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COLLEGIO DI NAPOLI. Membro designato dalla Banca d'italia. Membro di designazione rappresentativa degli intermediari. dei clienti

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COLLEGIO DI NAPOLI

composto dai signori:

(NA) CARRIERO Presidente

(NA) SANTAGATA DE CASTRO Membro designato dalla Banca d'Italia

(NA) GATT Membro designato dalla Banca d'Italia

(NA) ROSAPEPE Membro di designazione rappresentativa

degli intermediari

(NA) PALMIERI Membro di designazione rappresentativa

dei clienti

Relatore ESTERNI - SANTAGATA DE CASTRO RENATO

Seduta del 28/07/2020

FATTO

Il ricorrente riferisce di essere titolare di un buono postale fruttifero appartenente alla serie

“Q/P”, emesso il 31.3.1987, e, riscontrato negativamente il reclamo, si rivolge all’Arbitro al fine di ottenere la differenza che ritiene dovuta in applicazione delle condizioni economiche riportate sul titolo e relative al periodo dal 21° al 30° anno successivo all’emissione; a tal proposito l’istante evidenzia che, in sede di rimborso, l’intermediario non ha fornito specifica evidenza del dettaglio relativo agli interessi riconosciuti e alle

“imposte” applicate, comportamento che “trae in inganno il consumatore ignaro delle specifiche di calcolo ai fini di una contestazione immediata, verificata solo a seguito delle numerose pronunce dell ABF e giudiziarie pertanto si chiede che sia prodotta tale specifica questa sede per una precisa valutazione del rimborso”.

Costituitosi ritualmente, l’intermediario si oppone alle pretese del ricorrente e chiede all’Arbitro di dichiarare il ricorso irricevibile e/o inammissibile e/o improcedibile e, in ogni caso, infondato, stante la piena osservanza della normativa di riferimento.

In particolare, parte resistente – precisato che il buono in questione (collocato per conto della Cassa Depositi e Prestiti ed oggi, per quanto previsto dall’art. 5, comma 12°, D.L.30.9.2003 n. 269 convertito con modificazioni dall’art. 1 della legge 24.11.2003 n. 326 e dal D.M. 5.12.2003) è rimborsato a carico del Ministero dell’Economia e delle Finanze, cui il relativo rapporto è stato trasferito ed è soggetto alla disciplina del risparmio postale di cui agli artt. 171-182 del DPR 29.3.1973 n. 156 “Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni” (c.d.

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codice postale) ed agli artt. 203-214 del D.P.R. 10.6.1989 n. 256 (“Approvazione del regolamento di esecuzione del libro terzo del codice postale e delle telecomunicazioni (servizi di bancoposta)” regolamento di esecuzione per i servizi di bancoposta) – eccepisce che: 1) il buono in esame appartiene a tutti gli effetti alla serie “Q” istituita con il decreto ministeriale del 13.6.1986, pubblicato sulla G.U. n. 148 del 28.6.1986; la tabella dei rendimenti, allegata al decreto indicava i saggi di interesse e le relative somme oggetto di rimborso con interesse composto fino al 20° anno (8%, 9%, 10,5% e 12%) e con interesse semplice dal 21° anno sino al 30° anno (12%); 2) il rendimento della serie in esame, in particolare, è strutturato prevedendo un interesse composto per i primi vent’anni (ripartiti in scaglioni quinquennali a tasso crescente) ed un importo bimestrale, per ogni bimestre maturato oltre il ventesimo anno e fino al 31 dicembre del 30° anno successivo all’emissione, calcolato in base al tasso massimo raggiunto al 20° anno; 3) l’art. 5 del decreto citato prevede la possibilità di emettere i buoni della nuova serie utilizzando i moduli della precedente serie “P” – scelta derivante dalle esigenze finanziarie del Paese – su cui venivano indicati mediante l’apposizione di timbri, sul fronte e sul retro, i nuovi tassi di interesse e non anche l’importo da corrispondersi bimestralmente dal 21° al 30° anno, il cui sistema di calcolo (interesse semplice) rimaneva invariato in quanto rapportato al massimo raggiunto e, cioè, per i buoni in esame, al tasso del 12% come indicato nel timbro (e non al 15% come previsto per la serie “P” non più in emissione); 4) i titoli oggetto di ricorso sono stati rilasciati utilizzando il modulo della precedente serie P e presentano due timbri: uno sul fronte del titolo al fine di indicare in modo chiaro ed univoco la corretta serie di appartenenza, senza alcuna possibilità di fraintendimento, di dubbio o di affidamento incolpevole e l’altro sul retro, in modo altrettanto chiaro ed univoco recante i nuovi tassi degli interessi applicati, corrispondenti alla serie in emissione; 5) la correttezza del comportamento della resistente è stata riconosciuta dal Ministero dell’economia e delle finanze (nota del 15.2.2018 prot. N. DT 12768) e dai giudici di merito (e allega diverse sentenze in tal senso) e, in linea con i principi espressi dalla Suprema Corte di Cassazione a SS.UU. con la sentenza n. 3963/19, il titolare del buono appartenente alla serie “Q/P”

avrebbe dovuto – e, comunque, potuto – conoscere la disciplina dettata dal D.M.

13.6.1986 (poiché pubblicato in Gazzetta Ufficiale).

La convenuta ritiene, pertanto, infondata la domanda della ricorrente, volta ad ottenere il rimborso dei buoni postali fruttiferi, relativamente alla terza decade di durata, secondo la stampigliatura originaria riferita alla serie “P”, e cioè ad una serie differente da quella di appartenenza dei buoni sottoscritti (che sono della serie “Q”), facendo presente che le numerose decisioni dell’ABF, nel riconoscere il diritto del ricorrente al rimborso dei titoli secondo le indicazioni presenti sul titolo per il periodo dal 21° al 30° anno dall’emissione, non hanno considerato quanto previsto dal D.M. 13.6.1986 in merito alle informazioni da riportare sui “vecchi” moduli dei buoni della serie “P” e, in particolare, la differenza tra la nozione di tasso di interesse e quella di valore di rimborso puntuale (dato dalle somme complessivamente dovute per capitale ed interessi”) che risulta determinante ai fini della corretta lettura della tabella riportata sui citati buoni. A tal proposito, l’intermediario oppone che il D.M. 13.6.1986 stabilisce che sul modulo della serie “P” venga apposto un timbro che riporti “i nuovi tassi” e non anche i nuovi importi da rimborsare (art. 5 del D.M); il legislatore stesso, nel momento in cui ha autorizzato l’utilizzo dei moduli relativi alla precedente serie “P” per il rilascio di buoni della nuova serie in emissione ha evidentemente ritenuto idonea la sopra descritta modalità di aggiornamento proprio in considerazione del fatto che nulla veniva modificato in ordine alla modalità di calcolo delle somme dovute per l’intera durata del buono stesso, da calcolarsi sulla base dei nuovi tassi stabiliti per la serie “Q” e applicandosi per l’ultimo decennio di durata il massimo interesse raggiunto dal buono. La resistente precisa, altresì, che non sarebbe applicabile il principio

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del legittimo affidamento - espresso dalla Suprema Corte nella sentenza n. 13979/07 – sulle condizioni presenti sul titolo per diverse ragioni: i) in primo luogo le tabelle originariamente stampate sui titoli appartenenti alla precedente serie “P” e quelle presenti nel D.M. 13.6.1986 si compongono di due sezioni ben distinte: la prima sulla sinistra, nella quale vengono indicati i (quattro) tassi di interesse da applicare all’intero periodo trentennale di durata del buono; la seconda, nella quale sono riportate “le somme complessivamente dovute per capitale ed interessi” che non sono espresse in misura percentuale ma in valori assoluti; in tal senso appare inequivocabile quanto disposto dall’art. 4 del D.M. 13.6.1986, che distingue esplicitamente i saggi di interesse espressi in misura percentuale, di cui al primo comma, dalle somme dovute al cliente all’atto del rimborso dei buoni, di cui al secondo comma; ii) la fattispecie all’attenzione della Suprema Corte, poi, riguardava l’analisi di un buono che, per errore imputabile all'operatore postale, riportava tassi di una serie non più in vigore, perché superata da altra serie; nel caso in esame, invece, si è presenza di buoni postali fruttiferi in vigore sui quali è stato apposto, sul fronte, un timbro recante l’indicazione della nuova serie di buoni e, sul retro, altro timbro recante i nuovi tassi, sostitutivo di tutta la disciplina originariamente stampata su quel buono; iii) la recente posizione della Suprema Corte di Cassazione (v. sent. n.

3963/2019), inoltre, è nel senso di ritenere che – in applicazione del D.P.R. n. 156/1973 – la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale delle modifiche intervenute mediante decreti ministeriali e relativi ai tassi di interesse è sufficiente a far presumere la conoscenza da parte del sottoscrittore, così come condiviso anche dalla decisione assunta dal Collegio di Coordinamento nella seduta del 2.10.2019, in cui si legge che i buoni hanno “….la sola funzione di identificare l’avente diritto alla prestazione (confronta Cass. Sez. Un. 11 febbraio 2019 n. 3963)…senza incorporare alcun diritto cartolare…” con la conseguente assenza di rilievo della “letteralità” rispetto ai titoli di credito. In quanto meri titoli di legittimazione, prevalgono sul loro tenore letterale le determinazioni ministeriali in tema di interessi il cui carattere di imperio è ormai indubbio (cfr. art. 1339 c.c.; così Cass. SS.UU.

n. 3963/2019; Cass. SS.UU. n.13979/2007 e Cass. n. 27809/2005)”; iv) la sussistenza di un affidamento risulterebbe, dunque, infondatamente invocata in quanto il titolare del buono conosceva tutti i tassi di rendimento di tali buoni (applicabili all’intera durata trentennale del buono), come stabiliti dal Decreto Ministeriale o, comunque, avrebbe potuto conoscere tali tassi usando la normale diligenza (cita a sostegno delle proprie argomentazioni sentenze della giurisprudenza di merito e di legittimità che risultano anche allegate alle controdeduzioni, oltre a diverse decisioni anche dell’ABF.

La convenuta richiama anche la decisione della Corte Costituzionale n. 26 del 20.2.2020, pronunciatasi sul giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 173 del Decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni), così come modificato dall’art. 1 del decreto-legge 30 settembre 1974, n. 460 (Modifica dell’art.

173 del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156), convertito, con modificazioni, in legge 25 novembre 1974, n. 588, concludendo per l’assenza di violazione dell’art. 47 della Cost., dato l’”assoluto scoraggiamento del risparmio postale”, che ne sarebbe conseguito, per effetto della introdotta “possibilità di estendere retroattivamente le variazioni dei tassi di interesse”, con il “rischio di una modifica in senso peggiorativo delle condizioni esistenti”, senza le garanzie di trasparenza apprestate per il risparmio presso istituti di credito; la norma in questione – precisa la Consulta – “introduce una legittima modificazione” e, tale modificazione, trova il suo naturale ingresso all’interno del contratto di sottoscrizione del buono, mediante una integrazione “ab externo” del suo contenuto, riconducibile alla previsione dell’art. 1339 c.c.

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La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto Ministeriale avrebbe dunque assolto pienamente la fisiologica funzione di realizzare la piena ed effettiva della materia, agevolmente “conosciuta” e “conoscibile”; la sentenza della Corte Costituzionale richiama anche il principio del ragionevole bilanciamento tra la tutela del risparmio e la esigenza di contenimento della spesa pubblica: bilanciamento che, nel caso di titoli emessi da enti a soggettività statuale, implica la previsione di strumenti di flessibilità, atti ad adeguare la redditività di tali prodotti all’andamento dell’inflazione e dei mercati e delle fluttuazioni monetarie.

Il ricorrente deposita repliche alle controdeduzioni dell’intermediario, ove insiste per l’accoglimento della domanda, che precisa essere volta ad ottenere, con riguardo al buono in esame, il maggiore rendimento previsto dalla tabella posta sul retro del buono limitatamente al periodo dal 21°al 30° anno, nei termini che sono specificati e quantificati in euro 3.471,00. L’istante evidenzia, inoltre, che la Corte di Cassazione nella sentenza n.

13979/2007 ha affermato la prevalenza delle condizioni riportate sul titolo rispetto a quelle dettate dal regolamento istitutivo: posizione confermata anche dalla recente sentenza n.

3963 dell’ 11.2.2019 (SS. UU.) nella quale la Suprema Corte ha precisato che, in applicazione dell’art. 173 d.P.R. n. 156 del 1973 (“Le variazioni del saggio d'interesse dei buoni postali fruttiferi sono disposte con Decreto del Ministro per il tesoro, di concerto con il ministro per le poste e le telecomunicazioni, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale; esse hanno effetto per i buoni di nuova serie, emessi dalla data di entrata in vigore del decreto stesso, e possono essere estese ad una o più delle recedenti serie”), il sottoscrittore è sempre esposto alle variazioni, anche peggiorative, del saggio di interesse già accordato ai titoli sottoscritti, solo nel caso di provvedimenti successivi alla sottoscrizione; fa presente altresì che l’ art. 5 del D.M. 13.6.1986, con il quale era stata disposta l’ultima modifica dei tassi di interesse precedente all’emissione secondo quanto previsto dall’art.

173 del D.P.R. 29.3.1973, n. 156 (Codice Postale) – impone agli uffici emittenti l’obbligo, pur quando fossero stati utilizzati moduli preesistenti, di indicare sul documento il differente regime cui essi erano soggetti: il che, nella vicenda qui in esame, non è accaduto con riguardo al periodo tempo dal 21° al 30° anno BFP serie Q/P; tale circostanza dimostra, invero, come il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore, anche a mente delle previsioni normative richiamate, sia destinato a formarsi sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni, fatta salva la possibilità di una successiva eterointegrazione per effetto di decreti ministeriali modificativi dei tassi di rendimento, ai sensi dell’art. 173 del Codice Postale. Il ricorrente ritiene, infine, che l’intermediario in violazione ai suoi doveri di trasparenza e chiarezza non abbia correttamente indicato le condizioni economiche applicabili, essendo presenti sul titolo solo i tassi di rendimento fino al 20° anno successivo all’emissione.

DIRITTO

La controversia verte sull’accertamento delle corrette condizioni di rimborso di un buono fruttifero di cui parte ricorrente non ha prodotto copia e con riferimento al quale denuncia il mancato riconoscimento del rendimento risultante dalle condizioni riportati sul titolo.

In mancanza della predetta documentazione, la domanda è irricevibile, in quanto non vi è adeguata prova dei suoi elementi costitutivi.

Il Collegio deve infatti ribadire il proprio consolidato orientamento (con specifico riguardo alla fattispecie in esame, v. ABF Napoli, nn. 11593/2020 e 9270/2020; ABF Bari, n.

14760/2019; ABF Milano, n. 11523/2019) secondo cui l’Arbitro è chiamato a decidere sulla base della sola documentazione offerta dalle parti, sicché le richieste attinenti a buoni non

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prodotti devono ritenersi consulenziali, anche perché l’Arbitro, impossibilitato a verificarne la scadenza, non può stabilire se è già sorto o meno un diritto maturato da far valere da parte del ricorrente. È del resto pacifico l’indirizzo dell’Arbitro per cui è inammissibile un’istanza esplorativa volta a sollecitare il Collegio allo svolgimento di una funzione di tipo consulenziale, estranea agli scopi ed alle funzioni dell’ABF, il quale è organo chiamato a dirimere controversie sulla base di fatti dedotti e provati, non già a rilasciare pareri o rendere servizi di natura consulenziale ai ricorrenti (ex multis, cfr. ABF Napoli, nn.

5241/2018, 9161/2017, 2149/2019).

Per tali ragioni, e soprattutto in considerazione del tenore della domanda formulata dall’intermediario convenuto, il Collegio dichiara il ricorso irricevibile.

P.Q.M. Il Collegio dichiara il ricorso irricevibile.

IL PRESIDENTE

firma 1

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