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Parmigiano-Reggiano Parmigiano-Reggiano 44

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Academic year: 2022

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(1)

Parmigiano-Reggiano

Dall’allevamento al mercato:

viaggio lungo la filiera

A S S E S S O R A T O A G R I C O L T U R A A T T I V I T À I T T I C H E E V E N A T O R I E

A S S E S S O R A T O A G R I C O L T U R A A T T I V I T À I T T I C H E E V E N A T O R I E

I S U P P L E M E N T I D I

44

A cura del Centro Ricerche Produzioni Animali - CRPA spa di Reggio Emilia e del Consorzio del Formaggio Parmigiano-Reggiano

Parmigiano-Reggiano

Dall’allevamento al mercato:

viaggio lungo la filiera

Supplemento ad “Agricoltura” n. 9, Settembre 2010 Direttore responsabile: Franco Stefani

Reg. Trib. di Bologna N.4269 del 30-3-1973 Progetto grafico ed impaginazione: Editing, Roma

Stampa: Galeati Industrie Grafiche Spa Via Selice 187/189 - 40026 Imola (BO)

Parmigiano-Reggiano

Dall’allevamento al mercato:

viaggio lungo la filiera

(2)

A S S E S S O R A T O A G R I C O L T U R A

I S U P P L E M E N T I D I

44

A cura del Centro Ricerche Produzioni Animali - CRPA spa di Reggio Emilia e del Consorzio del Formaggio Parmigiano-Reggiano

Parmigiano-Reggiano

Dall’allevamento al mercato:

viaggio lungo la filiera

Parmigiano-Reggiano

Dall’allevamento al mercato:

viaggio lungo la filiera

© Copyright Regione Emilia-Romagna Anno 2010

Foto di copertina

Cervellati, Dell’Aquila, Riccioni,

Arch. Consorzio del Formaggio Parmigiano-Reggiano, Foto del fascicolo interno

Cervellati, Dell’Aquila, Marchetti, Riccioni,

Arch. Consorzio del Formaggio Parmigiano-Reggiano, Arch. Azienda Tadini, Arch. Crpa

44

Parmigiano-Reggiano

Dall’allevamento al mercato:

viaggio lungo la filiera

(3)

Coordinamento redazionale

Antonio Apruzzese, rivista “Agricoltura”

e Magda C. Schiff, Crpa spa, Reggio Emilia

Distribuzione

Redazione “Agricoltura” - Viale della Fiera, 8 - 40127 Bologna Tel. 051.5274289 - 5274701 • Fax 051.5274577

E-mail: agricoltura@regione.emilia-romagna.it

Crpa spa - Corso Garibaldi, 42 - 42121 Reggio Emilia Tel. 0522.436999 • Fax 0522.435142

E-mail: info@crpa.it

(4)

Prefazione

PROMOZIONE E QUALITÀ: UN SOSTEGNO DALLA REGIONE

di GIANCARLO CARGIOLI

. . . . 7

MENO STALLE, TIENE INVECE IL PATRIMONIO ZOOTECNICO

di PAOLA VECCHIA e MARIA CRISTINA LANDI

. . . . 8

COME SI È TRASFORMATA LA REALTÀ DEI CASEIFICI

di KEES DE ROEST e MARIA CRISTINA LANDI

. . . . 10

NELLA PRODUZIONE DI FORME SI VA VERSO LA CONCENTRAZIONE

di ADELFO MAGNAVACCHI e MARIA CRISTINA LANDI

. . . . 13

DA STABILE A VOLATILE: UN MERCATO SENZA CERTEZZE

di ALBERTO MENGHI

. . . . 14

LATTE BIO: UNA SCELTA GRAVOSA E NON SEMPRE REDDITIZIA

di ALBERTO MENGHI

. . . . 19

COSTI NON SEMPRE LEGATI ALLA STRUTTURA AZIENDALE

di EUGENIO CORRADINI

. . . . 22

ESTERO E MARCHIO: DALL’EXPORT ARRIVA LA RIPRESA

di CLAUDIO MONTANARI

. . . . 25

LA TUTELA DELLA DOP: L’ESPERIENZA DEL CONSORZIO

di LEO BERTOZZI e GIORGIO BOCEDI

. . . . 27

VERIFICARE L’IDENTITÀ CONTRO LE CONTRAFFAZIONI

di MARCO NOCETTI e PAOLA VECCHIA

. . . . 30

STUDIARE LA TIPICITÀ PER DIFENDERLA MEGLIO

di MARCO NOCETTI e PAOLA VECCHIA

. . . . 32

(5)
(6)

L’

attività di ricerca tecnico-scientifica per il Parmigiano-Reggiano ha forni- to da sempre un importante supporto al lavoro di tutti gli operatori della filiera per mantenere,migliorare e tutelare la qualità e per conoscere il sistema produttivo e il mercato di questo formaggio.

Gli obiettivi di fondo che hanno guidato le attività negli ultimi anni sono stati sostan- zialmente:

la generazione e la messa a disposizio- ne, per tutta la filiera, di informazioni di mercato (domanda, offerta, prezzi) e strategiche a supporto delle politiche del Consorzio di tutela e delle imprese del comparto (dati di base su imprese e produzione,costi di produzione,trasfor- mazione, ecc.);

 la valutazione dell’evoluzione della struttura produttiva in funzione delle variazioni dei contesti locali di produ- zione e delle politiche comunitarie, per individuare debolezze e potenzialità delle diverse aree del comprensorio;

la definizione delle caratteristiche com- positive,sensoriali e nutrizionali del Par- migiano-Reggiano;

 lo studio dei meccanismi attraverso i quali, nelle diverse fasi del ciclo produt- tivo, si realizzano le condizioni per la riuscita del formaggio;

la verifica dell’impatto delle innovazioni su una tecnologia produttiva ancorata alla tradizione.

Questo supplemento ad “Agricoltura” in- quadra il comparto alla luce di dati econo- mici e strutturali recenti e presenta le pro- blematiche tecnico-scientifiche prioritarie e i risultati conseguiti finora dalla ricerca.

Queste informazioni sono in gran parte

progetti strategici,sia attraverso bandi per la presentazione di progetti cofinanziati.

Gli articoli che si riferiscono all’evoluzione del contesto produttivo e di mercato deri- vano dalle attività svolte nell’ambito di due progetti di primo piano della Regione Emi- lia-Romagna (L.R. 28/98) dal titolo “SI P-R Sistema Informativo Filiera Parmigiano- Reggiano”e “Parmigiano-Reggiano al 2015 - Evoluzione della struttura produttiva e del sistema lattiero-caseario del Parmigiano- Reggiano al 2015” e nel progetto di ricerca

“Competitività filiere agroalimentari”.

Quelli, invece, che riguardano gli aspetti più tecnici - come gli strumenti di caratte- rizzazione e riconoscibilità del prodotto - e gli elementi che sostanziano la specificità e la tipicità provengono da progetti di ricer- ca che, oltre alla Regione Emilia-Romagna e sempre attraverso lo strumento della L.R.

28/98, hanno visto la concreta partecipa- zione delle imprese e del Consorzio.

frutto di progetti di ricerca coordinati dal Crpa e svolti, con il contributo economico della Regione Emilia-Romagna, in primo luogo dal Consorzio di tutela e da nume- rosi istituti universitari e laboratori.

Gli impegni assunti dalla Regione Emilia- Romagna per il sostegno delle comparto del Parmigiano-Reggiano, infatti, non si concretizzano soltanto in interventi di aiu- to alle imprese per l'esposizione finanzia- ria, ma anche nel sostegno ai progetti im- prenditoriali innovativi, alla qualità del latte e del formaggio e alla promozione sui nuovi mercati. Inoltre, il sistema regio- nale di valorizzazione dei servizi di svilup- po riguarda in modo prioritario le produ- zioni che distinguono e identificano l’agri- coltura emiliano-romagnola: in questo ambito si inseriscono gli investimenti per le attività di assistenza tecnica e di ricerca e sperimentazione per il Parmigiano-Reg- giano, sia diretti mediante l’attivazione di

Promozione e qualità:

un sostegno dalla Regione

GIANCARLO CARGIOLI Responsabile del Servizio Sviluppo del Sistema

Agroalimentare, Regione Emilia-Romagna

Foto Arch. Consorzio del Formaggio Parmigiano-Reggiano

(7)

N

el 2009 all’interno del comprensorio del Parmigiano-Reggiano sono stati censiti 3.544 insediamenti zootecnici per la produ- zione di latte.Le province di Parma e Reggio Emilia presentano il maggior numero di al- levamenti, rispettivamente poco più e poco meno del 33% del totale, seguite da Mode- na con il 22%, Mantova con quasi il 10% e Bologna con la quota restante (tabella 1).

La collina e la montagna mantengono, nel- l’insieme, circa il 50% delle aziende da latte (tabella 2):la gran parte degli allevamenti di collina è situata in provincia di Parma, men-

tre al contrario le province di Reggio Emilia e Modena, in particolare, vedono una buo- na persistenza di allevamenti nelle zone montane.

La struttura della produzione di latte desti- nato alla trasformazione in Parmigiano-Reg- giano è ancora caratterizzata da allevamen- ti medio-piccoli; una metà di questi, infatti, consegna alle latterie meno di 200 tonnella- te di latte all’anno (tabella 3), mentre il 20%

circa ne consegna più di 500.Circa il 70% de- gli allevamenti, inoltre, ha una consistenza inferiore ai 100 capi bovini totali, il 21% ha tra 100 e 200 capi, poco più del 6% sta nel range tra i 200 e i 300, mentre il 3,4% ha una consistenza compresa tra 300 e 600 animali;

solo lo 0,8% supera i 600 capi.

La maggior parte dei capi bovini da latte è presente in pianura e gli allevamenti di pia- nura sono anche quelli con consistenza me- dia superiore.Le province di Parma e Reggio Emilia possiedono il patrimonio bovino più rilevante, ma è in quelle di Mantova e di Bo- logna che si trovano gli allevamenti con di- mensioni superiori.

Il quantitativo medio di latte consegnato per allevamento è pari a 348 t/anno, con Mantova che presenta quello più elevato e Modena,invece, quello più basso (tabella 5).

Gli allevamenti di pianura mostrano una media produttiva di 450 t/anno, che è dop- pia rispetto a quelli di montagna, ferma a 207 tonnellate; intermedia la produttività in collina, pari a 287 t/anno.

Il numero degli allevamenti e la dimensio- ne evidenziano in modo inequivocabile la

Meno stalle, tiene invece il patrimonio zootecnico

PAOLA VECCHIA Crpa Spa, Reggio Emilia

MARIA CRISTINA LANDI Servizio Sviluppo del Sistema Agroalimentare, Regione Emilia-Romagna

Tab. 2 - Distribuzione degli allevamenti da latte

per zona altimetrica.

Collina Montagna Pianura Totale Zona altimetrica

925 866 1.753 3.544 Allevamenti

26,10 24,44 49,46 100,00 Percentuale

Tab. 1 - Distribuzione degli allevamenti da latte per provincia.

Mantova Parma Reggio Emilia Modena Bologna Totale Provincia

351 1.185 1.147 785 76 3.544 Allevamenti

9,90 33,44 32,36 22,15 2,14 100,00 Percentuale

Tab. 3 - Distribuzione degli allevamenti per quantità

di latte consegnato alle latterie all’anno.

Fino a 100 100-200 200-300 300-500 500-1.000 Oltre 1.000

Latte consegnato/anno (t)

23,46 24,07 15,94 16,86 13,92 5,74 Allevamenti (%)

Tab. 4 - Distribuzione del numero di capi bovini da latte totali e consistenza media degli allevamenti per provincia.

Capi totali allevamento (n.) Distribuzione (%)

Consistenza media per allevamento (n. capi) Provincia

327.615 100,00

92,44 Totale 7.637

2,33 100,49 Bologna 62.455

19,06 79,56 Modena 102.525

31,29 89,38 Reggio Emilia 111.944

34,17 94,47 Parma 43.054

13,14 122,66 Mantova

Foto Dell’Aquila

(8)

concentrazione della produzione di latte nelle zone di pianura, con poche eccezioni (figure 1 e 2).

Oltre il 60% del prodotto consegnato nel

Se si confrontano i dati strutturali attuali con quelli del 2003 (fonte: Servizi Veterinari), nel- la parte emiliana del comprensorio (esclu- dendo, quindi, Mantova destra Po) il patri- monio totale di bovini da latte per Parmigia- no-Reggiano si è ridotto di circa 87.000 u- nità, con una contrazione del 23% circa sul totale. Nello stesso periodo e nella stessa a- rea, hanno cessato l’attività più di 1.600 a- ziende zootecniche da latte, pari a quasi un terzo del totale.

Alla forte diminuzione del numero di stalle è corrisposta, quindi, una contrazione impor- tante - ma più contenuta - del patrimonio zoo- tecnico.In compenso è aumentata la capacità produttiva media delle singole aziende e del- la mandria da latte allevata;in questo lasso di tempo la produzione di Parmigiano-Reggia- no, espressa come numero di forme, se si tra- scurano le variazioni fra i diversi anni,è così ri- masta pressoché costante.

Fonte tabelle e figure:

elaborazioni Crpa da progetto L.R. 28/98 “Parmigiano-Reggiano al 2015”

comprensorio è relativo alle province di Parma e Reggio Emilia (tabella 6), stessa percentuale per la pianura rispetto alle al- tre due zone altimetriche.

Tab. 6 - Distribuzione percentuale del latte consegnato

alle latterie per provincia.

Mantova Parma Reggio Emilia Modena Bologna Totale Provincia

13,89 32,67 31,77 19,61 2,07 100,00 Latte consegnato (%)

Tab. 5 - Quantitativi medi di latte consegnato alle latterie per provincia.

Mantova Parma Reggio Emilia Modena Bologna

Media comprensorio Provincia

488 340 342 308 336 348 Latte consegnato (t/anno)

Fig. 2 - Quantità totale di latte consegnato (kg latte/anno) per comune nel comprensorio del Parmigiano-Reggiano.

Fig. 1 - Numerosità degli allevamenti da latte per comune

nel comprensorio del Parmigiano-Reggiano.

(9)

I

l processo di ristrutturazione del sistema dei caseifici nel comprensorio del Parmi- giano-Reggiano ha portato negli ultimi anni alla forte riduzione del numero delle latterie e all'aumento della loro dimensione, anche se il latte complessivamente lavorato è in- crementato in modo significativo. La con- centrazione è stata concomitante alla cresci- ta delle strutture di lavorazione di tipo a- ziendale o, in generale, non gestite in forma cooperativa.

L'analisi dell'evoluzione della struttura dei caseifici fornisce la misura di quanto questi processi abbiano modificato la base pro- duttiva della filiera. Innanzitutto, negli ulti- mi vent’anni il numero complessivo è dimi- nuito di oltre il 50%, passando dalle 860 u- nità del 1990 a 405 nel 2009 (tabella 1).

La misura della velocità di riduzione inter- venuta in questo arco di tempo è la chiusu- ra, o l’accorpamento ad unità già esistenti,

quantificabile in oltre 20 caseifici all’anno, anche se il picco più alto si è avuto nel trien- nio 1990-1993 con il passaggio da 860 a 733 impianti di trasformazione.

La contrazione più consistente ha interes- sato le latterie sociali, la cui consistenza nel 2009 è scesa a 275 rispetto alle 606 esisten- ti nel 1993 (figura 1).

Nel medesimo periodo il numero di caseifi- ci artigianali è diminuito a 54,mentre il rela- tivo forte sviluppo delle latterie aziendali rappresenta uno degli elementi di novità nella più recente evoluzione della filiera.

Con un’accelerazione dalla seconda metà degli anni '90, e in controtendenza rispetto agli altri tipi di caseificio, quelli annessi agli allevamenti da latte sono più che raddop- piati, arrivando a 76 unità.

I caseifici privati rappresentano oggi il 33%

delle strutture operanti nel territorio, men- tre l’incidenza delle latterie sociali sul totale dei caseifici è scesa dall’83 al 67%.

Nelle aree di pianura (tabella 2) i caseifici a- ziendali rappresentano oggi il 23% delle

Come si è trasformata la realtà dei caseifici

KEES DE ROEST Crpa Spa, Reggio Emilia

MARIA CRISTINA LANDI Servizio Sviluppo del Sistema Agroalimentare, Regione Emilia-Romagna

Tab. 1 - Caseifici del comprensorio e loro tipologia (1993-2009).

Sociali Artigianali Aziendali Totale Caseifici

275 54 76 405 2009 491

78 43 612 1998

385 68 71 524 2003 606

92 35 733 1993

Tab. 2 - Caseifici per tipologia in pianura (1993-2009).

Sociali Artigianali Aziendali Totale Caseifici

399 78 32 509

78,4 15,3 6,3 100 1993

Numero %

318 66 35 419

75,9 15,7 8,4 100 1998

Numero %

241 59 61 361

66,8 16,3 16,9 100 2003

Numero %

173 47 64 284

61,0 16,5 22,5 100 2009 Numero %

Fig. 1 - Caseifici per tipologia (1985-2009).

SO = Sociali; IN = Industriali; AZ = Aziendali; AR = Artigianali

(10)

strutture, mentre il numero delle latterie sociali si è ridotto a meno dei due terzi, an- che se rimane consistente il loro forte radi- camento in montagna (85% circa sul tota- le dei caseifici - tabella 3).

La riorganizzazione del sistema produttivo

to della dimensione dei caseifici artigianali, che sono arrivati a superare quello delle lat- terie cooperative,giungendo nel 2009 ad u- na differenza di 1.300 tonnellate di latte la- vorato in più all’anno per quelli artigianali.

Anche i volumi trasformati dai caseifici a- ziendali, pur mantenendosi di molto infe- riori a quelli degli altri operatori, sono note- volmente cresciuti, portando questo tipo di strutture ad assumere dimensioni operati- ve più efficienti (tabella 4).

I quantitativi di latte complessivamente in- tercettati dai caseifici artigianali e da quel- li aziendali sono così passati dalle 171.000 tonnellate nel 1993 a circa 440.000 nel 2009 (tabelle 5 e 6).

Seguendo un trend di crescita costante, le sole strutture aziendali sono arrivate a tra- sformare nel 2009 circa 140.000 tonnellate di latte, pari al 9% del totale destinato a Par- migiano-Reggiano. Al contrario, i conferi- menti ai caseifici cooperativi, da un massi- mo di oltre 1,3 milioni di tonnellate rag- giunto nel 1998, sono scesi a meno di 1,2 milioni di tonnellate.

La raccolta dei caseifici sociali nei primi anni

’90 rappresentava l’87% del latte destinato ha modificato anche la distribuzione relati-

va alle rispettive quote di mercato, a causa della maggiore diffusione dei caseifici a- ziendali e dell'incremento dei conferimenti a trasformatori privati.

Questa tendenza si è tradotta in un aumen-

Foto Dell’Aquila

Tab. 4 - Dimensione media dei caseifici (t. di latte lavorato/anno).

Sociali Artigianali Aziendali Dimensione media Caseifici

4.245 5.563 1.824 3.940 2009 2.656

2.753 1.218 2.567 1998

3.213 4.270 1.652 3.139 2003 1.934

1.528 893 1.833

1993

Tab. 3 - Caseifici per tipologia in montagna (1993-2009).

Sociali Artigianali Aziendali Totale Caseifici

207 14 3 224

92,4 6,3 1,3 100 1993

Numero %

173 12 8 193

89,7 6,2 4,1 100 1998

Numero %

144 9 10 163

88,4 5,5 6,1 100 2003

Numero %

102 7 12 121

84,3 5,8 9,9 100 2009 Numero %

(11)

alla trasformazione in Parmigiano-Reggia- no. Nel 1998 la loro quota era scesa all’83%

del totale,subendo nel quinquennio succes- sivo un’ulteriore forte contrazione. Tra il 2003 e il 2009 il calo è rallentato in ragione di una frenata nella crescita dei conferimen- ti ai trasformatori privati, ma ora il latte la- vorato dagli impianti cooperativi si attesta al 73% del totale. In modo speculare il siste- ma dei caseifici privati è arrivato a racco- gliere nel 2009 il 27% del latte prodotto nel comprensorio.

Analogamente a quanto osservato per la di- stribuzione dei caseifici, il calo della produ- zione delle latterie sociali è rimasto in larga parte circoscritto ai caseifici di pianura. Dal 2003 le cooperative hanno infatti continua- to a trasformare il 90% del latte prodotto in montagna.In queste aree del comprensorio la crescita delle strutture private non ha per- ciò intaccato significativamente la loro fun- zione di principale collettore del latte.

In pianura la quota di produzione delle lat- terie sociali è, invece, scesa al 67%, nono- stante nell'ultimo quinquennio il ritmo del- la contrazione sia notevolmente rallentato.

Analizzando, infine, la distribuzione della produzione per provincia si rilevano altre si- gnificative differenze nel grado di penetra- zione nel territorio delle iniziative di tipo privato.Queste hanno trovato maggiori op- portunità di sviluppo in provincia di Parma, dove si concentra il 60% dei caseifici azien- dali e artigianali del comprensorio. Le 270.000 tonnellate di latte trasformato nel 2009 da queste strutture corrispondono a circa il 45% della produzione provinciale di latte destinato a Parmigiano-Reggiano.

A Reggio Emilia la crescita di queste tipolo- gie di conduzione ha conosciuto una sensi- bile accelerazione dalla seconda metà de- gli anni '90, per poi stabilizzarsi attorno a volumi pari al 20% della produzione della provincia.

Nella zona di Modena e Mantova la crescita dei caseifici artigianali e aziendali è stata,in- vece, più contenuta, con le latterie sociali che hanno mantenuto una quota pari ri- spettivamente all’85 e al 94% del latte pro- dotto nei rispettivi territori.

Fonte tabelle e figure:

elaborazioni Crpa su dati CFPR Foto Riccioni

Tab. 5 - Latte lavorato per tipologia di caseificio (dati in migliaia - t/anno).

Sociali Artigianali Aziendali Totale Caseifici

1.167 300 139 1.606 2009 1.304

215 52 1.571 1998

1.237 290 117 1.644 2003 1.172

141 31 1.344 1993

Tab. 7 - Conferimento di latte a caseifici sociali per provincia (t/anno).

Bologna Mantova Modena Parma Reggio Emilia Totale Caseifici

25.400 157.500 267.400 333.200 387.800 1.171.300

2009 29.900

164.800 269.100 392.900 447.300 1.304.000

1998

27.300 162.200 272.600 365.800 409.200 1.237.100

2003 27.000

151.500 234.800 352.900 405.600 1.171.800

1993

Tab. 6 - Conferimento di latte a caseifici aziendali e artigianali per provincia (t/anno).

Bologna Mantova Modena Parma Reggio Emilia Totale Caseifici

5.500 11.000 47.600 272.800 107.900 444.800 2009 3.300

11.000 42.300 165.100

45.400 267.100

1998

5.400 9.900 50.700 227.400 114.200 407.600 2003 1.200

10.100 23.200 113.100

24.300 171.900

1993

(12)

La situazione non è omogenea se osservata in base alla tipologia delle strutture di tra- sformazione.Il fenomeno è correlato alla di- mensione degli impianti nelle diverse mo- dalità di gestione: per esempio, nei caseifici artigianali/industriali il 93% del formaggio è prodotto da impianti che lavorano più di 4.000 t/anno di latte; in quelli aziendali gli impianti nella stessa classe dimensionale producono il 30% del formaggio e in quelli di tipo sociale il 74%.

Esistono poi differenze sostanziali anche tra le province. A Parma i caseifici che lavorano più di 8.000 tonnellate di latte all’anno sono il 7% del totale ed hanno trasformato il 28%

di prodotto complessivamente conferito; gli impianti che ne lavorano oltre 4.000 tonnel- late all’anno sono il 34% ed hanno trasfor- mato il 65% del latte.In questa provincia, in effetti, non si evidenzia una concentrazio-

N

el 2009 sono state prodotte 2.946.384 forme di Parmigiano-Reggiano. Il 69%

nelle province di Parma e Reggio Emilia (ri- spettivamente con il 38 e il 31% del totale), seguite da Modena con circa il 19%, Manto- va con il 10 e Bologna con il 2%. Le forme prodotte nelle zone montane del compren- sorio sono state il 22% del totale.

Rispetto al 2008 la produzione complessiva di forme si è ridotta di circa il 2%. Questa di- minuzione non è distribuita in modo omo- geneo fra le province del comprensorio:

Mantova -4,8%, Bologna -3,6%, Reggio Emi- lia -2,7%, Parma -1,9% e Modena +0,5%. La montagna soffre, in confronto al 2008, di u- na riduzione della produzione maggiore ri- spetto alla pianura (-3% contro -2%).

Più del 72% della produzione è stata realiz- zata nei caseifici sociali, quelli artigianali hanno ne hanno realizzata più del 18%, mentre la quota restante deriva dai caseifici aziendali e industriali.

Nel sistema dei caseifici del comprensorio del Parmigiano-Reggiano non c'è una con- centrazione produttiva esasperata in un nu- mero ristretto di impianti: infatti i caseifici più grandi (20% del totale) producono il 50% del formaggio.

Va però puntualizzato che si osserva un’in- cidenza abbastanza elevata di pochi caseifi- ci di grosse dimensioni. Quelli che lavorano annualmente più di 8.000 tonnellate di lat- te sono il 13% del totale e producono il 38%

del formaggio. Per queste elaborazioni so- no state utilizzate le partite Iva e non le ma- tricole dei singoli caseifici, al fine di indivi- duare la concentrazione della proprietà piuttosto che quella dei siti produttivi.

ne produttiva significativa e la quota lavo- rata nei caseifici più piccoli (66%) resta im- portante (35%).

La situazione cambia in provincia di Reggio Emilia, dove i caseifici che lavorano più di 8.000 tonnellate di latte all’anno sono il 18% del totale ed hanno trasformato il 40%

di prodotto; i caseifici che lavorano oltre 4.000 tonnellate di latte all’anno sono il 56% e ne hanno trasformato l’80%. A carico dei caseifici più piccoli resta il 20% del latte.

A Modena i caseifici che lavorano più di 8.000 tonnellate di latte all’anno sono il 13%

del totale ed hanno trasformato il 47% del latte;i caseifici che lavorano oltre 4.000 ton- nellate di latte all’anno sono il 30% ed han- no trasformato il 69% del latte. In questa provincia si nota un’incidenza più impor- tante dei caseifici di maggiori dimensioni rispetto alle altre province, mentre man-

Foto Dell’Aquila

Nella produzione di forme

si va verso la concentrazione

ADELFO MAGNAVACCHI Crpa Spa, Reggio Emilia

MARIA CRISTINA LANDI Servizio Sviluppo del Sistema Agroalimentare, Regione Emilia-Romagna

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tengono un certo rilievo le strutture pro- duttive più piccole con oltre il 30% del lat- te trasformato; sono invece le strutture di

In provincia di Mantova i caseifici che lavora- no più di 8.000 tonnellate di latte all’anno so- no il 36% del totale e ne hanno trasformato il 63%; i caseifici che lavorano oltre 4.000 ton- nellate di latte all’anno sono il 66% e ne han- no trasformato l’88%. In questa zona la con- centrazione della produzione è significativa:

più di un terzo dei caseifici è di grandi dimen- sioni e nell’insieme questi lavorano quasi i due terzi del latte della provincia.I caseifici più pic- coli, per quanto ancora rilevanti numerica- mente,ormai mostrano una scarsa incidenza sulla produzione (solo il 12%).

Bologna evidenzia una situazione interme- dia fra le diverse province e deve essere va- lutata in relazione al suo basso numero di caseifici. In questa area gli impianti che la- vorano più di 7.000 tonnellate di latte al- l’anno sono l’11% del totale e ne hanno tra- sformato il 21%; quelli oltre 4.000 tonnella- te di latte sono il 44% e trasformano una quota del 69%.

Le differenze fra le varie province sono effi- cacemente rappresentate in figura 1.

dimensione intermedia ad essere poco rappresentate sia in termini numerici, sia in quelli produttivi.

Fig. 1 - Numero di caseifici per classe di dimensione.

D

a alcuni anni, in particolare a partire dal 2006, ci si è accorti che il mercato del latte e dei derivati è passato da una si- tuazione di relativa stabilità ad una di enor- me volatilità, tanto che i prodotti lattiero- caseari a livello mondiale sono passati,in u- na speciale classifica, al primo posto tra le materie prime alimentari maggiormente volatili.Le variazioni di prezzo superano an- che il 60%, molto similmente a quanto av- viene per il caffè, mentre altri prodotti tra- dizionalmente compresi nella classifica so- no il cacao, la soia e il grano, che però subi- scono variazioni fino al 50%.

Questa volatilità ha messo in crisi il settore,

Da stabile a volatile:

un mercato senza certezze

ALBERTO MENGHI Crpa Spa, Reggio Emilia

Foto Marchetti

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viste le sue grosse difficoltà di adattamen- to al mercato. Se infatti consistenti oscilla- zioni di prezzo possono avvenire in poche settimane, i produttori di latte difficilmente riescono ad intervenire altrettanto veloce- mente sulle produzioni, sia perché i cicli di vita degli animali hanno tempi ben defini- ti, sia perchè è difficile da variare nel breve periodo la struttura dei costi.

Nel caso del Parmigiano-Reggiano, infatti, da quando una bovina nasce a quando il suo latte arriva sul banco di vendita come formaggio pronto per il consumo trascor- rono almeno quattro anni.In questo arco di tempo il prezzo del formaggio può essere già passato attraverso periodi più o meno lunghi di alti e bassi.

La volatilità dei prezzi, che si traduce in una continua incertezza di reddito per gli alle- vatori, unita alla bassa redditività che negli ultimi anni ha permesso con difficoltà di coprire i costi di produzione,ha spinto mol- te aziende da latte a cessare l’attività.

Per capire in dettaglio quali sono stati i margini di redditività delle aziende nel comprensorio del Parmigiano-Reggiano nel 2009, il Crpa ha realizzato, nel corso dei

Il lavoro ha permesso di monitorare un campione di 57 aziende operanti nelle province emiliane del comprensorio, di- stribuite nelle aree di montagna e di pia- primi mesi del 2010, l’annuale analisi dei

costi di produzione e della redditività gra- zie ad un progetto triennale finanziato dal- la Regione Emilia-Romagna.

Graf. 1 - Costi diretti nelle aziende ubicate in pianura nel 2008 e 2009 ( €/100 kg latte).

Tab. 1 - Caratteristiche strutturali dei campioni di aziende nel 2008 e 2009.

Numero vacche Razza prevalente

Produzione latte per vacca (kg/capo) Produzione totale latte in kg Superficie totale (ha) Superficie settore latte (ha) Contenuto in grasso (%) Contenuto in proteine (%) Vacche per ettaro foraggere (capi/ha) Superficie in affitto (ha)

Produttività del lavoro (kg latte/h) Nunero medio di parti

Prezzo vacche di scarto (euro/capo) Prezzo vitelli maschi (euro/capo) Affitto terreni (seminativi) (euro/ha) Caseifici

117 Frisona

7.168 841.346

61,68 54,27 3,42 3,12 1,91 27,71 85,47 3,92 317,80

81,67 382

123 Frisona

7.478 922.451

66,89 57,45 3,57 3,11 2,53 37,52 90,50 3,78 302,61 101,30 435

Pianura Montagna

2008 2009

110 Frisona

6.967 769.705

82,38 54,30 3,41 3,00 3,13 30,66 86,91 3,69 303,98

71,05 255

93 Frisona

6.639 618.785

74,00 41,02 3,61 3,12 2,47 43,56 76,20 3,71 327,17

81,32 274

2008 2009

Foto Marchetti

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nura. La scelta del campione e la rilevazio- ne dei dati sono state curate dalla società Dinamica in qualità di partner del proget- to. Grazie alla preziosa collaborazione di ri- cercatrici esperte delle realtà aziendali esi- stenti sul territorio regionale come Giuliet- ta Magagnoli e Valeria Monterosso è stato

stante,ma ogni anno a causa della continua chiusura di allevamenti da latte una piccola quota di aziende che cessano l’attività deve essere reintegrata con altre aventi caratteri- stiche simili alle medie del campione.

Le caratteristiche strutturali del campione analizzato sono riportate nella tabella 1.

ANALISI DEI COSTI DI PRODUZIONE NEL 2009

Nel campione analizzato, nel 2009 per pro- durre 100 kg di latte per Parmigiano-Reg- giano in un’azienda ubicata in pianura so- no stati necessari 53,32 € in termini di co- sto totale e 47,13 € in termini di costo net- to (sottraendo,cioè,dai costi totali i ricavi di carne e i contributi). Rispetto all’analisi ef- fettuata l’anno precedente si è avuto un ca- lo dell’8% del costo totale e del 9,2% di quello netto.

Nel caso, invece, di allevamenti ubicati in montagna, il costo totale di produzione è risultato di 58,03 €/100 kg, mentre il costo netto è stato pari a 49,53 € con una ridu- zione rispetto all’anno precedente del 7,6% del costo totale e del 12% di quello netto. La diminuzione è però il risultato di dinamiche interne alla struttura delle spese che variano tra gruppi di aziende, per cui diventa utile analizzarle maggiormente in possibile individuare gruppi di allevamen-

ti rappresentativi.

Le aziende scelte sono specializzate nell’al- levamento delle vacche da latte e questo permette un’allocazione dei costi più fede- le alle reali necessità della sola produzione di latte. Il campione è numericamente co-

Graf. 2 - Costi diretti nelle aziende ubicate in montagna nel 2008 e 2009 ( €/100 kg latte).

Graf. 3 - Costi diretti, inclusi quelli dei fattori di produzione espliciti (salari e affitto terreni) in pianura nel 2008 e 2009 ( €/100 kg latte).

Foto Riccioni

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dettaglio. Per interpretare al meglio i dati è bene ricordare che nella metodologia a- dottata tutti i costi e i ricavi includono l’Iva.

1. Costi diretti

Il 2009 non è stato un anno positivo per la produzione dei foraggi a causa di una sta- gione che non è stata ottimale sia nell’area del comprensorio che in quelle limitrofe da cui gli allevatori acquistano i foraggi ed altre materie prime. Nel contempo i è avu- ta una riduzione dei prezzi, in particolare per i cereali, che sono tornati alle quota- zioni del 2005-2006. Nelle aree di pianura che maggiormente si approvvigionano al- l’esterno si è avuto così un leggero calo dei costi (-2,4%), mentre il bilancio è stato ne- gativo in montagna, dove l’acquisto di ali- menti per unità di prodotto è aumentato portando la quota di mangimi acquistati su livelli del tutto simili a quelli della pia- nura (circa 28%).

Situazione analoga si è avuta per i foraggi, tanto che il maggior approvvigionamento esterno ha fatto raddoppiare i costi diretti di acquisto nelle aree di pianura, che sono passati da 0,87 a 1,76 €/100 kg di latte.

Molte altre voci di costo hanno subito dei ritocchi verso l’alto come, ad esempio, l’e- nergia e i carburanti, tanto da portare la

2. Costo dei fattori di produzione

Ai costi diretti finora considerati vanno ag- giunti gli esborsi per i fattori di produzione espliciti, cioè per la manodopera salariata e per la terra in affitto (vedi grafici 3 e 4).

Se per i costi diretti si sono avuti dei cam- somma dei costi diretti a 28,65 € (+4,4% ri-

spetto al 2008).

Il bilanciamento tra le maggiori spese di a- limentazione e gli altri costi diretti hanno portato, invece, ad una lieve riduzione dei costi diretti per le aziende di montagna, che hanno registrato un -2% complessivo.

Graf. 4 - Costi diretti, inclusi quelli dei fattori di produzione espliciti (salari e affitto terreni) in montagna nel 2008 e 2009 ( €/100 kg latte).

Graf. 5 - Ricavi totali e costi totali in pianura

nel 2008 e 2009 ( €/100 kg).

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biamenti nel complesso piuttosto limitati, le variazioni maggiori si sono registrate nei costi dei fattori di produzione calcolati. Per la maggior parte di questi,come prevede la metodologia messa a punto dal Crpa in as- senza di una contabilità specifica azienda- le, si tratta di costi stimati.

In entrambi i campioni,l’elemento che mag- giormente ha inciso è stata la riduzione del costo del denaro e, quindi, del capitale inve- stito: trattandosi di aziende con una buona capitalizzazione le riduzioni sono state con- sistenti e questo elemento ha alleviato gli o- neri in alcune aziende che negli ultimi anni si erano fortemente indebitate.

to variazioni di rilievo. Se si vanno però ad osservare i ricavi totali le differenze sono molto meno significative: 49,94 € in pianu- ra, 49,41 € in montagna.

Quindi se da un lato si è avuta una contra- zione dei costi di produzione e dall’altro un aumento dei ricavi, si può affermare che nel 2009 la situazione economica delle a- ziende del campione è mediamente mi- gliorata rispetto al 2008. Ciò per il 2009 si traduce in una riduzione del divario esi- stente tra ricavi totali e costi totali, per cui il profitto resta negativo in entrambi i casi ma in netto miglioramento.

Come accade da diversi anni a questa parte i ricavi totali non sono in grado di coprire i co- sti totali.Osservando,invece,il margine lordo, e cioè la differenza tra ricavi e costi diretti, si ottiene un significativo incremento in en- trambi i casi con un +17% in pianura e un +15% in montagna nel 2009 rispetto al 2008.

Questo ha fatto sì che la remunerazione ora- ria del lavoro aziendale sia arrivata a 8,99 €in pianura (+6,76 €/ora) e 7,65 in montagna (+4,04 €/ora).Nel complesso ciò si traduce in un reddito medio familiare di 83.100 €per le aziende di pianura e di 68.000 €per quelle di montagna.

Fonte tabelle e figure: elaborazioni Crpa Un altro elemento interessante che emerge

soprattutto nelle aziende di pianura è l’in- cremento della quota di manodopera sala- riata rispetto a quella familiare. Nel com- plesso, quindi, i costi dei fattori di produzio- ne passano da 25,65 €/100 kg di latte nel 2008 a 19,41 € nel 2009 in pianura e da 31,87 € a 27,56 € in montagna.

PREZZO E REDDITIVITÀ

Mentre dai dati rilevati si osserva chiara- mente che il prezzo del latte nelle aziende di pianura nel 2009 è aumentato di 3,72

€/100 kg di latte (grafico 5),il prezzo rileva- to nelle aziende di montagna non ha subi-

Graf. 6 - Ricavi totali e costi totali in montagna nel 2008 e 2009 ( €/100 kg).

Tab. 2 - Indicatori di redditività dei campioni nel 2008 e 2009.

Ricavi totali

Costo di produzione totale Profitto (ricavi - costi)

Costi diretti (inclusi salari e terra in affitto) Margine lordo (ricavi - costi diretti) Remunerazione oraria (euro/h) Indicatori

46,06 57,96 -11,90 32,40 13,66 2,23

49,94 53,32 -3,38 33,91 16,03 8,99 Pianura 117 vacche

(7.170 kg) 2008

117 vacche (7.468 kg)

2009

47,29 62,79 -15,50 30,92 16,37 3,61

49,41 58,03 -8,62 30,47 18,94 7,65 Montagna 110 vacche

(6.967 kg) 2008

93 vacche (6,639 kg) 2009

Foto Dell’Aquila

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L

a regolamentazione, da parte dell’U- nione europea nel 1999, della zootec- nia biologica aveva fatto pensare alla pos- sibilità di un vero e proprio boom dei pro- dotti bio. Invece in poco tempo ci si è resi conto delle difficoltà tecniche e commer- ciali di produrre in regime biologico, raf- freddando così gli entusiasmi iniziali.

Dai censimenti effettuati periodicamente a li- vello regionale da Prober,risulta che le azien- de che producono latte biologico per Parmi- giano-Reggiano sono circa 50 su un totale di 4.373 (2008/2009) in Emilia-Romagna, con un’incidenza pari all’1%, mentre rispetto ai 423 caseifici che nel 2008 producevano Par- migiano-Reggiano,la quota di quelli bio inte- ressava circa il 7%.

Le ragioni dello scarso sviluppo di questo settore è da ricercarsi nei risultati economici delle aziende, che sostengono costi di pro- duzione più elevati rispetto a quelle che ope- rano in regime convenzionale, ma non sem- pre riescono ad ottenere ricavi proporzio- nalmente superiori.

Nel database di aziende da latte che il Crpa - in collaborazione con Dinamica scarl - rileva ai fini del calcolo dei costi di produzione è stato selezionato un gruppo che produce latte per Parmigiano-Reggiano secondo il metodo biologico. Si tratta di 10 allevamen- ti le cui caratteristiche sono sintetizzate nel- la tabella 1.

Purtroppo, visto il numero limitato del cam- pione, non è stato possibile dividere quelle che operano in pianura da quelle di monta- gna,ma nel complesso si tratta di aziende di una certa dimensione (135 vacche),del tutto simili per quantità di latte prodotto al cam- pione che opera con il metodo convenzio- nale in pianura,seppure con una minore pro- duttività di latte per vacca.

L’elemento che più differenzia la loro strut- tura è la maggiore disponibilità di terra e il minor carico di bestiame per ettaro, vista proprio la necessità di un maggior autoap- provvigionamento prevista per le aziende biologiche.Questo determina conseguenze sulla struttura dei costi, che quindi risulta di- versa rispetto alle aziende che operano in re- gime convenzionale.

PREZZO DEL LATTE E RICAVI TOTALI

In assenza di un mercato del latte biologico per Parmigiano-Reggiano diventa difficile indicare un prezzo di riferimento per questo prodotto.Inoltre in molti casi le imprese han- no i caseifici aziendali, per cui raramente gli stessi allevatori riescono ad attribuire un giu-

Foto Riccioni

Latte bio: una scelta gravosa e non sempre redditizia

ALBERTO MENGHI

Crpa Spa, Reggio Emilia

Tab. 1 - Caratteristiche strutturali

dei campioni di aziende nel 2009.

Numero vacche Razza prevalente

Produzione latte per vacca (kg/capo) Produzione totale latte in kg Superficie totale (ha) Superficie settore latte (ha) Contenuto in grasso (%) Contenuto in proteine (%) Vacche per ettaro foraggere (capi/ha) Superficie in affitto (ha)

Produttività del lavoro (kg latte/h) Nunero medio di parti

Prezzo vacche di scarto (euro/capo) Prezzo vitelli maschi (euro/capo) Affitto terreni (seminativi) (euro/ha) Dati

123 Frisona

7.478 922.451

66,89 57,45 3,57 3,11 2,53 37,52 90,50 3,78

303 101 435

Convenzionale pianura Aziende biologiche 2009

135 Frisona/altre razze

6.784 917.169

126,56 83,98 3,60 3,32 2,01 67,11 73,98 3,75

333 159 331 2009

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sto prezzo alla materia prima conferita al pro- prio caseificio. Per questa ragione la variabi- lità dei listini all’interno del campione è no- tevole, in funzione anche dell’efficienza e della capacità di vendita dei diversi caseifici.

Per questo ci sono diversi casi in cui il prezzo è del 5-10% superiore a quello pagato per il latte convenzionale,ma altri in cui il prezzo è decisamente inferiore. Da queste premesse consegue che il prezzo medio di 42,34 €/100 kg di latte calcolato non può essere conside- rato come riferimento per il 2009 e con mol- ta probabilità è sottostimato rispetto alle condizioni di mercato.

Invece,è interessante notare che in termini di

Reggiano biologico sono stati necessari 61,22

€in termini di costo totale e 49,92 €in termi- ni di costo netto (sottraendo,cioè,dai costi to- tali i ricavi di carne e i contributi). Rispetto ad aziende di pianura che producono latte per Parmigiano-Reggiano convenzionale,la diffe- renza è di circa il 15% in termini di costo tota- le e di circa il 6% in termini di costo netto.

1. Costi diretti

Avendo maggiori superfici da coltivare e do- vendo per regolamento produrre buona parte degli alimenti zootecnici in azienda,le aziende bio dipendono meno dal mercato e, quindi, la spesa per l’acquisto dei mangi- mi pesa per il 22,6% sul costo totale contro il 28% degli allevamenti convenzionali.

La maggiore coltivazione in azienda, però, comporta che altre voci dei costi diretti - co- me l’energia, la manutenzione delle mac- chine, i contoterzisti - incidano percentual- mente di più; dall’altro lato, però, le aziende

bio spendono meno per veterinari e medi- cinali. Il bilancio dei costi diretti per produr- re 100 kg di latte alla fine dei conti è più van- taggioso per le aziende biologiche, che spendono in totale 27,23 € contro i 28,65 di quelle convenzionali (grafico 1).

2. Costo dei fattori di produzione Ai costi diretti finora considerati vanno ag- giunti gli esborsi per i fattori di produzione espliciti, cioè per la manodopera salariata e per la terra in affitto.Nel caso del biologico la necessità di avere maggiori superfici agrico- le porta a una maggiore incidenza delle spe- se per l’affitto della terra (grafico 2).

ricavi totali le aziende biologiche beneficiano di una migliore valorizzazione della carne (vacche e vitelli di scarto), tanto che in alcuni casi ingrassano i vitelloni da destinare al mer- cato delle carni bio.Inoltre ottengono contri- buti pubblici specifici per l’adesione al meto- do biologico,per il quale devono seguire uno specifico iter di certificazione. Per loro i ricavi totali ammontano a 53,64 €/100 kg contro i 49,94 €/100 kg delle aziende convenzionali.

ANALISI DEI COSTI

DI PRODUZIONE NEL 2009

Nel campione di aziende analizzato,nel 2009 per produrre 100 kg di latte per Parmigiano-

Graf. 1 - Costi diretti nelle aziende convenzionali e biologiche nel 2009 ( €/100 kg latte).

Tab. 2 - Indicatori di redditività dei campioni nel 2008 e 2009 ( €/100 kg di latte).

Ricavi totali

Costo di produzione totale Profitto (ricavi - costi)

Costi diretti (inclusi salari e terra in affitto) Margine lordo (ricavi - costi diretti) Remunerazione oraria (euro/h) Indicatori

49,94 53,32 -3,38 33,91 16,03 8,99

53,64 61,22 -7,58 33,27 20,37 8,29 123 vacche

(7.468 kg) 2008

135 vacche (7.468 kg) bio

2009

Foto Marchetti

(20)

Se per i costi diretti le differenze tra biologico e convenzionale tendono ad arrivare a livelli del tutto simili,quelle relative ai costi calcola- ti sono molto più marcati.Nelle aziende bio la produzione dei foraggi richiede un maggior impiego di manodopera e, in particolare, di quella familiare,che incide per 4,8 €in più per ogni 100 kg di latte prodotto.

Altri elementi significativi sono gli ammorta- menti di macchine e fabbricati. Per le mac- chine vale quanto già detto in precedenza, cioè l’elevato utilizzo per le coltivazioni aziendali. Per i fabbricati si conferma la ne- cessità per gli allevamenti biologici di di- sporre di maggiori spazi rispetto a quelli con- venzionali. Inoltre, come già evidenziato, il costo della terra ha una maggiore incidenza.

In conclusione il costo dei fattori di produ- zione calcolati è di 27,95 €per le aziende bio- logiche e di 19,41 €per quelle convenziona- li, che sommandosi alle voci stimate in pre- cedenza danno il costo totale (grafico 3).

LA REDDITIVITÀ

Sulla base delle indicazioni di prezzo ricevu- te dagli allevatori intervistati e dal calcolo dei costi, anche nel caso del latte biologico per Parmigiano-Reggiano i ricavi totali non rie- scono a coprire i costi totali e, quindi, il pro- fitto è negativo per un importo pari a 7,58 € ogni 100 kg di latte prodotto.

Se,però,si osserva il margine lordo,cioè la dif- ferenza tra i ricavi totali e i costi diretti (inclu- si salari e terra in affitto),si nota che per il lat- te biologico è superiore alle aziende con- venzionali di 4,34 €ogni 100 kg di latte;la re- munerazione del lavoro nei due campioni di aziende, invece, è del tutto simile, ma più al-

cianti per il Parmigiano-Reggiano bio, in realtà non si registrino dati economici tali da giustificare il passaggio al biologico di un’a- zienda convenzionale,oltre all’impegno che tale scelta comporta.

Fonte tabelle e figure: elaborazioni Crpa to nelle aziende convenzionali. Questo vuo-

le dire che per arrivare a risultati economici simili in quelle biologiche è necessario un maggior apporto di manodopera, che è in prevalenza di tipo familiare.

Questi dati spiegano perché, a fronte di un interesse dei trasformatori e dei commer-

Graf. 2 - Costi diretti, inclusi quelli dei fattori di produzione espliciti (salari e affitto terreni) nel 2009 ( €/100 kg latte).

Graf. 3 - Ricavi totali e costi totali nelle aziende convenzionali e bio nel 2009 ( €/100 kg).

Foto Cervellati

(21)

N

ella sua annuale analisi della filiera del Parmigiano-Reggiano,il Crpa ha calco- lato la variazione del costo di trasformazio- ne del latte relativamente al 2009.

Per tale stima si è utilizzato il campione di 77 caseifici costituito dal Crpa nel 2006. Gli im- pianti di trasformazione sono ubicati nelle province di Parma, Reggio Emilia e Modena e hanno una rappresentatività di circa il 17%

dei caseifici in attività nel comprensorio.

Il calcolo è stato fatto utilizzando i dati con- tabili provenienti dai bilanci,integrati con al- tri dati extra contabili raccolti con un appo- sito questionario. A questa regola fanno ec- cezione solamente due voci: interessi ed ammortamenti, al fine di dare una unifor- mità di calcolo che non si sarebbe potuta ot- tenere attingendo direttamente da ogni sin- golo bilancio.

Gli interessi d’anticipazione e le spese rispet- to agli incassi sono stati calcolati conside- rando:

un capitale anticipato uguale alla som- ma di tutti i costi espliciti sostenuti dal caseificio;

tato dagli impianti (12%) e il rimanente 60%

sia attribuibile ai fabbricati (3%).Tale aliquo- ta è stata applicata a tutti i caseifici indipen- dentemente dal grado d’ammortamento raggiunto.Si ricorda che il costo totale di tra- sformazione è comprensivo della raccolta del latte presso le aziende socie.

Tra gli elementi più importanti per capire l’andamento dei costi di trasformazione ci

un tasso d’interesse per il 2009 dell’1,01%;

un’anticipazione media di 12 mesi.

Il calcolo degli interessi sul capitale e degli ammortamenti è stato fatto partendo da una stima del costo di costruzione. Il tasso d’interesse utilizzato è stato del 2% per un periodo di 12 mesi,mentre per gli ammorta- menti si è applicata un’aliquota del 6,6% ipo- tizzando che il 40% del valore sia rappresen-

Costi non sempre legati alla struttura aziendale

EUGENIO CORRADINI

Crpa Spa, Reggio Emilia

Tab. 1 - Costo di trasformazione del latte nella gestione diretta

per zona altimetrica nel 2009.

Costi di lavorazione Costi per servizi Commercializzazione Spese generali Automezzi raccolta latte Interessi e ammortamenti Costo di trasformazione (1) Voci di costo

8,59 1,69 0,48 1,77 0,46 2,37 15,36

55,9 11,0 3,2 11,5

3,0 15,4 100,0

8,64 1,71 0,49 1,81 0,46 2,07 15,18

56,9 11,2 3,3 11,9

3,1 13,6 100,0

9,48 1,76 0,69 2,18 0,66 2,53 17,31

54,8 10,2 4,0 12,6

3,8 14,6 100,0

9,53 1,78 0,70 2,23 0,67 2,19 17,10

54,8 10,2 4,0 12,6

3,8 14,6 100,0

€/100 kg 2008

media latte lavorato 5.205 t Pianura

2009

% €/100 kg % €/100 kg

2008

media latte lavorato 3.828 t Montagna

2009

% €/100 kg %

(1) Comprensivo della raccolta del latte.

Tab. 2 - Costo di trasformazione del latte nella gestione in appalto nel 2009

Costi di lavorazione + appalto Costi per servizi

Commercializzazione Spese generali Interessi e ammortamenti Costo di trasformazione (1) Voci di costo

7,85 1,79 0,40 1,86 2,42 14,32

54,8 12,5 2,8 13,0 16,9 100,0

7,89 1,81 0,41 1,90 2,16 14,17

55,7 12,8 2,9 13,4 15,2 100,0

€/100 kg 2008

Latte lavorato: 4.529 t.

2009

% €/100 kg %

(1) Comprensivo della raccolta del latte.

Foto Arch. Consorzio del Formaggio Parmigiano-Reggiano

(22)

sono la distinzione dei caseifici per zona alti- metrica,per dimensione e per tipo di gestio- ne.Quest’ultima può essere:

diretta, dove casaro e garzoni sono sti- pendiati;

in appalto,con un casaro appaltatore che gestisce l’impianto.

La seconda tipologia è particolarmente dif- fusa nella provincia di Parma.

CASEIFICI

A GESTIONE DIRETTA

Il costo di trasformazione del latte in Parmi- giano-Reggiano nel 2009 per i caseifici a ge- stione diretta operanti in pianura (tabella 1) è stato pari a 15,18 €/100 kg di latte lavora- to contro i 15,36 del 2008,con una riduzione dell’1,2%. In montagna il costo di trasforma- zione è stato pari a 17,10 € per 100 kg di lat- te lavorato contro i 17,31 €del 2008,con una diminuzione dell’1,3%.

Le variazioni sono da attribuire alla riduzio- ne del prezzo dei prodotti energetici e al mi- nor costo del denaro, che ha ridotto gli one- ri per interessi.

Approfondendo l'analisi, nei caseifici di pia- nura i costi di lavorazione del latte incidono per il 56,9% su quello totale di trasformazio- ne, mentre i servizi - come assistenza chimi- ca,marchiatura e assicurazioni - hanno un’in- cidenza dell’11,2%. Altre importanti voci di costo sono gli interessi e gli ammortamenti (13,6%) e le spese generali (11,9%). Facendo un’analisi dell’andamento delle spese gene- rali,si può affermare che il loro ammontare e la loro incidenza sul costo totale crescono sempre più nel tempo, a seguito di tutti gli

2008, con una riduzione dell’1,1% rispetto all’anno precedente. Dal confronto con il 2008 si è evidenziato l’aumento del costo dell’appalto per adeguarlo al rialzo delle materie prime, compensato anche in que- sto caso dalla diminuzione delle spese so- stenute per l’energia e gli interessi.

In generale, rispetto al 2008 si è notata la contrazione del costo di trasformazione a seguito della riduzione di quello per l’ener- gia energia elettrica e dei carburanti.

Nei caseifici condotti in appalto il costo di la- vorazione del latte incide per il 55,7% su quello totale di trasformazione (tabella 2). I servizi hanno un’incidenza del 12,8%, men- tre le altre voci importanti di costo sono gli interessi e gli ammortamenti (15,2%) e le spese generali (13,4%).

Rispetto alla gestione diretta,l'appalto com- porta un costo di lavorazione inferiore, per effetto della migliore organizzazione che spesso l'appaltatore riesce a perseguire al- l'interno del caseificio.

TRASFORMAZIONE E DIMENSIONE

Il costo di trasformazione è stato valutato anche in base alla dimensione del caseifi- cio. Per quanto riguarda la gestione diretta, si passa da 19,57 €/100 kg spesi media- mente nel 2009 per la lavorazione del latte nelle piccole strutture con capacità di lavo- razione inferiori a 3.000 tonnellate annue a 12,86 € dei caseifici con oltre 9.000 tonnel- late di latte lavorato (tabella 3).

Nella gestione in appalto il costo di trasfor- oneri amministrativi che le cooperative e le

imprese agricole devono sostenere per ri- spettare nuove e crescenti norme di com- portamento e documentazione.

Per i caseifici di montagna i costi di lavora- zione rappresentano il 54,8% del totale e as- sumono maggiore peso gli oneri della com- mercializzazione, che arrivano al 4%, dei mezzi per la raccolta del latte (3,8%) e delle spese generali (12,6%). Tutto questo per ef- fetto delle minori economie di scala che que- sti caseifici riescono a realizzare e per i più di- sagiati percorsi che debbono percorrere i mezzi utilizzati nella raccolta del latte.

CASEIFICI IN APPALTO

Nel 2009 il costo di trasformazione del latte in Parmigiano-Reggiano per i caseifici con gestione in appalto è stato pari a 14,17

€/100 kg di latte lavorato contro i 14,32 del

Tab. 3 - Costo di trasformazione per classi di dimensione dei caseifici di pianura nella gestione diretta nel 2009.

Costi di lavorazione Costi per servizi Commercializzazione Spese generali Automezzi raccolta latte Interessi e ammortamenti Costo totale

Voci di costo

11,04 1,89 0,92 2,59 0,68 2,45 19,57

56,3 9,7 4,7 13,2

3,6 12,5 100,0

8,51 1,68 0,32 1,72 0,38 2,07 14,68

58,0 11,4 2,2 11,7

2,6 14,1 100,0

7,53 1,70 0,14 1,53 0,30 1,89 13,09

57,4 13,0 1,2 11,7

2,3 14,4 100,0

7,04 1,62 0,47 1,45 0,60 1,68 12,86

54,7 12,6 3,7 11,2

4,7 13,1 100,0

€/100 kg fino a 3.000 (media 2.173 t)

Classi di dimensione produttiva (t di latte lavorato/anno) da 3.000 a 6.000

(media 4.278 t)

% €/100 kg % €/100 kg

da 6.000 a 9.000 (media 6.877 t)

oltre 9.000 (media 11.028 t)

% €/100 kg %

Foto Arch. Consorzio del Formaggio Parmigiano-Reggiano

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