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Titolo originale: Islamophobia, Thought Crime of the Totalitarian Future

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Titolo originale:

Islamophobia,

Thought Crime of the Totalitarian Future

Copyright 2011

David Horowitz Freedom Center PO BOX 55089

Sherman Oaks, CA 91499-1964 Elizabeth@horowitzfreedomcenter.org

www.frontpagemag.com ISBN: 1-886442-81-9

Distribuzione gratuita

Non vendibile

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Islamofobia:

Lo Psicoreato del Futuro Totalitario

In 1984, l’incubo futuristico di George Orwe- ell, i cittadini sono sorvegliati da una polizia segreta che si occupa di «psicoreati» contro lo stato totalitario. Questi psicoreati sono semplice- mente atteggiamenti ed idee che le autorità consi- derano politicamente scorrette.

Orwell scrisse 1984 all’apice della Guerra Fredda e la sua visione rispecchiava aspetti fin troppo reali della vita. Lo stato di polizia sovietico aveva steso i propri tentacoli su centinaia di mi- lioni di persone, schiavizzandole. Decine di mi- lioni di loro, le cui idee non si conformavano ai dettami dello stato totalitario, furono spedite ai campi di lavoro e ai plotoni di esecuzione per aver commesso psicoreati. Il loro crimine era di essere

«anti-sovietici» — di parlare contro il socialismo o i suoi leader, o di non scimmiottare le opinioni approvate dal regime.

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Durante la Guerra Fredda, l’America guidò una coalizione di democrazie nell’opposizione del Comunismo poiché i fondatori dell’America avevano fatto della libertà la pietra d’angolo della loro Repubblica. Il primo articolo della Dichiara- zione dei Diritti Americana fu concepito per garantire che la voce dei cittadini non subisse restrizioni da parte del potere statale.

La libertà contenuta nel Primo Emendamento garantisce ai cittadini il diritto di dissentire dall’ortodossia, di criticare i potenti, e di dire la verità — così come la concepiscono — senza dover temere ritorsioni. Questa libertà è, in asso- luto, l’indispensabile piedistallo di tutte le altre libertà di cui godono gli americani. Poiché in assenza del diritto a dissentire dalle opinioni di stato, ogni altra libertà diviene revocabile. Senza questo diritto, ogni dissenso dalle politiche e pratiche dello stato diverrebbe psicoreato.

«Islamofobia» è il nome assegnato ad uno psicoreato moderno. Lo scopo del suffisso nel termine «islamofobia» è di suggerire che qualsiasi paura associata all’Islam sia irrazionale — anche se quella paura nasce dal fatto che il suo profeta e gli imam odierni esortano i fedeli a uccidere gli infedeli, o dal fatto che gli attentati dell’11 Set-

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tembre furono perpetrati in risposta a quelle esor- tazioni. Peggio ancora, serve a suggerire che simili risposte a quegli attentati rispecchiano un fanatismo di cui bisognerebbe aver paura.

Quantunque, coloro che conoscono la storia adotteranno un punto di vista diverso.

Nell’autunno del 2005 le sommosse islamiche globali risultarono nella morte di oltre 100 perso- ne. Le sommosse furono scatenate dalla pubblica- zione in Danimarca di vignette raffiguranti il profeta islamico Maometto.1 In risposta a quegli scandali a sfondo religioso, un gruppo di scrittori di fama internazionale rilasciò un manifesto inti- tolato «Insieme Contro il Nuovo Totalitarismo.»2 Uno degli scrittori, Salman Rushdie, era stato egli stesso oggetto di simili attacchi dopo che il leader islamico Ayatollah Khomeini emise una fatwa che esortava tutti i musulmani a ucciderlo. Il suo crimine? Aver insultato il profeta Maometto in un romanzo. Rushdie fu costretto a nascondersi per molti anni e fu in grado di riacquistare la libertà solo dopo la morte dell’Ayatollah, nonostante

1 http://en.wikipedia.org/wiki/Timeline_of_the_Jyllands- Posten_Muhammad_cartoons_controversy

2 http://news.bbc.co.uk/go/pr/fr/-/2/hi/europe/4764730.stm http://www.islamofobia.info/2011/09/03/manifesto-dei-dodici/

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ogni anno la Repubblica Islamica dell’Iran rinnovi la sentenza di morte.

Il manifesto pubblicato da Rushdie e i suoi colleghi dice: «Dopo aver vinto il fascismo, il nazismo, lo stalinismo, il mondo ha di fronte una nuova minaccia globale di tipo totalitario:

l’islamismo. Noi, scrittori, giornalisti, intellettuali, chiamiamo alla resistenza al totalitarismo religio- so e alla promozione della libertà, delle uguali opportunità e della laicità per tutti. … Noi rifiu- tiamo di rinunciare allo spirito critico per timore di incoraggiare ‘l’islamofobia’, concetto infelice che confonde la critica dell’Islam come religione e la stigmatizzazione dei credenti. Noi difendiamo l’universalità della libertà d’espressione, perché lo spirito critico possa applicarsi su tutti i continenti, contro tutti gli abusi e tutti i dogmi.»3

L’Islam Politico

L’Islam viene spesso difeso come una reli- gione non diversa dal Cristianesimo, l’Induismo, il Giudaismo e la maggior parte delle altre confes-

3 Ibid.

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sioni. Ma questo trascura il fatto che, a differenza delle altre confessioni moderne, l’Islam è una religione politica. L’Islam non ha subito riforme dal tempo della sua istituzione nel VII° secolo, e i musulmani non concepiscono separazione tra religione e stato. Nei suoi testi canonici e negli insegnamenti, l’Islam considera tutte le altre religioni (e le non-religioni) dei «miscredenti», e istruisce i suoi fedeli a considerarsi in guerra con coloro che non si sottomettono al Dio Islamico. A differenza dei Cristiani e degli Ebrei, i leader islamici ambiscono a creare uno stato islamico globale, un «califfato», che imporrebbe ovunque la legge islamica alle persone, criminalizzando di conseguenza il pensiero eretico.

L’ambizione globale dell’Islam politico è di- chiarata apertamente. Il presidente della Repub- blica Islamica dell’Iran, Mahmoud Ahmadinejad, ha dichiarato: «Non abbiate dubbi… se Allah lo vorrà, l’Islam conquisterà che cosa? Conquisterà tutte le cime delle montagne del mondo.»4 Nel 1990 i 56 stati-membro dell’Organizzazione della Conferenza Islamica (OCI) si riunirono in Egitto

4 «Iran’s New President Glorifies Martyrdom,» Middle East Media Research Institute, 29 luglio 2005.

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ed adottarono la «Dichiarazione del Cairo dei Diritti Umani dell’Islam.» La Dichiarazione del Cairo stabilisce che, «Tutti gli esseri umani for- mano un’unica famiglia i cui membri sono uniti dalla sottomissione ad Allah.»5

Queste sono tutte affermazioni religiose, ma vengono rilasciate da autorità politiche. Inoltre, sono in totale accordo con la teologia tradizionale islamica. Nel suo libro del 1995, War and Peace in the Law of Islam, Majid Khadduri, docente di legge islamica di fama internazionale, scrisse, «Lo stato islamico, la cui funzione principale era di mettere in vigore la legge di Dio, si proponeva di instaurare l’Islam quale ideologia dominante e regnante nel mondo intero. … La jihad veniva quindi impiegata come strumento sia per l’universalizzazione della religione che per l’instaurazione di uno stato imperialistico mondia- le.»6

Dato che i precetti della fede islamica non possono essere messi in discussione, e siccome

5 Dichiarazione de Il Cairo sui Diritti Umani delle Nazioni Islamiche, 5 agosto 1990.

6 Majid Khadduri, War and Peace in the Law of Islam, Ed. Johns Hopkins University (1955), p. 51.

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l’Islam in quanto religione prescrive una condotta morale per ogni aspetto della vita individuale e sociale, la legge islamica — la shariah — è per sua stessa natura totalitaria. Una religione che non riconosce alcun principio di separazione dall’autorità governativa, le cui prescrizioni stabi- liscono cosa sia appropriato in ogni aspetto della vita privata, è la definizione stessa di un governo totalitario. Laddove l’Islam diviene la religione di stato, le violazioni della dottrina islamica e il pensiero eretico vengono inevitabilmente conside- rati crimini contro lo stato.

L’Organizzazione della Conferenza Islamica (ora chiamata L’Organizzazione della Coopera- zione Islamica) 7 è composta dalle 56 nazioni islamiche più l’Autorità Palestinese. Al momento, solo l’Arabia Saudita e l’Iran, assieme al Sudan settentrionale Islamico e gran parte della Somalia, sono governi in cui la legge islamica viene appli- cata pienamente. Gli altri stati islamici, come il Pakistan, l’Egitto e l’Indonesia sono attualmente governati da un commisto di legge occidentale e legge islamica. Anche in simili stati «moderati» a maggioranza islamica, quantunque, i Cristiani

7 Modificò il proprio nome nel luglio 2011.

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vengono perseguitati violentemente in quanto agli infedeli e ai non-musulmani in generale vengono negati i diritti basilari. Anche in questi stati l’apostasia non è tollerata. I musulmani che si convertono ad altre religioni vengono costante- mente minacciati, molestati, incarcerati e finanche messi a morte tramite leggi statali tuttora in vigo- re. In breve, anche negli stati islamici «moderati»

le pene sono severe per chi devia dall’ortodossia religiosa riconosciuta, e in ognuno di questi stati esistono movimenti islamici integralisti che spin- gono per una maggiore adesione alla legge isla- mica.

Non uno dei suoi membri — con l’unica e contestabile eccezione del Libano, il quale è unico a sé in quanto ha una cospicua popolazione Cri- stiana— può essere considerato una democrazia nel senso occidentale del termine.

Anche la Turchia secolare nega in molti modi l’uguaglianza dei diritti ai Cristiani. Non uno dei 56 stati islamici né l’Autorità Palestinese è tolle- rante verso i gay, le donne o altre minoranze, né li tratta egualmente.

Sin dal crollo dell’Unione Sovietica, gli stati islamici dell’OCI costituiscono il maggior fronte

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votante alle Nazioni Unite. Esercitando la propria influenza, l’OCI è riuscito a far condannare Israe- le più di 200 volte nelle risoluzioni formali dell’ONU, più volte di tutti gli altri stati-membro combinati. Ma lo stesso fronte votante islamico ha assicurato che i regimi terroristi in Iran, Gaza e la Cisgiordania non siano mai stati censurati, nean- che una sola volta.

Tramite l’OCI, gli stati islamici hanno anche lavorato per molti anni al fine di persuadere i

membri dell’ONU a criminalizzare

«l’islamofobia.»

L’Islamofobia e i Fratelli Musulmani

I Fratelli Musulmani sono un’organizzazione globale e la forza motrice dietro le quinte dell’Islam politico totalitario. È altresì la sorgente dell’Islam terroristico, in particolare dei gruppi terroristici islamici al-Qaida e Hamas.

La Fratellanza fu fondata in Egitto nel 1928 da Hasan al-Banna. Al-Banna era un ammiratore ed un sostenitore dichiarato di Adolf Hitler e negli anni ‘30 fece tradurre Mein Kampf in arabo. Il suo discepolo, Haj Amin al-Husseini, il patriarca del

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nazionalismo palestinese, passò la Seconda Guer- ra Mondiale a Berlino reclutando arabi per le legioni di Hitler.

Al-Banna aspirava alla creazione di un impe- ro islamico globale in cui istituire la shariah come legge globale: «È un obbligo incombente su ogni singolo musulmano di lottare al fine di rendere ogni persona musulmana e di islamizzare il mon- do intero, cosicché la bandiera dell’Islam possa sventolare sulla Terra e il richiamo del muezzin faccia risuonare ai quattro angoli del pianeta:

Allah è il più grande!»8

Il motto dei Fratelli Musulmani ispira i propri membri a perseguire questo piano: «Allah è il nostro obiettivo. Il Profeta è il nostro leader. Il Corano è la nostra legge. La Jihad è il nostro sentiero. Morire nel sentiero di Allah è la nostra aspirazione massima.»

Il movimento di Al-Banna crebbe rapidamen- te in Egitto, ma dopo che un membro dei Fratelli Musulmani il 28 dicembre 1948 assassinò il primo ministro egiziano l’organizzazione fu ban-

8 Brynjar Lia, The Society of the Muslim Brothers in Egypt, Ed. Ithaca Press (1998), p. 79.

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dita. Quantunque, sin dai giorni del Presidente Gamel Abdel Nasser (1956-1970), la Fratellanza è stata così popolare tra gli egiziani che il governo egiziano ha preferito guardare altrove mentre quest’organizzazione terrorizzava i Cristiani Copti ed altri, imponendo le scritture islamiche sull’intera popolazione.

Fu solo quando la Fratellanza mostrò segni di essere divenuta abbastanza potente da usurpare il potere governativo che il governo egiziano diede un giro di vite. Nel 1966 Sayyid Qutb, la guida teorica della Fratellanza, venne arrestato e messo a morte per aver incitato al rovesciamento del regime per sostituirlo con uno che implementasse appieno la legge islamica. Ma la popolarità della Fratellanza perdurò. Il successore di Nasser, Anwar Sadat, firmò un trattato di pace con Israele, provocando il suo assassinio da parte delle frange islamiche oltranziste. Poco prima del suo attenta- to, Sadat aveva scarcerato tutti i membri della Fratellanza che giacevano da anni nelle carceri egiziane, ed aveva anche promesso alla Fratellan- za che la legge islamica sarebbe stata pienamente implementata in Egitto.

Dopo l’11 Settembre, la Fratellanza ha avvia- to una campagna per risanare la propria immagine

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e presentarsi come un’organizzazione moderata.

La sua intenzione era di infiltrare la macchina politica — un obiettivo che infine raggiunse con la caduta del successore di Sadat, Mubarak — al fine di portare avanti il progetto di convertire l’Egitto in uno stato islamico. Immediatamente dopo la caduta di Mubarak, la Fratellanza divenne la forza politica dominante in Egitto, manifestan- do la propria influenza con la riapertura delle relazioni dell’Egitto con l’Iran per la prima volta in 34 anni. Quest’intesa coincise con la rottura del blocco di Gaza che era stato studiato per prevenire l’afflusso di armi al gruppo terroristico Hamas — esso stesso una creazione della Fratellanza.

Hamas, nel proprio statuto, si definisce una creazione della Fratellanza: «Il Movimento di Resistenza Islamico [Hamas] è una delle branche dei Fratelli Musulmani in Palestina. Il movimento dei Fratelli Musulmani è un’organizzazione mon- diale, uno dei più grandi movimenti islamici dell’era moderna.»9 I fondatori di Al-Qaida, Ab-

9 Statuto di Hamas (1988):

http://www.thejerusalemfund.org/www.thejerusalemfund.org/carryover/d ocuments/charter.html

[N.d.t.]: la ripetizione nel link sopra non è un errore! Per una traduzione italiana dello statuto:

http://www.islamofobia.info/2011/12/27/statuto-di-hamas/

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dullah Azzam e Osama bin Laden, e il leader massimo Ayman al-Zawahiri, erano tutti o mem- bri dei Fratelli Musulmani o addestrati da loro.10

La portata della Fratellanza si estende persino nell’Iran sciita. Navab Safavi, fondatore del grup- po islamico iraniano Fedayan-e Islam, che fu attivo in Iran negli anni ‘50, fu fortemente in- fluenzato dalla Fratellanza; Safavi stesso divenne infine uno stretto collaboratore dell’Ayatollah Khomeini. Ovviamente, Khomeini divenne fami- gerato per aver chiamato l’America con il nome del pilastro che i Musulmani lapidano durante il pellegrinaggio a La Mecca: il «Grande Satana» — ossia, il leader del mondo degli infedeli, anti- totalitarista e anti-Shariah.

I piani dei Fratelli Musulmani contro il Gran- de Satana sono spiegati dettagliatamente in un documento interno rinvenuto nel 2005 dall’FBI nei quartieri generali della Holy Land Foundation, nella Virginia del Nord. La Holy Land Foundation era la più grande organizzazione di «beneficenza»

islamica in America, ed era al contempo una

10 «Washington’s Schizophrenic Approach Toward the Muslim Brotherho- od,» IPT News, 28 settembre 2010.

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facciata per raccogliere fondi per l’organizzazione terroristica di Hamas (creata dalla Fratellanza). Il documento sequestrato venne presentato come prova al processo contro la HLF del 2007. La Fondazione fu accusata di sostenere illegalmente l’organizzazione terroristica Hamas. Il processo si concluse con la condanna dei leader della HLF.

Il documento sequestrato era intitolato,

«Memorandum Esplicativo sull’Obiettivo Strate- gico Generale per il Gruppo in Nord-America.»11 In esso, ai membri dei Fratelli Musulmani veniva detto: «L’obiettivo strategico generale del gruppo in America, così come approvato dal Concilio della Shura e dalla Conferenza Organizzativa dell’anno [1987] è l’Abilitazione dell’Islam in Nord-America, ossia: istituire un Movimento Islamico efficace e stabile, guidato dai Fratelli Musulmani, che abbracci le cause dei musulmani a livello domestico e globale, e che si adoperi per espandere la base dei musulmani osservanti, e

11 Mohamed Akram, «An Explanatory Memorandum on the General Strategic Goal for the Group in North America,» 22 maggio 1991, Go- vernment Exhibit 003-0085, U.S. vs. HLF, et al. P. 7 (21).

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supporti lo stato islamico ovunque esso sia.»12 E ancora, «[I Musulmani] devono comprendere che il loro operato in America è una specie di grande jihad finalizzata ad eliminare e distruggere la civilizzazione Occidentale dal suo interno e a

‘sabotare’ la sua miserabile dimora con le proprie mani e per mano dei credenti affinché venga eliminata e la religione di Allah sia resa vittoriosa su tutte le altre religioni.»

Per conseguire l’obiettivo di distruggere la civilizzazione Occidentale e istituire uno stato islamico globale, il memorandum della Fratellan- za invitava alla creazione di organizzazioni di facciata che si insinuassero nelle strutture istitu- zionali delle società ospitanti e di quella america- na in particolare. Tra i gruppi che il Memorandum identificava come appartenenti a questa rete di gruppi di facciata per la Fratellanza in America c’erano la Muslim American Society, la Muslim Students Association, l’Islamic Society of North America, l’Islamic Circle of North America, e l’Islamic Association for Palestine, il gruppo-

12 “A Project for an Explanatory Memorandum for the General Strategic Goal for the Group in North America Mentioned in the Long Term Plan.”

http://www.discoverthenetworks.org/viewSubCategory.asp?id=1235

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genitore del Council on American-Islamic Rela- tions (CAIR).13

Un altro gruppo di facciata identificato nel Memorandum — l’International Institute for Islamic Thought — inventò il termine «islamofo- bia.»14

Un Movimento Globale Contro L’Islamofobia Abdur-Rahman Muhammad è un ex-membro dell’International Institute for Islamic Thought.

Egli era presente quando il termine «islamofobia»

venne creato, ma oggi descrive il concetto di islamofobia in questi termini: «Questo termine spregiativo non è altro che un cliché parallizza- ragione concepito nelle viscere dei think tank islamici allo scopo di mettere al tappeto i loro

13 Ibid. L’analisi del documento è reperibile a questo link:

http://www.discoverthenetworks.org/viewSubCategory.asp?id=1235

14 Claire Berlinski, «Moderate Muslim Watch: How the Term ‘Islamopho- bia’ Got Shoved Down Your Throat,» Ricochet, November 24, 2010. «Il neologismo ‘islamofobia’ non è meramente emerso ex nihilo. Fu inventa- to deliberatamente da un’organizzazione di facciata dei Fratelli Musul- mani, l’International Institute for Islamic Thought, che ha sede nella Virginia del Nord.»

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critici.»15 In breve, sin dalle sue origini il termine

«islamofobia» fu concepito come un’arma per l’avanzamento della causa totalitaria tramite la stigmatizzazione dei critici e la loro messa a tacere.

Nonostante fu inventato nei primi anni ‘90,

«l’islamofobia» non divenne il punto focale di campagne attive della Fratellanza prima del post- 11 Settembre. Da allora è divenuta «una questione di priorità assoluta» per l’Organizzazione della Cooperazione Islamica secondo il suo Segretario Generale, Ekmeleddin Ihsanoglu.16 Nel 2010, la campagna aveva già conseguito un notevole successo. Nel novembre di quell’anno, l’Assemblea Generale dell’ONU votò per con- dannare ciò che definiva «vilificazione della religione.»17 Ogni stato a maggioranza islamica, senza eccezioni, sostenne la risoluzione.

Un rapporto di Reuters asserisce che il lin- guaggio della risoluzione venne ammorbidito

15 Claire Berlinski, op. cit.

16 Patrick Goodenough, “New Name, Same Old Focus for Islamic Bloc,”

CNSNews.com, 30 giugno 2011.

17 «UN resolution against Islamophobia, Judeophobia and Christianopho- bia,» Reuters, 24 novembre 2010.

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prima di essere ufficialmente presentato. Il termi- ne «diffamazione» fu mutato in «vilificazione» al fine di conquistare più sostegno presso le nazioni Occidentali. Ma i due termini sono sostanzialmen- te sinonimi, ed entrambi sono pericolosamente soggettivi. Ciò che a tutti gli effetti costituisce

«diffamazione» o «vilificazione» verrebbe presu- mibilmente lasciato stabilire a qualche organismo dell’ONU, in altre parole essenzialmente agli stati islamici.

La risoluzione costituisce un passo avanti in direzione della criminalizzazione delle critiche verso «questioni considerate sacre dai seguaci di qualsiasi religione o credo.»18 Definita in questi termini, se dovesse diventare legge sarebbe uno statuto anti-blasfemia. Simili statuti sono legge in vigore in molti stati islamici. D’altro canto, le leggi anti-blasfemia sono la vera ragione per cui i fondatori americani crearono il Primo Emenda- mento.

Essi stessi erano profughi dalle persecuzioni religiose e volevano assicurarsi che la nuova

18 Patrick Goodenough, «New Name, Same Old Focus for Islamic Bloc,»

CNSNews.com, 30 giugno 2011.

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repubblica che avevano creato non potesse santi- ficare una particolare confessione e utilizzarla per perseguitare i dissidenti. Questo è sostanzialmente il succo della democrazia americana.

Per indorare la sua pillola amara, la risoluzio- ne ONU contro la «vilificazione» condanna non solo «l’islamofobia» ma anche la «giudeofobia e la cristianofobia.» Ma questo è solo un contentino per la sensibilità Occidentale e il fastidioso con- cetto di libertà di parola, non qualcosa che i crea- tori islamici della risoluzione presero seriamente.

I massacri dei Cristiani in Egitto, Iraq, Pakistan e Indonesia, e gli attentati terroristici contro i fe- steggiamenti della Pasqua Ebraica in Israele, così come altre azioni di odio dei Musulmani contro altre religioni, non spinsero mai l’OCI a chiedere un intervento dell’ONU. Quando il Piss Christ19 di Andres Serrano divenne una cause celebre, o quando migliaia di vignette antisemitiche appar- vero nei media governativi arabi (inclusi I Proto- colli Dei Savi Anziani di Sion, che furono mostrati sulla Tv egiziana in una mini-serie in undici

19 [N.d..t.:] Nel 1987 l’artista e fotografo Andres Serrano presentò a un concorso statunitense d’arte contemporanea la foto di un crocifisso immerso in un bicchiere della propria urina. La foto fu premiata come opera d’arte e ne conseguì un notevole scandalo negli USA.

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episodi), non vi fu alcuna dichiarazione da parte dell’OCI né un’indignazione o una condanna formale da parte dell’ONU.

L’Islamofobia Definita

Così come i Fratelli Musulmani hanno affini- tà con i totalitaristi nazisti, allo stesso modo as- sorbirono ed abbracciarono le condanne marxiste all’Occidente capitalista. I loro istruttori furono dapprima i loro alleati comunisti e in seguito i progressisti per la «giustizia sociale» del post- comunismo.20 I verdetti della jihad islamica incor- porano regolarmente le analisi della sinistra ame- ricana. Tra i libri raccomandati nelle fatwa di Osama Bin Laden vi sono i testi cospirativi di Mearsheimer e Walt su come la lobby ebraica controlli le politiche di Washington in Medio Oriente, e il libro di Noam Chomsky Egemonia o

20 David Horowitz, Unholy Alliance: Radical Islam and the American Left, 2004. Andrew McCarthy, The Grand Jihad: How Islam and the Left Sabotage America, 2010.

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sopravvivenza. I rischi del dominio globale ame- ricano.21

Indubbiamente il movimento anti-islamofobia è stato costruito sulle fondamenta gettate dai progressisti e, di conseguenza, è già in fase molto avanzata in Occidente. Nel 1996 il Runnymede Trust, un gruppo di sinistra in Inghilterra, istituì una «Commissione sui Musulmani Britannici e l’Islamofobia.» La sua elaborata definizione di islamofobia è divenuta da allora un modello di riferimento per gruppi di facciata dei Fratelli Musulmani quali il CAIR e la Muslim Students Association nella loro corsa per imporre restrizio- ni anti-islamofobiche su chiunque, e per soppri- mere i critici della jihad islamica. Secondo la definizione del Runnymede Trust, l’islamofobia include una qualsiasi di queste otto componenti:

1. L’Islam visto come un unico blocco monolitico, statico e insen- sibile alle nuove realtà.

2. L’Islam visto come separato e altro — (a) non avente alcuno sco-

21 Il libro era Egemonia o sopravvivenza. I rischi del dominio globale americano, 2003. Chomsky è anche un simpatizzante di Hezbollah.

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po o valore in comune con altre culture (b) non influenzato da esse (c) non esercitante influenza su di esse.

3. L’Islam visto come inferiore all’Occidente — barbarico, irrazio- nale, primitivo, sessista.

4. L’Islam visto come violento, aggressivo, intimidatorio, sosteni- tore del terrorismo, impegnato in uno ‘scontro di civiltà.’

5. L’Islam visto come un’ideologia politica, impiegato

per l’avanzamento politico o mili- tare.

6. Il rifiuto incondizionato ad ac- cettare le critiche ‘all’Occidente’

fatte dall’Islam.

7. Ostilità verso l’Islam usata per giustificare prassi discriminatorie verso i Musulmani e l’esclusione dei Musulmani dalla società main- stream.

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8. L’accettazione di ostilità anti- Islamica come una cosa naturale e

‘normale.’22

Noterete fin da subito quanto siano contrad- dittorie queste direttive. La prima ingiunzione runnymediana vuole abolire qualsiasi riferimento all’Islam come «un unico blocco monolitico.» Ma poi, con quest’unica eccezione, tutte le altre diret- tive runnymediane presentano l’Islam come un unico blocco monolitico: «L’Islam visto come separato; … l’Islam visto come inferiore, … sessista; L’Islam visto come violento,» e «Il rifiuto incondizionato ad accettare le critiche

‘all’Occidente’ fatte dall’Islam.» Queste afferma- zioni presuppongono che l’Islam sia un’entità unitaria e possa, per esempio, formulare giudizi all’unisono sull’Occidente che vengano rifiutati incondizionatamente. Queste definizioni di isla- mofobia sono concepite come se non esistessero musulmani separatisti di cui doversi preoccupare, né musulmani violenti da temere, né dottrine associate «all’Islam» che siano retrograde e sessi-

22 Islamophobia, A Challenge for Us All, The Runnymede Trust, n.d.

http://www.runnymedetrust.org/projects/commissionOnBritishMuslims.h tml

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ste, né alcuna critica islamica dell’Occidente che vada rifiutata incondizionatamente.

C’è un motivo per cui la dichiarazione di Runnymede e i suoi imitatori assumono una visione monolitica dell’Islam. Serve i loro obietti- vi primari, ossia accorpare la critica di alcune dottrine islamiche e l’opposizione del terrorismo islamico agli attacchi contro i Musulmani in quanto tali. Come sostengono i firmatari del manifesto di Rushdie: «‘l’islamofobia’, [è un]

concetto infelice che confonde la critica dell’Islam come religione e la stigmatizzazione dei credenti.» Quindi i critici della relegazione islamica delle donne a cittadini di second’ordine vengono etichettati anti-Islamici anche se stanno difendendo i musulmani, e gli oppositori del terrorismo islamico vengono definiti islamofobi.

Ciascuno dei criteri di Runnymede è talmente vago da poter essere facilmente applicato a qual- siasi critica dell’Islam. L’Islam è sessista — ossia, le donne hanno diritti inferiori nelle società e culture islamiche? È innegabile che sia così. Ma secondo la visione di Runnymede asserire questo è islamofobico. L’Islam è impegnato in uno scon- tro di civiltà? I leader delle organizzazioni jihadi- ste islamiche come i Fratelli Musulmani, Hamas e

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Hezbollah, e i leader dei paesi islamici come il Sudan e l’Iran proclamano di essere impegnati in una guerra per la civiltà contro l’Occidente. Ma riconoscere questi fatti è islamofobia. L’Islam è un’ideologia politica? È l’ideologia di organizza- zioni politiche come i Fratelli Musulmani, i Tale- bani e di stati come l’Arabia Saudita e l’Iran. Gli apologeti dell’Islam di tutto il mondo criticano l’idea di separazione tra religione e stato, e para- gonano apposta l’Islam al Cristianesimo proprio perché l’Islam ha una dottrina politica mentre il Cristianesimo non c’è l’ha. Però, rendersi conto di questo è anti-Islamico.

Non vi è alcun mistero su come i principi del Runnymede verranno interpretati. Sono già stati usati per condannare ogni critico della repressione islamica delle donne, del sostegno islamico per i kamikaze e altri atti terroristici, e dell’intolleranza islamica. Simili critici sono degli islamofobi.

Criminalizzare Vignette e Filmati

La campagna OCI contro l’islamofobia iniziò seriamente durante il suo meeting annuale del marzo 2008 in Senegal. In questo meeting, l’OCI dichiarò la propria intenzione a forgiare uno

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«strumento legale» per combattere la minaccia verso l’Islam «da parte di vignettisti politici e fanatici.»23 Il riferimento era alle vignette danesi di Maometto che apparirono nel 2005, scatenando proteste internazionali da parte dei musulmani di tutto il mondo, incluse sommosse, incendi di ambasciate e anche l’uccisione di non-musulmani, inclusa una suora cattolica. «I Musulmani sono oggetto di una campagna di diffamazione, deni- grazione, stereotipizzazione, intolleranza e di- scriminazione,» strillò Ekmeleddin Ihsanoglu offrendo ai presenti «un voluminoso rapporto dell’OCI che raccoglie discorsi e azioni anti- islamiche da tutto il mondo. Il rapporto ne con- clude che l’Islam è sotto attacco e che va imbasti- ta una difesa.»24 Gli attacchi da parte dei Musul- mani verso i non-musulmani e le 100 e più vittime causate dalle proteste furono ignorati e non con- dannati.

Ihsanoglu ha addirittura paragonato l’apparizione delle vignette danesi alle atrocità dell’11 Settembre, ammonendo che «il mondo Islamico ha recepito le vignette satiriche come

23 Rukmini Callimachi, «Defame Islam, Get Sued?,» Associated Press, 14 marzo 2008.

24 Ibid.

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una versione diversa degli attentati dell’11 Set- tembre, contro di loro.» Ha poi spronato l’Unione Europea ad adottare nuove leggi contro

«l’islamofobia.»25

Alla conferenza senegalese, Ihsanoglu dichia- rò: «L’islamofobia non può essere affrontata esclusivamente attraverso attività culturali ma [anche] con un impegno politico robusto.»

L’impegno politico significava una campagna per limitare la libertà di parola. Abdoulaye Wade, presidente del Senegal e segretario dell’OCI, spiega: «Non credo che la libertà di espressione debba significare libertà di blasfemia. Non può esservi alcuna libertà senza limiti.»26 In un briefing del luglio 2008 a Capitol Hill, la rappresentante dell’Ambasciata Pakistana, Asma Fatima, difese le manifestazioni anti-vignette come necessarie e invocò per delle limitazioni ai discorsi che insul- tano l’Islam: «L’ideale della libertà di parola è prezioso per voi, ma non è neutrale nei valori.

Non dovete ferire i sentimenti delle persone e

25 «Offensive Cartoons Like 9/11 of Islamic World,» The Journal of Turkish Weekly, 14 febbraio 2006.

26 Ibid.

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spingerle al punto di dover reagire in maniere strane.»27

La nuova campagna anti-islamofobia dell’OCI si concentrò anche su Fitna, un cortome- traggio realizzato dal politico olandese Geert Wilders. L’offesa arrecata dal film consisteva nel citare dei versetti del Corano che esortano i Mu- sulmani alla violenza e nel mostrare immagini della violenza contemporanea direttamente ispira- ta da quei versetti. L’OCI ha condannato Fitna nei

«termini più duri,» sostenendo che il film di Wilders era «un atto deliberato di discriminazione contro i Musulmani,» e che era inteso soltanto a

«provocare scontento e intolleranza.»28 Non vi era alcun accenno al fatto che le citazioni coraniche fossero inaccurate o che gli episodi mostrati non avessero mai avuto luogo. Le minacce fisiche contro Wilders da parte dei Musulmani indussero il governo olandese a procurargli protezione fisica 24 ore su 24. Le stesse minacce costrinsero Wil- ders a vivere nascondendosi, lontano dalla propria famiglia.

27 «Religious Speech Debated,» Washington Times, 17 luglio 2008.

28 «Muslims condemn Dutch lawmaker’s film,» CNN, 28 marzo 2008.

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È già abbastanza strardinario che un membro del Parlamento Olandese e leader del terzo mag- giore partito nazionale debba vivere nasconden- dosi, ma l’accusa era ancora più vergognosa.

Sosteneva che Wilders avesse «intenzionalmente offeso un gruppo di persone, ossia i Musulmani, basandosi sulla loro religione;» che avesse «inci- tato all’odio della gente, ossia dei Musulmani, per via della loro religione;» e che avesse «incitato la discriminazione … contro la gente, ossia i Mu- sulmani, in base alla loro religione.» Ha anche sostenuto che egli abbia incitato la gente ad odiare i Musulmani per via della loro razza.29 Tutto que- sto basandosi su dichiarazioni di Wilders sull’Islam che sono completamente genuine ed accurate; l’Olanda rasentò la criminalizzazione del pronunciare verità scomode.

Ma anziché difendere il diritto di Wilders alle proprie opinioni, molti esponenti occidentali si affannarono a sostenere le condanne dell’OCI.

Ihsanoglu sottolineò che la campagna contro la libertà di parola aveva fatto «notevoli progressi a tutti i livelli, principalmente alla Commissione

29 «Geert Wilders receives summons: a sledgehammer blow to the freedom of speech,» Jihad Watch, 4 dicembre 2009.

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ONU per i Diritti Umani di Ginevra e all’Assemblea Generale ONU. L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottò una simile risoluzione contro la diffamazione dell’Islam.» Ed aggiunse, «Nell’affrontare le vignette danesi e il film olandese ‘Fitna’, abbiamo mandato un chiaro messaggio all’Occidente circa i confini che non vanno oltrepassati. Mentre stiamo parlando, l’Occidente ufficiale e la sua opinione pubblica sono già ben consapevoli della sensibilità di queste questioni. Hanno anche iniziato a rivolger- si seriamente alla questione della libertà di espres- sione dalla prospettiva della sua inerente respon- sabilità, che non dovrebbe essere trascurata.»30

Doudou Diène, consigliere generale delle Na- zioni Unite sulle forme contemporanee di «razzi- smo, discriminazione razziale, xenofobia e intol- leranze correlate,» si spinse oltre suggerendo che anche solo citare il Corano accuratamente ma in maniera critica costituisce un atto di fanatismo:

Ci si può accorgere che molte di- chiarazioni islamofobiche sono sta-

30 Ekmeleddin Ihsanoglu, «Speech of Secretary General at the thirty-fifth session of the Council of Foreign Ministers of the Organisation of the Islamic Conference,» 18 giugno 2008.

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te falsamente rivendicate essere scientifiche o accademiche, al fine di conferire spessore intellettuale ad argomentazioni che collegano l’Islam alla violenza e al terrori- smo. Inoltre, la manipolazione e la citazione selettiva dei testi sacri, in particolare del Corano, quale mez- zo per argomentare ingannevol- mente che questi testi rivelino la natura violenta dell’Islam è divenu- ta prassi comune.31

Forse l’aspetto più preoccupante della cam- pagna internazionale contro la libertà di parola è stata la prontezza con cui i politici occidentali di taglio sinistroide, inclusi leader di governi, hanno sostenuto l’assalto islamico e l’imposizione di restrizioni sulla propria gente. Questo si rivelò particolarmente madornale in Olanda, teatro di sconcertanti atti di violenza correlati all’Islam.

31 Doudou Diène, «Racism, Racial Discrimination, Xenophobia and

Related Forms of Intolerance: Follow-Up To and Implementation of the Durban Declaration and Programme of Action,» Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, 21 agosto 2007.

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Il politico gay Pim Fortuyn fu assassinato nel 2002 da un olandese di sinistra, Volkert van der Graaf, il quale spiegò di averlo fatto per conto dei musulmani del paese, per porre fine al loro impie- go come «capri espiatori» da parte di Fortuyn. Nel 2004 un jihadista islamico, Mohammed Bouyeri, assassinò il produttore cinematografico Theo van Gogh — anch’egli gay — in pieno giorno sulle strade di Amsterdam poiché van Gogh aveva insultato l’Islam con il suo film, Submission, in cui criticava il trattamento islamico delle donne.

Il processo a Geert Wilders si concluse nel giugno 2011 con la sua assoluzione, occasione in cui dichiarò: «Sono fortemente convinto che l’Islam sia una minaccia per i valori Occidentali, per la libertà di parola, per l’uguaglianza degli uomini e delle donne, degli eterosessuali e degli omosessuali, dei credenti e dei miscredenti.»

Queste dichiarazioni sono basate sul comporta- mento dell’OCI e sul fatto che nessuna autorità islamica abbia difeso Wilders, sulle chiare ed elaborate restrizioni per le donne e gli omosessua- li negli insegnamenti e nella legge dell’Islam, e sulle persecuzioni dei non-credenti — special- mente dei Cristiani — in paesi islamici come l’Egitto, il Pakistan e l’Indonesia, le quali passano inosservate e incontestate nei pronunciamenti dei

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56 stati islamici (e l’Autorità Palestinese) inclusi nell’Organizzazione della Cooperazione Islamica.

Ciononostante, la dichiarazione post- processuale di Wilders è esattamente il tipo di dichiarazione che provocò la sua condanna. An- che nell’assolverlo, il tribunale olandese ribadì le premesse false e pericolose che soggiacevano al processo, tra cui l’idea che uno possa e debba subire un processo per aver detto ciò che altri ritengono offensivo. Il giudice di Amsterdam, Marcel van Oosten spiegò: «La Corte ritiene che le sue dichiarazioni siano accettabili nel contesto del pubblico dibattito. La Corte ritiene che per quanto volgari e denigratorie, non diedero adito ad odio.»32

In altre parole, il giudice preposto non avreb- be esitato a multare o incarcerare Wilders se avesse stabilito che le sue parole avessero dato adito ad «odio.» Quindi la falsa e pericolosa premessa dell’accusa contro Wilders è ancora in vigore nella legge olandese. Una volta assolto, Wilders dichiarò: «Oggi è una vittoria per la libertà di parola. Agli olandesi è ancora concesso

32 «Victory for free speech — Dutch MP,» AAP, 23 giugno 2011.

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di parlare criticamente dell’Islam, e la resistenza contro l’islamizzazione non è un reato.»33 Almeno per ora.

La Caccia Alle Streghe dell’Islamofobia

In molti paesi europei i governi silenziano già, preventivamente, i critici dell’Islam in nome della lotta all’odio razziale. Nel giugno 2002, molto prima che l’OCI avesse avviato appieno la sua campagna contro l’islamofobia, i Musulmani in Svizzera presero di mira la giornalista italiana Oriana Fallaci per il suo libro post-11 Settembre, La rabbia e l’orgoglio. Nel suo libro sosteneva che l’Europa viene colonizzata dai musulmani che si rifiutano di assimilarsi alle società ospite, rima- nendo ostili verso la loro cultura e i loro valori.

Citando le leggi svizzere contro il razzismo, il Centro Islamico di Ginevra richiese la censura del libro della Fallaci. Hani Ramadan, nipote di Ha- san al-Banna, fondatore dei Fratelli Musulmani, dichiarò che «la Fallaci sta insultando la comunità

33 Pamela Geller, «Geert Wilders Verdict: Not Guilty All Counts! Eureka!

‘Today is a victory for freedom of speech,’» AtlasShrugs.com, 23 giugno 2011.

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islamica nella sua interezza con le sue vergognose parole.» Il Centro Islamico si rivolse alle autorità svizzere non solo per far censurare il libro ma anche per condannare quanti lo stavano distri- buendo. Le autorità svizzere si adoperarono per l’estradizione della Fallaci al fine di poterla pro- cessare, ma fallirono nel loro intento.34 Poi, nel maggio 2005, lo stesso governo italiano condannò la Fallaci per aver scritto un libro che «diffama l’Islam.»35

La campagna per mettere a tacere la Fallaci si propagò fino in Francia, dove un gruppo che si definisce il Movimento Contro il Razzismo e Per L’Amicizia Tra i Popoli (MRAP) sporse denuncia per razzismo, argomentando che «La libertà di espressione è e resterà un diritto fondamentale … ma quando i grandi scrittori ricorrono all’oltraggiosa stigmatizzazione dell’Islam, i limiti di quanto è tollerabile sono stati infranti.»36 Alla fine la Fallaci riuscì ad eludere i processi solo perché fuggì dall’Europa rifugiandosi in

34 «Swiss Muslims File Suit Over ‘Racist’ Fallaci Book,» IslamOnline, 20 giugno 2002.

35 «Oriana in Exile,» American Spectator, 18 luglio 2005.

36 «Swiss Muslims File Suit Over ‘Racist’ Fallaci Book,» IslamOnline, 20 giugno 2002.

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America, dove la Dichiarazione dei Diritti prevale ancora. Poco prima di morire per cancro, nel 2006, predisse che quando sarebbe stata processa- ta sarebbe stata dichiarata colpevole.37

I guardiani della parola «tollerabile» ebbero più fortuna contro la sirenetta cinematografica degli anni sessanta, Brigitte Bardot, che venne condannata cinque volte nella sua Francia natale per «istigazione all’odio razziale» — in ogni singolo processo, per dichiarazioni considerate denigratorie per i musulmani. Nel giugno 2008, un tribunale multò la Bardot — che aveva 73 anni

— 15.000 euro come punizione per aver scritto che la comunità islamica in Francia stava «di- struggendo il nostro paese ed imponendo le pro- prie azioni.»38 La corte apparentemente non ha considerato la possibilità che imporre la legge islamica fosse esattamente ciò che avevano in mente molti musulmani in Francia. Nonostante non si siano adoperati per istituire tribunali di Sharia indipendenti, come hanno fatto i loro correligionari nel Regno Unito, hanno imposto molte disposizioni della Sharia nelle banlieus, le

37 «Prophet of Decline,» Wall Street Journal, 23 giugno 2005.

38 «Bardot Fined Over Racial Hatred,» BBC News, 3 giugno 2008.

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zone a maggioranza islamica che circondano molte principali città francesi.

Questi processi si susseguirono. Wilders sot- tolineò che poco dopo la sua assoluzione «il giornalista danese Lars Hedegaard, l’attivista austriaca per i diritti umani Elisabeth Sabaditsch- Wolff ed altri … sono stati recentemente condan- nati per aver criticato l’Islam.» 39 Nell’ottobre 2009, il giornalista Jonathan Turley fece notare che l’Irlanda ha passato una legge sulla blasfemia e che «in Olanda la magistratura ha arrestato il vignettista Gregorius Nekschot per aver insultato Cristiani e Musulmani tramite vignette, inclusa una caricatura raffigurante un integralista Cristia- no e un integralista islamico come due zombi che vogliono sposarsi e partecipare alle manifestazio- ni gay.» Ovviamente non erano gli integralisti cristiani quelli che si lamentavano. Turley aggiun- se che «i casi di ‘blasfemia’ includevano processi a scrittori che avevano chiamato Maometto un

‘pedofilo’ per via del suo matrimonio con Aisha che aveva 6 anni (e che fu consumato quando ne ebbe 9). Un legislatore di estrema destra in Au-

39 Geert Wilders, «In Defense of ‘Hurtful’ Speech,» Wall Street Journal, 24 giugno 2011.

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stria, un editore in India, e un membro del consi- glio comunale in Finlandia sono stati processati per aver riportato la sua opinione degli eventi storici.»40

Simili processi sono già iniziati in Nord- America. Il 14 febbraio 2006, una rivista canade- se, la Western Standard, fu una delle poche riviste nel mondo Occidentale che riprodusse le vignette danesi di Maometto. L’Islamic Supreme Council of Canada e l’Edmonton Muslim Council prote- starono che l’editore dello Standard, Ezra Levant, era «islamofobo,» facendo così esplodere un’indagine su Levant da parte dell’Alberta Hu- man Rights and Citizenship Commission. In America, la Yale University Press pubblicò un testo accademico sulle vignette di Maometto, ma si rifiutò di riprodurre le vignette nel libro.

Durante il suo interrogatorio, condotto da un investigatore della commissione, Ezra Levant arringò con una dura difesa della libertà di parola.

Molte voci si levarono in protesta contro il pro- cesso, incluse alcune voci della sinistra, come

40 Jonathan Turley, «Yes to Free Speech, No to Blasphemy Laws,» USA Today, 19 ottobre 2009.

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Megan McArdle, senior editor del The Atlantic.41 Trovandosi di fronte a un cordone di sostegno per Levant, l’Islamic Supreme Council ritirò le pro- prie rimostranze.42 Ma un caso di spicco ancor maggiore fu mosso contro la rivista Maclean’s, in Canada, per aver pubblicato un estratto del libro America Alone, del popolare rubricologo Mark Steyn.

Accusando che gli scritti «palesemente isla- mofobi» di Steyn sottopongono i musulmani canadesi a «odio e rancore,» il Canadian Islamic Congress (C.I.C.) inoltrò reclami contro Macle- an’s a tre diverse Commissioni per i Diritti Uma- ni.43 Una delle rimostranze mosse dal Canadian Islamic Congress riguardava il commento di Steyn secondo cui in Europa «il numero dei mu- sulmani si sta diffondendo come zanzare.»44 Jim Henley, scrittore del New Republic, etichettò

41 Megan McArdle, «Restoring my libertarian street cred,» The Atlantic, 16 gennaio 2008.

42 Syed Soharwardy, «Why I’m withdrawing my human rights complaint against Ezra Levant,» Toronto Globe and Mail, 15 febbraio 2008.

43 «Neocon Book Offends Canada Muslims,» IslamOnline, 1 gennaio 2008.

44 «Clueless Would-be Censors Attack Mark Steyn Again,» Western

Standard blog, Mark Steyn, «The future belongs to Islam,» Macleans, 20 ottobre 2006.

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Steyn un «razzista» per via di questa frase.45 C’è un piccolo problema con questi attacchi: la frase sulle zanzare è una citazione del Mullah Krekar, un jihadista islamico che continua a risiedere in Norvegia nonostante i prolungati tentativi di deportarlo.

Inoltre, la predizione di Krekar circa la con- quista demografica dell’Europa da parte dell’Islam non è una novità. Già nel 1974 il leader algerino Houari Boumédienne dichiarò alle Na- zioni Unite che «Un giorno, milioni di uomini lasceranno l’Emisfero Meridionale per andare nell’Emisfero Settentrionale. E non vi andranno in veste di amici. Poiché vi andranno per conquistar- lo. E lo conquisteranno tramite i loro figli. I grembi delle nostre donne ci daranno la vittoria.»46

Infatti, questa è un’aspirazione comunemente espressa dai suprematisti islamici. Non fu Steyn a dire che «l’Islam ritornerà in Europa conquistato- re e vittorioso,» o che «La conquista di questo tempo non sarà attraverso la spada ma con la

45 Jim Henley, «Sympathy for the Devil,» Unqualified Offerings, 8 dicembre 2007:

http://www.highclearing.com/index.php/archives/2007/12/08/7517

46 Lorenzo Vidino, «Forceful Reason,» National Review, 4 maggio 2004

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predica e l’ideologia.» Questi sono sentimenti espressi su Al-Jazeera dallo Sheykh Yusuf al- Qaradawi, ampiamente considerato in Occidente un riformista «moderato» , nonché amico intimo dell’ex-sindaco di Londra Ken Livingstone. 47 Qaradawi è anche noto per aver detto che l’Olocausto era la punizione di Dio per gli Ebrei e che «se Allah vuole, la prossima volta avverrà per mano dei credenti.»48 Né fu Steyn a dire che i Musulmani «domineranno la terra del Vaticano;

noi controlleremo Roma e vi introdurremo l’Islam.» Queste sono le parole dello Sheykh saudita Muhammad bin Abd Al-Rahman Al-Arifi, imam della moschea dell’Accademia della Difesa Re Fahd.49

Alla fine, il reato di Steyn era identico a quel- lo di Wilders — citare le affermazioni dei musul- mani stessi, svelando un programma che molti occidentali considererebbero preoccupante.

47 «Leading Sunni Sheikh Yousef Al-Qaradhawi and Other Sheikhs Herald the Coming Conquest of Rome,» Middle East Media Research Institute Special Dispatch Series No. 447, 6 dicembre 2002.

48 Oren Kessler, «Analysis: Yusuf al-Qaradawi — a ‘man for all seasons,’»

Jerusalem Post, 20 febbraio 2011.

49 Steven Stalinsky, «The Next Pope and Islamic Prophecy,» FrontPage- Magazine.com, 14 aprile 2005.

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Le azioni del Canadian Islamic Congress illu- strano fin dove sono disposti a spingersi i gruppi difensori dell’Islam, con sede in Occidente, per portare acqua al mulino dell’OCI nella sua cam- pagna per mettere a tacere il dibattito pubblico sugli obiettivi che i jihadisti si propongono nella loro guerra santa contro l’Occidente. Il Canadian Islamic Congress non inoltra reclami contro i jihadisti che, di fatto, promuovono la conquista islamica dell’Europa; si limita a dare la caccia agli occidentali che criticano questo progetto. In altre parole, è «islamofobia» rivelare la spiacevole realtà della guerra contro l’Occidente ispirata all’Islam.

Islamofobia e Sicurezza Nazionale

La stigmatizzazione dei critici dell’Islam co- me «islamofobi» non minaccia soltanto la libertà di parola; causa anche enormi falle nella nostra difesa nazionale contro gli attentati terroristici.

Nell’aprile 2009, Barack Obama ha nominato Arif Alikhan, il vicesindaco di Los Angeles, come Segretario Assistente per lo Sviluppo delle Politi- che al Dipartimento della Sicurezza Interna. Men- tre lavorava come vicesindaco di Los Angeles,

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Alikhan (che in un occasione definì il gruppo terroristico jihadista Hezbollah un «movimento di liberazione») bloccò un progetto del Dipartimento di Polizia di Los Angeles finalizzato a raccogliere dati sulla ripartizione etnica delle moschee nell’area di Los Angeles. Non era un tentativo di condurre sorveglianza sulle moschee o monitorar- le in alcuna altra maniera. Il Vicecapo dell’LAPD, Michael P. Downing, spiegò che si trattava di un programma per la reperibilità: «Vogliamo sapere dove si trovano i pakistani, gli iraniani ed i ceceni al fine di poter raggiungere queste comunità.»50 Ma Alikhan ed altri leader islamici sostennero che il progetto manifestava razzismo ed «islamofo- bia,» e infine l’LAPD abbandonò ogni progetto di studiare le moschee ed ottenere preziosi contatti nella comunità islamica che avrebbero potuto prevenire attentati terroristici. La ricompensa per il disservizio di Alikhan fu che il Presidente O- bama lo nominò per un ruolo chiave nella Sicu- rezza Interna, il dipartimento incaricato della gestione della difesa dell’intero paese. E nel dicembre 2010, il Consiglio Comunale di Los

50 «Los Angeles police plan to map Muslims,» Associated Press, 9 novem- bre 2007.

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Angeles passò un decreto che condanna

«l’islamofobia.»51

L’effetto dell’assalto furibondo della società variegata contro le analisi critiche sui jihadisti islamici si è rivelato un indebolimento delle difese necessarie. Il 5 novembre 2009, lo psichiatra dell’Esercito Nidal Malik Hasan diede alla vicina una copia del Corano dicendole, «Sto per fare un buon lavoro per Dio.»52 Più tardi quel giorno, entrò a Fort Hood, Texas, dove i soldati ricevono visite mediche prima di essere dispiegati oltrema- re. Urlando «Allah Akbar,» Hasan tirò fuori una pistola e iniziò a sparare.53 Prima di essere fermato uccise tredici soldati americani disarmati e ne ferì 30. Eppure, già molto prima di questo massacro, Hasan aveva mostrato inequivocabili segnali di simpatia per il terrorismo jihadista. Il Maggiore Hasan molestava ciclicamente i suoi colleghi con arringhe sull’Islam, dichiarando di essere «Mu- sulmano anzitutto, ed americano in secondo luo-

51 Joe R. Hicks and David A. Lehrer, «Hyperbole rules in Muslim debate,»

Los Angeles Daily News, 26 dicembre 2010.

52 Nick Allen, «Fort Hood gunman had told US military colleagues that infidels should have their throats cut,» Telegraph, 8 novembre 2009.

53 James C. McKinley Jr. e James Dao, «Fort Hood Gunman Gave Signals Before His Rampage,» New York Times, 8 novembre 2009.

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go.»54 Sul suo biglietto da visita campeggiava la scritta «SOA», un noto acronimo tra i jihadisti che sta per «Soldier Of Allah» (Soldato di Allah).55

Hasan organizzò una presentazione Power- Point per i suoi colleghi in cui si proponeva di dimostrare «quel che il Corano inculca nelle menti dei musulmani e le potenziali implicazioni che questo potrebbe avere per l’Esercito USA.» In essa argomentava che i musulmani non devono combattere contro altri musulmani (come ordinato nel Corano 4:92) e che il Corano ordina inoltre sia la jihad difensiva che quella offensiva contro gli infedeli al fine di imporre loro l’egemonia della legge islamica. Citava il versetto coranico che invoca la guerra contro la «Gente del Libro»

(ossia, perlopiù Ebrei e Cristiani) affinché «pa- ghino la tassa in riconoscimento della superiorità [islamica] e siano posti in uno stato di assogget- tamento» (9:29).

54 Nick Allen, «Fort Hood gunman had told US military colleagues that infidels should have their throats cut,» Telegraph, 8 novembre 2009.

55 «Inside the Apartment of Nidal Malik Hasan,» Time Magazine, n.d.

http://www.time.com/time/photogallery/0,29307,1938378_1988330,00.h tml

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Secondo i resoconti sulla sua conferenza, Ha- san sembra aver poi detto ai medici invitati (in- dubbiamente stupiti) che i musulmani hanno l’obbligo religioso di fare la guerra ai non- musulmani e sottometterli al proprio dominio in quanto inferiori. Un ufficiale che parlò con alcuni di coloro che presenziarono alla conferenza disse che «apparentemente Hasan tenne una lunga conferenza sul Corano e disse che se non credi sei condannato all’inferno. La tua testa ti viene deca- pitata. Vieni bruciato. Olio bollente ti viene versa- to in gola.»56 Secondo l’Associated Press, «tenne una presentazione in aula in cui chiedeva se la guerra contro il terrorismo condotta dagli USA non fosse di fatto una guerra contro l’Islam. E gli studenti dissero che proponeva che la Shariah, ossia la legge islamica, rimpiazzasse la Costitu- zione e cercò anche di giustificare i kamikaze.»57 Soprattutto, ammoniva che i soldati musulmani non dovevano essere mandati a combattere per gli USA nei paesi islamici, rievocando i recenti omicidi jihadisti di un altro funzionario musulma- no, il sergente Hasan Akbar, a danno dei suoi

56 Tom Gjelten, Daniel Zwerdling e Steve Inskeep, «Officials Begin Putting Shooting Pieces Together,» National Public Radio, 6 novembre 2009.

57 Ibid.

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ufficiali comandanti in Kuwait, quale prova di quel che sarebbe potuto accadere se fossero stati costretti a farlo.

Fu la paura di venire accusati di «islamofo- bia» ciò che prevenne i superiori del Maggiore Hasan dall’agire in base ai segnali d’allarme sulla sua dedizione alla jihad. Secondo l’Associated Press, «la relazione del Dipartimento della Difesa sulla sparatoria di Fort Hood, Texas, ha rivelato che i medici che sovrintendevano l’addestramento medico del Maggiore Nidal Hasan espressero ripetutamente preoccupazioni verbali circa le sue incompatibili opinioni sull’Islam e la sua condotta fuori luogo, ma seguitarono a dargli valutazioni positive delle sue prestazioni che gli consentirono di salire nei ranghi.»58 In altre parole, riuscì ad ascendere nei ranghi dell’Esercito nonostante giustificasse i kamikaze e sbraitasse odio contro l’America mentre ne indossava l’uniforme. Fu anche promosso da Capitano a Maggiore dopo la famigerata conferenza alla scuola di medicina.

58 «In Hasan case, superiors ignored own worries,» Associated Press, 11 gennaio 2010.

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Mentre i suoi colleghi e superiori si accorge- vano delle sue dichiarazioni, e se ne preoccupava- no, «nessuno nella linea di comando di Hasan sembra aver contestato la sua idoneità a disporre di un’autorizzazione alla sicurezza segreta nono- stante avrebbero potuto dato che le sue afferma- zioni sollevavano dubbi circa la sua lealtà agli Stati Uniti.»59

Quale fu la ragione del silenzio di fronte a tutti quei segnali d’allarme? Se Nidal Hasan fosse stato rimosso dalla sua posizione, o anche solo ripreso, nei mesi o negli anni che precedettero il massacro di tredici persone a sangue freddo a Fort Hood, non è difficile immaginare quel che sareb- be potuto accadere. Gruppi come il Council on American-Islamic Relations (CAIR) ed il Muslim Public Affairs Council (MPAC) sarebbero stati lesti nell’accusare l’Esercito di islamofobia. I media mainstream si sarebbero lanciati in una caccia alle streghe a pieno regime sulla presunta persecuzione dei musulmani nell’Esercito, inter- vistando le madri piangenti di soldati musulmani uccisi al fronte mentre combattevano per gli USA in Iraq o in Afghanistan. I Generali dell’Esercito

59 Ibid.

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avrebbero dovuto rispondere a domande sulle presunte discriminazioni contro i musulmani nell’Esercito ai talkshow della domenica mattina.

E infine, il Presidente degli Stati Uniti avrebbe ordinato uno sforzo speciale per fare sentire ben- venuti i musulmani nell’Esercito.

Peggio ancora, coloro che si fossero lamentati di Hasan avrebbero dovuto affrontare l’umiliazione pubblica, tacciati di islamofobia dal CAIR e dall’MPAC, e forse anche azioni discipli- nari da parte dei loro superiori. Chris Matthews, Jon Stewart e Bill Maher gli avrebbero sottoposti alla ridicolizzazione in diretta Tv nazionale. A tutto il personale militare sarebbe stato imposto un corso di formazione alla sensibilità, magari organizzato dal CAIR medesimo.

Non è difficile immaginarsi un simile scena- rio, poiché è stato inscenato più volte nella vita reale. Sono anni ormai che il CAIR, l’MPAC e altri gruppi di difesa islamici fanno quanto è in loro potere per demonizzare chiunque parli one- stamente della minaccia della jihad e della supre- mazia islamica. Per il CAIR e l’MPAC il massa- cro di Fort Hood è stato, in senso molto reale, una missione compiuta: «l’islamofobia» fu debitamen- te evitata. Nidal Hasan non venne rimosso dal suo

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ufficio, e nessuna azione venne intrapresa per proteggere alcuno da lui. Il rapporto ufficiale del Governo USA sul massacro di Fort Hood non menziona neanche una volta l’Islam, né la jihad o il terrorismo. Janet Napolitano, Segretario della Sicurezza Interna ha dichiarato: «Si è trattato di un individuo che non rappresenta la fede islami- ca.»60 Il Capo dello Stato Maggiore dell’Esercito USA, George Casey, si spinse oltre, «La nostra diversità, non solo nell’Esercito ma anche nel paese, è una forza. E, per quanto orribile sia stata questa tragedia, se la diversità dovesse diventarne una vittima credo che sarebbe peggio.»61

Quindi, riconosce segni di ostilità islamica (la qual cosa, ovviamente, è islamofobia) è peggio dell’omicidio di massa. Questa è l’opinione del Capo dello Stato Maggiore dell’Esercito Statuni- tense.

60 Daniel Bardsley, «Fort Hood killer ‘does not represent Muslims’:

American security chief,» The National, 9 novembre 2009.

61 «General Casey: diversity shouldn’t be casualty of Fort Hood,» Reuters, 8 novembre 2009.

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La Campagna Del CAIR Contro l’Islamofobia Il CAIR, gruppo di facciata dei Fratelli Mu- sulmani, è il leader della campagna anti- islamofobia negli Stati Uniti. Il CAIR si dichiara un’organizzazione mainstream per i diritti civili dei musulmani, «simile a un NAACP62 islamico,»

per dirla con le parole del portavoce del CAIR, Ibrahim Hooper.63 Il gruppo sostiene che la sua missione è «di migliorare la comprensione dell’Islam, incoraggiare il dialogo, proteggere le libertà civili, emancipare i musulmani americani, e formare coalizioni che promuovano la giustizia e la mutua comprensione.»64

Come molte altre dichiarazioni dei gruppi di facciata della Fratellanza, questa è solo una corti- na di fumo negli occhi per nascondere i veri pro- grammi del CAIR. Il 4 giugno 2007, il Diparti- mento della Giustizia, nel corso del processo alla Holy Land Foundation, ha dichiarato che il CAIR

62 [N.d.t.:] il NAACP è l’Associazione per il Progresso delle Persone di Colore.

63 Daniel Pipes e Sharon Chadha, «CAIR: Islamists Fooling the Establi- shment,» Middle East Quarterly, primavera 2006.

64 «Our Vision, Mission, and Core Principles,» Council on American- Islamic Relations, www.cair.com.

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era un cospiratore che l’aveva fatta franca nel processo. La Holy Land Foundation fu accusata e condannata per aver finanziato l’organizzazione terroristica Hamas, una branca della Fratellanza.

Gli inquirenti dell’FBI identificarono il CAIR come un’organizzazione emanante «dalla Com- missione Statunitense per la Palestina dei Fratelli Musulmani e/o i suoi organismi.» Per mettersi in carreggiata, il CAIR ricevette mezzo milione di dollari dalla Holy Land Foundation, rendendolo partecipe di una cospirazione criminale per conto di Hamas.65 Quando nel 2003 Steven Emerson, esperto analista del terrorismo, mise di fronte a questi fatti Nihad Awad, cofondatore e Direttore Esecutivo del CAIR, questi rispose: «Questa è una palese menzogna. La nostra organizzazione non ha ricevuto alcun finanziamento iniziale dalla Holy Land Foundation. Il CAIR si autofinanzia e sfidiamo il sig. Emerson a produrre anche solo uno straccio di prova a sostegno della sua ridicola affermazione.» Allora Emerson produsse l’assegno annullato.66

65 Josh Gerstein, «Islamic Groups Named in Hamas Funding Case,» New York Sun, 4 giugno 2007.

66 «HLF’s Financial Support of CAIR Garners New Scrutiny,» The Investigative Project on Terrorism, 12 ottobre 2007.

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Il CAIR fu creato nel 1994 come emanazione dell’Islamic Association for Palestine (IAP), un gruppo di facciata di Hamas fondato nel 1981 da Mousa Abu Marzook, un operativo di Hamas, lo IAP fu smantellato nel 2005 dal governo statuni- tense per finanziamento del terrorismo. 67 Nel 1994, alla Barry University in Florida, Nihad Awad ammise, «Sostengo più il movimento di Hamas che non l’OLP.»68 Nel 1998 Omar Ahmad, cofondatore e segretario veterano della commi- sione del CAIR, disse ad un pubblico di musul- mani: «L’Islam non si trova in America per essere uguale a qualunque altra religione, ma per diven- tare dominante. Il Corano dovrebbe essere l’autorità massima in America, e l’Islam l’unica religione accettata sulla terra.»69 Dall’11 Settem- bre gli esecutivi del CAIR hanno imparato ad essere più cauti nelle loro dichiarazioni pubbliche, e oggi Ahmad nega di aver proferito quella frase.

67 «Islamic Association For Palestine (IAP),» DiscoverTheNetwork.org:

http://www.discoverthenetworks.org/printgroupProfile.asp?grpid=6215

68 Daniel Pipes e Sharon Chadha, «CAIR: Islamists Fooling the Establi- shment,» Middle East Quarterly, primavera 2006.

69 Art Moore, «Did CAIR founder say Islam to rule America?,» WorldNe- tDaily, 11 dicembre 2006.

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