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CONSIDERAZIONI MEDICO - LEGALI SU UN CASO DI PRESUNTA RESPONSABILITA’ PROFESSIONALE PER OMESSA DIAGNOSI PRECOCE DI LINFOMA NON HODGKIN AD ALTO GRADO DI MALIGNITA’ CON INIZIALE LOCALIZZAZIONE MIDOLLARE SPINALE

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CONSIDERAZIONI MEDICO - LEGALI SU UN CASO DI PRESUNTA RESPONSABILITA’

PROFESSIONALE PER OMESSA DIAGNOSI PRECOCE DI LINFOMA NON HODGKIN AD ALTO GRADO DI

MALIGNITA’ CON INIZIALE LOCALIZZAZIONE MIDOLLARE SPINALE

MEDICAL LEGAL CONSIDERATIONS ON A CASE OF ALLEGED LIABILITY 'PROFESSIONAL FOR FAILURE TO EARLY DIAGNOSIS OF NON-HODGKIN

LYMPHOMA HIGH DEGREE OF MALIGNANCY' INITIAL LOCATION WITH SPINAL MARROW

Angelo Porrone 1

1 Angelo Porrone - Coordinatore Medico Centrale – Responsabile U.O.C. Area Studi, Ricerca e Procedure Medico Legali – Coordinamento Generale Medico Legale INPS - Roma

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INTRODUZIONE

La responsabilità professionale medica è legata all’inadempimento di una obbligazione contrattuale, che è obbligazione di mezzi e non di risultato.

Il caso che si va a descrivere, riportato a mero titolo esemplificativo e didattico, riguarda non tanto gli aspetti deontologici, pur molto importanti, sul consenso informato in oncologia, o lo stato di necessità o il consenso allargato, in corso di interventi chirurgici esplorativi, o altre situazioni similari, ma piuttosto il problema della conoscenza clinica e della competenza specialistica.

A tal riguardo vale la pena di ricordare che la valutazione della responsabilità professionale del sanitario incaricato della cura, parte dalla considerazione delle cognizioni fondamentali generali proprie del medico specialista nel proprio campo, non facendo, quindi riferimento alle conoscenze fondamentali proprie del medico generico, in base anche ad alcune sentenze specifiche della Cassazione.

La presunta colpa professionale ipoteticamente ascrivibile, non inerisce il comportamento degli oncologi, nella fattispecie, ma piuttosto quelli di altri specialisti, chiamati non tanto a prestare il trattamento specifico del caso, ma a fare diagnosi, in modo circostanziato, nel più breve tempo possibile, onde inviare il paziente presso centri di cura appropriati, per non pregiudicare il buon esito e le possibilità terapeutiche del paziente, certamente migliori negli stadi più iniziali rispetto a quelle assai meno fauste degli stadi avanzati.

Trattandosi, quindi, di possibili errori di tipo omissivo, ove l’errore consiste nella mancata diagnosi, circostanziata, bisogna pure dimostrare che, nello specifico caso considerato, quella determinata diagnosi era formulabile non come puro sospetto o possibilità, ma piuttosto come ipotesi verificabile, con criterio di elevata probabilità se non proprio di certezza assoluta, almeno in ambito penale in base alla nota sentenza Franzese della Cassazione del 2002.

Evitare ciò è possibile attraverso una raccolta anamnestica scrupolosa, altrimenti si corre il serio rischio di incorrere in carenze diagnostiche, etichettabili sotto il profilo della responsabilità professionale, trattandosi di specialisti con presumibile preparazione specifica superiore alla norma, nella disciplina di competenza.

La diagnosi esatta è in effetti soprattutto ottenibile attraverso una opportuna ed oculata scelta dei mezzi diagnostici realmente appropriati alle necessità del caso e mediante la loro corretta interpretazione.

Anche, quindi, una inadeguata classificazione diagnostica in stadi e la scelta o la mancata indicazione di successivi possibili rimedi terapeutici efficaci e

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protocollari, rappresentano un’omissione rilevante che può mettere a repentaglio la salute e le probabilità di sopravvivenza globale del paziente, appesantendone, in molti casi, notevolmente la prognosi.

Da ultimo, nel caso in specie, una menzione particolare merita la possibile eventuale responsabilità professionale dell’anatomopatologo, riguardo, ad esempio, alla erronea distinzione fra tumori benigni e maligni, o alla specifica individuazione del diverso grado di malignità o del semplice accertamento della presenza di un tumore maligno, non espressamente indicato, come necessario, con mancata tipizzazione della neoplasia.

La scorretta descrizione del quadro microscopico istologico ipoteticamente verificato, nel caso di un patologo, con eventuale omessa classificazione e schematizzazione architetturale e morfologica della lesione eventualmente indagata, limitandosi, ad. es., lo stesso dunque, a riferire la semplice deduzione diagnostica o, viceversa, l’assenza di refertazione e deduzione diagnostica in rapporto alla più o meno puntuale e precisa descrizione delle anomalie strutturali e morfologiche degli elementi cellulari riscontrati, nel tessuto analizzato, sono altri frequenti errori attinenti all’esecuzione di un corretto esame istopatologico, in generale.

Identiche valutazioni possono riguardare anche gli altri specialisti impegnati in accertamenti diagnostici, onde la necessità oggettiva di fornire, da parte di questi sanitari, riscontri diagnostici possibilmente chiari e circostanziati, corredati, nel miglior modo possibile, anche di sufficienti descrizioni morfo - funzionali.

CASO CLINICO

Il presente caso viene riportato, in forma anonima, a mero tipo esemplificativo e didattico.

ANAMNESI

Il paziente, di anni 51 all’epoca, nel 1991, essendo nato nel 1940, viene ricoverato in data 29.05.91 presso una divisione di Ortopedia e Traumatologia, e di lì trasferito, appena dopo, presso al divisione di Neurochirurgia di altro ospedale, per gli accertamenti e le cure del caso, in data 30.05.91; rimasto colà degente fino alla data del 13.06.91, viene, quindi di nuovo trasferito, nella stessa data della dimissione, presso il reparto di Medicina Generale del I° ospedale e di lì dimesso ancora una volta, in data 16.06.1991, per essere ancora trasferito, per l’ennesima volta, presso il reparto di Urologia dello stesso nosocomio, nella stessa data, ove resta degente fino al 27.07.91; tali ricoveri sono motivati dalla presenza di una paraparesi spastica agli

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arti inferiori, a lenta insorgenza, con associata lombosciatalgia bilaterale e parestesie agli arti inferiori e di una concomitante orchiepididimite cronica dx, di ndd.

Volendo ricapitolare brevemente la successione dei ricoveri e le diagnosi stilate nelle varie occasioni, si può così sintetizzare:

1. ricoverato dal 29.05.91 al 30.05.91 presso un reparto di Ortopedia e Traumatologia: diagnosi di ingresso: paraparesi spastica acuta ed ingravescente da compressione midollare di n.d.d.; diagnosi di uscita: idem, trasferito presso reparto di Neurochirurgia di altro ospedale;

2. ricoverato, dopo trasferimento dal I° ospedale, dal 30.05.91 al 13.06.91 presso il reparto di Neurochirurgia di un II° ospedale, con identica diagnosi di ingresso e di uscita; in più, nella diagnosi di uscita, alla voce interventi chirurgici, viene riferito: laminectomia decompressiva D8-D10 con asportazione di tessuto eteroplastico a manicotto. Viene anche riportata in diagnosi la presenza di: ipostenia al Barrè agli arti inferiori più evidente a dx;

3. ricoverato, dopo trasferimento dal reparto di Neurochirurgia del II°

ospedale, dal 13.06.91 al 16.06.91 presso il reparto di Medicina Generale del I°

ospedale, con diagnosi di entrata identica a quella formulata dal reparto di Neurochirurgia; diagnosi di uscita: Paraparesi spastica da compressione D8-D10 in paziente con sospetto K testicolare. Criptorchidismo sx.;

4. ricoverato, quindi, dopo trasferimento dal reparto di Medicina Generale, presso il reparto di Urologia del I° ospedale, dal 16.06.91 al 27.07.91;

diagnosi di entrata: Orchiepididimite cronica dx. Testicolo ritenuto sinistro in paziente già operato di emilaminectomia decompressiva per neoplasia extradurale D8-D10 di n.d.d.;

diagnosi di uscita: identica a quella di entrata. NB: il paziente rifiuta ulteriori accertamenti e viene dimesso nonostante i sanitari lo abbiano edotto dei rischi ai quali va incontro.

5. ricoverato presso la divisione di Chirurgia Generale del I° ospedale dal 25.10.93 al 7.11.1993;

diagnosi d’entrata: adenopatia ascellare sinistra;

diagnosi d’uscita: adenopatia ascellare sinistra, con voluminoso pacchetto linfonodale del cavo ascellare sx adeso alla parete toracica, in soggetto già trattato (chirurgicamente) per linfoma non Hodgkin (NB: l’espressione “in soggetto già trattato per linfoma non Hodgkin” compare in aggiunta e con scrittura diversa, indicando, comunque, una diagnosi a posteriori, evidentemente per la primitiva localizzazione midollare dorsale, trattata, solo chirurgicamente, con intervento di decompressione midollare);

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6. ricoverato dal 16.11.94 al 23.12.94, ancora presso il I° ospedale, divisione di Chirurgia Generale;

diagnosi d’entrata: versamento pleurico sinistro;

diagnosi d’uscita: metastasi pleuriche in paziente con linfoma non Hodgkin;

miglioramento;

7. ricoverato ancora presso la stessa divisione e lo stesso nosocomio dal 5.2 al 25.2 1995 e poi dal 23.3 al 26.04.95, per identici motivi; ricoverato, infine, dal 7.5.95 al 10.5.95 per aggravamento e successivo exitus, intervenuto, appunto in data 10.5.95.

Assai utile si rivela anche riportare i principali accertamenti eseguiti e le terapie specifiche effettuate nelle varie occasioni di ricovero:

1. visita generale; nessuna terapia specifica;

2. visita generale; esami specialistici: T.C. della colonna vertebrale tratto dorso-lombare (presenza di manicotto di tessuto neoformato estrinseco comprimente il midollo a livello dei metameri D8-D10); visita neurologica. Terapia:

laminectomia decompressiva D8-D10 con asportazione di tessuto eteroplastico a manicotto; esame istologico di materiale da prelievo sito a livello del midollo spinale, spazio intervertebrale-extradurale (con blocco midollare D10). Esame istologico:

“infiltrato linfoide costituito da cellule di media e grande taglia (blasti). Quadro compatibile con processo linfoproliferativo. Le cellule risultano positive per LEV (antigene leucocitario comune)”;

3. visita generale; nessun esame specifico; nessuna terapia specifica;

4. visita generale; biopsia testicolo dx; esame istologico in estemporanea del materiale biopsiato: “testicolo di tipo adulto con spermatogenesi parzialmente conservata e moderata ialinosi peritubulare; orchiectomia sinistra”; nessun altro esame specifico;

5. visita generale; eseguita asportazione di massa linfonodale ascellare sinistra; esame istologico del materiale asportato, dopo linfadenectomia: all’esame macroscopico, “pacchetto di cm 10x9x4 contornato da tessuto adiposo, al taglio di colore grigiastro, di aspetto parzialmente nodulare e con aree di necrosi”; all’esame microscopico: “Linfoma maligno non Hodgkin di derivazione B linfocitaria, ad alto grado di malignità, a crescita diffusa, immunoblastico a differenziazione plasmoblastica”; eseguiti, anche, TC torace e addome: “presenza di vistosa

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linfoadenopatia situata in sede paravertebrale toracica e lomboaortica, adesa e comprimente le strutture circostanti”;

6. visita generale; eseguiti Rx torace, esame citopatologico sul sedimento dell’essudato pleurico, TC torace; effettuata radioterapia palliativa loco-regionale;

prescritta polichemioterapia di salvataggio (n. 3 cicli);

7. visite generali: eseguite Rx grafie di controllo, TC di controllo, consulenze oncologiche; prescritta polichemioterapia di salvataggio (altri 3 cicli).

In sostanza e in definitiva le terapie specifiche attuate nella circostanza, nel corso del tempo, sono state, nell’ordine:

laminectomia decompressiva D8-D10 con asportazione di tessuto eteroplastico a manicotto, in occasione del II° ricovero presso un reparto di Neurochirurgia d’Urgenza;

orchiectomia sinistra in occasione del IV° ricovero;

asportazione, con linfoadenectomia, di voluminoso pacchetto linfonodale del cavo ascellare sinistro, adeso alla parete toracica, in occasione del V°

ricovero;

n.ro 6 cicli di polichemioterapia, secondo schemi prestabiliti, per via ambulatoriale, a partire da novembre 1993 fino a maggio 1994, ottenendo un breve periodo di remissione clinica completa, perdurato fino a ottobre- novembre 1994;

n,ro 1 ciclo di radioterapia adiuvante locoregionale, sull’ascella sinistra, dal 9.5.94 al 2.6.94 con dose totale di 3520 cGy (centigray o rad, nella vecchia nomenclatura);

n.ro 3 cicli di polichemioterapia di salvataggio dopo la comparsa della ripetizione metastatica pleurica, con versamento secondario all’emitorace di sinistra;

altri 3 cicli di polichemioterapia in occasione degli ultimi ricoveri, nel 1995.

Gli allegati alla presente relazione sono, oltre alle cartelle cliniche relative ai vari ricoveri, anche:

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1. referto della consulenza neurologica compiuta in data 18.03.93 che accerta che l’EON è negativo, in assenza di segni focali e che la mielopatia di cui aveva sofferto il paziente era dovuta ad una compressione da linfoma, e che l’ultimo controllo RM, del dicembre 1992 rilevava “ancora la presenza di un segnale patologico a livello della parete toracica posteriore sinistra”, onde la necessità di ripetere l’esame RM con mezzo di contrasto, e di effettuare una nuova visita neurologica di controllo;

2. certificato specialistico, divisione di Medicina Interna, del 20.12.93, dove si attesta, in particolare, che il paziente è affetto da “Linfoma non Hodgkin, tipo immunoblastico, in I^ recidiva”;

3. certificato dello specialista ematologo del 2.6.94 indicante la radioterapia adiuvante effettuata, come indicato in precedenza;

4. certificato medico del 5.6.94, attestante la diagnosi del L.N.H. in atto:

“Linfoma non Hodgkin in sede ascellare sinistra, già trattato con chemio e radioterapia.

Esiti di laminectomia D8-D10. Obesità”.

LINFOMI PRIMITIVI E SECONDARI DEL MIDOLLO SPINALE

I LNH primitivi di sedi extralinfonodali rappresentano una quota parte importante di tutti i LNH, costituendo il 22 % circa dei casi diagnosticati.

Interessanti considerazioni al riguardo si possono trarre da un articolo dal titolo “ Primary Extra Nodal Non Hodgkin Lymphoma: A 5 Year Retrospective Analysis” di S. Padhi et al., Asian Pacific J Cancer Prev, 13 (10), 4889-4895, anno 2012.

In effetti, come si ricava da questo recente lavoro scientifico, l’incidenza dei LNH extralinfonodali è in aumento.

Lo studio riguarda però un gruppo relativamente limitato come è ad una parte della popolazione dell’India.

Detto che circa il 22 % delle presentazioni primitive sono di tale tipo, si può dire che l’età media di presentazione va da 43 anni a 58 anni di età, con un rapporto 2/1 fra M e F.

Il SNC costituisce la sede extralinfonodale più frequente con circa il 29 % dei casi, seguito dal tratto gastroenterico, con il 25 % e dai linfomi naso – faringei che rappresentano circa il 12 %.

L’istotipo più frequente è il linfoma a grandi cellule B, seguito dai MALT e da altri linfomi delle cellule B.

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Nella gran parte dei casi i pazienti sono immunocompetenti, circa il 60 %, rispetto ai casi di immunodeficienza, mentre nel 55 % dei casi si trattava di stadi I – II.

Un altro articolo che si occupa, in generale, dei linfomi primitivi del SNC, sotto il profilo degli accertamenti strumentali è quello dal titolo “Central Nervous System Lymphoma: Characteristic Findings on Traditional andAdvanced Imaging” di IS Haldorsen et. al., tratto dal Am J Neuroradiol 32:984 –92, Jun-Jul 2011.

I linfomi primitivi del SNC sono fondamentalmente di due tipi:

derivanti da coinvolgimento secondario del SNC da linfomi di altra sede;

linfomi primitivi del SNC.

Il metodo di scelta per l’individuazione e la descrizione dei linfomi primitivi cerebrali è la RMN.

Il linfoma della leptomeninge è di solito un linfoma secondario con localizzazione cerebrale.

Singole o multiple lesioni periventricolari sono tipiche del LNH primitivo cerebrale.

Nuove tecniche di immagine sia con TC che con RM sono in grado di differenziare le caratteristiche peculiari dei linfomi primitivi cerebrali rispetto alle altre lesioni cerebrali.

Sono i linfomi più aggressivi quelli con localizzazione primaria cerebrale, con possibilità o meno di infezione HIV concomitante, ciò che distingue una prognosi più sfavorevole per gli HIV positivi da una prognosi meno sfavorevole per i soggetti affetti HIV negativi.

Più incentrato sull’argomento dei linfomi primitivi spinali midollari pare un articolo dal titolo “Isolated Primary Non-Hodgkin's Lymphoma of the Thoracic Spine: A Case Report with a Review of the Literature” di JS Zheng et al., Journal of International Medical Research 2010 38: 1553.

Viene qui presentato un caso di un linfoma primitivo midollare spinale, con una review dei casi precedentemente riportati in letteratura.

Un soggetto immunocompetente di 80 anni di età presentava un progressivo intorpidimento assieme a debolezza ad entrambe le estremità inferiori, con una sintomatologia che durava da 2 settimane.

Tali sintomi di parestesie e ipostenia agli arti inferiori portavano all’effettuazione, su prescrizione specialistica, di una RM cervicale e toracica spinali

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che deponeva per la presenza di una massa extradurale spinale a livello di T1 – T3, con invasione anche del corpo vertebrale di T3.

In prima battuta la lesione veniva etichettata come una metastasi tumorale.

A causa dei sintomi di compressione midollare il paziente veniva sottoposto ad una laminectomia e decompressione posteriore.

L’esame istopatologico rivelava la presenza di un LNH a grandi cellule B.

Le altre indagini, quali una TC total body, una scintigrafia ossea, i markers tumorali e gli esami ematochimici, risultavano negative per la presenza di un tumore occulto in altre sedi.

Il caso descritto dimostra la necessità di una diagnosi differenziale accurata fra tumore primitivo e secondario spinale midollare e la possibilità non del tutto remota di un LNH primitivo midollare, fra le ipotesi diagnostiche, in caso di sintomatologia compressiva.

I LNH primitivi del SN si possono verificare a livello cerebrale, spinale midollare, leptomeningeo e a livello degli occhi, con una percentuale variabile da 0,8 a 1,5 % del totale del 6,6 % di tutti i tumori primitivi del SNC.

In circa il 95 % dei casi si tratta di un linfoma B cellulare a grandi cellule.

Il tumore primitivo midollare spinale tipo linfoma è particolarmente raro e la compressione del midollo rappresenta la prima manifestazione in meno del 5 % dei casi.

La localizzazione è in genere extradurale, nella gran parte dei casi.

In letteratura sono riportati, in totale, 37 casi di LNH primitivo spinale midollare, con un’età variabile fra 37 e 81 anni e una mediana di 61,4 anni.

I casi sono equamente distribuiti fra maschi e femmine.

La regione toracica è la sede più comune, specialmente la zona intermedia.

I sintomi di presentazione sono dati dalla compressione midollare spinale, con dolore e impotenza funzionale.

All’indagine immunoistochimica prevalgono i LNH a grandi cellule B, con una minoranza di linfomi follicolari e di altri istotipi.

Ipoestesia, paralisi o ipostenia agli arti inferiori sono i sintomi più frequenti.

Una localizzazione toracica alta è rara.

La RM o la TC non danno certezze diagnostiche, potendo la lesione midollare essere confusa con altri tipi di tumore.

Nel caso riportato il linfoma primitivo presentava un assetto recettoriale dei linfociti con positività CD20 e CD79a, una parziale positività CD43, ma una negatività per i recettori CD2, CD3, CD5 e altri, oltre alle citocheratine.

Morfologicamente si trattava di gradi cellule B.

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La prognosi di tali LNH primitivi midollari extradurali non è favorevole.

In effetti la prognosi dei LNH a grandi cellule B non è, di per se, particolarmente benevola, dipendendo dall’età, dallo stadio e dal coinvolgimento di altri organi extralinfonodali, dai livelli ematici di LDH, ecc..

Un protocollo ottimale di trattamento per tali LNH non è ben definito.

La RT si è dimostrata efficace ma da effetti neurotossici, specie nei pazienti di età > 60 anni.

La chemioterapia a base di methotrexate viene oggi reputata il trattamento di scelta.

L’utilizzo della chirurgia appare controverso.

In effetti la resezione chirurgica della massa non pare apportare benefici ai fini della sopravvivenza globale.

L’atto chirurgico pare più utile ai soli fini della diagnosi istologica della massa asportata.

Utile soprattutto a scopo di diagnostica differenziale appare un articolo dal titolo “Neoplasms of the Spinal Cord and Filum Terminale: Radiologic-Pathologic Correlation” di KK Koeller et al., RadioGraphics 2000; 20:1721–1749.

Le neoplasie intramidollari spinali sono da considerarsi rare, costituendo, in totale, il 4 – 10 % dei tumori totali del SNC.

La RM rappresenta la metodica di elezione ai fini diagnostici.

La siringomielia e le lesioni cistiche sono spesso associate con tumori intramidollari.

Gli ependimomi spinali sono i tumori midollari più frequenti fra gli adulti, gli astrocitomi i più frequenti fra i bambini.

Entrambe tali entità costituiscono in totale oltre il 70 % dei tumori intramidollari.

Gli emangioblastomi rappresentano il 3° più comune tipo di tumori intramidollari.

Gli astrocitomi sono più eccentrici rispetto agli altri tipi di tumori.

I gangliogliomi si estendono oltre i segmenti vertebrali, i paragangliomi e i tumori neuroectodermici hanno predilezione per il tratto terminale vertebrale e la cauda.

Gli altri tumori comprendono quelli metastatici, con la presenza di una caratteristica prominenza ed edema consensuale.

Da ultimo, come ordine di frequenza, si considerano i LNH primitivi midollari, prevalentemente extradurali, comunque rari.

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Di solito i tumori primitivi intramidollari si associano ad una neurofibromatosi.

I linfomi coinvolgono di solito il compartimento extradurale e il corpo vertebrale, ma possono anche essere confinati al midollo spinale.

I LNH intramidollari spinali costituiscono circa il 3,3 % dei linfomi del SNC e solo 1 % del totale di tutti i LNH del corpo.

La presentazione clinica è data da parestesie e ipostenia agli arti inferiori, con una progressiva difficoltà nella deambulazione.

Dei 15 casi riferiti in letteratura, stando al lavoro scientifico in questione, la gran parte coinvolgono la regione toracica e quella lombare.

La maggior parte dei linfomi sono primitivi solitari, con una riferita lieve predominanza femminile e un’età media di 47 anni.

La prognosi dei LNH primitivi midollari spinali è reputata migliore di quella dei LNH primitivi cerebrali.

Si tratta nella gran parte dei casi di LNH della linea B, raramente della linea T.

Le immagini T2 pesate RM della lesione midollare appaiono ipertense, mentre quelle T1 pesate sono di solito ipotense.

Altrettanto specifico rispetto all’argomento in parola appare ancora un articolo dal titolo “Primary Dumbbell-Shaped Lymphoma of the Thoracic Spine: ACase Report” di A. Meola et al., Case Reports in Neurological Medicine, Volume 2012, Article ID 647682, 4 pages, accettato 08.11.2012.

Si sottolinea nel lavoro scientifico che il LNH primitivo midollare è estremamente raro, e il verificarsi di un linfoma midollare a manicotto (come nel caso descritto) è eccezionale.

Nel caso in specie si trattava di un soggetto di sesso maschile di 45 anni di età che presentava sintomi sensoriali da circa 8 mesi.

La RM dimostrava la presenza di una lesione a manicotto, a forma di manubrio, a livello di D4 – D6 con compressione del midollo spinale ed estensione a livello foraminale destro, a livello di D4 – D5.

Il paziente veniva sottoposto ad intervento di laminectomia D4 – D6, con una resezione subtotale della massa.

Veniva diagnosticato dopo esame istologico della lesione asportata un linfoma non Hodgkin a grandi cellule B.

Venivano successivamente eseguite una radio e una chemioterapia adiuvanti.

Il follow up eseguito a distanza di 1 anno deduceva l’assenza di ricaduta del tumore.

Trattandosi di un linfoma altamente inusuale, la diagnosi differenziale va operata nei confronti degli altri tumori a manicotto, a forma di manubrio, spinali midollari.

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In effetti un LNH spinale midollare con associata compressione viene descritto in letteratura come occorrente dallo 0,1 al 10,2 % dei casi.

In realtà il coinvolgimento spinale si può verificare in caso di diffusione sistemica di un linfoma, quale manifestazione secondaria.

Un linfoma primitivo epidurale spinale è veramente non comune e riguarda solo il 6,6 % di tutti i linfomi midollari spinali,

In base alle conoscenze, sono stati descritti in letteratura solo 3 casi di LNH primitivo midollare spinale, con presentazione a manicotto peri – spinale vertebrale.

Nel caso in specie di tratta, quindi, di un tumore con estensione a manicotto di tipo intraspinale e paravertebrale.

Il coinvolgimento, in tali tipi di linfomi, può riguardare due o più strutture anatomiche separate, come gli spazi intradurali, extradurali e paravertebrali.

Tali tipi di tumori, in generale, con coinvolgimento contemporaneo di varie strutture anatomiche vertebrali e midollari, a forma di manubrio, possono essere di vario genere, non solo linfomi, con un’incidenza complessiva riportata in letteratura variabile fra il 13,7 e il 17,5 % di tutte le neoplasie spinali.

Come già detto, il linfoma primitivo spinale a forma di manubrio e coinvolgente varie strutture anatomiche è estremamente raro, con soli tre casi descritti in letteratura, due con localizzazione toracica e uno con localizzazione cervicale e lombare.

La diagnosi preoperatoria di tale particolare linfoma spinale appare estremamente difficoltosa e incerta, salvo le caratteristiche della lesione alla RM, ipertensa alle immagini T2 pesate e ipotensa a quelle T1 pesate.

Queste caratteristiche sono, peraltro, comuni, ad altri tipi di tumori come gli schwannomi e i meningiomi.

Al contrario l’infiltrazione paraspinale e delle fasce muscolari suggerisce quasi sicuramente la presenza di un linfoma.

Peraltro questi linfomi sono estremamente radio e chemiosensibili e l’obiettivo della chirurgia appare solo quello della decompressione midollare spinale e della diagnosi istologica, poco quello terapeutico in senso stretto.

Tutto ciò suggerisce una strategia di trattamento chirurgico che considera solo l’effettuazione della decompressione del midollo spinale e non una resezione aggressiva e totalizzante, con una asportazione anche a livello paraspinale, soccorrendo ottimamente per la remissione completa della neoplasia la radio e la chemioterapia adiuvanti.

Il coinvolgimento, quindi, dei tessuti molli paraspinali necessita, perciò, di una diagnosi preoperatoria, onde evitare resezioni radicali inutili e dannose.

Su identiche motivazioni e osservazioni si basa un altro articolo specifico dal titolo “Primary Lumbo-sacral Spinal Epidural Non-Hodgkin’s Lymphoma: A Case Report and Review of Literature” di Rahul Mally et al., Asian Spine Journal Vol. 5, No.

3, pp 192~195, 2011.

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Il caso descritto riguarda un soggetto di sesso maschile di 24 anni di età con sintomatologia caratterizzata da mal di schiena che si irradiava all'arto inferiore sinistro, con associate parestesie, tipo formicolio e intorpidimento, e ipostenia della durata di 6 mesi.

La risonanza magnetica con mezzo di contrasto rivelava una massa extradurale a livello della regione lombosacrale.

Il paziente veniva operato con laminectomia e completa asportazione della lesione.

Il dolore radicolare del paziente veniva alleviato dopo l'intervento chirurgico e migliorava anche l’ipostenia.

L’esame istopatologico successivo rivelava la presenza di un LNH.

Il paziente veniva trattato con radio e chemioterapia adiuvanti.

Il LNH primitivo midollare spinale lombo – sacrale è un tumore raro.

I LNH del SNC rappresentano il 5 – 11 % dei tumori primitivi o secondari dell’apparato.

Il coinvolgimento primario epidurale spinale riguarda da 0,1 a 3,3 % dei casi di compressione midollare spinale.

L’asportazione della lesione primaria seguita da radio e chemioterapia adiuvanti viene considerata la terapia più adeguata.

Il LNH primitivo midollare rappresenta quindi una lesione non comune che coinvolge lo spazio epidurale spinale.

Come anticipato solo nello 0,1 – 3,3 % dei LNHsi tratta di lesioni primitive epidurali spinali, mentre nel caso del linfoma di Hodgkin tali lesioni primitive epidurali costituiscono lo 0,2% dei casi.

Esiste una prevalenza epidemiologica nel sesso maschile, con percentuali variabili fra il 66 % e il 70 % dei casi.

Si tratta di tumori che in genere colpiscono la 4^ - 5^ decade di vita.

Nel caso riferito non si evidenziavano manifestazioni sistemiche della malattia.

Controversa appare l’origine del LNH primitivo spinale epidurale, se paraspinale, vertebrale o retroperitoneale.

Secondo gli autori dell’articolo le lesioni appaiono ipo – isotense alle immagini T1 – T2 pesate, con un enhancement omogeneo dopo mezzo di contrasto.

L’indagine immunoistochimica verifica la positività nel caso descritto dei recettori CD20 e la negatività per quelli CD138, CD30 e CD3, per la tipizzazione linfocitaria.

I paziento con sintomi di compressione midollare necessitano dell’intervento chirurgico a fini di decompressione e per la diagnosi istologica della lesione extradurale midollare.

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L’uso della sola radioterapia può presentare il grave effetto collaterale della paraplegia dopo trattamento radiante.

Il regine di chemioterapia CHOP rimane il protocollo standard di elezione, mentre per la radioterapia la dose totale varia fra 3.500 e 4.000 cGy, distribuita in 20 – 25 frazionamenti.

Nel caso del LNH primitivo epidurale spinale la prognosi rimane severa per soggetti di età > 50 anni, con tipo istologico aggressivo, paraplegia e coinvolgimento vescicale e intestinale.

La prognosi è invece favorevole nei soggetti giovani che hanno subito un trattamento chirurgico decompressivo seguito da radio e chemioterapia adiuvanti.

Ad ogni buon conto, nel caso di un LNH primitivo spinale epidurale appare fondamentale la diagnosi differenziale con altre possibili lesioni neoplastiche, in caso di sintomatologia sovrapponibile da compressione midollare.

In alcuni casi la RM è in grado di stabilire la diagnosi con un certo grado di probabilità.

La biopsia escissionale chirurgica della lesione può permettere una tipizzazione oncologica della massa e le terapie adiuvanti di tipo radio e chemioterapico consentiranno un notevole miglioramento della sintomatologia neurologica.

Ancora squisitamente incentrato sui LNH primitivi epidurali spinali è un contributo scientifico dal titolo “Primary spinal epidural lymphomas” di G. Cugati et al., J Craniovertebr Junction Spine. 2011 Jan-Jun; 2(1): 3–11.

Un LNH con localizzazione epidurale, secondo gli autori, si verifica nello 0,1 – 6,5 % dei casi.

Nel caso di localizzazione spinale occorre sempre verificare la presenza di altre sedi eventualmente coinvolte del corpo e l’epoca esatta della diagnosi.

L’incidenza di questo tipo di linfoma primitivo è comunque molto bassa.

Nel tempo si sono affinate le tecniche diagnostiche strumentali.

La compressione metastatica del midollo spinale si verifica con un’incidenza del 5 – 10 %.

Le localizzazioni più frequenti sono date dai carcinomi polmonari e della mammella.

Possono anche dipendere da un linfoma, da un plasmocitoma, da un mieloma multiplo o da un tumore della prostata.

I linfomi epidurali costituiscono il 9 % di tutti i tumori spinali epidurali.

La localizzazione epidurale di un linfoma viene osservata nello 0,1 – 6,5 % dei casi di tutti i linfomi.

L’incidenza del linfoma primitivo epidurale è veramente molto bassa.

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La definizione di linfoma primitivo epidurale è legata ad una esclusiva localizzazione negli spazi epidurali spinali, quindi con associata mancanza di ulteriori localizzazioni del linfoma in altre sedi.

Il linfoma di Hodgkin si caratterizza per una localizzazione linfonodale nel 90

% dei casi e una extralinfonodale nel restante 10 % dei casi.

Solo nello 0,25 % dei casi si verifica una localizzazione primaria epidurale.

Parestesie e ipostenia agli arti inferiori, fino alla paraparesi, si associano, in genere, ai linfomi epidurali, come anche un dolore radicolare mono o bilaterale.

I sintomi dipendono dalla localizzazione e dall’estensione del tumore.

Le lesioni del cono midollare si associano a disturbi sfinterici.

In una fase prodromica i sintomi sono costituiti da un occasionale dolore radicolare.

Tale fase può durare da alcuni mesi ad un anno.

In una seconda fase si assiste ad un rapido deterioramento funzionale neurologico, con parestesie e ipostenia agli arti inferiori, per una durata di 2 – 8 settimane.

Ciò è dovuto alla compressione del midollo spinale.

Nel caso di linfomi, prevalgono i non Hodgkin a grandi cellule B o della linea B cellulare, in ogni caso.

Le regioni maggiormente coinvolte sono le vertebre toraciche, seguite dalle lombari e dalle cervicali.

Una RM o una TC sono in grado di identificare la lesione compressiva spinale midollare.

La RM è la metodica diagnostica strumentale maggiormente raccomandata.

La lesione appare ipo – isotensa alle immagini RM T1 pesate e ipertensa a quelle T2 pesate, con enhancement marcato al mezzo di contrasto.

Il segnale appare omogeneo in tutte le sequenze.

Per valutare la primitività o meno della lesione dopo diagnosi istologica occorre effettuare una TC total body o una RM.

Più esattamente gli esami da eseguire sono nell’ordine:

una TC total body;

una RM cranio – spinale con mezzo di contrasto;

una biopsia del midollo osseo;

una scintigrafia ossea;

un esame del liquido cerebro – spinale.

La TC è in grado di verificare il coinvolgimento parenchimale polmonare e pleurico, con possibile incremento anche del diametro del timo.

La RM con uso di gadolinio come mezzo di contrasto appare assai utile in caso di localizzazione al SNC del linfoma.

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Poco è noto sull’eziologia e sulla patogenesi del linfoma epidurale spinale.

La presenza di tessuto linfoide nei plessi venosi epidurali potrebbe giustificare ipoteticamente un linfoma primitivo.

Le altre possibili sedi in caso di linfoma epidurale possono essere il corpo vertebrale, le stazioni linfonodali o sedi lontane, per colonizzazione per contiguità o anche per via ematogena.

Istologicamente si tratta, in genere di LNH a intermedio o alto grado di malignità della linea B, o anche ma meno della linea T cellulare, trattandosi assai di rado di linfomi B a basso grado di malignità.

Ancora una volta vengono raccomandate la radio e la chemioterapia adiuvanti associate alla chirurgia decompressiva e diagnostica, ovvero alla semplice biopsia.

La rimozione della massa e/o la laminectomia decompressiva sono i trattamenti chirurgici raccomandati.

Sono raccomandati vari protocolli di chemioterapia a base di ciclofosfamide, vincristina e prednisone, CVP, in diversa combinazione.

Nel caso di un LNH di tipo follicolare diffuso viene raccomandata l’aggiunta di Rituximab, farmaco a base di anticorpi monclonali, al trattamento convenzionale CVP.

Il trattamento combinato con RT garantisce, secondo gli autori, un controllo locale nel 88 % dei casi e una sopravvivenza a 5 anni del 69 %.

Il trattamento con la sola radioterapia otterrebbe, secondo alcuni autori citati nella pubblicazione, risultati nettamente inferiori, pari al 33 % di sopravvivenza globale, rispetto alla terapia combinata in grado di garantire una sopravvivenza del 86 % dei casi.

Una diffusione sistemica del LNH si osserva, secondo alcuni autori, in circa il 42 % dei casi, con localizzazioni linfonodali, nel 17 % dei casi, polmonari, addominali, midollari ossee e a livello del SNC.

Secondo altri autori la maggioranza dei pazienti è affetta da un LNH disseminato.

Fra i fattori prognostici un’età < 63 anni incide in maniera significativa, in senso favorevole, sulla sopravvivenza globale e sulla durata dell’intervallo libero da malattia.

Peraltro i pazienti più giovani possono essere trattati in modo più aggressivo con terapia combinata radio e chemio.

In conclusione il LNH primitivo midollare è una malattia potenzialmente curabile e con una prognosi favorevole quando viene trattata, in modo appropriato con chirurgia e terapia combinata multimodale.

Riguardo al problema della metastasi di un LNH a livello spinale vertebrale interessante appare un articolo dal titolo “Metastatic non-Hodgkin lymphoma presenting as low back pain and radiculopathy: a case report” di Inger K. Roug et al., Journal of Chiropractic Medicine (2012) 11, 202–206.

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Il lavoro descrive un caso di un uomo di 46 anni con sintomatologia caratterizzata da parestesie e dolore radicolare irradiato all’arto inferiore destro.

Il paziente si era rivolto ad un medico chiropratico.

Veniva prescritta una RM, allo scopo di evidenziare un’eventuale ernia discale, che rivelava invece la presenza di 2 fratture patologiche lombari da compressione, con compromissione della cauda equina., con un elevato segnale alla rM da T12 a S2.

La diagnosi posta era di presenza di lesione metastatica o primaria ossea vertebrale, ad eziologia sconosciuta.

Tramite un ulteriore approfondimento con biopsia della lesione, TC e PET veniva posta diagnosi di LNH a piccole cellule.

Dopo trattamento combinato con chemio e radioterapia veniva ottenuta la remissione clinica completa del linfoma.

Il caso appare interessante sia sotto il profilo della diagnosi differenziale che per le peculiarità della localizzazione secondaria di un LNH.

La metastasi spinale di un LNH quale manifestazione di esordio della malattia appare una condizione rara che si verifica nel 5 % dei casi.

Le metastasi epidurali spinali sono piuttosto infrequenti in pazienti con LNH.

In caso di localizzazione nella sede della cauda equina si tratta di una massa isolata, primaria o secondaria sita nel canale spinale, ovvero dell’estensione di una massa nodulare adiacente che collassa una vertebra.

In caso di metastasi epidurale spinale si tratta, in genere, di manifestazioni di un carcinoma polmonare, di un mieloma multiplo, di un carcinoma a sede primaria sconosciuta ovvero di un LNH con altra sede primaria.

La colonna vertebrale è la sede più comune di metastasi scheletriche.

Il LNH è la più comune neoplasia ematologica negli USA.

Esistono 30 sottotipi dai più aggressivi agli intermedi.

La sintomatologia di esordio può essere molto varia con presenza di linfoadenopatie del collo, delle ascelle o dell’inguine, febbre, astenia, calo ponderale, dolore addominale, dispnea, ecc..

Si tratta, quindi, spesso, di sintomi aspecifici.

In conclusione una metastasi di un LNH può determinare, fra le varie cause, una radiculopatia lombare, che una comune manifestazione sintomatologica muscolo – scheletrica.

Esiste, quindi, in tal senso, un problema di diagnosi differenziale che deve sempre essere considerato per non cadere in errore e ritardo diagnostico conseguente.

Significativo poi ai fini del trattamento appare un articolo dal titolo

“Spinal Cord Cancer (Lymphoma of the Spinal Cord)” tratto da Internet,

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www.virtualmedicalcentre.com, ultimo aggiornamento 30.03.2013, che riassume gli aspetti essenziali dell’argomento.

Il midollo spinale fa parte del SNC ed è una continuazione del tronco cerebrale che va dal foro occipitale, posto alla base del cranio, fino a livello della vertebra L2.

Il contenuto al di sotto di tale vertebra si chiama cauda equina.

A seconda della posizione anatomica della massa i tumori midollari possono essere distinti in 3 gruppi, cioè cervicali, toracici e lombari.

La stragrande maggioranza dei tumori midollari è di natura metastatica, proveniente da un’altra sede primitiva di una neoplasia.

In base al rapporto con le meningi i tumori midollari possono essere distinti in intradurali ed extradurali.

A loro volta i tumori intradurali possono ulteriormente distinguersi in intramidollari, ossia originati dalla sostanza del midollo spinale stesso, ovvero subaracnoidei o extramidollari.

I tumori extradurali sono i più frequenti e sono di origine metastatica; si trovano, di solito all’interno dei corpi vertebrali.

Di solito questi causano una compressione del midollo spinale tramite effetto di massa estrinseca, ma talvolta possono farlo anche attraverso un’invasione infiltrativa intradurale.

In base alla crescita i sintomi di tali tumori sono lentamente progressivi con indiziale deficit prevalentemente motorio, seguito da una disfunzione sfinterica crescente fino ad un’ulteriore perdita sensoriale.

I tumori extradurali rappresentano, quindi, la stragrande maggioranza dei tumori spinali extramidollari.

Neurofibromi e meningiomi rappresentano tumori intradurali.

Il linfoma midollare spinale è una forma rara.

Si tratta in larga prevalenza di linfomi metastatici, raramente di linfomi primari che costituiscono solo 1 % dei tumori del SNC.

Fattori predisponenti sono le forme di immunodeficienza.

La progressione avviene, in genere, attraverso il liquido cerebrospinale nel SNC.

La forma primaria è aggressiva e fatale, prevalentemente, in tempi brevi.

Con terapie adeguate la sopravvivenza a 5 anni può arrivare al 30 – 40 % dei casi.

La malattia tende purtroppo a recidivare e la prognosi è infausta.

Il trattamento iniziale dei pazienti con compressione midollare spinale avviene con corticosteroidi sistemici, ciò che, però va evitato con i linfomi primari per la possibilità della scomparsa momentanea della lesione con ritardo o confusione diagnostica.

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Il trattamento si avvale, in definitiva, di radioterapia, corticosteroidi e chemioterapici.

I sintomi neurologici vanno seguiti da team di specialisti, nei casi gravi.

I regimi chemioterapici più usati in questa malattia sono:

ICE (ifosfamide, carboplatino, etoposide);

IMVP16 (ifosfamide, metotrexate, etoposide) IVE (ifosfamide, vincristina, etoposide);

metotrexate ad alte dosi;

R – IME (rituximab, ifosfamide, mitroxantone, etoposide).

La prognosi dei LNH dipende, in generale, nelle forme sistemiche, dallo stadio, dalla presenza o meno di localizzazioni extralinfonodali, dal grado di malignità istologica, alta o intermedia, dall’età e dalle condizioni generali, dalla rispondenza ai protocolli di trattamento.

In questa particolare rassegna merita anche menzione un articolo dal titolo “Metastatic spinal cord compression as an oncology emergency—getting our act together” di Khai Lee et al., International Journal for Quality in Health Care; Volume 19, Number 6: pp. 377–381, anno 2007.

Le metastasi da tumore primario ad origine sconosciuta con compressione midollare sintomatica colpiscono il 5 – 10 % dei pazienti che necessitano di trattamenti d’urgenza.

Lo studio rileva, nel risultati, che un trattamento precoce con corticosteroidi per via sistemica può ridurre mediamente i tempi di ospedalizzazione da 8,4 a 2,6 giorni, mentre la radioterapia definitiva lo può ridurre in media da 9,9 a 3,9 giorni.

La terapia combinata può quindi ridurre i tempi di ospedalizzazione mediamente da 23,8 giorni a 14,7 giorni con un netto risparmio di spesa sanitaria e una migliore qualità della cura.

Si conferma nello studio che la migliore diagnosi di compressione da metastasi midollare spinale è fornita dalla RM, ottimizzando la gestione dell’emergenza clinica in atto.

La terapia preferibile è data dal trattamento con steroidi per via generale e radioterapia e/o chirurgia decompressiva e diagnostica associate.

L’approccio necessario del trattamento è comunque multidisciplinare.

In genere viene utilizzata la terapia cortisonica precoce e quella radiante o chirurgica definitiva, con soddisfacenti esiti della sintomatologia neurologica e maggiore efficacia delle cure prestate.

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DISCUSSIONE

Nel caso in specie descritto si è verificato, verosimilmente, un LNH presumibilmente a grandi cellule B e ad alto grado di malignità, ovvero immunoblastico, esordito sintomatologicamente, presumibilmente, con una metastasi extradurale midollare spinale, come accade nella stragrande maggioranza di questi casi, ossia con una lesione a manicotto infiltrata fra i corpi vertebrali D8 – D10, o più esattamente a livello dello spazio intervertebrale –extradurale di tali vertebre, con consensuale blocco midollare all’altezza di D10, onde la sintomatologia compressiva.

Che si sia trattato di una lesione metastatica di LNH e non di un linfoma primitivo appare pressoché certo, anche per l’evoluzione successiva della malattia e per l’epidemiologia di tali manifestazioni che propende nettamente per l’assoluta prevalenza di localizzazioni metastatiche extradurali metastatiche di LNH rispetto alle molto rare forme primitive.

Il paziente, affetto da improvvisa paraparesi spastica agli arti inferiori, veniva, quindi sottoposto immediatamente ad intervento chirurgico, presso un reparto di Neurochirurgia d’Urgenza, per sindrome compressiva midollare D8-D10, ab estrinseco, e veniva trattato, nella circostanza, con laminectomia decompressiva sempre D8-D10 e asportazione conseguente di tessuto eteroplastico a manicotto sito in sede extradurale perimidollare, ottenendo la remissione clinica, prima parziale e poi completa della sintomatologia paraparetica accusata.

Tale tessuto eteroplastico si dimostrava essere, all’esame istologico, “un infiltrato linfoide costituito da cellule di piccola e media taglia”, con le caratteristiche di “blasti”.

Una volta dimesso il paziente con diagnosi di “papaparesi spastica agli arti inferiori”, da parte dei sanitari neurochirurghi che lo avevano tenuto in cura, non veniva formulata alcuna prescrizione o indicazione circa la necessità di effettuare ulteriori trattamenti ed approfondimenti diagnostici, volti a dirimere l’eziologia del caso in specie, attraverso l’eventuale esecuzione di appropriate indagini strumentali, per accertare l’eventuale esistenza di una possibile malattia localizzata o, più probabilmente, sistemica alla base della pur grave fenomenologia clinica manifestata nell’occasione.

Forse nella fattispecie i sanitari reputarono anche che si trattasse di una non meglio precisata forma linfomatosa, ma non la riportarono nella diagnosi in cartella clinica, neppure in modo dubitativo né si attivarono per ulteriori indagini, visite specialistiche ed accertamenti strumentali come TC total body e RM che avrebbero potuto meglio individuare le sedi di partenza del LNH.

In effetti la diagnosi di un L.N.H. ad alto grado di malignità, e in generale, di un linfoma maligno deve essere fortemente sospettata, secondo moltissimi autori, nell’ambito di numerose condizioni cliniche, quali:

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sindromi mediastiniche da compressione della vena cava superiore;

compressioni acute del midollo spinale;

noduli tumorali isolati nella cute (es., granulomatosi linfomatoide, che è un linfoma maligno)

neoplasie ossee linfoproliferative;

anemie da causa inspiegata (leucemie e linfomi, ma anche malattie del collageno).

Inoltre, il 7% delle tumefazioni testicolari che si sviluppano in soggetti adulti riconosce un’origine linfomatosa ed è di solito in rapporto con un linfoma diffuso aggressivo, non raramente in associazione con altre localizzazioni, come nel caso in specie.

L’esatto riconoscimento della natura di queste localizzazioni testicolari è di estrema importanza, giacché sono, in genere molto sensibili al trattamento, ovviamente secondo schemi diversi da quelli usati nei carcinomi testicolari (De Vita- Rosemberg, Edizione Italiana, anno 1987).

Pertanto, a brevissima distanza dal primo ricovero, e dietro la ventilata ipotesi di un K testicolare, formulata in prima istanza dai neurochirurghi e dagli internisti, il paziente si ricoverava presso il reparto di Urologia per una sospetta orchiepididimite cronica dx di n.d.d., con presenza di versamento della vaginale del testicolo di discreta-media entità, regredito parzialmente in pochi giorni in seguito all’effettuazione di idonea terapia sintomatica di tipo antinfiammatorio - antiedemigeno, dopo effettuazione di biopsia testicolare, risultata peraltro negativa per neoplasia primitiva, e di orchiectomia sinistra in criptorchide omolaterale, senza che, comunque, fossero effettuati accertamenti clinico-strumentali utili a dirimere l’iniziale quesito diagnostico inerente la specifica natura del quadro morboso presumibilmente ancora in atto, apparso, in base alla sintomatologia afebbrile manifestata e alle analisi di laboratorio effettuate sicuramente non di carattere infettivo - infiammatorio.

Il paziente veniva, quindi, dimesso, dietro suo rifiuto di proseguire gli ulteriori accertamenti diagnostici del caso, con diagnosi di orchiepididimite cronica dx di n.d.d.; lo stesso poi godeva di relativa buona salute, per la presenza di una modesta ma persistente modesta sintomatologia astenica e di una più facile fatigabilità, di incostanti poliartralgie e di un lieve calo ponderale, intorno ai 5 kg circa, per circa 2 anni, salvo manifestare, nel maggio 1993, ad un esame RMI di controllo, prescritto da uno specialista neurologo un segnale positivo T1-T2 pesato, evocatore della presenza di una massa linfonodale paravertebrale medio - toracica, della grandezza di alcuni cm.

Da notare che lo specialista neurologo è stato il primo a parlare di un linfoma manifestatosi in prima istanza a livello midollare, ma si è limitato

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semplicemente a sottolineare la necessità di ulteriori controlli RMI, senza indirizzare il paziente verso un attrezzato centro oncologico o ematologico.

Di lì a poco, nell’ottobre 1993 si manifestava, pertanto, una voluminosa linfoadenopatia ascellare sn, di consistenza duro elastica, con pacchetti linfonodali indolori, molto adesi e conglobati in toto, che venivano subito dopo asportati, presso un reparto di Chirurgia Generale, e sottoposti ad indagine istologica che rivelava finalmente la presenza, dopo tutte le ulteriori opportune supplementari analisi immunochimiche, verosimilmente con kit di anticorpi monoclonali, di un “linfoma non Hodgkin di tipo immunoblastico” di tipo B ad alto grado di malignità.

Inviato presso un centro oncologico, il paziente veniva quindi sottoposto a a successivi trattamenti di polichemioterapia adiuvante, n. 6 cicli, secondo protocolli convenzionali indicati per tali forme di neoplasie linfatiche.

A seguito di tali terapie, a distanza di circa 6 mesi dal I° intervento di linfadenectomia ascellare sinistra, si otteneva la Remissione Clinica Completa del quadro clinico - sintomatologico e il paziente entrava, anche se per poco tempo, nella fase di intervallo libero da malattia e di follow-up a 5 anni.

La classificazione adottata in stadi dei L.N.H. è la stessa dei linfomi di Hodgkin, quella, appunto di Ann Arbor, laddove:

1. lo Stadio I° sottintende l’interessamento limitato ad una singola regione linfonodale o ad un singolo organo o sito extralinfatico (I°E);

2. lo Stadio II° indica l’interessamento di due o più regioni linfonodali dallo stesso lato del diaframma o l’interessamento localizzato ad un organo o sito extralinfatico (II°E);

3. lo Stadio III° qualifica l’interessamento di più regioni linfonodali di ambedue i lati del diaframma o l’interessamento localizzato di singoli organi o tessuti (siti) extralinfatici o della milza, o di milza ed organi o siti extralinfatici;

4. lo Stadio IV° considera, infine, l’interessamento diffuso e disseminato di uno o più organi o siti extralinfatici, associato o meno ad interessamento linfonodale.

Più specificatamente, per i linfomi non Hodgkin si adottano altre classificazioni e Stadiazioni, associate alla prima, tipo quella modificata per il National Cancer Institute, valida, proprio, per i L.N.H. di grado intermedio-alto di malignità:

Stadio I°, per malattia linfonodale o extralinfonodale, corrispondente allo stadio I°-I°E di Ann Arbor;

Stadio II°, per localizzazione della malattia in due o più siti linfonodali o localizzazione in sito od organo extralinfonodale più la localizzazione nei

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linfonodi di drenaggio degli stessi, in assenza di alcuna delle seguenti condizioni:

- performance status < o uguale a 70;

- sintomi soggettivi tipo B, febbricola, astenia, calo ponderale;

- masse neoplastiche > cm 10 di diametro (specie gastrointestinali);

- LDH > 500 U.I.;

- tre o più sedi linfonodali di malattia;

Stadio III°, per le localizzazioni uguali a quelle dello Stadio II° + presenza di uno qualsiasi dei predetti fattori prognostici predetti al punto precedente.

Un criterio molto semplice che è attualmente il più seguito si limita a distinguere i LNH, per le caratteristiche istologiche e cliniche in:

LNH ad alto e intermedio grado di malignità, ad istologia sfavorevole;

LNH a basso grado di malignità o indolenti, ad istologia favorevole.

I primi hanno un comportamento più aggressivo ma rispondono meglio alla chemioterapia, mentre i secondi sono meno aggressivi ma anche meno chemiosensibili, con difficoltosa remissione clinica completa dopo chemioterapia e tendenza alla recidiva.

Il predetto sistema di classificazione vale, particolarmente, per le forme con cosiddetta istologia sfavorevole, tali anche il L.N.H. immunoblastico diffuso di tipo B.

In base a questo sistema di classificazione il caso in specie di L.N.H.

immunoblastico diffuso, nell’ambito delle cosiddette istologie sfavorevoli era inizialmente stadiabile, con molta verosimiglianza, come:

L.N.H. a grado intermedio, intermedio - alto di malignità, nell’ambito delle cosiddette istologie sfavorevoli;

Stadio clinico ed anatomopatologico I - II°, per la presenza di una malattia localizzata linfonodale od extralinfonodale, per la presumibile unica localizzazione linfatica extralinfonodale epidurale midollare toracica compressiva, non essendo la coesistente localizzazione testicolare classificabile in stadi più evoluti per la mancanza di localizzazione nei linfonodi di drenaggio.

Viceversa, nelle fasi avanzate, verificatesi in epoche successive, in assenza di trattamento, più esattamente in occasione della comparsa della massiva linfoadenopatia ascellare sinistra, la neoplasia aveva senz’altro raggiunto gli Stadi III° e IV° di Ann Arbor, e, quindi lo Stadio III° della stadiazione in maggior uso

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per i L.N.H. diffusi, a grado intermedio - alto di malignità, con notevole pregiudizio prognostico.

Tornando alla storia naturale della neoplasia, lo stato di apparente intervallo libero da malattia, dopo il primo trattamento di chemioterapia, perdurava per un periodo di circa 1 anno, fino a quando, in data 16.11.94, a seguito della comparsa di una improvvisa sintomatologia dispnoica il paziente veniva sottoposto, dopo ricovero ospedaliero, ad esame radiografico del torace che metteva in evidenza la presenza di un grossolano versamento pleurico all’emitorace di sin., come da probabile recidiva pleurica di linfoma non Hodgkin; questo sospetto diagnostico veniva poi confermato dall’esame citopatologico eseguito sul sedimento dell’essudato pleurico agoaspirato, per la presenza di cellule linfomatose immunoblastiche, con carattere, quindi, di malignità.

A seguito di tali accertamenti e preso atto della recidiva metastatica pleurica secondaria, veniva effettuata, presso il centro oncologico del reparto di Medicina Generale che teneva il paziente in cura, una polichemioterapia di salvataggio, secondo schemi prestabiliti, in questi casi, e radioterapia di supporto, con modesta remissione clinica della sintomatologia, e successiva e inarrestabile progressione della malattia neoplastica ed exitus intervenuto nel maggio 1995.

CONSIDERAZIONI MEDICO-LEGALI. LA CONSULENZA DELLA PARTE ATTRICE.

Si tratta nella fattispecie di un Linfoma non Hodgkin (LNH) ad alto grado di malignità, verosimilmente già esordito nel primo semestre del 1991, con una localizzazione a partenza primitiva o verosimilmente secondaria extradurale midollare e, sintomatologicamente, con una paraparesi spastica da compressione midollare D8-D10.

Per quanto tale localizzazione iniziale sia relativamente rara, un esordio clinico come quello manifestato all’occorrenza, può realmente ritenersi abbastanza tipico nel LNH metastatico extradurale spinale, in relazione all’evenienza verificatasi della suddetta compressione midollare.

Tale compressione riconosce, in genere, in caso di presenza di massa estrinseca, quale principale agente causale, nello specifico, proprio l’esistenza primitiva o secondaria di neoplasie spinali, particolarmente del tipo estrinseco extradurale, essendo, comunque, proprio caratteristica la localizzazione extramidollare estrinseca e non quella primitivamente endomidollare, forma estremamente rara dovuta prevalentemente a schwannomi o meningiomi.

Nell’occasione, i sanitari, in assenza di altri elementi anamnestici di tipo traumatico - fratturativo e/o vascolare, avrebbero già in prima istanza potuto avanzare l’ipotesi della verosimile presenza di una massa neoplastica compressiva

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midollare, la cui individuazione e natura potevano già essere riconosciute attraverso la preventiva effettuazione di un esame TC o RM o perfino ecografico della sede e del livello presumibilmente affetti.

In pratica, i sanitari del reparto di Neurochirurgia dopo aver correttamente effettuato una disamina del caso sulla base delle notizie anamnestiche, deponenti comunque per un abbastanza lento instaurarsi della paraparesi spastica agli atri inferiori, e sulla base dell’esame obiettivo neurologico, indicativo di una lesione midollare a livello toracico, avrebbero già potuto preventivamente, in primissima istanza, avanzare una fondata ipotesi diagnostica volta a negare o confermare la possibile natura neoformativa compressiva della mielopatia ingravescente e paralizzante in atto.

Si sarebbe così potuto facilmente discriminare la possibile esistenza o meno di mieliti a carattere infiammatorio-infettivo, per la assoluta negatività di sintomi soggettivi specifici, ad esempio a carattere iperpiretico o di altro genere, associati alla mancanza di linfocitosi e alla negatività in tal senso delle analisi di laboratorio e dell’esame del liquor (assenza di glicorrachia, di linfociti etc.), tutte indagini che sarebbero altrimenti dovute risultare anche parzialmente positive perfino in caso di mieliti aspecifiche idiopatiche, invero molto rare, oppure della più nota sclerosi multipla.

Identicamente si sarebbero potute scartare sia l’ipotesi tossico - metabolica, in assenza di elementi di tipo anamnestico e tossicologico positivi in tal senso, che altri sospetti diagnostici, sulla base di elementi clinici e laboratoristici affatto deponenti, ad esempio, per una eventuale anemia perniciosa o diabete o malattie epatiche o quant’altro.

Non esisteva, peraltro, alcun parametro, sempre di tipo anamnestico oppure obiettivo, in grado di suffragare la pur frequente evenienza traumatica del tipo, ad es., fratture mieliche spinali, con dislocazione, ernie discali post-traumatiche a carattere compressivo, ecc.

Per identici motivi, come detto, andavano preventivamente abbandonate ardite ipotesi inerenti la possibile insorgenza di mielopatie secondarie eventualmente legate a disordini vascolari, immunologici o a lesività di tipo fisico- chimico di vario genere.

In effetti sarebbe bastata la semplice esecuzione di esami radiodiagnostici, peraltro opportunamente eseguiti, tipo TC o RM per dirimere sufficientemente il quesito diagnostico, confermando o meno l’ipotesi più verosimile e attendibile, rivelatasi, poi, reale, nel tempo, ossia quella della natura realmente compressiva della mielopatia paraparetica in atto, a genesi certamente estrinseca, del tipo prevalentemente secondario o quale ipotetica localizzazione primitiva di una malattia neoplastica a carattere ingravescente e diffusivo, quale i linfomi non Hodgkin ad alto grado di malignità.

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Potendo, teoricamente, le lesioni mieliche di tipo compressivo essere fondamentalmente collocabili nei due grossi capitoli delle lesioni intramidollari ed extramidollari, nel secondo caso prevalentemente neoplastiche metastatiche extradurali, essendo le stesse essenzialmente dovute alla pressione esercitata da una massa epidurale estrinseca neoformativa, non sarebbe stato poi così difficile inquadrare l’esatta caratterizzazione nosografica e clinica del caso in specie e dirimere correttamente il quesito diagnostico inerente.

Si sarebbero caso mai potuti ipotizzare tumori primitivi polmonari o epatici o di altro genere, potendo ciò essere comunque chiarito dalla TC e dalla RM.

In effetti la compressione subacuta del midollo spinale, come quella verificatasi nell’occorrenza, riconosce, il più delle volte un’eziologia legata alla presenza di una lesione neoplastica primitiva o secondaria, ab estrinseco, del midollo spinale; a sua volta, questa riconosce come causa principale la presenza di neoplasie epidurali spinali per lo più metastatiche e raramente primitive.

Le neoplasie metastatiche di tipo secondario ed estrinseco rappresentano, in base alle conoscenze attuali e ai dati di letteratura, oltre il 90% dei tumori spinali, in generale, e sono facilmente identificabili, in relazione alla presenza di processi neoformativi espansivi estrinseci, attraverso l’esecuzione di esami radiodiagnostici quali TC ed RMI.

Tali indagini diagnostiche, peraltro, consentono di scartare a priori, con notevole verosimiglianza, l’eventuale esistenza di compressioni di natura non tumorale conseguenti, ad es., alla eventuale presenza di ematomi epidurali o di ascessi intra, peri o paravertebrali.

In ogni caso, l’iniziale presentazione neurologica nell’ambito dei L.N.H., quale sintomo di partenza e di presentazione della malattia, per quanto apparentemente abbastanza raro, rappresenta, pur sempre, circa il 9% dei casi, secondo alcuni autori, fino al 30% dei casi, secondo molti altri.

Oltre la metà delle localizzazioni neurologiche mieliche dei L.N.H. ad alto grado di malignità sono attribuibili alla presenza di lesioni neoplastiche metastatiche epidurali midollari.

In genere un L.N.H. extradurale spinale midollare si esprime neurologicamente attraverso:

1. sintomi compressivi ab estrinseco;

2. sintomi infiltrativi diretti per coinvolgimento primitivo o secondario del parenchima nervoso o localizzazione infiltrativa meningea;

3. altri sintomi aspecifici, di carattere generale, associati alla presenza di eventuale deficit immunologico, anemizzazione e decadimento generale o per interessamento dei nervi periferici.

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Nel caso in specie si era anche verificata un’infiltrazione secondaria radicolare con sintomatologia dolorosa e parestesica conseguente.

Una volta diagnosticata istologicamente soprattutto la presenza di una malattia neoplastica linfoproliferativa maligna come il L.N.H., i trattamenti di scelta protocollari sono quelli rappresentati, nell’ordine dall’irradiazione diretta della/e sede/i affetta/e e dalla chemioterapia, secondo scemi prestabiliti, oltre ché dalla chirurgia decompressiva e diagnostica, in prima istanza.

Si sottolinea, ancora una volta, al riguardo, che i tumori maligni primitivi intraspinali sono di gran lunga i più rari e sono principalmente diagnosticabili come gliomi.

In definitiva, nella circostanza, il corretto comportamento dei sanitari sarebbe stato quello di:

1. riconoscere la presenza di una paraparesi spastica ingravescente midollare in rapporto alla compressione dei fasci cordonali spinitalamici laterali e delle vie principali cortico-spinali, con conseguenti segni neurologici tipo, iperreflessia osteotendinea, segni di interessamento piramidale agli arti inferiori,ecc.;

2. riconoscere, pertanto, la natura verosimilmente compressiva della mielopatia in atto, dovuta alla presenza di tessuto neoplastico secondario extradurale estrinseco, con possibile associazione anche di eventuale linfoadenopatia consensuale sita a livello della catena dei linfonodi toracici, all’altezza delle ultime vertebre toraciche, tramite idonei accertamenti strumentali;

3. sottoporre opportunamente la massa evidenziabile, dopo l’espletamento di indagini radiodiagnostiche quali TC e RM vertebrali, a successiva verifica, con esame istologico mediante prelievo bioptico e ulteriori eventuali indagini immunoistochimiche; qualora si fosse reso necessario, in modo prioritario, effettuare immediatamente un intervento decompressivo midollare, come si è poi esattamente verificato, e compiere lo stesso tipo di indagini microscopiche sul reperto asportato di tessuto neoformato comprimente a tal livello per il riconoscimento istologico del LNH B cellulare, con indagine immunoistochimica;

4. una volta eseguiti tali accertamenti propedeutici, procedere alla trasmissione delle risultanze degli stessi ad un centro specialistico oncologico per l’effettuazione di eventuali ulteriori indagini diagnostiche, utili alla esatta stadiazione e localizzazione della neoplasia linfatica in atto, in modo tale da permettere l’esecuzione della eventuale irradiazione loco - regionale e della chemioterapia all’uopo utilizzabili, secondo schemi e specifici protocolli terapeutici adottabili in

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