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http://www.archive.org/details/storiadiunrisegaOOmini
STORIA
di
un risegamento totale
dell* ossomascellare
superiore e palatino destri permalattia
dell'antro d'igmoro
DEL DOTTOR
professore supplente di chirurgia pratica presso L I. II.
UNIVERSITÀ' DI PADOVA.
E
stratta dal Giornale per servire ai progressi della patologìa e della terapeutica.VENEZIA
PER FRANCESCO
ÀNBREOLÀ
1846.
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diagnosi delle malattie delle ossa presenta moltedifficoltà, chedipendono
e dallauniformità dei sintomi con efui si manifestano, e dalmodo
con cui erano nna voltaesaminate* In riguardo alla miaprima
proposizione, essa e tanto evidente, che reputo inu- tile il doverla comprovare; infatti nel loro principiosi rassomigliano il cancro delle ossa, il fungo midol- lare,
una
cisti ossea,un tumor
fibroso,od un
osteo- conrlroma. In questi casi là diagnosi nóìipuò
venire rischiarata che dal decorso diretto di quéste malattie, e dai differenti sintomi che presentano , ciò che av- viene soltanto a malattia avanzata. Ilmodo
poi difet- toso di osservare le malattie delle ossa, la confusióne6
nella -nomenclatura, e la
mancanza
di esatte cogni- zioni di anatomia patologica reserosempre
più. oscura questa parte della chirurgia.Le
malattie delle ossa nella loro essenza offrono poca diversità da quelle del- le parti molli.La
affezione più frequente di esse è l'infiammazione chepuò
aver sede nel periostio, nella partecorticale,media
od interna dell'osso. Essa offre gli stessi esiti dell' infiammazione delle parti molli, terminando in risoluzione, in suppurazione (osteopiosi), inulcerazione(carie, osteoelcosi), ingan- grena (necrosi), in trasudamenti (esostosi, periostosi,gomme,
tofi). Nelle ossahanno
luogo le istesse pro- duzionimorbose come
nelle parti molli, p. es. i tu- bercoli, il cancro, il fungo, i tumori fibrosi ( osteo- steatomi), cartilaginei (osteocondromi) le cisti.Ab*
biamo
pure in essealcune alterazionicome
l'ipertrofia (osteofiti), l'atrofia (osteoanabrosi), ilrammollimento
(osteomalacia), l'indurimento (osteosclerosi), la fragi- lità (osteopsatirosi) che oradipendono
da pregresse infiammazioni, e moltevoltenon
sonoche alterazioni della loro nutrizione. Dietro questa classificazionemi sembra
rendersi più facile lo studio delle osteopatie, e cosi si escludono altre denominazioni inesatte chenon comprendono
una malattia distinta,ma
bensì varieforme
fra loro affatto diverse. Prendasi p: es.l'osteosarcoma5 sotto questo
nome
vi fuchi descrisse una malattiache guarìspontaneamente dopo
il distacco diuna
parte necrosata , altri invece descrisseroma-
7 lattie che guarirono radicalmente colla operazione,
mentre
molti altri videro ripullularedopo Y
opera- zione la degenerazione più fiera di prima.E
impos- sibile che conun
decorso così diverso si trattasse dell'istessa affezione.Che
avvengano tali errori nella diagnosi delle malattie delle ossanon
è da sorpren- dersi, vedutal'analogia cheesse offrono fra loro par- ticolarmente nel principio,ma
reputo dannoso alla scienza il continuare nell'uso di tale espressione ine- satta, che serve ad avvolgeresempre
più nelle tene- bre la patologia delle ossa.Non
solo mediante l'os- servazione attenta dei pezzi patologici si devestudiare l'indole delle malattie,ma
si deve seguire il 'loro decorso prima edopo
l'operazione,mentre
la ripro- duzione è perme
la prova sicura che si trattava di cancro o di l'ungo, equando non
si riproduce,ho
il sospetto di essermi ingannato nella diagnosi. In
tal
maniera dopo
aver raccolti molti fattiben
osser- vati, si potrebbe stabilire i sintomi capaci arischia- rare meglio la diagnosi.Un'
altra malattia delle ossa la cui denominazione è troppo generica , enon
ci spiega la sua condizione patologica si e quella di spina ventosa.Generalmente
i chirurghi fannouna
distinzione fra la spina ventosa degli adulti, e quella dei fanciulli.La prima
ha una gravezza maggiore, ed esige nelmassimo numero
deicasi un'operazione, senza della quale termina colla morte.La
seconda invece haun
decorso più lento e benigno, e per lo8
più
spontaneamente
guarisce.Ora
la sola differenza dell'etànon può
produrreuna
talediversità dei sin-tomi
ed esiti, e manifestamente la condizione pato- logicanon può
essere la stessa.La
spina ventosa dei fanciulli èun
osteite scrofolosa che molte volte ha l'esito della carie centrale od anche totale, con ram- mollimento e rarefazione della ossa,oppure
con in- filtrazione tubercolare,mentre
la spina ventosa degli adulti èuna
malattia malignacostituzionaleun
fungo, cioèod un
cancro.Da
quanto finoraho
detto risultaadunque,
co-me
difettose ed incerte siano lo nòstre cognizioni diagnostiche nelle malattie delle ossa.Che
se tante difficoltà presenta la diagnosi delle alterazioni diun
osso, possiamo dedurre quante maggiori neoffra
una
parte che è formata da esse, e viene tappezzata dauna membrana mucosa, come
si è l'anfro d'Igmoro, o seno mascellare. In esso infatti possono avvenire tutte le malattie delle ossa,come
pure tutte quel- le dellemucose,
e leune
essere causa delle altre.Le
malattie di questamembrana mucosa
sono l'ir—fiammazione e suoi esiti,
come
blenorrea, ulcerazio- ni, ipertrofia, rammollimento,oppure
produzionimor-
bose fra le quali tengono ilprimo
posto i polipi.Inoltre attesa la sua struttura si
formano
delle alte- razioni particolari chenon vediamo
negli organi for- niti dimucose, come
l'idrope del seno mascellare, chesembra
dipendere da una infiammazione della9
mucosa
con ostruzione del condotto mascellare, per cuinon
svuotandosi il fluido raccolto, questo si ac-cumula
in grande quantità, dilata e sposta le pareti ,del seno che si fanno protuberanti verso la bocca , oppure la fossa canina , l'occhio, il naso, con assot- tigliamento delle pareti. Altre malattie dipendenti dalla sua posizione sono quelle che
hanno
relazione coi denti. INfon dirado tutti i fenomeni morbosi del-l'antro d'Igmoro sono dipendenti dalla carie delle ra- dici dei molari, e levatequeste cessano tutti gli in- comodi: talora si vide lo sviluppo preternaturale di
un
dente esser causa dell'infiammazione dell'antro mascellare.Soltanto l'osservazione attenta ed esatta
può
esserci di guida onde diminuire le difficoltà che pre- senta la diagnosi di molte malattie ancora oscure.
Stabilita la condizione patologica di esse riuscirà più
facile lavera terapia daadottarsi.
Se
questo vale perle affezioni
morbose
di spettanza medica, molto più è ciò d'importanza nelle chirurgiche, ove la cura in molti casinon può
aver luogo che mediante un'ope- razione difficile e pericolosa, che sarebbe egualmente riprovevole l'eseguire se inutile,od
il rifiutare se ne- cessaria.Questo
è il motivo chemi
spinge a pubbli- care la storia di una malattia del seno mascellareche ebbi occasione di osservare inquest'anno nella clinica chirurgica di Padova, e che rese necessaria una delle più ardite operazioni della chirurgiamoderna,
e cheIO
credo
doppiamente
interessante eper la qualità della alterazione patologica, e per ilmetodo
operativo in- trapreso.Antonio Mengotto
di condizione calzolaio, di 20 anni, nato da sani parenti, nella sua infanzianon andò
soggetto cheal morbillo, ed aqualche affezione gastrica che facilmente sanava. Nell'età di dieci anni per gra?e odontalgia chiese il soccorso chirurgico, e gli fu estrattoun
dente molare superiore destro:ma
rotto il dente rimase in sito la radice che determinò violenta infiammazione, con
aumento
considerevole dellaguancia e dolorilancinanti. L'applicazione di4o
mignatte, i bagni freddi, i gargarismi ammollienti in seguito, valsero a frenare il processo flogistico,non
arrivando però a diminuire la gonfiezza che nello spa- ziodi unanno, ed anchenon
completamente. Decorsero quindi sei anni senza gravi molestie, tranne ricor- renti cefalalgie frontali, e segnatamente alla regione destra, le quali cessarono coi purganti e medianteuna
spontanea epistassi: in questo tratto ditempo
sortì pure la porzione di radice del dente rotto.
Ma
dopo
questi sei anni di mitigazione, si ridestaronoi dolori che occupavano
profondamente
la mascella superiore, e determinarono la caduta spontanea di altridue
denti molari alla distanza di otto giorni l'unodairaltro. Coi dolori sirinnovò l'infiammazione, edun
grado considerevole di gonfiezza della guancia con calore e cefalea, i quali sintominon
cedettero11
interamente al
metodo
antiflogistico,rimanendo
una gonfiezza delle parti che restò stazionaria per quat- tro anni.Giunto il nostro
ammalato
all'età di 20 anni,un mese
primache fossedame
veduto, siformò un
foro in corrispondenza della fossa canina destra, dal qualeebbe
luogo spaventevole emorragia che gli recò tut- tavia sollievo,mentre
sparirono i dolorida cui veniva di tratto in tratto affetto,come
pure diminuiva la gonfiezza delle parti. Il foro rimase aperto e da esso sortiva abbondante quantità d'icore fetentissimocom-
misto a sangue.Timoroso
pel continuo stillicidio di questo, per la denutrizione che faceva rapidi pro- gressi, pel fetore della bocca che aumentava, ricorse alla clinica chirurgica di Padova , fermo nell'animo
di sottoporsi ad un'operazione
quantunque
di esilo incerto.Trovai
un
individuo di gracile costituzione, ditemperamento
bilioso-linfatico, denutrito, con tìnta terrea, sistema muscolare poco sviluppato, indebolito da lunghi patimenti, dal timore, dalle emorragie che daun mese
si ripetevano continuamente benché in gradoleggiero. Il polso eraregolare, lingua spalmata damuco
giallastro, alito fetente,mancanza
di appe-tito. Sulla guancia destra vidi un
tumore
della gros- sezza diun pugno
d'adulto, di forma globosa che si estendeva dall'arco zigomatico all' apofisi nasale dei- Fosso mascellare, e dalla parete inferiore dell'orbita12
C 11 f » 11 1 •1 f
fino alla fossa canina, nellaquale vi era considerevole protuberanza.
Questo tumore
è durissimo, poco sen- sibile, la cute che lo ricopre sana, di color naturale.L'occhio conserva laregolare mobilita e facoltà visiva,
ma sembra
infossato per la sporgenza della parete in- feriore dell'orbita. Il naso è spostato a sinistrarla cavità della bocca impicciolita per la presenza di untumore
molto sporgente in essa, e clie corrisponde all'apofisi palatina del mascellare destro, e porzione dell'osso palatino destro.Anche
questotumore
offre ì'istessa durezza. Nella fossa canina ove è sporgente una grande protuberanza dell'osso si osservaun
fo~rellinoda cuisorte continuamente
un
icore sanguigno.Introdotto
uno
specillo, lamano
esploratrice s'accor- geva che l'antrod'Igmoro
era assai piùampio
che nello stato normale, e che le sue pareti eranoram-
mollite.
Mancano
gli ultimi tre molari, e gli altri denti cherestano a destra sono molto irregolari nella loro posizione, e sparpagliati negli alveoli, che offro- no perla dilatazionemorbosa
delle ossa una larghezza*preternaturale.
La
sede di questotumore non
lasciavadubbio
che fosse interessato l'antrod'Igmoro,
di cui erano spostate tutte le pareti ad eccezione della superiore cheforma
il pianoinferiore dell'orbita. Restavaasta*
bilir'st l'indole di tale malattia, ed i sintomi che ol%
friva
non
permettevano una diagnosi esatta,ma
sor- tanto probabile. L' ampiezza preternaturale del senoi5 mascellare che collo specillo si sentiva vuoto, esclu- deva Pidrope e la presenza di un polipo carnoso. La malattia consisteva quindi in una alterazione delle ossa che formano le pareti dell*antro d'Igmoro. I sintomi che precedettero il
tumore,
la causa mecca- nica che li produsse, cioè l'estrazione diun
dente, lo stato di salute che godette l'ammalato per lungotempo,
essendo scomparsa interamente la gonfiezza infiammatoria eoometodo
antiflogistico, ed il ripro- dursi delmale sempre accompagnato
da sintomi ìn- fiammatorii che diminuivano con lo scolo d' icore e sangue,non
lasciavano dubbio che nel principio si trattasse d'infiammazione dell'antro d'Igmoro
sia nellamucosa
chelo tappezza, od anche nelle ossa che neformano
lepareti.Adesso
peraltro con la semplice infiammazionenon
si possono spiegare tutti i feno-meni
che presenta ,ma
bisognaammetter un
esito di essa, con alterazioni tali e cosi profonde danon
lasciare speranza se
non
che in un' operazione ur-gentemente
indicata dalla giornaliera diminuzione di forze del malato.Nei
giorno 27 giugno1846
si passò all'opera- zione, lì paziente stava seduto sopra una scrannaben
solida, e teneva la testa appoggiata sul petto diun
assistente. Incominciai l'operazione con un'incisione che a livello dell'angolo esterno dell'occhio sei linee distante da esso si portava all'angolo corrispondente dellabocca, arrivando fino alle parti ossee. Sollevando
i4
poscia collasinistra illato interno diquesta incisione, distaccava le partimolli dalle sottopost* ossa
forman- do un lembo
che terminava superiormente all'angolo interno dell'occhio,ed
inferiormente si portava fino sotto la pinna del naso , dove praticaiun
taglio co-municante
colla cavità delle narici.Con
questoprimo tempo
dell'operazione la parete anteriore deltumore
era denudata.Prima
di progredire bisognò legare la arteria trasversa della faccia, ed altre minori, che però essendomorbosamente
dilatate davano copiosa emorragia.Fermato
lo sgorgo del sangue, conuno
scalpello panciuto divisi leparti molli che contornano
la parete inferiore dell'orbita, stando
sempre
rasente alleossa, ed ajutandomi coll'indice dellamano
sinistra, penetrai entro l'orbita fino alla fessura sfeno-mascel- lare.Quando
le ossa sono in istato sano il principio di questa fessura si trova alla distanza di circa4
linee dal ciglio osseo,ma
in questo caso attesa lamorbosa
gonfiezza delseno mascellare dovetti arrivare alla profondità di oltreun
pollice, portando grave dolore per la compressione dell'occhio che veniva spo- stato dal dito. Sentita la posizione dellafessura sfeno- mascellare, ed incise conun
bisturi le parti molli che la riempiono, vi introdussi con poca difficoltàuna
sondascanellata, cheperònon
poteva sortire sotto dell'arco zigomatico, perchè attesa la gonfiezza di quest'osso le fibre del massetere nel sito della loro inserzione erano divaricate.Le
incisi per l'estensionei5 di quattro lince, ed in allora polè sortire l'apice della sonda, sulla guida della quale feci passare
uno
specillo bottonuto cui si era assicurata mediante
un
filo la sega a catena di Aitken.
Con
facili e rapidimaneggi
della stessa potei segare tutto lo spessore dell'arco zigomatico, sebbene ingrossato, e la super- ficie dell*osso segato era così lisciacome
fosse sfata recisa una parte molle conun
coltello bene affilato.Tolte in questo
modo
le aderenze ossee della parte esterna dell'antrod'Igmoro
passai al risegamentodell'apofisi nasale del mascellare, e dell'osso unguis.
Divise con
uno
scalpello le aderenze al lato interno fra l'orbita e l'occhio, recisi il nervo mascellare su- periore nel sito ove passa nel canale infraorbitale,
onde
diminuire per quanto era possibile i dolori almio
operato, ed impedire le convulsioni tanto fre- quenti nello stracciamento, e contusione dei grossi nervi. Per l'apertura praticata sotto dellembo
nella cavità nasale destra, introdussiuna comune
tanaglia per le ossa, equantunque
adoperassi tutta la mia forza,non mi
fu possibile di reciderla. Ricorsi in allora alle cesoje di Liston, ed indi a quelle di Si- gnoroniyma
senza successo. Pensai chemi
facilite-rebbe l'operazione se potessi praticare
un
solco nella apofisi nasale del mascellare, chequantunque
poco grossa è molto dura, e così diminuito lo spessore di essa adoperare le tanaglie di Signoroni. Incominciai colla sega a cresta di gallo diHej
,ma
senza van-i6
taggio perchè scivolava ora a destra, ora a sinistra.
Molto
megliomi
corrisposeuna
sega a lancia di Si- gnoroni colla quale facilmente praticaiun
solco", nel quale introdottauna
branca della tanaglia ossivora a becco di pappagallo, e l'altra branca per la cavità del naso sotto dell'apofisi nasale la potei con poca difficoltà recidere. L'osso unguis cedette subito ado-perando
unacomune
tanaglia da ossa. Restava ora aderente Tosso nella parie inferioremediante
l'apofisi palatina delmascellare e le ossa palatine. Feciprima
levare ilsecondo dente incisivo dietro del quale se ne trovavaun
secondo chefuegualmenteestratto.Tenuto sempre
sollevato illembo
introdussi per lacavità del naso una brancadella tanaglia ossivora abeccodi pap- pagallo, e l'altra branca nella bocca, ed usando multa forza potei tagliarecompletamente
tutto lo spessore di quest' osso.Ma
per arrivare fino al margine po- steriore dell'osso palatino,come
era necessario di completare la divisione delle aderenze ossee,non
po- teva servire Tistessa tanaglia le cui branche erano troppocorte.Con uno
scalpello panciuto divisi l'uvola ed il velopendulo dalle parti posteriori alle anteriori fino al palato osseo, edopo
conuno
scalpello ed ilmartello tagliai le ossa palatine
tenendomi
un poco a destra della lineamediana
, ed inmodo
che questo ultimo taglio fosse nella stessa direzione di quello praticato con le tanaglie ossivore. Arrivato a questo punto dell'operazione, sperava chenon
essendo l'ossomascellare tenuto in sito che per Fapofisi ptcrigoidea dovesseprestamente cedere praticando su di esso delle moderate trazioni.
A
tale oggettoimpugnai
la tana- glia distraente di Signoroni,una
delle branche la introdussi nell'orbita fra 1' occhio e la parete su- periore dell'osso mascellare eV
altra nella bocca.Ma
per quanta forza adoperassi l'osso restava im- mobile e Tislrumeiito scivolava. Sospettando che di- pendesse dalnon
avere liberatocompletamente
l'osso dalle sue aderenze, verso l'angolo interno dell'occhio applicai di nuovo letanagliecomuni
sull'osso unguis, esaminai la recisione praticata nell'osso palatino, e cercai dinuovo con la tanaglia distraente dismuovere
l'osso. Sotto questi
maneggi
si staccò la parete an- teriore dell'antrod'Igmoro, ma
la parte posteriore era ancora immobile. In allora ricorsi aduno
scal- pello che introdussi nella cavità dell'orbita sotto del- l'occhio, che teneva difeso mediante una spatola, e con molta precauzione a colpi di martello penetrai dietro la parete superiore dell'osso mascellare, indi introdussi lo stesso istrumento perla cavità delnaso, lo portai fino all'apofisi pterigoidea, e facendo di esso una leva facilmente si smosse. Soltanto a questomomento
dell'operazione seguendo la guida del dito indice passai alla recisione delle parti molli che si trovano al lato esterno e posteriore dell'osso mascel- lare, e tagliandocosi i muscoli pterigoidei iltumore
si staccò per intiero. Esaminata laferita che era spa~
vcntevolc, levati colle dita e col
mordente
alcune scheggio dell'osso unguis, e pnrte dell' apofisi pteri- goidea che si era spezzata, e giaceva adesa soltanto alle parti molli, l'ammalato cadde in deliquio,dopo
aver tollerato 1'operazione con eroica fermezza.Trasportato in altrasalameglio ventilata fu posto orizzontalmente sopra
un
letto, e mediantedegli spruz- zi d'acqua freddadopo
tre minuti ricuperò i sensi.Cercai in allora di frenare l'emorragia proveniente dall'arteria mascellare interna che fu presa con una pinzetta da torsione. Tentai di legarla ,
ma
altesa la suaprofonditànon
fupossibile di farvipassare all'in-torno
un
filoquantunque
ricorressi adun
porta-nodo.Anche
la torsionenon
essendo seguita da migliore risultato,non
potendosi isolar bene l'arteria, ed a- yendo l'ammalato perduto già molto sanguem'ap-
parecchiava ad applicare il fuoco,quando
l'emorragia spontaneamente si sospese. Posto il paziente nel suo letto si ricoprì la ferita esterna con una compressa inzuppata nell'acqua fredda, e teneva in bocca qual- che pezzo di ghiaccio.Quantunque
egli avesse sop- portato con molto coraggio l'operazione, e fossecon- tento edilare, pure ilsuo polso era molto abbattuto, piccolo e sfuggevole, la fisonomia pallida , le estre- mità fredde, per cui somministrai alcune goccie di liquor anodino dell'HofTmann.
Quattro oredopo
laoperazione non essendoinsorta alcuna emorragia, pas- sai alla riunione delia ferita mediante sette punti di
'9 sutura attortigliata, continuando nell'applicazione del ghiaccio sopra la ferita.
La
deformità della guancianon
eradopo
la riunione molto considerevole, si ve- deva soltantoun
infossamento sotto dell'occhio, e questo era abbassato, inoltre accusava forte dolore in gola che rendeva difficile la deglutizione. Nella sera il polso era più sostenuto, il caloreun
poco aumentato, continuavano i dolori nella gola, esene
svilupparono anche alla regione sopraorbitale sopra della quale si continuò nell'applicazione del ghiaccio.
28. giugno. i.°
dopo
l'operazione—
. Nella notte potè dormire alcune ore a varie riprese, ildolor dì gola è un poco diminuito per cui potè bevere coriminor
difficoltà,quantunque
la deglutizione fosse ancora dolorosa,non può
tenere in bocca dei pezzi di ghiaccio che sdrucciolavano nella faringe e nell'e*sofago. I dolori all'occhio sono cessati.
Le
palpebre sono gonfie , ecchimosate , la congiuntiva si è fatta molto turgida e circondacome un
cercine la cornea chesembra
depressa, offrendo l'aspetto di una ché- mosi, con la differenza peròdel colore che è pallido, perchènon
è dipendente daun
processo flogisticoma
da edemazia.Alle 4 pomeridiane viene preso da brividi pas- saggieri di freddo, ed essendogli
incomodo
il ghiaccio sulla ferita si sostituiscono le pezze bagnate nell'acqua fredda.Ha
leggiera cefalea, i polsi sono più espansie frequenti, calore
aumentato
della cute eh'è secca.Per
la prima voltadopo
l'operazione evacuò le orine.29
-—
2. Nella nottedormi
qualche ora, la de- glutizione si mantiene dolorosa,ma
èmeno
difficile, il dolore sopraorbitale è aumentato, palpebre gonfie, edemazia della congiuntiva, polsimeno
frequenti es- spansi, calore della cute diminuito.Da
due giorninon
scarica il ventre, le orine sono abbondanti e pal- lide. Sì applicarono 12 mignatte all'apofisi mastoidea destra con grande diminuzione deldolore sopraorbi- tale. Incomincia la suppurazione nella cavità della bocca.30 —
- 5.°L'ammalato
è tranquillo , la reazione moderata. Continuala gonfiezza delle palpebre e della congiuntiva,mala
vista è intatta: egli sopporta senzaincomodo
il chiaro di una candela, ha dolori lanci- nanti alla regione temporale.La
ferita esterna siman-
tiene
bene
unita, è poco sensibile, l'apertura della bocca é obbliqua, essendo l'angolo destro molto ab- bassato e sollevato il sinistro.La
ferita interna è spalmata da pus biancastro.Da
tre giorninon
ha scariche alvine per cui sisommnistrano
internamente dieciotto grani di calomelanoma
senza effetto. Si continua col freddo sulla guancia.1. luglio
—
4«°La
febbre è più pronunciata, ipolsi
danno 90
battute alminuto,
calore della cute aumentato, testa libera. Il purgantenon
produsse al-STI
cun effetto, le orine sono evacuate naturalmente, la flsonomia èpiù composta, l'ammalato accusa appetito.
Esaminata la ferita nella cavità della bocca si osserva spalmata di
muco
giallastro, l'alito ha l'odore della marcia che scola nella bocca,ma
che però difficil-mente può
sputare fuori per essere tenace : il dolor di gola è quasi nullo. Levati i cerotti che tenevano avvicinate le palpebre, e che recavanoincomodo
sì vide la congiuntiva ancora edematosa, la corneasem-
bra infossata, le palpebre sono gonfie, ecchimosate5 dolore e gonfiezza all'angolo esterno dell'occhio, fa-coltà visiva quasi nulla.
2. luglio
—
5.°La
notte fu tranquilla, il sonno vennespesso interrotto dallo scolo della marcia.Ebbe
nella notte una scarica abbondante. Levati gli aghi della sutura attortigliata si vide che la ferita era unita
completamente
perprima
intenzione. L'occhiò è nello stesso stato: il ghiaccionon
è più tollerato per cui si ricoprela partecon una compressa asciutta.5. luglio
—
6.° Nella nottedormì
molte ore, febbre diminuita,non
ha dolore all'occhio, la ede- mazia è minore e percepisce gli oggetti. "Verso sera è quasi apiretico, la suppurazione si fameno
abbon- dante e dibuona
indole, si applicaun
clistere oleosocol quale ebbe due scariche.
Dal
giorno 4 incominciò ad essere apiretico, l'occhio è quasi naturale, solo èun
poco abbassato,ma
percepisce bene gli oggetti, lingua detersa, appe-22
tito
buono
per cui si concedono due minestre, lasuppurazione si fa di
nuovo
abbondante, solo ditratto in tratto accusava dolore alla regione sopraorbitale, e questo cessava colbagno
freddo.La
parte della guan- cia al disottodell'occhio è depressa ed insensibile fino quasi al dorso del naso, ed al labbro superiore.An-
che questofenomeno
dipendente dalla recisione del nervo mascellare superiore e sue diramazioni andava dimano
inmano
dileguandosi,come
pure laobli-
quità della bocca. Siaumentò
la dieta, e ad. ecce- zione di qualche clistere e delle frizioni con l'estratto di atropo belladonna alla regione sopraorbitalenon
si usarono altri rimedi.
Nel giorno 12 luglio l'ammalato trovandosi ab- bastanza forte, e
non
accusando alcun sintomomor- boso
desirlerò di alzarsi, ciò che gli fu concesso, essendo trascorsi solo quindici giorni diJla fatta ope- razione.Dal
giorno 12 finoalla sua sortita dalla clinica, che avvenne dietro suadimanda
nel giorno 3i luglio, siaumentarono
le forze e si migliorò il suo aspetta e colorito.La enorme
cavità rimasta per 1'esporta- zione dell'osso degenerato andòsempre
più restrin- gendosi per la formazione di granulazioni dibuona
indole, l'occhio èun
poco depresso,ma mobile,
sano in tutti i suoi tessuti, e percepiscebene
gli oggetti.La
ferita esterna perfettamente cicatrizzatanon
offre cheuna
linea biancastra, la guancia è an-23 cora un poco depressa ,
ma
sensibile in ogni punto , e compressa si sente nelle parti sottoposte una resi- stenza che lascia dedurre la formazione diun nuovo
tessuto solido che coltempo
sostituirà Tossomancan-
te5 il naso è quasi ritornato sulla lineamediana,
la bocca è naturale.La
loquela che in principionon era intelligibile è divenuta chiara e distinta; la degluti- zione è facile,quantunque
i cibi abbiano una ten- denza a sortire per la narice destra, la masticazione è permessa dal lato sano. Sotto la contrazione dei muscoli della faccia si vede la prevalenza di quelli del lato sinistro.La
guarigione fu prontissima, epo-
chi i mezzi terapeutici adoperati.
Esame
delpezzo
patologico—
. L'ossoappena
esportato aveva ilvolume
diun pugno
di adulto.Esso veniva costituitoda tutto il
ma
scollar superiore, dall'osso palatino coli'apofisi pterigoidea , e da por-2*ione dell'osso zigomatico ed unguis.
La
parete an- teriore dell'osso mascellare era dilatata, ragione per cui fu difficileritrovarela fessura sfeno-mascellare che pertale disposizionemorbosa
riuscivamolto profonda?all'interno esuperiormente si vede porzione dell'osso unguis, più al bassodelle solcature; l'inferiore ossia il canal nasale inferiore è limitata dall'osso palatino
all'ingiù ed all'alto dal turbinato inferiore, o conca inferiore. L'altra solcatura è il canal nasale
medio
f spazio che viene limitato dalla conca inferiore e lamedia. Posteriormente si vede una piccola parte delle
cellette dell'osso etmoide. Nella parte inferiore del
tumore
costituita dall'apofisi palatina del mascellare, e dal palatino nella vicinanza dell' unione di questedue
ossa vi èun
dente che dalla sua struttura sem- bra molare.Dei
dentinon
restano cheun
incisivo ed il canino, degli altri sono spariti perfino gli al- veoli.La
parete esterna è liscia e moltodilatata. Nel descrivereV
atto operativo ho detto che nelle forti trazioni eseguite per staccare l'osso si era fratturata una porzionedel parete anteriore dell'antro d'Igmoro, per cui riusciva facile di vedere la struttura della cavità mascellare. Essa eramorbosamente
dilatata inmodo
da superare tre volte la grandezza naturale:le sue pareti erano porose, ripiene di una sostanza sanguigna e gelatinosa, molli in maniera
da
lasciare l'impronta del dito.Di
tratto in tratto si sentivano delle sporgenze ovali. Posto Tosso in macerazione, ed indi essicato conservava la stessa struttura ad ecce- zione della sostanza gelatinosa che si sciolse nell'ac- qua.Le
sporgenzeossee essendo molto sottili sirom- pevano
facilmente sotto la pressione delle dita, tut- tavia si rimarcano ancora distintamentedue forme
diprominenze
una cellulare, omammellonare
, l'altra invece più acuta, chedopo
l'essicazione rassomigliaalla sostanza spugnosa delle ossa cilindriche.
Ora
resterebbe a stabilirsi diquale malattia delle ossa si trattasse.Poco
ci possono giovare le descri- zioni che ci vennero date dagli autori che parlarono25
sulle malattie dell'antro d'Igmoro, mentre l'estirpa- zione parziale, o lo snuclea
mento
dell'ossocome
sipraticavauna volta, venivano eseguite per alterazioni che erano descritte sotto il
nome
generico di osteo- sarcoma, di fungoodi
polipomaligno. Inoltre l'ope- razione era quasisempre
susseguita dall'applicazione del fuoco cosicchédifficile era lo stabilirela struttura delle parti. ]\el nostro caso il seno mascellare era vuoto, e quindi possiamo assolutamente escludere la esistenza di un polipo od altra produzione dellamu-
cosa: l'alterazione
adunque
esisteva nelle ossa.Ora
fra le malattie che si possono sviluppare nelle pareti dell'antro d'Igmoro a mia cognizione
non
vennemai
fatto cenno di una degenerazione maligna sia cancCr rosa, o fungosa, capace di dilatare queste pareti in
modo
da estendere considerevolmente la cavità.Se
infatti avviene una degenerazione, e specialmente fun- gosa delle ossa, siccome questa ha una tendenza ad
aumentare
rapidamente di volume, essa tende ad es- tendersi verso tutti i lati tanto all'interno, quanto all'esterno, e la cavità deve necessariamente impic-^
ciolire. Escludo la degenerazione cancerosa nella quale le ossa si rammolliscono, e rassomiglia a sostanza carnea,
onde
ilnome
di sarcoma delle ossa, perchè questa degenerazionenon
si osservanei giovaniprima
dei 3o anni, e perchè questa alterazione era bene differente nel nostro caso, in cui le ossa erano rare- fatte e rigonfie, ciò che dicesi osteoporosi, od im^26
propriamente spina ventosa.
Ora
la spina ventosa ,come abbiamo
detto superiormente, è ouna
osteite scrofolosa, oppure una deposizione tubercolare nelle ossa.Nel
pezzo patologico ora descritto non ho po- tuto ritrovare traccia di tubercoli, che qualunque sia la loro sede offronosempre
gli stessi caratteri ana- tomici. Invece ho veduto una sostanza gelatinosa in- terposta fra le ossa rammollite e spugnose, tessitura che si è conservata anchedopo
la macerazione, e che io sarei inclinato a risguardarecome
una carie d'in- dolescrofolosa. L'anamnesi ed il decorsodella malattia verrebbero a convalidare questa mia opinione. I sin- tomi coi quali essa si manifestò furono determinatida
una causa traumatica, ed erano nel loroprincipio soltanto infiammatorii , cosicché cedettero almetodo
antiflogistico.
Per
lungotempo
il paziente godettebuona
salute, ed indi si ripeterono gli stessi feno-meni, ma non
si ebbe risoluzione perfetta; restòun tumore accompagnato
spesso da dolori, finchéaumen-
tata la gonfiezza si
formò
in corrispondenza della fossa canina un'apertura dalla quale sorti molto icore fetentissimo unito a sangue.La
sortita di questa sanie continuòsempre
dell'istessa qualità, né saprei ripeterla da altra condizione patologica fuorché dalla cariedelle pareti interne dell'antrod'Igmoro.Aggiun-
gasi che mediante la specillazione si sentìun
tessuta spongioso, scabro, che facilmente silasciava traforare^tutti caratteri che sono proprii della carie»
27
La
espressione carie equivale per le ossa ad ulcerazione, e questapuò
essere d'indole differente.Come
nei tessuti molli 1] ulcerazionepuò
dipendere da una causa irritante , continua, permanente, quan-tunque
agisca in soggetti sani, cosipuò
avvenire an- che nelle ossa dietro p. es. la presenza di un corpo straniero. In questi casi l'ulcerazione è dipendente da una causa locale ed i sintomi prevalenti sono quelli delFinfiammazione; tolta questa causa si guarisce ra-pidamente
lamalattia.Ma
piùdi spesso l'ulcerazione è l'effetto diun
vizio costituzionale, ed in allora lainfiammazione
non
è che secondaria. Questi vizj sono molteplicicome
la sifìlide, scrofola, scorbuto, idrar- girosi, lungo, cancro, tubercolosi; fino a tanto chenon
si vincono queste discrasie la malattia continua nel suo decorso distruttore.Lo
stesso avviene nelle ossa, ed in essecome
nelle parti molli, le ulceri a seconda delle discrasie rivestonouna
forma partico- lare, che nelmassimo numero
dei casi serve a distin- guerle fra loro.Esaminato
diligentemente il pezzo patologico nelmomento
in cui fu estirpato,come
anchedopo
che fu sottoposto alla macerazione,non mi
fu possibile di ritrovare un' alterazione particolare nella sua struttura da considerarsicome
degenerazione maligna cancerosacioè, fungosa o tubercolare. Escludo l'idea di un'ulcera sifilitica per essere stato esente ilmalato da affezioni sifilitiche., per la
mancanza
della esacerbazione dei dolori nella notte , e perchè è in-*8
concepibile
come
unaforma
sifilitica di tanta impor- tanza resti isolata enon
sia accompagnata da altrifenomeni sienosecondari oterziarii disifilide. Io con- sidero la carie da cui era affetta tutta la parete in- ternadell'antro d'Igmoro d'indole scrofolosa; ne credo che questa
mia
opinione venga abbattuta dall'essersi sviluppata la malattia dietrouna
causa traumatica,mentre vediamo
tutto giorno le ferite cambiarsi in ulceri d'indole diversa a seconda dellediscrasie degli individui feriti.Il motivo che
mi
determinò a pubblicare questa storia si è la sua importanza in riguardo alla alte- razione dell'antro d'Igmoro, especialmente per Tatto operativo diverso in alcune sue parti da quello finora praticato, e che spero di avere utilmente modificato.Il
primo
che abbia eseguito l'estirpazione totale dell'osso mascellare superiorefuGensoul(i)
diLione nell'anno1827
,mentre
le operazioni intrapreseprima
diquest'epoca consistevano nel penetrare direttamente nell'antro
d'Igmoro
attraverso le parti degenerate, nel raschiare l'osso finché si arrivava ai tessuti sani, e nell'applicazione del fuoco onde distruggere i ri-masugli delladegenerazione sfuggiti altagliente. Cre-
do
prezzo dell'opera di riportare alcune di queste storie, interessanti pei processi operativi che veni-(1) Gensoul. Lettre chirurgicale sur quelques maladies graves du sinus maxillaire etc. Paris i833.
29 vano una volta usati, dal cui confronto risultano più manifesti i progressi della medicina operatoria
mo-
derna.
Nell'anno
1768
si presentò aJourdain(i)un am-
malato di fungo del seno mascellaredestro. ConsultatiA.
Petit,Morand
e IVIoreau essi furono contrarli ad ogni operazione per timore dell'emorragia,mentre
Louis ed altri chirurghi opinarono di tentarla qua- lora si portasseimmediatamente
il caustico attuale nel fondo della ferita. Il malato si decise per l'ope- razione rifiutando il fuoco dal cui usonon
avea sen- tito alcun vantaggio,quantunque
fosse stato adoperato per l'innanzicento e sedici volte. Jourdain operò nelmodo
seguente: posto l'ammalato soprauna
scranna, medianteun
istrumento a forma di spatola sgusciòil fungo dalla parete esterna del seno mascellare
,
indi lo trapassò con
un
filo incerato, le cui estre- mità venivanostirate all'infuori daun
assistente, nelmentre
cheV
operatore snocciolava iltumore
dalla parete superiore ed interna dell'antro d'Igmoro.La
emorragiaquantunque
copiosa pure fu arrestata coltamponare
lacavità confilaccia inzuppata inun'acquastitica. Il
tumore
estratto pesava un'oncia emezza,
aveva una forma piriforme , ed era in parte carnoso in partescirroso. Nelgiornoseguente sortirono sponla-(1) Gensoul.
Memoria
citata.3o
mente
le filaccia, e leossacomparvero
anudo. Jour- dain voleva applicare il fuoco che fu rifiutato dal paziente. Trascorso qualchetempo
insorsero delle fungosità chenon
cedendo ad alcune soluzionimer-
curiali, ed all'oliodi vetriolo, furono snocciolate dal chirurgo coli'istromento tagliente.
L'emorragia
fu arrestata con filaccia inzuppata nel?olio di vetriolo,ma
senza vantaggio che le fungosità ripullulavano, cosicchédopo
5 mesi di cura l'ammalato ritornò nel proprio paese, ove si crede siamorto
di emorragia.Da
questa descrizionesembrerebbe
trattarsi dipolipo maligno, che aveva corroso laparete anteriore ed in- feriore del seno mascellare, per cui iltumore
si fa- ceva sporgente al disopra degli alveoli dei denti. Ciònon
viene accennato da Jourdain,ma
questa doveva essere la disposizione delle parti,mentre
in caso oppostonon
sipuò comprendere come
egli sia pe- netrato nell'antro d'Igmoro.Desault (i) operava presso a poco nella istessa maniera,
ma
la sua estesa praticanon
gli offri cheun
caso solo ove ilsuo processo sia stato coronato da successo. Parlando dei funghi del seno mascellare egli descrive la storia seguente. Certo Guillard dibuona
costituzione, dietro l'introduzione diun
pezzo di legno nelle fosse nasali provò nell'anno1790
dei do-pag.
_
(1) Pesault. Oeuvres chirulgieales toni.11. Paris 1801.
iG5.
3i
lori acuti nel seno mascellare. Questi dolori continua- rono per qualche
tempo
nell'istessogrado,
per poi cessare interamente, indi a varie riprese si rinnova- rono e per sei mesi sparirono senza lasciare alcun segno esterno.A
quest'epoca il malato cadde bat- tendo con forza l'osso zigomatico controun
trave;i dolori si esacerbarono di
nuovo,
e quindici giornidopo
questo accidente 1'osso mascellareaumentò
divolume
specialmente all'esterno, e le lagrime cessa- rono di scorrere per le fosse nasali,ma
si versavano sulla guancia.Cinque
mesidopo
iltumore
cominciava a sollevare la parete inferiore dell'orbita,rendendo
l'occhio più sporgente, i dolori però diminuivano enon
siesacerbavano chedi tratto in tratto.Due
dentimolari erano caduti, la parete esterna del seno si era aperta e lasciava sortire una porzione del fungo.
Desault operò nel
modo
seguente: fatto sedere l'am- malato incominciò dal distaccare la guancia dall'osso mascellare incidendo lamucosa
interna della bocca nel sito ove essa si getta sull'alveolo dei denti.Me-
diante
un
perforatore acuto applicato nelmezzo
della parete esterna fece un'apertura al dinanzi di quella che si era spontaneamente formata.La
parete osseacompresa
fra questedue
aperture fu asportata conuno
scalpello ricurvo.Siccome
il foronon
era ancora sufficiente, così si cercò di allargarlo collo stesso is-trumento
verso l'arco alveolare,ma
essendo troppo54
incisione verticale dall'angolo
intemo
delPocchioEnd
al labbro superiore; a livello della base del naso sì pratica una seconda incisione trasversa che arriva alla distanza di 4 linee dallobulo dell'orecchio, finalmente
si conduce tinà terza incisione verticale paralella alla
prima
, che dalla distanza di sei lince dall'angolo esterno dell occhio si Uniscealla seconda. Si separano questi lembi dalle parti sottoposte iìlmodo
da sco- prire tutto Posso sottoposto.Mediante
lo 'scalpello ed il martelloGensoul
recide l'unione dell'ossoma^
sceliare collozigomatico facendo penetrare l'istrumento fino nellafessura sfeno-masceilare. Colloscalpello pe- netra nella parte interna dell'orbita dividendo l'osso unguis-, e Viapofisi nasale del mascellare*
Per
divi- dere l'unione delledue
apofisi palatine del mascellareVi introduce fra la sutura che le unisce
uno
scalpello per là bocca> e cerca di allontanareTosso dopo
di aver estratto ilprimo
dente incisivo. Finalmente per distruggere gli attacchiposteriori dell'osso mascellare coli'apofisi pterigoidea, e qualche aderenza coli'et-moide
>introdusseloscalpello nell'orbitaobbliqùamente£er recidere il nervo mascellar superiore ed evitare gli stiramenti* si serviva poi dello stesso strumento
come
di una leva per spostare l'osso allo innanzi edal basso verso la bocca.
Gensoul
esegui parecchie volteqUetà operazione, edUna
volta estirpòcompletamente
l'osso mascellare superiore, il palatino e l'osso zigomatico, operazione55
eguale a quella che lio praticata quest'anno nella cli- nica di Padova che forma l'oggetto della presenteMemoria.
Il suometodo
èdi certo migliore di quelli eseguiti anteriormente dagli altri chirurghi, tuttaviami sembra
che con alcune modificazioni si possa ren- derlo più sollecito emeno
doloroso.Il taglio cutaneo praticato da Gensoul è difettoso perchè inutilmente troppo esteso;
conducendo
inveceun
taglio solo dall' angolo della bocca a sei linee di distanza dall'angolo esterno dell'occhio,come
consi- gliaYelpeau
, si ottiene colla separazione dellembo
il perfetto
denudamento
dell'osso, e solo in casi molto eccezionalipuò
riescire insufficiente.Se
eia avvenisse, e che il chirurgo s'accorgesse dinon
po- ter con questo unico taglio soddisfare al suo scopo,
se
ne
conduceun
secondo nella direzione dell-angolo della mascella inferiore all'angolo interno dell'occhio, e cosi si avrebbe una incisione a crocecome
viene consigliata daSyme.
Denudato
1'osso il chirurgo stando rasente alla parete superiore del mascellare penetra nell'orbita, spostando coli'indice sinistro le parti molli, e cerca Jafessura sfeno-mascejlare.Con
lapunta diun
bisturi pontuto prepara la strada per 1*introduzione di una sonda scsnellata che conduce sotto l'arco zigomatico all'interno delle fìbre del massetere(che
sirecidono nel caso che impedissero il liberomaneggio
degli strumenti). Sulla guida di essa fa passareuno
spe-56
«ilio bottonuto crunato, al quale si e assicurata con
un
filo una sfiga a catena.Con
questo ultimo istru-mento
riesce facilissimodi segare l'ossoche in questosito è voluminoso, e che sarebbe malagevole il farlo tanto con una sega coltellare o ad arco, o collo scal- pello. Io credo diessere stato il
primo
ad introdurre codesta modificazione nel risegamento della mascella superiore, e spero che tale pratica verrà seguita an- che da altri chirurghi,mentre
facilita l'operazione ed evita le scosse e le scheggie.A
mia conoscenza sol- tanto Hejfelder (i) praticando 1' estirpazione totale della mascella superiore usòuna
sega a catena fab- bricata a Parigi da Lùer.La
circostanza che viene fatto cenno delnome
del fabbricatoremi
fa nascereil dubbio che tale istrumento sia diverso da quello
comunemente
adoperato.Del
resto ladescrizione del- l'operazione di Heyfelder,come
avverte lostesso esten- sore di quell'articolo è molto imperfetta, e nondà
una idea chiara del processo operativo.Separato l'osso dai suoi attacchi esterni, stando
sempre
ad esso rasente sipenetra nell'orbita profon-damente
nelle parti interne,onde
scoprireesattamente l'osso, e poisi passa al risegamento deH'aponsi nasale del mascellare superiore e dell'unguis. Attesa la sot- tigliezza delprimo
di questi ossisembrerebbe
facile(1) Jahresbericht iiber die Forschritte der gesammten
Mederà
in den Jahren iS^ù-^^yoiaGoerschen li.Jahrgangfrrfleft. lUeip^ig- ?84-5, pag. 54^.
37 l'operazione,
ma
invece essa offre molte difficoltà. Io credo che faciliti V operazione il segare la parte sa- liente del mascellare che è durissima dalle parti es- terne alle interne mediante la sega a cresta di gallo di Hey, o megliocolla lanceolata diSignoroni.Dimi-
nuito così lo spessore dell'osso si termina il risega-game
nto collecomuni
tanaglie da ossa.Le
cesoje di Listonnon mi
prestaronobuon
servigio in quest*ope- razione né sul cadavere, ne sul vivo,mentre non
sono taglienti cheper uno spaziotroppo stretto, indi si ritrovaun
rialzo molto grosso che servead accre- scere la loro forza ,ma
che agendo sulle ossa le schiaccia.Il terzo
tempo
dell'operazione si deve praticare da unlato dellasutura che si trova tra le dueapofisi palatine del mascellare, enon mai
sulla linea media- na,come
consiglia Gensoul, poiché altrimenti si cade sull'osso vomere. Il risegamento è facile colle cesoje ossivore a becco di pappagallo di Signoroni. S'intro- duce per l'apertura laterale praticata nel naso al di sotto della pinna una delle branche taglienti, l'altra siapplica inbocca, econmovimenti
graduati di pres- sione è facile di recideretutto lo spessore delle ossa,ma
solo anteriormente. Per la parte posteriore del palato osseo queste tanaglienon
sono servienti; per- chè le loro branche riescono troppo corte.Per com-
pire questotempo
dell'operazione si tagliano le parti molli dalle parti superiori, cioè dal velo pendulo fino38
al sito oye l'osso fu tagliato; e poscia collo scalpello e martello si
compie
il distacco.Col processo finora da
me
descritto si recidono tre punti di unione dell'osso mascellare colle parti vicine, ed esso quindinon
resta attaccalo che col quarto situato posteriormente ossia coll'apofisi pterir.goidea.
Se
la produzionemorbosa
ha rammollite le parti,come
succede nel fungo e nel cancro delle ossa è facile di compieref
operazione collo stirare al basso tutto l'osso chedopo
piccola resistenza si distacca;come
vidi nell'anno 1843
in un'operazione eseguita dal dott.Bertoja.Ma
se la degenerazionenon cambiò
la consistenza delle ossa, bisogna fare degli altrimaneggi. Si penetra col dito indice sinistro prò*fondamente
nell*orbita lungo la sua parete inferioreonde
difendere l'occhio, e dietro laguida del dito siintroduce
un
forte scalpello tagliente,ed
a colpi moderati di martello si recidono anche gli attacchi posteriori.Onde smuovere
l'ossoGensoul
usavauno
scalpello col quale penetrava obbliquamente nelle parti posteriori dell'orbita, ed indi sollevando il
ma»
nico faceva leva sull'osso.
Tale maneggio mi sembra
da rigettarsi perchè con esso si schiaccia il globodell'occhio. Io trovo più adattato allo scopo di pe- netrare per il foro laterale del naso nelle parti po^?
steriori del mascellare e dell'apofisi pterigoidea, e di fare in quel sito
un
punto di leva.Se
l'osso sismuove
lo si prende con forsa mediante unatanaglia3$
distraente e lo si porta al basso.
La
tanaglia distra- ente diSignoroni fuimmaginata per l'osso mascellare*inferiore, che essendo
un
ossopiatto e sottile sipuò
afferrare con forsa
quantunque
le branchedeìl'istru-mento
decorranoparalelle5ma
percomprendere
Tosso mascellare che è molto grosso la divaricazione riesce troppo grande, per cui V istrumento scivola e non soddisfa allo scopo.Per
questa operazione è più con- veniente l'usare una tanaglia con branche ricurve e solcate nella loro parete interna. Reso mobile l'ossosi passa alla recisione delle parti molli che si tro- vano nella parte esterna e posteriore. Questo
tempo
dell'operazione deve essere 1*ultimo , enon
si deve praticare chequando
Tosso comincia a farsi mobile,mentre
colla recisione dei muscoli pterigoidei viene tagliata anche l'arteria mascellare interna, chedà un
emorragia considerabile> e che bisogna prontamente legare, cosa chenon
è eseguibile che ad operazione compiuta.Queste Sono le modificazioni collequali
mi sem-
bra possa esser resa più facile un'operazionesempre
però spaventevole e dolorosa*Le
sottopongo al giu- dizio dei chirurghi, affinchè se sono realmente utilivengano sancite anche dall'altrui osservazione ed es- perienza.