Assume la presidenza il prof. avv. Cesare MIRABELLI, Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura.
Il PRESIDENTE dà lettura del seguente messaggio del Presidente della Repubblica:
" Roma, 21 marzo 1990 Signor Vice Presidente,
ho esaminato con molta attenzione gli atti relativi alla proposta della "Commissione per la riforma giudiziaria e l'amministrazione della giustizia" di approvare una risoluzione sulla partecipazione dei magistrati ad alcune associazioni, anche se non vietate a norma della legge 25 gennaio 1982, n. 17, nonchè la documentata relazione che la precede e ne costituisce motivazione e gli altri atti del Consiglio Superiore con essa logicamente collegati.
1. - Nell'esercizio della funzione generale attribuita al Presidente della Repubblica, Capo dello Stato e rappresentante dell'unità nazionale, di garanzia politico-istituzionale dell'ordinamento costituzionale e quindi del corretto funzionamento delle istituzioni, del rispetto delle sfere di competenza, specie di quelle costituzionalmente riservate e per la tutela dei diritti fondamentali dei cittadini - funzione che assume un carattere di specificità nei confronti dell'ordine giudiziario, della magistratura e del Consiglio Superiore della Magistratura - ho il dovere, quale Presidente della Repubblica tra le cui funzioni, a norma dell'art. 87 della Costituzione vi è quella di presiedere il Consiglio Superiore, di richiamare con rispetto e con fermezza l'attenzione dei componenti del Consiglio Superiore stesso sulla delicatezza e gravità del tema che è portato al suo esame, in sè e nelle sue implicazioni anche di ordine generale.
La S.V. vorrà, perciò, portare questo mio messaggio a conoscenza dell'Assemblea plenaria del Consiglio Superiore, dandone lettura all'inizio della seduta di oggi.
2. - Ritengo necessario che il Consiglio Superiore, nell'esaminare la proposta della Commissione per la riforma valuti che essa è diretta alla predeterminazione di criteri di massima per l'esercizio delle attribuzioni che al Consiglio Superiore competono in materia di stato dei magistrati e di conferimento di funzioni; predeterminazione che andrebbe a incidere, qualora approvata, sulla sfera dei diritti dei magistrati e sull'ordinamento degli uffici giudiziari, con effetti rilevanti sotto il profilo della legittimità costituzionale e ordinaria.
Mentre appare evidentemente del tutto legittimo il criterio diretto a sanzionare l'iscrizione ad associazioni vietate o penalmente illecite, e che tali sono dichiarate dal giudice nell'applicazione delle norme sostanziali e procedurali adottate con legge del Parlamento, il criterio di tener conto anche dell'appartenenza ad associazioni non vietate dalla legge nè illecite, sempre per dettato di legge, appare essere invece gravemente lesivo dei principi costituzionali della libertà di asso- ciazione e della riserva di legge.
Infatti, la qualità di magistrato non fa certo venir meno i diritti fondamentali del magistrato in quanto cittadino, se non nei casi eccezionali, previsti dalla Costituzione e dalle leggi sull'ordinamento giudiziario o altre specifiche richiamate dalla Costituzione stessa. Tale è il caso previsto dall'art. 98 della Costituzione, che però restringe le limitazioni apponibili, sempre con legge, alla libertà di associazione dei magistrati alla sola iscrizione ai partiti politici; limitazioni che non sono operanti, essendosi finora il legislatore astenuto dall'intervenire in materia, certo anche perchè consapevole della delicatezza che sempre ha, in un regime democratico, il problema dei limiti, in particolare se "speciali", delle libertà generali del cittadino.
Un atto diverso dalla legge, qualunque sia la sua natura o il titolo, che abbia come effetto la lesione o l'eventualità della lesione della libertà del magistrato come cittadino, non può dunque che essere lesivo del principio fondamentale, e potrebbe dirsi strutturale, della Costituzione circa la libertà di associazione, nonchè del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, da cui si può derogare solo nei casi eccezionali previsti dalla Costituzione e sempre con riserva di legge.
Nè va dimenticato che, a parte l'imprescindibile dovere da parte di tutti gli organi dello Stato di osservare la Costituzione, il nostro Paese ha assunto, proprio in tema di libertà di associazione, solenni impegni in sede internazionale con la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 4 novembre 1950 e con il Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966.
Entrambi gli accordi impongono di riservare esclusivamente alla legge, e solo per ragioni tassativamente indicate, le restrizioni all'esercizio della libertà di associazione. Questi impegni, in virtù della ratifica e dell'esecuzione di tali convenzioni e dell'art. 10 della Costituzione, costituiscono limiti, diritti e doveri nell'ordinamento giuridico interno.
E, d'altra parte, lo stesso Consiglio Superiore, proprio in attuazione del principio della libertà di associazione, ha avuto occasione nel dicembre 1988 di esprimere un netto parere contrario alla introduzione, nel disegno di legge sulla responsabilità disciplinare e incompatibilità del magistrato - allora all'esame della Camera dei Deputati - di un emendamento che avrebbe reso obbligatoria per i magistrati la comunicazione della appartenenza ad associazioni non vietate. Nella stessa occasione, persino quei componenti che riconoscevano compatibile con i principi costituzionali l'introduzione di tale obbligo di comunicazione, hanno tenuto comunque a precisare, proprio a sostegno della loro posizione, che l'emendamento non prevedeva, nè avrebbe potuto prevedere, alcuna sanzione per il solo fatto dell'appartenenza.
Nè varrebbe opporre a tali affermazioni che la Corte Costituzionale ha riconosciuto la possibilità, proprio con riferimento allo stato dei magistrati, di introdurre limitazioni all'esercizio di altri diritti fondamentali, quale è quello di espressione.
Le enunciazioni della Corte, che sono ampiamente riportate nella proposta della Commissione, riguardano, infatti, limitazioni introdotte con atto legislativo, riconoscendo unicamente che singoli casi concreti di esercizio distorto, di abuso del diritto, da valutare in sede disciplinare, possano risultare lesivi dei doveri che, in ragione del prestigio dell'ordine giudiziario, sono stati imposti ai magistrati dalla legge sulle guarentigie della Magistratura.
Attese le attribuzioni che competono al Consiglio Superiore sullo stato dei magistrati e sul conferimento di funzioni agli stessi, la introduzione in via amministrativa - dato che mai alla risoluzione potrebbe riconoscersi nè valore di legge nè valore di regolamento generale, per difetto assoluto di competenza - di criteri che si traducono per i singoli magistrati in divieti e limiti comportereb- be, poi, anche una grave compromissione del principio della riserva di legge dettato dagli artt. 102 e 108 della Costituzione, per tutto quanto attiene all'ordinamento giudiziario e allo stato giuridico dei magistrati, compresa la materia disciplinare.
Il Consiglio Superiore, se può legittimamente fissare i criteri per la applicazione dei requisiti previsti alla legge, non ha, invece, il potere di introdurre requisiti affatto nuovi, per essere detta materia appunto coperta da "riserva di legge".
Qualora poi il Consiglio Superiore intendesse dettare criteri di interpretazione delle fattispecie disciplinari legali esistenti, il Consiglio stesso violerebbe non solo il principio di legalità, ma invaderebbe anche la competenza della sezione disciplinare e, più in generale, si porrebbe in contrasto con il principio della riserva dell'esercizio della giurisdizione e con il principio dell'indipendenza di esso, per cui il giudice - e tale è la Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore, per costante giurisprudenza costituzionale e ordinaria - è soggetto solo alla legge.
3.- Va poi considerato che la riserva di legge sancita dalla Costituzione per tutto quanto attiene allo stato giuridico dei magistrati è posta a tutela dell'indipendenza della magistratura, come corpo, e dei giudici, anche come singoli organi di giurisdizione, e concorre a integrare il sistema di garanzie - del quale lo stesso Consiglio Superiore fa parte - che costituisce elemento essenziale della struttura propria dello Stato di diritto.
L'inosservanza della riserva di legge costituirebbe, dunque, non solo violazione delle specifiche norme costituzionali che la prevedono, ma anche rottura del sistema di garanzia a difesa dell'indipendenza dei giudici di cui agli artt. 101 e 104 della Costituzione.
4.- La riserva di legge, poi, attesa la generale attribuzione della funzione legislativa al Parlamento, opera, anche sul piano istituzionale, rinforzandola e specificandola, come una vera e propria prerogativa del Parlamento, in considerazione del suo carattere di organo rappresentativo del popolo, unico "sovrano" legale e reale in un ordinamento democratico, e quindi di sede privilegiata dell'esercizio della sovranità popolare.
La violazione della riserva di legge rappresenta, dunque, una invasione delle esclusive attribuzioni generali e particolari del Parlamento e una lesione delle sue prerogative istituzionali e quindi del principio della sovranità popolare in regime rappresentativo; lesione che - provenendo da un organo di grande rilevanza istituzionale, per di più con specifiche funzioni di garanzia giuridica, quale è il Consiglio Superiore - acquisterebbe carattere di particolare gravità e minaccerebbe gravemente il corretto funzionamento delle istituzioni.
5.- Nè va dimenticato che nel nostro sistema, organi quali il Consiglio Superiore della Magistratura e istituti quali la riserva di legge in materia di ordinamento giudiziario e stato dei magistrati, l'indipendenza e l'autonomia della magistratura e la soggezione del giudice solo alla legge esprimono certo valori in sè, ma essenzialmente rappresentano valori strumentali e funzionali alla difesa della libertà e dei diritti dei cittadini - anche se magistrati - e alla garanzia del giusto processo; valori tutti che trascendono la stessa categoria dei magistrati e oltre a far parte del patrimonio inalienabile della nostra civiltà politica democratica e giuridica liberale, costituiscono principi di diritto positivo e caratteri giuridici essenziali del nostro Stato democratico e di diritto.
Nella mia veste di Capo dello Stato sono qui, infatti, non a salvaguardare determinate associazioni, cui fa riferimento la proposta di risoluzione, nè qualunque altra associazione, ma a difendere il principio di libertà e il principio di legalità costituzionale che è difesa del principio di libertà.
Nessuno, credo, può dimenticare che la storia civile ci ha lasciato il triste insegnamento che la minaccia al sistema delle libertà e, a monte, della cultura stessa della tolleranza, ha avuto sempre inizio da una lesione quantitativamente e qualitativamente anche minima a una sola libertà o alla libertà di pochi; quasi sempre in nome di un concetto di libertà "più forte", "più vero", "più giusto", "più avanzato", ma sempre con la violazione del diritto vigente; e che la storia giuridica insegna, ancor più, che la rottura delle regole del diritto, anche se può sembrare solo formale, porta, presto o tardi, alla violazione della libertà.
6.- Non si può peraltro certamente non farsi carico dell'impegno sentito come etico e del dichiarato intento deontologico che traspaiono dai lavori della Commissione, tutti lodevolmente incentrati sulla necessità di preservare l'indipendenza della magistratura da "influenze indebite" (sempre che si possa ipotizzare o giustificare che ve ne siano di legittime!) e sulla convinzione che l'appartenenza a determinate associazioni possa costituire una fonte di inquinamento nell'esercizio della funzione giurisdizionale e nell'attività giudiziaria in generale.
Mi rendo pienamente conto, d'altra parte, che si può ben ipotizzare che l'appartenenza a determinate associazioni, per la forza e la rigidità dei vincoli che possono essere previsti e quindi venire a gravare sugli associati, possa essere causa, per i magistrati, come per ogni altro pubblico dipendente o soggetto investito di pubbliche funzioni, di comportamenti non conformi ai doveri di imparzialità, che per i giudici è anche dovere di terzietà, e di esclusiva soggezione alla legge che sugli stessi incombono nell'esercizio delle loro funzioni e agli altri doveri anche deontologici che essi devono osservare persino nei rapporti estranei all'ufficio da loro ricoperto. Si tenga però ben presente che la libertà di coscienza e di pensiero è premessa e cardine del nostro sistema di libertà e che essa interdice l'adozione di prescrizioni discriminatrici basate sulle credenze personali, nè permette forma alcuna di controllo o di vigile sorveglianza sull'attività dei cittadini, anche se magistrati, anzi, tanto più se magistrati, e in modo particolarissimo sotto il profilo delle loro opinioni e credenze, specialmente se rivolta all'adozione di provvedimenti a carattere sostanzialmente repressivo.
7.- A tutela di questo impegno del Consiglio non intendo interdire oggi una valutazione deontologica dell'appartenenza dei magistrati a siffatte associazioni, nè domani di quella ad altre di diversa ispirazione, nè ostacolare il dibattito sul problema se, per la rilevanza che il piano deontologico assume per i magistrati, il Consiglio Superiore, nella sua responsabilità, possa ravvisare un contrasto, in base ai principi del nostro ordinamento, tra i doveri del magistrato e l'appartenenza alle associazioni di ispirazione massonica o domani anche di altra ispirazione ideologica, tenendo peraltro ben presente quanto delicate siano una tale valutazione e il conseguente "giudizio di rilevanza", in relazione ai principi
fondamentali di libertà sopra indicati e propri di un regime di libertà quale il nostro Stato è e vuole, anche nella realtà, continuare ad essere.
Nè intendo qui esprimermi sul problema, che a quello ora indicato, fa da sfondo, e costituisce motivazione della proposta di risoluzione, se le associazioni massoniche siano conformi ai principi della Costituzione o se ad esse, per i loro fini, per il tipo di impegno organizzativo, ideale, associativo, di solidarietà che comportano, possa o debba applicarsi la qualificazione di associazioni segrete o se, comunque, ad esse o ad alcune di esse possa o debba applicarsi il trattamento giuridico previsto per associazioni di tale natura o, ancora, se i fini di alcune di esse possano essere qualificati illeciti e comportare, quindi, il limite alla libertà di associazione contemplato espressamente dalla Costituzione, la cui applicazione, giova ripeterlo, spetta solo al Parlamento con legge.
Non compete a me, infatti, lo ribadisco, in questa sede, il giudizio sulla legittimità di determinate associazioni: su me certamente incombe invece il dovere di assicurare, attraverso anche l'esercizio del magistero di persuasione che rientra nelle attribuzioni del Capo dello Stato, la tutela dei diritti fondamentali di libertà, in particolare la difesa della libertà dei magistrati, delle regole del giusto processo secondo la legge e, in genere, la protezione dei principi cardine dello Stato democratico e di diritto che realizzano il "regime di libertà".
E sta di fatto che la legge 25 gennaio 1982 n. 17 ha contemplato non solo i casi nei quali una associazione può essere definita segreta, ma anche le procedure attraverso le quali, nei confronti di una determinata associazione, può essere espresso tale giudizio, attribuendo la competenza esclusiva in materia al giudice penale e sancendo che solo la sentenza irrevocabile di condanna possa costituire il presupposto per l'adozione delle conseguenti misure amministrative nei confronti dei pubblici dipendenti.
8. - E' per queste ragioni che esprimo l'avviso che, a salvaguardia della corretta posizione istituzionale del Consiglio Superiore, a garanzia del rispetto dei limiti delle sue competenze, e a tutela del suo prestigio nei confronti degli stessi magistrati, il Consiglio Superiore, che è e vuole essere organo di garanzia, ove abbia a formarsi su alcune associazioni un giudizio nei sensi sopra indicati
debba servirsi, per garantire l'indipendenza della magistratura e dei singoli magistrati e la soggezione del giudice alla sola legge, non di mezzi dubbi, ma di mezzi sicuramente legittimi, diversi da quelli della formulazione di proposizioni precettive illegittime o almeno di dubbia legittimità.
Il Consiglio Superiore potrebbe, a tal fine, formulare proposte al Parlamento, per il tramite del Ministro di Grazia e Giustizia, perchè alcune particolari associazioni, massoniche o di diversa ispirazione, se questo fosse il suo responsabile e motivato convincimento, morale e giuridico, vengano dichiarate segrete e conseguentemente sciolte, in applicazione della legge 25 gennaio 1982 n. 17, traendone solo successivamente, nell'esercizio delle competenze positivamente conferitegli, le sanzionatorie conseguenze giuridiche nei confronti dei magistrati che vi appartenessero.
Inoltre, ove il Consiglio Superiore pervenisse ad un giudizio di illiceità di tali associazioni perchè perseguono, secondo il suo responsabile apprezzamento, fini vietati ai singoli dalla legge penale, come previsto dall'art. 18 della Costituzione, e risulti che alcuni magistrati appartengono ad esse, il Con- siglio stesso avrebbe poi non il potere, ma il dovere di trasmettere gli atti all'ufficio del Pubblico Ministero competente per le valutazioni ad esse spettanti sulla promovibilità dell'azione penale.
Il Consiglio Superiore, qualora poi ritenesse che determinate associazioni, per la loro organizzazione e per i fini, siano tali da imporre ai loro iscritti vincoli della stessa natura di quelli per i quali il costituente ha previsto la possibilità di limitare con legge l'iscrizione ai partiti, potrebbe chiedere, sempre per il tramite del Ministro di Grazia e Giustizia, che il Parlamento, ove si risolvesse ad avvalersi della facoltà prevista dall'art. 98 della Costituzione, esamini l'eventualità di estendere il divieto anche ad altre organizzazioni con fini e vincoli analoghi.
Infine, se in concreto, come sopra si è ipotizzato, risultassero al Consiglio Superiore comportamenti di magistrati posti in violazione dei doveri di ufficio, causati dall'appartenenza ad una associazione massonica o di altra ispirazione, o comunque rapportabili a tale appartenenza, il Consiglio Superiore, senza formulare divieti o dettare criteri illegittimi, ben potrebbe trasmettere gli atti alle autorità competenti a procedere in via disciplinare, perchè sia valutata la sanzionabilità disciplinare, non dell'appartenenza all'associazione, ma degli specifici comportamenti contrastanti con i doveri di ufficio determinati o in qualche modo indotti da quella appartenenza.
Sono peraltro decisioni, queste, che dovrebbero, a tutela della credibilità del Consiglio Superiore, essere prese con ben maturate ponderazione e motivazione.
9. - Voglio sottolineare, infine, come gli indiscutibili caratteri di delicatezza e gravità dell'argomento in discussione, che, come si è detto, riguarda i diritti costituzionali di libertà dei magistrati e, sullo sfondo, di tutti i cittadini, nonchè i principi costituzionali sull'ordinamento giudiziario, dovrebbero indurre il Consiglio Superiore a riflettere sull'opportunità di affrontare l'eventualità dell'adozione di una deliberazione di tanto rilievo dopo la scadenza del termine costituzionale di durata in carica dei suoi componenti elettivi.
Tanto più che la deliberazione proposta in realtà verrebbe ad esplicare i suoi effetti prevalentemente durante lo svolgimento dell'attività del prossimo Consiglio Superiore, per i componenti elettivi del quale sono ormai prossime le elezioni.
Sono pertanto fiducioso che il Consiglio Superiore vorrà lasciare al prossimo Consiglio del tutto impregiudicata la valutazione dell'opportunità dell'adozione di una deliberazione in materia e del contenuto di essa.
10. - Queste sono le valutazioni e le considerazioni che, nella mia qualità di Capo dello Stato, cui compete anche la Presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura, ho ritenuto di dover sottoporre, nella mia indeclinabile responsabilità, con rispetto e consapevole fermezza, alla attenta valutazione del Consiglio Superiore.
Preoccupato per le condizioni della giustizia e in particolare per l'azione dello Stato contro la criminalità organizzata, rivolgo un appello al Consiglio Superiore perchè, in un momento così importante e delicato, consapevole del suo rilevante ruolo istituzionale, sappia tutelare il suo prestigio e la sua autorevolezza nei confronti delle istituzioni e in particolare dei magistrati, operando in modo che la sua attività sia e chiaramente sempre appaia legittima e ispirata ai fondamentali principi della Costituzione, sicchè i magistrati possano continuare con fiducia a vedere in esso, nell'esercizio delle competenze attribuitegli dalla Costituzione e dalle leggi, organo di garanzia preposto alla salvaguardia
della loro indipendenza e mai possano avere il timore che la loro autonomia e i loro diritti non siano proprio da esso sufficientemente garantiti.
La rilevanza politica e costituzionale degli argomenti che formano oggetto della proposta di risoluzione in questione - quali la libertà e l'autonomia della magistratura come ordine e come singoli magistrati, il principio di uguaglianza, il principio della soggezione del giudice esclusivamente alla legge, principi tutti posti a garanzia dei diritti e delle libertà della persona, centro del nostro sistema politico, sociale e giuridico - in una con il rispetto delle prerogative generali e particolari del Parlamento, espressione della sovranità popolare, rendono per me doveroso inviare copia di questo messaggio ai Presidenti delle due Camere, con lettere controfirmate dal Ministro di Grazia e Giustizia, a norma dell'art. 89 della Costituzione.
Voglia trasmettere, Signor Vice Presidente, il mio saluto ai componenti del Consiglio Superiore ed accogliere i sensi della mia più alta considerazione.
Francesco COSSIGA"
Alle ore 17,17 fanno il loro ingresso in aula i consiglieri BORRE' e PACIOTTI.
Alle ore 17,18 fa il suo ingresso in aula l'avv. CONTRI.
Alle ore 17,19 fa il suo ingresso in aula il dott. PAPA.
Alle ore 17,21 fanno il loro ingresso in aula i consiglieri ABBATE, BUONAJUTO, LAPENTA e TATOZZI.
Alle ore 17,25 fa il suo ingresso in aula il dott. MOROZZO DELLA ROCCA.
L'avv. PENNACCHINI osserva che la grande importanza e delicatezza degli argomenti trattati nel messaggio del Presidente della Repubblica esigono che la discussione su di esso sia preceduta da un esame assai accurato del suo contenuto.
Il prof. SMURAGLIA rileva che è indubbio che il dibattito dovrà essere preceduto da un esame attento del messaggio del Presidente della Repubblica, ma che ravvisa comunque la necessità di esprimere immediatamente brevi considerazioni di principio sul suo contenuto.
Il dott. D'AMBROSIO propone che mentre viene distribuito il testo della lettera del Presidente della Repubblica, si proceda alla trattazione delle pratiche iscritte all'ordine del giorno della seduta.
Il prof. SMURAGLIA esprime il suo stupore per il contenuto del messaggio del Presidente della Repubblica, dal quale ricava la sensazione di essere ormai un consigliere dimezzato.
Ribadisce pertanto la richiesta di avere la parola per esprimere alcune considerazioni sul messaggio stesso.
Il PRESIDENTE dispone la distribuzione del testo del messaggio del Presidente della Repubblica.
L'avv. CONTRI fa presente che, dinanzi ad un messaggio così inusuale del Presidente della Repubblica, è quanto mai opportuna una sospensione della seduta.
Il prof. SMURAGLIA, in considerazione dell'importanza e della gravità del messaggio sottolinea l'assoluta inopportunità di trattare subito le pratiche iscritte all'ordine del giorno per poi passare a discutere del contenuto della lettera del Presidente della Repubblica.E' invece necessario procedere immediatamente ad un primo confronto di opinioni sul documento, essendo in questione principi concernenti la stessa vita del Consiglio Superiore della Magistratura.
Il dott. RACHELI rileva che i problemi evocati dalla lettera del Presidente della Repubblica sono tanto importanti non solo per la vita del Consiglio Superiore della Magistratura, ma anche per quella del Paese, da richiedere una pausa di meditazione il cui termine finale, e quindi il momento in cui il Consiglio dovrà discutere del contenuto del messaggio del Presidente della Repubblica, dovrà però essere determinato con chiarezza e precisione. Osserva infine che in una democrazia deve essere possibile procedere, sia pure con il dovuto rispetto, a valutazioni critiche di tutto e di tutti.
Il prof. SMURAGLIA si dichiara contrario a sospendere immediatamente la seduta e favorevole allo svolgimento di un primo scambio di opinioni sul contenuto del messaggio del Presidente della Repubblica.
Alle ore 17,48 fa il suo ingresso in aula il dott. SGROI.
L'avv. PALUMBO osserva che l'importanza e l'inusualità del messaggio del Presidente della Repubblica rendono indispensabile la sospensione della seduta in corso al fine di dare ai consiglieri la possibilità di prendere piena conoscenza del suo contenuto.
Il dott. BORRE' fa presente che prima della pur necessaria pausa di riflessione è opportuno dare ai consiglieri la possibilità di un primo confronto di opinioni sulla lettera del Presidente della Repubblica.
Il prof. BRUTTI, dopo aver espresso il suo sconcerto e il suo più vivo e doloroso stupore per il messaggio del Presidente della Repubblica, fà presente che il contenuto di tale messaggio impone al Consiglio un'attenta riflessione e non consente ad esso di trattare immediatamente le pratiche di ordinaria amministrazione iscritte nell'ordine del giorno ad eccezione di quelle relative ad adempimenti istituzionali.
Il prof. BRUTTI si dichiara quindi orgoglioso di aver contribuito a formare la volontà consiliare maggioritaria che ha ritenuto il vincolo di appartenenza ad una associazione che ha come proprio oggetto fondamentale lo scambio di favori reciproci, incompatibile con i requisiti dell'imparzialità, dell'indipendenza e dell'autonomia che devono essere necessariamente propri del magistrato.
Il dott. GERACI si dichiara d'accordo con le osservazioni svolte dal prof.
SMURAGLIA e rileva che in questo momento non può essere impedito un primo scambio di opinioni all'interno del Consiglio sul contenuto della lettera del Presidente della Repubblica.
Il dott. PAPA dichiara di sentirsi profondamente turbato e di ritenere indispensabile togliere o quanto meno sospendere la seduta in corso al fine di consentire ai consiglieri di esaminare attentamente il contenuto del messaggio del Presidente della Repubblica, dopo aver dato peraltro la possibilità di esprimere le proprie prime impressioni, ai componenti che lo desiderino.
Il dott. ABBATE, dopo aver sottolineato la necessità di riflettere con l'indispensabile calma sulle considerazioni contenute nella lettera del Presidente della Repubblica e di procedere comunque agli adempimenti istituzionali iscritti all'ordine del giorno, fa presente che il Consiglio per quanto scaduto è comunque nella pienezza dei suoi poteri.
L'avv. FELISETTI, dopo aver ricordato che la Commissione Riforma da lui presieduta ha trattato l'argomento dell'appartenenza di magistrati alla massoneria con molta cautela e ponderazione, osserva che il Consiglio, dinanzi alla complessità e alla autorevolezza del messaggio del Presidente della Repubblica, deve evitare di esprimere risposte immediate ed emotive. L'avv. FELISETTI propone quindi di togliere la seduta e di aprire nella seduta antimeridiana di domani la discussione sul messaggio del Presidente della Repubblica.
Il dott. MOROZZO DELLA ROCCA osserva che l'opportunità di sospendere la seduta in corso per esaminare con attenzione il contenuto della comunicazione del Presidente della Repubblica deriva anche dal fatto che in tale comunicazione viene affrontato anche il tema della funzione del Consiglio e dei limiti che esso incontra nello svolgimento della sua attività.
Il dott. BORRE' rileva che nel messaggio del Presidente della Repubblica è espressa la preoccupazione che il Consiglio intenda fissare, appropriandosi di competenze di altri organi, una regola generale e astratta in materia di appartenenza di magistrati alla massoneria. Occorre pertanto sottolineare - prosegue il dott. BORRE' - che la proposta formulata dalla Commissione Riforma è invece scaturita da un risalente e comune convincimento (più casi si sono verificati nel quadriennio) circa la necessità di svolgere anzitutto un'ampia discussione sul punto e poi di fissare alcuni punti ai soli fini del più corretto e trsparente esercizio dei poteri discrezionali del Consiglio.
Il dott. BORRE' osserva infine che non può essere invocato come circostanza ostativa alla deliberazione sulla risoluzione in esame, il fatto che al momento si versi in una fase successiva alla scadenza del Consiglio. E' infatti certo che quest'ultimo, per legge, è ancora nel pieno possesso di tutti i suoi poteri.
Il dott. D'AMBROSIO, dopo aver dichiarato di avere l'impressione di non condividere quasi nulla del merito del messaggio del Presidente della Repubblica, fa presente che in questo momento il Consiglio è senz'altro nella pienezza dei suoi poteri. Poichè all'ordine del giorno sono iscritti adempimenti istituzionali imposti dalla legge che non possono essere elusi dal Consiglio - prosegue il dott. D'AMBROSIO - l'eventuale sospensione della seduta in corso potrà comunque essere disposta solo una volta che siano stati compiuti quegli adempimenti.
Il prof. SMURAGLIA esprime profondo stupore per il messaggio inviato dal Presidente della Repubblica. Ritiene infatti inusuale che il Presidente del Consiglio Superiore della Maistratura - il quale non partecipa a riunioni di quest'ultimo dal 20 luglio 1988 - invii al Consiglio stesso un messaggio scritto come se si rivolgesse ad un organismo estraneo. A suo avviso, il Presidente ben avrebbe potuto partecipare alla riunione del Consiglio ed esprimere in questa, e cioè nella sede più propria, le sue opinioni.
Il prof. SMURAGLIA ricorda poi che recentemente alcuni Consiglieri avevano espresso il loro vivo rammarico per il fatto che il Presidente non aveva ritenuto di intervenire per tutelare il ruolo e l'immagine del Consiglio che apparivano sottoposti ad un forte e ingiustificato attacco; ora, si assiste ad un intervento in direzione contraria che, anche a prescindere dal contenuto del messaggio, si presenta discutibile innanzitutto sul piano della forma.
Un terzo motivo di stupore - prosegue il prof. SMURAGLIA - è il seguente. Poichè in tema di libertà è all'ordine del giorno della seduta odierna un argomento importante come quello delle dichiarazioni dei magistrati alla stampa è il caso di chiedersi come mai non vi sia stato un intervento anche su tale argomento. La verità è che il Consiglio Superiore della Magistratura, in entrambi i casi, non sta ledendo alcun diritto,nè si propone di introdurre alcuna limitazione.
Il prof. SMURAGLIA osserva poi che il presente Consiglio è attualmente nella pienezza dei propri poteri, poichè non è stato prorogato, ma resta in carica fino a che non sarà insediato il nuovo Consiglio, così come stabilisce la legge istitutiva. Qualora si ritenesse che le cose stanno in termini diversi, si dovrebbe per coerenza invitare il Parlamento a non modificare la legge elettorale di un organo che è già scaduto e che deve essere rinnovato. Si chiede, inoltre, per quale ragione il messaggio sia stato indirizzato anche ai Presidenti della Camera e del Senato: non vi è in questa materia un terreno comune del Parlamento e del Consiglio Superiore, ma reciproche e distinte responsabilità.
Il prof. SMURAGLIA osserva infine che il Consiglio deve nella seduta odierna provvedere agli adempimenti di carattere elettorale previsti dall'ordine del giorno.
Il dott. LETIZIA considera necessario, anche a prescindere dal messaggio del Presidente della Repubblica, esaminare con attenzione particolare la proposta della Commissione perchè, se è noto da dove questa ha tratto lo spunto, forse non sono state considerate con chiarezza
tutte le sue implicazioni. Sottolinea poi che nell'ultimo capoverso della risoluzione si evidenzia come "tra i doveri deontologici del magistrato ci sia anche quello di astenersi ... dal contrarre vincoli che A) intendano sovrapporsi (o nei fatti si sovrappongano) al dovere di fedeltà alla Costituzione, di imparziale ed indipendente esercizio della giurisdizione o B) comunque compromettano la fiducia dei cittadini verso la funzione giudiziaria facendone venir meno la credibilità". Ed osserva che tali affermazioni richiederebbero discussioni lunghissime.
Il PRESIDENTE ricorda che è stata avanzata una richiesta di rinvio dell'argomento alla seduta di domani e che solo dopo aver assunto una decisione su tale richiesta si potrà deliberare sul prosieguo dei lavori.
Il prof. BRUTTI ribadisce la necessità di provvedere agli adempimenti istituzionali.
Il dott. TATOZZI precisa che la richiesta formulata dal dott. PAPA consiste in una proposta di sospensione della seduta fino a domattina. Essa è basata sul fatto che le questioni poste dal Presidente della Repubblica sono di estrema gravità ed il Consiglio non può occuparsi d'altro prima di averle affrontate, dato che implicano anche valutazioni di carattere personale relative alla possibilità di continuare a far parte del Consiglio medesimo quando vi è il sospetto che si voglia considerarlo un or- gano "dimezzato".
Il dott. TATOZZI conclude affermando la sua decisa adesione a detta proposta, e chiede che questa sia posta in votazione.
Il dott. MARCONI propone che si provveda almeno alla convocazione delle elezioni dei Componenti magistrati del Consiglio Superiore della Magistratura.
Il dott. CARITI si associa alla richiesta formulata dai Consiglieri PAPA e TATOZZI, rilevando che per tale convocazione vi è tempo fino al 27 di marzo.
L'avv. CONTRI considera quasi un atto dovuto il meditare fino a domattina su un messaggio così inusuale, e di così grande importanza e gravità, come quello inviato dal Presidente della Repubblica.
Il prof. BRUTTI sottolinea la necessità di procedere alla convocazione delle elezioni.
A suo giudizio, il rinvio di tale atto dovuto potrebbe ingenerare il sospetto che da parte del Consiglio
si sia voluto ritardare l'adempimento, proprio mentre da parte del legislatore vi è ritardo nel deliberare sulle norme concernenti dette elezioni.
La dott.ssa PACIOTTI concorda sulla necessità di disporre la sospensione della seduta, ma è dell'avviso che si debba procedere prima di essa alla convocazione delle elezioni.
Il dott. MOROZZO DELLA ROCCA non ritiene che tale atto dovuto sia adottabile senza discussioni. Vi è, infatti, ancora qualche giorno prima della scadenza e convocare le elezioni oggi significherebbe dare l'impressione di voler intralciare l'attività del Parlamento che potrebbe decidere di approvare una nuova legge elettorale. Dichiara che voterà a favore della proposta del dott. PAPA.
L'avv. PALUMBO precisa che voterà per detta proposta e che una sospensione della seduta non implicherebbe una violazione di legge poichè per la convocazione delle elezioni vi è ancora tempo.
Il prof. ZICCONE concorda con la richiesta di sospensione.
Il dott. BRANCACCIO dichiara che su tale proposta si asterrà. A suo avviso, il problema della sospensione e quello della indizione delle elezioni si sono sovrapposti ed il rinvio di tale adempimento elettorale non ha valore neutro, in quanto esso può avere influenza sulle decisioni del Parlamento.
L'avv. FELISETTI ritiene che decidere oggi sugli adempimenti elettorali significherebbe compiere un atto gratuitamente emulativo nei confronti del Parlamento. Concorda quindi con la proposta del dott. PAPA.
Il dott. RACHELI si opporrà alla richiesta di sospensione. A suo giudizio, si deve prendere atto del carattere politico di tale decisione: vi è un'iniziativa legislativa in discussione in Parlamento - che aveva comunque tutto il tempo per intervenire prima - ed è ovvio che chi non l'approva sia favorevole ad avviare immediatamente le procedure elettorali.
Il dott. RACHELI comunque nega che si possa parlare di atto emulativo.
Il dott. LOMBARDI è favorevole alla proposta del dott. PAPA purchè sia stabilito che la pratica concernente la convocazione delle elezioni sia decisa all'inizio della seduta di domani. In caso contrario egli si asterrà sulla richiesta di sospensione della seduta.
L'avv. CONTRI ribadisce che, a suo avviso, il messaggio del Presidente della Repubblica è determinante per la vita del Consiglio Superiore ed è quindi indispensabile che esso sia valutato seriamente e con immediatezza prima di passare ad esaminare qualsiasi altra pratica. Ritiene che la seduta di domani debba essere dedicata a questo argomento.
Si procede, quindi, alla votazione sulla proposta di sospensione della seduta.
Su richiesta dei Consiglieri PACIOTTI, PAPA, BRUTTI e CASELLI tale votazione si effettua per appello nominale.
Votano a favore della proposta di sospensione i Consiglieri AGNOLI, BUONAJUTO, CARITI, CONTRI, DI PERSIA, FELISETTI, GERACI, LAPENTA, LETIZIA, MADDALENA, MOROZZO DELLA ROCCA, PALUMBO PAPA, PENNACCHINI, SGROI, TATOZZI e ZICCONE.
Votano contro i Consiglieri ABBATE, BORRE', BRUTTI, CALOGERO, CASELLI, D'AMBROSIO, GOMEZ d'AYALA, MARCONI, PACIOTTI, RACHELI, SMURAGLIA e SURACI.
Si astengono i Consiglieri BRANCACCIO, LOMBARDI e MIRABELLI.
La proposta è accolta con 17 voti favorevoli, 12 contrari e 3 astensioni.
La seduta termina alle ore 18,41.
Del che il presente verbale, fatto e sottoscritto in unico originale da conservarsi negli atti del Consiglio Superiore della Magistratura.
IL PRESIDENTE
IL MAGISTRATO
ADDETTO AL COORDINAMENTO
I SEGRETARI
IL SEGRETARIO GENERALE