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Si può conciliare una controversia con l’Agenzia delle Entrate?

17 Marzo 2021Redazione

È possibile trovare un accordo e chiudere un contenzioso con l’Agenzia delle Entrate.

Ci sono casi in cui il processo non giunge al suo epilogo naturale e si estingue per

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l’inattività delle parti oppure per cessazione della materia del contendere. In particolare, si ha cessazione della materia del contendere quando viene meno l’interesse delle parti processuali ad avere una decisione sulla domanda giudiziale proposta.

Un caso di cessata materia del contendere si verifica quando avviene la conciliazione. Ma quando si può conciliare una controversia con l’Agenzia delle Entrate? E quali sono le modalità di definizione di una conciliazione giudiziale o stragiudiziale? Approfondiamo questi temi.

La conciliazione

Vi possono essere svariate ragioni per cui una controversia tra contribuente e Agenzia delle Entrate non trovi una sua definizione nella fase precontenziosa, quindi prima dell’inizio del processo, mentre poi risulti matura per una definizione durante la fase del processo senza aspettare la pronuncia della commissione tributaria provinciale o della commissione tributaria regionale.

Si pensi all’eventuale sopraggiungere di nuove pronunce giurisprudenziali, di nuove interpretazioni ministeriali o di nuovi spunti dottrinali che abbiano aiutato a chiarire un quadro normativo incerto e che abbiano così diminuito le possibilità di una soluzione vittoriosa della lite.

Si pensi a un possibile mutamento delle condizioni soggettive del contribuente che possono rendere opportuna la chiusura della lite anche a condizione di dover raggiungere un compromesso. Infatti, portare avanti un contenzioso con l’Agenzia delle Entrate ha sicuramente dei costi rilevanti, perché occorre pagare il professionista abilitato alla difesa tecnica (avvocato tributarista o commercialista) e anche il contributo unificato tributario.

Ebbene, la conciliazione giudiziale offre al contribuente l’ultima possibilità prevista dalla legge di trovare un accordo con l’Agenzia delle Entrate con la finalità di definire una controversia, ottenendo anche una consistente riduzione delle sanzioni. Infatti, le sanzioni amministrative si applicano nella misura del 40% e nella misura del 50% del minimo previsto dalla legge, se la conciliazione si perfeziona rispettivamente nel primo e nel secondo grado di giudizio.

Peraltro, la conciliazione può essere totale, se riguarda l’intero importo contestato,

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oppure parziale, se l’accordo viene raggiunto solo per una parte del tributo contestato.

Inoltre, se la violazione ha rilevanza penale, la definizione tramite conciliazione comporta la riduzione delle sanzioni penali fino alla metà e non si applicano le pene accessorie.

Dall’altro lato, la conciliazione giudiziale risponde ad un’esigenza di deflazionare i giudizi davanti alle commissioni tributarie e permette al contribuente di ottenere anche una riduzione delle sanzioni. Uno dei motivi della lentezza della giustizia italiana è legato alla grande quantità di procedimenti che occupano le aule giudiziarie.

La conciliazione fuori udienza

Per quanto riguarda la procedura della conciliazione “fuori udienza“, è previsto che, in qualunque momento del processo, qualora le parti raggiungano un accordo, le stesse presentino un’istanza congiunta di definizione totale o parziale della controversia.

In attuazione del principio della parità delle parti, l’iniziativa per il deposito dell’istanza non è più rimessa alla sola proposta formulata dall’Agenzia delle Entrate, alla quale il contribuente può decidere se aderire o meno, ma anche il contribuente può depositare una proposta di conciliazione.

Non sono fissati termini per il deposito dell’istanza congiunta, che può quindi avvenire anche direttamente durante l’udienza di discussione.

L’istanza congiunta viene poi sottoposta al vaglio del collegio giudicante, il quale, se ravvisa la sussistenza delle condizioni di ammissibilità dell’istanza (ammissibilità del ricorso introduttivo, materia di competenza della commissione tributaria, sussistenza del potere di conciliare), ed è stata già fissata l’udienza di trattazione, pronuncia sentenza di cessazione della materia del contendere, in caso di definizione integrale, ovvero dichiara, con ordinanza, la cessazione parziale della materia del contendere, se la definizione non riguarda l’intera controversia.

Se invece la data di trattazione non è stata ancora stabilita, provvede, con decreto, il presidente della sezione alla quale la causa è stata assegnata, sia con riferimento alla conciliazione totale che a quella parziale.

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La conciliazione in udienza

La conciliazione può avvenire anche in udienza. Infatti, ciascuna parte in causa può proporre istanza di conciliazione parziale o totale della controversia entro il termine di dieci giorni liberi prima dell’udienza di trattazione, anche se nulla vieta che la proposta conciliativa giunga direttamente nel corso dell’udienza di discussione, mancando qualsiasi indicazione normativa contraria.

Ovviamente, la proposta non può essere generica, ma deve contenere quantomeno i termini generali dell’accordo, al fine di consentirne una seria valutazione della stessa sia alla controparte che al collegio giudicante.

Quest’ultimo, in particolare, se ravvisa le condizioni di ammissibilità, invita le parti alla conciliazione nel corso dell’udienza di trattazione e, se necessario ai fini della definizione della controversia, rinvia la discussione ad una nuova data.

Se la conciliazione ha luogo, viene redatto apposito processo verbale contenente i termini esatti dell’accordo e le somme dovute. Conseguentemente, il collegio giudicante, con sentenza, dichiara la cessazione della materia del contendere.

Le spese processuali a seguito della conciliazione giudiziale

Nella conciliazione giudiziale le spese di giudizio sono interamente addebitate alla parte che abbia rifiutato la proposta di conciliazione senza giustificato motivo, ove successivamente il collegio giudicante, nelle motivazioni della sentenza emessa, dovesse ritenere le pretese della parte che ha rifiutato l’accordo di conciliazione inferiori al contenuto dell’accordo ad essa proposto.

In caso di intervenuta conciliazione, le spese del giudizio saranno invece dichiarate compensate, salvo diversa determinazione delle parti nell’accordo o nel processo verbale di conciliazione.

Il perfezionamento della procedura di

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conciliazione

La conciliazione si perfeziona con la sottoscrizione dell’accordo, in caso di conciliazione fuori udienza, ovvero con la redazione del processo verbale davanti al collegio giudicante, in caso di conciliazione in udienza, risultando così irrilevanti, ai fini della validità dell’intesa, le vicende successive relative al pagamento delle somme dovute.

Dunque, il perfezionamento dell’accordo non avviene più con il pagamento dell’importo dovuto o della prima rata, ma con la sola sottoscrizione del medesimo accordo, a cura delle parti o dei propri delegati.

Inoltre, è previsto che il versamento dell’intero importo o della prima rata, in presenza di un piano rateale, debba essere eseguito entro 20 giorni dalla data di sottoscrizione dell’accordo, per la conciliazione fuori udienza, o dalla redazione del processo verbale, per quella in udienza.

Rateizzazione dell’importo da versare a seguito dell’accordo di conciliazione

L’importo che il contribuente deve pagare e che è contenuto nell’accordo di conciliazione può essere rateizzato. Per somme maggiori di 50.000,00 euro, la dilazione può giungere sino a 16 rate trimestrali, mentre per le somme inferiori a tale cifra le rate sono 8, sempre trimestrali.

Quando il contribuente decide di rateizzare deve rispettare specifici tempi per non decadere dalla rateizzazione. Il contribuente decade dal beneficio della rateizzazione quando la prima rata non viene versata entro 20 giorni dalla firma dell’accordo.

Per quanto riguarda le rate successive alla prima, si decade dalla rateizzazione se le rate non vengono saldate entro il termine di scadenza della rata successiva.

Se una rata in scadenza il 31 agosto viene versata entro il 30 novembre (quindi entro il termine trimestrale della rata successiva) non c’è decadenza dalla rateizzazione. Tuttavia, se la rata in scadenza il 31 agosto viene pagata il 5 dicembre, quindi oltre il termine trimestrale della rata successiva (30 novembre)

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allora il contribuente decadrà dal beneficio della rateizzazione.

Non si decade dal beneficio della rateizzazione quando la prima rata viene pagata dopo la scadenza dei 20 giorni, ma, comunque, entro i 7 giorni successivi alla scadenza.

La prima rata scade il 31 agosto, pagare entro il 7 settembre (quindi, entro sette giorni dalla scadenza del 31 agosto) non comporterà la decadenza dal beneficio della rateazione.

Non si decade dalla rateizzazione nemmeno se il pagamento della rata è insufficiente, per un importo non superiore al 3% e, in ogni caso, a 10.000 euro.

Su una singola rata del valore di 1.000,00 euro, si considera lieve inadempimento versare soltanto 970,00 euro (con un mancato versamento di 30,00 euro, ossia il 3% di 1.000,00 euro).

Modalità di versamento degli importi contenuti nell’accordo di conciliazione

Il versamento delle somme dovute per la conciliazione delle controversie tributarie deve essere effettuato:

con modello F24 per le imposte dirette (Irpef, Ires), per l’Irap e per l’Iva;

con modello F23 per le altre imposte indirette (ad esempio, l’imposta di registro).

Nei modelli di pagamento devono essere indicati gli appositi codici tributo reperibili sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate.

Il poco utilizzo della conciliazione giudiziale

Dalla relazione annuale sul monitoraggio dello stato del contenzioso tributario effettuata dal ministero dell’Economia e delle Finanze, con riferimento

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all’anno 2019, emerge che sono ancora poche le conciliazioni giudiziali in primo e in secondo grado.

Nel 2019, nei giudizi di primo grado ci sono state solo 633 conciliazioni (0,37% del totale dei giudizi definiti), mentre in secondo grado le conciliazioni sono state 205 (0,35% del totale dei giudizi definiti).

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