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che ci vogliamo soffermare. Sono i giorni preparatori alla festa della Pasqua e sarà l'ultima Pasqua vissuta da Gesù, perché proprio alla vigilia di

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Academic year: 2022

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Vangelo del 21 marzo

5°domenica del Tempo di Quaresima- anno B - Gv 12,20-33

Trascrizione del video-commento del biblista p. Fernando Armellini non rivista dall’autore In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci.

Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù».

Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro:

«È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna.

Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome».

Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!».

La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.

Il dipinto che vedete sopra ci aiuta a capire il contesto in cui va collocato l'episodio narrato nel brano evangelico di oggi. Vedete? C'è una folla di pellegrini, che si trova in cima al monte degli ulivi e sta contemplando la stupenda spianata del tempio, con al centro il santuario. Vedete? Il fumo degli olocausti che sale al cielo...sono emozionati, perché da lì si ode l'eco dei canti, delle musiche eseguite dai Leviti, il suono delle trombe, delle arpe, dei sistri, dei flauti. Bene, è su questi pellegrini

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che ci vogliamo soffermare. Sono i giorni preparatori alla festa della Pasqua e sarà l'ultima Pasqua vissuta da Gesù, perché proprio alla vigilia di questa festa lui verrà giustiziato. Chi sono questi pellegrini? Vengono da tutto il mondo. La maggioranza è costituita da Ebrei osservanti, ma fra loro ci sono anche dei pagani. Sono dei simpatizzanti della religione giudaica. Ne parla il Nuovo Testamento, chiamandoli proseliti: frequentano anche le sinagoghe, proprio per ascoltare la sapienza contenuta nelle Scritture, ma non si sono ancora decisi a fare l'ultimo passo, che permetterebbe loro di divenire Giudei a pieno titolo, cioè farsi circoncidere. Il brano evangelico di oggi ci parla proprio di un gruppo di questi proseliti, giunti a Gerusalemme per la Pasqua.

L'evangelista li chiama Greci, perché sono persone che vengono dall'estero, non conoscono l'ebraico e l’aramaico. Loro parlano greco, che era la lingua franca di quel tempo. Sentiamo adesso chi sono e la ragione per cui sono venuti a Gerusalemme.

In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci.

Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù».

Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù.

I proseliti, di cui ci parla il brano evangelico di oggi, sono venuti a Gerusalemme “per il culto”, dice l'evangelista, sono quindi entrati subito nella spianata del tempio e hanno cercato di avvicinarsi al santuario, perché era nel santuario che veniva offerto il culto al Signore. Nella spianata del tempio poteva entrare chiunque, anche i Pagani, ma a un certo punto si trovavano di fronte a una balaustra alta un metro e mezzo su cui si trovavano 13 iscrizioni in greco, in cui si minacciava la pena di morte a chi osasse attraversare quella barriera senza essere un Giudeo.

Ecco, loro non potevano avvicinarsi al santuario. Una di queste 13 iscrizioni si trova nel Museo dell'Antico Oriente a Istanbul e non è improbabile che il gruppo di pellegrini di cui stiamo parlando siano stati bloccati proprio di fronte a questa iscrizione. Loro erano persone pie, devote, ma non potevano avvicinarsi al santuario. Fossimo stati in quella spianata, avremmo potuto scorgere sul loro volto la delusione per non potere contemplare il volto del Signore in quel santuario.

Ricordavano certamente, conoscevano il Salmo 27, perché erano persone che frequentavano la Sinagoga e il salmista diceva: “Io chiedo una cosa soltanto: trascorrere tutti i miei giorni nella sua casa, contemplare la bellezza del Signore e ammirare il suo santuario”.

Loro non potevano accostarsi a questo santuario. Non sappiamo da chi, ma questo gruppo di Greci ha sentito parlare di Gesù e ha provato una pulsione che lo porta ad andare da lui. Li vediamo, infatti, allontanarsi un po’ mesti da quella balaustra per andare a cercare Gesù. Loro non lo sanno, ma è lo Spirito che li guida verso il nuovo, il vero santuario, dove possono davvero incontrare il Signore. Chi vede la stupenda costruzione del santuario, contempla un edificio materiale fatto di marmi, ricoperto d'oro. Ma chi incontra il nuovo santuario, che è Gesù, dove Dio è realmente presente, allora lì ha la fortuna di contemplare davvero il volto di Dio. E a questo punto, attraverso il cammino spirituale fatto da questi Greci, l'evangelista racconta la nostra storia, come ognuno di noi giunge a vedere il volto del Signore, a contemplare il volto di Dio e lo possiamo contemplare soltanto se siamo condotti a questo nuovo santuario, che è Gesù.

Che cosa fanno questi Greci? Si avvicinano a Filippo, che era di Betsàida di Galilea. Eccolo il primo messaggio: come si arriva al nuovo santuario? Bisogna essere accompagnati da qualcuno che ha realmente incontrato e visto il Signore. Vanno da Filippo: come mai? Filippo è un nome greco e poi è di Betsàida di Galilea, quindi un posto di confine, dove la mentalità è più a aperta, non si fanno scrupolo se parlano con un pagano, e Filippo parla certamente anche un po’ il greco e lo pregano dicendo: “Signore, vogliamo vedere Gesù”. Questa preghiera è stupenda perché dovrebbe essere

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quella che ognuno di noi deve fare. Quando incontriamo qualcuno che ha visto davvero chi è Gesù, lo ha contemplato, è rimasto coinvolto dalla sua persona, anche noi dobbiamo chiedergli: “facci vedere chi è Gesù”.

Vogliono vedere Gesù, ma c'è una finezza che va notata: il verbo greco che viene impiegato. Ci sono due verbi: uno più semplice, bleppein, significa “vedere ciò che tutti possono osservare dall'esterno”, ma c'è un altro verbo orao, che significa “vedere in profondità, cogliere chi è realmente quella persona”, perché c'è un vedere semplicemente esteriore e c'è invece un cogliere l'identità di ciò che stiamo vedendo. È capitato a tutti di essere per esempio alla stazione con un amico, il quale, osservando uno che passa con una valigia ci dice: “Ma lo sai chi è quello lì?”, “No, è uno dei tanti, anche lui con la valigia”, “No, quello un premio Nobel!”. Uno ha visto bleppein, l'altro orao, ha visto qual è l'identità di quella persona. Ecco un esempio. C'è un vedere semplicemente esteriore, anche di Gesù: è un carpentiere, figlio di Giuseppe, uno che è capace di compiere prodigi, ma siamo ancora all'apparire esteriore, non abbiamo ancora raccolto la sua identità e stiamo attenti, perché potremmo essere anche noi persone che hanno visto solo l'aspetto esterno della persona di Gesù: bello, simpatico, forse non abbiamo colto la sua vera identità. Facciamo alcuni esempi evangelici e comprendiamo questa differenza.

C'era un personaggio che desiderava vedere Gesù, Erode Antipa. Ne aveva sentito parlare, era la

“star” del momento. Avevo sentito che faceva prodigi e avuto l'opportunità di incontrarlo, quando Pilato glielo ha inviato, proprio nel tempo di Pasqua, e quando lo ha visto è rimasto felicissimo, si aspettava di vedere qualche prodigio. Gesù non l'ha degnato di una risposta, lo ha completamente deluso e l'evangelista Luca esprime bene il giudizio che ne ha dato con un verbo greco molto forte:

exuthenneo. Che significa? Lo ha considerato un nulla, lo ha annientato, deluso, perché guardava solo l'aspetto esteriore di Gesù, per lui era una curiosità, non era interessato a conoscere la vera identità di Gesù, si è fermato all'aspetto esteriore e questo è stato una delusione lui. Stiamo attenti, perché si può contemplare il Crocifisso e rimanere a riflettere sull'aspetto esteriore, quanto Gesù ha patito. Certi predicatori del passato, nelle lunghe prediche del Venerdì Santo, si soffermavano su tutti i dettagli per descrivere i dolori che Gesù ha dovuto sopportare e, quando riuscivano a far piangere i loro ascoltatori, pensavano di aver fatto una grande predica. Non avevano colto l'identità di Gesù, non avevano capito cioè che la sua era una passione d'amore. Si vede realmente Gesù quando in quel Crocifisso si coglie la Gloria del Padre, che è riuscito a manifestare in Gesù quanto ci ama. Se non si arriva a cogliere questo amore, non si è colta l'identità, ci si è fermati all'aspetto esteriore.

Ricordiamo Zaccheo, invece. È ben diverso il suo voler vedere Gesù, non come Erode Antipa. Voleva vedere chi è Gesù. “È uno che forse risolve la mia inquietudine interiore…” e lo cerca, perché può dare il senso alla sua vita. Oppure i discepoli del Battista, che chiedono a Gesù: “Dove dimori?” E Gesù risponde: “Venite e vedrete”. Era l'invito di Gesù non a vedere qual era la sua casa, perché non ne aveva, ma a cogliere la sua vera identità.

Bene, i proseliti del nostro brano non cercano Gesù come “star”, per chiedergli l'autografo. Sono dei ricercatori di verità, di amore, di sapienza, cercano qualcuno che li aiuti a dare un senso alla loro vita e questa preghiera che loro fanno a Filippo, “vogliamo vedere Gesù”, deve essere la nostra. Noi stiamo ascoltando il Vangelo secondo Giovanni, noi non ricorriamo a Filippo, ma ci deve essere qualcuno che ci fa vedere Gesù. Nel nostro caso non è Filippo, è Giovanni. Il Vangelo di Giovanni si presenta come l'opera di un testimone, il quale afferma che riferisce ciò che lui ha visto. Nel prologo, lui dice: “La parola si è fatta carne”. La parola, con cui Dio rivelava se stesso, si è fatta uno di noi e noi abbiamo visto la sua Gloria.

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Ecco cosa dice Giovanni: “io vi racconto ciò che ho visto”. L'esperienza di Giovanni poi, lui la riprende, anche nella sua prima lettera con quell'inizio stupendo, in cui esprime tutta l'emozione di avere incontrato la parola di Dio fatta carne: “Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato del verbo della vita, questo noi adesso mostriamo a voi”.

Bene. Filippo non conduce subito da Gesù queste persone. Filippo va a dirlo ad Andrea e poi insieme con Andrea va da Gesù.

Come mai Filippo non conduce direttamente questi Greci da Gesù? Filippo era una persona molto decisa. Ricordiamo che, dopo avere incontrato Gesù, lui incontra Nathanael, e subito gli dice:

“Abbiamo trovato colui di cui ha scritto Mosè nella Legge, nei Profeti: Gesù, figlio di Giuseppe di Nazareth”. Aveva colto solo l'aspetto esteriore di Gesù e non aveva difficoltà a parlarne, ma quando si conosce Gesù chi è realmente, non si comincia subito a parlarne. Si esita parecchio e si ha bisogno dell'appoggio di qualchedun altro. Lui va da Andrea.

Andrea è un altro dei 12 che ha un nome greco e insieme vanno da Gesù. Vedete, ci si trova sempre in imbarazzo, quando qualcuno ci chiede di vedere realmente Gesù. Se c’è da contare su dei fatti è molto semplice, ma quando si va alla vera identità di Gesù ci si trova in difficoltà, forse perché non lo si è visto realmente. E allora di lui sappiamo dire ben poco, perché se lo avessimo visto realmente, ci fossimo innamorati di lui, ne parleremo subito con convinzione e con entusiasmo perché vorremmo che chi ci ascolta facesse con noi l'esperienza della gioia di avere incontrato un tesoro:

l'amore della nostra vita. Sentiamo la risposta di Gesù a Filippo e ad Andrea.

Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro:

«È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna.

Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà.

Ci ha certamente un po' sorpreso la risposta che Gesù ha dato a Filippo ed Andrea. I due discepoli erano andati da lui per dirgli: “C’è un gruppo di Greci che ti vuole vedere”. Invece di andare a farsi vedere dai Greci, Gesù mostra il suo volto, la sua vera identità, ai due discepoli. Sono loro che, prima di mostrare il volto di Gesù ai Greci, devono averlo visto bene. Quei due, finora, hanno visto così tante cose, tanti aspetti della persona di Gesù, ma la sua vera identità non l'hanno ancora colta.

Quei due discepoli siamo noi adesso, è a noi che Gesù si vuole rivelare, perché se un giorno, come accaduto a Filippo e ad Andrea, qualcuno ci dice: “Mostraci Gesù, mostraci il suo vero volto”, noi dobbiamo averlo visto prima questo volto, per poterlo poi mostrare a chi lo vuole vedere.

E allora adesso ascoltiamo quello che Gesù ci dice di se stesso.

“È venuta l’ora che il Figlio dell'Uomo sia glorificato”. Che cos'è quest’ora? Ne ha parlato l'evangelista Giovanni e fin dall'inizio, a Canaan, Gesù dice: “È arrivata la mia ora”. Poi alla festa delle capanne, al capitolo sette del Vangelo, Gesù è a Gerusalemme, e l'evangelista dice che cercavano di prendere Gesù: lo volevano togliere di mezzo, ma nessuno gli mise le mani addosso, perché non era giunta la sua ora. Che cos'è quest'ora? Questo momento che viene richiamato, perché è così importante? Al capitolo otto, quindi, subito dopo, al termine di una accesa discussione nel tempio con scribi e farisei, l'evangelista nota: nessuno lo arrestò, perché non era ancora giunta la sua ora.

Adesso Gesù dice: “È giunta la mia ora, l'ora in cui il Figlio dell'Uomo è glorificato”.

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Cos’è questa gloria che adesso lui è chiamato a mostrare?

Il racconto viene subito dopo l'ingresso di Gesù in Gerusalemme. Quello è stato un momento glorioso, tutta la gente gridava: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re di Israele!”

Un momento così glorioso ha preoccupato di scribi e farisei, i quali hanno detto: “Tutto il mondo gli va dietro”. Era ciò che loro avrebbero desiderato, questa è la gloria di questo mondo: quando tutti ti applaudono. Non era quello il momento, non era quella l’ora in cui il Figlio dell'Uomo è glorificato.

Cos'è la gloria di Dio? Gloria di Dio è quando lui riesce a mostrare chi è realmente. Lui è amore.

Quando riesce a mostrare quanto ama, quello è il momento glorioso. La Gloria di Dio è quando mostra quanto ama l'uomo e questa Gloria il Padre l'ha manifestata in pienezza in Gesù: è lui la rivelazione del volto autentico di Dio, del volto glorioso di Dio, perché tutta la sua vita è stata una manifestazione di questo amore.

Lui si è messo a servizio di chi aveva bisogno: i malati li curava, i peccatori che erano disprezzati, emarginati dai puri…Gesù ha mostrato che Dio è amore, Dio li ama e li accoglie, fa festa con loro. I lebbrosi, i più emarginati della società israelitica, dovevano vivere lontano: Gesù li va a cercare, Gesù li accarezza. Eccolo, l'amore di Dio: ogni azione di Gesù ha mostrato la Gloria di Dio, cioè l'amore.

Quando volevano lapidare l'adultera, Gesù mostra la Gloria di Dio, che accoglie l'adultera, non la condanna.

Tutta la manifestazione di questo Dio-amore distrugge quell'immagine diabolica di Dio, che è servito dall'uomo, che ha creato l'uomo per essere servito. È esattamente il contrario. Dio è amore, perché è servo dell'uomo, quindi tutta la vita di Gesù è stata una rivelazione di questa Gloria di Dio, che è il servizio. Per noi glorioso e chi si fa servire, per Dio è il contrario. Dio mostra la sua Gloria quando serve l’uomo.

Adesso è giunta l'ora di mostrare in pienezza, senza possibilità di equivoci, questa vera identità di Gesù, rivelatore del massimo della Gloria di Dio. Quello che è accaduto finora è solo una introduzione, una preparazione a questa rivelazione piena che avviene in quest’ora e ce lo dice adesso con una similitudine: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, non produce frutto, rimane solo; se invece muore - e si tratta di una morte apparente -, produce molto frutto”.

È l'immagine che ci dice: che cosa accade al seme? “Quando è posto nella terra scompare, pare che muoia. In realtà fa esplodere la pienezza di vita e ciò che accade adesso in quest'ora, con la mia vita.” Se io la trattengo, muore, se invece la dono adesso per amore, in quest'ora, sarà un'esplosione di vita. E continua: “Chi ama la propria vita la distrugge, chi odia la propria vita in questo mondo la conserva per la vita da eterna”.

Che intende dire? Che cosa significa: “odiare la vita”? La vita è così. Non è un patrimonio che mi posso trattenere: in ogni momento la vita se ne va, come l'acqua che io tengo fra le mani, se ne va, ogni istante che passa è vita che si perde e l'uomo vuol trattenere la vita. Come fa? Qualcuno dice:

“La trattengo, perché me la godo”. Gesù dice: “Così la perdi”. Se tu invece la vuoi conservare, donala, trasformala in amore e l'amore nessuno più te lo tocca perché l'amore è vita divina, è vita dell'Eterno e nessuno la può cancellare. Ecco quello che Gesù dice: “Chi ama la vita - intende dire, chi la trattiene egoisticamente per sé -, la perde; chi invece odia la sua vita…” E che cosa significa questo odiare la vita per conservarla? Significa donarla.

Proviamo a pensare, facciamo alcuni esempi che ci aiutano a capire. Il primo molto semplice.

Conosciamo tutti cosa accade quando ci si innamora di un'altra persona, si cominciano a dire dei

“no” a se stessi, per poter essere graditi all'altro, per entrare in sintonia con l'altro, per fare ciò che

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piace, ciò che è vita e gioia per l'altro. Bisogna essere in grado di dirsi dei “no” e quando due si incontrano e non sanno dirsi questi “no”, la coppia finisce presto.

Quando due si sposano, devono cominciare a dirsi dei “no”: “no” a se stessi, al proprio egoismo, per rendere felice l'altro. Poi quando nascono dei figli, quanti “no” i genitori devono dire a se stessi, non perché sia bello dirsi “no”, sono forme di morte di rinuncia. Il papà ogni settimana aveva l'incontro con gli amici, la partita di calcio. Adesso c'è il figlio che ha bisogno di fare compiti e tu devi dire di

“no”. Moltiplicateli voi, che li conoscete molto bene questi “no”, ma sono dei “no” per l'amore per la vita. Se uno non dice questi “no”, non sa rinunciare al proprio egoismo, alle proprie scelte, non costruisce amore, e perde la vita. Se invece uno la trasforma in amore, la conserva. Gesù che cosa ha fatto? Ha donato la sua vita per amore. L’avesse conservata per sé, era la morte. Lui l'ha donata.

Facciamo un altro esempio, quello di Massimiliano Kolbe: ha donato la vita per la vita di un papà di famiglia. Non l'ha trattenuta per sé, l’ha trasformate in amore, anche lui è stato una manifestazione della Gloria di Dio, che è amore.

E poi continua Gesù: “Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo”.

Sta mostrandoci chi è Gesù. Lui non vuole servi, non vuole essere servito da nessuno. Lui è servo.

Che cosa intende con “Se uno mi vuole servire?” Nella Bibbia, servo è il titolo più onorifico che noi troviamo, perché è riservato soltanto ai grandi personaggi, a Mosè, a San Paolo anche, a Maria, la serva del Signore, cioè sono quelle persone che hanno messo tutta la loro vita a servizio del disegno di Dio, del suo progetto di amore.

Questo significa: “Se uno mi vuole servire - vuol dire, “se ti vuoi lasciare coinvolgere in questo progetto che è dono di se stessi” -, allora segui me, seguimi dove io vado adesso – cioè vado a donare la vita -”. E il discepolo deve essere disposto a donare la vita anche per chi gli ha fatto del male, il massimo dell'amore.

“E dove sono io sarà anche il mio servo”. Dov'è Gesù? Leggiamo il capitolo 25 di Matteo e capiamo subito lui dov'è, dove ci aspetta: a servire chi aveva fame, chi aveva sete, chi era nudo, chi aveva bisogno di essere ospitato, chi era in prigione. “Lì ero io”, dice Gesù, “stavo aspettandoti, perché tu venissi a servirmi, come bisognoso di amore e tu sei venuto a donare la tua vita per queste persone che avevano bisogno di te”.

“E se uno mi serve, il Padre mio lo onorerà.”

Che cosa significa? In ebraico, onore si dice cavod, caved vuol dire “pesante, qualcosa che pesa”, non un qualcosa che viene spazzato via. Sappiamo molto bene qual è la differenza fra il grano e la pula: quando viene vagliato il grano si ferma, la pula viene spazzata via. L'onore degli uomini, gli applausi, queste apparenze di gloria, quando arriva il giudizio di Dio sono come la pula: vengono spazzati via. Che cosa rimane? Qual è il peso, la gloria, ciò che Dio onora? L'amore. Chi ha donato la vita, allora riceve questa approvazione da parte del Padre del Cielo e adesso capiamo anche il significato dell'Eucaristia.

Qui voglio fare un accenno. Al termine della sua vita, Gesù, quando ha presentato tutta la sua storia, che immagine ha scelto? “Mi sono fatto pane”, ha preso del pane e ha detto “Questo sono io”.

Eccolo, il chicco di grano, triturato, che non ha avuto paura di entrare nella terra, perché sapeva che questa è una morte apparente, la morte all'egoismo, è vita. E poi l'invito, nell'Eucarestia, “Prendi e mangia”, cioè “assimila questa mia storia”. L'Eucarestia è questo e solo questo.

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Donare la vita quindi…a noi fa paura, perché istintivamente vogliamo trattenerla per noi stessi. La morte che fa paura a noi, ha fatto paura a Gesù? Il dono della vita non gli è costato nulla o anche a lui è costato fare questa scelta, di donare tutto se stesso? Sentiamo.

Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome».

Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!».

La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.

“Adesso”, dice Gesù, “l'anima mia è turbata”. Gesù è spaventato. Il verbo greco che viene impiegato dall'evangelista è tarassein, che indica “l'agitarsi delle onde del mare”.

Eccola la situazione interiore che Gesù sta vivendo: è spaventato. Come tutti, ha paura della morte e vorrebbe evitarla. Una morte prematura, nel fiore degli anni, violenta, assurda, abbandonato da tutti, anche dei suoi amici, consegnato da uno dei suoi discepoli, vittima quindi dell'odio.

E qui c'è il dramma interiore di Gesù e si chiede: “Ma che posso dire in questo momento? Chiedere al Padre: “Salvami da quest'ora?” Ma io sono venuto proprio per quest’ora, perché è proprio in quest'ora che ci sarà la rivelazione somma dell'amore di Dio e devo passare attraverso quest'ora.”

Gesù avrebbe potuto fuggire, lo aveva già fatto altre volte, quando non era giunta la sua ora, ma adesso è il momento di manifestare questo sommo amore e fa una preghiera: “Padre, glorifica il Tuo Nome, attraverso di me, mostra la tua Gloria”. È l'accettazione di Gesù di quello che è il disegno del Padre, che passa attraverso il più grande crimine commesso dagli uomini.

“E venne una voce dal Cielo, che disse: “L’ho glorificato, lo glorificherò ancora”.” Questa “voce dal Cielo” è linguaggio rabbinico per dire come Dio giudica quel momento. Dio ha visto che Gesù, il Figlio, lo aveva glorificato durante tutta la vita, mostrando quanto ama e adesso lo glorifica ancora, cioè, mostra tutta la sua Gloria attraverso il dono della vita di Gesù. Poi Gesù conclude dicendo:

“Adesso è il momento dello scontro fra il principe di questo mondo e l'amore che io sto introducendo, un amore divino, quello dello Spirito”.

In questo scontro il principe del mondo uscirà sconfitto. Principe del mondo è colui che ha dominato sempre l'umanità fino alla venuta di Cristo, il quale ha introdotto questo Spirito, che è la vita divina nel mondo. Ecco, il principe del mondo, detto pari-pari, è il ripiegamento su sé stessi, il pensare a se stessi, a ciò che piace, l'egoismo. Questo ha creato quell'umanità che continua anche oggi, perché è stato sconfitto, ma è ancora presente, questo principe del mondo; il suo destino, però, è essere eliminato, perché, dall'alto della croce, Gesù unirà a sé, attirerà a sé tutta l'umanità, perché, ci dice,

“È l'amore che attira e affascina, e in questo scontro fra il principe del mondo e la mia proposta di mondo nuovo, vincerà l'amore.”

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