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Editoriale

Giuseppe Licari

www.narrareigruppi.it – Etnografia dell’interazione quotidiana. Prospettive cliniche e sociali, vol. 7, n°1, Maggio 2012

Narrare i gruppi

Etnografia dell’interazione quotidiana

Prospettive cliniche e sociali, vol. 7, n°1, Maggio 2012

ISSN: 2281-8960 Rivista semestrale pubblicata on-line dal 2006 - website: www.narrareigruppi.it

Titolo completo dell’articolo

Editoriale

Giuseppe Licari Università di Roma “La Sapienza”

To cite this article:

Licari G., (2012) Editoriale, in Narrare i Gruppi, vol. 7, n° 1, Maggio 2012, pp. 5 – 7, website:

www.narrareigruppi.it

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www.narrareigruppi.it – Etnografia dell’interazione quotidiana. Prospettive cliniche e sociali, vol. 7, n°1, Maggio 2012

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Il volume di Maggio 2012 è stato curato da Serena Giunta e da Girolamo Lo Verso.

Il numero è introdotto da un focus proposto da Anna Maria Ferraro, Emanuela Coppo- la e Girolamo Lo Verso che affronta una riflessione sui fondamenti teorici dell’approccio gruppoanalitico soggettuale; in particolare, il focus riporta l’evoluzione e il dialogo dell’approccio gruppoanalitico soggettuale con discipline affini e con riferi- menti puntuali sia all’antropologia culturale, sia a scuole di pensiero che concorrono a definire il quadro delle teorie della complessità. Si sofferma, inoltre, sul concetto di re- lazione come fondamento della psiche e sugli aspetti terapeutici a essa collegati. Infine, mette in evidenza alcuni elementi chiave del funzionamento del gruppo e alcune tra le principali responsabilità del terapeuta, assieme alle maggiori difficoltà che vivono i pa- zienti nei gruppi. Invitiamo il lettore a leggere il focus come una cornice che abbraccia e indirizza le riflessioni presenti nei diversi contributi che ospita questo numero.

La sezione gruppi nella clinica ospita un lavoro di Marie Di Blasi, Laura Pavia, Crispino Tosto e Paola Cavani che descrive i Disturbi da Uso di Sostanze (DUS) e i Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) come sintomatologie che a tratti mostrano ca- ratteristiche comuni. I soggetti portatori di tali sintomatologie sembrano assumere, prevalentemente, il corpo come palcoscenico dove rappresentare il proprio disagio.

Gli autori definiscono i DUS e i DCA (insieme ai disturbi psicosomatici) disturbi di secondo livello, quadri sintomatologici di copertura rispetto ad una sofferenza psichica sottostante. E in questa direzione li considerano anche modalità di auto-terapia e auto- regolazione emotiva. In questo senso il gruppo psicodinamico come strumento, agen- do sul funzionamento e sulle modalità relazionali alla base della sofferenza psichica, facilita l’emersione del sintomo assieme alla consapevolezza che può essere colta, dai singoli e dal gruppo, come un potente strumento per dare voce alla soggettualità dei corpi e facilitare la cura. Le argomentazioni riportate nel presente lavoro sono il frutto delle ricerche e delle esperienze cliniche attraverso il gruppo, condotte dagli autori nel corso degli ultimi anni.

Nella stessa sezione clinica troviamo ancora il lavoro di Anna Maria Ferraro, France-

sca Giannone e Girolamo Lo Verso che affronta il tema delle trasformazioni cui è an-

data incontro la nostra società nel passaggio dalla modernità alla post-modernità e le

ripercussioni che questo cambiamento ha avuto a livello di gruppo di appartenenza e

di identità personale. Nel lavoro si evidenziano i recenti mutamenti antropologici e

come questi possano rappresentare un rischio rispetto allo sviluppo dell’identità indi-

viduale. Gli autori riflettono sul fatto che lo sfilacciarsi del sentimento d’appartenenza

legato ad alcune dimensioni culturali quali miti, religioni, tradizioni, modus vivendi, lin-

guaggi, ecc., possa rendere difficile non solo la comprensione del mondo, ma anche la

possibilità d’interiorizzare quegli aspetti legati all’esperienza di “appartenere” senza i

quali il mondo diventa incerto e provvisorio. Da queste incertezze gli autori sottoli-

neano come la dimensione identitaria e intersoggettiva ne possa uscire indebolita fino

a confluire in vere e proprie e nuove figure psicopatologiche.

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Nella sezione gruppi nel sociale troviamo il contributo di Cecilia Giordano e di Maria Di Blasi che propone alcune riflessioni sull’identità, la sessualità e l’omofobia nei contesti mafiosi. In questi contesti, l’omosessualità è vissuta come una paura terrificante dell’alterità e, allo stesso tempo, di perdere il controllo della rigidità impenetrabile che fonda l’identità mafiosa. Il contributo vuole mettere in evidenza ciò che l’uomo di ma- fia teme maggiormente, e cioè l’esperienza essenziale della relazione amorosa che ri- chiede capacità di smarrimento di sé nell’incontro con l’altro/a. Sembra che a questo richiamo l’uomo di mafia reagisca con le più primitive armi di difesa: la sottomissione e l’annientamento. Gli autori guardano all’omofobia da una prospettiva gruppoanali- tica soggettuale che integra sia gli aspetti emotivi che gli aspetti cognitivi e socio- culturali.

Nella sezione note Giusy Cannizzaro ci propone una riflessione che tocca ancora l’universo mafioso dal punto di vista, però, del rapporto tra mafia e psicoterapia.

L’autrice affronta il tema a partire da ricerche svolte negli ultimi vent’anni dal gruppo di psicologi palermitani guidati da Girolamo Lo Verso e prende le mosse proprio dal nuovo testo di Lo Verso dal titolo “Mafia e psicoterapia”, per risalire a ritroso e mo- strare lo sforzo di ricerca e di riflessione al quale decine di ricercatori, a Palermo e in altre parti d’Italia, si dedicano per dipanare il fastidioso intreccio fra il dilagare dell’illegalità e il mancato sviluppo della soggettualità matura.

Chiude il numero il contributo di Giuseppe Mannino, che propone una ricerca - in-

tervento sulla rappresentazione di valori prodotta da alcuni adolescenti di Palermo e di

Alcamo (TP). Il contributo (presente nella sezione ricerche/interventi), è promosso da un

gruppo di studio dell’Università LUMSA. La metodologia di lavoro è basata su un pa-

radigma che accoglie i fondamenti metodologici della psicologia dinamica e sociale,

prendendo spunto dai principi epistemologici del costruttivismo e dal metodo CQR

(ricerca qualitativa consensuale). La ricerca proposta è suddivisa in più fasi: esplorati-

va, di intervento, di controllo e di sintesi dei risultati e trova nel training razionale emo-

tivo proposto, una conferma dell’aumentata percezione e il maggior riconoscimento

dei valori a opera dei soggetti impegnati nella ricerca.

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