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PARLAMENTO EUROPEO
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2004
Commissione per gli affari esteri, i diritti dell'uomo, la sicurezza comune e la politica di difesa
PROVVISORIO 2000/2014(COS) 12 marzo 2003
PROGETTO DI RELAZIONE
sulla domanda di adesione della Turchia all’Unione europea (COM(2002) 700) – C5-0613/2000 – 2000/2014(COS))
Commissione per gli affari esteri, i diritti dell'uomo, la sicurezza comune e la politica di difesa
Relatore: Arie M. Oostlander
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INDICE
Pagina PAGINA REGOLAMENTARE... 4 PROPOSTA DI RISOLUZIONE ... 5 MOTIVAZIONE ...
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PAGINA REGOLAMENTARE
Con lettera del 23 settembre 1999 la Commissione ha trasmesso al Parlamento la sua relazione sulla domanda di adesione della Turchia all’Unione europea (COM(2002) 700) – 2000/2014(COS)).
Nella seduta del … il Presidente del Parlamento ha comunicato di aver deferito tale relazione alla commissione per gli affari esteri, i diritti dell'uomo, la sicurezza comune e la politica di difesa per l'esame di merito (C5- /2000).
Nella riunione dell’11 settembre 2002 la commissione per gli affari esteri, i diritti dell'uomo, la sicurezza comune e la politica di difesa ha nominato relatore Arie M. Oostlander.
In quest'ultima riunione/Nell'ultima riunione indicata ha approvato la proposta di risoluzione con ... voti favorevoli, ... contrario(i) e ... astensione(i)/all'unanimità.
Erano presenti al momento della votazione ... (presidente/presidente f.f.), ... (vicepresidente), ... (vicepresidente), ...(…), ..., ... (in sostituzione di ...), ... (in sostituzione di ..., a norma dell'articolo 153, paragrafo 2, del regolamento), ... e ... .
La relazione è stata depositata il ....
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PROPOSTA DI RISOLUZIONE
Risoluzione del Parlamento europeo sulla domanda di adesione della Turchia all’Unione europea (COM(2002) 700) – C5- 2000 – 2000/2014(COS))
Il Parlamento europeo,
– vista la domanda di adesione della Turchia all’Unione europea, presentata il 12 aprile 1987 a norma dell’articolo 49 del trattato sull’Unione europea,
– viste le conclusioni dei Consigli europei di Copenaghen (21-22 giugno 1993), Firenze (21- 22 giugno 1996), Lussemburgo (12-13 dicembre 1997), Cardiff (15-16 giugno 1998), Colonia (3-4 giugno 1999), Helsinki (10-11 dicembre 1999), Santa Maria Da Feira (19-20 giugno 2000), Nizza (7-9 dicembre 2000), Göteborg (15-16 giugno 2001), Laken (14-15 dicembre 2001), Siviglia (21-22 giugno 2002), Bruxelles (24-25 ottobre 2002) e
Copenaghen (12-13 dicembre 2002),
– viste le sue precedenti risoluzioni sulla Turchia,
– viste le raccomandazioni adottate il 5-6 giugno 2000 dalla commissione parlamentare mista UE-Turchia,
– vista la decisione del Consiglio, dell’8 marzo 2001, relativa ai principi, alle priorità, agli obiettivi intermedi e alle condizioni specificati nel partenariato per l’adesione della Repubblica di Turchia,
– visto il programma nazionale della Turchia per l’adozione dell’acquis, approvato dalla Turchia il 19 marzo 2001 e trasmesso alla Commissione il 26 marzo 2001,
– vista la relazione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa del 13 giugno 2001 sul rispetto degli obblighi e degli impegni da parte della Turchia,
– viste le conclusioni della riunione del Consiglio di associazione UE-Turchia del 16 aprile 2002,
– viste le decisioni della Corte europea per i diritti dell’uomo concernenti la Turchia, – vista la risoluzione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa del 23 settembre
2002 concernente l’esecuzione, da parte della Turchia, delle decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo,
– vista la relazione della Commissione (COM(2002) 700 – C5- 2000)1, – visto l'articolo 47, paragrafo 1, del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione per gli affari esteri, i diritti dell'uomo, la sicurezza
1 Non ancora pubblicata in Gazzetta ufficiale.
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comune e la politica di difesa (A5-..../2003),
A. considerando che tutti i cittadini dell’Unione devono disporre, nei rispettivi Stati membri, di diritti e doveri equivalenti e devono sapersi tutelati e riconosciuti nell’intera Unione contro le discriminazioni e i comportamenti scorretti da parte delle autorità, e che pertanto il soddisfacimento e il rispetto dei criteri politici di Copenaghen costituisce una conditio sine qua non per imboccare la via verso la piena adesione,
B. considerando la decisione di Helsinki del 1999 con la quale la Turchia ha acquisito lo status di candidato all’adesione all’Unione europea,
C. considerando che il 3 novembre 2002 il partito AK ha vinto a stragrande maggioranza le elezioni parlamentari anticipate; che la popolazione l’ha fatta finita con il vecchio
establishment, il che implica un nuovo movimento nella politica governativa; che il partito AK si trova ora ad affrontare il difficile compito di dare esecuzione alle riforme legislative e di metterne altre in atto e di dare vita a uno Stato di diritto democratico ben funzionante, D. considerando che la soglia elettorale del 10%, se da un lato ha permesso di evitare un
Parlamento frammentato, dall’altro ha finito per sacrificare la rappresentatività, visto che il Parlamento rappresenta solo il 55% degli elettori,
E. considerando che la Costituzione, approvata sotto un regime militare nel 1982, non offre un quadro giuridico adeguato per garantire lo Stato di diritto e le libertà fondamentali, e che la Turchia può dare espressione alla sua scelta a favore di un modello di Stato di diritto democratico elaborando una nuova Costituzione basata su valori europei; che ciò mette in questione in modo fondamentale la struttura dello Stato e lo stile di governo, F. considerando che la filosofia su cui è basato lo Stato turco, il “kemalismo”, implica un
timore eccessivo di vedere indebolita l’integrità dello Stato e un’enfasi sull’omogeneità della cultura turca (nazionalismo) nonché lo statalismo, un ruolo forte dell’esercito e un atteggiamento molto rigido in materia di religione, per cui questa filosofia stessa
costituisce un ostacolo sulla strada verso l’adesione all’UE,
G. considerando che i cambiamenti richiesti devono andare al di là degli adeguamenti cosmetici, come la firma di convenzioni che non vengono poi ratificate e l’adozione di modifiche legislative che non sono applicate o lo sono solo in misura insufficiente, H. considerando che le riforme e gli investimenti compiuti dalla Turchia nel processo di
democratizzazione andranno a vantaggio dei cittadini, anche a prescindere dalle relazioni con l’Unione europea,
I. considerando che un’eventuale adesione deve essere fondata su criteri chiari ed
inequivocabili e che le dichiarazioni e le decisioni del Consiglio europeo riguardanti la Turchia nel corso dell’ultimo decennio presentano alcune incoerenze,
J. considerando che la conclusione dell’accordo di adesione nel 1963, l’ammissione della Turchia al Consiglio d’Europa (1949), le decisioni del Consiglio e le risoluzioni del Parlamento non hanno determinato fino a tempi recenti un cambiamento apprezzabile nell’atteggiamento dello Stato turco e che tra il 1981 e il 1984 la Turchia è stata
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addirittura sospesa dal Consiglio d’Europa,
K. considerando che una soluzione al problema della divisione di Cipro riveste importanza essenziale per le relazioni tra l’UE e la Turchia,
1. premette che la volontà politica della Turchia di dare attuazione a cambiamenti radicali nella struttura dello Stato, nel rapporto con la società, nell’applicazione dei diritti dell’uomo e nello stile di governo è essenziale per il processo verso l’adesione all’UE;
2. è consapevole che si tratta di un processo di riforma di lunga durata, nell’ambito del quale la Turchia sarà posta di fronte a scelte decisive e per il quale sarà necessario l’aiuto europeo;
3. riconosce che i valori politici dell’Unione europea sono basati principalmente sulla cultura giudaico-cristiana e umanistica dell’Europa, ma osserva allo stesso tempo che non esiste un monopolio di tali valori; ritiene pertanto che essi possano essere perfettamente accettati e difesi da una società prevalentemente islamica;
4. si compiace delle riforme attuate a partire dall’ottobre 2001, in particolare in quanto esse sono vissute dalla popolazione come un importante miglioramento;
5. rivolge un appello alla Turchia a portare avanti le riforme avviate nel 2001; ritiene che tali riforme possano essere valutate solo sulla base della loro applicazione;
6. constata che è stata data solo in parte esecuzione alle priorità a breve e medio termine, in particolare per quanto concerne i criteri politici di Copenaghen, quali stabilite nell’attuale partenariato per l’adesione della Turchia (2001);
Criteri politici di Copenaghen Organizzazione dello Stato
7. constata che negli ultimi quindici anni l’esercito ha svolto sempre più un ruolo di pilastro nello Stato e nella società turchi e che i cittadini gli riconoscono un valore superiore addirittura a quello delle altre istituzioni dello Stato, compreso il Parlamento; constata che in tal modo il ruolo dell’esercito frena l’evoluzione della Turchia verso un sistema
democratico pluralistico e chiede pertanto che il potere politico di decisione spetti integralmente alle autorità civili, sostenute dalla fiducia dei cittadini ed elette democraticamente, in modo da ricondurre il potere tradizionale della burocrazia e dell’esercito (the deep state) alle forme più comunemente ammesse negli Stati membri;
8. ritiene che nell’ambito della riforma dello Stato sia necessario a più o meno lungo termine abolire il Consiglio di sicurezza nazionale nel suo ruolo e nella sua posizione attuali; è consapevole che l’auspicata modifica della struttura incontrerà forti resistenze;
9. suggerisce in particolare che i rappresentanti militari si ritirino dagli organi civili come l’Alto consiglio dell’istruzione e quello dei mezzi audiovisivi, onde assicurare la piena indipendenza di tali istituzioni; incoraggia le autorità turche a instaurare un pieno controllo parlamentare sul bilancio militare quale componente del bilancio nazionale;
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10. ritiene che il successo della riforma dello Stato dipenderà anche dalla misura in cui il governo riuscirà a liberarsi del suo eccessivo timore di vedere emergere il
fondamentalismo e il separatismo, che è un riflesso degli articoli 13 e 14 della Costituzione1; invita il governo ad intrattenere rapporti distesi con l’Islam e con la
religione in generale; respinge il secolarismo rigido che suscita reazioni antidemocratiche, come l’islamismo intollerante;
11. sottolinea che i cambiamenti richiesti sono così fondamentali da esigere una nuova Costituzione, basata esplicitamente non già sul kemalismo, bensì sui principi democratici europei, in cui si stabilisca in particolare un equilibrio tra diritti individuali e delle
minoranze e diritti collettivi, conformemente a quelli che sono gli standard abituali europei e che trovano espressione, ad esempio, nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali;
12. ritiene che la grande importanza attribuita dalla Turchia al nazionalismo e
l’interpretazione di parte data al laicismo non siano in linea con il modello europeo di integrazione caratterizzato dalla tolleranza e dalla non discriminazione nei confronti delle comunità non musulmane e degli altri gruppi minoritari; ritiene che l’applicazione di una nuova Costituzione, ancora da elaborare, possa far cadere queste obiezioni;
13. chiede al governo e al Parlamento, eventualmente con la collaborazione della
Commissione europea, di stimolare il dibattito pubblico sulle caratteristiche dello Stato in relazione ai valori politici dell’UE, anche nel quadro dei risultati della Convenzione, onde rafforzare la coscienza democratica dei cittadini; chiede alle autorità turche e alla
Commissione di organizzare campagne di informazione per migliorare le conoscenze dei cittadini turchi per quanto concerne l’Unione europea e gli obblighi derivanti da
un’adesione a quest’ultima;
14. sottolinea che, per rafforzare il carattere democratico della società, è indispensabile che si affermi una società civile attiva; ritiene che debbano essere adottate leggi, basate su una costituzione moderna, che incoraggino lo sviluppo di organizzazioni sociali libere in ambito economico, sociale e culturale; pone l’enfasi sui valori di un’autentica concertazione tripartita tra autorità e parti sociali;
15. ritiene inoltre che la popolazione possa essere più strettamente associata alla presa di decisioni e che la politica possa essere meglio sintonizzata sulle esigenze grazie al decentramento di determinati compiti del governo e all’attribuzione di tali compiti ad autorità elette di livello più basso, prevedendo il necessario controllo per assicurare la trasparenza;
Stato di diritto e democrazia
16. incoraggia le autorità turche a riconoscere il principio del primato del diritto
internazionale sul diritto nazionale in caso di divergenza sostanziale per quanto concerne il rispetto dei diritti dell’uomo e dello Stato di diritto; ritiene che tale misura sia necessaria per consentire un ravvicinamento della Turchia alle norme vigenti negli Stati membri dell’Unione europea;
1 Gli articoli riguardano la protezione della “indivisibilità del territorio” e “la natura laica dello Stato”.
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17. deplora che la Turchia abbia ritardato così a lungo l’esecuzione delle decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo (ECHR), esecuzione che è stata sollecitata dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa con una risoluzione del 23 settembre 2002 (tra le decisioni in questione figura anche quella riguardante la causa Loizidou); constata inoltre la sfiducia nei confronti dell'ECHR; invita i procuratori e i giudici turchi ed europei a procedere ad uno scambio di esperienze al fine di porre il sistema giudiziario turco in sintonia con i sistemi europei correntemente in vigore; chiede alla Commissione e al Consiglio d'Europa di portare avanti il programma di scambi avviato nell'autunno del 2002 e di ampliarlo con altri tipi di formazione;
18. sottolinea l'importanza di un potere giudiziario indipendente e competente; chiede all'autorità pubblica di adottare misure energiche e coerenti per migliorare la qualità del sistema giudiziario e le qualifiche dei giudici, cui incombe la grande responsabilità di creare una nuova cultura legale al servizio del cittadino favorendo l'interpretazione e l'applicazione corretta delle leggi a tutti i livelli (locale, regionale e nazionale); chiede alla Commissione di esaminare le possibilità di aprire alla Turchia il programma comunitario di formazione di giudici "Grotius";
19. ritiene che la giurisdizione militare debba cedere il passo a quella civile;
20. chiede alla Turchia di portare avanti la sua lotta contro la corruzione e di ratificare senza indugi le pertinenti convenzioni internazionali già sottoscritte; sottolinea che, nella lotta contro la corruzione, una società trasparente, con mezzi d'informazione liberi, e una giustizia indipendente sono essenziali e che, in particolare, i processi per corruzione dovrebbero essere più aperti e controllati dai media e da altre organizzazioni che esercitano un’attività di vigilanza;
21. raccomanda che il sistema elettorale contribuisca a far sì che la composizione del Parlamento rispetti pienamente il principio della democrazia rappresentativa;
Situazione dei diritti dell'uomo e protezione delle minoranze
22. ricorda l'impegno assunto dal governo turco di abolire definitivamente la tortura
(tolleranza zero); constata con preoccupazione che la pratica della tortura continua e che i torturatori godono spesso dell'impunità; chiede che vengano prese le misure più energiche e coerenti, sia a livello legislativo che a livello di istruzione, per porre rimedio a questa autentica piaga della vita politica turca e che il Centro per il trattamento e la riabilitazione delle vittime della tortura di Diyarbakir, sostenuto dalla Commissione europea, possa portare avanti le sue attività senza ostacoli;
23. chiede alle autorità turche di assicurare che tutti i prigionieri, compresi quelli posti in stato d'arresto sotto la giurisdizione dei tribunali di sicurezza dello Stato, abbiano
effettivamente accesso immediato all'assistenza giuridica, anziché solo dopo due giorni;
24. prende atto delle limitatissime modifiche legislative del 3 agosto 2002, con le quali sono stati accordati ai curdi diritti in materia d'istruzione e il diritto alle emissioni in lingua curda; chiede tuttavia alla Turchia di operare pienamente nello spirito della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, della Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali e della Carta europea dei diritti fondamentali dell'Unione europea;
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25. rispetta la preminenza del turco come primo idioma nazionale, ma ritiene che si debba dare spazio ad altre lingue autoctone e alle lingue liturgiche (come l'aramaico/siriaco), la qual cosa è un diritto democratico dei cittadini;
26. chiede con insistenza l'amnistia per i prigionieri di opinione che espiano la pena nelle prigioni turche per prese di posizione non violente;
27. ritiene che gli articoli rivisti 159, 169 e 312 del codice penale e l'articolo 8 della legge antiterrorismo continuino a limitare il diritto alla libertà di espressione1; rivolge un appello alle autorità turche affinché allineino questi articoli, nella forma e nell'applicazione, sulla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, a sopprimere le limitazioni all'esercizio dei diritti fondamentali figuranti in altre parti della legislazione turca (legge RTUK) e a interpretarli in tale spirito;
28. rivolge un appello alle autorità turche perché cessino immediatamente le attività
discriminatorie che ostacolano la vita delle minoranze religiose in Turchia, in particolare per quanto riguarda i diritti di proprietà, le donazioni, la costruzione e manutenzione delle chiese e la capacità di agire delle direzioni delle scuole; insiste affinché tutte le
denominazioni cristiane in Turchia siano autorizzate a tenere scuole di teologia e seminari per la formazione dei loro religiosi; chiede in tale contesto che venga revocata la chiusura del seminario greco-ortodosso di Halki;
29. chiede alla Commissione di elaborare uno studio comparativo delle disposizioni che disciplinano la libertà religiosa in Turchia e di quelle degli Stati membri dell'Unione, facendo riferimento alla definizione di "libertà religiosa" adottata dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo e dal Consiglio d'Europa; incoraggia le autorità turche ad allineare le leggi in materia su quelle consacrate dai trattati internazionali;
30. sollecita parità di trattamento, riconoscimento e protezione per gli Aleviti e i Bahai;
31. si compiace della revoca dello stato di emergenza il 30 novembre 2002 nelle ultime due province, Diyarbakir e Sirnak, ma rivolge un appello alla Turchia affinché contribuisca alla cessazione delle tensioni per quanto concerne la popolazione curda e a prestare assistenza alla ricostruzione della regione sudorientale, ad agevolare il rientro sia degli sfollati che dei profughi che si trovano nell'Unione europea e a far cessare l'occupazione di fatto dei villaggi curdi e siro-ortodossi da parte delle "guardie di villaggio" armate;
32. chiede alle autorità turche di assicurare il controllo civile su qualsiasi eventuale attività militare nelle regioni in questione e di esigere che le forze di sicurezza (polizia ed esercito) rispondano delle loro azioni in ogni circostanza;
Relazioni esterne della Turchia
33. invita la Grecia e i greco-ciprioti, che hanno la prospettiva dell’adesione all'UE, ma anche i turco-ciprioti e la Turchia a compiere passi coraggiosi per giungere ad una soluzione soddisfacente per ambo le parti sulla base della proposta del Segretario generale Kofi
1 Gli articoli concernono "l'oltraggio alle istituzioni dello Stato" (articolo 159), "sostegno ad
un'organizzazione clandestina armata" (articolo 169), "l'incitamento all'odio di classe, etnico, religioso o razziale) (articolo 312) e "la propaganda separatista" (articolo 8).
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Annan;
34. chiede alle autorità turche di revocare l'embargo contro l'Armenia per ridurre il grave ritardo economico della regione colpita da questa misura; sollecita il riconoscimento reciproco e il ripristino delle relazioni diplomatiche come componente dei criteri politici da rispettare;
35. invita gli accademici, le organizzazioni sociali e le organizzazioni non governative turche e armene ad avviare contatti ovvero a portare avanti il loro dialogo nella prospettiva di mettere definitivamente una pietra sul passato;
36. accoglie positivamente il costante miglioramento delle relazioni bilaterali tra Turchia e Grecia e incoraggia una soluzione negoziata dei conflitti bilaterali ancora aperti, nello spirito delle conclusioni di Helsinki;
Relazioni Turchia-UE
37. invita il Consiglio europeo ad assumere posizioni chiare e coerenti e a prendere decisioni sulla base dei criteri noti ad ambo le parti, tenendo conto delle relazioni periodiche della Commissione e delle risoluzioni del Parlamento;
38. ritiene che, non appena la Turchia riterrà di essere pronta, si debba avviare un progetto comune Turchia-UE con l’obiettivo di pervenire a riforme fondamentali dello Stato turco, in modo che la Turchia possa dimostrare la sua accettazione dei valori fondamentali dell'Unione europea, il che rappresenta una conditio sine qua non per l'apertura della prospettiva di una piena adesione;
39. ribadisce la sua posizione secondo cui i due programmi di sostegno finanziario adottati nel 2002 dalla Commissione devono essere destinati prioritariamente al soddisfacimento dei criteri politici;
40. ribadisce la richiesta rivolta alla Commissione di elaborare proposte per una più ampia cooperazione con la Turchia a breve e medio termine, in particolare nei settori della politica energetica, della protezione dell'ambiente a livello regionale, della lotta contro la criminalità trasfrontaliera e dei programmi Cultura 2000 e Media, e di ottimizzare le potenzialità derivanti dell'unione doganale;
41. prende atto della disponibilità della Turchia ad onorare i propri impegni quale membro della NATO, malgrado le gravi conseguenze che essa potrebbe subire in quanto paese limitrofo dell'Iraq;
42. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché al governo e al parlamento della Turchia.
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MOTIVAZIONE Storia e contesto
Le reazioni della Turchia come Stato candidato all'adesione all'Unione europea ai criteri stabiliti dall'Unione sono molte diverse da quelle dei candidati dell'Europa centrale e orientale (paesi PECO). In ambo i casi è necessario riformare in modo profondo le strutture dello Stato per preparare l'adesione. I PECO si staccano con grande entusiasmo dalle vecchie strutture (totalitarie) per prendere la via dello Stato di diritto democratico, secondo il modello dell’UE.
Nel caso della Turchia non si può veramente parlare di una chiara aspirazione ad
incamminarsi su questa strada. Eppure, si sa che il trattato di Roma permette l'adesione solo agli Stati di diritto democratici. Ne consegue che il maggiore ostacolo all'ammissione della Turchia consiste è la lentezza con cui il paese adempie ai criteri politici di Copenaghen. L'UE non deve parlare di questo problema in termini velati, che suscitano false aspettative e frenano la disponibilità turca a procedere alle riforme. L'opposizione democratica turca si è lamentata all'epoca della mancanza di un solido appoggio da parte del Consiglio e della Commissione. Il Parlamento è l’istituzione che si è espressa nel modo più chiaro sulle carenze dal punto di vista dello Stato di diritto.
I primi quarant'anni successivi alla domanda di adesione sono andati persi, in quanto c'era poco interesse a riformare lo Stato turco per farne uno Stato di diritto democratico. Anche dopo il primo riconoscimento della Turchia come candidato all'adesione nel 1999 i progressi compiuti dal paese per ottemperare ai criteri di Copenaghen sono stati caratterizzati da un dinamismo diseguale, con gradi diversi di volontà politica per quanto concerne la
realizzazione delle riforme e loro attuazione. Le misure positive sono state spesso seguite da un'attuazione inadeguata o addirittura da azioni contraddittorie, che pongono in una certa misura in dubbio la sincerità dell’impegno turco quanto alle riforme. Anche l'ammissione al Consiglio d'Europa nel 1949 non ha avuto l’atteso effetto di stimolo ai fini della
concretizzazione dell’importante punto della riforma nel senso dello Stato di diritto democratico. Per alcuni anni (tra il 1981 e 1984) la Turchia è stata addirittura sospesa dal Consiglio d'Europa. Una siffatta politica di ammissione non merita quindi di essere seguita dall’Unione europea. È pertanto necessario che il Consiglio conduca una politica realistica e coerente basata su criteri inequivocabili.
La scelta a favore dei valori politici dell'Unione
È anche perché i cittadini dell'Unione devono essere convinti che la Turchia possa essere uno Stato membro normale - in cui un cittadino democratico si sente libero, protetto e a proprio agio - che si dovrà porre la massima enfasi sul rispetto dei criteri politici. Per quanto concerne i PECO che aderiranno all'Unione del 2004 i cittadini dell’UE non hanno praticamente avuto dubbi su questo punto.
Nella risoluzione si è pertanto indicato nel modo più chiaro possibile in quali settori devono essere prioritariamente realizzati miglioramenti e riforme. Su tutti questi punti si chiede alla Turchia una chiara scelta a favore dei (o contro i) valori politici cui l'Unione attribuisce tanta importanza. Si riconosce che questi valori sono nati in una cultura con caratteristiche
giudaico-cristiane e umanistiche, ma nessuno può accampare un monopolio su di essi. Si deve partire dal principio che tali valori possono essere accettati e appoggiati anche da una società islamica.
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Trasformare uno Stato basato su una filosofia kemalistica (cfr. considerando F) in uno Stato membro dell'UE, che accetta e sostiene i valori politici ai quali l'Unione è così fortemente attaccata è un'impresa di ampio respiro. Per tale motivo la strategia di ampliamento acquisirà un carattere diverso da quella per gli Stati candidati attuali. Si dovrà convincere la Turchia della priorità della riforme statali. Questo "capitolo" dovrà precedere gli altri 31.
Programma di riforma
Il punto saliente è la posizione dell'esercito, il quale gode di un potere di gran lunga superiore a quello che è accettabile per uno Stato di diritto. Il Consiglio della sicurezza nazionale è la principale espressione del potere politico dei militari. Il bilancio per la difesa è separato dal bilancio nazionale e non è sottoposto ad un adeguato controllo parlamentare. Il potere dell'esercito nei settori dell’economia, dell'istruzione e dei media è estremamente forte.
L'esercito deve naturalmente essere soggetto ad un controllo civile. Infatti, in un Stato di diritto democratico europeo il baricentro della politica è costituito dal governo e dal parlamento, e così dovrà essere anche in Turchia. Ciò significa che i compiti politici che finora sono stati assegnati all'esercito, compresi i "think tank" creati a questo scopo, devono tornare nell'ambito di competenza del governo.
Nella filosofia dello Stato turco il rapporto tra diritti individuali e delle minoranze, da un lato, e diritti collettivi, dall'altro, è di gran lunga troppo sbilanciato dalla parte dei diritti collettivi, degli interessi collettivi e della sicurezza collettiva, il che costituisce una causa importante delle violazioni dei diritti umani e dei diritti delle minoranze.
La cosiddetta separazione tra Chiesa e Stato in Turchia assume la forma di una dominazione dello Stato sull'Islam sunnitico, che come contropartita beneficia di privilegi esclusivi. In Turchia viene posto l'accento sull'omogeneità culturale e religiosa. Le altre tendenze culturali o religiose ne risentono o possono essere addirittura ostacolate nel loro funzionamento.
La Costituzione attuale è stata elaborata nel 1982 dai militari, la cui impronta è chiaramente riconoscibile. Per tale motivo essa non si presta ad essere adeguatamente emendata per tenere conto delle questioni citate sopra. Pertanto, la soluzione migliore è che la riforma dello Stato sia accompagnata dall'elaborazione di una nuova Costituzione, basata pienamente sui valori politici europei consueti nell'UE.
Ovviamente, anche la soluzione della questione di Cipro e la normalizzazione delle relazioni con l'Armenia sono una componente del rispetto dei criteri di Copenaghen.
Sarebbe auspicabile che le questioni fondamentali esposte sopra venissero affrontate in modo sistematico. Nella risoluzione Swoboda sulle relazioni con la Turchia, approvata il 3 dicembre 1998, si raccomandava già uno schema temporale chiaro e vincolante per l'eliminazione degli ostacoli politici. Visto che gli obiettivi a medio e breve termine figuranti nell'accordo di partenariato del 2001, segnatamente quelli politici, sono apparsi solo in parte realizzabili, un calendario vincolante rappresenta chiaramente un punto problematico. Tuttavia non si possono lasciar passare anni e anni prima che vengano soddisfatti i criteri politici. Il
partenariato risulterebbe poco credibile. Come nel caso dei paesi che aderiranno nel 2004, la certezza dell'adesione esiste solo una volta soddisfatti i criteri.
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Passi concreti
Ultimamente si è osservata una maggiore disponibilità da parte turca ad attuare riforme nel senso dello Stato di diritto. Si possono citare le riforme costituzionali (ottobre 2001), il nuovo codice civile (novembre 2001), tre ulteriori riforme legislative (febbraio, marzo e agosto 2002) e i pacchetti di armonizzazione 4 e 5 (adottati rispettivamente il 10 e 24 gennaio 2003).
L'ultimo pacchetto rappresenta uno sviluppo positivo per quanto concerne la rinnovazione del processo: viene infatti previsto il diritto alla rinnovazione del processo nei casi in cui la Corte europea dei diritti dell'uomo ha statuito che le decisioni dei tribunali nazionali hanno violato la Convenzione europea per i diritti dell'uomo. Ciò avrà un effetto diretto sulle cause di certi ex parlamentari del Partito pro curdo (DEP) alcuni dei quali sono ancora detenuti, come la vincitrice del premio Sacharov, Leyla Zana. Il Parlamento chiede la sua liberazione da ben nove anni, ma finora senza alcun risultato .
Nel novembre 2002 è stato revocato lo stato di emergenza vigente nella zona sud-occidentale del paese nelle ultime due province di Diyarbakir e Sirnak . Per i cittadini queste riforme sono in alcuni casi già molto significative e vi è motivo di compiacersene. Ma rispetto al percorso da fare si tratta ancora di piccoli passi che, a quanto risulta, vengono compiuti con
grandissime difficoltà. Da parte UE non si deve dare l'impressione che con questi piccoli passi la Turchia sia già quasi arrivata al traguardo. Il cambio della guardia al parlamento e al
governo è tuttavia motivo di ottimismo. L'AKP si mostrerà probabilmente più disponibile a prendere le distanze dalla vecchia filosofia dello Stato. Tuttavia, anche per questo governo il processo di riforma si scontrerà con fortissime resistenze.
Approccio immediato e di fondo
Quanto precede rappresenta per l'Unione un motivo di più per non adottare un atteggiamento attendista, ma per assistere attivamente questo governo nel soddisfacimento dei criteri politici di Copenaghen. Questo approccio implica che l'azione volta al rispetto di tali criteri non deve essere rinviata ad una data futura. Il compito può essere avviato immediatamente, non appena il governo di Ankara sarà pronto. L'Unione non dovrà svolgere un ruolo di osservatore
passivo, ma dovrà prestare la necessaria assistenza. Ai fini dell'efficacia è necessario che non venga occultato nessun problema, e certo non quelli più fondamentali, ma che vengano indicati concretamente i punti problematici.
Non si può escludere che la Turchia ritenga in ultima analisi che una riforma così fondamentale sia irrealizzabile ovvero non risponda ai suoi interessi. La lentezza
dell'attuazione e dell'esecuzione delle riforme potrebbero esserne un'indicazione. Chi tuttavia muove dal principio che la Turchia può perfettamente divenire uno Stato membro a pieno titolo dell'UE, non vorrà lasciare nessun margine, nell'ambito del processo di preadesione, a tentativi di eludere le scelte politiche centrali. Qui è in gioco anche la fiducia dei cittadini degli Stati membri attuali.
Assistenza da parte dell'Unione
La priorità va a una riforma fondamentale della Costituzione. In questo contesto il comitato di Venezia potrebbe fornire la necessaria assistenza costituzionale. Possono essere utilizzate
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anche le esperienze acquisite nell'elaborazione di una Costituzione per l'Unione europea nel corso della Convenzione. Dalla metà del 2002 nelle sottocommissioni del Comitato di associazione vengono elaborati studi dettagliati per quanto concerne la riforma della legislazione. Inoltre, l'Unione può fornire un'assistenza finanziaria e in personale ai
programmi di formazione e di scambi per il personale delle forze d’ordine, della magistratura, dell'esercito e dell'amministrazione, nella prospettiva di promuovere l'attuazione delle
necessarie riforme. L'Unione ha già adottato le necessarie decisioni di bilancio.
La Commissione ha recentemente presentato al Consiglio un partenariato di adesione rivisto.
Si tratta di uno strumento importante che, per essere efficiente, deve contenere un "ruolino di marcia" preciso, che rispecchi obiettivi chiari con una prioritarizzazione delle azioni e
calendari e scadenze più precisi per quanto riguarda la realizzazione degli obiettivi.
Una riforma durevole dello Stato e della legislazione può divenire realtà solo se ampiamente sostenuta dai politici e dall’opinione pubblica. Pertanto, è particolarmente auspicabile un dibattito tra la popolazione sui valori politici dell'UE. L'UE può fornire le necessarie informazioni. Inoltre, possono essere svolti studi comparativi per corroborare le argomentazioni a favore di determinate riforme.
Quando le scelte fondamentali saranno state operate e concretizzate e saranno diventate una base ovvia per l'attuazione e la politica, la strada che attraversa i "31 capitoli" non sarà certo senza problemi, ma sarà sicuramente praticabile.