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FILOSOFIA I: INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA, METAFISICA FONDAMENTALE E LINEAMENTI DI FILOSOFIA DI DIO

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FILOSOFIA I:

INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA, METAFISICA FONDAMENTALE

E LINEAMENTI DI FILOSOFIA DI DIO ( FIL 1)

(richiede un elaborato scritto e l’esame orale)

T. Melendo

Un sapere a favore dell’uomo. Introduzione alla filosofia L. Clavell - M. Pérez de Laborda

Metafisica

M. Pérez de Laborda

La ricerca di Dio. Trattato di teologia filosofica

Obiettivi fondamentali del corso Il corso si propone di:

• offrire un’introduzione generale alla filosofia, illustrandone la natura, le finalità e il suo rapporto con le scienze particolari e con la rivelazione cristiana;

• fornire una trattazione sistematica degli elementi fondamentali della metafisica, intesa secondo la tradizione classica come “scienza dell’ente in quanto ente”;

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• presentare una panoramica completa della riflessione filosofica su Dio e in particolare su cosa si possa conoscere su Dio con le forze della ragione umana, ma senza l’aiuto della Rivelazione cristiana.

Articolazione dello studio

Si affronti innanzitutto lo studio introduttivo del testo Un sapere a favore dell’uomo per passare poi allo studio dei due manuali, quello di Metafisica e quello di filosofia di Dio, La ricerca di Dio, a cui saranno dedicate la maggior parte delle lezioni frontali. L’elaborato scritto farà riferimento a un tema di metafisica o a un tema di filosofia di Dio.

I testi sono da studiare integralmente, durante le lezioni potranno essere indicate brevi parti dei due manuali per cui sarà sufficiente una lettura attenta.

In questa guida si propongono alcune brevi sintesi dei contenu- ti dei testi-base e alcune indicazioni per lo studio. Conviene leggere queste sintesi prima di affrontare la lettura della parte corrispondente del testo-base. Si propongono inoltre alcune domande di autovalu- tazione, che lo studente può utilizzare anche nelle fasi di ripasso e di preparazione dell’esame orale, per verificare il grado di comprensione delle nozioni principali dei contenuti di studio.

“UN SAPERE A FAVORE DELL’UOMO”

Un sapere a favore dell’uomo è una classica “introduzione alla filo- sofia” e tiene conto dei problemi che si pongono alla filosofia nell’at- tuale clima culturale, caratterizzato da una forte crisi di fiducia nelle possibilità della ragione umana di conoscere la verità, soprattutto le verità “forti”, le cosiddette “verità assolute”, quelle che trascendono l’ordine puramente sensibile e riguardano il fondamento del vive- re umano: dall’esistenza e conoscibilità di Dio alla natura spirituale dell’uomo e al suo destino eterno. In questo senso, il testo accoglie l’e- sortazione che Giovanni Paolo II rivolse ai filosofi e ai teologi, nell’en- ciclica Fides et ratio (1998), per una rinnovata fiducia nelle capacità

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metafisiche della ragione. È un testo di lettura molto scorrevole e, specialmente per chi non ha mai studiato filosofia prima d’ora, o ne ha una conoscenza scolastica superficiale o ormai lontana nel tempo, è senz’altro un libro molto utile per prepararsi allo studio della meta- fisica e delle altre discipline filosofiche presenti nel piano di studi del triennio.

Prima fase a) La natura della filosofia

Il Prologo del testo-base offre al lettore la chiave di lettura di tutto il libro: la filosofia “serve” per vivere “da uomini”, perché le sue rispo- ste illuminano il senso dell’esistenza umana. L’uomo è “naturalmen- te” filosofo poiché, per il fatto stesso di vivere, possiede una filosofia, sebbene non in senso tecnico, ma in un senso che viene denominato

“spontaneo”. Dove si “studia” questa filosofia spontanea? In nessuna scuola, ovviamente, ma nella vita stessa: nelle conversazioni familiari, nei romanzi, nelle canzoni, nei film, nei talk-show televisivi, ecc. Si assimilano a poco a poco alcune idee, vi si riflette. È il momento di chiedersi: questa filosofia è vera, è corretta, è valida? Posso affidare la mia esistenza a queste convinzioni?

Nella presentazione si spiega ulteriormente perché una persona umana può vivere bene senza conoscere la biologia (anche se è neces- sario che qualcuno la studi), ma non può vivere bene senza “fare”

filosofia. Non riuscirà a trovare il “significato” della vita, e cadrà facil- mente nel “vuoto esistenziale” descritto da Viktor Frankl, di cui sono sintomi evidenti alcuni fenomeni sociali contemporanei, dalla “feb- bre del sabato sera” all’aumento di patologie di carattere psichiatrico.

Solo se si ha una concezione esclusivamente pratica del sapere si può ritenere “inutile” la filosofia: di fronte all’egemonia contemporanea della conoscenza tecnologica, occorre ribadire che non c’è solo il

“sapere per fare”, ma c’è anche, ed è il più importante, il “sapere per il sapere”: la “teoria”, la “contemplazione”, senza le quali non si può dare un senso definitivo all’esistenza umana.

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Il capitolo II del testo di Melendo offre una presentazione della natura e delle finalità della filosofia. Più che altre discipline, la filo- sofia avverte la necessità di giustificare la propria attività speculativa.

La necessità della filosofia è meno evidente di quella della matematica o della biologia: mentre a tutti risultano chiari l’oggetto di studio e l’utilità “pratica” di queste scienze, non è facile individuare che cosa studia la filosofia, e a che cosa “serve” studiarla. Il testo-base descrive infine le caratteristiche principali del sapere filosofico (universalità e radicalità).

Domande di autovalutazione

H 1.Che cosa s’intende per filosofia spontanea?

H 1.a. Perché e come occorre porsi la questione del senso della vita?

H 1.b. Perché la filosofia implica “attenzione” alla realtà? Il sapere filosofico è astratto o concreto?

H 2. Per “filosofare” è sufficiente svolgere una mera attività intel- lettuale o è necessario condurre una “vita filosofica” (bíos theo- retikós)?

H 2.a. In che senso è utile o inutile il sapere filosofico o teoretico?

H 2.b. In che senso la filosofia è un sapere di totalità?

H 2.c. Perché la filosofia ha inizio con lo stupore o la meraviglia?

b) La filosofia nella vita dell’uomo

Nel capitolo III si prosegue la tematica di quello precedente, ma da un’angolatura diversa: l’attenzione si rivolge infatti al soggetto che

“fa” filosofia, cioè la persona. Confutando la posizione di chi sostiene che la filosofia è pura speculazione razionale, l’autore dimostra che il filosofare dipende anche dalle disposizioni esistenziali e morali. Non è solo questione d’intelligenza, ma anche di orientamento della volon- tà. La ricerca del vero è inseparabile dalla vita virtuosa.

Anche per quanto riguarda l’aspetto razionale della ricerca filoso- fica, l’autore offre alcune importanti precisazioni, di chiara attualità.

Opponendosi a certe tendenze di carattere scettico, afferma che non si può sfiduciare la ragione a tal punto da ridurre la verità ad opinio-

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ne. Viene posta in evidenza anche la necessità della filosofia per gui- dare l’uomo alla ricerca della felicità. In questa prospettiva la filosofia appare sempre meno distante dai problemi concreti dell’esistenza, e del tutto irrinunciabile per poter fondare un’etica di valore universale, di cui hanno urgente bisogno la scienza e la vita in società.

Domande di autovalutazione

H 1.In che rapporto stanno ricerca filosofica ed esistenza personale?

H 1.a. Perché sono necessarie al filosofo buone disposizioni mora- li? Di quali virtù intellettuali e morali ha particolare bisogno il filosofo?

H 2. Qual è la funzione della volontà nell’attività intellettuale?

H 2.a. Qual è il rapporto tra verità, bene e felicità?

H 2.b. In che modo la conoscenza filosofica contribuisce alla feli- cità dell’uomo?

Seconda Fase

La concezione della filosofia nella storia

La filosofia, in un senso molto ampio, nasce con l’uomo, ma inte- sa come il sapere che risulta dall’approfondimento sistematico della cosiddetta filosofia spontanea ha la sua origine in Grecia, nel VI seco- lo a.C. Conviene precisare tuttavia che non si deve ridurre lo stu- dio della filosofia alla semplice ricognizione del suo percorso storico.

Oltre al fatto che si potrebbe correre il rischio di relativizzare la verità filosofica ai diversi periodi storici, si potrebbe confondere la ricer- ca filosofica della verità con l’erudizione “eclettica”, che perdendo di vista il rapporto vitale con la realtà finisce per appiattire la filosofia sulla persuasione scettica che non esiste la verità, ma solo “le” verità, una equivalente all’altra.

Nel capitolo I si esamina brevemente qual è stata la concezione della filosofia nelle principali tappe storiche. Il testo-base individua cinque periodizzazioni:

1. Fase pre-filosofica, in cui la filosofia non si distingue propriamente dai miti e dalla religione;

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2. Filosofia greca;

3. L’incontro tra la filosofia e la Rivelazione: la filosofia cristiana;

4. La filosofia moderna;

5. La filosofia contemporanea.

Domande di autovalutazione

H 1. Che differenza c’è tra mito e logos?

H 1.a. In che rapporto stanno religione e filosofia?

H 1.b. In quali termini si può parlare di verità dei miti?

H 2. In quali tappe fondamentali si può suddividere la storia della filosofia?

H 2.a. Quali sono le note caratteristiche della filosofia greca?

H 2.b. Come avviene l’incontro tra la Rivelazione cristiana e la filosofia greca?

H 2.c. Quali nozioni “nuove” apporta la Rivelazione alla filosofia?

H 2.d. Che cosa s’intende per svolta antropologica moderna?

H 2.e. Quali sono le note caratteristiche della filosofia moderna?

H 2.f. Quali sono le principali correnti filosofiche contempora- nee?

Terza fase a) La filosofia e le scienze

Nel capitolo IV si prende in esame il rapporto tra la filosofia e le scienze particolari. Il testo-base spiega che entrambe sono forme di sapere, che nascono dallo stupore di fronte alla realtà e dal desiderio di conoscerla più a fondo, andando oltre l’immediatezza della cono- scenza sensibile; ribadisce inoltre che anche la filosofia è una scienza, benché i criteri per stabilirne la scientificità siano diversi da quelli delle scienze della natura. Dopo aver convissuto a lungo con la filoso- fia, le scienze se ne sono distaccate fino al punto, nell’Ottocento, da contrapporsi ad essa in modo frontale, negandole valore conoscitivo.

Nella seconda metà del Novecento questa contrapposizione si è atte- nuata, ma restano da delimitare bene i rispettivi ambiti di conoscen-

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za, onde evitare sconfinamenti, e le modalità per un dialogo fruttuoso tra queste due forme di sapere, entrambe irrinunciabili.

La filosofia è un sapere di totalità: il suo oggetto è tutta la realtà, e anche quando lo restringe, ad esempio quando studia l’uomo, ha sempre di mira i principi ultimi o le cause ultime (l’uomo come cre- atura, la felicità dell’uomo). Le scienze invece hanno come oggetto determinati settori della realtà (la composizione chimica dei corpi, i processi biologici di un vivente), e anche per questo sono dette “par- ticolari”. La scienza ha bisogno della filosofia per riflettere sui propri risultati (la scoperta dell’evoluzione biologica non può condurre all’e- voluzionismo radicale che nega la creazione o lo spirito) e per mettere le proprie applicazioni tecniche al servizio dell’uomo, da quelle relati- ve all’energia atomica a quelle della genetica... D’altra parte la scienza offre alla filosofia un grande contributo di conoscenza della realtà, di cui la filosofia deve tener conto.

Il metodo e le grandi aree della filosofia

Riprendendo alcune idee studiate nel IV capitolo, il capitolo VI precisa ulteriormente la differenza tra il metodo delle scienze, in particolare quello fisico-matematico, e il metodo della filosofia:

si evidenziano le diverse prospettive di studio, il diverso approccio alla realtà: si constata nuovamente che la prospettiva della cono- scenza scientifica è particolare, settoriale, mentre la filosofia ha un orizzonte di totalità. La filosofia consente di acquisire una sapienza, indispensabile per poter collocare in una dimensione di verità piena e di significato autentico gli stessi risultati delle scienze. Si fa nota- re anche l’errore di certe eccessive e aprioristiche preoccupazioni di carattere metodologico.

Passando a trattare dei grandi temi della filosofia, il testo-base ribadisce innanzitutto l’unità del sapere filosofico. Distingue poi tra filosofia prima (metafisica) e filosofie seconde (ad esempio la filosofia della natura, la filosofia dell’uomo, ecc.), ma ricorda che quando il filosofo rivolge la sua attenzione a un oggetto particolare, deve sempre mantenere una visione metafisica, sapendo passare dal fenomeno al

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fondamento. Un’altra distinzione fondamentale è quella tra filosofia teoretica (che cerca il sapere per il sapere) e filosofia pratica (che cerca il sapere per operare).

Domande di autovalutazione

H 1. Qual è il valore epistemologico della scienza?

H 1.a. Quali sono i criteri di scientificità? Che cosa s’intende per rigore metodologico? Che cos’è una verifica sperimentale?

H 1.b. Perché si parla di universalità della filosofia e di particola- rità della scienza?

H 1.c. Che differenza c’è tra astrazione scientifica e astrazione filo- sofica?

H 1.d. In che modo possono essere complementari il sapere filo- sofico e quello scientifico?

H 2. Che cosa s’intende con “scientismo”?

H 2.a. Quali sono le manifestazioni dell’influsso del positivismo scientista nella cultura odierna?

H 2.b. Quali sono le principali manifestazioni della mentalità scientista?

H 2.c. Che cosa s’intende per riduzionismo scientifico?

H 3. Quali sono le differenze tra il metodo filosofico e quello scien- tifico?

H 3.a. Come si effettua il passaggio metafisico dal fenomeno al fondamento?

H 3.b. Su che cosa si fonda l’unità della filosofia?

H 3.c. Che differenza c’è tra sapere teoretico e sapere pratico?

H 3.d. Che cosa s’intende per filosofie seconde Quarta fase

Filosofia, fede cristiana e teologia

N.B. Contestualmente allo studio di questo capitolo occorre leggere l’Appendice «La filosofia e la Chiesa cattolica».

Il quinto capitolo del testo di Melendo affronta il problema del rapporto tra filosofia e rivelazione cristiana, e di conseguenza quello

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tra ragione e fede e quello tra filosofia e teologia. Il testo-base spiega che la rivelazione, auto-comunicazione di Dio all’uomo, si rivolge alla ragione. La fede è la risposta dell’uomo alla rivelazione: è risposta ragionevole, cioè non irrazionale o contro la ragione; tuttavia essa eccede le capacità puramente naturali della ragione, perché mol- te verità contenute nella rivelazione trascendono completamente la ragione: sono dette per questo “misteri” (ad esempio la Trinità delle Persone nell’unico Dio, l’Incarnazione del Verbo). Quindi la ragio- ne non può essere “misura” della rivelazione (è vero solo quello che capisco o che posso dimostrare), né può contraddirla. La rivelazione non esclude la ragione, anzi la presuppone: solo una ragione aperta alla verità può accogliere la rivelazione. La fede non si oppone alla ragione, ma la perfeziona. La fede non rende superflua la ricerca razio- nale della verità, e neppure, come pretendono alcuni, la falsifica in partenza. Il credente che fa filosofia sarà avvantaggiato rispetto al non credente; tuttavia non potrà avvalersi della fede per argomentare in ambito filosofico. Come la ragione è necessaria per credere, così la filosofia è necessaria per approfondire rigorosamente (scientificamen- te) la Rivelazione, cioè per fare teologia.

Nell’Appendice del testo-base si offre una sintesi dell’enciclica Fides et ratio (1998). Fino al Settecento il Magistero ecclesiastico è intervenuto raramente nelle questioni filosofiche: di per sé infatti la filosofia non attiene alla competenza del munus docendi della gerar- chia, che riguarda direttamente la fede e la morale. Si deve riconoscere però al Magistero una competenza indiretta, tesa a tutelare la dottrina della fede da possibili errori o fraintendimenti filosofici. Nell’Otto- cento e soprattutto nel Novecento gli interventi del Magistero sono divenuti più frequenti, anche a causa dell’atteggiamento anticristiano o antireligioso assunto da molte correnti filosofiche moderne e con- temporanee. Una costante di questi interventi, soprattutto a partire dall’enciclica Aeterni Patris di Leone XIII (1879), è la raccomanda- zione di studiare la filosofia di san Tommaso d’Aquino come modello di una speculazione filosofica capace di armonizzare ragione e fede.

Il testo-base presenta la Fides e ratio come un’appassionata difesa della filosofia. Se nell’Ottocento vi è stata un’esaltazione della ragione

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e della filosofia, considerate “superiori” alla fede, oggi bisogna fare i conti con una diffusa sfiducia nella capacità della ragione filosofica di attingere la verità, con il conseguente pericolo di offuscare la dimen- sione veritativa della fede, riducendola a sentimento soggettivo, e di indebolire il pensiero teologico, esponendo la fede a una sudditanza alle culture, e quindi a un relativismo culturale e religioso. La fede non comporta soltanto un orientamento della vita pratica, ma ha un contenuto ben preciso di verità (espresso nel Simbolo o Credo).

Domande di autovalutazione

H 1. Che cosa significano esattamente i seguenti termini: rivelazio- ne, fede, ragione, filosofia, teologia?

H 1.a. Qual è la differenza tra facoltà e abiti operativi?

H 1.b. Perché il razionalismo è responsabile della separazione tra ragione e fede? Quali sono i limiti della ragione umana?

H 2.Ragione e fede

H 2.a. Come avviene la separazione tra ragione e fede?

H 2.b. In che modo san Tommaso stabilisce un rapporto armoni- co tra ragione e fede?

H 3. Ragione e fede e filosofia

H 3.a. Con quali argomenti si può provare che non c’è contrad- dizione tra fede e ragione? Perché la fede sana e perfeziona la ragione? Che cosa s’intende per fideismo?

H 3.b Perché non si può sostenere che l’adesione di fede alla Rive- lazione renda inutile o fittizia la filosofia? In che modo la filoso- fia può aiutare il credente nella sua vita di fede?

H 3.c. In che senso si può parlare di una filosofia cristiana? In che senso una filosofia antimetafisica non è compatibile con la Rivelazione?

H 3.d. Perché la Chiesa non assume ufficialmente un determinato sistema filosofico? Qual è il valore dottrinale che il Magistero attribuisce alla filosofia di san Tommaso?

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“METAFISICA”

Presentazione del testo

La metafisica è scienza del reale, di ciò che è, dell’ente in quanto ente. Tutto ciò che ha l’essere è oggetto della metafisica. Senza esclu- dere dunque nessun aspetto della realtà, essa si interessa soprattutto della questione fondamentale: che cosa fa sì che la realtà “sia”, cioè che sia “reale”, cioè che “stia” qui di fronte a me. La metafisica studia l’es- sere come fondamento della realtà, come radice di tutte le perfezioni.

Ad esempio, quando studia l’agire umano, ne studia il radicamento nell’essere della persona, e perviene così a una solida fondazione della morale (nozione di bene e di male, di dover essere). Quando studia il fenomeno della conoscenza giunge ad affermare che il pensiero è nell’essere, non al di fuori o contro l’essere, come ha preteso buona parte della filosofia moderna. La verità si fonda sull’essere, e consiste nella conformità tra l’intelligenza e la realtà. L’intelligenza umana, attraverso una laboriosa acquisizione di informazioni sul mondo che ci circonda, è in grado di pervenire ad una conoscenza vera delle cose.

Gli autori del manuale Metafisica si ispirano alla tradizione meta- fisica classica (greca e cristiana, in particolare quella tomista) tenen- do presenti gli sviluppi del pensiero moderno, che per certi versi ha segnato una crisi della metafisica. Attualmente, accanto a tendenze antimetafisiche, non mancano segnali di una ripresa o riscoperta della metafisica. In tale direzione si dirige anche l’enciclica Fides et ratio, che ha affermato la necessità di «una filosofia di portata autentica- mente metafisica, capace cioè di trascendere i dati empirici per giun- gere, nella sua ricerca della verità, a qualcosa di assoluto, di ultimo, di fondante» (n. 83) e ha esortato filosofi e teologi cristiani a coltivare lo studio della metafisica. «Ovunque l’uomo scopre la presenza di un richiamo all’assoluto e al trascendente, lì gli si apre uno spiraglio verso la dimensione metafisica del reale: nella verità, nella bellezza, nei valo- ri morali, nella persona altrui, nell’essere stesso, in Dio. Una grande sfida che ci aspetta al termine di questo millennio è quella di saper compiere il passaggio, tanto necessario quanto urgente, dal fenomeno

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al fondamento. Non è possibile fermarsi alla sola esperienza; anche quando questa esprime e rende manifesta l’interiorità dell’uomo e la sua spiritualità, è necessario che la riflessione speculativa raggiunga la sostanza spirituale e il fondamento che la sorregge. Un pensiero filosofico che rifiutasse ogni apertura metafisica, pertanto, sarebbe radicalmente inadeguato a svolgere una funzione mediatrice nella comprensione della Rivelazione» (ibidem).

Tenendo presente lo stretto rapporto che esiste tra la conoscenza metafisica e la conoscenza comune o spontanea della realtà concreta, gli autori approfondiscono il nucleo della metafisica tomista, che è la nozione di atto di essere, inteso come atto intensivo, come fonte da cui irradia ogni realtà e ogni perfezione, e non come idea astrat- ta, genericissima, che esprime il minimo di perfezione. San Tomma- so è essenzialmente un teologo, ma all’interno della sua teologia si trova un’autentica filosofia, elaborata attraverso l’approfondimento razionale della conoscenza spontanea, e in pieno accordo con il dato rivelato. Come hanno saputo mostrare alcuni grandi interpreti con- temporanei del pensiero tomista (E. Gilson, C. Fabro), l’Aquinate, su un impianto prevalentemente aristotelico, ma riprendendo anche elementi provenienti dalla tradizione neoplatonica ed agostiniana, ha saputo costruire una sintesi originale. San Tommaso ha saputo spie- gare con chiarezza ciò che Parmenide aveva intuito: l’essere tra tutte le cose è la più perfetta, la più nobile, è l’attualità di ogni atto, la perfezione di ogni perfezione. Tuttavia, per cogliere l’essere bisogna passare necessariamente attraverso l’ente, e comprenderne la compo- sizione di essenza ed atto di essere.

La metafisica dell’essere di san Tommaso si coniuga armoniosa- mente con la verità rivelata: il Dio che si rivela attraverso i Profeti e Gesù Cristo è lo stesso Dio alla cui esistenza perviene la ragione naturale considerando l’essere degli enti: l’essere dell’ente è essere per partecipazione, che rimanda all’essere per essenza, l’Ipsum Esse. Gli enti rimandano necessariamente all’essere la cui essenza è l’essere stes- so. Questo essere sussistente, che ha come propria essenza tutta la pienezza, tutta la ricchezza, tutta l’attualità dell’essere, lo chiamiamo Dio. Con questo non si vuole certamente affermare che la metafisica

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conduca a una “comprensione” di Dio: al contrario, essa ne mostra l’assoluta trascendenza e irriducibilità a qualunque concetto umano.

Quinta fase

La scienza dell’ente in quanto ente

(capitoli I, II, III della prima parte del testo “Metafisica”)

Questa prima parte è introduttiva. Diverse nozioni sono state già affrontate nel testo di Melendo, Un sapere a favore dell’uomo, ma è opportuno leggere con attenzione i primi due capitoli. In particolare, nel capitolo II si mostra che la metafisica vuole spiegare la realtà così come la conosciamo e si interessa di problemi concreti, contrariamen- te al luogo comune che la dipinge come un’elucubrazione astratta e distante dalla realtà. Se è vero che la metafisica ha un momento astrat- tivo, in cui prende le distanze dal reale concreto, è vero anche che essa ritorna sempre alla realtà. Sarebbe una “cattiva” metafisica quella che finisse per negare la realtà, come se si trattasse di mera “apparenza”.

Invece la metafisica porta a confermare la validità della conoscen- za spontanea, anche se in alcuni casi corregge certe sue ingenuità e approfondisce le nozioni formulate in modo pre-scientifico.

Il capitolo III è invece da studiare con molta attenzione perché ha dei contenuti nuovi e importanti: presenta la nozione di ente e i sensi dell’essere, che poi verranno approfonditi nella seconda parte del volume.

L’obiettivo di questa parte è giungere alla comprensione che:

• la metafisica è una scienza, cioè un modo rigoroso di conoscere la realtà, nella prospettiva dei principi fondamentali;

• l’oggetto di studio è l’ente in quanto ente: quindi tutto ciò che ha una qualche forma di esistenza è oggetto della metafisica, e proprio in quanto esiste, al fine di spiegare in che modo e in che misura

“ha l’essere”;

• la nozione di ente è la più universale, e quindi si applica a qualun- que cosa, eppure non è generica.

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Domande di autovalutazione

1° capitolo. Natura e oggetto della metafisica H Perché i primi filosofi sono chiamati fisici?

H In che senso la nozione di ente è composta?

H Con quali argomenti Hume nega alla metafisica il valore di scienza?

2° capitolo. Metodo e principi della metafisica

H Qual è la domanda fondamentale della metafisica?

H Come chiama san Tommaso la ricerca delle cause e dei prin- cipi?

H Quali sono i primi principi della metafisica?

H Come si formula correttamente il principio di non contraddi- zione?

3° capitolo. La nozione di ente e i sensi dell’essere H Perché l’ente non si può definire?

H In che senso si parla di molteplicità dell’ente?

H Che cosa significa il modo di essere “coincidentale”?

H Che cosa significa “ente di ragione”?

H Che differenza c’è tra termini univoci, equivoci ed analoghi?

H Che differenza c’è tra l’analogia di attribuzione e quella di pro- porzionalità?

Sesta fase:

I principi dell’ente

(capitoli I, II, III, IV, V della seconda parte del testo “Metafisica”) Nella seconda parte del manuale di Clavell e Pérez de Laborda si entra nel vivo dello studio metafisico dell’ente. Questa parte richie- de un particolare impegno di assimilazione dei contenuti, perché si affrontano le nozioni fondamentali della metafisica: sostanza e acci- dente, essenza, forma e materia, atto e potenza. La conoscenza di que- ste nozioni è indispensabile per tutto il discorso metafisico. Ribadia- mo che, nonostante la prima impressione di astrattezza, man mano

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che si procede nello studio si constata che tale discorso non fa altro che approfondire la conoscenza spontanea.

Ad esempio, riguardo alla coppia di nozioni sostanza/accidenti, quando chiedo che specie sia questo determinato animale che ho davanti e mi si risponde che è un cammello, l’attenzione è rivolta alla sostanza. Se invece rivolgo l’attenzione al colore del cammello, al fatto se sia fermo o si stia muovendo, ciò che considero sono gli accidenti.

L’essenza determina il modo di essere fondamentale: un cavallo si può distinguere da un altro cavallo per il colore, l’età, ecc., ma si distingue da un cane per l’essenza. Un cavallo e un cane sono essen- zialmente diversi, nonostante abbiano tante cose in comune: due occhi, due orecchi, quattro zampe… Allo stesso modo, il matrimonio e le unioni di fatto sono essenzialmente diversi, nonostante molte cose in comune: un uomo e una donna che convivono, ecc.

Queste distinzioni possono sembrare tecnicismi o sottigliezze eru- dite, invece conducono nel cuore della metafisica, alla conoscenza dell’ente, dei suoi principi, del suo divenire, ecc.

Ad esempio, è a partire dalla nozione di sostanza che si perviene alla nozione metafisica di persona, nozione importantissima per le sue implicazioni etiche, come quando si afferma che si deve rispettare l’embrione perché è una persona.

Di grande interesse è anche lo studio della coppia atto-potenza, due modi fondamentali dell’essere, indispensabili per la comprensio- ne metafisica del mutamento e per la formulazione del principio di non contraddizione. Il mutamento è sempre un passaggio dall’essere in potenza in un certo modo ad essere in atto in un altro modo.

L’acqua che adesso (in atto) è fredda può essere riscaldata (è in poten- za di essere calda). Sarebbe contraddittorio affermare che è, in atto, simultaneamente calda e fredda, ma non è contraddittorio affermare che è fredda in atto e calda in potenza. L’essere in potenza è un essere più “debole” dell’essere in atto, ma è reale. Senza la potenza di acqui- sire un atto non lo si può mai ricevere. Un gatto e un uomo appena nati ignorano in atto la matematica, ma l’uomo può conoscerla (è in potenza di conoscerla), il gatto no.

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Si studia infine il rapporto tra l’essenza e l’essere, che è in un certo senso il “cuore” di tutta la metafisica. Il gatto non esiste necessaria- mente: pertanto, mentre il suo modo di essere, cioè l’essere un gatto, è determinato dall’essenza, il “fatto” di esserci non dipende dall’essen- za, ma da un principio distinto, e cioè l’atto di essere che, appunto, mette in atto l’essenza. La distinzione, negli enti, tra essenza e atto di essere è un’articolazione fondamentale delle prove filosofiche dell’e- sistenza di Dio.

Domande di autovalutazione 1° capitolo. Le categorie

H A quali termini italiani corrisponde il greco ousia?

H Qual è la caratteristica principale della sostanza?

H Quali sono le “categorie” secondo Aristotele?

H Che cosa sono le qualità?

H Qual è la caratteristica principale dell’accidente relazione?

2° capitolo. L’essenza

H Perché non si può sostenere che le cose sono semplicemente un fascio di proprietà accidentali?

H Che cosa s’intende per essenza?

H Natura e quiddità sono sinonimi di essenza?

H Possiamo avere una piena conoscenza dell’essenza?

H Che cosa significa composizione ilemorfica?

H Che cos’è la forma sostanziale?

H In che senso la materia è indeterminata?

3° capitolo. Sostanza individuale e persona

H Qual è il principio di individuazione della sostanza materiale?

H Come si può spiegare la molteplicità di individui che hanno in comune la medesima forma?

H Un’automobile è una sostanza?

H Che cosa sussiste nella realtà: l’individuo o l’universale?

H “Can che abbaia non morde”: quale delle due azioni è un acci- dente che deriva dall’individuo?

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H La nozione di persona include quella di corpo?

H La nozione di persona include quella di spiritualità?

4° capitolo. Essere in atto e essere in potenza

H Perché si dice che il movimento è un atto imperfetto?

H Che differenza c’è tra potenza attiva e potenza passiva?

H Esiste una proporzione tra la potenza e l’atto?

H In che senso esiste una “priorità” dell’atto sulla potenza?

5° capitolo. L’essere come atto

H Perché l’essere è atto rispetto all’essenza?

H Con quali argomenti si può provare la distinzione reale tra essenza e atto di essere?

H Alla nozione di essere corrisponde la massima indeterminazio- ne o la massima perfezione?

H Gli enti hanno l’essere nello stesso grado o in gradi diversi?

H La partecipazione degli enti all’essere è categoriale o trascen- dentale?

Settima fase

Gli aspetti trascendentali dell’ente

(capitoli I, II, III, IV, V della terza parte del testo “Metafisica”) Si affronta in questa parte lo studio delle proprietà trascendentali dell’ente, in particolare l’unità, la verità e la bontà. Ogni ente, pro- prio in quanto ha un certo grado di essere, possiede un certo grado di unità, verità e bontà. Tali proprietà si chiamano trascendentali per- ché “trascendono” (vanno oltre, superano) l’ordine delle categorie:

non tutti gli enti sono sostanza, infatti esiste anche l’ente accidentale.

L’accidente “bianco” non appartiene a tutti gli enti, ma solo agli enti materiali di colore bianco. Invece ogni ente è, sia pure in grado diver- so, uno, vero e buono. L’approfondimento dei “trascendentali” ren- de possibile un incremento della nostra conoscenza dell’essere reale.

Molto interessanti sono le prospettive che lo studio dei trascendentali

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“vero” e “buono” aprono rispettivamente sulla gnoseologia (o filoso- fia della conoscenza) e sull’etica.

Domande di autovalutazione

1° capitolo. Visione d’insieme dei trascendentali

H Perché l’unità, la verità e la bontà si chiamano proprietà tra- scendentali dell’ente?

H In che modo i trascendentali arricchiscono la nostra conoscen- za dell’ente?

H Che cosa significa che i trascendentali sono convertibili (con- vertuntur)?

2° capitolo. L’unità dell’ente

H Che cosa significa primariamente l’unità trascendentale?

H L’unità trascendentale è distinta da quella quantitativa?

H Da che cosa dipende che vi siano gradi diversi di unità?

H Che tipo di unità è una famiglia?

3° capitolo. La verità dell’essere

H Che cosa significa che la verità si fonda sull’essere?

H Ogni ente è vero?

H In che cosa consiste la verità “logica”?

H Come si può spiegare in modo metafisicamente corretto l’e- spressione “oro falso”?

H In che senso si può parlare di “ottimismo gnoseologico”?

4° capitolo. Il bene Che cosa “aggiunge” il trascendentale “bontà”

all’ente?

H Si può dire che una cosa è buona perché la desideriamo?

H In che cosa consiste la bontà “secundum quid”?

H In che senso qualcosa è buono “simpliciter”?

H Che cosa è il male dal punto di vista metafisico?

5° capitolo. La bellezza

H Che cosa “aggiunge” il trascendentale “bellezza” all’ente?

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Ottava fase

L’essere come sorgente di attività e di causalità

(capitoli I, II, III, IV, V, VI della quarta parte del testo “Metafisica”) L’esperienza attesta che le cose sono in costante attività. Come si suol dire “interagiscono” fra di loro per mezzo di reciproci influssi causali: la pentola piena d’acqua, che viene riscaldata dal calore svi- luppato dalla legna che bruciando diventa cenere, produce vapore che a sua volta rende più umida l’aria della stanza, ecc. Dopo un primo capitolo in cui si considera l’agire dal punto di vista metafisico, cioè il suo radicamento nell’essere, questa parte è interamente dedicata ai vari aspetti della causalità, tematica strettamente intrecciata a quel- la dell’attività dell’ente. Per comprendere l’importanza del problema della causalità basta pensare che le prove metafisiche dell’esistenza di Dio costituiscono un’applicazione del principio di causalità.

Domande di autovalutazione

1° capitolo. L’attività come dinamismo dell’essere

H Quale distinzione metafisica si può stabilire tra fare e agire?

H Che cosa significa che l’operare segue l’essere (operari sequitur esse)? In che senso l’agire perfeziona l’essere?

H A chi appartiene propriamente l’azione: all’essere, al soggetto o alla natura?

H Come si chiamano i principi immediati delle azioni?

2° capitolo. La causalità: la sua esperienza e natura

H Qual è l’aspetto più rilevante della nozione metafisica di causa?

H Che differenza c’è tra causa e principio? Che differenza c’è tra causa e condizione? Quali sono i due generi di cause intrinse- che? Quali sono i due generi di cause estrinseche?

H In quale rapporto stanno reciprocamente materia e forma?

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3° capitolo. La causa efficiente

H Che cos’è la causa efficiente? Quali sono le principali caratteri- stiche del rapporto tra causa ed effetto?

H Qual è un esempio di causa univoca? Qual è un esempio di causa analoga? Che cosa significa causa strumentale?

H In che senso una causa può essere accidentale? Che differenza c’è tra causa necessaria e causa contingente? Che differenza c’è tra causa libera e causa determinata?

4° capitolo. Il principio di causalità

H Perché il movimento implica la causalità?

H L’essere causato o il causare è proprio dell’essere in quanto tale?

H Perché ciò che è contingente richiede una causa? Perché ciò che è per partecipazione richiede una causa?

H Perché la formulazione del principio di causalità fondata sul movimento non ha valore universale?

5° capitolo. La causa finale

H Che differenza c’è tra fine prossimo e fine ultimo?

H Che differenza c’è tra fine utile e fine onesto?

H Con quali argomenti si può provare l’esistenza della finalità nel mondo fisico?

H È possibile rendere compatibili il finalismo con la casualità?

H In che senso si afferma che il fine è la causa delle cause?

H Come si può esprimere il principio di finalità?

6° capitolo. L’esigenza di una causa ultima trascendente

H A che cosa si riferisce la distinzione tra causa prima e cause seconde?

H In che senso la causalità della causa prima è trascendentale?

H Si può dire che la causalità della causa prima svuota di valore la causalità delle cause seconde?

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“LA RICERCA DI DIO.

TRATTATO DI TEOLOGIA FILOSOFICA”

Presentazione del testo

Il testo di M. Pérez de Laborda è un manuale di teologia naturale (o teologia filosofica) e mira a offrire una panoramica completa della materia, utilizzando la terminologia classica della tradizione filosofia cristiana. Lo studio del volume è senz’altro accessibile agli studenti che abbiano quindi già studiato la parte precedente del corso e pos- sono quindi accostarsi a quella che è l’area più “alta” della filosofia, la filosofia di Dio.

Dopo aver presentato la natura della riflessione filosofica su Dio, la sua massima rilevanza e difficoltà, la prima parte verte sulla negazione della conoscenza filosofica su Dio, articolate nelle forme dell’agnostici- smo e dell’ateismo – e del cosiddetto “nuovo ateismo” – causate anche dallo “scandalo della ragione”, di fronte al problema del male o della religione, vista come causa di conflitti o guerre. Nella seconda parte passerà a esaminare le classiche prove dell’esistenza di Dio proposte nel corso della storia della filosofia (prove ontologiche e prove a posteriori, tra cui le cinque vie di San Tommaso), e a approfondire gli argomenti cosmologici, teleologici e antropologici che animano il dibattito con- temporaneo e si legano anche a questioni scientifiche (legate soprat- tutto alla fisica e alla biologia). La terza e ultima parte del manuale, che rappresenta quasi la metà del testo, si concentrerà invece a appro- fondire la nostra conoscenza di Dio, chiarendo il senso degli attributi divini che si attribuiscono a Dio, anche se l’Essenza di Dio resterà per l’incomprensibile. Anzitutto si studieranno la perfezione, la conoscibi- lità e il progresso che l’uomo può fare nella sua comprensione di Dio attraverso la triplice via delle negazioni, della causalità e dell’eminenza.

Successivamente si passerà a definire di Dio analizzando quello che Dio non è (o le qualità che non gli possono appartenere) perché Dio non ha le limitazioni, le imperfezioni, le privazioni che invece han- no tutte le altre creature. Dio sarà quindi definito secondo le qualità di unità, semplicità, infinità e trascendenza, immutabilità, eternità e

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onnipotenza. Su quest’ultimo attributo ci si soffermerà a studiare Dio come Creatore e Sovrano del mondo e quindi come onnipotente e provvidente. Il capitolo finale chiuderà questa ampia riflessione su Dio come Persona, che vive, pensa e ama in modo eminente rispetto a qualsiasi altra creatura vivente, ma che rendono possibile la particolare relazione possibile tra Dio e gli uomini.

Nona fase

La riflessione filosofica su Dio e la negazione della conoscenza di Dio (capitolo I II, III, IV del testo “La Ricerca di Dio”)

Anzitutto è fondamentale leggere attentamente il capitolo I sulle caratteristiche proprie della riflessione filosofica su Dio. Lo studente sarà così in grado di capire come essa si differenzia dalla teologia fondata sulla Rivelazione e il conseguente metodo con cui tale stu- dio si deve affrontare. A continuazione si devono leggere i capitoli II-III-IV, che riguardano le principali negazioni della possibilità di conoscere Dio.

Gli obiettivi di questa prima lettura saranno: 1) conoscere e distin- guere le diverse posizioni che non ammettono la possibilità di arrivare razionalmente a dimostrare l’esistenza di Dio; 2) capire le cause di queste posizioni.

La seconda lettura delle stesse pagine ci dovrà portare all’identifi- cazione dei concetti fondamentali:

• oggetto della teologia filosofica;

• metodo della teologia filosofica;

• rapporto tra ateismo e agnosticismo;

• rapporto tra fideismo e agnosticismo;

• rapporto tra non evidenza di Dio e ateismo;

• perché il problema del male porta alcuni all’ateismo;

• l’umanesimo ateo.

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Domande di autovalutazione

H Quali differenze si trovano tra la teologia filosofica e quella teo- logica?

H In quanto al metodo, qual è la differenza tra la nostra materia e le scienze positive?

H Si può dimostrare razionalmente che Dio non esiste?

H Quale ruolo giocano la volontà e le passioni umane all’ora di affermare che Dio non esiste?

H La posizione degli atei si può dire scientifica?

H La religione è fonte di conflitti?

H Gli agnostici ammettono che la conoscenza umana possa dire qualcosa su Dio?

H I fideisti ammettono che la conoscenza razionale possa dire qualcosa su Dio?

H Quale rapporto si può stabilire tra ateismo ed agnosticismo?

Decima fase.

L’esistenza di Dio

(capitoli V, VI, VII, VIII, IX, X della terza parte del testo

“La Ricerca di Dio”)

Questa fase centrale comprende lo studio dei capitoli dal V al IX, che presentano diverse prove razionali dell’esistenza di Dio. Prima si espongono alcune prove tradizionali: l’argomento ontologico (cap. V) e le cinque vie di san Tommaso (cap. VI), e poi si esaminano alcune formulazioni moderne di esse (l’argomento cosmologico, cap. VII e l’argomento teleologico, cap. VIII). Infine si presentano le prove antro- pologiche, che partono dall’uomo invece che dalla natura (cap. IX).

In un secondo momento (cap. X), ci si sofferma a riflettere sul valore che tali prove possono avere ancora oggi, e, in particolare, se tutte quante hanno un certo valore cumulativo, che permette di con- cludere con sufficiente certezza che Dio esiste.

Questi sono i concetti fondamentali da fissare:

• ruolo delle prove nella conoscenza umana di Dio;

• le dimostrazioni a priori e a posteriori;

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• struttura interna comune alle cinque vie tomistiche;

• rapporto tra l’esistenza di Dio e la contingenza del creato;

• principi gnoseologici e metafisici previ alle prove;

• impossibilità di un processo all’infinito;

• carattere relativo (causato) dei fenomeni contingenti;

• valore delle prove.

Domande di autovalutazione

H Quale rapporto esiste tra la conoscenza naturale dell’esistenza di Dio e quella di fede?

H Queste due conoscenze sono indipendenti?

H Quale rapporto esiste tra la contingenza del mondo e l’esistenza di Dio?

H Perché le prove a posteriori hanno più forza dimostrativa di quelle a priori?

H È possibile arrivare a dimostrare l’esistenza di Dio senza sup- porre il principio di causalità?

H È possibile arrivare a dimostrare l’esistenza di Dio senza ammet- tere la capacità umana di conoscere il reale?

H Quali sono i punti di forza della prova anselmiana? e i punti deboli?

H Quali sono i presupposti metafisici delle cinque vie di san Tommaso?

H Quali sono i difetti di alcune formulazioni moderne delle prove cosmologica e teleologica?

Undicesima fase

La conoscenza del Dio ignoto

(capitoli XI, XII, XIII della quarta parte del testo “La Ricerca di Dio”) Questa fase comprende i capitoli XI-XII-XIII del testo. L’argo- mento è molto importante perché permette di collegare le due tema- tiche essenziali del testo: l’esistenza di Dio e la sua natura. Dopo aver visto che si può dimostrare che Dio esiste, si deve dunque esaminare

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in che modo possiamo conoscere e parlare di Lui, prima di passare a determinare (nell’ultima parte) quali sono i suoi attributi.

Si deve quindi studiare il capitolo soffermandosi in particolare sul ruolo dell’essere nella descrizione di Dio come massimamente perfet- to, e sulla lettura tomista della triplice via dello Pseudo-Dionigi, che permette di sostenere la preesistenza in Dio di tutte le perfezioni, in modo eminente.

Al termine dello studio di questa fase, devono essere identificati e fissati i concetti fondamentali:

• la perfezione e bontà di Dio;

• la Pienezza di essere;

• preesistenza delle perfezioni in Dio;

• triplice via: affermazione, negazione ed eminenza;

• uso dell’analogia per parlare di Dio;

• perfezioni semplici e perfezioni miste;

• il significato dei nomi divini;

• possibilità del linguaggio religioso oggettivo.

Domande di autovalutazione

H Perché il parlare umano di Dio non è equivoco né univoco?

H Qual è il supporto metafisico della predicazione analogica?

H Qual è il nome proprio di Dio?

H Come è possibile conoscere Dio e parlare di Lui, se la sua Essen- za resta incomprensibile?

H Perché tutte le perfezioni preesistono in Dio?

H Come si progredisce nella conoscenza di Dio?

Dodicesima fase Chi è Dio

(capitoli XIV, XV, XVI della quarta parte del testo “La Ricerca di Dio”) Questa ultima parte comprende la lettura dei tre ultimi capitoli del libro (XIV-XV-XVI), che spiegano quale è la natura di Dio, in tre fasi: a) ciò che Egli non è; b) quali sono le perfezioni che gli si attri-

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buiscono in modo assoluto (Vita, Intelligenza, Amore); c) qual è il suo rapporto con le creature (la sua attività creatrice e conservatrice).

Dopo lo studio del capitolo devono essere identificati e fissati i concetti fondamentali:

• nozioni di semplicità ed unicità;

• nozioni di infinità, trascendenza e onnipresenza;

• attributi derivati dalla considerazione di Dio come Persona;

• attributi collegati con il suo essere Creatore;

• distinzione tra creazione e provvidenza;

• rapporto tra provvidenza e caso.

Alla fine di questa fase lo studente deve essere in grado:

a) di stabilire rapporti tra i diversi attributi divini, cercando sempre nella perfezione divina e nell’identificazione di essere ed essenza la radice di tutti;

b) di rispondere alle seguenti domande di autovalutazione:

H Quali sono i tipi di attributi divini?

H Che rapporto esiste tra la semplicità e la molteplicità degli attri- buti divini? C’è qualche contraddizione?

H Come può Dio essere immutabile e attivo? C’è qualche con- traddizione?

H Perché possiamo attribuire a Dio pensiero e amore?

H Com’è la libertà di Dio?

H Dio è persona allo stesso modo che noi uomini siamo perso- H Perché solo Dio può creare?ne?

H Perché sono compatibili creazione ed evoluzione?

H Perché sono compatibili la Provvidenza di Dio e la libertà uma- na?

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Elaborato scritto

Il titolo con la traccia dell’elaborato è da richiedere tramite i servizi online. È obbligatorio consultare tutta la bibliografia indicata nella traccia: è invece sconsigliato ricercare e utilizzare altri testi aggiuntivi o alternativi a quelli obbligatori, e comunque si segnala che è bene chiedere alla docente se, quanto reperito in via autonoma, va bene e non rischia invece di portare lo studente “fuori tema” o di crea- re confusioni, presentando visioni filosofiche diverse dall’approccio del corso. In particolare si sconsiglia molto caldamente l’utilizzo dei documenti tratti da internet. Nel caso si decidesse di usare comun- que il materiale trovato in rete, si richiede di indicare gli autori dei documenti citati e/o dei curatori del sito web utilizzato: materiale

“anonimo” trovato su internet (come ad esempio quello contenuto nel sito web Wikipedia) non è da considerare una fonte accettabile, per evidenti ragioni di mancanza di affidabilità e autorevolezza.

In caso di dubbi o difficoltà, è sempre buona norma prendere con- tatto (via email) con la docente per avere qualche indicazione/consi- glio, sia per l’elaborato sia per l’esame orale.

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