.it/

Formalmente l’idrogeno, essendo un ae-riforme,pu`o essere gestito, con oppor-tune precauzioni, in una struttura ana-loga a quella usata per il gas natu-rale. Le opportune precauzioni consi-stono nel tenere conto di taluni aspetti: il contatto dell’idrogeno con acciai spe-ciali provoca un loro infragilimento (Idruri); `e necessario prevedere sistemi, visivi o acustici, per

l’individuazione di eventuali fughe; inoltre sono da considerare necessarie le ovvie precauzioni per evitare inneschi di combustione (materiali e sistemi antideflagranti) dati i caratteri chimico-fisici di facile innesco a combustione di questo gas. Per far s`ı che questi impianti vengano ampiamente utilizzati, quindi, il primo problema da risolvere `e quello dell’infragilimento di tubi e

(22)

guarnizioni, con la conseguenza della rottura dell’impianto, provocato dal contatto dell’idrogeno con i materiali di cui essi sono costituiti. Al momento esistono gi`a delle tecnologie in grado di ovviare a tale inconveniente ma la loro applicazione contribuisce ad aumentare i costi di distribuzione.

Paragonato alle centinaia di migliaia di chilometri coperti dalle reti esis-tenti7

per il trasporto del gas naturale, la rete di gasdotti per l’idrogeno `e molto piccola: solo circa 740 km negli Stati Uniti d’America e pi`u di 600 km nel nord Europa (Morgan e Sissine, 1995) e servono per il rifornimento di idrogeno direttamente dal produttore al consumatore o ad intere aree indu-striali. Esse coprono distanze di oltre 100 km ed operano da pi`u di 50 anni senza particolari problemi. Altre reti, di dimensioni molto modeste, hanno funzionalit`a interne per le stesse ditte produttrici di idrogeno, infatti sono solitamente abbinate a degli impianti di reformer (Zittel e Wurster, 1996).

La capacit`a di trasportare energia di un dato impianto `e sempre minore nel caso di trasporto di idrogeno rispetto al trasporto di gas naturale. Ad una determinata pressione il flusso di idrogeno `e tre volte pi`u veloce ma la relativa quantit`a d’energia `e circa tre volte minore a causa della bassa densit`a volumetrica d’energia. Quindi, dato che i compressori agiscono sul volume del gas ma non sul suo contenuto energetico, un sistema ottimale di gasdotti dovrebbe essere opportunamente dimensionato in base a questi fattori (Mor-gan e Sissine, 1995).

7

Ad Arezzo, per esempio, `e in funzione dal 15/07/2004 un idrogenodotto nato dalla col-laborazione tra una cooperativa locale, la Fabbrica del Sole, l’Enea e due societ`a private la Sapio (azienda leader nel settore dell’idrogeno) e l’Arcotronics (produttore di generatori).

(23)

Il costo dei gasdotti dipende naturalmente dal diametro del tubo, attual-mente sono ancora elevati ma i costi stimati per le applicazioni di questo sistema si basano sui gasdotti esistenti per il trasporto del gas naturale op-pure si tratta di stime fatte in base a parametri incompleti.

Numerose relazioni ipotizzano l’utilizzo degli impianti esistenti, per il tra-sporto di idrogeno o una miscela di idrogeno/gas naturale ma questo po-trebbe creare problemi con l’alta pressione per il trasporto dell’idrogeno e, sebbene alcuni componenti del gas naturale favoriscano la trasmissione del-l’idrogeno, non sarebbe possibile applicare compressori e contatori. Per cui i materiali di cui sono costituiti tali sistemi, soprattutto i pi`u vecchi, andreb-bero modificati ed i compressori rettificati con nuove valvole e guarnizioni ([13]).

(24)

3.2.3

Scelta dei sistemi di trasporto

Gli elementi principali che influenzano la scelta del sistema di trasporto dell’i-drogeno, come gi`a detto, sono la quantit`a utilizzata e la distanza da coprire. Per grossi quantitativi di idrogeno il metodo pi`u conveniente `e quello dei ga-sdotti che, dopo gli investimenti necessari per la loro costruzione, richiedono costi operativi molto bassi. Per modeste quantit`a d’idrogeno i gasdotti non sono competitivi mentre l’idrogeno compresso pu`o rappresentare in alcuni casi l’alternativa all’idrogeno liquido i cui costi operativi sono molto pi`u e-levati. Come accennato in precedenza per`o, il trasporto del gas compresso, a causa della sua bassa densit`a energetica, presenta notevoli svantaggi per cui pu`o essere indifferente rispetto al trasporto dell’idrogeno liquido solo per piccolissime distanze.

Figura

Figura 18 - Liquefazione
Figura 19 - Liquefazione
Figura 20 - Compressione tramite Idruri
Tabella 7 - Energie Specifiche
+7

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