Data: 4 Marzo Editore: Ludovica Germinario, Silvia Galli Autori: Flavia Pecoraro, Elena Tulli, Roberta Accoto, Luca Di Bella
Metabolismo e azione patogena dei batteri
Continuiamo la parte generale cercando di avere una visione d’insieme di quelle che sono le caratteristiche generali dei batteri.
Come si dividono i batteri
Il loro scopo principale è ovviamente quello della sopravvivenza, e quindi per sopravvivere hanno bisogno di replicarsi.
La replicazione batterica, rispetto a quello che avete fatto sicuramente in biologia per le cellule eucariotiche, è veramente molto più semplice.
I batteri si replicano in pochissimo tempo, soprattutto quelli di interesse medico.
Ma partiamo con ordine, il processo di replicazione batterica prende il nome di scissione binaria, quindi da una cellula madre si devono formare due cellule figlie identiche.
Ci sono varie fasi, non distaccate tra di loro e che avvengono più o meno contemporaneamente.
Innanzi tutto ci deve essere un aumento della massa cellulare e anche un aumento del numero di ribosomi. Quasi tutte le strutture sono formate quasi unicamente da proteine e quindi è chiaro che queste servono tantissimo.
Quindi :
Duplicazione del cromosoma batterico
moltiplicazione
creazione di una nuova parete cellulare e poi tutto il resto quindi:
sintesi della membrana citoplasmatica, dipartizione dei due cromosomi, formazione del setto, duplicazione cellulare e separazione delle cellule.
È una sequenza abbastanza semplice:
si parte dalla cellula madre, chiaramente avviene prima di tutto la duplicazione del DNA e si viene a creare contemporaneamente un setto a livello della membrana citoplasmatica, che si invagina e partecipa attivamente.
1) Replicazione del DNA: Non ho da dirvi molto di nuovo sulla replicazione del DNA rispetto a quello che sapete già, è di tipo semiconservativo: i due filamenti di DNA vengono usati come stampo per la creazione di due nuovi filamenti.La duplicazione parte da un punto di origine che prende il nome di ORI C, l’unica particolarità è che nel momento in cui si ha la duplicazione il cromosoma batterico rimane circolare (tranne qualche eccezione il cromosoma batterico è sempre circolare).
2) l’allungamento cellulare
3) formazione del setto, e in questo momento cominciano tutte le altre fasi, prima fra tutti 4) la duplicazione della parete cellulare (abbiamo visto la sintesi del peptidoglicano, valida
sia per i Gram+ che per i Gram-, processo necessario e indispensabile.)
5) distacco: una volta che tutte le strutture della cellula batterica si sono replicate avviene il distacco, a livello del setto divisorio, e la separazione cellulare, con la formazione di due cellule identiche.
Questa è un’ immagine della replicazione della cellula procariota.
Questo è un concetto importante che serve non solo nella ricerca ma anche nella diagnosi.
Per quanto riguarda quest’ultima è importante stabilire la così detta carica batterica, soprattutto per quei batteri che non sono strettamente patogeni. Per i batteri che non sono strettamente patogeni c’è bisogno che ci sia una certa carica batterica.
Come si forma la carica batterica?
La maggior parte dei batteri di interesse medico si replica in 20 minuti, o al massimo, a seconda delle sostanze nutritive presenti nell’ambiente nutritivo, in 2h.
La replicazione batterica è di tipo esponenziale. (tutto al raddoppio)
Quando si viene a creare la nostra infezione si forma in pochissimo tempo un “esercito” di batteri.
Per spiegare questo tipo di replicazione esponenziale viene costruita la curva di crescita, usata nella ricerca su una colonia batterica, ma non solo.
La curva di crescita ci fornisce un’idea, nel tempo, dell’accrescimento delle nostre cellule.
Abbiamo un sistema di assi cartesiani, ovviamente non possiamo far cominciare la curva dal punto zero e quindi dall’origine, perché un certo quantitativo di colonie batteriche dobbiamo comunque inserirlo all’interno di una coltura.
La fase di latenza è la fase in cui in nostri batteri si adattano al terreno in cui li abbiamo posti, non è quindi una fase di accrescimento.
fase logaritmica,o fase esponenziale : subito dopo vi è la fase di crescita, che prende il nome di fase logaritmica o fase esponenziale, in cui questi batteri, con grande velocità, raddoppiano il loro numero sempre in maniera esponenziale.
(La misurazione avviene solitamente con uno spettrofotometro)
fase stazionaria : se vogliamo capire cosa succede in una specie batterica, deve essere costruita tutta la curva, proprio per rendersi conto di dove arriva e qual è la punta massima di questo accrescimento, allora andiamo avanti, e ad un certo punto arriva quella che viene definita fase stazionaria. A questo punto il nutrimento in questo brodo di coltura sta cominciando ad esaurirsi, e quindi abbiamo un certo numero di batteri che riesce a replicarsi, e contemporaneamente un certo numero di batteri che muore (perché mancano i fattori nutritivi necessari). Quindi ora la curva è piatta: il numero di crescita dei batteri è uguale a 0! Naturalmente se portiamo avanti questa crescita, tutti i fattori nutritivi termineranno, e quindi il numero di batteri che muore sarà maggiore di quello che riesce a replicarsi.
Se noi invece vogliamo mantenere sempre una fase di crescita, è
necessario aggiungere
continuamente un brodo di coltura, aggiungendo nuovo materiale nutritivo per i nostri batteri. Questo è importante perché determina la carica batterica necessaria affinchè si abbia l’infezione.
Questo è l’apparecchio chiamato chemostato, con cui si può continuamente alimentare in terreno di coltura, in modo che i batteri restino sempre in una fase di crescita esponenziale.
SPORE BATTERICHE
Ci sono dei batteri che hanno la capacità di formare le spore batteriche o endospore.
Queste ultime sono una “capacità” di alcuni batteri di trasformarsi in questa forma particolare quando si trovano in condizioni di cattività: invece di morire in condizioni non ottimali, si trasformano in endospore.
(nell’immagine notiamo la forma vegetativa (in rosso) e le spore (in verde))
Quali sono le cause ambientali che portano a questo avvenimento?
- Alte temperature - Variazioni di pH - Radiazioni UV - Mancanza di H20 - Disinfettanti
Le spore sono molto importanti nell’ambito della sterilizzazione: uccisione di tutti gli organismi viventi, patogeni e non, comprese le spore.
Le endospore rappresentano una forma di resistenza.
Le due specie di interesse medico in grado di formare le spore sono:
- Bacilli Gram+ (genere bacillus) - Clostridi (tetani e botulinum)
E poi i clostridi, quindi basta che io vi dica:
clostridium tetani, clostridium botulinum.
Ne studieremo poi altri molto importanti e soprattutto molto diffusi in ambito ospedaliero.
Questi batteri dunque causano patologie e vengono definiti sporigeni perché hanno la capacità di trasformarsi in spore se si trovano in cattività.
Vediamo il tempo richiesto per uccidere una di queste specie:
Una cellula vegetativa normale, a 80 gradi per 5-10 minuti può essere distrutta.
una di queste specie capaci di essere sporigene, presenta un tempo differente.
Questo è il motivo per cui definiamo delle forme di resistenza per i batteri.
Questa è la disposizione delle spore, quasi sempre si trovano in forma apicale, dipende dalla specie,
però può essere anche centrale, oppure messa a formare una specie di bacchetta di tamburo.
Dobbiamo aggiungere però ancora qualcosa; abbiamo definito l’endospora come una forma di resistenza, una forma che assicura la sopravvivenza del batterio, però un’altra cosa importante per capire l’infezione come è sempre per la nostra clinica, è che sono delle forme metabolicamente inattive, viene definita una “cellula dormiente”. Cosa significa?
Significa che si trasforma in spora e rimane nell’ambiente per tanto tempo senza replicarsi ma nello stesso tempo senza morire. Sta lì tranquilla fino a quando non ci sarà qualcosa che gli permetterà di ritrasformarsi in cellula vegetativa. Questo essere metabolicamente inattivo si ricollega alla nostra clinica perché in realtà la spora non è infettiva in quanto tale, perché cosa può succedere?
Facciamo un esempio : consideriamo Clostridium tetani; siamo a scuola e ci tagliamo, abbiamo la ferita e per esempio ci imbrattiamo con del terriccio, del terreno, una delle modalità con cui potremmo prendere il tetano, ecco perché c’è pericolo. In questo terriccio ci potrebbe essere una
spora lasciata per esempio anche da animali. Quando veniamo in contatto con la spora che è metabolicamente inattiva, essa non è in grado di produrre le tossine, quindi non è la spora che provoca l’infezione. Ci possiamo infettare con la spora ma perché si abbia l’infezione è necessario che questa spora si ritrasformi in cellula vegetativa.
Perché, la cellula vegetativa, che è metabolicamente attiva riesce a produrre i suoi fattori di virulenza e anche a produrre le tossine con cui poi andrà ad agire, a provocare il danno nell’ospite.
E questo perché avviene nell’uomo? Perché un’altra cosa fondamentale delle spore è che oltre ad essere sporigene sono degli anaerobi, cioè vivono in assenza di ossigeno, quindi se entra una spora nella ferita trova una condizione di anaerobiosi e quindi è assolutamente in grado di ritrasformarsi in una cellula vegetativa e quindi metabolicamente attiva.
Questo è come è fatta la spora, cioè si trova in questo ambiente a lei sfavorevole e fondamentalmente mediante un processo che si chiama sporulazione, deve perdere l’acqua e circondarsi di una serie di strutture che gli permettono di rimanere forte nell’ambiente senza essere aggredita da altri elementi che potrebbero distruggerla. Quindi partendo dal centro della spora abbiamo quello che viene definito core , all’interno del core una certa parte di cromosoma batterico deve necessariamente rimanere perché altrimenti poi quando si formerà la cellula vegetativa non ci saranno tutti gli elementi genetici utili per poter riformare quella che poi è la cellula vegetativa. In questa trasformazione,da cellula vegetativa a spora, entra in gioco un elemento fondamentale che è il calcio e quello che viene definito, lo vedete disegnato qui sotto, è l’acido dipicolinico. Questo, insieme al calcio, forma il dipicolinato di calcio.
Tutte le strutture che circondano questo core della spora sono formate fondamentalmente, in maniera più o meno solida, da peptidoglicano. Del resto sono dei bacilli gram + quindi sapete che nei gram + il peptidoglicano è una struttura fortemente presente e molto spessa.
Quindi abbiamo la parete sporale di peptidoglicano, il cortex che invece è un peptidoglicano più sottile e la tunica che è ricca di proteine ma anche di peptidoglicano e l’ultima struttura che circonda tutta la spora e si forma nell’ultimo stadio della sporulazione prende il nome di esosporio, di natura fosfolipidica. Queste sono tutte le strutture.
I due processi sono:
la sporulazione in cui la cellula vegetativa si trasforma in spore e richiede dalle 6 alle 8 ore a seconda della specie;
Il processo inverso si chiama invece germinazione ed avviene in un tempo molto più rapido e questo vi spiega perché se noi veniamo in contatto con una spora e questa poi ha tutte le condizioni per trasformarsi in cellula vegetativa (soprattutto considerando il tetano che vedrete ha delle tossine che colpiscono il sistema nervoso centrale o il botulino) chiaramente poi la patologia è rapidissima e nel giro di pochissimo tempo noi possiamo avere tutte le manifestazioni cliniche tipiche di queste patologie.
Questo è il differenziamento della spora, che cosa varia rispetto alla divisione binaria che abbiamo visto? Fondamentalmente perde acqua.
1) In una prima fase abbiamo l’allungamento del cromosoma batterico, solo una parte che però contiene tutte le informazioni genetiche necessarie che sta formando la spora e che quindi poi si deve ritrasformare, solo una piccola parte si localizza in una zona molto piccola della cellula batterica.Quindi non è come prima la formazione del setto in parte centrale, perché le due parti devono essere assolutamente identiche.
2) Qui invece subito dopo la replicazione noi abbiamo la formazione del setto in maniera simmetrica, una piccola parte, ed è proprio questa parte così piccola quella che poi andrà a costituire alla fine la spora mentre il resto si perde.
3) Nella terza fase vediamo che la membrana citoplasmatica circonda questa piccola area che poi formerà la spora e ci deve essere un tempo che come abbiamo visto è anche tanto lungo, affinché si vengano a formare tutte quelle strutture fino ad arrivare all’esosporio che devono circondare questa spora. E questa fase in cui tutte le membrane vanne a circondare questa area così particolare si chiama prespora ed è ancora però all’interno della cellula vegetativa.
4) Solo quando tutte le strutture che circondano la spora si sono formate si ha la liberazione della spora vera e propria e alla fine c’è la degradazione di quello che rimane della cellula vegetativa. Quest’ultima va incontro a morte perché la spora contiene tutte le informazioni genetiche per replicarsi nuovamente.
Nella germinazione invece, il processo è molto rapido.
La cellula inizia a perdere tutte le strutture che la circondano rapidamente e rientra fondamentalmente acqua.
Quindi la spora che era disidratata a questo punto si reidrata, si trova in uno stato di anaerobiosi e poi torna la cellula vegetativa capace appunto di portare patologie e quindi manifestazioni cliniche.
METABOLISMO BATTERICO
Diciamo qualcosa anche sul metabolismo dei batteri. I batteri sono assolutamente autonomi,cioè non hanno necessità di entrare nella cellula ospite per replicarsi tranne alcuni, in realtà però sono infettivi solo di qualcosa e non di tutto quindi riescono a sopravvivere tranquillamente nell’ambiente in cui si trovano. Come tutti gli esseri viventi devono svolgere quelle funzioni anaboliche e cataboliche, come quei cicli che farete in biochimica con delle varianti ovviamente rispetto alla cellula di tipo eucariotico.
Quindi anche la nostra cellula procariotica ha bisogno di fattori nutritivi che gli permettono di prendere energia e poter formare le molecole di ATP e poter svolgere tutte queste azioni metaboliche e tutti questi cicli.
I fattori possono essere divisi in:
fattori nutritivi;
ambientali.
Come è composta la cellula batterica ?
La maggior parte della cellula è composta di acqua però a livello del peso, in realtà abbiamo:
- l’80% di proteine, acido nucleico, lipidi , polisaccaridi e abbiamo visto che oltre al cromosoma batterico la maggior parte di loro presenta altro tipo di genoma e di materiale genetico.
- Il 10 % da enzimi che sono importanti non solo per svolgere i processi metabolici ma anche in termini di capacità di creare patologie nell’ospite.
- Il restante 10% è l’acqua, il peso dell’acqua e sali minerali dispersi . Quali sono le sorgenti di energia?
In realtà i batteri , anche se quelli di interesse medico appartengono ad un solo gruppo, hanno anche diverse capacità di poter trarre energia.
Si dividono in:
- batteri autotrofi che utilizzano carbonio da composti inorganici;
- batteri eterotrofi che utilizzano carbonio da composti organici;
- batteri fototrofi che traggono energia dalla luce solare e si trovano soprattutto nell’ambiente(alghe verdi).
La maggior parte dei batteri di interesse medico sono eterotrofi cioè quelli capaci di dare patologia nell’uomo.
Tutte queste funzioni metaboliche della cellula si svolgono maggiormente nella membrana citoplasmatica, all’interno della quale si svolge anche la sintesi del peptidoglicano,ma ci sono anche tutte le strutture e specialmente enzimi necessari affinchè si svolgano tutte le reazioni metaboliche necessarie alla cellula procariote.
Non ha reticolo endoplasmatico .
Quali sono i fattori nutritivi necessari?
Sono più o meno uguali a quelli del metabolismo.
Sono nutrienti ma anche dei fattori ambientali ossigeno, ph, disponibilità di acqua , l’umidità è importantissima e la temperatura.
Adesso di tutti questi fattori vediamo quelli di interesse medico dove si collocano.
Infatti alcuni sono in grado di sopravvivere a qualunque temperatura e a qualunque pH, altri invece hanno bisogno di fattori ambientali specifici.
I nutrienti sono:
macroelementi che sono quelli che
utilizziamo anche noi come carbonio, ossigeno, azoto ma importanti ,per esempio nelle spore, il calcio, il ferro. Riguardo il ferro ad esempio c’è una lotta continua tra la cellula ospite e la cellula batterica che sta aggredendo l’ospite e riguarda il ferro e in seguito vedremo quali elementi hanno i batteri per captare il ferro dal nostro organismo.
microelementi cioè presenti in tracce come il manganese, zinco, cobalto ecc. Servono per il metabolismo procariotico.
Tra i fattori che permettono all’uomo di captare il ferro c’è sicuramente la transferrina. Attraverso questa proteina l’uomo riesce a fornire all’ospite il ferro di cui ha bisogno. Alcuni batteri presentano degli elementi detti siderofori, i quali possiedono una proteina chiamata TBPA (presente solo in
alcuni batteri) capace di sottrarre il ferro alla transferrina rintracciata dal batterio nell’ambiente in cui si trova. Questi batteri presentano quindi dei recettori che riescono ad agganciare la transferrina e sottrarre il ferro mediante i siderofori (di cui si parlerà in seguito).
Bisogna considerare che il nostro organismo possiede delle risorse che impediscono un facile sviluppo delle infezioni. In particolare, con il tempo la transferrina ha imparato a modificare la propria struttura in modo da evitare che la proteina TBPA potesse captare e sottrarle il ferro. Alcuni ricercatori, studiando la TBPA, hanno però scoperto che questa proteina, nonostante la modifica della transferrina, riuscivano comunque a sottrarre il ferro; ciò vuol dire che la TBPA ha sviluppato una struttura capace di superare l’ostacolo del sito di attacco modificato creato dalla transferrina.
Tutto ciò non è altro che una dimostrazione di come i batteri siano dotati di una loro ‘intelligenza’ e di come esista sempre un ‘gioco’ tra cellula ospite e cellula batterica.
Ruolo dell’ossigeno
L’ossigeno è un elemento fondamentale, che permette di creare una classificazione dei batteri in base al suo utilizzo. Si possono infatti distinguere:
- Batteri aerobi, i quali utilizzano l’ossigeno per la loro replicazione;
- Batteri anaerobi, i quali riescono a replicare solo in assenza di ossigeno e quindi in presenza di CO2; un esempio è dato dalle spore, le quali riescono a vivere in assenza di ossigeno.
Naturalmente questa classificazione elenca i due estremi di un’ampia gamma di batteri in grado di vivere in condizioni intermedie e che rappresentano la maggior parte dei batteri patogeni (di notevole importanza clinica).
- La maggior parte dei batteri patogeni corrisponde a quella degli aerobi/anaerobi facoltativi: si tratta di quei batteri che vivono e crescono anche in assenza di O2, anche se la loro crescita è più veloce in sua presenza. Questo significa ovviamente che in entrambe le situazioni (presenza/ assenza di ossigeno) si trovano in una condizione a loro ottimale
per la replicazione (anche se appunto avviene a velocità diverse). Questo è importante in quanto, quando in laboratorio si deve far crescere un batterio, occorre sapere come predisporre le condizioni ottimali alla loro sopravvivenza.
- Esistono poi molto batteri che vivono in una condizione nota come microaerofilia, ovvero una condizione nella quale i batteri crescono molto più velocemente in presenza di concentrazioni molto basse di O2 (circa 2-18%). Molti di questi batteri sono responsabili di patologie importanti, come accade per le Neisserie.
In laboratorio è possibile simulare le condizioni di microaerofilia; solitamente si utilizzano dei termostati ad una temperatura di 37 °C, nei quali si pongono le piastre batteriche e, in assenza di termostati dedicati, vengono utilizzate quelle che vengono chiamate giare. Le giare sono dei box all’interno dei quali vengono poste le piastre che devono crescere in aerobiosi o in microaerofilia.
Assieme alle piastre vengono introdotte delle buste (che si trovano in commercio), alcune delle quali hanno il ruolo di sottrarre completamente l’ossigeno, mentre altre lo sottraggono solo parzialmente. Sostanzialmente servono a creare artificialmente una condizione ottimale per la crescita del batterio; in laboratorio quindi si cerca di simulare ciò che avviene all’interno dell’organismo.
Ruolo del pH
Anche rispetto al pH i batteri assumono diverso comportamento. Si distinguono infatti batteri:
- Acidofili: riescono a vivere (cioè si trovano in una condizione ottimale) in ambiente a pH basso;
- Neutrofili: vivono a pH neutro;
- Basofili vivono a pH alcalino.
Il ph ottimale dei batteri è nell’intervallo 6.5 /7.5 (si considerano i batteri di interesse medico). Il ph ha un ruolo molto importante, tanto che rappresenta uno dei mezzi utilizzati nel ‘combattere’ i batteri. Nello stomaco è presente uno dei pochi batteri che riesca a superare l’acidità gastrica, noto come Helicobacter pylori. Tuttavia non tutti i batteri sono in grado di vivere in queste condizioni, tanto che in pochi minuti, gran parte dei batteri che si introducono nello stomaco con
l’alimentazione vengono portati direttamente nell’intestino, nel quale sono in grado di sopravvivere; in tal modo i batteri si allontanano da quell’area che sarebbe per loro assolutamente inospitale.
Ruolo dell’acqua
I batteri hanno bisogno di un’elevata quantità di acqua a disposizione per vivere, il che ci permette di capire il contributo fondamentale di questo elemento. In particolare i batteri vivono in ambienti il cui grado di umidità (presenza di acqua libera) è davvero alto. Gli unici elementi batterici che riescono a vivere in un ambiente i cui non vi è la giusta umidità sono le spore. (Quanto detto riguarda i batteri di interesse medico).
Ruolo della temperatura
In funzione della temperatura dell’ambiente in cui i batteri si trovano, si distinguono:
- batteri termofili: questi batteri crescono ad elevate temperature (47-70°C); di notevole importanza sono i batteri che vivono a temperature comprese tra 50-55 °C perché alcuni di essi sono in grado di provocare patologie nell’uomo (tutto ciò verrà approfondito nel corso di microbiologia clinica in cui si punterà l’attenzione sulle varie specie batteriche. Si deve quindi memorizzare questo concetto che verrà poi approfondito);
- batteri mesofili: crescono a temperature intermedie (20-45°C). Costituiscono la maggior parte dei batteri di interesse medico in quanto la loro temperatura ottimale di sopravvivenza è intorno ai 37°C. Se quindi l’ospite presenta questa temperatura, è chiaro presupporre che tali batteri siano in grado di sopravvivere. Tra questi vi sono i batteri che vengono trasmessi dalle zecche: in questi organismi la temperatura non è di 37 °C come nell’uomo, ma nonostante ciò, nel momento in cui la zecca trasmette l’uovo, i batteri riescono a trovare delle risorse per adattarsi a sopravvivere anche nell’ambiente dell’ospite la cui temperatura non è pari a quella ottimale. I batteri quindi riescono a superare delle alte escursioni termiche;
- batteri psicrofili: crescono a basse temperature (0-25°C), ma la loro temperatura ottimale è tra i 20 e i 25°C.
La temperatura è un fattore che si utilizza molto, soprattutto nelle fasi sperimentali. Al fine di conservare dei batteri (per lo sviluppo ad esempio di un vaccino), questi vengono posti ad una temperatura che va dai -20 gradi ai -80 °C; la temperatura infatti non può essere alta in quanto ciò Batterio Temperatura Temperatura
ottimale Termofilo 47- 70°C 50-55°C Mesofilo 20-45°C 30-37°C Psicrofilo 0-25°C 20-25°C
ridurrebbe la stabilità dei ribosomi che non permetterebbero alla cellula di replicarsi. Seguirebbe dunque la denaturazione degli enzimi con conseguente morte cellulare. Quando invece i batteri vengono posti a – 20 o meglio ancora – 80, si blocca in quel momento la crescita e la replicazione dei batteri. Questo spiega il motivo per cui, quando il ceppo deve essere conservato, questo viene posto nel congelatore a queste temperature. Le basse temperature determinano inoltre una diminuzione della fluidità della membrana; si blocca quindi la cellula in queste condizioni così che, quando questa viene scongelata, si ritorni alle condizioni in cui ci si era fermati.
In generale i ceppi batterici posti a -20°C possono essere conservati solo per poco tempo, in quanto possono cambiare alcune delle loro caratteristiche; al contrario, ad una temperatura di - 80°C si possono conservare ceppi anche per anni, in quanto la cellula si cristallizza e non muta.
Azione patogena dei batteri
Occorre adesso valutare l’azione patogena dei batteri: è importante soffermarsi su questo aspetto, in quando trattando di fattori di virulenza, di colonizzazione e di infezione in modo specifico sarà necessario conoscere l’aspetto della patogenicità di un batterio.
L’uomo è abitato da milioni di batteri che instaurano con l’uomo rapporti diversi.
- Alcuni batteri vengono definiti simbionti in quanto instaurano con l’uomo un rapporto di reciproco vantaggio, che viene appunto definito ‘simbiontico’. Un esempio di tale rapporto è dato dai batteri che colonizzano il nostro intestino, i quali sono fondamentali per i nostri processi digestivi, partecipando alla formazione della vitamina K che non potrebbe essere sintetizzata in assenza di tali organismi. Oltre a questa azione i batteri simbionti sono importanti per bloccare i batteri patogeni: quando si è in una condizione di equilibrio tra popolazioni di batteri in un dato distretto, nessun batterio prende il sopravvento. Si può quindi considerare questo meccanismo ‘microbiota’ come un primario elemento di difesa. In generale il termine microbiota fa riferimento ai batteri che vivono in un particolare distretto corporeo, mentre con il termine microbioma si fa riferimento al corredo genetico proprio dei batteri. Vi è quindi una precisa differenza tra microbiota e microbioma.
- Altri batteri vengono definiti commensali, i quali costituiscono una popolazione di batteri
‘indifferenti’, che nel passato veniva chiamata flora (presente in un distretto) e che attualmente viene definita microbiota.
- Altri ancora vengono definiti patogeni; questi non sono altro che batteri, che a seguito del contatto con l’ospite inducono una condizione di malattia
I patogeni in sé sono davvero pochissimi; esistono tuttavia dei batteri che hanno potenzialità di trasformarsi in patogeni pur vivendo normalmente nell’ospite. La stragrande maggioranza dei batteri è comunque assolutamente non patogena.
Un patogeno in quanto tale agisce:
- invadendo il tessuto dell’organismo ospite;
- moltiplicandosi;
- danneggiando la funzionalità fisiologica dell’ospite con liberazione di sostanze tossiche.
Si ha quindi un primo evento di adesione ed un ultimo evento di liberazione di tossine.
Batteri opportunisti
Tra le due classi di batteri simbionti e patogeni vi è una classe intermedia. Questa classe riguarda quei batteri che pur non essendo patogeni possono dare infezione e che vengono definiti batteri opportunisti; le relative infezioni sono definite opportunistiche. Tali infezioni si verificano in due situazioni:
1. Quando un batterio che normalmente si trova in un distretto, ad esempio intestinale (costituendo il microbiota intestinale), si trasferisce in un altro distretto.
Esempio pratico: si considera il batterio Escherichia coli (esistono tantissime specie che danno tantissime infezioni) che si trova normalmente nel microbiota intestinale. Alcune specie possono trasferirsi, per la vicinanza, nel distretto urinario dove possono determinare un infezione (in caso di infezione di questo tratto il primo patogeno ad essere isolato è Escherichia coli). Questi batteri hanno infatti delle strutture specifiche che permette loro di aderire alle cellule dell’epitelio urinario ed infettarlo. Quindi una caratteristica dei patogeni opportunisti è quella di trasferirsi da un distretto di cui normalmente fanno parte in un altro dove invece sono in grado di dare infezione.
2. La seconda condizione si verifica più frequentemente e che riguarda un paziente immunodepresso. Un batterio che negli individui immunocompetenti non determina sviluppo di infezione, può essere invece causa di infezione in un individuo immunodepresso (motivo per cui si definiscono infezioni opportuniste).
Batteri transitori
Ai diversi gruppi di batteri nominati si deve aggiungere l’esistenza di batteri definiti transitori.
Questi rappresentano una serie di batteri che fanno parte di un distretto ma che occasionalmente possono raggiungerne un altro (come dice il termine stesso transitoriamente) e magari essere poi eliminati dal sistema immunitario.
Microbiota
E’ necessario conoscere (verrà approfondito) che nell’ organismo umano si hanno dei distretti sterili come il sangue e le meningi, in cui assolutamente non esiste alcun batterio. Qualunque batterio che riesce a raggiungere questo tessuto e a moltiplicarsi, dà infezione. La maggior parte dei distretti dell’organismo sono però colonizzati da diversi batteri.
Malattie sostenute da microrganismi
Le malattie provocate dai microrganismi sono provocate da infezione esogena o endogena. Le malattie da infezione esogena sono dovute a infezioni provenienti dall’ambiente esterno. In questo ambito è necessario prendere in considerazione le infezioni che vengono contratte in ambiente ospedaliero; tali infezioni possono essere trasmesse da tutto il persone ospedaliero ai pazienti ricoverati i quali, molto spesso risultano immunodepressi e quindi facilmente attaccabili dai microrganismi; ciò rende l’infezione particolarmente pericolosa.
Le infezioni esogene possono derivare da:
- Materiale inanimato (microorganismi ambientali);
- Animali infetti (Zoonosi);
- Soggetti infetti (malattia infettiva o contagiosa: se un soggetto presenta già l’infezione può essere contagioso; in questi casi è importante l’isolamento).
Le malattie da infezione endogena sono invece dovute a:
- Anormale espansione numerica di una specie in un distretto dell’ospite;
- Trasferimento di microrganismi in altri distretti.
Fasi del potere patogeno
Per la maggior parte dei batteri patogeni la colonizzazione dell’ospite si limita alla capacità di aderire sulle superfici mucose. Un batterio raggiunge un determinato distretto e, grazie alle Adesine, riesce ad attecchire. I batteri non sono in grado di aderire a tutti i distretti: esistono infatti diversi batteri che prediligono un distretto piuttosto che un altro e ciò dipende dalle specifiche adesine presenti sulla cellula batterica, che hanno una specifica capacità di legarsi ai recettori della cellula ospite. Certi batteri possono quindi giungere ad un determinato distretto, colonizzarlo e rimanere localizzati in quella sede, che quasi sempre è rappresentata dalle mucose (che rappresentano la principale porta di ingresso delle infezioni). È chiaro quindi che una prima forma di difesa (prima che il nostro sistema immunitario entri in gioco) consiste nel mantenere l'integrità di tutte le mucose; se queste non sono integre e presentano delle lesioni (si parla di lesioni minime), possono rappresentare la porta d’ingresso di questi batteri.
Se i batteri si stabiliscono in una specifica sede, le infezioni vengono definite infezioni localizzate e, molto spesso si tratta semplicemente di colonizzazioni che non danno luogo a nessuna manifestazione clinica al paziente. Purtroppo, naturalmente, non sempre questo avviene e, attraverso il sistema linfatico, ma in particolare attraverso il sistema ematico, questi batteri possono causare infezioni in altri distretti per il rilascio di endotossine; tali infezioni vengono definite infezioni sistemiche. Quando si parla di questo tipo di infezione si fa riferimento generalmente ad un’infezione che colpisce più organi.
Quindi:
infezione locale danno locale
infezione sistemica rilascio di endotossine in grado di diffondere
Nell'immagine vengono rappresentati i vari stadi dell’infezione.
Si parte dalla contaminazione e dalla colonizzazione, che non rappresentano un vero e proprio stato di infezione, ma che è importante conoscere soprattutto nei reparti ospedalieri, nei quali è facile trovare batteri più resistenti (specialmente agli antibiotici), che sono piuttosto pericolosi.
Quando questi batteri vengono trovati in un paziente e questo non presenta alcuna manifestazione clinica, non necessariamente necessita di essere trattato con antibiotico. La differenza tra colonizzazione e infezione virale non può essere data dal laboratorio di microbiologia, che dà informazioni su ciò che è stato isolato e la segnalazione del microrganismo. In questo caso sta al medico stabilire di cosa si tratta; se il paziente non ha sintomi, nonostante la segnalazione, può essere dimesso senza intraprendere nessuna terapia, che potrebbe addirittura causare maggiori problemi date tutte le difficoltà dei batteri resistenti. Quindi solo l’insieme dell'identificazione del laboratorio di microbiologia e della clinica del paziente (i diversi sintomi che presenta) può fornire un dato certo su uno stato di colonizzazione o di infezione.
La malattia rappresenta invece uno stato di compromissione maggiore, talvolta anche molto evidente.
Ci sono poi ulteriori possibilità:
- le infezioni latenti sono infezioni che restano nascoste e che possono riattivarsi. Questo tipo di infezione sarà comune in virologia, in cui si individueranno moltissimi virus latenti, come ad esempio l’herpers virus labiale, che rappresenta uno degli esempi più eclatanti.
Questi batteri rimangono nell'ospite e, a seguito dell’instaurarsi di particolari condizioni, si riattivano causando un’infezione.
- I portatori rappresentano invece la condizione più pericolosa; il soggetto viene definito portatore sano in quanto ospita un particolare patogeno senza manifestarne la presenza, ovvero senza manifestare sintomi. Tale soggetto non sa di possedere quel dato microrganismo o può trovarsi nel periodo di incubazione (per questo sono i soggetti più pericolosi); il patogeno può essere trasferito ad un secondo soggetto e causare un’infezione.
Nell'immagine alcuni termini che saranno spesso nominati.
La patogenicità indica la capacità di generare infezione o malattia.
La carica batteria rappresenta il numero iniziale di batteri infettati (è stato visto con la curva di crescita). Spesso è importante che ci sia una carica batterica elevata affinché si abbia l'infezione.
La virulenza del batterio indica invece il grado di patogenicità ed è causata dai fattori di virulenza, i quali sono specifici per un determinato gene e a volte specifici per una determinata specie.
Tappe del processo infettivo
Nell'immagine troviamo le tappe del processo infettivo che riguardano batteri, anche se tuttavia queste fasi sono più o meno valide anche per virus e miceti.
1. La prima tappa è rappresentata dall’esposizione: l'ospite deve entrare in contatto col microrganismo che ha la capacità di dare infezione.
2. La seconda tappa è l'adesione, ovvero l’intimo contatto tra la cellula batterica e la cellula dell'ospite;
3. La terza tappa prevede la moltiplicazione, in cui i batteri si devono replicare e formare il famoso esercito, ovvero l'insieme delle colonie di una data specie batterica. Solo questo punto avremo la colonizzazione o, se c'è infezione, quella che chiamiamo infezione localizzata. Se al contrario l’infezione non è localizzata in uno specifico distretto, si può avere l’invasione dei tessuti.
4. Nell’invasione i tessuti dell'ospite vengono distrutti e il batterio si infiltra sempre di più; può inoltre utilizzare la via ematica per invadere e raggiungere altri organi. Le tossine che vengono prodotte hanno un trofismo per particolari distretti e per questo andranno a localizzarsi in specifiche aree, dove possono provocare dei danni.
Modalità di trasmissione La trasmissione può essere:
- ORIZZONTALE:
o diretta (contatto diretto, contatto sessuale, trasfusione di sangue, di organo ecc.);
o indiretta (ingestione di alimenti, acqua o attraverso roditori, zecche, zanzare ecc.) o verticale che riguarda madre e figlio e i siti di innesco sono specialmente cute e mucose.
- VERTICALE (transplacentare, perinatale).
Siti di infezione
Un sito di infezione è ad esempio la bocca; tramite l’aria, che passa per le vie aeree, si può avere diffusione di un’infezione a livello delle prime porzioni delle vie (che sono colonizzate da moltissimi batteri) o a livello polmonare (bronchi e i polmoni presentano diversi fattori difensivi che li mantengono sterili).
Anche la congiuntiva, e l'apparato urogenitale, per tutte le trasmissioni a carattere sessuale, sono siti di infezione.
Adesione
Quando la cellula microbica raggiunge cute e mucose, quindi le cellule epiteliali, avviene il primo contatto cui segue un’adesione. L’adesione avviene tra strutture chiamate adesine, che si ritrovano sulla cellula batterica, e i recettori della cellula dell'ospite. In generale le nostre cellule non presentano recettori per i batteri, bensì recettori (dati da proteine, glicolipidi, carboidrati) che sono presenti per motivi diversi, per agganciare sostanze, ormoni e vari prodotti. Tali recettori hanno comunque la capacità di legare i batteri grazie al fatto che questi presentano le adesine; di conseguenza se un batterio incontra un recettore libero e presenta l’adesina, sarà in grado di legarsi alla cellula ospite.
Le adesine batteriche sono generalmente:
- Fimbre o pili;
- Acido lipoteicoico;
- Capsula;
- Strato mucoso;
- Biofilm.
In particolare, per quanto riguarda i gram negativi troveremo pili e fimbrie, al di sopra dei quali si collocano le adesine, mentre nei gram positivi la funzione adesiva è svolta dagli acidi teicoici e lipoteicoici.
Oltre a queste strutture partecipa anche la capsula e lo strato mucoso con la formazione del biofilm; queste strutture possono essere particolarmente pericolose (soprattutto il biofilm) in quanto rendono il batterio dotato di un elemento in più per l’adesione, ma anche perché svolgono la funzione di opporsi alla fagocitosi.
Nell'immagine troviamo esempi di pili di un batterio gram-; le adesine sono poste all'apice dei pili che aderiscono perfettamente ai recettori della cellula dell'ospite.
Il motivo per il quale le adesine sono poste all’estremità del pilo è dato dal fatto che se così non fosse l’adesione risulterebbe difficile e rischiosa: difficile perché le due cellule sarebbero entrambe cariche negativamente e quindi si respingerebbero, rischiosa perché, ammesso che riescano a vincere questa carica negativa, verrebbero avvolte e circondate dal sistema immunitario e quindi verrebbero distrutte.
Non esiste un solo tipo di pilo. I pili di Escherischia coli, che è un gram-, aderiscono alle cellule dell’epitelio urogenitale grazie alla presenza di adesine specifiche. Troviamo anche vari tipi di fimbrie (che abbiamo già esaminato), alcune delle quali molto particolari perché formano un ciuffo molto raggomitolato.
Dopo l’avvenuta fase di adesione i batteri iniziano a replicarsi, dando vita alla fase esponenziale di crescita; si forma quindi l’’esercito’ che va a colonizzare un determinato distretto. Come abbiamo
visto, l’infezione non è sempre localizzata; ci sono degli specifici enzimi, che vedremo di volta in volta per le varie specie batteriche, i quali sono in grado di distruggere il tessuto dell'ospite, di invaderlo e di rappresentare il modo con cui, attraverso la via ematica, il batterio riesce a diffondere verso un particolare organo. Di conseguenza, parlando di enzimi, occorrerà soffermarsi sul loro ruolo di invasione, degradazione e distruzione.
Dopo aver invaso i tessuti, i batteri liberano le loro tossine che determineranno diverse patologie.
Le tossine vengono classificate in:
- Endotossine: lipopolisaccaridi (LPS, sono quindi di natura polisaccaridica) liberati in seguito a disgregazione del batterio
(solo gram-). Le endotossine hanno diversi effetti, dalla febbre allo shock tossico;
- Esotossina: di natura proteica, prodotte in forma solubile da batteri (gram+ e gram-); e diffuse nei tessuti dell’ospite.
Le esotossine possono svolgere la loro funzione colpendo l’organo per cui sono specifiche (sistema nervoso centrale, intestino); questo evento scatena una serie di sintomi vari che dipendono dalla tossina in esame. Sono termoregolabili.
Nell’immagine sottostante è illustrato un meccanismo che coinvolge i macrofagi; alcuni macrofagi, anziché svolgere questo compito, lo ostacolano.