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Meditazione di Padre Giorgio Maria Faré NOSTRA SIGNORA DEL LAUS E LA VENERABILE BENEDETTA RENCUREL - PARTE 2

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NOSTRA SIGNORA DEL LAUS E LA VENERABILE BENEDETTA

RENCUREL - PARTE 2

(2)

Dal Vangelo secondo Luca [Lc 10,1-9]

La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai.

I

n quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: "Pace a questa casa!". Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: "È vicino a voi il regno di Dio"».

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

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E

ccoci giunti a mercoledì 26 gennaio 2022, festeggiamo oggi i Santi Timoteo e Tito, Vescovi.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi tratto dal capitolo X di San Luca, versetti 1-9.

Il Signore invia i 72 davanti a sé, a due a due. Li invia perché abbiano a preparare la sua venuta. Anche noi dobbiamo imparare a preparare la venuta di Gesù nel cuore, nella mente, nella vita delle persone. Noi dovremmo essere dei preparatori dell’incontro con Gesù.

E la più grande preparatrice che noi conosciamo nell’incontro con Gesù è la Vergine Maria e allora continuiamo la nostra lettura del testo “Le meraviglie del Laus” del canonico Don Maurizio Barroso, testo del 1933, che ci aiuta ad approfondire, a gustare queste meravigliose apparizioni di Nostra Signora del Laus.

Stiamo guardando la storia, la biografia, l’inizio della vita di Benedetta, della venerabile Benedetta che fu la veggente, la

“privilegiata di Maria”, così la chiama l’autore di questo libro. Il villaggio in cui nacque Benedetta

“si chiama ancora attualmente Saint-Etienne (Santo Stefano), e non è che un agglomerato di poche case, situato nella valle dell’Avance, a qualche chilometro da Gap. (Delfinato-Francia). Nel 1647 non contava che quaranta focolari; era un feudo della baronia di Avancon, e una Parrocchia dipendente dall’Arcidiocesi di Embrun, e un comune dipendente dal distretto di Gap.

Questo paesello non conobbe mai la prosperità, ne la ricchezza.”

Fu sempre segnato da tanta carestia e tanta povertà.

La mamma Caterina e il papà Guglielmo hanno una piccola porzione di terra, si lavora con le proprie mani, però erano

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comunque cristiani ferventi e nella fede trovano grande consolazione.

Visse in una casa molto povera.

Benedetta fin da piccola mostrò una grande propensione per Dio, e fu proprio sulle ginocchia della sua mamma che ricevette tutta la sua educazione cattolica.

“Stare buona, pregare bene il Signore”

erano le raccomandazioni della sua mamma. E per pregare bene le insegnò il Padre Nostro e l’Ave Maria.

“La Santa Vergine le insegnò più tardi le litanie con un’ammenda al SS. Sacramento.”

Poche cose, chiare, insegnate bene e fatte con costanza.

Quante mamme e quanti papà oggi ancora ogni santo giorno, da quando un bimbo nasce, a quando poi se ne andrà di casa, li educano al Pater, Ave, Gloria, al Credo, alle litanie, al Rosario, all’amore per il Santissimo Sacramento. Quante mamme e quanti papà ancora oggi consacrano il loro tempo prezioso e le loro energie per dare questa istruzione alla Vita Eterna, così dovremmo chiamarla: l’istruzione alla Vita Eterna.

Quando io ero bambino, il primo rosario che ricevetti, che ricevetti dalla mia amata nonna Anna, fu un rosario lungo fatto con dei semi, se non ricordo male erano di oliva. Molto semplice, però molto bello. Poi me ne regalò un altro in legno, bellissimo anche questo. Poi, la prima volta che io studiai l’Apocalisse fu proprio sulle ginocchia della mia nonna, non fu sui banchi delle prestigiose Università Pontificie, fu sulle ginocchia della mia nonna, fu lei che mi insegnò l’Apocalisse per prima, chissà perché poi, le piacque dedicarsi a questa cosa. E non me ne lesse una pagina neanche una volta, ma me la raccontò tutta! Io ero lì che pendevo delle sue labbra a farmi raccontare l’Apocalisse da lei e lei me la raccontò tutta. Quanto è importante insegnare, certo

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il Padre Nostro, l’Ave Maria, quanto importante dedicare tempo ai vostri figli, alle vostre figlie fin da piccoli, ogni giorno a dire le preghiere. Non mi sono mai addormentato senza fare il Segno di croce e senza dire le preghiere, era impossibile, era diventato cosa più certa che lavarsi i denti, o cambiarsi e mettersi il pigiama, le preghiere erano importantissime.

Lei cresce con questa grande fede in Dio, e anche poi quando il papà morirà, Benedetta alla mamma disse:

“Non affliggetevi, mamma: Dio e la sua Santa Madre ci assisteranno!”.

E infatti così fu.

Il papà di Benedetta morì quando lei aveva sette anni e quindi lei non potè mai ricevere un’istruzione perchè le fu affidato il piccolo gregge rimasto alla famiglia. All’età di sette anni Benedetta cominciò a fare la pastorella.

Giunse il tempo, come già vi dissi, a motivo della grande povertà della famiglia, di partire, di lasciare la casa paterna a 12 anni e andare a servizio di altri. Chiese come unica cosa che le venisse comprato e regalato dalla mamma un Rosario, perché lei vedeva in questa preghiera l’unica consolazione in mezzo a tutte le pene che poteva avere. Ma anche dove andò a servizio, anche lì conobbe tanta povertà, tanto sacrificio, tanto digiuno. Ma Benedetta non si lasciava mai vincere in generosità: ricevuta la sua parte di pane quotidiana da una delle famiglie dove lavorava (si trattava di una vedova molto povera anche lei), poi la distribuiva segretamente, senza dire niente a nessuno, ai bambini di questa padrona dicendo:

“Oh! Per me, e già sufficiente quando mangerò la prossima settimana presso l’altro padrone.”

Perché lei andava una settimana da uno e una settimana dall’altro.

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“Poi si recava al pascolo, digiunando tutto il giorno;

tornava a casa si coricava a stomaco vuoto, per ricominciare al domani la stessa carità e la stessa privazione durante sette giorni.

Riceveva il pane e lo dava ai bambini e così per sette giorni!

Questa ragazza di 12 anni per sette giorni non toccava un pezzo di pane, beveva solo l’acqua e lavorava facendo la pastorella, pensate la fatica!

Ad un certo punto il sangue cominciò uscirle dal naso e dalla bocca. Tanto feroce era il digiuno che faceva e la fatica che sopportava che iniziò a perdere sangue dal naso e dalla bocca.

“Quei pezzi di pane erano brani della sua vita, che quei poveri famelici bambini mangiavano senza nulla comprendere. Neppur essa comprendeva tutto il sacrificio del suo atto, ma trovava nella preghiera un nutrimento abbastanza sostanziale per dare all’anima la forza d’imporre al corpo sì crudeli privazioni.”

Io non credo che noi siamo mai arrivati a digiunare a tal punto da perdere il sangue dal naso e dalla bocca.

Perdonatemi se ogni tanto sentite questi sospiri, sono i sospiri che faccio pensando a tutti quei frignoni che ogni volta che devono affrontare una minima, piccolissima, quasi insignificante privazione per il Signore cominciano a frignare come se stessero subendo i più grandi tormenti sotto Diocleziano, che se non hanno la pasta come la vogliono loro viene giù il mondo! Se non hanno da mangiare il pane fresco la domenica mattina — anche la domenica mattina! — non lo toccano…

Fanno pensare queste cose! Non dico l’abbondanza, ma l’eccesso che noi abbiamo e verso il quale ci permettiamo di storcere il naso.

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Come le date di scadenza sugli alimenti. Sembra che quando un alimento raggiunge la data di scadenza praticamente diventa esplosivo, cioè bisogna chiamare i militari per spostare gli elementi scaduti, perché se tu li apri, esplode il condominio.

Guardate che non esplode niente, apriteli questi alimenti, l’insalata nelle buste, se è scaduta oggi, domani non è diventata polvere di antrace, è insalata buona da mangiare. Io non è che voglio fare l’apologia dello scaduto, per l’amor del cielo, non sono un pauperista, dico solo: cerchiamo di usare un po’ di intelligenza nelle cose. Ci sono cose che scadono che certamente non sono più buone e vanno buttate via, ma ci sono altre cose che non è necessario buttare via.

Pensate il pane: quanto pane nella mia vita ho visto buttare via!

Quanto pane, grazie al cielo non nella mia famiglia, ma quanto pane ho visto nei bidoni dell’umido! “Buttare il pane”, diceva quel santo, “è buttare via il sangue dei poveri”.

Scusate un attimo, usiamo un po’ di testa, invece che buttarlo via, ma perché il pane che avanza non lo congelate? Sento già qualcuno che dice: “Ma Padre, dopo quando lo tiro fuori e lo metto a scaldare quel pane lì comunque è duro”. Ma certo.

Adesso farò un nuovo libro, il prossimo libro che scriverò sarà

“Le ricette di Padre Giorgio Maria”. Tu quando lo tiri fuori dal freezer, non lo devi buttare nel forno così, perché se no quel pane rimane comunque duro e secco, troppo croccante, allora lo tiri fuori dal freezer, metti la tua bella manina sotto l’acqua fresca, la bagni, e con la mano bagnata la passi sulla parte esterna del pane, inumidisci bene tutta la parte esterna del pane con la tua mano bagnata, poi prendi il pane e lo metti nel forno. Quando lo tirerei fuori, sentirai quanto è buono! Allora dovrai dire un’Ave Maria per Padre Giorgio che ti ha insegnato a fare il pane scongelato.

Tutti diranno: “Oh che buono questo pane! Ma da quale

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panettiere l’hai preso?” “Da Padre Giorgio Maria, il nuovo panettiere che sta qui sotto.” Vedrete che buono!

Fatelo alla domenica, congelate il pane di qualche giorno prima, qualche bella ciabattina, poi lo tirate fuori a quei rognosi che vi dicono: “Voglio il pane fresco”. “Ci penso io, ti faccio il pane alla Padre Giorgio Maria, vedrai che buono che è”. Fate come vi ho detto, lo mettete nel forno, quando lo tirate fuori, bello caldo, fragrante, con un profumo che solo a vederlo vi si allargherà il cuore, poi lo tagliate a fette, lo mettete sul vostro piatto, bello tiepido, vedrete come lo mangeranno.

Il pane secco, il pane che avanza, stessa cosa, lo fate a pezzetti, lo mettete nel forno, lo fate tostare, senza mettere l’acqua in questo caso, lo fate tostare, bello tostato, lo tirate fuori e fate dei crostini, vedrete che lo mangeranno di più che il pane fresco, perché è buono, è buono.

Quando ero Priore in convento, facevo arrivare i sacchi di pane che i panettieri buttavano ai maiali, alle bestie. Io mi facevo arrivare questi sacchi di pane, buonissimo! Dovevate vedere che pane che arrivava, una roba pazzesca! Delle pagnotte bellissime, semplicemente un po’ vecchie, ma buone, belle, io le facevo tutte tagliare a pezzetti, poi le facevo mettere nel forno, veniva fuori questo pane tostato buonissimo. Dovevate vedere i frati come lo mangiavano! Con quanto gusto mangiavano, e anch’io. Anche quando venivano i laici a fare gli esercizi spirituali servivo questo pane, mi dicevano: “Oh ma Padre ma dove l’ha comprato questo pane tostato? Ma è una meraviglia! Ma qual è il panettiere che fa il pane tostato?”

Credo che la povertà, l’amore per la povertà, ci deve insegnare a non sprecare mai nulla, a fare tesoro di tutto quello che noi abbiamo. Non dobbiamo buttare via niente, perché noi non sappiamo domani se l’avremo. Lo davo anche ai poveri, quando venivano i poveri a chiedere da mangiare, gli davo il pane tostato.

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“Ma che buono questo pane! Padre ma dove l’ha preso?”

“Eh! Segreto!”

E poi la preghiera, questo pregare, questo amore per le anime di Benedetta.

“Viene a sapere che una donna, gravemente ammalata, aveva perduto la parola prima di aver potuto chiamare un Sacerdote.”

E quindi lei raduna tutte le sue compagne e fa recitare il rosario per quella ammalata.

“La loro preghiera non è ancora finita che l’ammalata ricupera la parola, e il primo uso che ne fa e quello di ringraziare quel gruppo infantile, che va a visitarla.”

“Parlava così bene di Dio, del Paradiso, dell’inferno, che i più ostinati ne rimanevano colpiti. Uno dei due padroni, ch’ella serviva, e di cui abbiamo già parlato, Giovanni Rolland, era un uomo violento, e talvolta diveniva furibondo: comandava più coi pugni che con le parole.”

Anche lui cede e si converte, cambia vita grazie alle esortazioni di Benedetta che lo richiama al giudizio di Dio, lo fa con tanta dolcezza, con tanta eloquenza che lo costringe a rientrare in se stesso e a cambiare vita.

La sua purezza

“La vera carità è sempre accompagnata dalla virtù della purezza: non c’è vero amor di Dio se questo non è puro.”

Questo, guardate che è un assioma, è un principio indiscutibile:

la vera carità è sempre accompagnata da purezza, non c’è vero amor di Dio se questo non è puro.

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“Benedetta ha dato prove troppo visibili di questa amabile virtù. Non ne riferiremo che due. Per obbedire al suo padrone la piccola Benedetta custodiva le pecore con un ragazzo della sua età, abbastanza buono, dolce e modesto, chiamato Giuseppe.

Or avvenne che alla stagione della frutta il ragazzo ne andava a rubacchiare qua e là; e poi ne offriva a Benedetta.

La buona fanciulla, anziché accettarli disse:

- Suvvia! È necessario che ci separiamo... noi offendiamo il Signore; quando saremo soli, Lo serviremo meglio, ed eviteremo di offenderlo mangiando la frutta altrui. -”

Questo, perdonatemi, è una cosa che voglio dirvi, perché mi è capitato tante volte con i giovani questo fatto. D’estate mi capitava che magari si andava a fare una passeggiata coi ragazzi e si trovava qualche albero di fico o di ciliegie, le buonissime ciliegie, o di more o di prugne o quello che è, che stava dentro una proprietà e una parte di rami sporgeva sulla strada. E io tantissime volte ho sentito i ragazzi dire: “Ah Padre prendiamo i fichi, le ciliegie che sporgono sulla strada! Perché quello che sporge sulla strada è di tutti”

Io non ho mai voluto.

“Io quella frutta lì non la mangio”

“Ma guarda che la legge prevede che quello che cade sulla strada è di chi passa…”

Sì, ma l’albero è piantato nel giardino di quella persona e cosa facciamo? Tiriamo con la riga, usiamo il righello per misurare quanti ciliegi stanno di qui e quanti di là? Stiamo scherzando? E se quell’uomo, quella donna, padroni della casa, dovessero uscire che cosa direbbero? Se tu fossi padrone di quell’albero, ti farebbe

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piacere che la gente che passa comincia tirare i rami, strappare le foglie, portarsi via i tuoi frutti? A me non piacerebbe. Vuoi quelle ciliegie? Vuoi quei cachi? Vuoi quelle prugne? Ma è semplicissimo! Suona il campanello.”

E l’ho fatto fare, a chi mi diceva: “Prendiamo un po’ di ciliegie, ce le portiamo”.

“No, per l’amor del Cielo, quelle ciliegie belano.

Assolutamente. Suonate il campanello”.

“No che vergogna!”

“Visto che avete la coda di paglia? Adesso suonate”.

Hanno suonato il campanello e hanno detto: “Visto che sull’albero ci sono tante ciliegie, possiamo prendere le ciliegie?”

E questi signori hanno detto: “Sì sì”, quindi si sono portati la scala, e hanno raccolto tutte le ciliegie che volevano. E abbiamo mangiato delle ciliegie buonissime, hanno fatto anche una marmellata buonissima di ciliegie. Ma che non belava, che non urlava contro i Comandamenti di Dio. Basta chiedere.

Come quelli che passano nei campi di granoturco, di mais e raccolgono una pannocchia: ma non è tua!

“Eh va bè per una pannocchia!”

“No, è per un chicco di mais, non è per una pannocchia, quel chicco di mais è tuo?”

“No”

E allora stai rubando.

“Eh… ma per un chicco di mais?”

Guarda che Lucifero è finito all’inferno per un pensiero.

Chiaro? Un pensiero ha precipitato Lucifero all’inferno, un pensiero. Quel chicco di mais non è tuo, quindi lo lasci dov’è.

“Ma sono passato e c’era lì l’uva che stava marcendo”

“È tua?”

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“No”

“Allora la lasci lì. La vuoi? Vai a chiedere.”

“Vabbè ma tanto non la prende nessuno”

“Appunto, la lasci dov’è, non è tua, se fosse tua fai quello che vuoi, ma siccome non è tua, la lasci dov’è”.

Mi piace tantissimo questa espressione di Benedetta, mi piace tantissimo:

“È necessario che ci separiamo.”

Tu sei un ladro, tu sei una ladra, quindi via! Non voglio avere niente a che fare!

Noi offendiamo il Signore, quando saremo soli lo serviremo meglio ed eviteremo di offendere mangiando la frutta altrui”

“Ma la legge prevede che …”

“Non mi interessa quello che prevede lai legge, a me non piace l’idea di andare a portar via la roba degli altri, perché a me non farebbe piacere.

“Quando saremo soli lo serviremo meglio”

È vero, quando si è soli si serve meglio il Signore, di quando si è in compagnie sbagliate.

“Ed eviteremo di offendere mangiando la frutta altrui”

Ricordatevi i fichi di Sant’Agostino, ha scritto pagine che sembrava avesse ammazzato qualcuno.

È tuo? No. Allora lo hai rubato. Non ci sono “se”, non ci sono

“ma”, e non ci sono “però”. Quelli che si mangiano le caramelle che non sono loro, quelli che in ufficio si portano via il temperino dell’ufficio… Ma è tuo? Se tutti i dipendenti, fossero 300, e si portassero tutti e 300 un temperino via, ma quella ditta lì cosa fa?

“No, ma questa è la penna dell’ufficio”

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Ma se 300 dipendenti si portano a casa 300 penne…?

“Ma io in ufficio mi faccio le fotocopie”

Ma la carta si paga, il toner si paga, la luce si paga. Chiedilo:

posso fare qualche fotocopia? Nel caso gliela paghi.

“Io in ufficio mi faccio i fatti miei, ho il computer e quando non c’è il capo mi metto a guardare le mie cose, mi sistemo la mia roba, mi faccio un giochino, mi rilasso un po’, guardo un video, scrivo con la chat…”

Ma tu, in quelle ore, sei pagato! Stai rubando il tuo stipendio!

“Vado a fare la pausa caffè”

Va bene, per amore del cielo, questo è un totem, ma per bere il caffè non ci vogliono 25 minuti! Poi la pausa caffè diventa anche la pausa sigaretta, quindi, pausa caffè, più pausa sigaretta, più pettegolezzi, gossip dell’azienda, del capo… Praticamente dopo ogni pausa caffè dovremmo confessarci.

Voi direte: “Mamma mia Padre Giorgio! Che esagerato!”

Ne riparleremo al giudizio di Dio. Sono esagerato? Va bene, dormo lo stesso e oggi mi mangio un piattone di pastasciutta col sugo, tranquillamente lo stesso, ma questo è quello che io penso, ed è quello che vi dico. Sto sbagliando? Benissimo! Voi andate avanti per la vostra strada, e io per la mia. Non voglio aver ragione, sarò sicuramente nel torto e starò sbagliando, ma questo è quello che penso, che credo, e che dico. È sbagliato? Pazienza, ne riparleremo davanti al giudizio di Dio.

Cosa mi potrà dire Gesù, al massimo?

“Padre Giorgio sei stato un po’ troppo rigido!”

Dirò: “Gesù, scusami, mi sembrava di doverla interpretare così.

Mi dispiace”.

Non credo che Gesù mi sgriderà tantissimo se sono stato un po’

troppo stretto. Ma preferisco che Gesù mi dica: “Giorgio sei stato

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un po’ troppo rigido, un po’ troppo severo”, piuttosto che sentirmi dire: “Giorgio, hai mancato contro il 5-6-7-8-10 Comandamento”

No, questo non me lo voglio sentire dire. Per che cosa? Per un fico, per una caramella, per una penna, per una moneta che mi sono messo in tasca e non era mia? Perché me lo devo sentire dire? Ho davanti la Vita Eterna, cosa mi interessa della moneta, del fico… cosa mi interessa a me? A me interessa la Vita Eterna.

“È necessario che ci separiamo. Noi offendiamo il Signore, quando saremo soli lo serviremo meglio ed eviteremo di offendere mangiando la frutta altrui”

Concludiamo con il secondo esempio, bellissimo.

Lì vicino a dove Benedetta portava il gregge c’era una sorgente chiamata: “Fonte chiara”.

“A poca distanza dal sito ove l’acqua scaturisce, e vicino al torrente Avance si vede uno stagno largo e profondo che in primavera e autunno si trasforma in un vero lago.

Un giorno Benedetta pascolava il suo gregge nei dintorni di quella sorgente, quando vide venire a quella volta due mulattieri, che conducevano vino a dosso di muli.

Il sito era solitario; e i due uomini ebbero il malvagio pensiero di approfittare di quella solitudine per tentare la virtù della pia pastorella, immaginandosi che una ragazza di quella condizione e di quell’età non avrebbe potuto opporre una seria resistenza ai loro infami disegni.

Appena la pastorella si accorse che venivano verso di lei, indovinò il loro pensiero, e subito si dette alla fuga, correndo verso la parte della palude. Povera fanciulla!

Non andrà forse a mettersi nell’impossibilità di sfuggire

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ai suoi persecutori? Perché fuggire da quella parte e non verso il villaggio?”

Ovviamente Benedetta non sapeva nuotare, era una ragazza di campagna, non di mare.

Cosa fece? Pregò il Signore che la salvasse dicendo che era disposta a tutto, anche perdere la vita, pur di non cedere. Quando Benedetta arriva al lago continua a correre, quindi decide di morire affogata, piuttosto che essere raggiunta da quei perversi.

Corre diretta verso il lago pronta a morire.

“Le acque si consolidano sotto i suoi piedi, e continua a correre sullo stagno, come se fosse in terra ferma, senza nemmeno bagnare l’orlo del vestito.”

Invece i due perversi che le corrono dietro si trovano in brevissimo tempo l’acqua fino al ginocchio e quindi si accorgono che questa loro vittima è protetta dal cielo e che ne avrebbero mai potuto raggiungerla.

“Si arrestano, e pieni di confusione rientrano in se stessi, domandandone perdono a Dio, e pubblicano dappertutto il prodigio provocato dalla loro vergognosa condotta.

Così Benedetta, a quindici anni, era decisa a morire annegata, piuttosto che perdere la sua innocenza.”

Domani vedremo: il teatro delle meraviglie della Vergine Maria.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

p. Giorgio Maria del Volto Santo

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Link del sito dove trovare tutte le omelie:

https://www.veritatemincaritate.com/category/omelie/

Canale Telegram:

https://t.me/VeritatemfacientesinCaritate

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