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COLLEGIO DI NAPOLI. Membro designato dalla Banca d'italia. Membro di designazione rappresentativa degli intermediari.

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COLLEGIO DI NAPOLI

composto dai signori:

(NA) CARRIERO Presidente

(NA) FEDERICO Membro designato dalla Banca d'Italia

(NA) LIACE Membro designato dalla Banca d'Italia

(NA) GENOVESE Membro di designazione rappresentativa

degli intermediari

(NA) MONTICELLI Membro di designazione rappresentativa

dei clienti

Relatore SALVATORE MONTICELLI

Seduta del 21/09/2021

FATTO

La ricorrente, che ha sottoscritto nell’aprile 2011 un contratto di mutuo ipotecario con l’intermediario convenuto, riferisce che tale contratto prevedeva la possibilità per la banca di perfezionare il mutuo mediante la stipula di atti di erogazione correlati al completamento di iniziative previste nel programma d’investimento. L’operazione era quindi strutturata secondo lo schema del “doppio contratto”, in virtù del quale le parti hanno concordato la stesura di un piano di ammortamento originario da perfezionarsi nel successivo atto di erogazione, nonché la corresponsione di interessi di pre-ammortamento. In particolare, gli interessi, dovuti semestralmente, erano composti nel contratto di mutuo da una quota fissa nominale annua pari al 2,50%, e da una quota variabile. Nel dicembre 2013 è stato poi stipulato l’atto di erogazione del mutuo che ha previsto una quota fissa nominale di interessi annui pari al 5,80% e una quota variabile. In relazione a tanto, lamenta l’indeterminatezza del tasso corrispettivo che avrebbe subito un aumento immotivato.

Invero il primo contratto, da considerare nei fatti l’unico e definitivo, non ha precisato il potenziale incremento della percentuale del tasso corrispettivo degli interessi tale da duplicarne il costo. Chiede quindi al Collegio: di dichiarare la nullità per indeterminatezza del tasso di interesse, atteso il contratto di mutuo disciplina chiaramente la percentuale d’interessi corrispettivi che il mutuatario avrebbe dovuto corrispondere nel corso dell’intera obbligazione e il rimando a eventuali modifiche unilaterali della percentuale non può giustificare l’applicazione di un tasso quasi raddoppiato, in violazione dell’art. 1346 c.c. e dell’art. 117, comma 4, del TUB. In relazione a ciò chiede il ricalcolo degli interessi dovuti

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al tasso BOT con ripetizione di quanto versato in eccesso (pari a € 135.797,98). In via subordinata, chiede la retrocessione del tasso d’interesse secondo quello chiaramente indicato nell’atto di mutuo al momento della sottoscrizione dell’accordo, con diritto alla ripetizione dell’importo di € 77.992,06. In via ulteriormente subordinata eccepisce la violazione dell’art. 118 TUB in materia di ius variandi con conseguente retrocessione di € 77.992,06.

L’intermediario, costituitosi ritualmente nella procedura, ha replicato con le controdeduzioni in atti ed evidenzia quanto segue: la ricorrente ha sottoscritto un contratto di mutuo di credito agrario e che ai fini del perfezionamento l’atto in questione prevedeva la stipula di uno o più atti successivi di erogazione. In particolare, nel contratto di mutuo è stato contemplato espressamente l’obbligo del mutuatario di corrispondere gli interessi determinati nei singoli atti di erogazione. Ciò posto, nel dicembre 2013 le parti hanno effettivamente stipulato l’atto di utilizzo/erogazione in cui è stato determinato, in via definitiva, il piano di ammortamento e il tasso di interesse da utilizzare per il calcolo degli interessi corrispettivi, che risultano quindi esser stati correttamente calcolati sulla scorta del tasso concordato dalle parti. Alla luce di quanto dedotto, ribadendo che il tasso di interesse è stato concordato tra le parti nell’atto di erogazione del mutuo, chiede al Collegio di respingere il ricorso, in quanto infondato.

La ricorrente in sede di repliche ribadisce che il perfezionamento del mutuo attraverso uno o più atti di erogazione non può legittimare un aumento spropositato del tasso inizialmente pattuito. Eccepisce che l’immotivato aumento del tasso fisso prefigura un chiaro esempio di nullità, il cui accertamento presuppone l’applicazione del tasso sostitutivo ex art. 117 TUB, e, in subordine, in ossequio al principio di conservazione del contratto, la necessità di retrocedere il tasso applicato agli atti di erogazione a quello contrattualmente sottoscritto del 2,50% su base fissa, con ripetizione di € 77.992,06.

L’intermediario, richiamate le controdeduzioni svolte, insiste per il rigetto del ricorso evidenziando a supporto delle tesi difensive svolte che l’orientamento dominante dei Collegi ABF ha riconosciuto che la determinazione dei tassi di interesse e delle altre condizioni economiche applicate al rapporto rientra nella piena discrezionalità dell’intermediario, restando quindi esclusa dal sindacato dell’ABF.

Questi i fatti e le argomentazioni a rispettivo sostegno delle posizioni delle parti.

DIRITTO

La fattispecie contrattuale in esame parrebbe riprendere uno schema un tempo in uso nel credito fondiario, noto come “doppio contratto”, schema ancora oggi richiamato dall’art. 39 del Testo Unico Bancario. Le origini risalgono al Testo Unico delle leggi sul credito fondiario del 1905, ove il rapporto tra il soggetto finanziatore ed il soggetto beneficiario del credito si realizzava in due tempi, scanditi dalla stipulazione di due distinti contratti, il preliminare (rappresentato dal mutuo) e il definitivo (rappresentato dall’atto di erogazione), fra i quali si interponevano taluni adempimenti a carico del mutuatario, primo tra tutti quello relativo all’iscrizione dell’ipoteca in favore della banca finanziatrice. Solo dopo l’acquisizione delle certificazioni o l’effettuazione degli accertamenti relativi alla validità e priorità di grado dell’ipoteca iscritta a garanzia, era consentita l’erogazione delle somme mutuate. L’articolato schema era presumibilmente anche funzionale all’intervento di sostegno pubblico associato alle operazioni di credito fondiario e sulla base del quale erano poi definite le modalità di ammortamento e il relativo piano di rimborso. Una prima semplificazione della procedura fu avviata dal D.P.R. 21 gennaio 1976, n. 7 e poi

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completata dalla legge 27 ottobre 1988, n. 458 (integralmente, ripresa dalla legge n.

147/1991) che introdusse la possibilità di stipulare operazioni di credito fondiario con un contratto unico, la cui efficacia peraltro risultava sospensivamente condizionata all’avvenuta costituzione dell’ipoteca. Al fine di assicurare la certezza sull’iscrizione ipotecaria a favore della banca ed il rispetto delle condizioni contrattuali, le somme erogate venivano costituite in deposito cauzionale da svincolare solo quando fosse giustificata l’assenza di privilegi, iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli dell’ipoteca iscritta.

Tanto premesso, alla luce della disciplina oggi dettata dal Testo Unico Bancario e, soprattutto, dalle norme in materia di trasparenza delle operazioni bancarie, non pare dubbio che già il primo contratto debba specificare le condizioni economiche, almeno richiamando parametri puntuali che rendano determinabile la controprestazione a carico del soggetto finanziato (in questo senso si v., ad esempio, Collegio ABF di Napoli, decisione n. 6917/15).

Nel caso di specie, le parti hanno stipulato in data 13/04/2011 un contratto di mutuo mutuo agrario di € 550.000,00, finalizzato alla realizzazione di un piano di investimenti. Il contratto (art. 1) prevede che il mutuo potrà essere perfezionato mediante uno o più atti di erogazione (denominati atti di utilizzo) e che la banca potrà altresì effettuare, anteriormente a ogni atto di utilizzo, erogazioni rateali del mutuo (sulle quali saranno applicati i seguenti tassi di interesse: una quota fissa nominale annua pari al 2,50% e una quota variabile pari la tasso percentuale lettera nominale annuo per depositi interbancari in Euro a sei mesi: base 360 denominato EURIBOR). Viene precisato che gli interessi sulle erogazioni rateali sarebbero stati corrisposti “ferma restando la loro regolamentazione definitiva in atto o atti di utilizzo”. L’art. 2 del contratto fa riferimento - quanto alla regolamentazione definitiva di tasso di interesse, durata e ammortamento del capitale - all’atto o agli atti di erogazione e quietanza, fermo restando che il tasso di interesse sarà determinato “nel rispetto delle condizioni pubblicizzate, ai sensi e per gli effetti del Titolo VI capo I D.Lgs. n. 385/1993, che risulteranno vigenti al momento della stipula dell’atto o degli atti di erogazione e quietanza.”. Le condizioni economiche di cui innanzi vengono ribadite e riassunte anche nel documento di sintesi allegato all’atto di mutuo, anch’esso versato in atti. Nelle condizioni generali, allegate sub “B” è ulteriormente specificato che la Banca può erogare il finanziamento mediante erogazioni rateali a s.a.l. e, in particolare, l’art. 8 delle predette condizioni generali chiarisce che a ciascun atto di erogazione e quietanza corrisponderà “un mutuo a sé stante, con un proprio piano di ammortamento”.

Dalla documentazione in atti altresì risulta che sono state effettuate le seguenti erogazioni rateali a s.a.l., e precisamente in date: 03/06/2011 – 238.806,00; 27/07/2011 – 129.866,46; 11/11/2011 – 81.096,75; 04/04/2012 – 99.777,47. Nei relativi conteggi è specificato che l’erogazione sarà regolata “come previsto dalle clausole contrattuali”. In data 13.12.2013 è stato stipulato l’unico atto di utilizzo del mutuo agrario ai fini della sua

“messa in ammortamento”. In detto atto (anch’esso agli atti della procedura) si legge che le parti “sciogliendo la riserva espressa nell’art. 2 del contratto di mutuo”, hanno pattuito in via definitiva la durata, le modalità dell’ammortamento e di pagamento degli interessi. In particolare, è stato previsto che il tasso percentuale degli interessi dovuto per ciascun semestre fosse determinato in misura pari alla metà della somma di una quota fissa nominale annua pari a 5,80 punti percentuali (a fronte del 2,50 previsto per le erogazioni rateali nell’atto di mutuo) e una quota variabile annua.

Così ricostruita la disciplina applicabile al rapporto contrattuale in contestazione e passando alla disamina del fondamento o meno del ricorso proposto. Nella domanda proposta in via principale dalla ricorrente, si chiede al Collegio di accertare la nullità della convenzione per interessi, a causa dell’indeterminatezza e indeterminabilità del tasso di

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interesse concordato, e conseguentemente di disporre l’applicazione del tasso sostitutivo di cui all’art. 117, comma 7, TUB.

Ebbene, anzitutto merita rilevare che dalla disamina sia del mutuo che dell’atto di erogazione e quietanza oggetto di controversia il tasso di interessi negli stessi rispettivamente previsto è tutt’altro che indeterminato e/o indeterminabile; ed infatti, prendendo preliminarmente in considerazione il contratto di mutuo, quanto al tasso (art. 1), si rinviene indicata con estrema chiarezza la composizione che consta di una quota fissa nominale annua pari al 2,50% e una quota variabile pari la tasso percentuale lettera nominale annuo per depositi interbancari in Euro a sei mesi: base 360 denominato EURIBOR.

Com’è di tutta evidenza, trattasi, quanto alla quota variabile, di un criterio di determinazione riservato non già ad una scelta arbitraria ed unilaterale della banca bensì legata ad uno specifico parametro oggettivo preventivamente determinato dalle parti. In ragione di ciò alcuna carenza di oggetto può riscontrarsi nel contratto di mutuo in questione, giacchè la porzione variabile del tasso è sì a definirsi nell’atto di erogazione e quietanza ma attraverso un parametro certo e determinato che, peraltro, non integra l’ipotesi contemplata dall’art. 118 Tub, riferibile a tutt’altra fattispecie. E, perciò pienamente si giustifica la previsione contenuta nell’art. 2 del contratto di mutuo laddove si aggiunge che la parte mutuataria “si obbliga a restituire il capitale ed a corrispondere l’interesse che saranno determinati nell’atto di erogazione e quietanza” riferendosi palesemente alla parte variabile a calcolarsi secondo il parametro predeterminato suddetto da aggiungersi alla parte fissa.

Quanto all’analoga previsione contenuta nell’atto di utilizzo si rileva, quale unica differenza rispetto al tasso indicato nel contratto di mutuo, che la parte fissa è determinata in “una quota fissa nominale annua del 5,80 punti percentuali…”, con ciò introducendo una previsione che nell’indicare una quota fissa nominale del 5,80 è in palese distonia con quanto contenuto nel contratto di mutuo ove la quota fissa era indicata in 2,50 punti percentuali. Tuttavia, in tale differenza, di cui particolarmente si duole il ricorrente, non è rinvenibile un’ipotesi di nullità dell’atto di utilizzo/erogazione e quietanza (né tantomeno del contratto di mutuo per quanto sopra già esposto), giacchè esso rappresenta rispetto al contratto di mutuo un nuovo autonomo contratto, liberamente e consapevolmente sottoscritto dalle parti. Il che trova testuale conferma nel comma 2 dell’art. 8 delle condizioni generali allegate al mutuo sub B) ove testualmente si prevede che “A ciascun atto di erogazione e quietanza, perfezionato alle condizioni vigenti al momento della sua stipulazione, corrisponderà un mutuo a se stante, con un proprio piano di ammortamento”.

Semmai tale discrasia potrebbe configurare un’inadempimento della banca al contratto di mutuo originario che, in rapporto, al successivo atto di utilizzo/erogazione e quietanza, secondo una diffusa ipotesi ricostruttiva, fungerebbe da contratto preliminare; tuttavia anche una tale prospettazione non solo non consentirebbe di accogliere la ben differente – per petitum e causa petendi - domanda prospettata dalla ricorrente, sia in via principale che nelle articolazioni subordinate, ma sarebbe comunque destinata ad essere rigettata avendo la ricorrente scientemente e liberamente scelto di sottoscrivere l’atto di utilizzo/erogazione e quietanza, con le relative previsioni in esso contenute; il che, come di recente ribadito dalla Cassazione (2 settembre 2019, n. 21951), ha valore prevalente ed assorbente di quanto già previsto e convenuto nel preliminare (in tesi il mutuo originario) in caso di difformità tra i due programmi negoziali, avendo il successivo contratto valenza di “fonte dei diritti e delle obbligazioni tra le parti” mentre “a nulla rileva la valutazione del collegamento funzionale tra preliminare e definitivo”.

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P.Q.M.

Il Collegio non accoglie il ricorso.

IL PRESIDENTE

firma 1

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