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Università degli studi dell Aquila Dipartimento di Scienze Cliniche Applicate e Biotecnologiche

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Academic year: 2022

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Università degli studi dell’Aquila Dipartimento di Scienze Cliniche Applicate e Biotecnologiche

Corso di Laurea Magistrale Scienze Motorie Preventive e Adattative LM67

Tesi di Laurea

Il ruolo dell’attività fisica nella prevenzione e nel trattamento

dell’ipertensione: quattro casi di studio

Relatore Laureando Prof.ssa Maria Giulia Vinciguerra Angelo Lezzi

(Matr. 261098)

A.A 2019-2020

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Indice

1. Introduzione Pag. 3

2. Relazioni tra attività fisica e ipertensione di primo grado attraverso gli indici di massa corporea: una ricerca prospettiva di coorte su donne francesi

Pag. 6

2.1 Metodi analitici Pag. 7

2.2 Risultati e discussione Pag. 10

3. Impatto di uno stile di vita intensivo (dieta più esercizio fisico) sulla funzione endoteliale e vascolare, sulla stifness arteriosa e sulla pressione sanguigna nell’ipertensione di 1° grado: risultati dell’Hintreat randomized controlled trial

Pag. 18

3.1 Metodi analitici Pag. 19

3.2 Risultati e discussione Pag. 23

4. Ipertensione nei lavoratori: il ruolo dell’attività fisica e i suoi differenti aspetti

Pag. 29

4.1 Metodi analitici Pag. 29

4.2 Risultati e discussione Pag. 32

5. Ipertensione e attività fisica negli adulti di mezza età e negli anziani in Cina

Pag. 37

5.1 Metodi analitici Pag. 38

5.2 Risultati e discussione Pag. 40

6. Conclusioni Pag. 47

7. Bibliografia Pag. 48

(3)

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1. Introduzione

L’ipertensione arteriosa è una patologia purtroppo comune in tutto il mondo che consiste in un aumento dei valori della pressione sanguigna (BP) al di sopra dei parametri considerati normali; in Italia colpisce circa 16 milioni di persone e costituisce uno dei motivi principali per il quale i pazienti si rivolgono al proprio medico. Inoltre, un aumento dei valori pressori del sangue è attribuibile ad un aumento del rischio di CVD. All’interno di un quadro di sviluppo delle patologie cardiovascolari, l’ipertensione arteriosa rappresenta uno dei diversi fattori di rischio controllabili. Clinicamente, la pressione arteriosa risulta elevata per valori sistolici superiori ai 130/140 mmHg e/o diastolici superiori a 80/90 mmHg.

Nella Tabella 1 sono riportati i valori pressori di riferimento, indicati dalle linee guida tratte dal Journal of the American College of Cardiology (2017).

L’ipertensione arteriosa si può suddividere in due diverse tipologie:

 Ipertensione primaria (o essenziale): coinvolge oltre il 90 % dei pazienti ipertesi e non riconosce una causa ben precisa, se non per quanto riguarda fattori genetici. Solitamente, in queste persone la gittata cardiaca risulta normale e l’aumento della pressione arteriosa parrebbe legato a un incremento della resistenza periferica (causata da una carenza di ossido nitrico NO).

 Ipertensione secondaria: coinvolge circa il 10 % dei soggetti ipertesi ed è causata quasi

sempre da un’altra patologia (ad esempio renale).

Tabella 1. Classificazione della pressione arteriosa dell’adulto

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4 Tuttavia, nonostante nell’ipertensione primaria i fattori di rischio genetici non siano modificabili, esistono anche cause riguardanti lo stile di vita e i fattori ambientali che, se modificati in maniera adeguata, sono in grado di prevenire o ritardare l’insorgenza della patologia ipertensiva. Fra questi fattori molto importanti si possono riscontrare: dieta errata con eccessivo apporto di sodio (Na), eccessivo consumo di alcol, sovrappeso/obesità e, non per ultima, una scarsa pratica di attività fisica.

Il problema è rappresentato dal fatto che solo pochi adulti sono in grado di modificare efficacemente il proprio stile di vita, focalizzandosi nel migliorare gli aspetti più negativi. Di seguito si possono notare evidenze alla base dei fattori ambientali/ di stile di vita e sociali responsabili dell’aumento della BP e, quindi, dell’ipertensione.

 Dieta errata per il cuore: si può, con assoluta certezza, affermare che seguire una dieta sana ed equilibrata sia in grado di abbassare la BP. Particolarmente consigliata sembra essere la dieta DASH (Dietary Approaches to Stop Hypertension), ricca di frutta, verdura, legumi, noci, cereali integrali, ma povera di grassi saturi, colesterolo e di zuccheri raffinati.

Se associata a una riduzione di Na alimentare si possono ottenere ottimi risultati anche in ambito preventivo.

 Assunzione eccessiva di sodio: innanzitutto occorrerebbe specificare che il sodio è un nutriente essenziale per il nostro organismo. Tuttavia, il suo eccesso può rappresentare un serio problema per quanto concerne il rischio di ipertensione, in quanto risulta correlato positivamente con un aumento della BP in numerose ricerche scientifiche.

 Inadeguata assunzione di potassio: diversi studi affermano che un incremento dell’apporto dietetico di potassio (K) sia in grado di ridurre la BP e hanno evidenziato inoltre una diminuzione della probabilità di incorrere in eventi CVD, come l’infarto del miocardio.

Come accennato in precedenza, la dieta DASH sembra particolarmente indicata.

 Scarsa attività fisica: diversi studi dimostrano l’effetto preventivo fornito dalla pratica costante di attività fisica sul controllo della BP. Perfino livelli moderati di attività fisica sono in grado di ridurre il rischio di ipertensione. In particolare, l’attività aerobica sembra in grado di abbassare la BP da 5 a 7 mmHg, così come gli esercizi isometrici e di forza (da 4 a 5 mmHg). Questi risultati sembrano determinati dalla diminuzione della frequenza cardiaca e della resistenza vascolare periferica, oltre che da un miglioramento della funzione endoteliale.

 Sovrappeso e obesità: studi scientifici dimostrano l’esistenza di una relazione diretta tra BMI e BP. Infatti, all’aumentare delle misure antropometriche sembra corrispondere un aumento del rischio di ipertensione; basti considerare come negli USA circa il 40 % degli

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5 ipertesi sia obeso. Inoltre, diversi studi clinici hanno evidenziato come una riduzione del peso corporeo (massa grassa) sia in grado di ridurre l’aumento della BP e il conseguente rischio di sviluppo dell’ipertensione.

 Fattori sociali: queste determinanti possono essere definite come “le circostanze in cui una persona nasce, cresce, vive e lavora”. Ad esempio, nella popolazione americana si può notare una evidente relazione tra fattori sociali e popolazioni minoritarie (afroamericani e ispanici). In questi ultimi, la patologia ipertensiva risulta più diffusa. Allo stesso modo si è notata una relazione tra ipertensione e soggetti che vivono in quartieri economicamente più svantaggiosi.

Sulla base di queste considerazioni, in particolare a causa dell’elevata incidenza della patologia sulla popolazione a livello mondiale, l’obiettivo di questo lavoro è quello di mettere in luce il ruolo fondamentale svolto dalla pratica costante di attività fisica nella prevenzione e nel controllo dell’ipertensione arteriosa.

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2. Relazioni tra attività fisica e ipertensione di primo grado attraverso gli indici di massa corporea: una ricerca prospettiva di coorte su donne

francesi

Conor-James MacDonald, PhD; Anne-Laure Madika , MD; Martin Lajous, ScD; Nasser Laouali , PhD; Fanny Artaud, PhD; Fabrice Bonnet, PhD; Guy Fagherazzi, PhD; Marie-Christine Boutron-

Ruault , PhD

L’ipertensione rappresenta una sfida mondiale per la salute pubblica sia a causa del suo elevato tasso di incidenza, sia perché associata allo sviluppo di patologie cardiovascolari e renali. Stime a livello globale suggeriscono che soffrono di ipertensione quasi 1 miliardo di adulti in tutto il mondo e la sua incidenza risulta maggiore nelle donne. Alla base della patologia, come visto, sono conosciuti diversi fattori di rischio modificabili quali obesità e sovrappeso, scarsa attività fisica, fumo, alcool e dieta ricca di grassi saturi.

Si è visto inoltre che livelli non ottimali della pressione sanguigna costituiscono uno dei più evidenti fattori di rischio per lo sviluppo delle patologie cardiovascolari. Per cui la prevenzione risulta di fondamentale importanza. In tal senso è risaputo come la pratica di una ottimale e frequente attività fisica sia in grado di ridurre il rischio di ipertensione e di mortalità nei soggetti sovrappeso e obesi; tuttavia la riduzione del rischio non è uguale per tutti i soggetti e varia in base al peso corporeo, al sesso e all’etnia.

Un elevato indice di massa corporea (BMI) e una scarsa attività fisica sono correlati a un aumento del rischio di sviluppare una ipertensione arteriosa. Finora pochi studi hanno evidenziato i potenziali effetti benefici apportati da una riduzione dell’indice di massa corporea sull’attività fisica e il rischio di sviluppare l’ipertensione. Un incremento della massa grassa può portare a una infiammazione cronica, che spesso precede o rappresenta l’inizio della patologia ipertensiva. È noto che una regolare attività fisica è in grado di portare ad una diminuzione dei marker infiammatori nell’organismo, ma non era chiaro se la relazione tra attività fisica e ipertensione fosse la stessa nei differenti indici di massa corporea.

In questa ricerca gli autori hanno voluto esaminare proprio il rapporto tra la pratica di attività fisica e l’ipertensione attraverso la valutazione degli indici di massa corporea e l’indice di rischio (HRs) mediante modelli di Cox.

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2.2 Metodi analitici

Il gruppo E3N (Etude epidémiologique de femmes de la Mutuelle Générale de l’Education) è uno studio di coorte francese iniziato nel lontano 1990, comprendente 98995 donne di età compresa fra i 40 e i 65 anni. L’obiettivo della ricerca è quello di studiare i principali fattori di rischio per lo sviluppo del cancro e delle patologie croniche.

I partecipanti hanno compilato ogni 2 o 3 anni dei questionari riguardanti lo stile di vita e l’insorgenza di eventuali patologie. Ai questionari ha risposto in media l’83% dei partecipanti.

Sono state escluse le donne che nel 1993 non hanno risposto al questionario sulla dieta (n=24473) e le donne con un consumo energetico non realistico (n=2644), ipertensione primaria, malattie cardiovascolari, cancro (n=30271) prima del questionario del 1993. Lo studio finale ha quindi incluso 41607 donne. Nella Tabella 2 è riportata una comparazione fra le donne incluse e quelle escluse dallo studio.

Tabella 2. Caratteristiche dei partecipanti alla partenza (N= 41.607) in base ai risultati e ai quartili dell’attività fisica totale riferiti al 1993

Noncases (n=31 425)

Cases (n=10 182)

Quartiles of Physical Activity, METs/wk Quartile 1

(N=10 491) (<32.0)

Quartile 2 (N=10 465) (32.0–47.3)

Quartile 3 (N=10 391) (48.8–67.5)

Quartile 4 (N=10 260) (>67.5)

Cases of hypertension ... 2516 2524 2486 2656

Age, y, mean (SD) 49.8 (6.1) 51.1 (6.5)* 49.2 (5.8) 49.7 (6.2) 50.3 (6.6) 51.2 (6.6)

Weekly total physical activity at 1993,

METs/wk, mean (SD) 53.6 (27.3) 54.6 (28.0)* 23.3 (6.0) 39.8 (4.7) 56.8 (6.3) 88.2 (17.1)

Walking, h/wk, mean (SD) 4.62 (3.88) 1.84 (2.34) 3.1 (5.0) 3.7 (7.9) 5.2 (10.9) 7.5 (14.2)

Gardening, h/wk, mean (SD) 1.78 (2.31) 7.05 (4.91)* 0.6 (0.8) 1.2 (1.4) 1.9 (2.1) 3.5 (3.2) Housework/cleaning, h/wk, mean (SD) 6.65 (4.67) 0.48 (1.03)* 3.4 (1.7) 5.2 (2.8) 7.1 (3.8) 11.1 (5.7)

Cycling, h/wk, mean (SD) 0.52 (1.07) 1.18 (1.56)* 0.2 (0.4) 0.4 (0.7) 0.6 (1.1) 1.0 (1.5)

Sports, h/wk, mean (SD) 1.33 (1.62) 51.1 (6.5)* 0.6 (0.8) 1.1 (1.2) 1.5 (1.6) 2.1 (2.2)

BMI at 1992, kg/m2, mean (SD) 22.0 (2.4) 22.8 (2.7)* 22.2 (2.5) 22.1 (2.5) 22.1 (2.4) 22.3 (2.5)

Underweight BMI (<18.5), % 3.9 2.7 3.6 3.9 3.7 3.1

Low-normal BMI (18.5–19.9), % 16.1 11.7* 15.2 15.4 14.7 15.0

Mid-normal BMI (20.0–22.4), % 44.0 37.8* 42.0 42.7 42.5 42.6

High-normal BMI (22.5–25.0), % 25.0 28.2* 25.4 26.4 25.7 26.8

Overweight/obese BMI (>25.0), % 11.1 19.6* 13.8 12.8 12.0 13.7

Family history of cardiovascular disease, % 32.0 39.7* 33.3 34.0 33.9 34.4

Diabetes mellitus, % 0.8 1.2* 0.9 0.8 0.9 1.0

Smoking status, %

Never 51.8 52.8 50.9 51.6 52.3 54.8

Former 33.8 33.3 34.2 34.6 33.5 32.4

Current 14.4 13.8 14.9 13.8 14.2 14.0

With high school diploma, % 94.0 93.0 94.7 95.6 93.5 92.9

Dietary factors, median(SD)

Energy without alcohol, kcal/d 2157 (548) 2160 (556) 2113 (543) 2151 (541) 2175 (553) 2196 (559)

Alcohol, g/d 11 (13) 12 (14) 7 (13) 7 (13) 7 (14) 7 (14)

Caffeine, mg/d 174 (150) 175 (152) 173 (152) 175 (148) 175 (151) 176 (152)

Lipids, mg/d 86 (26) 86 (27) 84 (26) 86 (26) 86 (27) 87 (27)

Magnesium, mg/d 420 (141) 425 (143)* 410 (142) 419 (138) 425 (142) 431 (143)

Phosphates, mg/d 1430 (384) 1482 (384)* 1407 (381) 1430 (379) 1449 (387) 1452 (389)

Potassium, mg/d 3716 (1020) 3889 (1047)* 3620 (1024) 3706 (996) 3757 (1027) 3818 (1045)

Sodium, mg/d 2726 (892) 2762 (908)* 2671 (898) 2709 (886) 2765 (890) 2791 (905)

BMI indica l’indice di massa corporea e i METs, gli equivalenti metabolici.

*Differenza statistica allo 0.05 tra i casi e i non casi.

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 Valutazione dell’attività fisica, del BMI e dell’ipertensione

Nel 1993 e nel 1997 è stata valutata l’attività fisica mediante questionari riguardanti domande sulle ore settimanali trascorse a praticare walking, cycling, eseguire lavori domestici, attività ricreative e sport (nuoto, tennis ecc.), tenendo in considerazione le stagioni invernali ed estive. I questionari hanno inoltre incluso domande sul tempo trascorso a camminare (andare a lavoro, a fare la spesa ecc.), andare in bicicletta, lavori domestici e attività sportive (sport con racchetta, corsa ecc.).

A ciascuna delle attività svolte sono stati assegnati degli equivalenti metabolici (METs). Un MET è definito come il rapporto fra il tasso di lavoro metabolico e la velocità del metabolismo a riposo di 1.0 (4.184 kJ)・kg−1 h−1. Il valore del MET per le attività domestiche è 3.0, per il giardinaggio 4.0, per la camminata 3.0 e per attività in bicicletta e per lo sport 6.0. Utilizzando i dati dei sondaggi sono stati stimati i punteggi MET settimanali per le varie attività: quelle che richiedono da 3 a 6 MET sono state classificate come moderate e quelle > 6 MET come ad alta intensità. I sottogruppi delle attività fisiche come sport, walking, ciclismo, lavori domestici e giardinaggio sono stati considerati separatamente.

Il BMI, definito come il rapporto tra il peso corporeo e il quadrato dell’altezza (h2), è stato calcolato utilizzando altezza e peso riportati nel questionario svolto nel 1992. A fini valutativi i partecipanti sono stati divisi in 5 gruppi a seconda del BMI: < 18,5 sottopeso, < 18,5 -20,4 medio/basso, 20,5 - 22,5 normopeso, 22,5 - 25 medio/alto, > 25 sovrappeso/obeso.

Per quanto riguarda la valutazione dell’ipertensione, questa è stata determinata in riferimento ai dati acquisiti dai questionari e tenendo conto degli aggiornamenti periodici, nei quali erano eventualmente riportate nuove diagnosi di ipertensione e le relative cure a base di farmaci antipertensivi.

 Valutazione delle covariate e analisi statistiche

Ai fini dello studio sono stati utilizzati sia i dati relativi al questionario svolto nel 1992 inerentemente ad eventuali storie familiari di patologie cardiovascolari (es. ictus, malattie coronariche) e vizio del fumo, sia i dati raccolti nel 1993 utilizzando un questionario mirato ad individuare le abitudini alimentari dei soggetti. Da quest’ultimo questionario, utilizzando una tabella dettagliata inerente la composizione degli alimenti, sono stati stimati: introito giornaliero medio (escluse le calorie dell’alcol), proteine, magnesio, fosfato, potassio e lipidi.

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9 In base alla distribuzione della popolazione, i partecipanti sono stati suddivisi in 4 quartili di MET totali e sono stati classificati sia in base al livello di attività fisica (con il quartile più basso come riferimento) che in base al BMI (prendendo il gruppo BMI normo-basso come riferimento). Gli indici di rischio (HRs) e il 95% dei Cls sono stati stimati tramite i modelli di regressione di Cox, seguendo l’età come scala cronologica. I valori di P per le tendenze sono stati calcolati utilizzando il valore medio come variabile semicontinua nei modelli.

Il rapporto fra la pratica di attività fisica e il BMI è complesso poiché i cambiamenti di quest’ultimo possono essere causati da variazioni nei livelli dell’attività fisica praticata. Per le attuali analisi, al fine di non influenzarne lo svolgimento, è stato utilizzato il BMI precedentemente l’inizio dell’attività fisica (1993).

I modelli multivariabili inizialmente non sono stati corretti ma hanno utilizzato l’età come scala cronologica (M0); in seguito, sono stati aggiustati tenendo conto sia del BMI che dell’attività fisica (M1). Successivamente, gli stessi modelli sono stati adattati per assecondare i noti fattori di rischio per lo sviluppo dell’ipertensione (diabete mellito, storia familiare di ipertensione arteriosa o malattie cardiovascolari, fumo, livello di istruzione e menopausa) (M2) e, per ultimo, prendendo in esame le variabili dietetiche (calorie, potassio, magnesio, fosfati, lipidi, sale, alcol, e caffeina) (M3). Infine, sono stati valutati i modelli stratificati nei gruppi di BMI utilizzando l’attività fisica totale come parametro.

Le attività specifiche sono state valutate in ore alla settimana. Sport, giardinaggio e walking sono stati considerati come quartili; lavori domestici e ciclismo sono stati considerati come terzili; infine, i modelli stratificati sono stati raggruppati in sport, giardinaggio e walking.

Per valutare la relazione fra i tipi di attività fisica e l’ipertensione è stato utilizzato il modello di regressione spline e, in seguito, sono state tracciate le curve per mostrare la relazione tra l’ipertensione (HR) e l’attività fisica (MET).

Per distinguere ulteriormente i vari tipi di attività fisica e per avere la certezza che il BMI misurato nel 1992 non esercitasse alcuna influenza su di essa, sono stati considerati un modello sull’attività fisica risalente al 1997 (descritto allo stesso modo per il questionario del 1993) e le stime del BMI. Successivamente, i partecipanti sono stati raggruppati in quartili in base all’attività fisica. Questa analisi è stata effettuata nel 1997 e non ha incluso i soggetti con ipertensione di 1° grado.

È stata poi condotta un’analisi supplementare incrociando i vari tipi di attività fisica con gli intervalli del BMI, considerati come un’esposizione congiunta (Tabella 3) e in seguito integrati nel modello di Cox. Per stimare il livello di significatività dei test è stato utilizzato il valore P,

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10 con un α di significatività statistica pari a 0,05. I risultati dei modelli di Cox sono stati interpretati come HR (95% CI).

Tabella 3. Esposizioni congiunte dell’attività fisica totale e del BMI

BMI indica l’indice di massa corporea e i METs, gli equivalenti metabolici.

2.2 Risultati e discussione

Risultati

Questo studio include un totale di 41607 donne. L'età media era di 50,1 ± 6,2 anni, la media del BMI era di 22,2 ± 2,6 kg/m2 e la media dell’attività fisica nella fase iniziale era di 53,7 ± 27,7 MET-ore alla settimana. Dopo una media di 14,5 anni di monitoraggio, sono stati identificati 10.182 casi di ipertensione di 1° grado, corrispondenti a un tasso di incidenza di 16,8 per 1000 persone-anno. Rispetto alle donne che hanno sviluppato una ipertensione, quelle più anziane presentavano valori iniziali di BMI inferiori e una minore probabilità di sviluppare diabete mellito o obesità; inoltre riportavano livelli leggermente inferiori nella pratica di attività fisica, ma più alti nella pratica di sport. I partecipanti che mostravano livelli più elevati di attività fisica erano leggermente più anziani al momento dell'avvio dello studio e consumavano più calorie (Tabella 2).

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11 Tabella 4. Modelli di Cox-ph per BMI e attività fisica

Tabella 5. Modelli completamente adattati suddivisi in gruppi basati sul BMI, che mostrano le relazioni tra attività fisica e ipertensione in ogni fascia di BMI

Physical Activity, METs/

wk

Underweight (BMI,≤18.4) Low Normal (BMI,18.5-19.9) Mid Normal (BMI,20.0-22.4) High normal (BMI,22.5-24.9) Obese/Overweight (BMI,

≥25.0)

Cases HR (95% CI) Cases HR (95% CI) Cases HR (95% CI) Cases HR (95% CI) Cases HR (95% CI)

Quartile 1 (<32.0) 62 Reference 301 Reference 903 Reference 727 Reference 523 Reference

Quartile 1 (32.0-47.3) 68 0.91 (0.56-1.25) 302 0.98 (0.82-1.14) 966 1.04 (0.95-1.13) 676 0.90 (0.79-1.00) 492 0.98 (0.85-1.10)

Quartile 1 (47.3-67.5) 74 1.08 (0.74-1.42) 269 0.89 (0.73-1.06) 985 1.00 (0.90-1.09) 707 0.89 (0.78-0.99) 451 0.95 (0.82-1.07)

Quartile 1 (>67.5) 72 1.19 (0.84-1.53) 318 0.97 (0.81-1.13) 975 0.95 (0.85-1.04) 762 0.89 (0.79-0.99) 529 0.95 (0.83-1.08)

P trend 0.18 0.66 0.10 0.05 0.42

Dati corretti per il diabete mellito all’inizio dello studio, per la storia familiare di ipertensione o patologia cardiovascolare (si/no), per il fumo (mai, in passato, allo stato attuale dello studio), per l’educazione e le variabili alimentari (calorie, potassio, magnesio, fosfati, lipidi, sale, alcol e caffeina) e considerando l’età come scala temporale. BMI indica l’indice di massa corporea;

HR indica il rapporto di rischio e i METs gli equivalenti metabolici.

Physical Activity, METs/

wk Cases Person/Years

M0 M1 M2 M3

HR (95% CI) P Trend HR (95% CI) P Trend HR (95% CI) P Trend HR (95% CI) P Trend

Quartile 1 (<32.0) 2516 152 189 Reference 0.03 Reference 0.05 Reference 0.01 Reference 0.02

Quartile 1 (32.0-47.3) 2524 152 369 0.98 (0.92-1.03) 0.98 (0.93-1.04) 0.98 (0.92-1.03) 0.97 (0.92-1.03)

Quartile 1 (47.3-67.5) 2486 149 375 0.94 (0.89-0.99) 0.96 (0.90-1.01) 0.94 (0.88-0.99) 0.93 (0.88-0.99)

Quartile 1 (>67.5) 2656 150 429 0.94 (0.89-1.00) 0.96 (0.90-1.01) 0.94 (0.89-0.99) 0.93 (0.88-0.98)

M0 non corretto, usando l’età come scala temporale. M1 corretto per il BMI; M2 corretto per il diabete mellito all’inizio dello studio, per la storia familiare di ipertensione o patologia cardiovascolare (si/no), per il fumo (mai, in passato, allo stato attuale dello studio) e per l’educazione; M3 corretto per le variabili alimentari (calorie, potassio, magnesio, fosfati, lipidi, sale, alcol e caffeina). BMI indica l’indice di massa corporea; HR indica il rapporto di rischio e i METs gli equivalenti metabolici.

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12 Nei modelli corretti (Tabella 4), si può notare come livelli di attività fisica più elevati siano associati a un minor rischio di ipertensione.

Suddividendo le donne in 5 gruppi BMI (Tabella 5), è stato osservato che una maggiore attività fisica si accompagna a un minor rischio di ipertensione nell'intervallo di BMI medio/alto (HRQuartile 1–Quartile 4, 0.89; 95% CI, 0.79–0.99).

Suddividendo l'attività fisica nelle sue varie tipologie (Tabella 6), si è visto che una pratica elevata di sport (come il ciclismo) è associabile a un ridotto rischio di ipertensione in modalità dose-risposta (HRsport >2 ore, 0,87; 95% CI, 0,83-0,93). Anche alti livelli di walking e giardinaggio sono relazionabili a un minor rischio di ipertensione (HRwalk >6.5 ore, 0,94; 95% CI, 0,90-1,00; HRgiardinaggio, >2.5 ore, 0,94; 95% CI, 0,89-0,99). Al contrario i lavori domestici sembrerebbero determinare un aumento del rischio di ipertensione (HRlavori domestici >7,5 ore, 1,05; 95% CI, 1,00-1,10).

Tabella 6. Differenti tipologie di attività fisica e il rischio di ipertensione correlato

Person/Years Cases

M0 M1 M2 M3

HR (95% CI) HR (95% CI) HR (95% CI) HR (95% CI)

Sports, h/wk

0 232 203 4386 Reference Reference Reference Reference

0-1.0 140 892 2252 0.91 (0.86-0.95) 0.94 (0.89-0.99) 0.94 (0.89-0.99) 0.94 (0.89-0.99)

1.0-2-0 133 596 1175 0.88 (0.83-0.93) 0.91 (0.86-0.97) 0.91 (0.86-0.96) 0.91 (0.86-0.96)

>2.0 117 671 1769 0.84 (0.79-0.88) 0.88 (0.83-0.93) 0.88 (0.83-0.93) 0.87 (0.83-0.93)

Ptrend <0.0005 <0.0005 <0.0005 <0.0005

Walking, h/wk

<2.0 194 613 3235 Reference Reference Reference Reference

2.0-3.5 122 308 2046 0.98 (0.93-1.04) 0.99 (0.93-1.05) 0.99 (0.94-1.05) 0.99 (0.94-1.05) 3.5-6.5 140 665 2366 0.95 (0.90-1.00) 0.97 (0.90-1.02) 0.97 (0.92-1.02) 0.96 (0.92-1.02)

>6.5 146 775 2535 0.93 (0.88-0.98) 0.94 (0.88-0.99) 0.94 (0.90-1.00) 0.94 (0.90-1.00)

Ptrend 0.003 0.02 0.02 0.02

Gardening, h/wk

0.0 197 211 3349 Reference Reference Reference Reference

0.0-1.0 138 868 2258 1.01 (0.96-1.07) 1.02 (0.96-1.07) 1.01 (0.96-1.07) 1.01 (0.95-1.07) 1.0-2.5 125 975 2087 0.98 (0.93-1.04) 0.98 (0.93-1.04) 0.98 (0.93-1.04) 0.98 (0.92-1.03)

>2.5 142 307 2488 0.95 (0.90-1.01) 0.94 (0.90-1.00) 0.94 (0.89-1.00) 0.94 (0.89-0.99)

Ptrend 0.04 0.02 0.02 0.02

Housework and cleaning, h/wk

<4.1 247 228 3836 Reference Reference Reference Reference

4.1-7.5 153 779 2628 1.04 (0.98-1.10) 1.04 (0.98-1.10) 1.04 (0.98-1.10) 1.03 (0.98-1.09)

>7.5 203 353 3718 1.07 (1.02-1.12) 1.05 (1.01-1.10) 1.05 (1.00-1.10) 1.05 (1.00-1.10)

Ptrend 0.003 0.03 0.05 0.04

Cycling, h/wk

0 7198 411 248 Reference Reference Reference Reference

>0 2984 193 114 0.97 (0.93-1.02) 0.99 (0.95-1.03) 0.99 (0.94-1.03) 0.98 (0.93-1.02)

Ptrend 0.18 0.63 0.53 0.48

M0 non corretto, usando l’età come scala temporale. M1 corretto per il BMI; M2 ulteriormente corretto per il diabete mellito all’inizio dello studio, per la storia familiare di ipertensione o patologia cardiovascolare (si/no), per il fumo (mai, in passato, allo stato attuale dello studio) e per l’educazione; M3 corretto ulteriormente per le variabili alimentari (calorie, potassio, magnesio, fosfati, lipidi, sale, alcol e caffeina). BMI indica l’indice di massa corporea e HR il rapporto di rischio.

(13)

13

Tabella 7. Attività fisica di tipo sportivo e rischio di ipertensione nei soggetti con BMI elevato.

Dati corretti per il diabete mellito all’inizio dello studio, per la storia familiare di ipertensione o patologia cardiovascolare (si/no), per il fumo (mai, in passato, allo stato attuale dello studio), per l’educazione e le variabili alimentari (calorie, potassio, magnesio, fosfati, lipidi, sale, alcol e caffeina) e considerando l’e come scala temporale. BMI indica l’indice di massa corporea e HR il rapporto di rischio.

Figura 1. Curve spline di regressione che mostrano la relazione dose-risposta tra ore di attività fisica di tipo sportivo (A), camminata (B) e giardinaggio (C) e rischio di ipertensione. Le linee tratteggiate si riferiscono a 95% CI.

E’ stata osservata una relazione inversa significativa con gli sport, ma debole con camminata e giardinaggio.

(14)

14 A differenza dello sport (interazione P <0,01), l’attività fisica non ha mostrato una evidente interazione con il BMI. Nei modelli riguardanti i gruppi del BMI (Tabella 7), un’alta pratica di sport è legata a un minor rischio di ipertensione in tutte le categorie di BMI di fascia sana, salvo le donne sottopeso (BMI, <18,5) o in sovrappeso (BMI, >25.0). Il tasso di incidenza dell'ipertensione nelle donne che hanno praticato bassi livelli di sport è stato di 18,6 ogni 1000 persone-anno rispetto a 15,6 di coloro che hanno praticato sport assiduamente. Nelle donne di peso medio/basso che non hanno praticato sport, il tasso di incidenza è stato di 14,5 rispetto al 12,1 di coloro che hanno segnalato una pratica sportiva superiore alle 2 ore.

La regressione spline riportata in Figura 1 mostra una relazione dose-dipendente inversa tra sport, walking, giardinaggio e il rischio di ipertensione. Per quanto concerne lo sport, l’andamento della curva (Figura 1 – Pannello A) dimostra che anche bassi livelli di sport sono associati a un ridotto rischio di ipertensione. Sia il walking (Figura 1- Pannello B) che il giardinaggio (Figura 1- Pannello C) evidenziano una minore efficacia rispetto allo sport, rendendo necessaria una pratica più elevata per ottenere la medesima riduzione del rischio.

I dati dimostrano che il legame tra attività fisica e BMI è riconducibile al rischio di ipertensione (Tabella 8; P interazione < 0,01). A differenza delle donne con BMI medio-basso, i gruppi con BMI medio/alto hanno evidenziato un maggiore rischio di ipertensione, così come i soggetti in sovrappeso, indipendentemente dai livelli di attività fisica praticata. Si può notare che, nei gruppi BMI in sovrappeso, un livello maggiore di attività fisica è in grado di ridurre lievemente il rischio di ipertensione mostrando una tendenza inversa non significativa (HRsovrappeso Quartile 1, 1.85; 95% CI, 1.61–2.13; HRsovrappeso Quartile 4, 1.69; 95% CI, 1.47–1.94; comparato col BMI medio-basso, Tabella 8).

Considerando l'attività fisica totale, i risultati sono stati simili all'analisi principale, nonostante siano borderline (HRQuartile 1–Quartile 4, 0,96; 95% CI, 0,90 1,02; P trend=0,07; Tabella 9). Prendendo in esame lo sport rapportato al BMI, solo tra le donne in sovrappeso non si è notata una chiara relazione tra sport e ipertensione, sebbene la dimensione del campione fosse ridotta; ciononostante, il secondo quartile mostrava un rischio ridotto (HRsport 0-0,5 ore, 0,65; 95%

CI, 0,49-0,88; P trend=0,31; Tabella 10).

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15 Tabella 8. Esposizioni congiunte dell’attività fisica totale e del BMI

BMI: indice di massa corporea; METs: equivalenti metabolici

Tabella 9. Modelli Cox-ph per l’attività fisica nel 1997

M0 non corretto, usando l’età come scala temporale. M1 corretto per il BMI al 1992; M2 corretto per il diabete all’inizio dello studio, per la storia familiare di ipertensione o patologia cardiovascolare (si/no), per il fumo (mai, in passato, allo stato attuale dello studio) e per l’educazione; M3 corretto per le variabili alimentari (calorie, potassio, magnesio, fosfati, lipidi, sale, alcol e caffeina).

BMI: indice di massa corporea; METs: equivalenti metabolici.

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16

Discussione

Come già accennato, nel presente studio si è cercato di comprendere la relazione tra attività fisica, BMI e il rischio di ipertensione. I dati hanno dimostrato come, per i partecipanti che praticavano scarsi livelli di attività fisica, il rischio di ipertensione fosse più elevato.

Indipendentemente da altri fattori di rischio, si è riscontrato come nelle donne lo sport sia in grado di ridurre il rischio di ipertensione, insieme ad attività come il walking e il giardinaggio;

il ciclismo, tuttavia, non ha mostrato alcuna evidenza associata al rischio di sviluppare la patologia. Nel complesso, i risultati sembrerebbero dimostrare un concreto beneficio derivante dalla pratica regolare di sport nel prevenire l’insorgenza delle malattie cardiovascolari.

Per quanto riguarda la suddetta relazione, tenendo conto anche delle diverse fasce del BMI si osservano tuttavia risultati differenti. Per le donne con BMI normale sussistono relazioni inverse tra attività fisica e ipertensione. Nelle donne in sovrappeso e obese, invece, l’attività fisica non sembrerebbe avere effetti significativi sul rischio di ipertensione. Il tasso di incidenza di quest’ultima era molto più ridotto nelle donne con un peso basso (≈13,6 ogni 1000 persone-

Tabella 10. Attività fisica di tipo sportivo stimata nel 1997 e rischio di ipertensione nei soggetti con BMI elevato nel 1992.

Dati corretti per il diabete mellito all’inizio dello studio, per la storia familiare di ipertensione o patologia cardiovascolare (si/no), per il fumo (mai, in passato, allo stato attuale dello studio), per l’educazione e le variabili alimentari (calorie, potassio, magnesio, fosfati, lipidi, sale, alcol e caffeina) e considerando l’età come scala temporale. BMI indica l’indice di massa corporea.

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17 anno) rispetto alle donne in sovrappeso (≈24,3 ogni 1000 persone-anno). L'attività sportiva praticata per più di 2 ore a settimana ha mostrato una riduzione del rischio di 2 casi ogni 1000 persone-anno nelle donne più magre, ma non è stata riscontrata nessuna riduzione nelle donne con un peso maggiore. Questi risultati tuttavia non implicano che le donne in sovrappeso non possano trarre vantaggio dall’attività fisica; è possibile che i suoi benefici siano mediati da variazioni di peso, aspetto di cui non si è tenuto adeguatamente conto in questa analisi ma che richiederebbe ulteriori approfondimenti.

In questo studio si può inoltre notare come la relazione positivamente più significativa con l’ipertensione derivi dalla pratica sportiva, seguita da attività quali giardinaggio e walking.

Al contrario, la pratica assidua di lavori domestici (come le pulizie) è relazionabile ad un aumento del rischio di ipertensione; ciò è probabilmente attribuibile al fatto che non si tratta di attività ricreative e di rilassamento, ma stressanti. Anche altri studi hanno evidenziato tale relazione. La regressione spline ha dimostrato che, per far sì che la pratica di attività non sportive adduca gli stessi benefici dello sport, è necessario praticarli per un periodo di tempo più prolungato. Pertanto l'attività fisica ad alta intensità risulta essere la migliore nel ridurre il rischio di ipertensione, al pari dell’attività aerobica (già riportata in altri studi). Come documentato in diverse linee guida internazionali (ad esempio, quelle del National Health Service del Regno Unito o dell'Office of Disease Prevention degli Stati Uniti), gli effetti migliori si osservano praticando almeno 75 minuti di attività fisica ad alta intensità a settimana, oppure attività a bassa intensità per una durata maggiore, come il walking. In ogni caso, al fine di mantenere un buono stato di salute, bisognerebbe dedicarsi all’attività fisica o sportiva con regolarità.

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18

3. Impatto di uno stile di vita intensivo (dieta più esercizio fisico) sulla funzione endoteliale e vascolare, sulla stifness arteriosa e sulla pressione sanguigna nell’ipertensione di 1° grado: risultati dell’Hintreat randomized

controlled trial

Anastasios Vamvakis; Eugenia Gkaliagkousi; Antonios Lazaridis; Maria G. Grammatikopoulou;

Areti Triantafyllou; Barbara Nikolaidou; Nikolaos Koletsos; Panagiota Anyfanti; Christos Tzimos;

Pantelis Zebekakis; Stella Douma

L'ipertensione essenziale (EH) rappresenta uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo delle patologie cardiovascolari (CVD) ed è direttamente associata a una elevata incidenza di eventi, quali ictus e infarto del miocardio. Ciò rende, come noto, l’ipertensione uno dei maggiori problemi riguardanti la salute pubblica. La disfunzione endoteliale è una delle conseguenze dirette della patologia ipertensiva e provvede al danno subclinico degli organi bersaglio. Il meccanismo alla base di essa consiste nella perdita della capacità di vasodilatazione del letto vascolare, a causa di una minore disponibilità di ossido nitrico (NO). I principali biomarcatori della disfunzione endoteliale sono le microparticelle endoteliali (EMP) e la dimetilarginina asimmetrica (ADMA). Le disfunzioni micro e macrovascolari risultano compromesse durante l’ipertensione, determinando così un circolo vizioso in cui l’aumento della pressione sanguigna arreca danno agli organi bersaglio. Inoltre, la rigidità arteriosa è inevitabilmente influenzata dal processo fisiologico dell’invecchiamento e dall’elevata BP.

Pertanto, negli ultimi anni, gli sforzi si sono concentrati nell’esaminare i biomarcatori specifici, come le proteine C-reattive (CRP), le interleuchine e le citochine (IL-1, IL-4, IL-6, IL-10, TNF- α).

È noto che la BP sistolica centrale (SBP), rispetto alla BP brachiale, risulta maggiormente implicata nei processi dannosi a carico degli organi bersaglio; ciò è stato dimostrato da numerosi studi riguardanti varie popolazioni di pazienti, in particolare gli anziani e soggetti con patologie renali o totalmente sani. Pertanto è emerso che condurre uno stile di vita sano risulta fondamentale nel trattamento e nella prevenzione dell’ipertensione, in particolare per quanto concerne una dieta sana e una buona attività fisica.

In questo studio gli autori hanno voluto approfondire e avvalorare gli effetti derivanti dalla conduzione di uno stile di vita sano nei soggetti affetti da ipertensione di 1° grado.

(19)

19

3.2 Metodi analitici

L'HINTreat è uno studio prospettico randomizzato svolto a Salonicco, in Grecia, condotto fra il 2016 e il 2019 per studiare un gruppo di 91 pazienti affetti da ipertensione di 1°

grado. I partecipanti scelti per lo studio erano soggetti adulti con una ipertensione di 1° grado non ancora trattata. Sono stati invece esclusi i soggetti con le seguenti caratteristiche:

ipertensione secondaria, diabete mellito, patologie cardiovascolari (CVD) con conseguenti eventi cardiaci (infarto del miocardio, ictus ecc.), storia di neoplasie, infiammazioni e comorbidità che colpiscono la pressione arteriosa, trattamento con farmaci antipertensivi o altri farmaci significativi (inclusi i diuretici). Inoltre, tramite la misurazione della pressione arteriosa in ambulatorio, sono stati individuati i pazienti con sindrome da camice bianco.

Successivamente, i pazienti sono stati suddivisi in due gruppi. Nel primo gruppo i soggetti sono stati istruiti sommariamente circa il modo di condurre uno stile di vita sano e modificare le proprie abitudini alimentari, pur tuttavia senza entrare nello specifico: diminuire l’assunzione di sale nella dieta e praticare una regolare attività fisica. Il secondo gruppo, invece, rappresentava quello di intervento e ha ricevuto istruzioni maggiormente dettagliate riguardo le modifiche da apportare alla dieta e all’attività fisica. Infatti, ogni singolo soggetto, si è sottoposto a sedute di educazione alimentare con un dietologo professionista, ricevendo un programma dietetico personalizzato che mirava ad introdurre un maggiore apporto di frutta e verdura nella propria dieta, un ridotto consumo di sale, la diminuzione del peso corporeo e quindi la necessità di praticare una costante attività fisica.

Inizialmente sono stati raccolti i dati clinici, antropometrici e dietetici di ogni partecipante, come mostrato nella Figura 2.

Al terzo e al sesto mese dall’assegnazione del trattamento, a tutti i partecipanti è stata misurata con regolarità la pressione arteriosa ed è stato accertato se i soggetti in questione avessero messo in pratica tutte le indicazioni fornite durante le consulenze iniziali. Tutte le visite sono state effettuate nelle prime ore del mattino, a digiuno e senza aver praticato sforzi intensi nelle 24 ore precedenti. Inoltre, tutti le misurazioni di partenza sono state raccolte prima che i partecipanti ricevessero istruzioni riguardanti un corretto stile di vita. Le caratteristiche iniziali di ciascun gruppo sono riportate nella Tabella 11.

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20 Figura 2. Diagramma CONSORT del processo di studio. ADMA, dimetilarginina asimmetrica; BIA,

analisi di impedenza bioelettrica; BP, pressione sanguigna; BW, peso corporeo; HDL, lipoproteina ad alta densità; ILT, trattamento intensivo sullo stile di vita; IPAQ, questionario internazionale sull’attività fisica; LDL, lipoproteina a bassa densità; PA, attività fisica; TC, colesterolo totale; TG, trigliceridi.

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21 Le misurazioni antropometriche sono state acquisite da un professionista certificato ISAK, seguendone scrupolosamente il protocollo. Per la misurazione del peso corporeo è stata utilizzata una scala digitale SECA, con una precisione di 0,01 kg; per misurare l’altezza è stato utilizzato uno stadiometro a parete, dalla precisone di 1 mm. Inoltre è stato calcolato il BMI (indice di massa corporea) effettuando il rapporto tra il peso corporeo in kg e il quadrato dell’altezza in metri (Kg x h-2). Per la raccolta delle analisi dietetiche è stato utilizzato un software ESHA.

Il dispendio energetico a riposo (REE) è stato misurato nelle prime ore del mattino tramite calorimetria indiretta e l’utilizzo di un analizzatore metabolico. Inoltre sono stati raccolti i dati nutrizionali per ciascun partecipante e per entrambi i gruppi, sia inizialmente, sia durante che al termine del protocollo di intervento, facendo coincidere le analisi ematiche con la raccolta dei campioni delle urine, come evidenziato nella Figura 2.

Per valutare il potenziale infiammatorio della dieta è stato utilizzato l’indice di infiammazione alimentare (DII), calcolato dalla media dei richiami dietetici di 24 ore. Il DII è stato misurato, per ogni partecipante, facendo riferimento al consumo medio, valutando ben 29 parametri tra cui: calorie, carboidrati, grassi totali, proteine, grassi trans, colesterolo, acidi grassi monoinsaturi (MUFA) e polinsaturi (PUFA), acidi grassi n-3 ed n-6, acidi grassi saturi (SFA), alcool, vitamine del gruppo B (B6 e B12), caffeina, carotene, acido folico, niacina, riboflavina, fibre, tiammina, vitamine A, C, D, E, zinco, ferro, selenio e magnesio. L’assunzione alimentare

Tabella 11. Caratteristiche dei pazienti alla partenza

χ Testato con il test del chi-quadrato. M Testato con l’U test Mann-Whitney. 25 ≤ BMI < 29.99 kg/m2. BMI ≥ 30 kg/m2. BMI, indice di massa corporea; DBP, pressione sanguigna diastolica; ILT, trattamento intensivo dello stile di vita; NS, non significativo; REE, dispendio energetico a riposo; SBP, pressione sanguigna sistolica.

(22)

22 di ognuno di questi nutrienti è stata stimata in base ai valori di assunzione di riferimento ed è stata divisa per la deviazione standard. Il DII è stato pertanto misurato in base alla proporzione di ciascuno dei suddetti parametri e, successivamente, moltiplicato per il punteggio specifico di infiammazione del relativo parametro; quindi, sono stati raggruppati i punteggi nutrizionali di ciascun individuo. Infine il DII così ricavato è stato sottratto dall'apporto energetico, producendo un punteggio DII rettificato per l'energia (DIIadj).

Poiché il consumo alimentare di sodio (Na) è correlato ad un aumento della BP, la sua assunzione è stata calcolata effettuando una media dei tre precedenti richiami delle 24 ore e, contemporaneamente, con il metodo di Mercado.

Le informazioni riguardanti le differenti tipologie di attività fisica (lavoro, faccende domestiche, ma anche sport ecc..) e la loro intensità (vigorosa, moderata, lieve o nulla), durata (tempo medio) e frequenza (numero di giorni) sono state registrate mediante l’utilizzo dell’International Physical Activity Questionnaire (IPAQ). Ogni attività e la relativa intensità sono espresse in MET (equivalenti metabolici) e riassunte per pratica settimanale. A loro volta, i MET sono stati classificati in: PA vigorosa (8 METs), moderata (4 METs), lieve (3.3 METs).

I livelli dei vari tipi di attività sono poi stati registrati utilizzando dei podometri. Quindi, i dati riguardanti i passi giornalieri sono stati raggruppati in diverse categorie di PA: lieve (< 7500 passi/giorno), moderata (7500 – 10.000 passi/giorno) e alta (> 10.000 passi/giorno).

Per quanto concerne le analisi biochimiche, i campioni di sangue riguardanti il profilo lipidico (colesterolo totale TC, colesterolo LDL e HDL, trigliceridi), glucosio, SGOT, SGPT, sodio, potassio, creatinina, urea e acido urico sono stati raccolti al mattino, a digiuno. Per ciascun partecipante è stato inoltre analizzato il campione di urine delle 24 ore al fine di valutare l’escrezione renale di sodio e potassio (K). Ovviamente, al fine di non alterare l’attendibilità dei risultati, è stato consigliato ai partecipanti di non modificare la propria routine quotidiana.

Tramite un dispositivo oscillometrico convalidato, con i soggetti a riposo, sono state effettuate le misurazioni della pressione sanguigna sistolica (SBP) e diastolica (DBP) e quelle brachiale e aortica. La diagnosi di ipertensione è avvenuta qualora la BP risultasse > 140/90 mmHg e la brachiale (ABPM) > 135/85 mmHg, prendendo come riferimento le linee guida ESH. Il protocollo per la misurazione della ABPM si basava su tre misurazioni effettuate durante il giorno.

La disfunzione endoteliale è stata valutata tramite l’utilizzo di un kit ELISA (Enzyme-Linked Immunosorbent Assay) dalla sensibilità di 0,05 µmol/L.

La misurazione della BP centrale aortica è stata effettuata con il dispositivo Mobil-O-Graph 2.

Per valutare una eventuale aterosclerosi nelle arterie carotidi è stato misurato lo spessore della

(23)

23 tonaca intima carotidea (cIMT), la quale (sia di destra che di sinistra) è stata a sua volta determinata attraverso la media di due misurazioni consecutive; le immagini longitudinali delle arterie carotidee sono state effettuate tramite una macchina ad ultrasuoni.

La rigidità arteriosa carotidea è stata stimata tramite la misurazione dell’indice di rigidità di entrambe le carotidi, mediante un sistema di tracciamento dell’eco ad alta definizione. Infine, l’indice di rigidità è stato calcolato come il rapporto tra il logaritmo naturale di SBP/DBP e la variazione relativa del diametro (D); successivamente è stata effettuata la media tra le due misurazioni per ciascuna carotide.

I risultati più interessanti dopo 6 mesi consistevano nelle variazioni della BP brachiale d’ufficio, ambulatoriale e delle 24 ore, così come i cambiamenti negli indici di rigidità arteriosa carotidea e dell’emodinamica centrale. Altri risultati secondari erano le variazioni (∆) del peso corporeo, BMI, circonferenza di vita e fianchi, miglioramenti nei livelli di PA, DII e dell’escrezione urinaria di Na e K.

Per quanto concerne la conformità al trattamento, essa è stata valutata utilizzando i richiami dietetici e l’esame delle urine. Inoltre, al termine dei 6 mesi di trattamento, i pazienti hanno continuato ad essere seguiti per ulteriori 6 mesi.

Al fine di escludere errori di campionamento, gli autori hanno deciso di confrontare le variabili dei partecipanti di entrambi i gruppi. L’effetto dell’intervento è stato valutato tramite il T-test e i risultati del trattamento sono stati stimati confrontando lo scenario finale con quello di partenza. Per presentare i dati in maniera uniforme, sono stati utilizzati i valori medi di deviazione standard (DS) o n con la corrispettiva percentuale (%). Per quanto riguarda la relazione tra i due differenti metodi di PA è stata utilizzata la correlazione di Pearson. Altresì, al fine di valutare se le differenze nei livelli di ADMA fossero legate alle variazioni nel DII, sono stati calcolati i modelli di regressione lineare.

3.3 Risultati e discussione

Risultati

Inizialmente sono stati randomizzati un totale di 81 pazienti (Figura 2); tuttavia, a causa dei criteri di inclusione, ne sono stati esclusi 5. Pertanto ciascun gruppo era composto da 38 soggetti.

(24)

24 I risultati mostrano che l’escrezione urinaria di Na, così come il suo consumo alimentare, risultavano nettamente inferiori nel gruppo ILT rispetto al gruppo di controllo e ai valori iniziali (p ≤ 0,001 per entrambi i gruppi). Inoltre, sempre nel gruppo ILT, il post trattamento di SBP e DBP è migliorato rispetto alla condizione di partenza e al gruppo di controllo (Tabella 12).

Sempre il gruppo ILT ha mostrato, a differenza del gruppo di controllo, una significativa riduzione dei livelli plasmatici di TC, TG, colesterolo LDL e un miglioramento nei livelli di ADMA (p ≤ 0,001 per entrambi i gruppi) e della SBP e DBP delle 24 h (rispettivamente p ≤ 0,002 e p ≤ 0,001) come si può notare nella Tabella 12. Anche i livelli di cIMT (p ≤ 0,037) e l’indice di rigidità carotidea (p ≤ 0,05) risultavano migliorati nel gruppo ILT.

Tabella 12. Analisi del sangue e delle urine, funzione endoteliale, emodinamica centrale e rigidità arteriosa all’inizio e post trattamento in entrambi i gruppi.

ABPM, monitoraggio ambulatoriale dellapressione sanguigna; ADMA, dimetilarginina asimmetrica; BP, pressione sanguigna; DBP, pressione sanguigna diastolica; HDL, lipoproteina ad alta densità; cIMT, spessore della tonaca intima carotidea; ILT, trattamento intensivo dello stile di vita;

LDL, lipoptroteina a bassa densità; Na, sodio; PP, pressione del polso; SBP, pressione sanguigna sistolica; TC, colesterolo totale; TG, trigliceridi;

US, ultrasuoni; M Testato con l’U test Mann-Whitney. C Centrale. Basato sulla media dei richiami di 24 ore per ogni partecipante. #Stimata dall’escrezione urinaria di Na delle 24 h, supponendo che il 90% dell’introito alimentare di Na delle 24 h venga espulso nelle urine. *Statisticamente differente rispetto alle misurazioni iniziali (***p ≤ 0.001, ** p ≤ 0.01, *p ≤ 0.05). Statisticamente differente rispetto al trattamento abituale, nello stesso momento (┼┼┼ p ≤ 0.001, ┼┼ p ≤ 0.01, p ≤ 0.05).

(25)

25 Al termine dei 6 mesi di intervento anche il BMI è diminuito rispetto ai valori iniziali nel gruppo ILT (27,5 ± 4,3 contro 29,7 ± 5,1 kg/m2, p ≤ 0,045). Nel gruppo di controllo invece la differenza non è stata significativa (28,8 ± 4,1 contro 28,7 ± 4,0 kg/m2 all’l'inizio e alla fine del trattamento, rispettivamente, p ≤ 0,915).

In nessuno dei due gruppi sono stati riscontrati miglioramenti particolarmente significativi nel volume dell’attività fisica. Relativamente ai dati derivanti dal podometro, infatti, il volume iniziale di PA è stato rispettivamente di 869,5 ± 461,6 MET min/settimana nel gruppo ILT e 1103,1 ± 572,1 MET min/settimana nel gruppo di controllo; invece al termine del

Tabella 13. Analisi dell'apporto alimentare e dei componenti dell'indice infiammatorio alimentare (DII) all’inizio e post-trattamento, per entrambi i gruppi.

adj, corretto per l’introito energetico; DII, indice di infiammazione alimentare; ILT, trattamento intensivo dello stile di vita; MUFA, acidi grassi mono-insaturi; PUFA, acidi grassi poli-insaturi; RE equivalenti di retinolo; SFA, acidi grassi saturi. a Nutrienti antinfiammatori; M Testato con l’U test Mann-Whitney (non-parametrico). P nutrienti pro-infiammatori. *Statisticamente differente rispetto alle misurazioni iniziali (***p ≤ 0.001, **

p ≤ 0.01, *p ≤ 0.05). Statisticamente differente rispetto al trattamento abituale, nello stesso momento (┼┼┼ p ≤ 0.001, ┼┼ p ≤ 0.01, p ≤ 0.05).

(26)

26 trattamento, la PA ha raggiunto 1032.7 ± 632.8 MET min/settimana nel gruppo ILT e 1007.4 ± 533,5 MET min/settimana in quello di controllo. In accordo con l’IPAQ, all’inizio dello studio i partecipanti del gruppo ILT riportavano un volume di PA pari a 1516,7 ± 1333,2 MET-min / settimana e una PA media che raggiungeva 1269,8 ± 1116,3 MET-min / settimana. Dopo 6 mesi, lo stesso gruppo ha riportato un volume medio di PA pari a 2173.9 ± 2052.8 met-min / settimana, mentre il gruppo di controllo ha fatto registrare un volume medio di 1882.9 ± 2290.1 MET-min / settimana.

Per quanto concerne l’analisi dietetica, il DII è migliorato in entrambi i gruppi dopo 6 mesi (p ≤ 0,001), ma maggiormente nel gruppo ILT, come evidenziato nella Tabella 13.

Tuttavia, il DII medio dei pazienti ILT ha raggiunto livelli antinfiammatori (DII < 0), mentre nell’altro gruppo è rimasto a livelli pro-infiammatori (DII > 0). Anche l’assunzione di calorie e grassi era inferiore nel gruppo ILT rispetto a quello di controllo. D’altra parte, il gruppo ILT ha fatto anche registrare un maggiore apporto di nutrienti antinfiammatori, tra cui acidi grassi n-3 ed n-6, vitamine A, B6, B12, C, D, E, MUFA, fibre, β carotene, acido folico, riboflavina, niacina, tiamina, Mg, Se e Zn, così come un minore apporto calorico generale, a differenza del gruppo di controllo. Anche l’assunzione di alimenti pro infiammatori (grassi trans, colesterolo ed SFA) risultava sensibilmente ridotto nel gruppo ILT. Nel gruppo di controllo invece risultava ridotta solo l’assunzione di SFA e MUFA; era migliorata invece soltanto quella di vitamina A.

Il valore di R2 (0,517) per le differenze di DII adeguate all'apporto energetico dei partecipanti indica che le variazioni dei livelli di ADMA possono essere spiegate dal DII nel 52% dei casi (Tabella 14). Nel campione totale, la riduzione del DII adattata di 1 unità all'apporto energetico dei partecipanti è stata associata a una variazione di 0,9 µmol/L nell'ADMA. Nel gruppo ILT, il miglioramento del DII di 1 unità dopo 6 mesi, è stata relazionata a una variazione di 0,7 µmol/L nell'ADMA.

Tabella 14. Analisi dell'apporto alimentare e dei componenti dell'indice infiammatorio alimentare (DII) all’inizio e post-trattamento, per entrambi i gruppi.

∆, differenza tra la fine e l’inizio del trattamento; adj, corretto per l’introito energetico; ADMA, dimetilarginina asimmetrica; CI, intervalli di confidenza; DII, indice di infiammazione alimentare; ILT, trattamento intensivo dello stile di vita; NS, non significativo.

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Discussione

I risultati conseguiti in questo studio supportano l’ipotesi di lavoro, in quanto il protocollo della durata di 6 mesi è stato effettivamente in grado di migliorare i fattori di rischio responsabili dell’insorgenza dell’ipertensione di 1° grado, a differenza delle classiche terapie. Al termine dello studio infatti, come precedentemente accennato, sono stati osservati dei miglioramenti nei livelli della BP centrale e brachiale, della funzione endoteliale e della rigidità carotidea. Inoltre le consulenze messe in atto per garantire un migliore stile di vita sono risultate efficaci, se si considerano i miglioramenti del DII, della riduzione del BMI, del profilo lipidico e dell’escrezione urinaria di Na. L'influenza della dieta sul profilo CVD e in particolare sulla BP è innegabile: in effetti una dieta più equilibrata ha generato miglioramenti nei suddetti parametri e nella funzione endoteliale; la rivisitazione dietetica ha portato a una diminuzione del consumo alimentare di Na (da 11,5 g a 3,8 g). Quindi si può dedurre che una ripetuta campagna di sensibilizzazione sulla necessità di seguire una dieta sana ed equilibrata potrebbe aiutare a diminuire l’assunzione di Na e al contempo incentivare il consumo di cibi sani, come frutta e verdura. Inoltre, potrebbe aiutare i pazienti a comprendere ancora meglio l’importanza di una dieta corretta in ambito preventivo.

Per quanto riguarda il profilo lipidico, si è visto che nel gruppo ILT esso è migliorato in maniera significativa dopo 6 mesi di trattamento, in particolare per quanto riguarda i livelli sierologici di TC, LDL, HDL e TG.

Anche gli indici di rigidità vascolare sono migliorati nel gruppo ILT, così come la rigidità carotidea: ciò è in linea con i risultati di ricerche precedenti, che hanno già dimostrato l’importanza di una dieta variegata sul miglioramento della funzione vascolare (perdita di peso, restrizione di sale, assunzione di acidi grassi n-3 ecc..).

Inoltre è importante sottolineare come, nonostante i soggetti presentassero una ipertensione di 1° grado, sia stata riscontrata una riduzione dei livelli di ADMA (responsabili della rigidità delle pareti arteriose) al termine del protocollo. Ciò vuol dire che una modifica precoce dello stile di vita può ritardare o persino invertire il processo di danno vascolare nei soggetti ipertesi.

D'altra parte, la ricerca sulla relazione tra ADMA e dieta è piuttosto scarsa. È interessante notare che, nel presente lavoro, l'ADMA dipende notevolmente dal contenuto di DII della dieta.

Secondo la letteratura, l'ADMA migliorerebbe in seguito a diete ad alto contenuto di fibre o ad un aumento dell'assunzione di verdure e tè. In effetti l'ILT ha comportato un aumento dell'assunzione di fibre, che potrebbe aver contribuito a ridurre i livelli di ADMA tra i partecipanti.

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