RISONANZA MAGNETICA
INTRODUZIONE... 2
PRINCIPI FISICI DI RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE ... 4
Comportamento dei nuclei in un Campo Magnetico esterno ... 5
Dalle equazioni di Bloch ai Fenomeni di rilassamento ... 12
HARDWARE MRI ... 16
Magnete principale ... 16
Bobine di gradiente ... 17
RF Coil ... 22
RF Surface Coil ... 22
Saddle shape RF coil ... 26
Bobine ausiliarie ... 27
Bobine di shimming ... 27
Bobine di schermatura (shielding) ... 27
La Radiofrequenza ... 27
Impulso RF ... 28
Modulazione SSB... 31
Separatore ... 33
FORMAZIONE DELLE IMMAGINI MRI ... 35
Gradiente di campo... 35
Selezione della fetta ... 35
Codifica in frequenza ... 36
Codifica in fase ... 37
Equazione delle immagini dall’equazione di Bloch ... 37
Immagini a risonanza magnetica 2-D ... 38
Ricostruzione con retroproiezione ... 39
Ricostruzione con la trasformata di Fourier 2D ... 46
La trasformata di Fourier bidimensionale ... 51
Sequenze di eccitazione ... 52
Sequenza 90-FID ... 53
Sequenza Spin-Echo ... 53
Imaging con sequenze Spin-Echo ... 54
Sequenza Inversion Recovery ... 55
Imaging con sequenze Inversion Recovery ... 56
Imaging con sequenze Gradient Echo ... 57
Immagini pesate T1 e T2 ... 58
K spazio... 62
FOV e risoluzione ... 65
Aliasing ... 66
INTRODUZIONE
La Risonanza magnetica per Imaging (MRI) è una tecnica di diagnostica per immagini basata sull’utilizzo di campi RF e campi magnetici. L’MRI è basata sui principi della Risonanza Magnetica Nucleare (NMR), una tecnica spettroscopica usata dai ricercatori per ottenere informazioni di tipo microscopico, chimico e fisico, sulle molecole. L’MRI è una tecnica di imaging tomografico, in grado cioè di produrre un’immagine del segnale NMR di una sottile fetta del corpo umano. Ciascuna fetta in cui possiamo pensare suddiviso il distretto anatomico in esame ha un determinato spessore (thickness). Ricordiamo che con il termine “imaging tomografico” si intende una modalità di imaging in grado di produrre l’immagine di una “fetta” del corpo umano.
Una fetta è composta di vari elementi tridimensionali detti voxel. L’ immagine tomografica è composta da molti elementi bidimensionali chiamati pixel; l’ intensità di un pixel è proporzionale all’ intensità del segnale NMR del voxel corrispondente.
Figura 1: immagini rappresentative di voxel e pixel
Le informazioni date dalle immagini di risonanza magnetica sono essenzialmente di natura diversa rispetto a quelle degli altri metodi di imaging, infatti è possibile la discriminazione tra tessuti sulla base della loro composizione biochimica. L’imaging a risonanza magnetica è basato sull’assorbimento e l’emissione di energia nel range delle frequenze radio dello spettro elettromagnetico. Le immagini vengono prodotte sulla base di variazioni spaziali in fase e frequenza dell'energia assorbita ed emessa dall'oggetto esaminato.
Figura 2: Imaging a risonanza magnetica di un cervello sano (a destra) e di un cervello affetto dal morbo di Alzheimer (a sinistra)
L'RM è generalmente considerata non dannosa nei confronti del paziente, e quest'ultimo non è sottoposto a radiazioni ionizzanti come nel caso delle tecniche facenti uso di raggi X o di isotopi radioattivi. Tuttavia gli svantaggi dell'utilizzo di questa tecnica sono principalmente i costi e i tempi necessari all'acquisizione delle immagini.
PRINCIPI FISICI DI RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE
Per comprendere l’MRI dobbiamo comprendere i principi fisici basilari dell’NMR fenomeno per il quale alcuni nuclei esibiscono un certo comportamento in presenza di un campo magnetico. Il corpo umano è principalmente costituito da grasso e acqua. Grasso e acqua contengono atomi di idrogeno in una misura pari al 63% del totale degli atomi di idrogeno del corpo umano. I nuclei di idrogeno possono generare un segnale NMR. Il segnale MRI rappresenta il segnale NMR proveniente dai nuclei di idrogeno opportunamente “sollecitati”. Per l’MRI, quindi, l’idrogeno è l’elemento più significativo per via dell’ elevata concentrazione nel corpo umano delle molecole d’acqua. Ciascun voxel di una immagine del corpo umano contiene uno o più tessuti. Per esempio possiamo avere un voxel costituito da un unico tipo di tessuto. All’ interno di ogni singolo voxel sono presenti le cellule. In ogni cellula ci sono molecole di acqua che come sappiamo sono costituite da un atomo di ossigeno e due di idrogeno. Ogni atomo di idrogeno è costituito da un singolo protone dotato di uno spin (spin nucleare) a cui può essere associato un piccolo campo magnetico (momento magnetico) grazie al quale gli atomi di idrogeno interagiscono a sollecitazioni magnetiche esterne.
Che cosa è lo spin? Lo spin è una proprietà fondamentale della natura come la carica elettrica o la massa. In meccanica quantistica lo spin è il momento angolare intrinseco associato alle particelle (legato alla rotazione di un corpo intorno al suo centro di massa). Lo spin assume valori multipli di 1/2 e puo' essere positivo (+) o negativo (-). I protoni, gli elettroni e i neutroni possiedono uno spin.
In MRI si prende in considerazione l’ interazione del singolo protone dell’atomo di idrogeno con il campo magnetico statico Bo. Due o piu' particelle con spin di segno opposto possono appaiarsi ed annullare gli effetti misurabili dello spin risultante dell’ intero atomo. Sono gli spin nucleari spaiati ad essere importanti nell'NMR. In questo caso il nucleo dell’atomo di idrogeno ha un momento magnetico “somma” diverso da zero e pari proprio a quello del protone, quindi può interagire con un campo magnetico esterno. Ad esempio, consideriamo un nucleo con due protoni come un sistema isolato. Il principio di esclusione di Pauli indica che il momento angolare di ogni protone deve assumere spin opposti. Questa è la configurazione energetica più stabile. In questa configurazione il momento magnetico netto del nucleo è zero. Pertanto tali nuclei non interagiscono con un campo magnetico esterno. Per nuclei che hanno un numero dispari di protoni è impossibile arrangiare gli spin per produrre un momento magnetico netto pari a zero. Nei nuclei con magnetizzazione netta diversa da zero si ha interazione con il campo magnetico esterno e si verifica il fenomeno della risonanza magnetica nucleare.
Nuclei Protoni Spaiati Neutroni Spaiati Spin Risultante γ (MHz/T)
1H 1 0 1/2 42.58
2H 1 1 1 6.54
31P 1 0 1/2 17.25
23Na 1 2 3/2 11.27
14N 1 1 1 3.08
13C 0 1 1/2 10.71
19F 1 0 1/2 40.08
Tabella 1: configurazione degli spin in vari atomi e relativi valori del rapporto giromagnetico
In altre parole per comprendere il significato dello spin si può immaginare il protone come una piccola sfera di carica positiva distribuita che ruota ad alta velocità intorno al suo asse. Poiché il
al movimento della carica si associa una corrente. Questa corrente produce un piccolo campo magnetico analogo a quello generato da un piccolo magnete (dipolo magnetico) a cui è possibile associare un momento magnetico (μ). Quindi allo spin può essere associato un momento magnetico (μ) analogo a quello generato da un piccolo magnete (dipolo magnetico). La relazione fra il momento angolare J e il momento magnetico μ di un nucleo è
μ= γ*J (1.1)
Figura 3: piccolo magnete con un polo nord e un polo sud
dove γ è una costante di proporzionalità caratteristica del nucleo conosciuta come rapporto giromagnetico.
Comportamento dei nuclei in un Campo Magnetico esterno
Ora consideriamo gli effetti legati all’applicazione di un campo magnetico esterno Bo (per convenzione nella direzione z) ad un protone isolato. Il protone (si considera solo la sua componente z) può assumere una fra due possibili posizioni di equilibrio rispetto al campo applicato. C’è una configurazione o stato di bassa energia in cui i poli sono allineati al campo magnetico principale e uno stato di alta energia in cui i vettori sono antiparalleli.
z
Bo μ
Figura 4: Configurazioni possibili del momento magnetico del protone sotto l’azione di un campo magnetico esterno
Entrambe gli stati sono considerati stabili, sebbene l’energia associata allo stato parallelo è minore di quella associata allo stato antiparallelo.
Riepilogando quando un certo materiale viene sottoposto all’azione di un campo magnetico esterno, i suoi nuclei originariamente orientati in maniera casuale, subiscono un momento magnetico torcente che tende ad allinearli in due distinte direzioni: parallela ed antiparallela. La percentuale di nuclei orientati in una direzione o nell’altra dipende dall’intensità del campo magnetico e dall’agitazione termica; alla temperatura ambiente questa percentuale è relativamente bassa. Da notare che quando si parla di campo magnetico, si intende una densità di flusso magnetico.
Figura 5: Livelli energetici di spin in presenza di un campo magnetico esterno.
L’energia potenziale magnetostatica E del singolo dipolo μm dipende dall’angolo che esso possiede rispetto alla direzione del campo magnetico B di modulo B0 secondo la relazione
μ cos θ B
0E
m
(1.2)
Si osserva che per θ= 0°, posizione parallela, l’energia potenziale E(θ) è minima e vale -μm·B0,
mentre essa risulta massima per θ μm·B0. Ne deriva che
l’energia ΔE da fornire ad un protone di momento magnetico μm, per passare dallo stato parallelo a quello antiparallelo, è pari a
0 min
max
E 2 B
E
E
m
(1.3)Questa relazione è nota come effetto Zeeman, all’equilibrio termico il numero di nuclei nello stato energetico superiore è leggermente inferiore al numero di nuclei nello stato energetico inferiore. Un nucleo dello stato energetico superiore può decadere nello stato inferiore emettendo un fotone di energia pari alla differenza dei due stati, mentre un nucleo dello stato energetico inferiore può saltare allo stato superiore assorbendo un fotone di energia pari alla differenza dei due stati.
In realtà sarebbe più corretto parlare di allineamento della componente z del momento magnetico del protone perché l’ interazione con il campo magnetico determina la rotazione (precessione) del momento magnetico elementare μ intorno alla direzione di Bo con una precisa frequenza angolare fo, detta frequenza di Larmor o frequenza di risonanza, che dipende dal tipo di nucleo e dall’
intensità del campo magnetico Bo .
fo= γ * Bo (1.4)
γ è il rapporto giromagnetico ed è caratteristico di ogni nucleo atomico che presenta il fenomeno della risonanza .Per l'idrogeno, γ = 42.58 MHz / T.
Figura 6: Movimento “giroscopico” del momento magnetico del protone rispetto alla direzione del campo magnetico Bo
La differenza di energia fra i due stati è
ΔE=2μmB0. (1.5)
Quindi se un protone “flippa”(cambia da uno stato di energia a un altro) esso emetterà o assorbirà un fotone alla frequenza ν. Questa frequenza può essere ricavata dalla relazione di Bohr
ΔE=hν. (1.6)
Combinando le 1.5 e 1.6 si dimostra che la frequenza è direttamente proporzionale all’ intensità del campo magnetico.
ν= 2μm B0 /h (1.7)
Si considera ora l’effetto del campo magnetico applicato sul movimento del momento magnetico.
(Vedi appendice). Senza perdere di generalità, si può assumere che l’istante iniziale è zero, ed il
xμx0 yμy0 zμz0
μ 0
(1.8)
Il momento torcente che agisce sul momento magnetico è B0
μ
τ (1.9)
D’altronde il momento torcente che agisce su un qualsiasi oggetto è proporzionale al suo momento angolare, in base alla definizione di momento angolare
dt
dJ τ
(1.10) Ricordando la relazione (1.1) e combinando le (1.9) e (1.10) si ha
B0
μ
μ γ
dt d
(1.11) Tale equazione rappresenta tre equazioni scalari1
B0
dt γμ dμ
y x
(1.12)
B0
dt γμ dμ
x y
(1.13)
0 dt dμz
(1.14) Che risolte con la condizione iniziale (1.8) forniscono
t x
μx0 ωt μy0 ωt
y μy0 ωt μx0 ωt
zμz0
cos sin cos sin
μ (1.15)
Dove . Questa espressione rappresenta la precessione del momento magnetico intorno all’asse del campo applicato
1 le equazioni scalari si ottengono considerando le tre componenti del prodotto vettoriale µ x Bo.
Ricordando che Bo ha componenti (0,0,Bo) e µ ha componenti (µx, µy, µz)
Figura 7: Un protone precede intorno all’asse del campo magnetico applicato.
La frequenza di tale moto di precessione è
2π 2π
γB0
f ω
(1.16) Che è la frequenza di Larmor, o di risonanza, del nucleo. Da cui si ha che
0
2 B
h μ f γB0 z
2π (1.17)
Che corrisponde alla stessa frequenza della radiazione scambiata nella transizione tra gli stati parallelo ed antiparallelo.
Nel caso più generale, si considera un campione di un materiale non magnetico, in condizioni di equilibrio termodinamico con l’ambiente esterno. Prima dell’applicazione del campo sono presenti protoni, e quindi spin, orientati casualmente in tutte le direzioni e ciò comporta un momento magnetico risultante nullo
Figura 8: Un campione di un materiale non magnetico, in assenza di campo applicato, non ha un momento magnetico risultante, a causa dell’orientamento casuale dei momenti magnetici individuali dei nuclei.
Poiché si è interessati solo ai nuclei di idrogeno 1H, si trascura l’effetto di altri nuclei sulla magnetizzazione del materiale. Una volta che il campo magnetico è applicato, ogni singolo momento magnetico deve allinearsi nello stesso verso o nel verso opposto del campo esterno.
Nel seguito si indica con lo stato energetico inferiore, cioè parallelo, e con lo stato energetico superiore, cioè antiparallelo; inoltre si suppone che N rappresenta la probabilità che un certo nucleo si trovi nello stato, e che N rappresenta la probabilità che si trovi nello stato . Dato che un certo protone deve assumere necessariamente uno stato si ha
1
N
N
(1.20)Se il sistema è in condizioni di equilibrio termico, le probabilità sono governate dalla statistica di Boltzmann
κ T E N
N
B
exp Δ
(1.21)
Dove -23 J·K, T è la temperatura assoluta del
campione e E è la differenza energetica tra i due stati. Per i protoni a 20 °C vale la cosiddetta high temperature approximation
κ T E N
N
B
1 Δ
(1.22) Supponendo NNsi ha
κ T N E
N
2 B
Δ
(1.23)
L’equazione (1.23) rappresenta una stima della percentuale totale di protoni che sono allineati alla direzione del campo magnetico esterno. Il momento magnetico risultante per unità di volume, o magnetizzazione M, è pari a
nμ zκ T z E nμ N
N z
B
zˆ ˆ
2
Δ
M
(1.24)
Dove n indica il numero di protoni per unità di volume. Si può osservare che la magnetizzazione scompare all’aumentare della temperatura ed inoltre, poiché E è proporzionale a B0, ne consegue che è proporzionale all’intensità del campo applicato.
Figura 9: Moto di precessione delle due sottopopolazioni di nuclei che ruotano intorno all’asse z.
Adesso si considera l’effetto della radiazione a radiofrequenza sulla magnetizzazione complessiva del campione, in presenza di un campo magnetico applicato uniformemente. Per fare ciò, è necessario sviluppare le equazioni che governano il comportamento della magnetizzazione in presenza di campi magnetici.
Quando un campione di un materiale viene posto in un campo magnetico uniforme diretto lungo la direzione z, esso sviluppa una magnetizzazione nella stessa direzione. Si suppone che all’istante t = 0 la magnetizzazione è diretta nella direzione, come indicato in figura (10 b)
0 xˆMx0 zˆMz0M (1.25)
L’equazione (1.25) è la condizione iniziale di un problema con le seguenti tre equazioni differenziali2
B0
dt γM dM
y x
(1.26) B0
dt γM dM
x y
(1.27)
0 dt dMz
(1.28) La soluzione a queste equazioni è
00 cos sin z
x x ωt y ωt zM
M ˆ ˆ ˆ
M (1.29)
Dove è la frequenza angolare di precessione ed il vettore magnetizzazione M ruota nel verso orario. L’espressione (1.29) rappresenta la traiettoria del vettore magnetizzazione nel sistema di riferimento di laboratorio, che è un sistema di riferimento fisso. Si vuole trovare un sistema di riferimento in cui il vettore magnetizzazione è stazionario, per fare ciò si sceglie un insieme di vettori di base (x’, y’, z’) con
ωt y ωt x
x ˆcos r ˆsin r
ˆ (1.30)
ωt y ωt x
yˆˆsin r ˆcos r
(1.31)
z z ˆ
ˆ
(1.32)Dove r è la frequenza angolare del riferimento, che si definisce sistema di riferimento rotante. Se si assume ril vettore magnetizzazione nel sistema di riferimento rotante risulta come
0
0 z
x zM
M
x
ˆ ˆ
M (1.33)
Tale espressione è costante e ciò mostra che il vettore magnetizzazione è stazionario nel sistema di riferimento rotante.
2 Si noti come la forma delle tre equazioni scalari sia analoga a quella del momento magnetico µ del singolo protone.
Stiamo osservando infatti adesso la magnetizzazione netta nell’intero volume dato dalla somma degli effetti dei
Figura 10: (a) Il vettore magnetizzazione precede intorno all’asse del campo magnetico applicato, nel sistema di riferimento di laboratorio. (b) Il vettore magnetizzazione, in presenza di un campo magnetico esterno, è
stazionario nel sistema di riferimento rotante.
A questo punto si è pronti per esaminare gli effetti di un campo magnetico a RF, a polarizzazione lineare nella direzione x, sul vettore magnetizzazione. Per convenzione, tale campo si indica B1. Si considera ancora la situazione per cui B0 è diretto lungo la direzione z e lo stato iniziale di M è
0 zˆM0M (1.34)
Si nota che il campo magnetico a RF può scriversi come
CCW CW
10
1 cos B B
B xˆB ωt
(1.35) Dove
x ωt y ωt
B cos sin 2
1
10
CW ˆ ˆ
B
(1.36)
x ωt y ωt
C B cos sin
2 1
10 W
C ˆ ˆ
B
(1.37)
Con B10 ampiezza del campo magnetico.
Ciò indica che B1 nell’equazione (1.35) si può considerare come la somma di due campi magnetici rotanti, altrimenti detti campi a polarizzazione circolare: uno è BCW e ruota in senso orario, mentre l’altro è BCCW e ruota in senso antiorario.
La linearità del sistema assicura che l’effetto totale del campo a RF può essere ottenuto mediante la somma degli effetti dei suoi componenti: in realtà si studia solo l’effetto di BCW, poiché BCCW non ha effetti apprezzabili sul vettore magnetizzazione.
Si parte dall’equazione del moto nel sistema di riferimento rotante B
M M dt
d
(1.38) Con
t z M t y M t x M dt
z M d dt
y M d dt
x M d
M z M y M dt x
d dt d
y z x
z y
x
z y
x
ˆ ˆ ˆ ˆ
ˆ ˆ
ˆ ˆ
M ˆ
(1.39)
Dalle equazioni (1.30), (1.31) e (1.32) si ha
t dt
d
M
Ω M M
(1.40)
Dove
ωrz
Ω (1.41)
E t rappresenta la derivata temporale di M vista dal sistema di riferimento rotante.
Combinando le equazioni (1.40) e (1.38) si ha
Beff
Ω M B M Ω M
- B M Ω M
M
M
dt d
t (1.42)
Il valore del campo magnetico efficace, Beff, nel sistema di riferimento rotante, considerando il solo effetto di BCW, è pari a
2
10 0
x B B
z r ˆ
ˆ
Beff
(1.43)
Poiché la frequenza di rotazione del riferimento è stata scelta pari alla frequenza di Larmor, cioè
rla componente lungo z = z’ del campo magnetico efficace scompare e quindi si ha che il vettore magnetizzazione precede intorno al campo magnetico efficace nel sistema di riferimento rotante, che adesso è semplicemente
2 B10
xˆ
Beff
(1.44)
La rotazione avviene ad una frequenza angolare
eff rot B
(1.45)
Il moto risultante del vettore magnetizzazione viene di solito indicato nutazione.
Figura 11: Applicando un campo magnetico a RF nella direzione x’, il vettore magnetizzazione può essere spostato dalla sua posizione di equilibrio.
È chiaro allora che, applicando un campo magnetico rotante nel piano trasverso x-y, si ha la rotazione del vettore magnetizzazione di un qualsiasi angolo, formato con la sua posizione di equilibrio. Tale deflessione angolare, per una durata di T secondi di un impulso a RF, è pari a
effT
B
(1.46)
Dalle equazioni di Bloch ai Fenomeni di rilassamento
Abbiamo introdotto nel precedente paragrafo le equazioni di Bloch ossia le equazioni che forniscono un modello molto semplice per la descrizione del comportamento di un sistema di spin, in seguito all’applicazione di un impulso a RF. L’unica limitazione del modello è che si basa su principi della meccanica classica e pertanto non può giustificare i dettagli del fenomeno della risonanza magnetica nucleare, dal momento che questi sono di natura prettamente quantistica.
Le equazioni di Bloch possono riscriversi come
T2
M dt
dM x,y
x,y x,y MB -
(1.47)
1 0
T M M dt
dM z
z
z MB
(1.48) Dove M0 è il valore di equilibrio della magnetizzazione, che si assume giacente lungo la direzione z, e T2 e T1 sono i cosiddetti tempi di rilassamento, il rilassamento longitudinale T1 (o rilassamento spin-reticolo) che si riferisce alla componente della magnetizzazione lungo la direzione z, ed il rilassamento trasversale T2 (o rilassamento spin-spin) che si riferisce alla componente della magnetizzazione giacente sul piano x-y ortogonale alla direzione z. Vi sono, inoltre, altri effetti di sfasamento collegati all’inomogeneità del campo o con gradienti di campo
appositamente inseriti come nel caso delle immagini. Questi effetti aggiuntivi modificano la costante di tempo del decadimento trasverso.
Per le non omogeneità risulta pari a:
1/ T2* = 1/ T2 + γΔH/2 Dove ΔH è la disomogeneità del campo
Per i gradienti di campo necessari a produrre l’immagine si ha:
1/ T2** = 1/ T2* + γGr Dove Gr è il gradiente di campo
E’ utile ricordare che in genere risulta:
La forma delle equazioni (1.47) e (1.48) è molto simile a quelle sviluppate quando si è considerato il comportamento di un momento magnetico isolato: infatti, le cause fisiche del rilassamento sono da ricercare nell’influenza reciproca dei momenti magnetici e nell’interazione con l’ambiente circostante.
Si esamina il caso particolare in cui la magnetizzazione è stata ruotata da un impulso a 90°, dopo l’applicazione dell’impulso si suppone che persiste il campo esterno B0 e si è interessati al comportamento della magnetizzazione.
Inizialmente si ha
0 xˆM0M (1.49)
Risolvendo l’equazione (1.47), che può essere scritta come
T2
B M dt M
dM x
y
x 0-
(1.50)
T2
B M dt M
dM y
x
y 0 -
(1.51) Si ottiene
B t
T M t
t
Mx 0
2
0exp cos
(1.52)
B t
T M t
t
My 0
2
0exp sin
(1.53) Il segnale ricevuto è spesso chiamato FID, o free induction decay, ed ha un andamento tipico evidenziato nella figura 1.9
1 2
* 2
*
*
2 T T T
T
Figura 12: Andamento della traiettoria del vettore magnetizzazione, visto dal sistema di riferimento di laboratorio, che ritorna alla posizione di equilibrio.
Rivolgendo l’attenzione alla componente longitudinale, si nota che dal momento che B giace interamente lungo la direzione z, il prodotto vettoriale M×B non ha mai una componente lungo z diversa da zero, e pertanto l’equazione di Bloch (1.48) diventa
1 0
T M M dt
dMz z
(1.54)
Con una condizione iniziale
0 0Mz (1.55)
La soluzione di tale equazione è pari a
1 0 1 exp
T M t
t Mz
(1.56) Da cui si evince che la magnetizzazione si riporta gradualmente lungo la direzione z.
Per comprendere l’origine fisica del rilassamento, è necessario considerarne la spiegazione classica.
Un campione di un materiale, in assenza di campo magnetico applicato, presenta i momenti magnetici dei nuclei orientati casualmente, e ciò conduce ad un momento magnetico risultante nullo. Quando si applica il campo B0, tutti i nuclei precedono intorno all’asse z alla frequenza di Larmor, con un certo angolo di precessione 0.. Come già illustrato nella figura 1.6, alcuni nuclei precedono intorno al semiasse +z, mentre i rimanenti precedono intorno al semiasse –z. In pratica si formano due “coni” di precessione, uno superiore ed uno inferiore, che rappresentano rispettivamente lo stato parallelo ed antiparallelo. È fondamentale osservare che la fase dei nuclei nei due coni è casuale, pertanto la magnetizzazione trasversa MXY è nulla, anche se ogni nucleo presenta una componente trasversa del proprio momento magnetico. In seguito all’applicazione dell’impulso a RF, si stabilisce la coerenza di fase in entrambi i coni e, poiché l’impulso a RF è alla frequenza di risonanza, si ottiene il passaggio di alcuni nuclei verso il cono antiparallelo. Se si considera un impulso a 90°, allora la popolazione dei nuclei in ogni cono è la stessa e ne consegue che non c’è una magnetizzazione assiale risultante.
Dopo l’impulso a RF a 90°, si verificano i due rilassamenti, longitudinale e trasverso, quando la magnetizzazione precede nel piano trasverso.
Nel rilassamento longitudinale, quantificato dal tempo T1, la magnetizzazione assiale ritorna alla posizione di equilibrio; mentre nel rilassamento trasversale, quantificato dal tempo T2, la magnetizzazione trasversa scompare. Nella maggior parte dei materiali si ha T2<T1.
Nel rilassamento longitudinale, i nuclei, grazie al campo applicato B0, recuperano gradualmente il loro stato parallelo e ristabiliscono la distribuzione di popolazione di equilibrio: nei liquidi, le molecole sono più libere di ruotare e spostarsi e di conseguenza, il tempo T1 è minore nei liquidi rispetto ai solidi.
Nel rilassamento trasversale, i nuclei precedono e perdono gradualmente la loro coerenza di fase, fino a quando non si ha una magnetizzazione trasversa risultante nulla: i nuclei precedono più rapidamente nelle regioni in cui ci sono forti campi magnetici locali, e nei solidi questi campi possono persistere per lunghi periodi di tempo, al contrario di quanto accade nei liquidi, e di conseguenza il tempo T2 è generalmente minore nei solidi rispetto ai liquidi.
HARDWARE MRI
Uno scanner MRI è principalmente formato da elementi che creano campi magnetici statici oppure variabili nel tempo e nello spazio, coordinati da una complessa elettronica di controllo. Tali elementi sono:
1. Il magnete principale, la cui funzione è creare un campo magnetico statico e omogeneo di elevata intensità per permettere la polarizzazione dei nuclei.
2. Le bobine a radiofrequenza, che generano il campo magnetico rotante alla frequenza di Larmor.
3. Le bobine di gradiente, che generano campi magnetici che variano linearmente nello spazio, indispensabili alla generazione di immagini.
4. Varie bobine ausiliarie, che servono a compensare per eventuali disomogeneità o per modificare in altro modo le geometrie dei campi principali.
Figura 13: schema hardware di un’apparecchiatura MRI
Magnete principale
Il magnete principale è il componente più grande e costoso dello scanner, e tutto il resto dello scanner può essere considerato ausiliario ad esso. La sua funzione è quella di creare un campo magnetico costante nello spazio e nel tempo. La specifica più importante di un magnete per l'imaging a risonanza magnetica è l'intensità del campo prodotto. Campi magnetici di maggiore intensità aumentano il rapporto segnale rumore (SNR) dell'immagine, permettendo risoluzioni più alte o scansioni più rapide. Tuttavia, intensità più alte richiedono magneti più costosi e con costi di manutenzione più elevati, oltre ad avere bisogno di misure di sicurezza più accurate. Al momento campi magnetici a 1,5 T sono considerati un buon compromesso tra costo e prestazioni per l'uso clinico generale.
Un parametro altrettanto importante per valutare la qualità di un magnete è la sua omogeneità.
Tre tipologie di magnete sono usate:
Magnete permanente. Magneti convenzionali fatti di materiali ferromagnetici (ad esempio acciaio) possono essere usati per ottenere il campo principale. Magneti di questo tipo sono estremamente ingombranti (con un peso che può superare le 100 tonnellate), ma una volta installati necessitano di pochi costi di manutenzione. I magneti permanenti possono raggiungere solo intensità di campo limitate (normalmente inferiori a 0,4 T) ed hanno stabilità nel tempo ed omogeneità non eccellenti. Pongono inoltre problemi di sicurezza, in quanto il campo magnetico non può essere mai disattivato.
Elettromagnete resistivo. Si tratta di un solenoide di cavo di rame. I vantaggi di questo tipo di magnete sono il basso costo, ma l'intensità di campo è limitata e la stabilità scarsa.
L'elettromagnete richiede una corrente elettrica notevole per mantenere attivo il campo, il che lo rende costoso da utilizzare. Questa soluzione è in generale obsoleta.
Elettromagnete a superconduttore. Quando una lega di niobio-titanio è raffreddata da elio liquido a 4 K, essa diventa superconduttiva, cioè riduce la propria resistenza elettrica a zero.
Costruendo un elettromagnete con cavo superconduttivo, è possibile ottenere intensità di campo molto alte con ottime caratteristiche di stabilità. La costruzione di un tale magnete è estremamente costosa, e l'elio per il raffreddamento è costoso e molto difficile da maneggiare. Tuttavia, nonostante il costo, magneti a superconduttore raffreddati ad elio sono i più comunemente usati negli scanner moderni. Nonostante l'isolamento termico, il calore presente nell'ambiente attorno allo scanner causa una lenta ebollizione ed evaporazione dell'elio liquido. Di conseguenza è necessario rabboccare regolarmente l'elio. Per questo motivo, un criostato può essere usato per ricondensare l'elio che evapora. Sono anche attualmente disponibili scanner privi di raffreddamento ad elio, in cui il cavo del magnete è direttamente raffreddato dal criostato.
I magneti principali sono disponibili in diverse forme. Tuttavia, i magneti permanenti sono più frequentemente fatti a forma di ferro di cavallo, mentre quelli a superconduttore sono in genere toroidali. Tuttavia, magneti a superconduttore a ferro di cavallo e magneti permanenti quadrati sono a volte usati.
Bobine di gradiente
Per la “formazione” delle immagini è fondamentale l’applicazione di gradienti di campo. Si tratta di campi magnetici statici la cui intensità varia linearmente con la posizione. Tali campi sono generati dalle bobine di gradiente. Si tratta di avvolgimenti in cui la corrente che vi scorre è modulata a seconda delle direttive della sequenza di eccitazione, e che hanno lo scopo di modificare l'intensità del campo magnetico lungo i tre assi spaziali. La loro caratteristica principale è la generazione di campi magnetici che variano linearmente di intensità lungo una direzione, e sono uniformi rispetto alle altre due.
Ad esempio, attivando solo la bobina di gradiente lungo l'asse Z (convenzionalmente la direzione in cui è orientato il campo magnetico principale), si avrà all'interno del magnete un campo uniforme in ogni piano XY, mentre nella direzione Z varierà secondo la formula B0 + Gzz, dove B0 è l'intensità iniziale del campo magnetico, e Gz è l'intensità del gradiente, misurata in T/m. Valori tipici per i sistemi di gradienti degli scanner attualmente in commercio vanno da 20 mT/m fino a 100 mT/m. In pratica considerando uno scanner che abbia una zona utile per l'imaging (field of view) lunga 50cm, ed una intensità di campo di 1,5 T, quando una bobina di gradiente da 20mT/m è attiva alla massima intensità, si avranno 1,495 T ad una estremità e 1,505 T all'altra.
L'effetto delle bobine di gradiente è quello di modificare la frequenza di risonanza dei nuclei in maniera dipendente dalla posizione spaziale. Questo concetto è alla base della generazione di immagini.
Analizziamo adesso l’andamento del campo magnetico generato da una bobina di gradiente.
Assumendo un sistema di coordinate convenzionale nel quale il campo magnetico Bo è applicato lungo l'asse Z, un gradiente di Bo nella direzione Z è realizzato con un tipo di bobina anti-Helmholtz (Maxwell Coil). Per poter comprendere intuitivamente come è possibile ottenere il gradiente di campo dobbiamo ricordare l’andamento del campo magnetico generato da una spira lungo il suo asse:
Figura14: andamento del campo magnetico generato da una spira percorsa
Dove a è il raggio della spira e z è la distanza fra il punto P e il centro della spira .
Si può dimostrare che il campo di due spire circolari parallele, poste a distanza d e percorse da correnti circolanti nello stesso verso (configurazione Helmotz coil), calcolato sul loro asse centrale è dato da:
0 2 4 6 8 10
0 0.02 0.04 0.06 0.08 0.1 0.12 0.14
z
x a y
R P
2 2
232 0
2z a z Ia
Bz
ˆ
2 2
232 0 2
3 2 2
2 0
2 2 2
2 d z a
Ia a
z d Bz Ia
z (cm)
B (Gaus s)
Figura 15: andamento del campo magnetico generato con una configurazione Helmotz coil
Nella configurazione anti-Helmotz (o Maxwell coil) la corrente nelle due bobine, passando in direzione opposta, crea un gradiente di campo magnetico tra le due bobine. Il campo magnetico B di una bobina si somma a Bo, mentre il campo B al centro dell'altra bobina si sottrae a Bo.
-10 -5 0 5 10
-0.1 -0.05 0 0.05 0.1 0.15
-100 -5 0 5 10
0.05 0.1 0.15 0.2
z=d/2 z=-d/2
z=0
2 2
232 0 2
3 2 2
2 0
2 2 2
2 d z a
Ia a
z d Bz Ia
z=d/2 z=-d/2
z=0
z (cm)
B (Gaus s)
z (cm)
B (Gaus s)
Figura 15: andamento del campo magnetico generato con una configurazione anti-Helmotz coil (Maxwell)
I gradienti di campo Bo lungo X e Y sono quindi creati da una coppia di bobine a forma di 8 (GOLAY TRASVERS GRADIENT COIL) quella dell'asse X crea un gradiente di Bo nella direzione X in accordo alla direzione della corrente che circola nelle bobine;
Si può dimostrare infatti che il campo prodotto da strisce parallele percorse da correnti uguali ma di verso opposto sia un campo variabile linearmente con la coordinata y.
Figura 16: configurazione delle bobine di gradiente lungo l’asse y
Ovviamente ruotando di 90° l’arrangiamento, il campo prodotto varia linearmente con la coordinata x.
z
y y
Figura 17: configurazione delle bobine di gradiente lungo l’asse x
La maggior parte degli scanner attualmente in commercio hanno un magnete a superconduttore di forma toroidale. Per questo motivo le bobine di gradiente hanno geometrie diverse a seconda della direzione spaziale in cui sono attive (vedi figura), così da poter essere integrate nella struttura dello scanner.
Figura 18: Rappresentazione schematica della geometria delle bobine di gradiente in uno scanner toroidale. In viola, la bobina agente lungo l'asse Z, in verde e arancio le bobine agenti lungo gli assi X e Y
A causa della diversa forma geometrica, le prestazioni delle bobine non sono uguali. In generale la bobina diretta lungo l'asse Z produce un campo magnetico più omogeneo e lineare, in quanto è solenoidale e le equazioni che regolano il campo in queste condizioni sono di soluzione relativamente semplice.
Tuttavia, a causa delle proprietà fisiche del campo magnetico, è impossibile ottenere un campo perfettamente lineare ed orientato in una unica direzione. In particolare, la terza equazione di Maxwell:
nega la possibilità di creare un campo variabile linearmente nello spazio senza che si formino campi varianti in modo diverso orientati nelle altre direzioni spaziali (detti campi concomitanti o campi di Maxwell). Per questo motivo, le bobine di gradiente, per quanto ben progettate, non possono mantenere una qualità uniforme in tutto lo spazio disponibile per l'imaging, e nella pratica sono necessari alcuni interventi di correzione dell'immagine finale che tengano conto della non idealità
del campo. In particolare, i campi concomitanti aumentano di intensità in maniera proporzionale al quadrato della distanza dal centro del magnete, e sono soprattutto visibili nelle immagini di fase.
RF Coil
Le bobine di radiofrequenza (RF) creano il campo magnetico B1 che, in una sequenza di impulsi, ruota la magnetizzazione risultante. Queste, inoltre, rivelano la magnetizzazione trasversale e come essa si muove di moto di precessione nel piano XY. Le bobine di RF possono essere divise in tre categorie generali; 1) bobine trasmittenti e riceventi, 2) bobine solamente riceventi e 3) bobine solamente trasmittenti. Le bobine che trasmettono e ricevono servono come trasmettitori dei campi B1 e ricevitori dell'energia di RF proveniente dall'oggetto esaminato. Una bobina di sola trasmissione è usata per creare il campo B1 e una bobina solo ricevente è usata in congiunzione con essa per captare o ricevere il segnale dagli spin dell'oggetto esaminato. Per ciascun tipo di bobina esistono molte varianti. Una bobina deve risuonare o produrre energia in maniera efficiente alla frequenza di Larmor. Tutte le bobine sono composte di un induttore, o elementi induttivi, e un set di elementi capacitivi. La frequenza di risonanza ν di una bobina RF è determinata dall'induttanza (L) dell'induttore e dalla capacità (C) del condensatore.
Alcuni modelli di bobine per imaging necessitano di essere accordate in funzione delle caratteristiche fisiche di ciascun paziente variando la capacità del condensatore. Un altro requisito di una bobina per imaging è che il campo B1 deve essere perpendicolare al campo magnetico Bo. Ci sono molti tipi di bobine per imaging. Le bobine di volume circondano l'oggetto da esaminare mentre le bobine di superfice sono poste in prossimità della parte esaminata. Le bobine per uso interno sono disegnate per registrare l'informazione da regioni esterne alla bobina, quale ad esempio una bobina a catetere progettata per essere inserita in una vaso sanguigno. Alcune bobine possono operare sia come trasmettitori del campo B1 che come ricevitori del segnale RF; altre solo come ricevitori del segnale RF. Quando si utilizza una bobina per la sola ricezione, viene usata una bobina più grande come trasmettitore di energia RF per produrre gli impulsi a 90o e 180o. Riportiamo alcune delle più comuni bobine per imaging con la categoria di appartenenza, il modo di operare (trasmittenti/riceventi-T/R o solo riceventi-R), un diagramma ed un riferimento alla letteratura. I diagrammi mostrano la direzione del campo B1.
RF Surface Coil
Un’antenna superficiale è una semplice spira posta in vicinanza dell’oggetto da insonorizzare munita di condensatore di accordo (CT) e di condensatore di accoppiamento (CM). Il condensatore di accordo (CT) permette di accordare il circuito alla frequenza voluta e il condensatore di accoppiamento (CM) permette di ottenere un’impedenza di ingresso voluta, generalmente pari a 50
. Il modello di un’antenna superficiale è dato da una induttanza in serie ad una resistenza. CT è il condensatore di accordo e CM il condensatore di accoppiamento.
Usando il metodo dell’impedenza complessa si può
valutare il comportamento del circuito
Figura 19 : bobina di superficie
Figura 20: modello di un’antenna superficiale
Ricordando che l’impedenza del capacitore è data da ZC=1/jC, quella dell’induttore da ZL=jL, con =2f, e quella del resistore da ZR=R. L’impedenza di ingressosi può scrivere come:
La frequenza di risonanza del circuito è data da:
B 0 B 1
c T c m
L R
C
mC
T
T T
M
M T M
T T
T
M M
T T
T T
T T
Cm
T Cm
L C
Cm
LC C
jR C j
C C L C
C R j LC
C jR
LC RC
j LC C
jR
LC C
jR
L j R C
j L
j R
LC C
Z jR
L j C R
j Z Z
R Z Z
Z
T
2 2 2
2 2
2 2 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1
1 1
1
CT CM
L
2 1
L’impedenza alla frequenza di risonanza è data da:
Se si vuole che l’impedenza sia pari a 50 si ha:
Trascurando il termine si ottiene:
Dalla precedente relazione e dall’equazione della frequenza di risonanza si ottengono i valori di CT e CM
Ovviamente quando la resistenza non è nulla si ha dissipazione di energia nel circuito. La qualità del circuito è data da:
Conoscendo i valori di CT e CM e usando la precedente definizione è possibile calcolare il valore di Q.
Per circuiti più complessi si calcola come :
L’antenna superficiale è un’antenna che presenta una buona qualità in trasmissione e un alto rapporto segnale rumore in ricezione. Il limite è nel ridotto spazio che viene interessato. Per ottenere un volume maggiore si può ricorrere ad un array di antenne superficiali. In figura sono riportati i modelli dell’antenna in ricezione (M = magnetizzazione) e in trasmissione (B2 = campo magnetico generato).
T T
M
M T
LC C
jR C
C C
Z0 R 2
1
M T T M
M
M T
M T
T T
M
M T
C C C jR C C
C C
C C C C jR C
C C
R
2
1 50
T M
T C C
C
jR
2
50 1
M T
C C R
periodo un
in dissipata totale
energia
ata immagazzin energia
di massima quantità
Q
M
T C
C L Q R
1
r Q
Figura 21: modelli dell’antenna in ricezione (M = magnetizzazione) e in trasmissione (B2 = campo magnetico generato)
Le bobine di superficie sono molto usate perché sono bobine solo riceventi e hanno un buon rapporto segnale-rumore per tessuti vicini alla bobina. In generale, la sensibilità di una bobina di superficie decresce al crescere della distanza dalla bobina. Riportiamo di seguito, a titolo di esempio, un'immagine della parte più bassa della colonna vertebrale ottenuta con una bobina di superficie.
Figura 22 : immagine della parte più bassa della colonna vertebrale ottenuta con una bobina di superficie.
In figura è riportata l'immagine di una bobina di superficie circolare piatta col suo cavo di connessione.
Figura 23 : bobina di superficie circolare piatta
Il cavo consente la connessione all'apparecchio. Questa è l'immagine di una bobina di superficie creata per adattarsi al retro di un ginocchio.
M
(E
1,H
1) I
1B
2(E
2,H
2) V
2~
Figura 24 : una bobina di superficie creata per adattarsi al retro di un ginocchio.
Saddle shape RF coil
Il saddle shaped coil realizza una approssimazione di una corrente superficiale distribuita come sin
con soli sei punti. Ovviamente, come mostrato in figura, i punti a 0° e a 180° non portano corrente e quindi i relativi fili non sono necessari. In questo caso è facile realizzare la distribuzione delle 4 correnti come mostrato in figura.
Figura 25 : saddle shaped coil.
BirdCage Resonator Coil
Il Birdcage Resonator Coil realizza una approssimazione di una corrente superficiale distribuita come sin con più di sei punti. Lo sfasamento si dovrebbe ottenere utilizzando circonferenze di lunghezza pari ad una lunghezza d’onda. Ad una frequenza di 85 MHz (campo B0 di 2 Tesla) la circonferenza dovrebbe avere un diametro di 1,18 metri. Circonferenze di diametro ridotto si possono ottenere aggiungendo elementi capacitivi come sfasatori.
Figura 26: BirdCage Resonator Coil
Bobine ausiliarie
Attorno al magnete principale si trovano anche altre bobine oltre alle bobine di gradiente, che hanno la funzione di migliorare le caratteristiche del sistema stesso.
Bobine di shimming
Queste bobine hanno lo scopo di creare campi magnetici tali da annullare le imperfezioni e non linearità del campo magnetico principale, in modo da renderlo più omogeneo e quindi mantenere il più costante possibile la frequenza di Larmor nella zona di cui si vuole fare l'imaging.
Al posto di bobine controllate elettronicamente, o più spesso in aggiunta ad esse, si utilizza anche uno shimming passivo, costituito da elementi in materiale ferromagnetico posti nei dintorni del campo magnetico principale, che ne distorcono le linee di flusso
Bobine di schermatura (shielding)
Queste bobine possono essere comandate autonomamente (schermatura attiva) oppure essere semplici avvolgimenti accoppiati induttivamente con le bobine di gradiente.
Lo scopo di questi avvolgimenti consiste nel generare un campo magnetico che si annulli col campo primario o col campo prodotto dalle bobine di gradiente nei punti in cui non è desiderato un effetto magnetico, ad esempio all'esterno del magnete.
Nonostante non siano noti effetti nocivi di un campo magnetico statico sui tessuti organici, almeno alle intensità usate per l'imaging diagnostico, è buona norma cercare di ridurre i campi indesiderati, sia per motivi precauzionali che per la salvaguarda delle apparecchiature elettriche ed elettroniche nei dintorni dello scanner ed all'interno dello scanner stesso. I campi magnetici variabili creano nei materiali conduttori delle correnti indotte (dette eddy currents, letteralmente correnti a vortice perché scorrono lungo linee circolari) che possono creare interferenza nelle apparecchiature ed effetti biologici negli esseri viventi, in quanto interferiscono con il debole campo elettrico dei neuroni, creando stimolazioni periferiche dei motoneuroni o, nei casi più gravi, disturbi temporanei alla vista fino alla stimolazione delle fibre cardiache, con rischio di fibrillazione ventricolare.
La Radiofrequenza
Il blocco di Radiofrequenza consente la generazione di un segnale modulato alla frequenza di risonanza e la sua trasmissione al volume di interesse. Poi occorre ricevere l’eco trasmesso dal paziente, demodularlo e ricavare il segnale che consente la ricostruzione dell’immagine.
Figura 27: blocco di Radiofrequenza
Il main computer genera la radiofrequenza e le forme d’onda di gradiente e ricostruisce l’immagine dopo l’acquisizione dei dati. Il waveform synthesizer (GR) genera le forme d’onda del gradiente che vengono applicate alle bobine x,y,z. dopo essere state amplificate. Il waveform synthesizer (RF) genera la portante che viene modulata. Il segnale viene amplificato e trasferito alla RF coil attraverso il disaccoppiatore. Il circuito disaccoppiatore commuta tra le operazioni di trasmissione e ricezione. L’impulso a RF trasmesso eccita gli spin nucleari nel campione. Nella modalità di ricezione il segnale è indotto sulla RF coil e poi è trasmesso all’amplificatore in ricezione attraverso il disaccoppiatore. Il segnale nucleare amplificato è demodulato con il segnale RF di riferimento ed è inviato alla parte di acquisizione dati. I segnali nucleari acquisiti (FID or ECO signal) sono poi digitalizzati e trasferiti al computer principale attraverso il microcomputer.
Questi dati sono usati per la ricostruzione dell’immagine.
Lo scopo della modulazione è eccitare una banda specifica di frequenze corrispondente a un particolare volume.
Impulso RF
L’impulso rettangolare (“hard pulse”) è un impulso a forma di funzione RECT. Gli impulsi che variano nel tempo o hanno una forma smussata sono detti “soft pulses”. Gli “hard pulse” possono essere usati quando non è richiesta alcuna selezione spaziale o spettrale. Sono convenienti perché di breve durata. In genere, sono utilizzati senza attivare un gradiente in parallelo, ma presentano comunque una banda abbastanza ampia da attivare gli spin in un vasto range di frequenze.
L’angolo di rotazione è direttamente proporzionale all’ampiezza B1 ed alla durata T.
Ad esempio se si genera un campo a radiofrequenza pari a 30 dell’impulso per provocare una rotazione di 90° è:
MHz T
T s sT B
1.96 10 196
30 / 57 . 42 2
2
2 4
1
Figura 28:
per la banda si ottiene:
Gli Hard pulse non sono usati nelle sequenze che generano immagini, dove è richiesta selezione spaziale e spettrale. Sono utilizzati per alcune operazioni accessorie come il “trasferimento di magnetizzazione”. Un sistema elettronico non è in grado di riprodurre fedelmente un tale impulso.
Approssimazioni usate: mezza semionda del seno; forma trapezoidale.
Tabella 2: principali caratteristiche degli impulsi
Nella tabella sono riportate le principali caratteristiche degli impulsi di tipo “hard”.
Ciò che è importante è che questi impulsi abbiano una banda sufficientemente larga per attivare tutti gli spin che interessano.
T
B1
T kHz
f 6.173
10
* 196
21 . 1 21 . 1
6
Dalla tabella è possibile vedere che impulsi di durata tra 100 e 500 μs corrispondono a frequenze tra 2 e 10 kHz, che coprono facilmente l’intervallo delle frequenze di risonanza in un volume in assenza di gradiente.
Gli impulsi a forma di funzione SINC sono molto usati nelle operazioni di eccitazione selettiva degli spin, saturazione e messa a fuoco.
Un impulso di questo tipo può essere descritto come la sequenza di lobi di polarità diversa, il lobo centrale è di ampiezza maggiore e durata doppia.
Figura 29: impulso sinc
Lo spettro della funzione è una RECT.
Quando si tronca la SINC lo spettro diventa una approssimazione della RECT.
La sua formulazione matematica è:
dove A è l’ampiezza di picco dell’impulso RF t0 è pari a metà durata del lobo centrale
NL e NR rappresentano il numero di attraversamenti per lo zero a sinistra e a destra del lobo centrale.
Se NL = NR la funzione è simmetrica.
Con buona approssimazione la banda dell’impulso a forma di SINC è data da:
Il valore dell’area dell’impulso così generato è calcolabile con la funzione seno integrale. Nel caso NL = NR = 2 l’area è pari a 0,9 A t0 (caso dell’impulso a tre lobi).
t0
A
ltrove
0
N - sin
0 0
L 0
0 0
1
a
t N t t t
t t t
t A SINC t A t
B R
0
1 f t