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FRATTURE DEL BACINO E DELL’ACETABOLO: SEMPLICI, COMPLESSE O COMPLICATE. EVENTUALI RIPERCUSSIONI MEDICO-LEGALI NEL TRATTAMENTO

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Academic year: 2022

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FRATTURE DEL BACINO E DELL’ACETABOLO:

SEMPLICI, COMPLESSE O COMPLICATE. EVENTUALI RIPERCUSSIONI MEDICO-LEGALI NEL TRATTAMENTO

Prof. Gianfranco Zinghi *

FRATTURE DEL BACINO

Per definizione una lesione del bacino è complessa se interessa ambedue i suoi versanti, anteriore e posteriore, omo o controlateralmente.

I metodi incruenti sono stati progressivamente abbandonati ed è stato privilegiato il trattamento chirurgico che favorisce la mobilizzazione precoce del paziente, previene il "domani doloroso" o altri possibili esiti infausti, come la pseudoartrosi e la consolidazione viziosa. Il trattamento in urgenza deve concretizzarsi in ambienti qualificati che dispongano di ampie scorte di sangue con la possibilità di far fronte ad ogni possibile complicanza sia interna, sia esterna.

Il fissatore esterno ha un'indicazione assoluta, per tamponare le perdite ematiche;

relativa, quando la lesione è ad instabilità parziale rotatoria. L'osteosintesi rigida interna ha un'indicazione elettiva nelle lesioni ad instabilità totale, relativa in tutte le altre circostanze.

* Già Direttore U.O. Istituto Ortopedico Rizzoli III Divisione, Bologna

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2 La stabilità del bacino e delle sue strutture portanti (Fig. 1, Fig. 2) dipende dai robusti apparati ligamentosi estrinseci ed intrinseci alle articolazioni, nonché dall’integrità delle masse muscolari che lo inglobano. L'anello pelvico è chiuso in avanti dalla sinfisi del pube e posteriormente dalle articolazioni sacro-iliache e dal sacro. Due robusti ligamenti (sacro-spinoso e sacro-tuberoso) ne attraversano il pavimento a guisa di tiranti: il primo si oppone alle sollecitazioni in extra-rotazione, il secondo controlla le forze di taglio e di rotazione esterna.

La sinfisi del pube intatta è tenuta insieme da un robusto manicotto fibro-cartilagineo capace di controllare i movimenti in apertura e chiusura. Bisogna però tener presente che l'avulsione isolata della sinfisi o la sua assenza, per resezione o malformazioni congenite, hanno effetti minimi sulla stabilità complessiva dell’intera struttura. L'unità funzionale preposta a stabilizzare il bacino per circa l’80% del suo valore complessivo è principalmente rappresentata dall'apparato ligamentoso posteriore (ALP); esso unisce strutturalmente sacro, osso coxale e colonna vertebrale ed è costituito dai ligamenti ileo-lombare e sacro-iliaco interosseo. Il ligamento ileo-lombare (apparato sospensore della pelvi) si inserisce superiormente sull'apofisi trasversa di L5 e distalmente, con due fasci distinti, sul tratto prossimale della cresta iliaca e sul bordo anteriore dell'ala sacrale. Il ligamento interosseo, strutturalmente molto robusto, occupa i due terzi posteriori della sacro-iliaca essendo in continuità con il ligamento sacro-iliaco posteriore.

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3 LESIONI ELEMENTARI

LETOURNEL (Fig. 3) prende in esame tutte le lesioni elementari possibili in ambedue i versanti posteriore e anteriore del bacino. Più lesioni elementari combinandosi tra loro, o in base al caso o alla meccanica dell'impatto, danno origine alla lesione composita. TILE ha invece classificato le lesioni pelviche secondo un indice di gravità progressivo (stabili, relativamente instabili, assolutamente instabili). HOFFMEYER ha sottolineato l'importanza della TAC nell'ambito delle lesioni elementari della sacro- iliaca distinguendo queste ultime in 5 possibili tipi (da 0 a IV). Le osservazioni dal tipo II al tipo III si riferiscono alle lesioni ad instabilità rotatoria (“libro chiuso” o

“libro aperto”); il tipo IV riguarda le instabilità totali del gruppo C secondo la classificazione di TILE. Queste tre classificazioni integrandosi vicendevolmente hanno dato un contributo definitivo e completo per la tipizzazione di queste gravi lesioni.

Le lesioni elementari dell'arco pelvico anteriore possono assumere aspetti polimorfi a seconda della sede e/o della gravità dell'evento traumatico; si possono infatti osservare lussazioni o fratture uni, bi, tri, quadri-ramiche. La lussazione della sinfisi è la conseguenza diretta di eventi traumatici molto spesso associati (taglio, compressione laterale, compressione sagittale). Essa può manifestarsi in apertura o in chiusura a seconda dell'incidenza dell'evento traumatico (sagittale o laterale).

Nella prima circostanza, se il trauma è asimmetrico, il “libro aperto” interessa un solo emibacino, se simmetrico anche quello del lato opposto. Nel “libro chiuso” le

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4 due branche del pube si sovrappongono e la lussazione non si accompagna mai a momenti rotazionali ascensionali come nella circostanza precedente.

Sotto il profilo anatomo-patologico la lesione della sinfisi è costantemente asimmetrica poiché il piano di separazione attraversa il manicotto capsulo- ligamentoso tra il menisco e la parte ossea. In altre parole un estremo articolare è messo a nudo perdendo le sue connessioni capsulo-aponeurotiche, mentre uno o ambedue i retti possono apparire disinseriti e risaliti.

La frattura dell'arco anteriore è rigorosamente verticale (verticale di LETOURNEL) e congiunge ambedue le branche attraverso il quadrato otturatorio; può interessare l'ischio e la branca orizzontale del pube nel suo tratto emergente (branca ileo- pubica), o al terzo medio o la lamina quadrilatera, e può associarsi ad una lussazione sinfisaria. In quest'ultima circostanza (tilt fracture) il frammento quasi completamente avulso può migrare verso il RETZIUS danneggiando la vescica o provocando cospicui ematomi. I frammenti possono apparire diastasati o sovrapposti; la lesione può essere bilaterale, omologa o eterologa rispetto a quella posteriore.

CLASSIFICAZIONE

TILE prevede tre gruppi di lesioni: stabili, relativamente instabili e assolutamente instabili.

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5 LESIONI RELATIVAMENTE INSTABILI

1. Tipo B1 (open book).

La lesione (Fig.4) interessa un solo versante del bacino; la forma bilaterale - a causa del maggior grado di instabilità - viene collocata nel gruppo B3 (vedi oltre).

Lo stadio I riguarda le diastasi della sinfisi inferiori ai 2,5 cm; il pavimento della pelvi resta integro mentre il ligamento sacro-iliaco anteriore viene allungato o, al massimo, parzialmente interrotto. Nello stadio II la diastasi supera i 2,5 cm e si associa ad una lacerazione dei ligamenti sacro-iliaco anteriore e sacro-spinoso.

Nello stadio III che rientra in un gruppo a parte (gruppo B3) l’open book è bilaterale e l'apertura della pelvi raggiunge picchi molto più elevati.

2. Tipo B2 (close book).

Qualunque sia il meccanismo patogenetico della lesione (Fig.5), si verifica una riduzione acuta dei diametri pelvici, ma la tenuta dell'ALP e l’integrità dei ligamenti sacro-spinoso e sacro-tuberoso impediscono uno spostamento in senso posteriore e/o ascensionale della struttura ossea interessata dalla lesione.

La lesione posteriore consiste in genere in una frattura-impattazione (crushing) della componente sacrale anteriore ben visibile alla TAC. Vengono distinti due tipi di “libro chiuso”, a seconda che la lesione anteriore e quella posteriore risiedano nello stesso versante (B2.1) o in versanti opposti (B2.2). Nel sottotipo B2.1 vengono descritti tre livelli di gravità che corrispondono ad altrettanti picchi di instabilità:

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6 - frattura di due rami;

- sovrapposizione sinfisaria (accavallamento);

- frattura di un ramo (o più raramente di due rami) associata a lussazione della sinfisi (tilt fracture).

Nel tipo B2.2 (lesione a “manico di secchio” o bucket-handle) la frattura delle due branche è controlaterale rispetto alla lesione posteriore e l’instabilità rotatoria che ne consegue è più elevata rispetto ai tipi precedenti a causa del maggior momento torsionale del segmento osseo interessato dalla lesione. L'emipelvi è ruotata sia intorno ad un asse verticale come nel tipo precedente, sia intorno ad un asse sagittale; ne deriva uno slivellamento dei due monconi con un risalimento, talvolta importante, dell’intero frammento.

3. Tipo B3

Quando un trauma laterale ad alta energia agisce senza la controspinta del lato opposto si verifica un téléscopage in chiusura omolateralmente e in apertura controlateralmente. In queste circostanze l'emipelvi fratturata, oltre ad essere ruotata all'interno, è risalita come nel bucket-handle per una rotazione superiore della parte anteriore della pelvi. Dal lato opposto si produce una lesione del comparto anteriore dell'articolazione sacro-iliaca (ligamento sacro-iliaco anteriore e parte del ligamento interosseo).

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7 Al gruppo B3 (Fig.4) appartengono anche le lesioni a “libro aperto” bilaterali con diastasi grave della sinfisi o con una frattura “a farfalla” quadriramica.

LESIONI ASSOLUTAMENTE INSTABILI

Nelle lesioni del gruppo C (Fig.6) la "rottura" posteriore completa dell'anello pelvico coesiste con una lacerazione - anch'essa completa – dell’ALP. Ne deriva un grado di instabilità molto elevato; si possono infatti osservare lesioni a spostamento pressoché nullo, o dislocazioni importanti a direzione posteriore o superiore come nel vertical shear. In queste circostanze bisogna superare gli schemi accademici e di fronte ad un “libro aperto” o a un “libro chiuso” non ci si deve affidare alla sola indagine strumentale, che può far apparire parziale una instabilità che in realtà ha tutti i caratteri di una “emi-pelvectomia interna”, secondo la definizione di TILE; l'ultima parola spetta alla valutazione della motilità preternaturale intra-operatoria.

Le lesioni del gruppo C possono essere uni o bilaterali. La forma unilaterale C1 (Fig.7) può accompagnarsi ad una lussazione della sacro-iliaca (C1.1), ad una frattura-lussazione (C1.2), ad una frattura dell’ala sacrale (C1.3) o ad una frattura del sacro lungo i forami sacrali (frattura “a francobollo” o C1.4).

Radiograficamente - nelle lussazioni e nelle fratture-lussazioni - può individuarsi il distacco parcellare della trasversa di L5 (punto di inserzione del ligamento ileo- lombare). Questo segno, se presente, ha importanza diagnostica e prognostica, essendo la conferma indiretta di una lesione della pelvi ad instabilità totale con

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8 lesione completa dell'ALP. A parte le forme a spostamento zero, la dislocazione posteriore dell’ileo rispetto al sacro può passare inosservata se ci si limita a radiogrammi di cattiva qualità; l'unico esame che la può mettere in evidenza è la TAC. Il vertical shear invece è visibile sia con l'indagine radiografica (inlet ed outlet), sia con i vari tipi di TAC e si contraddistingue per un risalimento importante dell'emipelvi ed un coefficiente di complicanze neurologiche più elevato rispetto ai gruppi precedenti.

Nel versante anteriore tutte le lesioni del gruppo C possono assumere le caratteristiche descritte a proposito del gruppo B.

Nel tipo C2 la lesione è bilaterale. Le lesioni del gruppo C3 hanno caratteristiche estremamente variabili (da B1 a C1) e si associano ad una frattura acetabolare omolaterale (trasversa con lussazione o due colonne).

ITER DIAGNOSTICO-STRUMENTALE

La diagnostica per immagini si avvale di numerose metodiche, ognuna delle quali svolge il compito di identificare il tipo di lesione, di valutarne il grado di instabilità e di quantificare eventuali affezioni traumatiche viscerali, vascolari, neurologiche.

La radiologia convenzionale

PENNAL e SUTHERLAND hanno individuato le tre proiezioni ideali per lo studio delle lesioni dell'anello pelvico (AP, inlet, outlet). In tutte le proiezioni bisogna saper riconoscere le fratture e/o le lussazioni nei due versanti del bacino nonché i segni

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9 radiografici indiretti che contraddistinguono i vari livelli di instabilità. Il distacco marginale inferiore del corpo sacrale indica un interessamento del pavimento della pelvi. La disinserzione della spina ischiatica o di parte della tuberosità ischiatica è un segno indiretto di compromissione dei ligamenti trans-pelvici (sacro-spinoso e sacro- tuberoso). Il distacco dell'apofisi trasversa di L5 accompagna spesso, come già accennato, il vertical shear e può associarsi a complicanze neurologiche gravi e spesso irreversibili (paralisi di plesso).

La radiologia convenzionale ha un indice di attendibilità molto critico a causa delle ombre parassite che possono mascherare le linee di lesione.

La tomografia computerizzata

Con questa metodica si studia la pelvi secondo piani orizzontali prestabiliti ottenendo immagini che assomigliano a vere e proprie sezioni anatomiche. Le scansioni utili interessano un campo d'esame compreso tra la cresta iliaca e la tuberosità ischiatica. Per migliorare la qualità delle informazioni si può utilizzare la TAC ad alta risoluzione secondo la tecnica dello "strato semisottile" ottenendo ricostruzioni bi e tridimensionali. Con le più moderne apparecchiature tomodensitometriche oggi a disposizione è possibile ottenere, grazie ad un'elaborazione elettronica dei dati forniti dalle scansioni assiali, ricostruzioni bidimensionali secondo i piani più significativi per ogni tipo di lesione (coronale, sagittale ed obliquo). Inoltre utilizzando la tecnica della "doppia ricostruzione" è possibile ricavare immagini multiplanari in proiezione inlet ed outlet, utili per

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10 studiare i diametri pelvici e valutare tutti i possibili spostamenti in senso sagittale, rotatorio e ascensionale.

Le ricostruzioni tridimensionali, fornendoci una visione d'insieme del bacino fratturato, ci consentono di valutare forma, dimensioni e grado di spostamento di ogni singolo frammento. In pratica con poche immagini si possono ottenere molte informazioni utili per la diagnosi e per la pianificazione dell'intervento.

Per studiare le sempre possibili lesioni delle parti molli (uretra, vescica, grossi vasi ecc.) bisogna ricorrere invece ad indagini strumentali specifiche (RX diretta dell'addome, ecografia, uretro-cistografia, angiografia e angiografia digitalizzata).

LESIONI TORACO-ADDOMINALI

Le fratture del bacino possono associarsi a lesioni di organi o di strutture toraco- addominali con ripercussioni respiratorie o circolatorie tali da mettere in pericolo la vita stessa nell’immediato o nelle ore successive all’evento traumatico. Questa associazione è assai frequente (23%-55%) nei casi di fratture aperte, allorché si realizza una soluzione di continuo dei tegumenti, o un esito di un tamponamento chirurgico di una fonte emorragica severa, o un drenaggio di una documentata contaminazione retro-peritoneale. La letalità, in tali circostanze, è mediamente del 50% dei casi, da attribuire, nell’immediato ad uno shock emorragico emodinamicamente rilevante, o, in differita, ad una sepsi incontrollabile. Nei casi di fratture chiuse, questa associazione si può stimare pari al 13% dei casi, con

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11 prevalenza per le lesioni toraciche rispetto a quelle addominali, nel cui ambito si osservano, per ordine e talvolta tra loro associate, lesioni spleniche (37%), rotture vescicali (24%), lacerazioni epatiche (19%), lesioni uretrali (17%), lesioni intestinali (17%) e lacerazioni renali (9%). La mortalità che ne deriva, in questo ambito, si può stimare pari al 10-12% dei casi. Le cause più comuni si riferiscono, nel 52% dei casi, a complicanze emorragiche: con esclusione del semplice ematoma muscolo-fasciale, presente nel 12% dei casi, le fonti emorragipare vanno identificate, nel 27% dei casi, nell’ematoma retro-peritoneale semplice in assenza di lesioni d’organo, nel 37% dei casi, nell’ematoma retro-peritoneale con lesione di organi o strutture retro- peritoneali, e nel 24% in lesioni isolate di organi o strutture viscerali. E’opportuno distinguere:

- lesioni toraciche (lacerazioni diaframmatiche);

- lesioni addominali vascolari e d’organo o di apparato (epatiche, spleniche, pancreatiche, intestinali, renali e genito-urinarie).

TRATTAMENTO

Sotto il profilo organizzativo è necessario tener distinti due precisi momenti terapeutici ai quali ogni centro attrezzato deve potersi dedicare con professionalità e competenza: il trattamento in urgenza e il trattamento programmato.

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12 Trattamento in urgenza

L'urgenza deve coinvolgere più specialisti al fine di compensare le perdite ematiche, curare lo shock e provvedere alle emergenze chirurgiche che, secondo HELFET, possono riassumersi in due realtà cliniche distinte: lesioni da implosione, lesioni da esplosione. Le forme implose sono provocate da una riduzione acuta dei diametri pelvici e da una possibile lacerazione di organi cavi o del diaframma; le forme esplose sono caratterizzate da maggiore instabilità, aumento dei diametri pelvici, perdite ematiche significative, lesioni dirette dei visceri e possibili disturbi neurologici.

In presenza di vasti ematomi con anemia si consiglia di ricorrere ad esami strumentali specifici come l'ecografia, la TAC e l'arteriografia digitalizzata che possono rivelare la rottura di vasi importanti - come l'arteria ipogastrica - o di aneurismi falsi. Per le emorragie dei vasi arteriosi di medio e piccolo calibro è indicata l'embolizzazione (immissione di un embolo endoarterioso mediante il cateterismo selettivo); per i vasi più grossi il miglior rimedio è la chirurgia. Le emorragie venose si risolvono per lo più spontaneamente, monitorando i parametri ematici o tamponandole con un fissatore esterno. L'uso del fissatore è quindi giustificato dalla necessità di un controllo emodinamico più adeguato, o di un contenimento dell'emorragia interna (riduzione terapeutica dei diametri pelvici), o di una mobilizzazione precoce del paziente. L'indicazione al fissatore diventa assoluta in presenza di un catetere sovrapubico, di un drenaggio nel RETZIUS, o di una colostomia e così pure nei soggetti defedati o senescenti e quando lo stato generale

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13 è precario. In simili casi il trattamento estemporaneo deve rispondere all'esigenza del

"quanto prima tanto meglio".

La rottura della vescica sia intra (circostanza piuttosto rara) sia extra-peritoneale deve essere trattata estemporaneamente; le lesioni dell'uretra invece, una volta posta l’indicazione all'intervento, possono essere operate a 6-7 giorni dall'evento traumatico (tempo necessario per un'emostasi spontanea); le lacerazioni del perineo con coinvolgimento del retto possono imporre una colostomia.

Trattamento programmato

Prima dell'approccio terapeutico bisogna definire la sede della lesione (ossa e/o articolazioni), il suo tipo (schiacciamento o avulsione), il suo grado di stabilità (lesione stabile o instabile).

Nell'instabilità rotatoria preferire l'osteotaxis all'osteosintesi rigida interna o viceversa, è questione di indirizzo di Scuola, tenendo presente che a vantaggio dell'osteotaxis va la minore invasività, a sfavore l'ingombro, il tempo di guarigione più lungo e la recidiva seppur parziale della diastasi a livello della sinfisi dopo la sua rimozione.

Se l'instabilità è totale, l'osteosintesi rigida interna è l'unico presidio terapeutico capace di farci realizzare una buona riduzione. Questo tipo di trattamento non deve però prescindere da una attenta valutazione delle condizioni generali e locali, dall'abilità del chirurgo e dall'adeguato coefficiente di organizzazione dell'Ospedale.

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14 L'intervallo utile per intervenire è tra il 4° ed il 7° giorno (LETOURNEL); oltre il limite massimo dei 15 giorni la riduzione è difficile.

Per le lesioni ad instabilità parziale rotatoria ci si può limitare, salvo rare eccezioni, alla sola osteosintesi per via anteriore. Nelle lesioni di grado C la continuità dell'anello pelvico deve essere reintegrata iniziando dalle strutture anatomiche posteriori.

Particolare attenzione meritano le sempre possibili complicanze venose pre o post- operatorie, come la trombosi della femorale o dell'iliaca. Esse vanno diagnosticate e gestite tempestivamente (terapia medica anticoagulante, filtro cavale ecc.) chiamando in causa più specialisti, dal radiologo al chirurgo vascolare. La profilassi antibiotica con cefalosporine della prima o seconda generazione è sempre indicata per le prime 24 o 48 ore.

Si può ricorrere al fissatore nelle lesioni relativamente instabili come la diastasi della sinfisi che accompagna le lesioni B1 e B3. Nelle lesioni di tipo C il fissatore esterno può essere usato in urgenza per tamponare un'emorragia, sostituendo il montaggio con un'osteosintesi rigida appena possibile.

L'ostesintesi rigida interna per via anteriore ha un'indicazione generica nelle lesioni a

“libro aperto” con diastasi della sinfisi o frattura di uno, due, tre o quattro rami del pube. Nelle fratture bi o quadriramiche BURGESS usa una placca a 6 fori con viti corticali 3,5. Nelle diastasi sinfisarie TILE applica una placca a 2 fori con viti 4,5, introdotte nella lamina quadrilatera in ciascun versante dell'articolazione; BURGESS

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15 invece consiglia 2 placche a 4-6 fori poste su due piani differenti (anteriore e superiore).

Nelle lesioni a libro chiuso l'osteosintesi rigida interna per via anteriore trova indicazione nelle fratture con accavallamento del ramo superiore del pube (B2.1), nella sovrapposizione sinfisaria, nella tilt fracture, nelle lesioni ad ansa di secchio (B2.2) e in quelle con téléscopage (B3).

Le lussazioni con accavallamento della sinfisi si riducono con facilità e si contengono come le lesioni del gruppo precedente (B1); lo stesso si dica per la frattura a rima semplice della branca ileo-pubica. La tilt fracture invece deve essere trattata con un campo operatorio esteso dalla sinfisi del pube alla lacuna dei vasi, va ridotta con cautela e sintetizzata con placche lunghe.

Nelle instabilità totali (gruppo C) la riduzione e la stabilizzazione delle lesioni osteo- articolari debbono praticarsi in ambedue i versanti del bacino: quello posteriore prioritariamente, quello anteriore secondariamente. La lesione posteriore, ossea, articolare o mista, deve essere ridotta e sottoposta ad osteosintesi dominando i gap rotazionali (nutazione e/o contro-nutazione) e ascensionali. Solo in casi particolari (lesioni esposte o gravemente contuse) si può ricorrere a tecniche miste come la fissazione esterna, associata all'osteosintesi dell'arco pelvico anteriore; trattamento questo che non corrisponde ai migliori requisiti di stabilità. La circostanza opposta, che vede associato all'osteosintesi posteriore il fissatore esterno, è invece più favorevole.

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16 LESIONI INVETERATE

Sotto il profilo anatomo-radiografico bisogna prendere in considerazione soltanto le lesioni complesse strutturate: la lussazione (se presente) è ormai irreversibile, la frattura risulta viziosamente consolidata o è diventata una pseudoartrosi. Cercare la riduzione anatomica, a parte le difficoltà tecniche che si possono incontrare, può esporre il paziente a seri rischi come una grave emorragia o una paralisi. Per questi motivi ogni situazione clinica deve essere attentamente valutata prima di mettere in atto il programma terapeutico.

In linea di massima gli aspetti critici di questi esiti infausti possono essere riassunti in due punti fondamentali: la sacro-iliaca dolente e la diastasi strutturata della sinfisi pubica.

1. La sacro-iliaca dolente.

La sacro-iliaca diventa dolente o per un sovraccarico funzionale, o per un'instabilità acquisita. Il sovraccarico funzionale può essere messo in relazione con un'anchilosi della coxo-femorale; l'instabilità post-traumatica rappresenta invece l'effetto di una lesione - seppur minima - degli apparati di contenzione e di sostegno. Tutto questo spiega perché alcune lussazioni abbiano un decorso pressoché asintomatico e perché articolazioni apparentemente indenni, o al più sublussate, possano avere un

"domani doloroso". La soluzione del problema risiede nell'intima struttura anatomica della sacro-iliaca che TESTUT definisce un'amphiartrosi con scarse possibilità di movimento. L'interruzione, seppure incompleta, degli apparati di contenzione di

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17 questa articolazione e la motilità abnorme che ne deriva sono alla base della "sacro- iliaca dolente", che va risolta chirurgicamente. Prima di bloccare però l'articolazione, è bene applicare un fissatore esterno con il quale il paziente esercita le rituali funzioni statiche e dinamiche. La scomparsa o l’attenuazione dei dolori ci autorizzano a completare il trattamento con due viti transiliache applicate con un approccio posteriore come nelle lussazioni recenti.

2. La lesione a libro aperto.

La lesione inveterata a libro aperto può rappresentare o l'esito di una forma monolaterale (B1), o una forma bilaterale (B3), o essere addirittura una delle tante lesioni di grado C con interruzione completa dell'ALP e del pavimento della pelvi. In queste ultime circostanze la diastasi sinfisaria può raggiungere picchi di gravità molto elevati (fino a 10-15 cm) e il paziente assume una andatura anserina con marcata insufficienza. Le lesioni più gravi debbono essere trattate in due tempi. In un primo tempo si applica un fissatore esterno e, agendo su di esso, si realizza una riduzione progressiva della diastasi. In un secondo tempo si esegue l'osteosintesi con 2 placche secondo la tecnica di BURGESS.

Dal 1989 al 1996, abbiamo operato 9O pazienti affetti da lesione instabile dell'anello pelvico. Di questi 51 erano maschi, 39 femmine, dai 17 ai 55 anni con un'età media di 34,2 anni. I pazienti presentavano un follow-up medio di 19 mesi (massimo 7 anni, minimo 6 mesi). La lesione era stata provocata da incidente

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18 automobilistico in 66 casi, investimento stradale in 9 casi, infortunio sul lavoro in 3 casi, caduta dall'alto in 9 e trauma sportivo in 3. In 54 pazienti coesistevano lesioni scheletriche associate (60%): frattura acetabolare (21), frattura del corpo di L1 (3), frattura della clavicola (3), frattura dell'omero distale (3), frattura del polso (9), frattura diafisaria del femore (30), frattura-lussazione dell'astragalo (3), frattura della tibia (6), lesione capsulo-ligamentosa del ginocchio (3).

Le lesioni viscerali sono state evidenziate in 27 pazienti (30%): uretra (6), vescica (3), milza (3), rene (6), diaframma (6), retto (3), vagina (3).

Le lesioni vascolo-nervose sono state riscontrate in 14 osservazioni (15,5%): un aneurisma spurio dell'ipogastrica e 13 paralisi nel territorio di distribuzione del plesso lombo-sacrale per frattura a francobollo del sacro in 6 casi, per vertical shear in 7 casi.

Seguendo la classificazione di TILE abbiamo distinto le lesioni riscontrate in 3 gruppi a seconda del meccanismo traumatico (compressione sagittale, compressione laterale e meccanismo composito).

OPERATI (casi 90)

13

24

4

22

12 15

0 5 10 15 20 25 30

B1 B2 B3 C1 C2 C3

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19 La valutazione è stata effettuata sui radiogrammi convenzionali che prevedono 3 proiezioni: standard, inlet ed outlet. In presenza di una frattura acetabolare sono stati effettuati controlli radiografici nelle 3 proiezioni preconizzate da JUDET. In tutti i casi sono stati eseguiti i vari tipi di TAC, 2D e 3D.

RISULTATI

Gli elementi di giudizio sono stati raccolti sulla base di parametri clinici (deambulazione, dolore, dismetria) ed anatomo-radiografici secondo le 3 proiezioni standard, inlet ed outlet.

In 13 pazienti il risultato clinico è stato penalizzato dalla presenza di complicanze neurologiche, pre (in 12 casi) e post-operatorie (in 1 osservazione). In 3 osservazioni le paralisi pre-operatorie interessavano l'intero plesso lombo-sacrale; in 8 i glutei e l’SPE; nelle rimanenti altre l’SPE. La paralisi pre-operatoria controllata a oltre 2 anni dall’evento traumatico persisteva immutata in 8 casi e presentava una ripresa parziale in 2.

La paralisi post-operatoria si è manifestata con un deficit marcato dei peronei (radice S1) in un’osteosintesi della sacro-iliaca con viti trans-sacrali. In questa osservazione, la paralisi dei peronei persisteva immutata a 15 mesi dall’atto chirurgico, non ostante la tempestiva rimozione delle viti.

In una via anteriore ileo-inguinale si è manifestata un’infezione circoscritta che si è risolta con l’asportazione di un frammento (sequestrato) di ala iliaca.

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20 In 60 casi i risultati funzionali ed anatomo-radiografici sono stati giudicati eccellenti con un completo ripristino della funzione deambulatoria, assenza di dolore ed eumetria. In 18 pazienti il risultato è stato giudicato buono: i dolori erano lievi e saltuari e per lo più nella posizione assisa in corrispondenza della sacro-iliaca o della colonna lombo-sacrale. In 12 osservazioni il risultato è stato insufficiente e si è manifestato con dolore o lombare o in sede sacro-iliaca, in ortostatismo o in posizione seduta.

Abbiamo operato 8 lesioni inveterate per un sovraccarico funzionale della sacro- iliaca (3 casi), per un sensibile accorciamento da "vertical shear" (1 caso), per un grave libro aperto (4 casi).

Il sovraccarico funzionale della sacro-iliaca si manifestava con un dolore importante sia al carico sia in posizione assisa. In tali circostanze, una volta superato il test con il fissatore esterno ( vedi sopra) è stata eseguita un'osteosintesi con 2 viti trans-iliache per via posteriore.

Nei 3 casi sottoposti a questa tecnica si è avuta una remissione completa dei dolori sia nel post-operatorio sia a distanza di 2 anni.

Le lesioni a "libro aperto" con diastasi superiore ai 5 cm sono state trattate in due tempi. In un primo tempo abbiamo ridotto con gradualità la lussazione agendo sull'osteotaxis, in un secondo tempo la riduzione è stata resa stabile con due placche sovra e pre-sinfisarie. Quando la diastasi era inferiore ai 5 cm l'osteosintesi è stata realizzata in un solo tempo.

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21 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Nella nostra casistica il rapporto tra le lesioni pelviche e quelle acetabolari è all'incirca di 1 a 20 sia perché molte di queste lesioni sono mortali e per tanto non vengono trattate, sia perché abbiamo iniziato ad operarle da 10 anni a questa parte.

I risultati clinici sono confortanti se l'osteosintesi è perfetta (a parte qualche piccolo difetto di allineamento tollerato in una frattura, meno tollerato a livello della sacro- iliaca).

Per quanto concerne i due criteri di trattamento, l’osteotaxis o l’osteosintesi interna, non abbiamo notato difformità sostanziali se l'instabilità era relativa; l'unica differenza nella qualità dei risultati si è registrata nel “libro aperto” ove non ostante l'applicazione del fissatore fino a tre mesi si è avuta in qualche caso una ripresa parziale della diastasi.

Per le forme inveterate ci siamo attenuti a canoni di indicazione precisi. Abbiamo trattato due patologie distinte: la sacro-iliaca dolente e l'open book grave oltre i 4 cm. In una sola osservazione - e con un esito positivo - abbiamo rimediato ad un accorciamento importante da "vertical shear" praticando una calloclasia bipolare, posteriormente nell'osso iliaco e anteriormente nell'arco anteriore.

Nelle lussazioni o fratture-lussazioni della sacro-iliaca abbiamo notato una stretta corrispondenza tra qualità della riduzione e risultato clinico-funzionale. Una sacro- iliaca iper-mobile o sub-lussata è quasi sempre la causa di un “domani doloroso”

da sovraccarico funzionale. La frattura viziosamente consolidata da instabilità ossea

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22 posteriore può essere sintomatica se lo slivellamento dell’emipelvi supera il valore di 2 cm.

I risultati negativi sono stati messi in stretta relazione con una insufficiente riduzione della lesione posteriore o con una complicanza precoce (paralisi o infezione).

FRATTURE DELL'ACETABOLO

Il protocollo di trattamento delle fratture del cotile, richiede un esame analitico, clinico e strumentale rivolto ad una scelta ponderata dell'indicazione e della via d'accesso. I radiogrammi eseguiti nelle tre proiezioni, standard, obliqua otturatoria e obliqua alare, sono quasi sempre sufficienti per indicare il tipo della frattura. Nuovi orizzonti però si sono aperti con la tomografia assiale che nella maggior parte dei casi rivela dettagli diagnostici interessanti. I dati più significativi che questo esame ci fornisce riguardano: l'integrità della sacro-iliaca, le condizioni del tetto e i rapporti anatomici tra cotile e testa femorale. Le ricostruzioni bidimensionali coronali - tangenziali rispetto alla lamina quadrilatera - ci permettono di studiare frontalmente sia la cavità acetabolare, sia la piramide del tetto nel suo insieme. La 3D infine, conferendo prospettiva spaziale alla frattura, ci aiuta nella scelta della via d'accesso rendendo più agevole la riduzione.

Per evitare però al paziente irradiazioni inutili e (non dimentichiamolo) anche per moderare i costi, certi esami non vanno prescritti a caso o indiscriminatamente in

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23 tutte le fratture: il medico ha il dovere di partire da una diagnosi che in linea di massima l'attenta lettura dei radiogrammi è in grado quasi sempre di fornire. Per questo abbiamo messo a punto un protocollo diagnostico-strumentale adeguandolo ad ogni tipo di lesione come riportato nella tabella che segue.

ESAMI STRUMENTALI RX TAC 2D 3D

Parete posteriore *** ** * *

Colonna posteriore *** * **

Colonna anteriore *** * ***

Trasversa *** ** ***

2 colonne *** *** *** ***

Abbiamo modificato la classificazione di JUDET adattandola alle esigenze della nostra casistica, disponendo i tipi di frattura secondo un ordine di gravità progressivo e distribuendoli in tre gruppi principali:

fratture sul piano verticale fratture sul piano orizzontale

fratture sui vari piani o "delle due colonne".

Oltre ai casi non operabili, o per l'età avanzata o per il precario stato delle condizioni generali, debbono essere escluse dal trattamento chirurgico:

- le fratture composte;

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24 - le fratture della colonna ileo-pubica con scarso spostamento;

- la lussazione posteriore con distacco di un piccolo frammento;

- le fratture trasversali basse;

Tutte le altre fratture vanno trattate chirurgicamente entro le prime tre settimane dall'incidente.

FRATTURE SUL PIANO VERTICALE

Le fratture sul piano verticale sono state distinte in:

- fratture della parete posteriore - fratture della colonna posteriore - fratture della parete anteriore

- fratture della colonna anteriore (alta e bassa).

Sotto il profilo anatomo-topografico la "U" radiografica rappresenta un punto di demarcazione molto importante che delimita i due versanti del bacino: la colonna anteriore e la colonna posteriore. Pertanto sotto questo aspetto si possono individuare due gruppi di fratture:

- fratture posteriori alla "U" (parete posteriore e colonna posteriore);

- fratture anteriori alla "U" (tutte le fratture della colonna anteriore in senso lato).

1. FRATTURA DELLA PARETE POSTERIORE

La frattura può essere rappresentata da un frammento di grandezza variabile (fratture semplici) o da più frammenti (fratture comminute), sia nella superficie

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25 articolare, sia nel tratto retro-cotiloideo. In questo modo la testa femorale si lussa posteriormente.

Per patogenesi, caratteristiche anatomiche ed indicazioni terapeutiche le fratture della parete posteriore rappresentano un gruppo nettamente distinto dalle altre fratture cotiloidee.

JUDET e LETOURNEL le distinguono in due tipi:

Fratture con lacerazione della capsula.

Fratture senza lacerazione o di tipo misto.

Nelle fratture del I tipo la testa1 si lussa ruotando (l'attrito è volvente); si lacera così la capsula, mentre un ampio settore della parete si distacca e si perde nelle parti molli peri-articolari. Spesso il frammento si rinviene libero tra i muscoli, dopo aver lacerato gli extrarotatori.

Nelle fratture del II tipo la testa scivola senza ruotare (l'attrito è radente) e abbatte la parete posteriore provocando l'affondamento intra-spongioso, di piccoli frammenti secondari, mentre il frammento principale resta unito alla capsula.

Oltre a questi, vengono descritti altri tipi di fratture della parete posteriore:

- frattura postero-inferiore che interessa parte della tuberosità ischiatica;

1 La necrosi epifisaria può verificarsi solo in concomitanza di una lussazione epifisaria posteriore e nei tipi di frattura che seguono:

- parete posteriore;

- trasversa associata a distacco della parete posteriore;

- a"T" con rima discendente ad obliquità posteriore;

Esiste anche un nesso preciso tra necrosi epifisaria e tempestività della riduzione.

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26 - frattura posteriore;

- frattura postero-superiore che si estende al tratto retro-cotiloideo;

- frattura del tetto con interessamento del tratto alare sovrastante.

Le fratture postero-inferiori appartengono spesso al II° tipo di JUDET e possono confondersi con le fratture della colonna posteriore. Le fratture del tetto vanno differenziate dalle fratture alte della colonna anteriore e debbono essere operate attraverso un approccio anteriore.

Il trattamento comincia con la riduzione immediata della lussazione, tenendo presente che essa può incidere negativamente sulla vitalità della testa femorale.

L'atto chirurgico per via posteriore (via di KOCHER-LANGENBECK) non offre difficoltà di rilievo; particolare attenzione bisogna prestare alla ricerca degli eventuali frammenti liberi in articolazione, o affondati nella spongiosa (fratture del II° tipo). La mancata riposizione di questi frammenti (a tal scopo può essere utile l'uso di un puntale o di uno scalpello sottile) può rendere incongruente l’articolazione, favorendo l'insorgenza di una patologia artrosica a distanza.

2. FRATTURA DELLA COLONNA POSTERIORE

Dalla grande incisura ischiatica la rima di frattura raggiunge la branca ischio- pubica, attraversando l’acetabolo secondo una linea obliqua in basso e in avanti.

Salvo rare eccezioni, la "U" radiografica non viene interessata. Può invece associarsi un distacco della parete posteriore del I° o del II° tipo.

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27 In queste fratture la via di KOCHER-LANGENBECK permette quasi sempre di poter eseguire una buona osteosintesi.

3. FRATTURA DELLA PARETE ANTERIORE O DELLA COLONNA ANTERIORE

A questo gruppo appartengono le fratture della parete anteriore e della colonna anteriore (alta e bassa). A seconda della gravità della lesione e dell'entità dello spostamento, l'epifisi può lussarsi o sub-lussarsi anteriormente.

La tomografia assiale (bidimensionale, tridimensionale) è molto utile per la diagnosi; è possibile infatti confondere queste lesioni - in special modo la frattura della colonna anteriore alta - con le fratture delle "due colonne".

L'osteosintesi, spesso indaginosa, per la difficoltà delle manovre di riduzione deve essere eseguita attraverso la via anteriore ileo-inguinale.

FRATTURE SUL PIANO ORIZZONTALE

Queste fratture , oltre ad avere aspetti anatomo-radiografici comuni, presentano pressoché identiche difficoltà di trattamento e pertanto sono state distinte in:

1. Trasversali pure 2. Fratture a "T"

3. Fratture trasversali con distacco della parete posteriore 4. Fratture trasversali con distacco della parete anteriore

1. FRATTURE TRASVERSALI PURE

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28 L'arco pelvico viene diviso orizzontalmente secondo una linea di frattura che unisce la grande incisura ischiatica al bordo anteriore dell'osso coxale (tratto interspinoso).

Il frammento superiore, con incluso il tetto, rimane articolato con il sacro, l’inferiore si sposta sotto l’impulso della forza traumatizzante.

La rima di frattura può assumere gradi di obliquità differenti e può interessare la cavità acetabolare a vari livelli. JUDET E LETOURNEL in un lavoro del 1974 distinguono queste fratture in:

- transtettali, che passano per la porzione più alta del tetto;

- iuxtatettali, che interessano il retrofondo;

- infrattetali, che coinvolgono i due corni della facies lunaris. Le fratture infratettali escludono la parte portante del cotile e pertanto non vanno operate (vedi sopra).

Posteriormente le fratture infratettali interessano la piccola incisura ischiatica, quelle iuxtatettali e transtettali rispettivamente la spina (che molto spesso è divisa a metà) e la grande incisura ischiatica.

In base ai rapporti tra cotile e testa femorale tutte le fratture trasverse si possono suddividere in:

- fratture senza lussazione, se la testa del femore mantiene inalterati i suoi rapporti con il tetto;

- fratture con lussazione, se l'epifisi protrude all'interno della pelvi (lussazione centrale).

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29 Nelle fratture senza lussazione il cotile si apre, si ovalizza e diventa eccentrico; viene così compromesso il rapporto di convergenza tra acetabolo e testa femorale.

L'ovalizzazione è un segno palese di incongruenza tra epifisi e tetto e si mette bene in evidenza nel radiogramma in AP con un tipico segno: un'immagine negativa a

"mezza luna" con base all'esterno, lungo il profilo della rima articolare.

Nelle fratture con lussazione il frammento inferiore risale, unitamente all’epifisi e subisce nel contempo un movimento di traslazione in direzione postero-mediale.

Per la scelta della via d'accesso le tre proiezioni di JUDET sono sufficienti per i chirurghi più esperti, quando i radiogrammi sono di buona qualità. Quasi tutti i quesiti diagnostici e prognostici possono essere risolti preoperatoriamente analizzando i vari tipi di TC. La 2D è molto indicativa per stabilire il livello (alto, medio o basso) della frattura e per verificare lo stato di interessamento del tetto.

Molte di queste fratture possono essere operate attraverso la via di KOCHER- LANGENBECK che permette di ottenere quasi sempre ottime riduzioni. Tuttavia, quando al controllo radiografico intraoperatorio persiste una diastasi dei frammenti sul bordo acetabolare anteriore, per restituire al cotile la sfericità che gli compete, bisogna perfezionare l'osteosintesi con un tempo chirurgico anteriore complementare. Esaminando con la 3D (prospettiva endopelvica anteriore) le fratture trasverse iuxtatettali con lussazione, abbiamo notato con una certa frequenza una traslazione postero-mediale del frammento inferiore che ha molte analogie con quanto si verifica nell'osteotomia di CHIARI. Ne è scaturita una

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30 considerazione che può essere applicata indiscriminatamente a tutte le fratture sul piano orizzontale: spesso in queste fratture la "chiave della riduzione" è anteriore tra lamina quadrilatera e porzione anteriore del tetto.

2. FRATTURA A "T"

A quella orizzontale si associa una rima verticale che divide il frammento inferiore in due parti, l'una anteriore, l'altra posteriore. A seconda del grado di obliquità della branca verticale della T, la testa può lussarsi centralmente, posteriormente, anteriormente.

Oltre alle tre proiezioni di JUDET, sia la TAC sia la 3D sono utili per poter distinguere le lussazioni (o sub-lussazioni) posteriori da quelle anteriori.

Il trattamento delle fratture a "T" è agevole limitatamente al frammento posteriore che si può manovrare senza difficoltà attraverso la via di KOCHER-LANGENBECK.

La constatazione, diretta sul campo operatorio e radiografico di uno spostamento residuo del frammento anteriore, rende indispensabile un atto chirurgico complementare attraverso la via ileo-inguinale.

3. FRATTURA TRASVERSA CON DISTACCO DELLA PARETE POSTERIORE

La frattura della parete posteriore può essere del I° o del II° tipo: per questo è utile la tomografia assiale.

La concomitante lussazione dell'epifisi risulta quasi sempre posteriore. La lussazione centrale, che qualche volta si associa a queste fratture, rappresenta il risultato di una lussazione posteriore sottoposta a manovre riduttive. Questo dato anamnestico,

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31 suffragato dall'esame dei radiogrammi inviati dall'Ospedale di provenienza, ha una notevole importanza prognostica: non bisogna infatti dimenticare che la lussazione posteriore può complicarsi con una necrosi epifisaria, parziale o totale.

4.FRATTURA TRASVERSA CON DISTACCO DELLA PARETE ANTERIORE

Quando una frattura trasversa incompleta si associa al distacco di un voluminoso frammento di parete anteriore, l'epifisi femorale si lussa o si sub-lussa anteriormente.

Queste fratture sono rare e, una volta diagnosticate, richiedono un'osteosintesi accurata attraverso la via d'accesso ileo-inguinale. Solo in casi eccezionali può rendersi necessario un tempo chirurgico complementare per via posteriore.

Per localizzare con esattezza il frammento anteriore e mettere in evidenza la sub- lussazione o lussazione anteriore della testa, oltre alle tre proiezioni di JUDET, sono molto utili sia la TAC, sia la 3D.

FRATTURE SUI VARI PIANI (due colonne)

La complessità e, talvolta, la molteplicità delle rime di frattura che coinvolgono tutte le linee anatomo-radiografiche ed i settori portanti dell'articolazione possono rendere di difficile interpretazione i radiogrammi pre-operatori, condizionando in senso negativo la qualità della riduzione. Per ottenere buoni risultati, è necessario avere a disposizione tutti gli elementi diagnostici strumentali che possano orientare nella scelta della via o delle vie d'accesso. A parte le forme transizionali di incerta collocazione, queste fratture possono essere distinte in due tipi.

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32 I° tipo: il tratto alare della frattura si estende dalla grande incisura ischiatica all'incisura interspinosa escludendo il cotile.

II° tipo: il tratto alare della frattura divide le due colonne dalla grande incisura ischiatica alla cresta iliaca. Nelle tre proiezioni radiografiche la frattura interessa sia il tetto sia l'ala iliaca. Nella proiezione standard è chiaramente visibile una interruzione netta della grande incisura ischiatica (immagine curva). Nella proiezione otturatoria si può apprezzare il segno dello sperone dovuto al sovrapporsi di due frammenti dell' ala iliaca sul piano sagittale.

La TAC indica con chiarezza la possibile coesistenza di una lesione della sacro- iliaca, il segno della "falsa congruenza", nonché lo spostamento del tetto all'interno della pelvi.

La 2D2 e la 3D forniscono immagini molto significative che quantificano con precisione estrema il coinvolgimento del tetto e lo spostamento dei numerosi frammenti.

Con le due vie combinate (posteriore e ileo-inguinale) o con la grande via laterale di LETOURNEL è possibile dominare, oltre alle due colonne, anche la zona sovrastante il tetto. La via di LETOURNEL permette di ottenere ottime riduzioni ma è penalizzata da gravi complicazioni (tasso di infezione molto alto, necrosi

2 La necrosi acetabolare può essere messa in relazione con una grave comminuzione del tetto nelle fratture delle due colonne e può riscontrarsi in alcune fratture estese, a più frammenti, della parete posteriore (II° tipo di JUDET) sia isolata sia associata ad altre fratture (colonna posteriore, trasversa, a "T"). La TAC bidimensionale coronale è un elemento utile per dimostrare il coinvolgimento del tetto dalla tuberosità ischiatica alla regione antistante la "U".

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33 acetabolare, necrosi epifisaria ecc.). Negli ultimi tempi, per trattare queste gravi lesioni, siamo ricorsi preferibilmente, alle due vie combinate anteriore e posteriore, abbandonando completamente la via di LETOURNEL.

FRATTURE INVETERATE

Possono considerarsi inveterate le fratture che vengono sottoposte ad un trattamento chirurgico oltre le tre settimane. Al di là di tale limite una frattura del cotile può essere operata con notevole difficoltà, perché il callo in formazione, oltre a nascondere le rime di frattura, rende difficili le manovre di riduzione. Non è facile stabilire però un limite temporale preciso sul momento terapeutico di una frattura cotiloidea: nei traumatizzati cranici, ad esempio, il callo si forma precocemente, già dalla Ia settimana; alcune fratture elementari (colonna posteriore, parete posteriore ecc.) vengono ridotte senza difficoltà ad 1 mese dall'evento traumatico.

Una frattura del cotile con spostamento non operata, può determinare una serie di infermità (la pseudoartrosi, la viziosa consolidazione, un vizioso atteggiamento della coxo-femorale. Altre affezioni invece possono insorgere indipendentemente dal tipo di trattamento (la necrosi epifisaria e l'artrosi metatraumatica).

FRATTURE INVETERATE (dalle tre settimane ai tre mesi dal trauma).

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34 L'osteosintesi può essere eseguita solo se con un'analisi strumentale adeguata si individua la possibilità di migliorare la situazione anatomo-radiografica della frattura. In tali circostanze l'osteosintesi può essere definita "di adattamento".

POSTUMI INVALIDANTI (oltre i tre mesi dal trauma)

Quando si è instaurata un'infermità sono possibili tre tipi di trattamento chirurgico:

l'osteotomia, l'artrodesi, l'artroplastica totale sostitutiva. Prima di porre l'indicazione chirurgica, dobbiamo però valutare con precisione - l'indagine strumentale ce lo consente - la posizione assunta dall'epifisi rispetto alla cavità cotiloidea. Se il cotile è alterato nella sua morfologia, (cotile incongruente) l'epifisi resta in sede e matura negli anni un'artrosi. Se il cotile è incontinente, la testa femorale resta lussata o sub- lussata in sede abnorme (centralmente, posteriormente o postero-superiormente).

1. Esiti di frattura senza lussazione (cotile incongruente).

Le difficoltà che si incontrano per eseguire un intervento di protesizzazione sono irrilevanti e, qualunque possa essere l'aspetto anatomo-patologico della cavità cotiloidea, esso non incide in nessun modo sulla durata dell'impianto.

2. Esiti di frattura con lussazione.

Il problema è rappresentato sia dall'epifisi lussata, sia dalle condizioni della cavità acetabolare. Il cotile è divenuto incontinente o per una perdita di sostanza importante, o perché la frattura in qualche tratto non è consolidata (pseudoartrosi).

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35 Le difficoltà tecniche che il chirurgo incontra in simili circostanze non sono diverse da quelle di molti reimpianti protesici.

Dettagli tecnici

L'osteosintesi si avvale di viti interframmentarie, preferibilmente 3,5 da corticale, e di placche di neutralizzazione flessibili. Sono ottime le placche PCD strette per viti 3,5 e larghe per viti 4,5. Per la colonna anteriore si possono utilizzare placche sagomabili - anche sul piano orizzontale - adattandole alla superficie ossea.

QUALITA' DEI RISULTATI

Nel 1974 Robert JUDET scriveva che l'85 % delle riduzioni anatomiche si mantiene asintomatico anche a distanza di anni e che per quanto riguarda i rimanenti termini percentuali, non ostante l'ottima riduzione, la frattura può evolvere in un quadro di artrosi degenerativa, o per una complicanza o per una necrosi della superificie cartilaginea. Tutto questo è naturalmente da attribuire ad una crisi ischemica di una o di ambedue le componenti articolari. Se la riduzione è imperfetta, l'incidenza dell'artrosi è elevata e la percentuale dei risultati favorevoli di entità trascurabile; di qui la necessità di prefiggersi l'obiettivo (non sempre purtroppo raggiungibile) della buona riduzione in tutte le linee anatomo-radiografiche, in tutte le proiezioni e sul campo operatorio. Gli elementi di giudizio sulla qualità della riduzione debbono però scaturire dall'attenta considerazione dei due parametri, chirurgico e strumentale.

Può accadere infatti che una riduzione, imperfetta sul campo operatorio, sia

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36 eccellente sullo schermo del radiologo. Sono particolarmente utili i controlli radiografici intraoperatori perché è meglio perfezionare una riduzione con una via d'accesso supplementare che accontentarsi di un risultato non ottimale seppure accettabile.

Gli atteggiamenti astensionistici debbono essere ponderati in ogni singola osservazione, valutando l'età del paziente, le condizioni generali, lo stile di vita e il tempo trascorso dall'evento traumatico. Alcune fratture (fratture trasverse alte) apparentemente composte, esaminate in proiezione standard dimostrano un'ombra negativa a mezza luna tra testa e tetto con base rivolta verso l'esterno. Questa immagine peculiare, della quale abbiamo parlato in precedenza, è il segno indiretto di un'ovalizzazione che si concretizza sul campo operatorio con una diastasi di 5-6 mm.

Un altro motivo di discussione è la “nuova congruenza" o "congruenza acquisita"

delle fratture delle “due colonne” che AA consigliano di non operare valutandole ottimisticamente. JUDET ci ha parlato di "falsa congruenza" pur basando il suo giudizio su elementi radiografici tradizionali e anticipando magistralmente i tempi."In molte fratture delle due colonne" scriveva JUDET "bisogna prestare attenzione ad un voluminoso frammento che, grosso modo, corrisponde alla porzione anteriore del tetto che migra anteriormente unitamente alla testa". Queste immagini sono chiaramente visibili con la 3D, ove fratture apparentemente composte dimostrano spostamenti non trascurabili e potenzialmente invalidanti.

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37 In conclusione possiamo perfezionare la qualità dei risultati con una diagnosi accurata e un trattamento tempestivo, migliorando nel contempo la curva di apprendimento del chirurgo.

La qualità della riduzione e i risultati radiografici a lungo termine sono stati giudicati secondo il sistema di valutazione di MATTA. L'analisi delle ossificazioni eterotopiche è stata eseguita secondo il criterio radiografico di BROOKER. Per la valutazione dei risultati funzionali è stata applicata la griglia di MERLE D'AUBIGNE' e POSTEL.

Gli elementi di giudizio radiografici e clinici sono stati formulati dalle stesse persone (G.F.Z. e O.D.).

Lo studio delle complicanze è stato eseguito su un totale di 517 pazienti tutti operati dallo stesso chirurgo (G.F.Z.). Tra le complicanze generali i decessi per embolia polmonare hanno avuto un picco del 2,8%, la trombo-embolia venosa dell'arto inferiore del 12,8%, l'infarto polmonare del 9%.

Tra le complicanze intra-operatorie dobbiamo segnalare la rottura di un aneurisma falso dell'ipogastrica, nel corso di un'osteosintesi per via posteriore, in una frattura trasversa associata a lussazione completa della sacro-iliaca. Il caso si è risolto felicemente con la legatura dell'arteria.

COMPLICANZE POST-OPERATORIE

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38 L'INFEZIONE

L'infezione si sospetta quando la temperatura raggiunge picchi elevati e i parametri della sepsi sono alterati (VES, prot. C, leucocitosi). La ferita chirurgica può avere un aspetto normale a causa della profondità del piano di frattura e del duplice strato muscolare. Nella fase acuta, a 3-5 gg dall'operazione si deve intervenire in urgenza svuotando l'ematoma corpuscolato, rimuovendo i tessuti necrotici e applicando un lavaggio continuo con soluzioni antisettiche.

Nella via di KOCHER-LANGENBECK la percentuale di infezione è stata del 3,8%, nella via laterale di LETOURNEL - che abbiamo abbandonato da oltre 10 anni - il tasso di morbilità per infezione è salito al 16%; la via ileo-inguinale invece non ha mai dato problemi.

Le forme croniche (artriti settiche) sono state trattate con una pulizia chirurgica ampia e generosa, asportando sia i sequestri sia i mezzi di sintesi, e applicando un lavaggio con soluzione antisettica (Betadine) per 8-12 gg. All'atto chirurgico è seguita la confezione di un gesso pelvi-pedidio per un minimo di 30 ed un massimo di 60 giorni. La pulizia chirurgica è stata risolutiva nell'83% delle osservazioni, è stata ripetuta una volta nel 12%, 3 volte nel 2%. All'esame culturale si è sviluppato lo stafilococco aureo nel 60% dei casi, lo pseudomonas nel 38%, il fecalis nel 2%.

L'antibiotico-terapia è stata a largo spettro nei primi giorni, mirata dopo la coltivazione della colonia batterica sulla guida dell'antibiogramma.

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39 VITI IN ARTICOLAZIONE

Una vite che attraversa l'articolazione può compromettere il risultato clinico e deve pertanto essere rimossa nel più breve tempo possibile. In alcuni casi il decorso è asintomatico, in altri l'anca è flessa con motilità in abduzione-rotazione limitata.

LETOURNEL sosteneva che, se la tecnica dell'osteosintesi è accurata ed eseguita da mani esperte, questo evento è da considerarsi di estrema rarità. Per quanto ci riguarda nelle nostre osservazioni la TAC post-operatoria ha dimostrato il contrario soprattutto nelle vie d'accesso anteriori, ove abbiamo scoperto decorsi anomali di una vite nel 5,6% delle osservazioni. La tempestiva rimozione dei mezzi di sintesi ha dato un sostanziale vantaggio al paziente nel 50% dei casi operati.

LE OSSIFICAZIONI PARA-ARTICOLARI

Relativamente frequenti nella via d'accesso posteriore di KOCHER-LANGENBECK in soggetti particolarmente predisposti. Un notevole contributo alle ossificazioni si osserva quando le parti molli presentano lacerazioni e scollamenti legati alla lussazione e quando il paziente ha riportato un trauma cranico o midollare importante. A parte le tipiche immagini che si possono osservare nei radiogrammi eseguiti nelle tre proiezioni, il quadro clinico evolve spesso in modo silente o con qualche limitazione dell'articolarità direttamente proporzionale all'entità delle ossificazioni.

Nella nostra casistica le ossificazioni hanno penalizzato il 7,3% delle osservazioni (via di KOCHER-LANGENBECK) e hanno avuto un'oscillazione tra il grado I e il

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40 grado III di BROOKER. In materia di prevenzione abbiamo abbandonato da anni sia la RX-terapia sia la terapia medica con indometacina, pratiche che in passato ci hanno fornito risultati contrastanti.

L'ALGODISTROFIA

E' rara nelle fratture elementari, frequente in quelle complesse e si manifesta con rigidità ai movimenti, dolore e zoppia; nei controlli radiografici la rima è conservata mentre l'epifisi ha un tono calcico ridotto.

L'algodistrofia è comparsa nel 15% delle osteosintesi combinate e si è sempre risolta consigliando il carico e praticando un trattamento terapeutico con anabolizzanti (decadurabolin 1 fiala intra-muscolo ogni 10 gg. per tre mesi).

LA NECROSI

La necrosi epifisaria è quasi sempre connessa ad una lussazione posteriore; qualche volta può essere espressione di complicazioni settiche precoci, solo in parte risolte con una terapia antibiotica mirata. L'esordio è subdolo, preannunciato da una lieve zoppia; successivamente il quadro clinico può aumentare di intensità e il dolore sussiste anche in assenza di carico. Quando la malattia è conclamata il quadro radiografico presenta una rima articolare ridotta e un addensamento dell'epifisi fino ad arrivare alla distruzione completa. Le forme circoscritte interessano il settore antero-supero-esterno e possono risolversi con una parziale ristrutturazione cefalica, assumendo sfumature nosologiche che confinano con la malattia artrosica. Le forme totali invece sfociano quasi sempre in un'infermità conclamata risolvibile solo con la

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41 protesizzazione. Sotto il profilo diagnostico consideriamo di assoluta inutilità qualsiasi tipo di scintigrafia, attendibile invece è la RMN.

La necrosi acetabolare, sia mista sia isolata, è una affezione molto più rara che si manifesta con dolore, zoppia e viziato atteggiamento dell'arto. All'indagine strumentale essa si manifesta con immagini particolarmente destruenti.

Nella nostra casistica la necrosi epifisaria ha penalizzato il 12% delle lussazioni posteriori. La necrosi mista ha avuto invece un'incidenza dell'8% ed è stata riscontrata o nelle fratture comminute della parete posteriore, o nelle fratture trasverse associate a distacco della parete posteriore o nelle fratture delle due colonne.

LE PARALISI

Poco spazio in letteratura è stato riservato alle paralisi dello sciatico, delle quali non sono ancora del tutto chiari la patogenesi, l’evoluzione clinica ed il ruolo assunto dalla chirurgia esplorativa. Molti dei dubbi che erano stati sollevati da DECOULX nel 1971, non sono ancora stati sciolti. La patogenesi delle paralisi del nervo sciatico nei traumi ad alta energia del bacino e del cotile è stata variamente interpretata; la frequenza di queste lesioni è compresa - a seconda degli A.A - tra il 10% e il 20%.

Nel 1916 PUTTI aveva individuato nella regione retrostante il cotile un punto critico per le fibre del nervo che già nell'incisura ischiatica è definitivamente distinto in due fasci, l'SPE all'esterno e l'SPI all'interno. Per questo motivo le fibre dello SPE subirebbero per prime e con maggiore violenza l’azione lesiva di una noxa

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42 contundente da parte di un frammento o della testa femorale che si lussa. Questa ipotesi non riesce però a spiegare perché il nervo può apparire contuso in assenza di paralisi e assolutamente integro nella circostanza opposta. Per quanto ci riguarda solo nell'11.1% delle paralisi esaminate chirurgicamente coesistevano lesioni macroscopiche. DECOULX, muovendo da osservazioni analoghe, sarebbe arrivato ad una conclusione: la dinamica patogenetica può determinare uno stiramento delle strutture nervose nell’incisura ischiatica o nelle radici lombo-sacrali. A questo livello infatti le fibre dello SPE risentirebbero per prime e con maggiore intensità della noxa patogena essendo in diretta continuità con il tronco nervoso. Tutto questo spiega perché si possono verificare entità cliniche estremamente variabili: da una lesione dello SPE di tipo neuroaprassico - se il trauma si esaurisce con lo stiramento delle radici più alte (L4, L5) - al coinvolgimento dello SPI, se il trauma è dotato di maggiore energia. In tali circostanze le radici dello SPE saranno più danneggiate (assono-neurotmesi) di quelle dello SPI (neuroaprassia) e si osserverà soltanto un recupero di queste ultime. Anche HUITTINEN, in 42 osservazioni autoptiche eseguite in pazienti deceduti per fratture del bacino, ha riscontrato per ben 20 volte lesioni tronculari o radicolari.

Questi dati della letteratura, associati all'esperienza di recuperi funzionali spontanei in tempi molto lunghi (fino ad un massimo di 2 anni e mezzo), ci informano sull’inutilità della neurolisi.

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43 Le paralisi postoperatorie - di incidenza trascurabile se si opera con il ginocchio flesso - hanno una patogenesi ed un comportamento clinico completamente diversi.

Nella nostra esperienza chirurgica abbiamo sempre assistito al coinvolgimento della sola branca laterale dello sciatico (SPE) ed in tutti i casi il recupero è stato spontaneo e completo in tempi più brevi rispetto alle lesioni pre-operatorie. Questo depone per una genesi di tipo neuroaprassico della lesione che è verosimilmente legata alla compressione del nervo (con le leve) durante l'atto chirurgico.

Abbiamo voluto rilevare l’incidenza dei vari tipi di lesione nervosa, anche in relazione al tipo di frattura, studiando la patogenesi e monitorando la ripresa funzionale con parametri clinico-strumentali utili ai fini diagnostici, prognostici e terapeutici. La casistica è omogenea e il trattamento chirurgico è stato finalizzato alla sola riduzione e all’osteosintesi della frattura acetabolare.

Abbiamo controllato 211 pazienti operati nel decennio compreso tra il 1982 ed il 1992. 21 di essi (10%) presentavano una paralisi del nervo sciatico; in 16 casi (76.1%) la paralisi era comparsa al momento del trauma, in 5 (23.8%) era insorta nel decorso post-operatorio. E’ stato possibile controllare l’evoluzione della lesione nervosa ad almeno 2 anni dall’insorgenza solo in 18 pazienti, 2 femmine (11.1%) e 16 maschi (88.9%), con età compresa tra 16 e 65 anni (età media 31.1 anni), 14 (77.7%) dei quali affetti da lesioni pre-operatorie e 4 (22.2%) da lesioni post- operatorie; esclusivamente a questi abbiamo fatto riferimento.

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44 Le 14 lesioni nervose pre-operatorie interessavano in 9 casi (64.3%) il territorio del nervo sciatico popliteo esterno (SPE), in 4 (28.6 %) il territorio del nervo sciatico nelle componenti (SPE e SPI) e in 1 caso (7.1%) il plesso lombo-sacrale.

Le lesioni post-operatorie sono state distinte in precoci 3 casi (16.6%) e tardive 1 caso (5.5%), in relazione al lasso di tempo intercorso tra l’intervento chirurgico e la comparsa del deficit nervoso, definendo precoci le lesioni che si manifestano al risveglio del paziente. Tutte queste lesioni interessavano esclusivamente lo SPE. Gli interventi di riduzione ed osteosintesi sono stati eseguiti utilizzando la via d'accesso di KOCHER- LANGENBECK e in 5 casi è stato necessario associare la via ileo-inguinale.

Abbiamo sistematicamente esplorato il nervo sciatico, dall’incisura ischiatica alla regione retro-cotiloidea, prestando attenzione ad eventuali lesioni nervose apprezzabili macroscopicamente.

Il controllo clinico dei pazienti è stato eseguito ad almeno due anni dall’insorgenza del deficit neurologico ed è stato supportato in 13 casi (72.2%) dall’indagine elettromiografica (EMG). L’esame clinico è stato condotto ricercando turbe del trofismo, della sensibilità e della capacità motoria nelle singole unità funzionali.

Abbiamo utilizzato il British Medical Research Council Motor Grading System per il rilievo della validità muscolare e la classificazione di MILLESI per la valutazione del recupero della capacità funzionale (TAB.I). Bisogna premettere che le nostre osservazioni si riferiscono all’evoluzione naturale della lesione nervosa, in quanto l’intervento chirurgico era finalizzato esclusivamente alla riduzione e all'osteosintesi

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